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Sei personaggi in cerca d'autore - Pirandello, Appunti di Italiano

Analisi dell'opera teatrale "Sei personaggi in cerca d'autore" di Pirandello

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 29/05/2024

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Scarica Sei personaggi in cerca d'autore - Pirandello e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE Pirandello Il 9 maggio 1921 debutta sul palcoscenico del Teatro Valle di Roma la commedia Sei personaggi in cerca di autore di Luigi Pirandello, accolta con fischi e insulti da parte del pubblico che grida “manicomio, manicomio” e getta monetine sul palco. Dei 1.040 spettatori presenti in sala, la sera dopo ne restano solo 367 e il 13 maggio lo spettacolo viene definitivamente tolto dal cartellone. Molta parte della critica mostra di non aver compreso la portata e l’importanza di un testo che avrebbe rivoluzionato il teatro del Novecento e solo alcuni critici tra i più avveduti (Adriano Tilgher, Fausto Maria Martini, Renato Simoni, Marco Praga, Massimo Bontempelli, Silvio D’Amico, Giuseppe Antonio Borgese, Piero Gobetti) intuiscono di avere assistito a un evento eccezionale destinato a cambiare il teatro di prosa unitamente agli altri due straordinari testi successivi Ciascuno a suo modo (1924) e Questa sera si recita a soggetto (1930). Si può capire il disorientamento di questi spettatori abituati a un teatro naturalista di fronte alla stranezza e alla difficoltà di uno spettacolo nel quale il pubblico non ritrova, come s’aspettava, il solito salotto borghese, ma una scena vuota con degli attori che stanno preparando una rappresentazione (Il gioco delle parti sempre di Pirandello). Si tratta di persone reali impegnate nel loro lavoro professionale, dinanzi alle quali all’improvviso sbucano dal nulla sei individui (due donne, due uomini e due bambini) che dichiarano di essere dei personaggi rifiutati dal loro autore e che si rivolgono al Capocomico per farli diventare i protagonisti di una vicenda che riguarda la loro vita. Gli attori, anche se sono dei professionisti, rimangono disorientati, ma sono soprattutto gli spettatori a non capire quello che sta accadendo sul palcoscenico, per cui finiscono per inveire contro qualcosa che appare loro incomprensibile. Eppure la commedia, durante l’estate, ha successo nei teatri francesi e tedeschi, dove gli spettatori sono meno scandalizzati di fronte a una trama fortemente trasgressiva (al limite dell’oscenità e dell’incesto), perché in qualche modo sono più educati a capire le problematiche freudiane che stentano a penetrare nella “Italietta” del primo Novecento.  La commedia finirà per essere rivalutata dal pubblico e definitivamente apprezzata dalla critica solo dopo la seconda rappresentazione andata in scena a Milano il 27 settembre 1921. L’autore si mette a nudo nella Prefazione del 1925 Lo stesso Pirandello avverte il bisogno di rivedere il testo, per cui una seconda edizione esce nel 1923, una terza nel 1924, infine una quinta nel 1925 considerata la versione definitiva del dramma con notevoli variazioni rispetto alla prima e lo stesso autore chiama un’opera “riveduta e corretta con l’aggiunta di una prefazione”. Proprio la Prefazione diventa essenziale per comprendere la genesi di questo capolavoro, perché in essa Pirandello ribadisce la priorità del processo creativo, fantastico, visionario di questa rappresentazione che deve essere intesa come un’opera in perenne evoluzione, senza uno svolgimento e senza un finale, una “commedia da fare”, nella quale i personaggi non hanno un carattere definitivo e immutabile ma a differenza del romanzo, dove esiste una narrazione, possono rappresentare di volta in volta e in piena autonomia “l’evento” e questo consente all’autore di mostrare la sua estraneità a quanto sta accadendo e nello stesso tempo gli permette di osservare i personaggi generati dalla sua fantasia, fantasmi o creature oniriche che vogliono “deporre” l’uno contro l’altro per proclamate, dinanzi agli spettatori, la propria innocenza.    In questo modo il teatro di Pirandello irrompe con forza nell’avanguardia novecentesca e guarda con interesse al teatro della crudeltà di Artaud, un autore che interpreta i “Sei personaggi” come uno spettacolo imprevisto e irripetibile al apri di qualsiasi atto della vita; capace nello stesso tempo di realizzare il fine stesso del teatro, perché riesce a offrire “uno sbocco ai nostri sentimenti repressi” e a convalidare il principio che “non può esistere teatro se non a partire dal momento in cui comincia veramente l’impossibile” (A. Artaud, Il teatro e il suo doppio, Einaudi, 1968, p. 146). “Io ho voluto rappresentare sei personaggi che cercano un autore – dice Pirandello nella Prefazione – Il dramma non riesce a rappresentarsi appunto perché manca l’autore che essi cercano; e si rappresenta invece la commedia di questo loro vano tentativo, con tutto quello che essa ha di tragico per il fatto che questi sei personaggi sono stati rifiutati. Ma si può rappresentare un personaggio, rifiutandolo? Evidentemente, per rappresentarlo, bisogna invece accoglierlo nella fantasia e quindi esprimerlo. E io infatti ho accolto e realizzato quei sei personaggi: li ho però accolti e realizzati come rifiutati: in cerca d’altro autore. Bisogna intendere che cosa ho rifiutato in essi; non essi stessi, evidentemente; bensì il loro dramma, che, senza dubbio, interessava loro sopra tutto, ma non interessava affatto me. E che cos’è il proprio dramma, per un personaggio? Ogni fantasma, ogni creatura d’arte, per essere, deve avere il suo dramma, cioè un dramma in cui esso sia personaggio e per cui è personaggio. Il dramma è la ragione d’essere del personaggio; è la sua funzione vitale”. La stesura della commedia Si arriva finalmente alla stesura di questa commedia che Pirandello ammette di avere scritto per liberarsi da un incubo, creando un testo originale fin dalla sua struttura non suddivisa in atti ma in sequenze d’ispirazione cinematografica. È ancora l’autore a dire che la sua intelligente, dispettosa e beffarda servetta Fantasia ha avuto “parecchi anni fa, la cattiva ispirazione o il malaugurato capriccio di condurmi in casa tutta una famiglia, non saprei dir dove né come ripescata, ma da cui, a suo credere, avrei potuto cavare il soggetto per un magnifico romanzo […] Quale autore potrà mai dire come e perché un personaggio gli sia nato nella fantasia? Il mistero della creazione artistica è il mistero stesso della nascita naturale […] Un artista, vivendo, accoglie in sé tanti germi della vita, e non può mai dire come e perché, a un certo momento, uno di questi germi vitali gli si inserisca nella fantasia per divenire anch’esso una creatura viva in un piano di vita superiore alla volubile vana esistenza quotidiana. Posso soltanto dire che, senza sapere d’averli punto cercati, mi trovai vivi davanti, vivi da poterli toccare, vivi da poterne udire persino il respiro, quei sei personaggi che ora si vedono sulla scena. E attendevano, lì presenti, ciascuno col suo tormento segreto e tutti uniti dalla nascita e dal viluppo delle vicende reciproche, ch’io li facessi entrare nel mondo dell’arte, componendo delle loro persone, delle loro passioni e dei loro casi un romanzo, un dramma o almeno una novella. Nati vivi, volevano vivere” (Prefazione). Pirandello arricchisce il testo con didascalie che sono delle annotazioni “registiche”, con una definizione di scenografie e costumi, con alcune indicazioni interpretative secondo le quali i personaggi devono conservare “una certa loro naturale levità di sogno, in cui sono quali sospesi, ma che pure non toglierà nulla all’essenziale realtà delle forme e delle loro espressioni”, perché
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