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Sintesi completa del libro Maria Teresa d'Asburgo di M. Sangalli., Sintesi del corso di Storia Moderna

SINTESI COMPLETA E DETTAGLIATA DEL LIBRO DI MAURIZIO SANGALLI "MARIA TERESA D'ASBURGO"

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018
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Scarica Sintesi completa del libro Maria Teresa d'Asburgo di M. Sangalli. e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! MARIA TERESA D’ASBURGO. INTRODUZIONE. Gregorio Guglielmi, pittore romano approdato a Vienna , raffigura nei suoi affreschi: 1)la misericordia della CASA D’AUSTRIA, che tra il 400 e il 600, riesce a mantenere la corona del SACRO ROMANO IMPERO; 2) la glorificazione della sovrana che ha salvato la casata dalla rovina. È la donna più importante della casata, l’unica ad avere un ruolo così centrale. Questi affreschi risaltano le “RIFORME” , dei suoi 40 anni di regno, dal 1740 al 1780: finanze, esercito, artigianato. L’esercito e la burocrazia sono i due pilastri portanti del suo operato, su cui poggiavano le monarchie in età moderna. I territori asburgici, italici e quelli dei Paesi Bassi meridionali furono legati tra di loro dalla circolazione di uomini e idee, di un ceto dirigente che si amalgamava e avvicinava attraverso matrimoni, parentele prima ancora che gli venisse imposto dalla monarchia. Questi territori costituiranno un primo tentativo di coesione promossa dall’alto, con la volontà di far usare qualche parola “comune”, se non una stessa lingua, a popoli diversi. Maria Teresa è destinata a portare sulle spalle tutto il peso del regno, senza essere stata preparata. È una donna che subito capisce “L’ARTE DEL POSSIBILE”: gli obiettivi si raggiungono, quando e dove è possibile, non a tutti i costi. Due le massime che ne guidano la condotta, e che ogni principe dovrebbe seguire: 1) la responsabilità personale, alla quale non si sottrae mai, anche nei momenti più bui, come dopo la morte del marito; 2) la considerazione paternalistica (materialistica), del bene dei suoi Stati e dei suoi sudditi, faro costante del suo agire. La sovrana si “MILITARIZZA”, per quanto possibile ad una donna, mostra “virtù maschili” per assicurarsi fedeltà e rispetto dei sudditi. Del resto, nella difesa dei suoi domini, deve confrontarsi con altri uomini che guidano i loro popoli in battaglia, cosa che lei non potrà mai fare. Uno su tutti, il più detestato: FEDERICO II DI PRUSSIA; soprattutto nell’800 quando è chiaro che Berlino ha prevalso su Vienna. È la “guerra di successione” il punto culminante del mito teresiano, quando, pur a prezzo di pesanti sacrifici, la nemica riesce a tenere testa al nemico prussiano. Il confronto tra i due prefigura quale sarà la situazione del mondo germanico per tutto il secolo seguente: l’importanza della supremazia reale sul mosaico di Stati che era l’Europa centro-orientale. Ma più di venti milioni di abitanti, un territorio enorme, non bastavano a farla diventare potenza di primo piano. Tanto è vero che la piccola Prussia sarà in grado di batterla. Piuttosto sarà il cosiddetto “rovesciamento delle alleanze”, che dopo più di due secoli la avvicina alla nemica storica, la Francia di Luigi XV, a consentire a Maria Teresa di riscattarsi, in primis nei confronti dell’Inghilterra, a sedersi da pari a pari ai tavoli delle trattative. Inizierà tentativi di revisione signorile, ovvero delle società che compongono i territori della monarchia. Uno Stato più presente, con organi nei quali conta la specializzazione funzionale: burocrazia, esercito e finanze vengono riformati secondo questo principio; a seguire una politica mercantilistica favorevole alla libera imprenditorialità. Noto il “CODEX THERESIANUS”, il primo tentativo di codificazione civile in ambito asburgico, pronto nel 1766 ma che non venne mai promulgato: scritto in tedesco, con l’esclusione del diritto feudale. Molti studiosi hanno parlato di uno “Stato incompiuto”. Sicuramento lo fu, Maria Teresa non poté far altro che iniziare una nuova fase i cui risultati necessitavano di tempi più lunghi. Resta infine il mistero della “donna” Maria Teresa. Fu una donna religiosa, influenzata dal cattolicesimo riformato settecentesco e dal giansenismo, che le inculcarono l’obbligo morale di tutelare la salute spirituale, affiancandosi quantomeno alla Chiesa. Instituì una “Commissione di Castità”, per donne multate e minorenni rinchiusi in convento, se trovate ad aggirarsi per le strade da sole dopo l’imbrunire; pene più severe per gli adulteri, lotta ai bordelli e ai ritrovi licenziosi della nobiltà. CAPITOLO 1: LA CASA D’ASBURGO TRA STATO E IMPERO. 1 La Erzhaus Österreich. La dinastia degli Asburgo fu legata alla carica imperiale, in maniera continua, per circa tre secoli, dal 1438 al 1740. Si può parlare di “doppia formazione dello Stato asburgico”: imperiale e principesco. Dinastia va intesa come Casa, quella che diventerà la Erzhaus Österreich, l’arci-casa, che però non ha avuto origine nei territori austriaci. Fu RODOLFO IV a rivendicare per sé, nel 1300, il titolo di Erzherzog, o di archidux, basandosi sull’investitura feudale di uno dei territori acquisiti dalla dinastia, il ducato di CARINZIA. La formula servirà per sottolineare la completa indipendenza della famiglia rispetto a tutte le altre del “Sacro Romano Impero”. Come tutte le casate aristocratiche, quella asburgica è unita da vincoli di sangue, che conferiscono un forte senso di appartenenza. La “tradizione” della casata asburgica affonda le sue radici nell’alto Medioevo. La tradizione è incarnata nella “Rocca dell’Astore” ,ovvero il castello di Habichtsburg (eretto intorno al 1020 e situato nell’omonimo comune del cantone svizzero di Argovia, sulle sponde del fiume Aare), che alla famiglia ha dato il nome. Trovandosi questo territorio all’epoca all’interno del regno di Borgogna, riuscì probabilmente a sottrarsi alla conquista ottoniana (Ottone I). Questa collocazione consoliderà le basi della fortunata famiglia che nel XIII secolo diventerà una casata eminente, in grado di sostituire quella di Svevia sul trono imperiale. Fu infatti RODOLFO I nel 1273 il primo della famiglia ad essere eletto imperatore. Al pieno Medioevo risale il mito franco-troiano, che rimanda da una parte ad Enea; dall’altra a Giulio Cesare. Quando nel 700, i LORENA si unirono agli ASBURGO, spuntò una terza tesi, quella della discendenza da un Eticone alemanno, duca di Alsazia e Svevia, in modo da risultare congeniale a metà 700 contro la Prussia. Il vero fondatore della dinastia è comunque Rodolfo I, che dopo lo scontro con il re boemo OTTOCARO II PREMYSLIDE otterrà il nucleo dei cosiddetti territori ereditari: Austria, Stiria, Carinzia, Carnia, la Marca slavica, Eger e Pordenone. La Moravia e la Boemia, saranno acquisite dagli Asburgo nel 1526, con l’estinzione della dinastia degli Jagelloni a seguito della morte di LUIGI II, re di Ungheria e di Boemia, nella battaglia contro i Turchi. Nel 700 il contrasto si avrà con la Prussia, quando Federico II si autonomia, nel 1701, re in Prussia; viene poi riconosciuto tale dalle potenze europee alla fine della guerra di successione spagnola nel 1713. Il rafforzamento della coesione tra alcuni cantoni svizzeri a fine 1200 e l’acquisizione del Tirolo nel 1300 indeboliscono, da un lato, la posizione della casata al centro dell’Europa, ma dall’altro ne rafforzano il destino austriaco, raccogliendo l’eredità degli estinti duchi Babenberg. Rodolfo falsificherà le lettere di indipendenza dei territori ereditari austriaci ( il cosiddetto “privilegium maius” del 1358-59) al fine di elevare il loro signore al di sopra degli altri feudatari dell’Impero. L’intento fu quello di impedire intromissioni imperiali, quando la corona ancora non era saldamente nelle mani asburgiche. Seguono la conquista di parte del Friuli e di Trento, di Feltre e di Belluno; l’acquisizione di parte dell’Istria, di Friburgo e di Trieste. Con l’accesso al trono di FEDERICO III, nel 1440, si suggella il prestigio dinastico e familiare. Federico aiutò a risolvere i problemi della rivolta hussita in Boemia e quelli nei confronti dei Turchi, sempre più minacciosi alle frontiere orientali. Quando gli Asburgo riottengono la corona imperiale, da circa un secolo si è stabilizzata la procedura di elezione dell’imperatore. La BOLLA D’ORO emanata da CARLO IV nel 1356 aveva costituito il “COLLEGIO DEI PRINCIPI ELETTORI”: tre ecclesiastici, gli arcivescovi di Magonza, Treviri e Colonia; e quattro laici, il re di Boemia, il duca di Sassonia, il margravio di Brandeburgo e il conte del Palatinato. La frattura religiosa a inizio 500, con l’avvento delle riforme protestanti, giungerà a complicare gli equilibri di questo collegio. Le contraddizioni esploderanno nella guerra dei Trent’Anni: le paci di Westfalia nel 1648 sanciranno la presenza di un ottavo elettorato, quello di Baviera. Nel 1692, lo squilibrio tra cattolici e protestanti, porterà ad un nono elettorato, il protestante duca di Hannover. Questa aggiunta significherà che di lì a pochi anni, quando nel 1714 il primogenito di Ernesto Augusto, Giorgio, diventerà re d’Inghilterra, che i sovrani inglesi avranno voce in capitolo nell’elezione dell’imperatore. Tra Reich e Erbländer (territori ereditari). Il lunghissimo regno di FEDERICO III nel 1440 rappresenta il suggello della definitiva affermazione della dinastia. Suo figlio MASSIMILIANO I, con il matrimonio con Maria di Borgogna, non farà che rafforzare la posizione della famiglia all’interno dell’Impero. Massimiliano I mise in atto tra 400 e 500 alcune istituzioni imperiali. La riforma serviva soprattutto per ripristinare la giurisdizione del Tribunale di Corte, presieduto dall’imperatore, sui territori dei principi elettori. Verso la fine del 400 prende anche forma la “DIETA IMPERIALE” o Reichstag. La Dieta era costituita dal Collegio dei Principi Elettori; da un secondo Collegio che riuniva principi, ecclesiastici e laici; e da un terzo Collegio dei rappresentanti di una cinquantina di città 2 FILIPPO D’ANGIO’ (nipote di LUIGI XIV), per la successione al trono spagnolo. Durante le trattative di pace, CARLO, divenuto imperatore, sente la necessità di ribadire la trasmissione ereditaria dei suoi Stati. Negli stessi mesi, l’Inghilterra di ANNA, ultima Stuart, e le Sette Province Unite, alleate della Casa d’Austria, si dichiarano contro il diritto di Carlo a succedere sul trono spagnolo. Dunque si pone l’esigenza di mettere al sicuro gli Stati ereditari da qualsiasi attacco straniero. Nel 1713 la casa d’Asburgo, con questo documento, abbraccia il principio di primogenitura, mentre fino ad allora si seguiva il principio di “eredità divisa” (Gesamthand), per tutelare le proprietà signorili dalla frammentazione in occasione delle trasmissioni ereditarie. Seguendo questo principio, nel 400 la dinastia si era frammentata in 3 linee collaterali, ricomponendosi nel momento in cui i familiari di un ramo assumevano la tutela dei parenti minorenni di un altro ramo. Questo processo si concluse solo nel 600 con l’estinzione del ramo spagnolo della famiglia. La salvaguardia viene dunque intesa nei confronti della dinastia maschile, difendendo anche quelli di un’eventuale discendenza femminile. La Prammatica Sanzione rappresenta un patto di famiglia siglato dieci anni prima. Il patto di “mutua successione”, prevedeva che, in caso di morte di Carlo, il fratello maggiore li avrebbe riacquisiti. L’eventualità opposta, cioè la pre-scomparsa di Giuseppe, avrebbe invece favorito i diritti carolini sui territori ereditari rispetto a quelli delle due figlie di Giuseppe. Ma a fronte di due soli eredi maschi, che nel 1711 si erano ridotti a uno, era necessario salvaguardare anche la discendenza femminile. Carlo giunge a preferire le due principesse giuseppine rispetto alle sorelle ancora in vita. Il sovrano occupò i successivi 30 anni del suo regno a convincere le Cancellerie degli altri paesi europei a sottoscrivere il documento e questa fissazione indebolì la monarchia sotto vari aspetti. L’accettazione della Sanzione richiederà al sovrano anche la cessione di alcuni territori. Innanzitutto per farla accogliere nei domini della monarchia, ci volle almeno un decennio. La più ostile sarà la Dieta Ungherese, che la sottoscriverà solo dopo aver avuto ancora più privilegi nobiliari. In Lombarda si concluderà intorno alla metà degli anni venti, e l’accettazione della Dieta Imperiale verrà ottenuta solo ne 1732. Di tutta la risposta, la sovrana spagnola ELISABETTA FARNESE, seconda mogli di FILIPPO V che aveva sottratto il trono proprio a Carlo, ottiene il riconoscimento del diritto dei figli sul Ducato di Parma e Piacenza e sul granducato di Toscana; mentre l’Inghilterra chiederà la chiusura della “Compagnia di Ostenda” che intratteneva relazioni commerciali con le Indie. I sacrifici maggiori però furono affrontanti negli anni 30: alla fine della guerra di successione polacca, Vienna dovette rinunciare nel 1738 allo Stato dei Presidi (protettorato toscano), al regno di Napoli e Sicilia a favore di Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta; i territori occidentali del Milanese, invece passarono ai Savoia. Poco prima di morire Carlo condurrà una guerra contro gli Ottomani, voluta dalla nipote di Pietro il Grande, la zarina Anna; il conflitto gli costerà la Serbia, Belgrado, e la piccola Valacchia (Romania occidentale). La piccola Resel. Il primo figlio di Carlo, Leopoldo Giovanni morì dopo pochi mesi, dunque Maria Teresa non fu la primogenita. Quando Maria Teresa nacque nessuno poteva prevedere che le sorti della dinastia sarebbero dipese da lei. Un anno dopo un’altra femmina, seguita da un’altra che però muore a sei anni. Le salvaguardie poste dal padre allora risultarono più che opportune. Ma la speranza di un erede maschio non venne ma meno, ciò si può notare dall’educazione ricevuta dalla piccola Resel: musica, matematica, disegno, danza e le lingue. Ma mancano non a casa la geografia, la guerra e la finanza, destinate alla formazione dei maschi. I suoi precettori furono scelti ovviamente tra i gesuiti, ma essere gesuita non significava non essere aperti a nuovi influssi. Inoltre sceglierà come confessore un padre giansenista (giansenismo eliminava quasi del tutto il libero arbitrio dell'essere umano di fronte alla grazia divina, favorendo l'idea di una salvezza predestinata). Per quanto concerne le lingue, la monarchia asburgica non poteva avere una lingua ufficiale, data l’eterogeneità dei territori. Ogni area della monarchia aveva una lingua ufficiale. Non si pretendeva che il sovrano le conoscesse alla perfezione ma che ne avesse un’infarinatura. La lingua costituiva in ogni caso un elemento identitario, molto più di altri fattori. Il francese era la lingua con cui si intrattenevano le relazioni con gli altri Stati, e Maria Teresa ne ebbe approfondita conoscenza. La lingua della cultura, invece, era il latino oltre ad essere quella della Chiesa Cattolica. Questa era anche la lingua dei suoi possedimenti ungheresi, cioè la lingua con cui i ceti dirigenti intrattenevano le relazioni con l’esterno. Data l’importanza del suo rapporto con gli ungheresi, la sovrana si sforzerà di imparare anche qualche parola della lingua del popolo. L’italiano era la lingua della musica e della letteratura e continuerà ad essere parlato all’interno della corte.; anche lo spagnolo, lingua cerimoniale di corte, dati i legami madrileni di Carlo VI. Ma a metà del 700 si assiste al progressivo 5 estendersi a corte dell’influsso germanico su quello italiano e l’iberico. Maria Teresa si impegnò particolarmente nelle lingue romanze, non aveva una conoscenza approfondita del tedesco, infatti parlava la variante viennese. Tranne in francese, la principessa scriveva male in tutte le altre. Sponsali complicati. Gli Stati Europei si interessarono subito al possibile pretendente alla mano della principessa, infatti il suo matrimonio diventa un “tema di politica internazionale”. Elisabetta Farnese interviene in favore del figlio don Carlos. Al fine di favorire tale esito il sovrano FILIPPO VI, sollecitato dalla moglie, giunge a sottoscrivere un trattato con Vienna. Ma la potenza dell’Inghilterra degli HANNOVER e soprattutto GIORGIO II, non può consentire un eccessivo rafforzamento di una dinastia continentale e un’alleanza matrimoniali tra le due casate più potenti. In pochi anni, Londra riesce a separare nuovamente Madrid da Vienna e a legare quest’ultima a sé. Il principe EUGENIO DI SAVOIA aveva un progetto tutto germanico e soprattutto cattolico: propone che la scelta ricada su MASSIMILIANO GIUSEPPE, figlio del principe elettore di Baviera Carlo di Wittelsbach. Da abile politico qual era, Eugenio capì che una discendenza femminile avrebbe interrotto l’ascesa della dinastia al trono imperiale e sapeva che i Wittelsbach aspiravano, dalla guerra dei Trent’Anni a ricoprire questo ruolo. Sapeva inoltre che questa alleanza si sarebbe risolta in funzione anti- francese, allontanando i W. da Parigi, che li aveva spesso usati in funzione antiasburgica. Questo matrimonio avrebbe quindi evitato l’alleanza con il nemico francese. Inoltre questa alleanza matrimoniale avrebbe rafforzato la fede cattolica all’interno del Sacro Romano Impero, in quanto con l’ascesa della Prussia, il protestantesimo diveniva sempre più forte. Pur di fermare questa ascesa, Eugenio suggerirà anche il matrimonio con l’erede al trono di Prussia, FEDERICO DI HOHENZOLLERN , che diverrà il nemico acerrimo di Maria Teresa. A rovinare questi piani, interviene di nuovo l’Inghilterra, usando la “Prammatica Sanzione”, da loro fino ad allora condizionata. In cambio essi fecero sopprimere la Compagnia di Ostenda, e fecero scegliere un principe consorte di una casata di secondo rango, per non alterare gli equilibri politici. Ciò che porterà alla scelta definitiva, sarà un evento esterno che coinvolse tutta l’Europa, ovvero la guerra di successione settecentesca per la corona di Polonia. Andando per grandi si nota che esisteva una famiglia di secondo rango legata agli Asburgo, quella dei duchi di Lorena. L’avo di Carlo V, nonno del futuro sposo e cognato di Leopoldo I, contribuì a liberare Vienna dall’assedio turco nel 1638. Il figlio Leopoldo di Lorena crebbe e fu educato a Vienna. In un primo tempo la scelta cadde sul primogenito del duca, Leopoldo Clemente che però morì di Vaiolo. Entrò in campo quindi il secondogenito, FRANCESCO STEFANO, che nel frattempo si reca a Vienna per completare la sua formazione. Ma fino a metà anni 30 niente viene ancora deciso. Francesco Stefano deve tornare in Polonia per succedere al padre, deceduto nel 1729. Avvertendo un forte pericolo da parte della Francia di Luigi XIV che considerava la sovranità su quei territori “naturali”, Francesco Stefano capisce che un’alleanza con gli Asburgo può controbilanciare le brame francesi. E per lui Austria significa anche tutti i suoi alleati in Europa, ma specialmente l’Inghilterra. Non a caso giunto ad Amsterdam egli si avvicinò alla massoneria. Carlo VI però, pur adottandolo e indicandolo come più probabile futuro sposo della figlia, per averlo lontano da Vienna nel caso di cambiamenti, gli affida missioni a Magonza e poi in Ungheria. Durante la lontananza i due si scambiano lettere d’amore, ma Carlo VI non avrebbe considerato questo legame in caso di altri interessi. Nel frattempo lo scenario internazionale muta in seguito alla scomparsa nel 1733 del sovrano AUGUSTO III DI SASSONIA, anche re di Polonia. La sua scomparsa porta ad una guerra in cui si scontreranno il figlio di quest’ultimo, sostenuto da Prussia e Russia, e il polacco Stanislao Leszczyński che, in quanto suocero di Luigi XV, era il candidato naturale della Francia. Lo scontro si conclude nel 1753 con il trattato di Vienna: a Leszczyński, come compenso per la rinuncia al trono polacco viene offerta la LORENA; a Francesco Stefano il granducato di Toscana, dove la dinastia dei Medici è estinta nel 1737. Per convincere il duca di Lorena a rinunciare ai suoi territori, la Francia si appella a Carlo VI offrendo l’accettazione della Prammatica Sanzione. Carlo VI spinge Francesco Stefano a sottoscrivere la rinuncia concedendogli la mano della figlia. La coppia convola a nozze il 12 febbraio 1736. Il duca di Lorena fu un abile uomo di affari ed ebbe un ruolo di rilievo nel rinnovamento culturale di Vienna. In seguito alla scomparsa di Carlo VI, Baviera e Prussia si coalizzano mettendo in pericolo la dinastia asburgica. Granduchi di Toscana. Inizialmente la coppia avrebbe dovuto trasferirsi a Firenze, ma la presa del granducato viene rimandata in seguito allo scoppio della guerra “russo-austro-turca”. In seguito alle sconfitte la coppia giunge a Firenze 6 nel 1739, ma il soggiorno sarà breve in quanto l’anno successivo CARLO VI muore. In questi anni Maria Teresa aveva dato alla luce due bambine: Maria Elisabetta, che però morirà a tre anni e Maria Anna; inoltre ne aspettava un’altra, che però perderà. Il granducato sarò governato solo 25 anni più tardi da Pietro Leopoldo, figlio della coppia nato nel 1747. Si tratta di un possedimento separato dal resto dei domini asburgici, anche perché assegnato ad un Lorena. Francesco Stefano fu costretto a governare tramite intermediari, e questo spiega perché non fosse molto amato. Ma la Toscana della reggenza rispecchia in parte quanto il regno teresiano metterà in atto: volontà di riformare le strutture pubbliche e limitati interventi sulle strutture socio-economiche; si avrà dunque una riorganizzazione dell’esercito, dei tentativi di ridurre il debito pubblico e la diminuzione di tassi di interessi sui titoli di Stato i cosiddetti “luoghi di Monte”. A tutto ciò si aggiunge il tentativo di limitare lo strapotere delle strutture locali della Chiesa Cattolica. Il nuovo governo si doterà di un “Consiglio di Reggenza” che vede affiancarsi ai lorenesi funzionari toscani. Questo consiglio sarà il perno del nuovo sistema, coordinando gli organismi di Guerra e di Finanza e tutte le istituzioni di livello inferiore. La tenuta del nuovo dominio viene messa a dura prova durante la guerra di successione austriaca: la strada percorsa è quella della neutralità, ma all’inizio della Guerra dei Sette Anni, il paese sarà costretto ad abbandonarla e a contribuire allo sforzo bellico dei resti dei territori della monarchia asburgica. Nel settore delle finanze il caos regna sovrano. Inizialmente si segue la strada dell’appalto generale ai privati per la riscossione delle imposte, ma con poco successo. Le necessità finanziarie pubbliche faranno si che la reggenza estenda le concessioni nei confronti dei privati, come nello sfruttamento del ferro e dell’elbano o il monopolio del sale. Queste operazioni condurranno ad un malcontento generale dei sudditi che vedono il nuovo regime più gravoso di quello del passato. Già nel corso del regime mediceo le manifatture tessili locali andavano in contro ad un processo di decadenza, mentre l’agricoltura era stata valorizzata come settore in appoggio alle esigenze urbane. Secondo Sallustio Bandini l’agricoltura è a base dell’economia del paese e la liberalizzazione nel commercio dei grani, sono i cardini del nuovo sistema. La reggenza abbraccia subito il primo punto, imponendo ai proprietari di mettere a coltura l’incolto, spesso disatteso nelle aree depresse della Maremma. Tutti questi fallimenti poteranno ad orientarsi verso la libertà di commercio per risollevare le sorti dell’agricoltura. A impedire la ripresa dell’agricoltura toscana saranno anche i trattati agrari arretrati e il prevalere del rapporto mezzadrile. La reggenza può però intervenire nel settore dei fedecommessi, manimorte e feudi, che saranno limitati grazie ad una legge promulgata nel 1747; più tardi altre leggi sulle proprietà terriere e sulla riduzione della giurisdizione feudale. Queste leggi inaugureranno un nuovo corso, anche per quanto riguarda i rapporti con la Chiesa di Roma. I rappresentanti della Reggenza attaccheranno l’invadenza dell’ecclesiastico nel pubblico: il Tribunale dell’Inquisizione e i suoi abusi; l’uso di portare armi da parte dei religiosi; i benefici ecclesiastici ai “nazionali” e la censura ecclesiastica . Francesco Stefano sarà anche interessato a risollevare il settore manifatturiero, in particolare quello della seta, seguendo la strada della liberalizzazione del commercio interno e protezionismo nei confronti dei manufatti stranieri. Il granduca pratica efficacemente il “potenziamento” del porto di Livorno, ma troverà ostacoli a causa della concorrenze inglese e olandese, dei nuovi porti franchi dello Stato Pontificio: Civitavecchia e Ancona; Genova e Napoli. Per quanto riguarda le legislazioni differenti, neanche la Reggenza riuscirà a stilare un codice unico di leggi per tutto lo Stato. Ristabilitasi a Vienna, Maria Teresa si assenterà rare volte dalla Capitale, sia per le continue gravidanze, sia per godersi in tranquillità la vita familiare. Nel primo decennio del suo regno si recherà a Praga e a Bratislava per ricevere le corone di Santo Stefano e di San Venceslao. Nel 1745 si recherà a Francoforte per assistere all’Incoronazione Imperiale del coniuge. La sua ultima uscita finale sarà a Innsbruck per le nozze del figlio Leopoldo con Maria Ludovica di Borbone-Spagna. Una prole numerosa. Tra il 1737 e il 1756 la coppia avrà 16 figli, probabilmente per evitare problemi con la continuità dinastica. Ben 13 figli riusciranno a superare la prima infanzia e dieci le sopravvivranno. La secondogenita, Maria Anna, vivrà a corte da zitella fino alla morte della madre. Le altre figlie saranno merce di scambio nelle alleanze matrimoniali con le più importanti dinastie europee. Probabilmente per la sua forte fede cattolica, ai matrimoni con le casate protestanti, Maria Teresa preferisce matrimoni di fede cattolica. Ciò apre due strade: i Wittelsbach di Baviera e i Wettin di Sassonia; al di fuori dell’area germanica, invece, si orienta verso le Casate dell’Europa Occidentale e Meridionale. Nel 1741 arriva il desiderato figlio maschio, GIUSEPPE, erede al trono. Gli altri figli arrivano di anno in anno: nel 1742 Maria Cristina, grazie alla quale si risalderà la vicinanza con la casa di Sassonia; Maria Elisabetta, nel 1743, sfigurata dal vaiolo, sarà destinata 7 capire alla diplomazia austriaca due cose fondamentali: 1) gli alleati tradizionali, ossia l’Inghilterra di Giorgio II, sono inaffidabili e operano nel loro esclusivo interesse; 2) la vera contrapposizione in Europa è tra Francia e Inghilterra, e non più tra Asburgo e Valois, poi Borbone. Vi è un’ulteriore novità: i fronti di scontro si allargano dall’Europa al resto del mondo; mentre in Europa il conflitto si estende ad ovest e soprattutto a sud. Qui la diplomazia inglese riesce a piegare Maria Teresa ad un accordo con il re di Sardegna Carlo Emanuele III. L’obiettivo inglese è quello di indebolire Francia e Spagna per distrarle dalla concorrenza portata al commercio britannico oltremare. E sia Luigi XV sia Filippo V cadono nella trappola: la dichiarazione di guerra nel 1744 porta al trattato di Aranjuez che vede coalizzate Francia, Spagna e Napoli. Ma la vera novità di questi mesi è la morte dell’Imperatore Carlo VII. Gli Asburgo vedono un nuovo possibile accesso al trono imperiale e la via verso una pacificazione in Europa centrale. L’erede bavarese Massimiliano Giuseppe rinuncia alla nomina, indebolendo l’alleato francese. I rovesci militari asburgici tranquillizzano la Prussia, che ora può imporre lo scambio tra il suo voto e il riconoscimento dell’acquisizione prussiana della Slesia. Francesco Stefano verrà eletto imperatore senza il voto prussiano, ma in ogni caso questo successo conduce alla pacificazione; tutto ciò sarà riconosciuto mediante la pace siglata a Dresda. Il viaggio di Maria Teresa verso Francoforte per assistere all’incoronazione del marito, non condurrà alla sua nomina quale imperatrice- consorte. In effetti la giovane sovrana sarà arciduchessa d’Austria, regina d’Ungheria e Boemia, ma non fu mai imperatrice in senso proprio. L’ultimo biennio della guerra di successione austriaca vede entrare in campo la Russia della zarina Elisabetta I. La seconda figlia di Pietro il Grande disponeva di un esercito rinnovato, di una flotta militare, impulso alle manifatture e un’amministrazione riformata. Sotto il profilo internazionale, la Russia mirava all’espansionismo a scapito del nemico turco, alla conquista del contiguo regno di Polonia-Lituania e soprattutto ad annientare la Svezia contro la quale, ingaggiò una lunga guerra all’inizio del 700. Nonostante il sostegno, anche finanziario della Francia, Elisabetta non verrà mai meno all’alleanza con la Casata d’Asburgo. Sempre più preoccupata dall’espansionismo prussiano la sovrana conclude nel 1746 un’alleanza con Maria Teresa promettendosi reciprocamente aiuti militari in caso di bisogno. Mentre i Francesi vincevano sul fronte delle Fiandre, le sorti degli Austro-Piemontesi si capovolgono e gli Asburgo iniziano a pensare alla riconquista del Regno di Napoli. Ma di nuovo vengono bloccati dall’Inghilterra. Ci si avvia così nel 1748 alla “pace di Aquisgrana”: tutte le potenze accettano la Prammatica Sanzione; Maria Teresa sottoscrive la perdita della Slesia e deve subire il ridimensionamento dei suoi possedimenti italiani. Al re di Sardegna vengono restituite Nizza e la Savoia; la Francia restituisce all’Austria il possesso sui Paesi Bassi Meridionali. Ma con la pace di Aquisgrana si riconosce che la Prussia è in grado di competere con l’Austria e la Russia nella lotta per l’egemonia sull’Europa centrale e orientale. Una prima stagione di riforme istituzionali e “costituzionali”. A seguito di tutti i conflitti che caratterizzano i primi anni del suo regno, Maria Teresa capisce che il sistema amministrativo, economico e militare dei suoi Stati è profondamente inadeguato. Nonostante ciò fu aiutata dai collaboratori del padre, ma presto questi vennero a mancare. Il vero protagonista di questi anni fu il conte von Haugwitz, artefice delle riforme che seguiranno gli anni del conflitto. Dopo la perdita della Slesia, Maria Teresa lo incarica di gestire quei pochi territori che nella regione erano rimasti sotto il dominio austriaco. Già prima di lui, nel 1742 la Cancelleria d’Austria per gli Affari Esteri viene trasformata in Cancelleria di Casa, Corte e Stato. Un altro obiettivo di queste riforme è la separazione di giustizia e amministrazione. A Vienna si inizia a formare nel 1745, una corte di giustizia, come suprema istanza in materia processuale, prefigurazione della successiva Corte Superiore di Giustizia di Haugwitz. Viene istituita anche una commissione di Corte in quei territori di più recente acquisizione, quali la Transilvania, la Slavonia e il Banato. Successivamente Haugwitz viene inviato in Carniola e Corinzia come controllore dei funzionari locali, accedendo in seguito all’interno del Consiglio privato. L’obiettivo primario del suo programma sarà quello di unificare amministrazione e finanze in un’unica istituzione. Ma il suo programma viene ostacolato dalle Diete, ovvero gli organismi rappresentativi delle differenti istanze territoriali e in particolare dai ceto signorile. Haugwitz per far fronte a questo problema si serve del “CAMERALISMO”; con questo termine si intende tutto ciò che il monarca può e deve fare per tutelare il benessere dei suoi sudditi: è il “BENE COMUNE” ad essere individuato come base del potere regio. Tuttavia Haugwitz non vuole togliere completamente il potere alle Diete, ma intende piegarle agli interessi della monarchia. Per lui i ceti possono continuare ad avere voce in capitolo sull’ammontare delle imposte e a mantenere il loro diritto di voto. Ma una volta deliberate devono considerarsi di esclusiva pertinenza regia, 10 ripartite e riscosse da funzionari pubblici. Il bilancio statuale, come nella maggior parte delle monarchie europee, era in grande parte assorbito dalle spese militari. La necessità alla fine della guerra di successione fu quella di garantire le risorse necessarie per mantenere un forte esercito. L’intento di questa nuova riforma dell’apparato militare fu quello di garantire in primis le risorse finanziarie, così da poterla portare a termine. Per prima cosa si doveva concentrare il mantenimento delle truppe nelle mani delle autorità pubbliche, sottraendolo al controllo dei potentati locali. Essendo donna, Maria Teresa si rende conto che l’unico modo per poter stare vicino alle truppe è quello di preoccuparsi costantemente delle loro condizioni, di ispezionarle, di premiarli personalmente e di occuparsi della loro formazione, come farà nel 1751 creando l’Accademia Militare di Wiener Neustadt. Ma in seguito alla guerra le entrate dello stato, se applicate esclusivamente nell’apparato militare rischiano di bloccare le risorse disponibili per le altre istituzioni. Ecco perché Haugwitz opera con due obiettivi: 1)con l’intendo di far riscuotere le imposte, votate sempre dagli Stati, da un organismo unico e centralizzato; 2) di evitare di presentarsi ogni anno alle Diete per contrattare i contributi. Il tentativo di centralizzazione dell’amministrazione, il depotenziamento delle prerogative dei ceti, la creazione di un corpo di funzionari pubblici, il controllo sulla riscossione delle imposte rappresentano solo un primo aspetto di questa riforma. Si tratta ora di procedere con una vera e propria riforma istituzionale. Due sono gli organismi di maggior importanza che vengono creati nel 1749: in primis, il “Directorium in publicis et cameralibus”, presieduto dallo stesso Haugwitz. Questa istituzione si occuperà di amministrazione e finanze. Grazie ad essa Boemia, Moravia e Erbländer si unificano sotto il nome di “paesi ereditari tedeschi”; secondariamente, vi è l’unificazione delle Cancellerie di Austria e Boemia in un unico Collegio; rimane fuori l’Ungheria che mantiene le proprie istituzioni; così come Lombardia e Paesi Bassi. L’altro settore da riformare è quello della Giustizia, in cui viene creata la Corte Suprema; i paesi ereditari vi troveranno l’unico tribunale di seconda istanza di tutta la monarchia. La Boemia si trova così a diventare “provincia di uno stato federale”, determinando un sentimento di risentimento nella popolazione ceca verso la sovrana. Si inizierà anche a parlare di un privilegiato asse astro-ungarico, dal momento che questi territori conservavano le loro costituzioni e i loro privilegi istituzionali. Si tratta di innovazioni scaturite dalle urgenze sorte in seguito al conflitto appena concluso. Il nuovo “Stato dei Lumi” deve basarsi sul consenso di un’élite che, vedendosi salvaguardati i diritti individuali e di proprietà, è disposta a farsi rappresentare da poteri (il monarca, il parlamento, la magistratura), che devono operare in condizioni di equilibrio. L’Illuminismo trasferitosi in terra germanica è però agli inizi, soprattutto nei rapporti tra monarca e sudditi. Tra l’inizio e la fine del regno Teresiano, i funzionari pubblici quadruplicarono; il Directorium, grazie al progressivo allargamento delle sue competenze, ha bisogno di un corpo di dipendenti sempre più strutturato. Lo Stato deve però contribuire alla formazione di questo nuovo ceto dirigente. A metà degli anni 40, il Collegio aperto dai Gesuiti a Vienna rappresenta un modello da seguire per la sovrana: oltre al latino, anche il tedesco; storia non solo antica e diritto; lingue vive e architettura civile e militare. Ai Gesuiti viene affidato il Castello della Favorita (usato dal padre come residenza estiva), dove fonderanno il Collegium Theresianum, che diventerà il centro di formazione dei futuri servitori dello Stato. Dieci anni dopo, verrà fondata l’Accademia Orientale che si occuperà che della formazione della diplomazia asburgica, particolarmente dei rapporti con l’Est Europa, con la penisola Balcanica e l’Impero Ottomano. Nel campo dell’istruzione, la riforma non può che iniziare dal settore scientifico: gli insegnamenti medici vengono aggiornati, affiancati da un laboratorio chimico e uno anatomico. Per quanto riguarda la filosofia, anche qui aggiornamenti, con aperture verso il wolfismo (filosofia aperta alle innovative acquisizioni scientifiche). Le riforme economiche: catasti, manifatture e commerci. Il programma riformistico non avrebbe potuto decollare senza un rilancio dell’economia dopo la depressione degli anni di guerra. Il primo settore su cui incidere è quello primario: di agricoltura viveva la maggioranza dei sudditi e la terra continuava a rappresentare il simbolo del prestigio sociale. La sovrana cercò quindi di limitare gli abusi e di migliorare le condizioni di vita dei contadini. L’evidenza degli abusi è data dalla “corvées” (detti anche robot), cioè da quei giorni lavorativi che i contadini devono spendere gratuitamente nelle terre dei signori. La lunga crisi del 600 aveva comportato un aggravarsi delle condizioni di coloro che vivevano in stato servile: è il fenomeno del cosiddetto “secondo servaggio” o anche “nuovo feudalesimo”. “TERRA” significa soprattutto imposizione fiscale e per migliorarne l’efficienza urgeva una mappatura delle proprietà terriere; questa mappatura era iniziata già con il padre Carlo VI con i progetti di revisione del 11 CATASTO (elenco dei contribuenti tenuti a pagare un’imposta). In Boemia, il Catasto stava per giungere a compimento in quei anni; ed è la Boemia che può costituire un modello per il resto delle terre asburgiche. Le terre feudali erano divise tra una parte padronale, di pertinenza signorile, e una parte colonica lavorata dai contadini. La parte signorile sfuggiva alle imposte fiscali, che venivano dunque pagate da quella contadina. Per unità fiscale si intendeva un podere in grado di sfamare un nucleo familiare, con variazioni legate alla differente produttività dei terreni. Non solo le campagne erano soggette ad imposizione fiscale: anche in città esistevano unità, di norma uno o più edifici. Avendo la riscossione dei diritti signorili la precedenza, quello che rimaneva ai contadini da dare allo Stato era ben poca cosa, togliendo il minimo indispensabile per la sopravvivenza loro e delle loro famiglie. Funzionava così per le imposte destinante a finanziare le spese militari. La nuova frontiera era quelle di estendere le imposte anche alle terre padronali. Denominato “livellamento” questo catasto prende il via nel 1750. Ciò che ancora non viene alterato sono le corvées e gli abusi signorili. I contadini vivevano costantemente al limite della sussistenza, infatti bastava poco per gettarli nella miseria. Maria Teresa e i suoi collaborati capiscono che fondamentali per l’economia sono anche le manifatture e i commerci. Le dottrine mercantilistiche misuravano la ricchezza di uno Stato sulla base del flusso di monete preziose che gli scambi e le esportazioni facevano affluire nel paese. La situazione di dazi e pedaggi esterni e interni, alla monarchia rischiava di deprimere eventuali tentativi di sostegno economico e finanziario. Si cerca allora di creare un ulteriore nuovo organismo: il Direttorio Universale del Commercio, che mirava ad una semplificazione dei sistemi doganali interni e verso incentivi alle manifatture. Per proteggere e per stimolare la produzione nazionale, vengono innalzati i dazi sui prodotti di importazione, in particolare sugli articoli di lusso; ciò porto però ad una reazione da parte delle potenze europee, che innescano delle vere e proprie guerre doganali. A Vienna e nel regno di Boemia vengono impiantate manifatture di porcellana e vengono offerti aiuti a chi vuole impegnarsi nella produzione di tessuti. Ma un altro ostacolo della produzione manifatturiera era rappresentato in ambito urbano dalle corporazioni che frenavano l’iniziativa imprenditoriale; le autorità pubbliche cercavano di contenerne lo strapotere, eliminando le limitazioni imposte al numero delle officine e alla quantità di personale. Viene consentito il lavoro femminile e minorile. I territori balcanici e danubiani erano ricchi di attività estrattive e minerarie. I commerci necessitano però di assenza di barriere interne e di buone vie di comunicazione. Ci si avvia verso l’abbattimento delle dogane interne, ma questo avverrà solo nel 1766. Per quanto riguarda le vie di comunicazione, nel 1748 viene istituito un servizio pubblico di trasporto. Commercio vuol dire pure circolazione della moneta. Anche qui regnava il disordine (alcune regioni avevano i fiorini, altre i talleri). Nel 1750 si decide di unificare il valore delle monete: la Baviera accetterà un accordo e darà il via al cosiddetto “tallero teresiano”, che costituirà l’unico mezzo monetario di pagamento consentito tra i due paesi. Il Regno di Boemia: il “forziere” della monarchia. La “Corona di San Venceslao” composta da Boemia, Moravia e Slesia è la parte della monarchia economicamente più ricca. Qui prevalgono le attività estrattive di oro, argento e rame, nonché le manifatture, soprattutto tessili. Ma la maggior parte della ricchezza proviene dalla Terra: i signori boemi avevano affiancato alla produzione cerealicola quella del pesce di stagno e la fabbricazione della birra. La Slesia è caratterizzata oltre che da una componente polacca, da una consistente prevalenza tedesca, e sotto il profilo religioso da una prevalenza di luterani; se a questi fattori leghiamo le importanti manifatture tessili, capiamo perché sia stato il primo obiettivo di Federico II, che in un secondo momento riuscirà ad impadronirsi di tutto il resto di Boemia. L’identificazione nobiltà-nazione ha significato nel corso dell’età moderna una lotta per la tutela dei privilegi aristocratici. Il luogo di difesa di questi privilegi era costituito dalle Diete. Da questo fenomeno rimanevano escluse le masse contadine, che però rappresentavano più del 90% di popolazione. Durante gli anni 20 del 600 era avvenuto un annientamento del protestantesimo boemo; le espulsioni operate da Ferdinando II portarono alla confisca delle terre dei proprietari protestanti, cedute in gran parte ai signori di fede cattolica  È questo il momento dell’imposizione del dominio ereditario asburgico in Boemia. Oltre ai nobili, ai cavalieri e ai borghesi, vi era il clero. Il cattolicesimo diventa l’unica religione consentita; parecchie famiglie protestanti si limitarono a trasferirsi nella vicina Slesia, ma la maggior parte si sparse in tutto il resto dell’Europa orientale, settentrionale e insulare (Inghilterra). Era stato l’elettore di Sassonia, nel 1648 alla fine della Guerra dei Trent’Anni, a garantire uno statuto particolare alla Slesia, in virtù della sua variegata composizione etnica. La lingua tedesca viene posta sullo stesso piano del ceco all’interno 12 del Carnatico in India. Le mire espansionistiche di Federico II erano dovute, oltre al desiderio di gloria e di potenza, al fatto che il suo territorio fosse frammentato: costituito cioè da blocchi del vecchio ducato di Prussia a est; dal Brandeburgo e dei suoi satelliti (compresa la Slesia), ma anche dalla Pomerania più a nord e dalla Renania Meridionale. Ciò rappresentava il punto debole prussiano. L’unico punto di unione è rappresentato dal Sovrano. Per quanto riguarda le altre potenze europee, la Francia ha il problema di riallacciare i rapporti con la Russia, interrotti da 10 anni. La zarina Elisabetta I, in effetti considera caduta l’alleanza con l’Inghilterra e vedrebbe di buon occhio una sostituzione con la Francia, e giunge addirittura a proporre a Maria Teresa di unire tutte le forze dell’Europa settentrionale e orientale, Svezia, Sassonia, Polonia per attaccare il nemico prussiano e spartirsi i suoi territori. Proprio per difendersi Federico II , li anticipa dando battaglia. Ma la sua offensiva ha come conseguenza il saldarsi del fronte nemico. Luigi XV decide di saldare l’alleanza con Maria Teresa giungendo a sottoscrivere un secondo trattato di Versailles. La Francia offre uomini e denaro in cambio di città nei Paesi Bassi e viene riconfermato ciò che era stato stipulato nel primo trattato. La Russia mise a disposizione truppe e navi; seguita dalla Svezia. Inoltre anche al Dieta Imperiale interviene condannando l’aggressione della Sassonia da parte del re di Prussia. Per Federico II il problema sarà proprio costituito da questa forte alleanza tra le forze a lui nemiche. Eppure il 1757 è un anno di grandi successi per lui, tanto da portare la Francia a voler trattare la pace. Maria Teresa cerca in tutti i modi di evitarlo, e grazie al maresciallo Daun riesce a scacciare i Prussiani da Kolin. È la prima volta che Federico II viene sconfitto, e nei mesi successivi le truppe austriache riconquistano la Slesia e occupano Berlino. Federico però vince nella battaglia di Leuthen; ma egli rischia di perdere tutto il suo Stato, invaso anche a oriente dai Russi. Nonostante le difficoltà riesce a riconquistare tutte le sue posizioni e a recuperare la Slesia. A Londra nel frattempo diventa ministro della guerra Pitt, favorevole ad un’alleanza con la Prussia. Forte di questo sostegno, nel 1758, Federico II rilancia la sua controffensiva, giungendo a minacciare Vienna. Ma una nuova avanzata dei Russi lo costringe a concentrarsi sul fronte. Il 1759 è dominato dalle trattative per il rinnovo dell’alleanza austriaca con la Francia. Si sottoscrive un terzo trattato di Versailles: sostegno finanziario dimezzato e ridimensionamento delle truppe impegnate nell’area tedesca. Ma anche rinuncia di ingrandimenti territoriali (niente più acquisizione dei Paesi Bassi, niente più nuova sovranità per Filippo di Borbone). L’accordo prevede le nozze tra il primogenito Giuseppe e Isabella di Parma, nipote del re di Francia. Intanto Austriaci e Russi riescono ad avanzare contemporaneamente da sud ed est, e Berlino sembra a portata di mano. Ma i sospetti tra i reciproci alleati, faranno propendere per la prudenza perdendo l’unica vera occasione di annientare il nemico. Federico II può nuovamente riprendersi. Ma nel corso del 1760 gli alleati, con la vittoria di Liegnitz riescono ad occupare Berlino anche se per pochi giorni; ma vengono sconfitti a Torgau. Maria Teresa capisce che Federico è invincibile e che la Slesia non potrà mai ritornare alla monarchia asburgica. Sul fronte anglo-francese la situazione volge al peggio per Luigi XV, nonostante l’aiuto della Spagna, che entra in guerra contro l’Inghilterra. Il colpo di fortuna per Federico II è la morte della zarina Elisabetta I, nel 1762. Al trono succede un forte ammiratore di Federico: Pietro III; che non solo conclude la pace con Federico ma gli restituisce tutti i territori prussiani occupati. Gli offre addirittura delle truppe, attuando un rovesciamento delle alleanze. Ma pochi mesi dopo Pietro viene assassinato e sale sul trono la moglie, la tedesca Caterina II la Grande. Nel frattempo, Federico riesce a riconquistare tutti i territori perduti. Le vicende russe preparano la conclusione del conflitto. Anche la guerra tra Francia e Inghilterra si concluderà negli stessi giorni. Con il trattato di Parigi la Francia viene privata di quasi tutte le sue colonie americane, soprattutto il Canada, a favore degli Inglesi; la Spagna che cede a questi ultimi la Florida, ma riottiene Cuba e le Filippine e la Louisiana dai Francesi; l’India diventa supremazia britannica. Anche sul continente europeo la Russia non è interessata a riprendere la guerra contro la Prussia, e Maria Teresa sa di non potercela fare da sola. La sovrana è costretta a cedere oltre alla Slesia, la contea di Glatz. In cambio Federico promette il suo voto a favore di Giuseppe d’Asburgo. Il conflitto ha indebolito, in termini di popolazione civile la Prussia, la Sassonia e la Svezia, la Moravia e la parte settentrionale della Boemia. Mutano anche gli equilibri internazionali: innanzitutto la rivalità Asburgo-Borbone è venuta meno. L’isolamento di Federico II gli ha messo contro la Francia e anche l’Inghilterra. Circondato dalle tradizionali nemiche Austria e Sassonia, l’unico sbocco possibile rimane la Russia, da sempre interessata alla Polonia. Maria Teresa è costretta a farsi una ragione della perdita della Slesia, accettando che la Prussia è una grande potenza. In termini di estensione territoriale e di popolazione vi è una netta sproporzione: la Prussia più forte in seguito alle nuove acquisizioni territoriali raggiunge a malapena un terzo dell’ampiezza della monarchia asburgica. Questa guerra è comunque servita alla sovrana per mettere alla prova le rinnovate 15 strutture del suo Stato e del suo esercito. Inoltre gli Aburgo-Lorena si sono emancipati dal condizionamento inglese e possono agire in libertà. Una nuova stagione di riforme. La conclusione della guerra consente a Maria Teresa di procedere con l’ammodernamento e la riorganizzazione delle strutture statuali asburgiche. Protagonista di questa nuova fase sarà il cancelliere di Stato Kaunitz. Obiettivo di quest’ultimo sarà quello di concentrare il potere in un consiglio composto da pochi fidati: competenza e capacità decisionale devono costituire gli elementi caratterizzanti del nuovo apparato. Il nuovo organo prende corpo nel 1760, quando i rovesci militari richiedono rapide decisioni per il rientro del debito pubblico e per il ridimensionamento dell’esercito, da ridurre di circa la metà. La novità è costituita da un forte incremento delle entrate dei ducati austriaci: la Bassa Austria si vede raddoppiare il carico fiscale; in Carinzia e Carniola quadruplica. Ma nonostante le innovazioni della riforma dell’esercito, esso non riesce a reggere il confronto con le altre potenze europee. Kaunitz procede alla creazione di un consiglio per gli affari interni, il cosiddetto “Consiglio di Stato”, composto da sei membri tra cui Haugwitz e Daun, che rappresenterà la punta di diamante della nuova riforma. L’obiettivo successivo del Cancelliere è quello di colpire il Directorium, responsabile delle disfunzioni degli anni precedenti. Kaunitz si ispira al sistema dei Consigli ristretti del re Sole, sostituendolo al modello prussiano di Haugwitz che invano cerca di difendere la sua creatura. Le competenze amministrative vengono trasferite ad una Cancelleria unita di Boemia e di Austria, che si occuperà solo di questioni amministrative, in nome della decisione di mantenerle separate da quelle finanziarie. Vengono create amministrazioni per le varie province della monarchia, le “Gubernia” con funzionari direttamente dipendenti dal potere centrale che devono deprimere il potere delle vecchie amministrazioni feudali. Nel settore finanziario le novità saranno più significative: la Hofkammer recupera la sua centralità con il compito di vigilare su tutte le entrate della monarchia, configurandosi come un Ministero delle Finanze. I flussi di cassa vengono poi affidati ad una Cassa Centrale che unifica le entrate e si occupa di gestire le uscite. A controllo di tutto il settore viene istituita una Corte dei Conti. Tutte queste riforme hanno però bisogno di essere rifornite di denaro pubblico, ma le entrate fiscali non possono aumentare a fronte di un’economia in fase di recessione durante e dopo la guerra. Vengono allora attuate una serie di iniziative per rilanciare l’economia: si sostengono le produzioni locali e l’impianto di nuove manifatture. Si tratta di ridurre ulteriormente i privilegi delle corporazioni, di favorire le nuove manifatture con sostegni finanziari ed esenzioni fiscali. Si procede così all’ammodernamento dell’economia asburgica stimolando nuove iniziative. Stiria, Corinzia e Boemia continuano ad eccellere nella siderurgia; seterie e porcellane, cristalli si diffondono attraverso Ungheria via terra e Trieste via mare. Sia per la sua collocazione al centro d’Europa, con pochi sbocchi sul mare, sia per i problemi interni da risolvere e i nemici da affrontare, la monarchia non percorre la strada del colonialismo. Le manca, infatti, una flotta mercantile adeguata e una marina da guerra per difenderla. Ma per quanto riguarda la colonizzazione, essa mira verso l’occupazione di territori sottratti all’Impero Ottomano, grazie al trasferimento nei Balcani di intere famiglie. Una di queste zone è il BANATO, in cui vengono individuati gruppi di Tedeschi cattolici a cui si offrono aiuti affinché vi si trasferiscano. Ma in queste regioni si trasferiscono anche Serbi e Rumeni e la sovrana non può che accoglierli, offrendogli case, attrezzi agricoli, terre e l’esenzione dal pagamento delle imposte. La componente religiosa è una delle cause degli spostamenti di intere popolazioni. In Transilvania, regione contraddistinta da una tradizionale tolleranza religiosa, vengono indirizzati sudditi di fede evangelica provenienti da Stiria e Carinzia. Obiettivo degli Asburgo è quello di fare del cattolicesimo la religione principale, relegando le altre ai margini del regno. Essi hanno spesso discriminato i protestanti e gli ebrei, che furono riammessi nel regno solo in seguito al danno economico derivato alla regione, già impoverita dal conflitto. Il regno di Ungheria e le altre regioni orientali: un mondo a parte. Fino ad Ottocento inoltrato, la Corona di Santo Stefano non faceva parte del Sacro Romano Impero, rimanendo esclusa dalle riforme settecentesche. La cavalleria ungherese si dimostrerà decisiva in molti conflitti armati, sotto il regno di Maria Teresa. I temuti “Magiari” discendevano dagli Ungari, che seminarono terrore in Occidente dalla fine del IX alla metà del X secolo. Gli Ungari vennero sconfitti da Ottone I nel 955, convertendosi al cattolicesimo con Stefano I. Nei successivi due secoli conquistano ad est la Transilvania e a nord la Slovacchia e la Croazia. Questi fenomeni aggregativi significano una variegata etnicità, vissuta in modo positivo, in quanto a rappresentare una discrimine erano le funzioni esercitate, il 16 rango e il posto occupato nella scala sociale. Fino a tutto il 600 la vera ricchezza del paese sarà costituita dalle mandrie di bovini e dalle miniere di metalli preziosi. Nel 1453 la minaccia Ottomana si fa sempre più pressante, allora Ungheresi e Boemi si affidano agli Jagelloni, ma con poca fortuna. In seguito alla sconfitta subita da Luigi II, il paese viene diviso in tre parti: la più consistente, divenuta terra ottomana; l’Ungheria reale, cioè la Slovacchia e parte della Croazia, passano a Ferdinando I d’Asburgo ( che aveva sposato Anna la sorella di Luigi II); la Transilvania verrà trasformato in uno Stato vassallo dei Turchi. L’Ungheria reale fu caratterizzata da una forte diffusione dei credi protestanti. Le differenze religiose erano accettate, ma la tolleranza non costituiva una scelta, quanto piuttosto il riconoscimento di una situazione di fatto. Dal punto di vista economico si avrà un peggioramento delle condizioni dei contadini. Il regno manteneva comunque le sue istituzioni rappresentative, a differenza della Boemia, la cui Dieta è costituita da una sola Camera, quella ungherese conserva il suo carattere bicamerale. La Tavola dei Nobili vede riuniti gli aristocratici e gli ecclesiastici; la Camera bassa assembla i rappresentanti delle contee e delle libere città. Ma su tutto domina il ceto nobiliare che si arroga il diritto di rappresentare la nazione ungarica. Fu il nonno Leopoldo I a strappare all’aristocrazia ungherese la successione ereditaria per la famiglia nel 1687. Quella magiara continuerà ad essere poi una nobiltà in buona parte filo-asburgica e quindi cattolica, ma mai pienamente integrata quanto a usi e costumi. Leopoldo I fu l’artefice della riconquista di buona parte del territorio dell’antico regno ungherese, grazie all’abilità del suo comandante Eugenio di Savoia. La dinastia fa in modo che i principali beneficiari della distribuzione delle nuove terre sottratte ai Turchi siano le famiglie a lei fedeli, inasprendo però in questo modo i rapporti con la piccola nobiltà, rimasta calvinista come forma di protesta. Si spiega così la decisione di mantenere separate le antiche terre di Santo Stefano, affinché sia più difficile per i nemici della monarchia coalizzarsi: l’Ungheria reale rimane sotto il controllo Viennese; il Banato (parte sud-orientale) viene trasformata in provincia separata; la Transilvania è sottomessa agli Asburgo ma mantiene i propri diritti costituzionali. Il regno è nettamente diviso tra i cattolici e i protestanti, più precisamente tra i fedeli alla dinastia e i “malcontenti” ostili agli Asburgo e all’occupazione del loro paese. A inizio 700 l’insoddisfazione della classe contadina e della piccola nobiltà calvinista, trova voce sotto la guida di Rákóczy, protestante convertito al cattolicesimo, che si proclama re di Transilvania e Ungheria, espellendo gli Asburgo per 10 anni. Ma il mancato aiuto della Francia e il volta faccia dei calvinisti, lo porta sulla via dell’esilio, quando il paese si riconsegna alla dinastia austriaca. Carlo VI, “III come re d’Ungheria”, cerca la riappacificazione del paese trasferendo la capitale da Presburgo a Buda, dove fa costruire un palazzo reale. Con Maria Teresa si fa più netto il solco tra la grande aristocrazia e i piccoli nobili, ancora in buona parte calvinisti. In ogni caso l’aristocrazia continua a detenere il potere. La borghesia ha un potere limitato a causa di un’urbanizzazione ancora poco incisiva, risultando più concentrata nelle città ai confini con i ducati austriaci. La componente magiara viene ridimensionata dalle migrazioni di Tedeschi, Serbi e Rumeni. La condizione dei contadini è peggiorata, aggiungendo che la nazione è esclusa dalla corrente riformistica degli anni 50, si capisce come mai il paese sia stato abbandonato al suo declino. L’economia ungherese avrà molti aspetti in comune con quella polacca e russa. Il paese nel corso del 700 ha cercato di rafforzare la produzione cerealicola, ma vi erano troppi ostacoli: arretratezza delle tecniche e degli strumenti, popolamento scarso, zone paludose, etc. nonostante non esista più la distinzione tra Ungheria reale, Ungheria Ottomana e Transilvania il paese continua a sentirsi indipendente, proprio per questo rimarrà fuori anche dal secondo processo riformistico; nell’ultima Dieta convocata, Maria Teresa rimarrà profondamente delusa per lo scarso contributo economico e per il rifiuto da parte dei nobili di rivedere il sistema di reclutamento dell’esercito e i rapporti signorili. Ma la sovrana troverà un escamotages: emanare provvedimenti sotto forma di regolamenti, che prendono il nome di “inarticolati”. È attraverso questo canale che anche nel regno di Ungheria vengono introdotte le innovazioni degli altri territori della monarchia. Nel 1767 con l’emanazione dell’ urbarium si metterà ordine nel settore dell’imposizione fiscale, limitando gli abusi dei signori e migliorando la vita dei contadini. Nel campo dell’istruzione superiore viene fondato il primo ateneo ungherese, facoltà di medicina e vi saranno riforme in campo sanitario. Ma il vero momento di svolta per le riforme nel campo dell’istruzione sarà la soppressione della Compagnia di Gesù nel 1773. Il regno d’Ungheria viene diviso in 9 distretti scolastici, nei quali però l’insegnamento continua ad essere affidato a religiosi Scolopi, rivali della Compagnia di Gesù. La diversità religiosa viene rispettata, aprendo scuole protestanti. Tutto ciò fa si che Maria Teresa venga amata dal popolo ungherese. Sarà proprio lei stessa a servirsi delle forze del paese a vantaggio della sua politica militare, cercando di trasformare l’Ungheria in un punto di snodo per i traffici proprio con i Turchi che per secoli i Magiari avevano combattuto. La sovrana punta, inoltre, sulla devozione mariana dei sudditi ungheresi, riuscendo a riottenere da papa Clemente XIII nel 1758 il titolo di “Maestà apostolica”, legato da sempre alla corona. 17 Compagnia di Ostenda. Saranno però sempre i capitali fiamminghi a finanziare, l’avvio della Compagnia di Fiume, altro porto potenziato da Maria Teresa. La sovrana controlla a metà 700 uno dei territori più popolati d’Europa e molto intraprendente sotto il profilo economico. In qualità di governatore verrà scelto il cognato Carlo di Lorena. Il porto di Ostenda viene potenziato: si migliorano le vie di comunicazione terresti e fluviali; si impiantano nuove fabbriche di prodotti di lusso e vi sarà un miglioramento delle tecniche agricole COSTANTE AFFLUSSO DI DENARO NELLE CASSE DELLA MONARCHIA. Quando si rende conto che i soldi che questi sudditi lontani possono finanziare le riforme per i suoi territori, la considerazione della sovrana per i Paesi Bassi comincia a mutare. Si fa promotrice di iniziative volte a sostenere la regione, tanto da far ricordare il suo regno come un’età dell’oro. Landesmutter: l’ultimo quindicennio. Questo ultimo periodo fu caratterizzato dai contrasti con il figlio Giuseppe e dalle preoccupazioni sul fronte orientale. L’Inghilterra è la prima potenza europea, e seconda dopo la Spagna quanto ad estensione dei possedimenti coloniali; la Prussia è ormai divenuta una potenza continentale. La sovrana, due volte sconfitta nel tentativo di recuperare la Slesia, ha compreso che la monarchia deve muoversi con prudenza, in particolare nella zona centro-orientale. Tuttavia Maria Teresa dovrà confrontarsi con le diverse opinioni dei suoi collaboratori: Kaunitz e il figlio Giuseppe, convinti che gli Asburgo debbano continuare ad affermare la loro supremazia nel mondo germanico. L’Impero Ottomano non rappresentava più una minaccia, in quanto era un paese in declino sia politicamente che militarmente. È invece la Russia a preoccupare la sovrana, nonostante la tradizionale alleanza che lega i due Stati. Nel campo delle relazioni internazionali continentali si avrà una novità: l’asse dei rapporti di forza si sposta verso oriente. Terreno di confronto è nuovamente la Polonia. Dal 1569 con l’unione di Polonia e Lituania, il regno è diventato, territorialmente, il più esteso d’Europa, ma anche uno dei più deboli dato il carattere elettivo della corona e lo strapotere della nobiltà locale. Da poco terminata la Guerra dei Sette Anni, nel 1763, viene a mancare Augusto III, elettore di Sassonia e re di Polonia. La Francia non è più interessata alla successione, spetta ora a Russia, Prussia e Austria confrontarsi. La Dieta polacca elegge un aristocratico autoctono, Stanislao Poniatowski; ma quest’ultimo è stato amante di Caterina II, infatti sarà scelto dietro impulso della zarina. Ecco perché Maria Teresa esita a riconoscere ufficialmente il nuovo sovrano, cercando di placare le proteste francesi e ottomane nei confronti della Russia. Vienna vuole evitare che un rifiuto troppo netto possa fornire a Russia e Prussia il pretesto per intervenire in Polonia e spartirsi il bottino. Intanto aumenta la tensione tra la Russia e l’Impero Ottomano, tanto da scatenare una guerra alla fine degli anni 60. In questa situazione si faranno più forti le tensioni tra Maria Teresa e il suo consiglio segreto: la sovrana cerca di rimanere neutrale, Kaunitz è deciso a intervenire per bloccare l’intento della Russia di aprirsi una strada verso il Mediterraneo a scapito dei Turchi. Kaunitz trova un forte alleato nel coreggente, che decide di incontrare segretamente Federico II, convinto che avrebbe potuto fermare la Russia solo blandendo il suo più forte sostegno. Il re di Prussia propone un “direttorio” tedesco, austriaco e prussiano insieme, come fulcro della politica imperiale e dei rapporti centro-europei, sicuro del fatto che Maria Teresa difficilmente avrebbe accettato; infatti questi incontri si concluderanno senza risultati. Le eccessive pretese russe, cominciano però a preoccupare la sovrana, che interverrà almeno sotto il profilo diplomatico. Intanto il re polacco, si trasforma in una figura indipendente e quindi difficilmente controllabile. Il suo regno è però dilaniato dai conflitti religiosi: i cattolici a occidente, gli ortodossi a oriente e i protestanti ai confini con la Prussia. Il re comprende che la coesione si può ottenere con nuove riforme: 1) abolire il “liberum vetum”, il sistema che blocca qualsiasi decisione nella Dieta polacca, potendo un solo voto contrario impedire di deliberare qualche cosa; 2) garantire la libertà religiosa; 3) costituire un esercito nazionale. Ma il sovrano non ha fatto i conti con l’opposizione cattolica interna e con gli interessi russi. Infatti Caterina II pone il suo esercito sul suolo polacco, costituendo l’ostacolo maggiore per i suoi progetti. Negli anni 70 riprende quindi quella politica degli scambi, tra territori che avevano dominato lo scenario europeo all’inizio del secolo. Caterina II si convince che può compensare i fallimenti sul fronte ottomano, acquisendo territori a scapito della Polonia. Quando il fratello di Federico II, Enrico, in visita a San Pietroburgo, le propone la spartizione del regno polacco-lituano, la zarina accetta senza remore. Maria Teresa decide quindi di farne parte, sapendo di non poter restare esclusa. Nel 1772 avviene la spartizione della Polonia: la frontiera russa viene fatta coincidere con il corso del fiume Dvina e con quello dell’alto Dnepr; gli Asburgo ottengono la Galizia e la Lodomira; la Prussia acquisiscono il territorio tra la Pomerania e il Brandeburgo, rendendo finalmente contigui i loro maggiori possedimenti. Attraverso questa spartizione, Maria Teresa comincerà a 20 intravedere nell’annessione forzata di questi territori la causa dei problemi che le differenti “nazionalità” provocheranno alla dinastia, causandone la decadenza. La prima spartizione polacca, non pone però fine al conflitto russo-turco. Alla pace la zarina viene costretta da altri due eventi: 1) la ricostituita unità della Svezia grazie al sostegno francese, che poteva costituire una minaccia; 2) le rivolte scoppiate nel paese che convincono la zarina ad accettare le trattative di pace. Sicuramente Caterina II non può ritenersi insoddisfatta, poiché queste trattative andavano in suo favore: le sarà garantito lo sbocco sul mar Nero e la Crimea viene resa indipendente, ma tutelata dalla Russia. L’Impero ottomano cerca di ingraziarsi gli Asburgo e di garantirsene l’appoggio contro le ambizioni russe, cedendo la Bucovina, nel nord della Moldavia. L’ultimo conflitto nel regno teresiano, sarà l’ultimo scontro tra Federico II e Maria Teresa, la cosiddetta “guerra delle patate”, vista come l’ennesima guerra di successione, stavolta al trono bavarese. Annettere la Baviera al regno Asburgico significava un rafforzamento dell’egemonia austriaca nel centro Europa, nonché un consolidamento del cattolicesimo nell’area germanica. Questa prospettiva sembra vicina quando viene a mancare l’elettore Massimiliano III, figlio di Carlo VII. Massimiliano muore senza eredi, e la Baviera passa al cugino Carlo Teodoro, che per garantire una rendita ai suoi figli illegittimi, cede una parte della Bassa Baviera agli Asburgo. Ma la cessione non può essere accettata dalla Prussia, che non esita a scatenare il conflitto. Federico II dimostra che può rivendicare il trono un altro Wittelsbach, Carlo II Augusto erede di Carlo Teodoro; Carlo Augusto avrebbe così la possibilità di riunire tutti i domini dei Wittelsbach sotto un’unica corona, come in effetti succederà. Caterina II, che proveniva dalle famiglie principesche tedesche, è però contraria a modificazioni geo-politiche dell’area germanica. Di più la Francia, che dovrebbe essere alleata degli Asburgo decide di non aiutarli. Nel 1778 le truppe prussiane varcano, per l’ennesima volta, la frontiere boema. Ma questo conflitto sarà poco guerreggiato, e molto dibattuto sul fronte diplomatico. Maria Teresa, all’insaputa del figlio, invia infatti un emissario a Berlino per cercare un accordo con il nemico prussiano. Da lì le trattative di pace nel 1779: Maria Teresa sigla la fine della guerra, accontentandosi dell’acquisizione di una piccola parte della Baviera. Federico II, l’odiato rivale, ha nuovamente prevalso, ottenendo la dichiarazione da parte dell’Austria di non opporsi all’annessione dei due principati francofoni di Ansbach e Bayreuth. Caterina II ha ormai voce in capitolo anche negli affari tedeschi. In seguito all’incontro nel 1779 tra Giuseppe e Caterina, l’imperatore rientra fortemente preoccupato riguardo alle mire espansionistiche russe, specialmente nei Balcani. Egli capirà che la monarchia che dovrà governare da solo ha due nemici agguerriti, che faranno soccombere il suo impero definitivamente. Maria Teresa, ormai obesa e con difficoltà respiratorie, sarà colpita nel 1780 da una malattia polmonare dalla quale non si risolleverà più. Sarà però assistita dal figlio Giuseppe, e sarà proprio tra le sue braccia che si spegnerà il 29 novembre 1780. 21
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