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Separazione giudiziale e atto di precetto, Prove d'esame di Diritto Processuale Civile

Relazione pratica forense separazione giudiziale e atto di precetto

Tipologia: Prove d'esame

2019/2020

In vendita dal 16/02/2020

lagiurisprudenzafacile
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Scarica Separazione giudiziale e atto di precetto e più Prove d'esame in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! SEPARAZIONE GIUDIZIALE ED ATTO DI PRECETTO – RELAZIONE PRATICA FORENSE Con la seconda relazione ho avuto modo di approfondire l’istituto della separazione giudiziale che trova la sua disciplina nell’articolo 151 c.c., risulta quindi necessario concentrare l’attenzione sulla ratio, nonché sui presupposti fondanti la possibilità di separazione dei coniugi, anche per circostanze oggettive imprevedibili, subentrate a turbare l’armonia della vita familiare e per i fatti che “rendono intollerabile la prosecuzione della convivenza o recano grave pregiudizio all’educazione della prole”. Nel caso di specie, la signora Tizia, con ricorso iscritto a ruolo avanti il Tribunale di Ivrea, chiedeva di pronunciare la separazione con addebito al marito, assegnando a proprio favore la casa coniugale e disponendo un assegno di mantenimento sia a proprio favore che in favore del figlio minore. Fondamento della pretesa vantata dalla signora Tizia era l’atteggiamento egoistico ed assente del marito, il quale, durante le visite mediche della signora, o di quelle post-operatorie, non si curava della di lei salute ma si concentrava esclusivamente sul lavoro e sulle partite di calcio, ignorando, di conseguenza, anche il figlio minore. Con comparsa di costituzione e risposta il signor Caio, nostro cliente, contestava le circostanze dedotte da controparte ed evidenzia come lo stesso, contrariamente da quanto sostenuto da controparte, abbia sempre contribuito, materialmente e moralmente, alla routine quotidiana accompagnando la moglie alle visite mediche, anche in occasione della stessa gravidanza, assecondando ogni sua richiesta e, inoltre, sospendendo le visite alla sua famiglia d’origine. Caio chiedeva l’addebito della separazione nei confronti della moglie, l’assegnazione della casa coniugale in proprio favore, nonché la collocazione presso di sé del figlio minore in quanto, la donna, prima di chiedere la separazione giudiziale aveva abbandonato il tetto coniugale, portando via anche il figlio minore. Approfondendo meglio le possibili conseguenze dell’abbandono del tetto coniugale, venivo a conoscenza delle conseguenze sia civili che penali di questo gesto. In riferimento alla materia civile, l’abbandono del tetto coniugale comporta la violazione dei diritti e dei doveri reciproci dei coniugi disciplinati all’articolo 143 c.p.c., pertanto, la stessa Corte di Cassazione ha affermato che l’abbandono del domicilio coniugale legittima l’addebito della separazione, in quanto determina l’impossibilità della convivenza. Tuttavia, viene precisato che, la condanna non potrà avvenire se l’abbandono è causa del comportamento dell’altro coniuge ovvero se l’abbandono è avvenuto dopo che l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si era già verificata. Per quanto concerne le conseguenze penali, invece, l’abbandono del tetto coniugale potrebbe essere presupposto della responsabilità penale. Ebbene, se l’abbandono del domicilio domestico si sostanzia e si accompagna al mancato adempimento del generale obbligo di assistenza a favore del proprio coniuge, può scattare il reato; tuttavia, come chiarito dalla Cassazione, l’abbandono del domicilio domestico e/o del tetto coniugale non è punibile di per sé, ma solo se ha avuto come risultato la descritta mancata assistenza. Inoltre, se l’abbandono è avvenuto per giusta causa, cioè è stato dovuto all’intollerabilità della convivenza e non per futili motivi, la descritta responsabilità penale non è configurabile. Nel caso de quo, il Tribunale di Ivrea disponeva che la signora Tizia corrispondesse l’assegno di mantenimento nei confronti del figlio minore e la dichiarava tenuta alla refusione delle spese processuali. Pertanto, chiedendo ausilio al mio dominus, e seguendo le norme dettate dal codice deontologico, provvedevo in primo luogo ad inviare il deconto all’avvocato di controparte. Decorso il periodo di tempo indicato nel deconto per il pagamento delle spese indicate in sentenza, e confrontandomi con il mio dominus, procedevo a richiedere una copia esecutiva della sentenza al fine di notificarla alla controparte. Approfondivo così, attraverso l'utilizzo dei manuali e delle banche dati telematiche, i primi articoli del Libro III rubricato "Del processo di esecuzione", all'articolo 474 c.p.c., rubricato "Titolo esecutivo", il titolo esecutivo consiste in un documento nel quale risulta l'accertamento del diritto sostanziale; colui che ha un diritto certo, liquido ed esigibile, consacrato in un titolo esecutivo può infatti promuovere un processo di esecuzione. Successivamente, analizzando ed approfondendo l'articolo 475 c.p.c. rubricato "Spedizione in formula esecutiva", in quanto, la sentenza de qua, per valere come titolo esecutivo deve necessariamente essere munita della formula esecutiva. La spedizione del titolo in formula esecutiva consiste nell'intestazione nel nome della legge e nell'apposizione della formula, espressamente prevista dall'articolo 475 comma 3 c.p.c. ed è possibile eseguirla solamente alla parte a favore della quale il provvedimento è pronunciato, con indicazione in calce della persona alla quale è spedita. Inoltre, viene rilasciata una sola copia in forma esecutiva in quanto l'originale rimane custodito nella cancelleria del tribunale, o nel pubblico ufficio, la copia conforme munita della formula esecutiva costituisce a tutti gli effetti titolo esecutivo, le altre copie rilasciate sono tutte copie conformi. Successivamente, dopo aver approfondito gli aspetti del titolo esecutivo ed aver ritirato la sentenza spedita di formula esecutiva, consultandomi con il mio dominus, mi accingevo ad approfondire le
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