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SEI PERSONAGGI IN CERCA D'AUTORE PIRANDELLO RIASSUNTO E ANALISI, Sintesi del corso di Storia del Teatro e dello Spettacolo

RIASSUNTO E ANALISI DETTAGLIATA SEI PERSONAGGI IN CERCA D'AUTORE PIRANDELLO

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 30/01/2021

RitaMalafronte10
RitaMalafronte10 🇮🇹

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Scarica SEI PERSONAGGI IN CERCA D'AUTORE PIRANDELLO RIASSUNTO E ANALISI e più Sintesi del corso in PDF di Storia del Teatro e dello Spettacolo solo su Docsity! SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE – PIRANDELLO Dei “Sei personaggi in cerca d’autore” vi furono tra il 1921 e il 1925 ben 4 edizioni. La prima edita Bemporad (Firenze) riproduce il testo affidato agli attori ed è del 1921. La seconda, dello stesso editore,nel 1923 La terza è una ristampa del 1924 con l’indicazione <terza edizione> La quarta sempre dello stesso editore pubblicata nel 1925 esplicitamente riveduta e corretta con l’aggiunta di una prefazione ed è il testo cui fece riferimento Pirandello nell’allestire il suo dramma, in veste di regista, con la Compagnia del Teatro d’Arte di Roma al Teatro Odescalchi a partire dal maggio 1925. Essa è vista come l’edizione definitiva. Inizialmente l’opera non fu ben accolta, anzi suscitò insulti e urla nel pubblico, man mano 4 mesi dopo invece il pubblico ne capì la portata innovatrice e ne fu entusiasta. I sei personaggi non sono divisi in atti né scene, per comodità si possono però dividere in 3 parti. Vi compare un nuovo personaggio: il direttore di scena. Si parla con quest’opera di teatro nel teatro. Le didascalie sono: alcune scenografiche, altre costumistiche, altre interpretative. Il testo subisce diverse modifiche dall’edizione del 1921 a quella del 1925. Ad esempio: - Nel 1921 i personaggi entrano da una porticina del palcoscenico, nel 1925 l’usciere entra in sala e i sei personaggi un po’ smarriti. Essi indossano maschere. Nel 21 dunque essi entrano dal palco, nel 25 dalla sala. Separa nettamente attori e personaggi (si accentua il metateatro). - Dall’edizione del 21 a quella del 25 varia di pochissimo la descrizione fisica dei personaggi. Alla descrizione del padre viene eliminato un “piuttosto grasso” e a quella del Figlio viene aggiunta un tocco costumistico, porterà un soprabito viola e una lunga fascia verde girata intorno al collo. - Si ampia il metateatro nel 25 con le due discese in platea del Capocomico e le due risalite. - Qualche ritocco formale. - Nel 25 si intensifica l’apparizione di Madama Pace, si insiste a sottolinearne l’apparizione, ne cambia inoltre il linguaggio, nell’edizione del 25 parla in spagnolo. Accentuate nell’edizione del 25 sono anche le reazioni degli altri nei confronti di Madama Pace. - Incrementate le discese e le salite del capocomico dal palcoscenico. - Nell’edizione del 25 Pirandello si autocensura in alcuni punti affermando che bisogna parlare meno perché il dramma è azione e non filosofia. - Il giovinetto nel 21 viene presentato come perplesso e smarrito mentre nel 25 è simile ad una marionetta e provoca sgomento negli Attori. - Taglio di alcune battute finali del Capocomico nell’edizione del 25. Sembra che Pirandello ebbe influssi esterni da due personalità: il filosofo e critico italiano Adriano Tilgher e il regista e attore francorusso Georges Pitoëff. Tilgher nel 1922 accusa Pirandello di aver presentato i suoi Personaggi come fantasmi, a questo Pirandello sembra replicare in una didascalia del 1925 affermando che essi non sono fantasmi bensì entità create. Ciò appare evidente nella prima parte ma meno nella seconda e nella terza. Tilgher accusa inoltre Pirandello che sembra che i suoi Personaggi sappiano già cosa li aspetti e quale sarà il loro finale, Pirandello apporta un finale imprevisto. A Pitoëff sembra invece dover attribuire l’intensificazione della dimensione metateatrale successiva. A lui inoltre sembrerebbe dover attribuire il cambio nell’arrivo dei Personaggi, sembra che fu lui a suggerire a Pirandello di far arrivare i Personaggi da un altro luogo diverso dalla porticina di servizio, Pirandello inzialmente si ribella ma poi l’idea gli piace e nulla vieta di pensare che quel cambiamento apportato alla scena sia poi arrivato così sulle pagine. Pitoeff li fa arrivare dal montacarichi di servizio del teatro avvolti da una luce verdastra. Pitoeff inoltre li veste tutti di nero per rinforzare il contrasto con gli attori. Dal copione di Pitoeff sembra inoltre che avesse cambiato le battute finali e che gli attori non dicessero “finzione, realtà” bensì “c’était la réalité. Pitoeff inoltre introdusse in scena un pianoforte e all’inizio della rappresentazione uno degli attori suonava una ballabile ed altri danzavano. Pirandello inizialmente non ne fu entusiasta ma poi vide la messinscena di Pitoeff e apportò modifiche all’edizione del 25: fu introdotto il pianoforte nonché il cambio nell’entrata dei personaggi che però non fa arrivare dall’ascensore bensì, con una portata ancora più innovativa, dal fondo della platea. Pitoeff lavora sulla contrapposizione alto/basso mentre Pirandello su quella palcoscenico/platea e sulla rottura di tale barriera. L’ultima battuta è sempre del capocomico, sia nell’edizione del 21 che in quella del 25 ma in quella del 25 viene aggiunta la didascalia delle ombre e della fuga del capocomico e della figliastra. Prefazione: Pirandello ricorre alla servetta Fantasia. Egli dice che ha scritto questa commedia per liberarsi da un incubo, che a servizio della sua mente è da tanti anni una servetta che si chiama Fantasia (svelta ma dispettosa, è bizzarra). Racconta che essa caccia di tasca un berretto a sonagli, se lo mette in testa, è rosso, e scappa via. Dice che Fantasia si diverte a portargli in casa tanta gente per rappresentare le novelle dell’autore. Racconta che qualche anno prima Fantasia gli portò in casa un’intera famiglia,non sa trovata dove, da cui secondo Fantasia l’autore avrebbe potuto scrivere un romanzo. Si trovò davanti: un uomo sulla cinquantina in giacca nera, calzoni chiari ed occhi scontrosi; una povera donna in abiti vedovili che aveva per mano una bimba di 4 anni da un lato e un ragazzo di poco più di 10 anni dall’altro; una giovinetta ardita vestita di nero anche lei che provava sdegno verso l’uomo mortificato e verso un giovane sui vent’anni dietro di sé. Afferma quindi che quelli che lui si trovò davanti sono i sei personaggi di quella commedia che fu rappresentata sul palcoscenico. Afferma poi che ognuno di loro raccontava a lui le sue pene, le sue passioni (a volte anche sopraffacendosi l’un l’altro) così come dice che ora fanno con il malcapitato Capocomico. Dice poi che il personaggio nasce dalla Fantasia ma essa non basta, ci vuole uno stimolo nato dalla vita di tutti i giorni che si insidia nella fantasia. Per rendere il concetto fa il confronto con la donna che vuole diventar madre, il desiderio non basta. Afferma poi che quei sei personaggi che lui si trovò davanti erano lì in attesa che lui traesse da loro un romanzo, un dramma o almeno una novella, erano nati vivi e volevano vivere. Egli dice poi che ci sono scrittori che si accontentano di scrivere per il solo gusto di narrare o descrivere, ma ve ne sono altri che oltre a questo sentono esigenze spirituali e che non accettano personaggi che non abbiano un particolare senso della vita, questi ultimi sono scrittori di natura filosofica e l’autore si include in essi. Egli cercava di scoprire il senso di quei sei personaggi ma non lo trovava e per questo voleva allontanarli ma non vi riuscì. Dice che essi andavano a tentarlo in ogni momento della sua giornata, a proporgli questa o l’altra scena, l’interesse che avrebbe potuto suscitare una tale situazione. A questo punto man mano che passa il tempo è sempre più difficile liberarsi di loro e gli viene quest’idea: perché non rappresentare questo nuovo caso in cui l’autore si rifiuta di far vivere alcuni personaggi nati nella sua fantasia e loro non si rassegnano ad essere esclusi? Perché non metterli sul palcoscenico e vedere che succede? E così fece. Quei sei personaggi è così che arrivano lì dove degli attori stanno provando il loro spettacolo ed è così che quei sei personaggi si definiscono in cerca d’autore. Due di quei sei personaggi rappresentano la forma immutabile della vita: il Padre con il castigo e la Figliastra con la vendetta. Padre, Figliastra e Figlio sono spirito, la Madre è natura, la Bambina e il Giovinetto sono presenze. Dice che questa commedia fu davvero concepita come una creazione spontanea della Fantasia. Dice che ha voluto rappresentare sei personaggi in cerca d’autore. Il dramma non si riesce a rappresentare proprio perché manca l’autore che essi cercano e si rappresenta invece la commedia del loro vano tentativo di ricerca con il tragico che nasce dal fatto che essi siano stati rifiutati. Ma non si può rappresentare un personaggio rifiutandolo, egli infatti afferma di averli accolti ma accolti come rifiutati, che non ha rifiutato loro stessi ma il loro dramma. Il dramma è per un personaggio la propria ragion d’essere. Dunque li ha accolti rifiutando però la loro ragione d’esistere, rappresentando di loro non la loro ragion d’essere ma un’altra con cui la propria ragion d’essere entra appena in contatto. Egli come altra ragion d’essere sceglie il dramma di essere rifiutati. Il Padre avverte la condizione tragica del suo essere personaggio in cerca d’autore, vuole vivere. La Madre no, non ha il minimo dubbio di essere già viva, non sa di fare una parte. Questo perché lei è natura e il suo essere natura non le fa assumere comportamenti spirituali. Lei si presenta dal capocomico per il fine di avere una scena con il figlio (fine diverso dagli altri), la Natura l’ha fissata nella sua condizione
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