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Sergio Corazzini testi analizzati, Appunti di Letteratura Italiana

Sergio Corazzini testi analizzati con parafrasi, metrica, prosodia, analisi semantica, temi principali.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 02/02/2021

Marinaf94
Marinaf94 🇮🇹

3.4

(8)

12 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Sergio Corazzini testi analizzati e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! TESTI CORAZZINI ANALIZZATI: Da Dolcezze Il mio cuore Il mio cuore è una rossa macchia di sangue dove io bagno senza possa la penna, a dolci prove eternamente mossa. 5 E la penna si muove e la carta s’arrossa sempre a passioni nove. Giorno verrà: lo so che questo sangue ardente 10 a un tratto mancherà, che la mia penna avrà uno schianto stridente... ... e allora morirò. Parafrasi: Il mio cuore è una grossa macchia di sangue dove bagno, senza fermarmi, la mia penna che si muove eternamente. E mentre la penna si muove, la carta diventa rossa dinnanzi a passioni sempre più nuove. Io so che il giorno arriverà e che questo sangue all'improvviso non ci sarà più, che la mia penna avrà un cedimento acuto... e sarà allora che io morirò. È la lirica d’apertura di Dolcezze, prima raccolta di Corazzini (1904, 17 componimenti). Metro: sonetto minore di settenari con schema abab abab cde edc Figure e prosodie: Rosa macchia di sangue: metafora Possa […] prove: allitterazione Penna, sangue: epanalessi Mossa/ muove: poliptoto Sangue: metonimia Schianto stridente: iperbole Rima derivativa e inclusiva rossa:arrossa C e E sono settenari tronchi Temi: Dichiara il carattere sentimentale della sua poesia: l’inchiostro con cui viene scritta è il sangue che esce dal cuore. Le dolci prove richiedono passione e sofferenza, oltre a provocare esaurimento, come un dissanguamento. Sproporzione tra le dimensioni della penna (l’esigua possa, cioè forza, del poeta) e la potenza distruttiva della morte Da Le aureole La finestra aperta sul mare a Francesco Serafini Non rammento. Io la vidi aperta sul mare, come un occhio a guardare, coronata di nidi. Ma non so né dove, né quando, 5 mi apparve; tenebrosa come il cuore di un usuraio, canora come l’anima di un fanciullo. Era la finestra di una torre in mezzo al mare, desolata 10 terribile nel crepuscolo, spaventosa nella notte, triste cancellatura nella chiarità dell’alba. Le antichissime sale morivano 15 di noia: solamente l’eco delle gavotte, ballate in tempi lontani da piccole folli signore incipriate, le confortava un poco. Qualche gufo co’ i tristi 20 occhi, dall’alto nido scricchiolante incantava l’ombra vergine di stelle. E non c’era più nessuno da tanti anni, nella torre, 25 come nel mio cuore. Sotto la polvere ancora, un odore appassito, indefinito, esalavano le cose, come se le ultime rose 30 dell’ultima lontana primavera fossero tutte morte in quella torre triste, in una sera triste. Sempre nell’ultima strofa i versi si riducono sempre di più, come a riprodurre la resa della torre che sprofonda nel mare (significativamente in rima con il suo specchio metaforico, il grigio altare) Scansione v. 10 la1 fi2nés3tra4 di ͜ u5na6 tó7rre ͜ in8 mé1zzo ͜ al2 má3re4, de5so6lá7ta8 Temi: La finestra è «la luminosa sineddoche di una torre» (Farinelli). Echi palazzeschiani. Molte immagini pascoliane: come un occhio; lacrimava […] il cielo; caddero i nidi. La finestra è come l’occhio della torre sul mare; l’oscurità della torre si contrappone al chiarore del cielo, la desolazione delle sale alla potenza vitale del mare. L’abbandono dell’ultima traccia di vita (le rondini) turba la torre, che stancamente si inabissa, come l’anima del poeta, che si sente scivolare nell’oscurità eterna. Da Piccolo libro inutile Desolazione di un povero poeta sentimentale I Perché tu mi dici: poeta? Io non sono un poeta. Io non sono che un piccolo fanciullo che piange. Vedi: non ho che le lagrime da offrire al Silenzio. Perché tu mi dici: poeta? 5 II Le mie tristezze sono povere tristezze comuni. Le mie gioie furono semplici, semplici così, che se io dovessi confessarle a te arrossirei. Oggi io penso a morire. 10 III Io voglio morire, solamente, perché sono stanco; solamente perché i grandi angioli su le vetrate delle catedrali mi fanno tremare d’amore e di angoscia; solamente perché, io sono, oramai, 15 rassegnato come uno specchio, come un povero specchio melanconico. Vedi che io non sono un poeta: sono un fanciullo triste che ha voglia di morire. IV Oh, non maravigliarti della mia tristezza! 20 E non domandarmi; io non saprei dirti che parole così vane, Dio mio, così vane, che mi verrebbe di piangere come se fossi per morire. Le mie lagrime avrebbero l’aria 25 di sgranare un rosario di tristezza davanti alla mia anima sette volte dolente ma io non sarei un poeta; sarei, semplicemente, un dolce e pensoso fanciullo cui avvenisse di pregare, così, come canta e come dorme. 30 V Io mi comunico del silenzio, cotidianamente, come di Gesù. E i sacerdoti del silenzio sono i romori, poi che senza di essi io non avrei cercato e trovato il Dio. VI Questa notte ho dormito con le mani in croce. Mi sembrò di essere un piccolo e dolce fanciullo 35 dimenticato da tutti gli umani, povera tenera preda del primo venuto; e desiderai di essere venduto, di essere battuto di essere costretto a digiunare 40 per potermi mettere a piangere tutto solo, disperatamente triste, in un angolo oscuro. VII Io amo la vita semplice delle cose. Quante passioni vidi sfogliarsi, a poco a poco, 45 per ogni cosa che se ne andava! Ma tu non mi comprendi e sorridi. E pensi che io sia malato. VIII Oh, io sono, veramente malato! E muoio, un poco, ogni giorno. 50 Vedi: come le cose. Non sono, dunque, un poeta: io so che per esser detto: poeta, conviene viver ben altra vita! Io non so, Dio mio, che morire. 55 Amen. Parafrasi: Il Poeta si rivolge con un "tu" indefinito al lettore e a se stesso riconoscendo di essere un poeta ma solo un piccolo fanciullo che piange (in realtà la sua intenzione è di negare di essere un poeta secondo l'immagine di poeta a cui il lettore è abituato: poeta-vate). Silenzio: l’uso della maiuscolo gli conferisce il ruolo di divinità (personificazione). La figura del poeta viene negata e ridotta in termini antieroici. Egli dichiara di non essere altro che un uomo rassegnato ad una vita costellata di povere tristezze comuni a tutti gli uomini e di gioie semplici. L'unico suo pensiero è di morire (penso a morire - l'insistenza sui temi della malattia, solitudine e morte sono tipici del crepuscolarismo e vengono affermati in queste prime strofe con toni tragici). E' tipica del crepuscolarismo anche l'utilizzazione di immagini religiose, usate non in chiave dissacratoria e parodistica ma in maniera seria: Angioli: arcaismo per dire angeli. Catedrali: la grafia catedrale, anziché cattedrale, è uno dei vizzi ortografici presenti anche in Gozzano. Corazzini afferma la sua rassegnazione a vivere il suo destino di una vita riflessa, ovvero passiva costellata delle tristezze e delle gioie semplici comuni a tutti gli uomini, e lo esprime con quest'immagine dello specchio: Come uno specchio: lo specchio non ha una vita propria ma si limita a riflettere la realtà. Maravigliarti: forma letteraria per meravigliarti. L'insistenza sul pianto (piangere...lagrime), la malinconia, il ripiegamento su se stesso sono elementi tipici di Corazzini e della poesia crepuscolare in genere. Ritornano le immagini sacre: Sgranare un rosario: di essere come le perle di un rosario. Sette volte dolente: probabilmente il poeta allude alla madonna dei sette dolori. Il poeta ribadisce, un'altra volta (le numerose riperizioni contribuiscono alla musicalità del testo), di non essere un poeta ma un semplice pensoso fanciullo, affermando con ciò, in contrapposizione con il poeta-vate, di essere un poeta sentimentale e intimista, ripiegato su se stesso, ovvero un nuovo modello di poeta. Comunico…Gesù: come il fedele per mezzo dell’Eucarestia assume in sé il corpo di Cristo diventando con lui una sola cosa, ugualmente il Poeta fa la comunione con il silenzio, sua divinità. cotidianamente: dal latino cotidie; sacerdoti del silenzio: perché senza di essi il silenzio non sarebbe concepibile, perché i rumori inducono a cercare il silenzio. Battuto = picchiato Nella settima strofa il poeta dichiara il suo amore per la semplicità (io amo la vita semplice delle cose). Nelle strofe che chiudono la lirica torna il tema decadente della vita come malattia, in attesa della morte liberatrice, espresso non più con toni tragici ma malinconici per la consapevolezza che gli uominie e le cose vanno incontro ad un destino effimero (quante passioni vidi sfogliarsi = perdersi, svanire). Nei versi finali diventa evidente lo spirito polemico nei confronti del modello di poeta imperante all'epoca (d'annunziano) laddove Corazzini afferma: per essere detto: poeta, conviene viver ben altra vita!, riferendosi con "ben altra vita" all'ideale d'annunziano della "vita inimitabile", cioè quella dei successi e degli splendori. Amen: il così sia che chiude ogni preghiera. È la lirica d’apertura di Piccolo libro inutile, costituito da otto poesie in tutto. Qui il poeta conversa esclusivamente con il proprio Io. Metro: versi liberi in otto strofe di varia misura. Molte rime identiche (poeta; morire; tristezza; vane; cose; malato). Rima baciata prolungata ai vv. 36- 37-38. Quasi tutte le parole in rima sono tipiche del «repertorio» crepuscolare. Figure 1: Epifora: poeta; morire
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