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Seminario su Vittorio Alfieri, Appunti di Letteratura Italiana

Seminario riguardante Vittorio Alfieri: biografia, la Vita a confronto con le Confessioni di Rousseau, Vita (riassunto)

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 17/04/2023

maria-francesca-orlandini
maria-francesca-orlandini 🇮🇹

7 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Seminario su Vittorio Alfieri e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Seminario 4/12/2020 Vittorio Alfieri Biografia Vittorio Alfieri nacque ad Asti da una famiglia di ricca nobiltà terriera nel 1749 e studiò nella Reale Accademia di Torino fino al 1766. La particolare situazione familiare (dopo la morte del padre, la madre aveva sposato in terze nozze Giacinto Alfieri di Magliano), la severa educazione militare e gli obblighi imposti ai giovani nobili del Regno di Sardegna, lo resero intollerante verso le convenzioni sociali, le gerarchie militari e l'assolutismo monarchico. Uscito dall'Accademia, Alfieri iniziò il cosiddetto “grand tour”, cliché della nobiltà, che consisteva in una serie di viaggi in Italia e in Europa alla scoperta del mondo e di sé stessi e che rafforzava lo spirito cosmopolita tipico dell’Illuminismo. Viaggiò per l’Austria, la Prussia, la Danimarca, l’Olanda, la Russia. Tornato a Torino nel 1772, dopo un amore sfortunato, lontano dall'attività politica e militare, cominciò quasi inconsapevolmente la sua vera formazione letteraria. In seguito Alfieri soggiornò a Parigi, dove ebbe modo di assistere, grazie alla sua posizione sociale, alla rivoluzione francese accogliendola inizialmente con grande favore, salvo accorgersi, nel momento in cui la rivoluzione diventò azione repressiva nei confronti della nobiltà, che essa non rappresentava ciò che si sarebbe aspettato. Nel 1792 Alfieri rientrò in Italia, si stabilì a Firenze e gli ultimi anni della propria vita li passò in compagnia di una nobildonna fino alla morte del 1803. Vita Alfieri inizia a scrivere una prima stesura della “Vita” a Parigi nel 1790, che riprenderà quando tornerà in Italia nel 1798 e completerà nel 1803. La prima edizione della Vita uscirà poi nel 1806. Il fatto di riprendere una prima stesura e di rivederla, riscriverla, portarla a termine è un elemento ricorrente nella produzione alfieriana, soprattutto nelle tragedie. La Vita è divisa in quattro parti: 1. Puerizia 2. Adolescenza 3. Giovinezza 4. Virilità Alfieri inizia a scrivere la propria biografia a 41 anni per due motivi: - Volontà di dare un documento il più possibile veritiero della propria vita prima che lo faccia un altro biografo, quindi di svelarsi al proprio pubblico anche con una certa dose di narcisismo, di individualismo propria di tutti i poeti.  Di questo Alfieri ci informa nella prefazione della “Vita”. - Il Settecento è il grande secolo delle autobiografie, in questi anni infatti è presente l’idea che ogni uomo è unico nella sua personalità e individualità che va a raccontare ad un pubblico medioborghese pronto a recepire la vicenda biografica come una sorta di romanzo. Negli anni in cui è a Parigi Alfieri legge due opere decisive del genere autobiografico: “Le confessioni” di Jean Jaques Rousseau pubblicate nel 1781 e rappresentanti un modello delle successive autobiografie, e “Le memorie” di Carlo Goldoni concluse nel 1787. Di fronte a questi due testi anche Alfieri decide di scrivere una propria autobiografia. Le confessioni di Rousseau a confronto con la Vita Inizio delle Confessioni: Mi inoltro in un'impresa senza precedenti, l'esecuzione della quale non troverà imitatori. Intendo mostrare ai miei simili un uomo in tutta la verità della sua natura; e quest'uomo sarò io. Io solo. Sento il mio cuore e conosco gli uomini. Non sono fatto come nessuno di quanti ho incontrati; oso credere di non essere fatto come nessuno di quanti esistono. Se pure non valgo di più, quanto meno sono diverso. Se la natura abbia fatto bene o male a spezzare lo stampo nel quale mi ha formato, si potrà giudicare soltanto dopo avermi letto. La tromba del giudizio finale suoni pure, quando vorrà: con questo libro fra le mani mi presenterò al giudice supremo. Dirò fermamente: «Qui è ciò che ho fatto, ciò che ho pensato, ciò che sono stato. Ho detto il bene e il male con identica franchezza. Nulla ho taciuto di cattivo e nulla ho aggiunto di buono, e se mi è occorso di usare, qua e là, qualche trascurabile ornamento, l'ho fatto esclusivamente per colmare i vuoti della mia debole memoria. Inizio della Vita: Tema dell’unicità della propria esperienza esistenziale che coincide più o meno con l’introduzione della Vita di Alfieri. Il parlare, e molto piú lo scrivere di sé stesso, nasce senza alcun dubbio dal molto amor di sé stesso. Io dunque non voglio a questa mia Vita far precedere né deboli scuse, né false o illusorie ragioni, le quali non mi verrebbero a ogni modo punto credute da altri; e della mia futura veracità in questo mio scritto assai mal saggio darebbero. Io perciò ingenuamente confesso, che allo stendere la mia propria vita inducevami, misto forse ad alcune altre ragioni, ma vie piú gagliardo d'ogni altra, l'amore di me medesimo: quel dono cioè, che la natura in maggiore o minor dose concede agli uomini tutti, ed in soverchia dose agli scrittori, principalissimamente poi ai poeti, od a quelli che tali si tengono. Ed è questo dono una preziosissima cosa; poiché da esso ogni alto operare dell'uomo proviene, allor quando all'amor di sé stesso congiunge una ragionata cognizione dei propri suoi mezzi, ed un illuminato trasporto pel vero ed il bello, che non son se non uno. Una cosa interessante della Vita è che Alfieri parla della propria conversione poetica. Come afferma la critica, questa è un’autobiografia fortemente orientata, cioè, a differenza di Goldoni che affastella aneddoti in maniera casuale, Alfieri inserisce ogni episodio in modo che esso congiuri alla sua conversione poetica, tutta la narrazione è orientata verso questo momento catartico di svelamento di sé che è la vocazione di poeta tragico. Alfieri infatti rilegge ogni episodio della propria vita alla luce di quello che è diventato, come se tutto quello che gli è successo dovesse convergere nel momento in cui diventa poeta di tragedie, momento che lui chiama conversione come esperienza mistica, assoluta. Alfieri non può che essere un poeta tragico perché solo nella tragedia si muovono eroi e antieroi animati da passioni straordinarie, le stesse dalle quali è animato l’autore stesso tramite il suo “forte sentire”. Sonetto “Sublime specchio di veraci detti” In Alfieri troviamo anche una vocazione autobiografica, egli infatti scrive dei sonetti inseriti nelle “Rime”, pubblicate nel 1789, e in uno di questi sonetti, “Sublime specchio di veraci detti”, egli traccia il proprio autoritratto. Sublime specchio di veraci detti, mostrami in corpo e in anima qual sono: capelli, or radi in fronte, e rossi pretti; lunga statura, e capo a terra prono;   sottil persona in su due stinchi schietti; bianca pelle, occhi azzurri, aspetto buono; giusto naso, bel labro, e denti eletti; pallido in volto, più che un re sul trono:   or duro, acerbo, ora pieghevol, mite; irato sempre, e non maligno mai; la mente e il cor meco in perpetua lite:   per lo più mesto, e talor lieto assai, or stimandomi Achille, ed or Tersite: uom, se' tu grande, o vil? Muori, e il saprai. Parafrasi: Il poeta fa delle domande allo specchio in cui si riflette chiedendo di fargli vedere com'egli sia fisicamente e moralmente: i suoi capelli, diradati sulla fronte, sono rossi; è un uomo di alta statura, con la testa bassa, magro, dalle gambe dritte; la sua pelle è bianca, gli occhi azzurri, sembra un uomo distinto ed onesto. Il naso non è esagerato, ha una bocca regolare con denti perfetti. E' pallido, come se fosse preoccupato come se avesse i pensieri d’ un re. E' un uomo difficile e forte, ma qualche volta quieto e mite: purtroppo sempre adirato col mondo che non condivide (insoddisfazione), razionale e irrazionale sempre, spesso infelice, pur mostrando a volte qualche allegria; ogni tanto si vanta come un eroe, e a volte sembra un uomo umile. Solo alla morte, saprà definitivamente come sarà stato in vita. [Idea della morte come unica entità che può decidere cosa è stata una persona in vita]. Puerizia, Capitolo terzo della Vita
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