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Sei personaggi in cerca d'autore - teoria della letteratura, Tesine universitarie di Critica Letteraria

Analisi critica di "Sei personaggi in cerca d'autore", Pirandello

Tipologia: Tesine universitarie

2015/2016

Caricato il 10/05/2016

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VALEgiova 🇮🇹

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Scarica Sei personaggi in cerca d'autore - teoria della letteratura e più Tesine universitarie in PDF di Critica Letteraria solo su Docsity! Sei personaggi in cerca d’autore costituisce un testo metateatrale, dove attraverso l’azione scenica si discute del dramma stesso e dei problemi che l’investono, mostrando il rifiuto per i temi, gli intrecci e le convenzioni teatrali del tempo intrisi di un Romanticismo attardato e deteriore.1 Pirandello mette in scena l’impossibilità di scrivere e rappresentare il dramma dei suoi personaggi, poiché gli strumenti abituali di rappresentazione teatrale del realismo ottocentesco sono disadatti a tradurlo autenticamente, così i ruoli degli attori, la finzione scenica, miranti a produrre verosimiglianza e immedesimazione, risultano troppo convenzionali. Questo dramma può solo essere rivissuto dall’interno dalla coscienza duramente segnata dei personaggi stessi, idee concepite da un autore ma da lui indipendenti, cui urge il bisogno di realizzare la propria vicenda sulla scena per potersi liberare dalla forma in cui sono imprigionati e costretti a rivivere continuamente sofferenze e frustrazioni.2 Pirandello stesso nella Prefazione alla seconda edizione del testo del 1925 così precisa: «Io ho voluto rappresentare sei personaggi che cercano un autore. Il dramma non riesce a rappresentarsi appunto perché manca l’autore che essi cercano; e si rappresenta invece la commedia di questo loro vano tentativo, con 1 1 Questo dramma fu messo in scena per la prima volta al Teatro Valle di Roma il 9 maggio del 1921 e fu un clamoroso insuccesso. Dopo il fiasco, i Sei personaggi furono ripresentati a Milano nel settembre dello stesso anno andando incontro a un trionfale successo, anche su scala mondiale. 2 I personaggi non sono uomini reali ma frutto della fantasia, rimasti in una specie di limbo creativo tra il nulla e la vita. tutto quello che ha di tragico per il fatto che questi sei personaggi sono stati rifiutati»3. Come indica la didascalia iniziale, gli spettatori in sala trovano il sipario alzato e il palcoscenico spoglio e quasi al buio. Il direttore di scena allontana il macchinista intento ad inchiodare delle assi, perché gli attori devono provare la commedia Il giuoco delle parti. Arrivano il Direttore Capocomico, poi gli attori e ultima e attesa la prima attrice. Una discussione fra il Capocomico e il primo attore, che trova ridicolo dovere impersonare Leone Gala mentre sbatte le uova, interrompe la prova. Già quest’inizio segna una scarto dalle consuetudini teatrali dell’epoca, contemporaneamente è spezzata l’illusione del sipario come confine tra platea e palcoscenico, realtà e finzione, per cui ci troviamo ad assistere alle prove di una compagnia e non al vero spettacolo. Rompe ulteriormente la barriera delle convenzioni l’inaspettata entrata di sei figure dal fondo della sala: il Padre sulla cinquantina, la Madre «velata da un fitto crespo vedovile», la Figliastra diciottenne, «spavalda, quasi impudente», un Giovinetto di quattordici anni, una Bambina e il Figlio di ventidue anni, «quasi irrigidito in un contenuto sdegno per il Padre e in un’accigliata indifferenza per la Madre»4. Il Padre, portavoce del gruppo, afferma fra l’incredulità generale: «l’autore che ci creò, vivi, non volle poi, o non poté materialmente, metterci al 2 3 L. Pirandello, Prefazione a Sei personaggi in cerca d’autore / Enrico IV, Milano, Oscar Mondadori, 2001, pp. 11-12. Pirandello qui specifica di aver rifiutato il loro dramma, ossia la loro ragione d’essere, e non la loro esistenza in quanto personaggi. 4 Ivi, p. 32. dubbio la critica nei confronti della letteratura drammatica corrente, mostrando umoristicamente l’eccessiva esasperazione propria dei procedimenti romantici: le passioni tragiche dei personaggi, nel momento in cui sono proposte, vengono straniate e negate, in quanto entità astratte e sdoppiate. Nel testo si coglie dunque la diffidenza dell’autore verso la pratica scenica e il teatro inteso come fatto materiale; pertanto gli attori della compagnia, vanitosi in modo irritante, appaiono chiusi nei loro schemi interpretativi stereotipati, legati alla ripetizione di canovacci e di intrecci prevedibili, incapaci di dare vita artistica ai personaggi. Prescindendo dalla loro maggiore o minore bravura, la rappresentazione teatrale, per i suoi limiti, tradirebbe inevitabilmente il testo e l’idea dell’autore; l’attore non può riuscire a vedere, sentire e rendere il personaggio come questi l’ha voluto. In tale conflitto si riflette il dramma pirandelliano della relatività delle visioni individuali, per cui ciascuno è chiuso nella propria interpretazione della realtà e difficilmente intende quella degli altri. Essendo il reale multiforme e in perpetuo divenire, non esiste una prospettiva privilegiata da cui osservarlo, non si dà dunque una verità oggettiva a priori ma una proiezione soggettiva; ne deriva un’inevitabile incomunicabilità che accresce il senso di solitudine dell’individuo. L’attore, dando realtà materiale al personaggio, gli sottrae quella verità ideale e superiore attribuitagli dall’autore, restituendogli una traduzione artefatta. Allo stesso tempo, come argomenta il Padre, il personaggio, quando nasce, acquista 5 indipendenza dal suo creatore tanto da assumere, secondo le varie interpretazioni, un significato che nemmeno il suo autore gli ha conferito. Le intenzioni dell’autore dunque non esauriscono mai il significato del suo testo, che passando da un contesto storico-culturale ad un altro, acquista significati non previsti né dal suo creatore né dai suoi primi lettori; perciò tuttora questo dramma sollecita nuove risposte nel pubblico. La scelta del teatro assume un gesto antipoetico in cui l’opera artistica si sdoppia, diventando parodia e negazione di sé stessa, motivo per cui i personaggi si ribellano nel vedere deformati i propri gesti e parole nella rappresentazione data.11 Le persone reali appaiono finzione quanto i personaggi, anzi quest’ultimi in un certo senso sono più veri perché gli attori, costruzioni fittizie, mutano continuamente in una pluralità indefinita di stati di coscienza, mentre il personaggio artistico, come afferma il Padre, qui portavoce dell’autore, «ha veramente una vita sua, segnata di caratteri suoi, per cui è sempre qualcuno. Mentre un uomo … può non essere nessuno»12. Pirandello dissolve così il confine fra realtà e finzione, evidenziando come ogni condizione individuale mostri la sua inconsistenza e la maschera in cui si fissa, per nascondere una realtà ben più profonda.13 Vissuta dall’interno la finzione dei 6 11 È interessante notare come i personaggi difendano il proprio punto di vista con un furore ignoto al teatro ottocentesco. 12L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore / Enrico IV, cit. p. 108. 13 L’autore è una sorta di demiurgo che proietta il dramma dei personaggi dal mondo immobile della forma su quello in perenne movimento della vita, cioè dell’opera che si crea. personaggi è verità, perciò alla fine le ombre della Bambina e del Giovinetto non compaiono più. Del conflitto vita-forma ne parlano soprattutto il Padre e la Figliastra, intrappolati l’uno nel castigo, l’altra nella vendetta, che difendono contro la volubilità degli attori e la volontà del Capocomico di alterarle secondo le esigenze del teatro.14 L’importanza teatrale dell’autore consiste anche nell’abbattimento di quella sorta di quarta parete invisibile, tipica del teatro borghese naturalistico che considerava il palcoscenico una scatola chiusa; se tutto il mondo è una grande rappresentazione scenica, non ha senso separare il palco dalla platea. Questo risultò certamente traumatico per un pubblico impreparato ad un discorso d’avanguardia che scardinava le convenzioni correnti ma, senz’altro, lo spettatore, come il lettore, acquista importanza perché viene coinvolto emotivamente e sollecitato a fornire opinioni utili a completare il senso del dramma. La conclusione infatti lascia l’opera aperta, lo spazio teatrale disintegrato e gli attori estraniati, invitando il pubblico a risolvere i problemi lasciati in sospeso dall’autore e dalla rappresentazione. La produzione letteraria tardo moderna con il rifiuto della poetica univoca problematizza la figura dell’autore e ci colloca nell’ottica della fruizione: il concetto di genio concepito dall’estetica illuminista e romantica si esaurisce per 7 14 Differenza fra tutto ciò che ha forma e tutto ciò che è forma: aver forma è delle persone viventi, costrette al continuo divenire; esser forma è proprio invece del personaggio poetico, eterno e immutabile nello spazio e nel tempo, meno reale ma più vero. I sei personaggi nell’atto di recitare la loro storia per concretarsi, confondono la finzione con il reale, agendo come persone vere.
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