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sensazione e percezione, Appunti di Psicologia Generale

parla della sensazione e percezione specificando anche i vari sensi

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 10/04/2020

chiara-vaccaro-2
chiara-vaccaro-2 🇮🇹

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31 documenti

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Scarica sensazione e percezione e più Appunti in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! CAPITOLO 3 Come le persone arivano a definire sé stessi Noi definiamo chi siamo in base alle relazioni e interazioni che quotidianamente affrontiamo. Interazione -> qualsiasi evento che si svolge nel qui ed ora, cioè in un momento dato e osservato che rappresenta uno scambio tra due attori. Relazione -> la relazione non ha senso se non si svolge all’interno della relazione e che ha un passato, si svolge nel presente e ha anche un futuro perché la relazione ha un legame. Una volta che il legame si forma non si può spezzare. Le persone danno informazioni sull’identità personale (insieme delle caratteristiche che una persona da di sé e lo descrive) e caratteristiche che derivano dalla consapevolezza di una persona di appartenere ad un gruppo sociale. Ognuno di noi descrive sé stesso in base a caratteristiche prove e caratteristiche che appartengono a un gruppo sociale. Noi siamo all’interno di una cultura individualista in cui le persone riportano più se stesse rispetto alla società. RIFLETTORI E ILLUSIONI Effetto spotlight -> Effetto nel quale noi siamo convinti che le persone prestino attenzione al nostro aspetto e al nostro comportamento di quanto non lo facciano in realtà. Quando noi parliamo di noi stessi dobbiamo tener conto che le persone sono sempre sotto l’effetto spotlight. Timothy Lawson ha esaminato l’effetto spotlight chiedendo a degli studenti che partecipavano a un gruppo di studio di lasciare il gruppo per qualche minuto e di indossare una maglietta con una scritta. Quasi il 40% degli studenti era sicuro che la scritta venisse notata dagli altri studenti mentre solo il 10% fu in grado di ricordare la scritta sulla maglietta. Molti studenti del gruppo non si accorsero nemmeno che la maglietta era stata cambiata. Molte meno persone di quante ci si aspetta prestano attenzione alle nostre emozioni. Illusione di trasparenza -> illusione che porta una persona a ritenere che le proprie emozioni nascoste affiorino e possano essere facilmente lette dagli altri. Se si è felici e se ne è consapevoli allora si è certi che questa felicità trasparirà sul nostro volto e sarà notata da altre persone, ma in realtà si può essere molto più opachi di quanto non ci si renda conto. Allo stesso modo si tende a sopravvalutare la visibilità delle gaffe sociali e dei lapsus in pubblico. Ciò di cui ci si preoccupa a dismisura viene a stento notato dagli altri e in breve dimenticato. Oltre all’effetto spotlight e all’illusione di trasparenza abbiamo anche altri esempi dell’interazione tra il nostro senso del sé i mondi sociali in cui viviamo, essi sono:  Ciò che ci circonda a livello sociale influenza l’autoconsapevolezza -> come persone all’interno di un gruppo di una diversa cultura, razza o genere, notiamo più facilmente in che modo ci differenziamo e in che modo gli altri reagiscono al nostro essere diversi  L’interesse personale tinge di sfumature diverse il giudizio sociale -> quando sorgono problemi in una relazione in genere si attribuiscono più responsabilità al partner, quando invece le cose vanno bene si tende ad attribuire la responsabilità principale e il merito a se stessi  La preoccupazione per se stessi motiva i comportamenti sociali -> nella speranza di suscitare impressioni positive, ci si tormenta per l’aspetto fisico. L’attrazione e il fascino complessivi di una persona hanno una serie di effetti  I rapporti sociali aiutano a definire il sé -> nelle varie relazioni che intratteniamo facciamo ricorso a vari sé. Si può avere un sé con la propria madre, un altro con gli amici, un altro ancora con gli insegnanti Il traffico tra noi e gli altri viaggia a doppio senso: le idee e i sentimenti che si nutrono verso se stessi influenzano il modo in cui gli altri rispondono alla nostra presenza e, dall’altro canto, gli altri contribuiscono a plasmare il senso di sé. Non esiste argomento più interessante per le persone delle persone stesse. Per buona parte degli individui, inoltra, la persona più interessante in assoluto è il sé. Il senso che si ha del proprio sé organizza i pensieri, le emozioni e le azioni, rende capaci di ricordare il passato, di valutare il presente e di progettare il futuro -> consentendo così di sviluppare un comportamento adattivo. CONCETTO DI SÉ È definito come la totalità delle conoscenze (rappresentazione cognitiva) che una persona possiede riguardo alle proprie qualità/attributi personali. È la risposta di una persona alla domanda “Chi sono io?”. Twenty Stamements Test (TST) di Kuhn e McPartland -> il test consiste in 20 frasi autodescrittive del tipo “Io sono…” da completare pensando a sé stessi. Negli anni si è notato che la numerosità degli stimoli (20) stava diminuendo circa dopo la settima e decima risposta. Il test è basato sull’assunto fondamentale della self-theory, ossia che il comportamento di una persona diventa prevedibile se da essa si riesce a ottenere la definizione che ha di sé stessa. La percezione del sé Processi che richiamano schemi interni, modelli mentali che guidano nel reperire, elaborare, immagazzinare e ricordare le informazioni su di noi. Il concetto di sé include: 1. Schemi di sé -> sono delle considerazioni sul sé che strutturano e guidano l’elaborazione di informazioni importanti per il sé. Sono delle strutture affettivo – cognitive (ci permettono di intercettare emozioni e pensieri) che ci aiutano a raggruppare e cercare altre informazioni pertinenti a quella struttura e che ci definiscono. Corrisponde alle dimensioni su cui una persona si descrive e non necessariamente sono uguali tra persone (ognuno sviluppa meglio uno schema che lo interessa maggiormente). Questo schema mi aiuta a raccogliere le informazioni per essere gentile. Possono essere sia positivi (sono onesta) che negativi e non sono modificabili perché la persona è pigra psicologicamente. 2. Sé possibili sono immagini di ciò che si desidera o si teme di diventare in futuro, sono tre:  Il sé futuro probabile (sarò laureato)  Il sé futuro desiderato (sarò uno psicologo)  Il sé futuro temuto (sarò disoccupato) Processi che ci aiutano a trovare il nostro concetto di sé. È importante capire quali sono i sé possibili perché rappresentano un buon collegamento tra le nostre idee, pensieri e una eventuale motivazione a fare qualcosa. Rappresentano l’incentivo all’azione. Questi sé possibili offrono una motivazione che alimenta la visione della vita a cui si aspira. stessi e in un senso di capacità e potere. Per spronare il successo si può alzare l’autostima attraverso messaggi positivi. Una scarsa autostima è causa di qualche problema. Se messi a confronto con una bassa autostima, le persone che hanno un solido senso del proprio valore sono più felici, meno nevrotici e più risoluti a seguito di un insuccesso. Problemi e fallimenti possono portare una persona a sviluppare una scarsa autostima. Giudizi degli altri Il fatto che gli altri abbiano una buona opinione di noi aiuta a pensare bene di noi stessi. Ad esempio: i bambini definiti da altre persone dotati, intelligenti o premurosi tendono ad assimilare tali concetti nel proprio comportamento e nel concetto di sé. Cooley nel 1902 ci parla di sé riflesso (looking glass self), cioè un’importante conoscenza di sé stessi è data dalla reazione altrui. Lui ha proposto il concetto di rispecchiamento: il modo in cui le persone pensano di essere percepite dagli altri viene utilizzato come una sorta di specchio per percepire sé stessi. Arrivo a pensare che io sono chi pensi che io sia. Ciò che conta per il concetto di sé non e come gli altri in realtà ci vedono bensì il modo in cui “immaginiamo” che ci vedano. In genere, le perone si sentono più libere di lodare che criticare; esprimono i propri complimenti e si trattengono dal formulare invece impressioni degli altri, gonfiando o enfatizzando di conseguenza l’immagine di sé. Si sperimenta il dolore di una scarsa autostima nel momento in cui si sperimenta l’esclusione sociale. L’autostima è una valvola di sfogo attraverso la quale si controlla e si reagisce al modo in cui gli altri stimano le persone. Cultura dominante Questa cultura permette di sviluppare un sé indipendente (riconosce le relazioni con gli altri) e un sé interdipendente (è più profondamente inserito nel proprio gruppo).  Individualismo -> concetto che prevede l’assegnazione della priorità ai propri obiettivi rispetto a quelli del gruppo e alla definizione della propria identità in termini di attributi personali invece che identificazioni di gruppo. Le culture individualiste considerano l’individuo come unità base della società e prestano attenzione alle differenza individuali. Sono presenti gruppi numerosi e di grandi dimensioni: la persona sceglie quelli che maggiormente soddisfano le sue esigenze e entra ed esce da un gran numero di essi rendendo molto debole la loro influenza. La persona attribuisce priorità agli scopi e al successo personali, anche perché la superficialità delle relazioni create all’interno dei gruppi non gli garantisce la sicurezza e il sostegno necessari all’esistenza. Il sé che si sviluppa in questa cultura è idiocentrico: si caratterizza della consapevolezza, delle emozioni, delle azioni e si configura come un’entità che è tesa a esprimere sé stessa. Le persone di questa categoria, se si descrivono, lo fanno evocando attributi, con scarso riferimento ai gruppi sociali di appartenenza. A questo proposito si parla di sé indipendente, autonomo e automonitorato, ossia caratterizzato da una configurazione unica di attributi interni e di comportamenti derivanti da questi stessi attributi.  Collettivismo -> concetto che prevede l’assegnazione della priorità agli obiettivi del proprio gruppo di appartenenza e alla definizione della propria identità in base ad esso. Le culture collettiviste considerano il gruppo come unità base della società e tendono ad annullare le differenze individuali dei suoi membri. C’è la presenza di pochi gruppi, di piccole dimensioni e molto influenti: la dipendenza nei loro confronti è molto forte e la persona è pronta a sacrificare i propri scopi e il proprio successo a favore di quelli collettivi, anche perché riceve dal gruppo il sostegno e la sicurezza di cui ha bisogno. Il comportamento è regolato dalle norme del gruppo. Il sé tipico di questa cultura è il sé allocentrico: diviene significativo e completo solo nell’ambito delle relazioni sociali e sebbene disponga di una serie di attributi questi sono considerati specifici della situazione e quindi non in grado di definire stabilmente le sue caratteristiche. A questo proposito si parla con caratteristiche analoghe del sé interdipendente che è dotato di attributi interni, ma questi non esercitano alcun potere in termini di regolazione del comportamento individuale. Nel momento attuale è possibile individuare un orientamento culturale sempre più individualista. L’autostima nelle culture collettiviste tende a essere strettamente correlata a ciò che gli altri pensano di me e del mio gruppo. Per le persone che appartengono a culture individualistiche l’autostima è invece più personale e meno relazionale. Nelle culture individualistiche spesso il conflitto si origina tra gruppi, mentre le culture individualiste tendono ad alimentare maggiormente i conflitti e i crimini tra le persone. Il proprio comportamento Talvolta ci si conosce attraverso l’osservazione dei comportamenti. È quello che sostiene Bem con la sua teoria dell’autopercezione -> in presenza di indizi interni deboli o ambigui rispetto a chi si è cerco di dare evidenza alle mie caratteristiche personali che osservo nel mio comportamento. È più probabile che le interferenze su sé stessi vengano trattate da comportamenti che si ritiene di aver scelto liberamente e guidati da motivazione intrinseca, cioè faccio quello che voglio fare anziché faccio quello che qualcun’altro mi impone di fare e guida i comportamenti liberamente scelti. Tre principi motivazionali  L’acquisizione della padronanza -> significa comprendere se stessi e il mondo intorno a noi, per poi utilizzare questa comprensione a guidarci nella nostra esistenza  La ricerca dell’affiliazione -> ogni persona si impegna a creare e mantenere sentimenti di reciproco sostegno, simpatia e accettazione con le persone che ama e stima o con il proprio ingroup  La valorizzazione di “me e di mio” -> si desidera vedere in una luce positiva tanto se stessi, quanto le persone e i gruppi a sé connessi attraverso ad esempio il confronto sociale con gli altri Complessità del sé Ammortizzatore dell’impatto negativo degli eventi stressanti. Il numero e la diversità degli aspetti del sé che le persone sviluppano in relazione ai diversi ruoli, le diverse attività che stiamo completando e i diversi rapporti sociali che stiamo ricoprendo. Non conta tanto la quantità del io sono per definire la complessità del sé. Complessità due tipi:  Scarsa -> quando le persone hanno aspetti del sé simili tra loro. Es.: un ragazzo si definisce come studente colto, persona precisa sul lavoro.  Elevata -> quando le persone hanno molteplici ed indipendenti aspetti del sé. Es.: un ragazzo si descrive come uno studente colto e preciso sul lavoro, un volontario, prosociale, altruista nel tempo libero, scherzoso, empatico, maturo in famiglia. Il sé e l’identità Spesso le nozioni di sé e di identità vengono usate in modo interscambiabile. Concetto di identità:  Tutte quelle informazioni che troviamo nel concetto di sé  È più accentuato il significato di continuità temporale Identità -> è l’unità dei vari comportamenti del sé in un insieme strutturato in modo unitario e in modo permanete. Due processi fondamentali alla base del processo di costruzione dell’identità:  Appartenenza  Differenziazione Entrambi entrano in funzione attraverso il riconoscimento dell’altro. Identità: dinamiche di appartenenza Significa considerare un insieme di gruppi e delle categorie sociali.  Appartenenza per nascita (categorie sociali) che la persona lo voglia o no (genere, ceto socio – economico – culturale) e il processo per uscirne può implicare costi importanti nella costituzione dell’identità  Appartenenza per scelta (gruppi sociali): cambiano in relazione a specifici momenti dello sviluppo (dal gruppo dei pari ai gruppi politici) Identità: processi di differenziazione A partire dall’imposizione del nome: valgono ad individuare il neonato in quanto singolo. Sono diversamente strutturati: nell’ambito di culture più o meno individualistiche o collettivistiche (es.: con i ruoli, schemi di sé…). Identità personale e sociale  Esamino costantemente le mie motivazioni Le persone con una bassa autostima hanno spesso problemi nella loro vita: hanno meno soldi, fanno abuso di droghe e hanno più probabilità di essere depressi. Anche se hanno un successo pubblico esso si può rivelare un’esperienza negativa, provocando nel soggetto l’ansia di non essere all’altezza delle aspettative altrui. Quando l’autostima viene minacciata spesso le persone reagiscono sfogandosi sugli altri, talvolta con atteggiamenti violenti. Le persone che esprimono una scarsa autostima sono più vulnerabili a una serie di problemi clinici, inclusi ansia, solitudine e disturbi alimentari. Quando si sentono a disagio hanno una visione nera di qualsiasi cosa: notano e ricordano i peggiori comportamenti degli altri e ritengono di non essere amati dai loro partner. L’autostima può assumere una duplice forma: esplicita (consapevolezza pubblica) e implicita (consapevolezza privata). Quando ci si sente bene con se stessi si hanno atteggiamenti meno difensivi, si è anche meno permalosi e meno pronti a giudicare. Il sentirsi bene con sé stessi conduce a un benessere a lungo termine. AUTOEFFICACIA (SELF-EFFICACY) Bandura ha proposto la teoria dell’autoefficacia -> percezione della propria efficacia e competenza, distinta dall’autostima e dal proprio valore. L’autoefficacia è quando ci si sente competenti nei confronti di un’attività, di un ruolo o di una mansione. Bambini e adulti con un forte senso di autoefficacia sono più tenaci, meno ansiosi e meno depressi. Nella vita quotidiana l’autoefficacia conduce a definire obiettivi ambiziosi e a perseguirli. Ad esempio quando ci sono problemi a lavoro l’autoefficacia porta i lavoratori a restare calmi e a cercare soluzioni invece di rimuginare sulla propria inadeguatezza. Con i buoni risultati cresce anche l’autostima. L’autoefficacia viene incrementata con il faticoso raggiungimento di obiettivi ambiziosi. Anche le sottili manipolazioni dell’autoefficacia sono in grado di influenzare il comportamento umano. Es.: forse sentiamo di essere dei bravi studenti o lavoratori competenti ma, temendo di essere oggetto di discriminazione per vie dell’età, genere o aspetto fisico, potremmo finire per pensare che le nostre prospettive di successo siano scarse e limitate. LOCUS OF CONTROL (Rotter) La misura in cui le persone percepiscono i risultati ottenuti come internamente controllabili mediante il proprio impegno e le proprie azioni o esternamente governati dal caso e da forze esterne al sé. IMPOTENZA APPRESA VERSUS AUTODETERMINAZIONE Impotenza appresa -> impotenza e rassegnazione apprese quando una persona non percepisce alcun controllo su eventi negativi ripetuti. SELF – SERVING BIAS: GLI ERRORI AL SERVIZIO DEL SÉ. Sono la tendenza a percepire sé stessi in modo eccessivamente positivo e favorevole per il sé. Self – serving BIAS importante è l’ottimismo irrealistico -> un generale ottimismo verso eventi futuri. Rende vulnerabili. Un’altra forma di self – serving BIAS è il pessimismo difensivo -> si anticipano problemi, così ciò che magari accade è meno peggio e si riduce l’ansia. L’ottimismo ha la meglio sul pessimismo nella promozione dell’autoefficacia, salute fisica e benessere. I self-serving bias compaiono anche quando le persone si mettono a confronto con gli altri. La maggior parte delle persone si considera migliore della media, ossia tende a sopravvalutare se stesso rispetto alla media delle altre persone. Stili attributivi a favore del sé Tendenza ad attribuire a sé stessi i risultati positivi e ad altri fattori al di fuori di sé i risultati negativi. Questa tendenza ci porta a ricordare meglio i successi che i fallimenti cfr. fonti sociali del sé. Questi stili attivano aree del cervello connesse alla ricompensa e al piacere. Contribuiscono all’insoddisfazione nel lavoro e agli stalli nei processi di contrattazione. I più grandi stili attributivi:  Falso consenso -> tendenza che tutti noi abbiamo a sopravvalutare la diffusione delle proprie opinioni e dei propri comportamenti soprattutto quelli indesiderabili o fallimentari.  Falsa unicità -> tendenza a sottovalutare la diffusione delle proprie capacità e dei propri comportamenti soprattutto desiderabili o di successo. Riflessioni sull’autostima e suoi self-serving bias I self-serving bias vengono considerati come un sottoprodotto del modo in cui si elaborano e si ricordano le informazioni su di sé. Confrontare noi stessi con gli altri implica prendere nota, valutare e richiamare alla mente il loro comportamento e il nostro. La motivazione all’autostima aiuta a potenziare il self-serving bias. I self-serving bias possono essere considerati da alcune persone come qualcosa di deprimente o contrario ai sentimenti di inadeguatezza che si possono provare. Le persone che fanno questi errori possono sentirsi inferiori nei confronti di persone specifiche, in particolare quelle che si trovano un gradino o due più in lato sulla scala del successo. Non tutte le persone agiscono sotto l’effetto si self-serving bias: alcune soffrono davvero di una scarsa stima di sé. L’autostima positiva offre una serie di effetti vantaggiosi.  Self-serving bias a carattere adattivo -> quando accadono cose positive le persone con un buon livello di autostima tendono ad assaporare e a prolungare queste sensazioni positive. I self-serving bias e le scuse che li accompagnano possono essere fattori protettivi per la depressione e aiutano a proteggersi dallo stress. Teoria della gestire il terrore: l’autostima positiva risulta adattiva perché protegge dall’ansia, inclusa quella collegata alla morte.  Self-serving bias a carattere non adattivo -> coloro che incolpano gli altri per le difficoltà sociali di cui si sentono vittime spesso sono più infelici di coloro che sanno riconoscere e ammettere i propri errori. I self-serving bias finiscono anche per ingigantire il giudizio delle persone sui propri gruppi di appartenenza, un fenomeno chiamato group-serving bias: giudizio tendenzioso a favore del proprio gruppo; tendenza sistematica ad attribuire i fallimenti del proprio gruppo (ingroup) e i successi del gruppo estraneo (outgroup) a fattori esterni. I successi dell’ingroup e i fallimenti dell’outgroup, invece, vengono attribuiti a fattori interni. La scala dell’automonitoraggio di snyder e gangestad Automonitoraggio -> consapevolezza di come presentare il proprio sé in una data situazione e la modifica dell’autopresentazione per adattarci a quella situazione. Può essere:  Alto automonitoraggio -> Le persone sono più sensibili alle esigenze della situazione, agendo conformemente alle richieste contingenti, così da declinare il proprio agire al fine dell’adattamento sociale. Sensibili agli indizi sociali (13 a 18).  Basso automonitoraggio -> le persone orientano la propria condotta seguendo disposizioni interne, evidenziando una certa coerenza, a prescindere dalle caratteristiche della situazione e delle persone con cui interagiscono. Meno sensibili agli indizi sociali (1 a 6)  Medio atomonitoraggio -> sensibili alle informazioni del contesto sociale e ci si può aspettare che tengano in considerazione o meno gli indizi del contesto sociale a proprio favore (7 a 12). C’è un effetto camaleonte e c’è un costrutto che ha a che fare con l’intelligenza sociale, cioè richiede di capire in che situazione siamo inseriti. Autopresentazione -> la motivazione a scegliere dei comportamenti volti a creare negli altri l’impressione che si vuole dare (sono come tu mi vuoi!). Io mi adatto alla situazione e sarò come tu mi vuoi. Autoespressione -> la motivazione a scegliere dei comportamenti che riflettono ed esprimono il concetto di sé. Sono quello che sono. Manuale dell’autopresentazione Non fate notare agli altri che vi state conformando alle loro opinioni (= se volete entrare nelle grazie di qualcuno, siate credibili!) 1. Mostratevi in disaccordo sulle questioni banali, in accordo su quelle importanti 2. Siate blandi quando dissentite, energici quando assentite Siete modesti selettivamente (è un trucco per entrare nelle grazie altrui)
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