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Il Neorealismo Italiano: Storia e Analisi dei Primi Film, Dispense di Storia Del Cinema

Una panoramica del neorealismo italiano, un movimento cinematografico che ha avuto un profondo impatto sulla cultura italiana. Esplora i primi film del movimento, come 'roma, città aperta', 'la grande guerra', 'la ciociara' e 'per un pugno di dollari', e analizza le loro tematiche, stili e significati. Anche una visione della società italiana degli anni '40 e '50 e della sua evoluzione in seguito.

Tipologia: Dispense

2023/2024

Caricato il 10/03/2024

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martina-santaro 🇮🇹

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Scarica Il Neorealismo Italiano: Storia e Analisi dei Primi Film e più Dispense in PDF di Storia Del Cinema solo su Docsity! Storia del Cinema I LMS Storia del cinema, introduzione al corso Cinema → diventa sia un luogo che un mezzo (dopoguerra - metà anni 60). I 3 fattori più importanti erano la Pittura, la Musica e il Cinema. Quest’ultimo era diverso da quello attuale, essendo che aveva una funzione differente. Come prima cosa era muto per i primi 30 anni accompagnato dai Fratelli Lumière: sviluppa una sua grammatica perfetta. La sua rivoluzione la si vedrà con l’arrivo del digitale, dove si passerà dalla pellicola ( lastra dove la luce impressiona la luce, nettamente più sicura) ad una serie di numeri (server, meno sicuro). Voleva raccontare una storia attraverso effetti speciali. Pasolini lo definisce la “Lingua scritta della realtà”, scrivo con le cose che ho davanti, scrivo con la realtà (ad oggi non è così). Il cinema era tutto → ogni paese aveva almeno una chiesa e un cinema interclassista che diventerà sempre più adulto e articolato. Cinema di Origine: 1895, si vedono delle immagini nello schermo in bianco e nero: si vedono delle fotografie che si muovono. Non erano film ma delle Vedute dei fratelli Lumière → impressione sullo schermo. Esempio: treno e banchina costruiti come se il treno si stava muovendo verso il pubblico; Il cinema è la nostra realtà virtuale di oggi, mostra piccoli dettagli della vita quotidiana, come l’arte e la bellezza: punta a sfruttare questo elemento. Il cinema è perciò definito dalle attrazioni che diventeranno sempre più strutturate → raccontava come si muoveva la storia, diventa racconto e forma di comunicazione non più infima: il pubblico diventa più alto, adesso ci si ispira al romanzo dell’800, al teatro, lo spettacolo deriva da forme rispettabili, diventa un dispositivo che ci isola e non ci isola dal mondo. La sua potenza non è il suo raccontare una storia ma l'effetto di realtà → potenza delle cose che appaiono sullo schermo; Cinema delle attrazioni: per vedere cose che stupiscono. Il cinema è un totale effetto speciale. Se accade qualcosa di impossibile ci si domanda come sono riusciti a farlo: con l'AI non c'è lo stupore, si può fare di tutto. Esempio: - 1896 "The Kiss" due persone che si lasciano su uno schermo ingrandito; - 1901 "Il boccone" Un signore parla talmente tanto che alla fine ingoia la macchina da presa; -Winsor Mccay (fumettista): uno dei primi film d'animazione fatto fotogramma per fotogramma con inserti di domande fatte al personaggio. Il punto di forza non è il racconto ma l'effetto che hanno le riprese; Il cinema diventa spettacolo per un pubblico sempre più ampio, quindi si copiano testi teatrali. Si iniziano a reclutare attori e personaggi famosi per assumere un pubblico più ampio. Non necessariamente è processo di sviluppo → prima era primitivo, poi è diventato più moderno. Il cinema primitivo era addirittura più creativo, c'è stata una perdita di essa. Il cinema è stato altro oltre a riproduzione dei testi teatrali: è stato un'avanguardia storica (il cinema ha creato immagini astratte), non è sempre e solo un mettere su pellicola un testo teatrale; Si faceva uso di elementi di attrazione come: gli effetti speciali, divi, musica (musical è puro cinema d'attrazione o l'horror). Si studiava il cinema delle origini riprendendo l'elemento magico: Esempio: 1902 "Il viaggio sulla luna" (pellicola colorate, pieno di attrazioni); Stupore proveniente dagli effetti o dalla realtà proveniente dal mondo dei Lumière → man mano che si organizza narrativamente lo fa stipulando un nuovo linguaggio, si arriva però a concepire un cinema come fonte di un racconto che deve essere seguito da uno spettatore. Non si punta più sullo shock ●es. "Grande rapina al treno" in cui c'è presenza di attrazione pure all'interno del racconto quando un personaggio spara al protagonista; ●es. "Film del Pompiere" due diverse scene della stessa che va a costituire il montaggio alternato. "La nascita di una nazione" è il primo esempio di montaggio alternato; 1 Ci si rende conto che lo spettatore mantiene l'attenzione se la scena non è del tutto fluida ma spezzettata ma deve essere impercettibile. I tagli sono eseguita a seconda delle regole (es. Hitchcock). Padre del cinema americano Griffith: montaggio invisibile e alternato per creare tensione es. intolerance: inno alla tolleranza e alla pace, 4 diverse epoche alternate tra di loro che va a costituire un montaggio estremo. Griffith scopre la potenza delmontaggio anche per accompagnare la storia. Così facendo si porta il teatro nelle sale → fino agli anni 20 il cinema era muto Cinema italiano: in italia arriva il cinematografo e il primo film è celebrativo sulla Breccia di Porta Pia. Per un periodo il cinema italiano è il più importante al mondo (7-8 anni): La capitale del cinema italiano è Torino; Si inventa il colossal, arrivando in tutto il mondo. Il cinema italiano è famoso per: - le prime grandi dive che sono dame sofferenti, con recitazione esagerata - dive piene di trucco - cinema storico: es “gli ultimi giorni di Pompei” Cause crisi del cinema: da cinema d'Europa poi scompare nel nulla, all'improvviso → primi movimenti di macchine, film costosi e fuori dai tempi, guerra mondiale. Rinasce negli anni 30 col fascismo e la nascita del suono → viene fondata Cinecittà; Il cinema classico americano → assetto industriale e modelli linguistico/formali 3 grandi macroaree: estetica, tecnica, il pubblico: nascita di una vera e propria industria → "Hollywood". Per una serie di ragioni da un lato si forma il cinema hollywoodiano e dall'altra nasce l'audiovisivo. 1905-1908: vari magazzini vengono convertiti in sale cinematografiche, primitive dove il biglietto costa solo un nickel (il cinema è la prima arte che rompa una linea culturale e si rivolge a tutti): "i nickelodeon" segnano uno scarto importantissimo nel processo di costruzione della spettatorialità moderna: molti futuri grandi produttori (Mayer, Fox, Warner) iniziano la loro avventura come proprietari di Nickelodeon. Nel 1908 nasce a New York laMotion Picture Patents Company (MPPC) ossia il trust che unisce i brevetti delle maggiori case di produzione dell'epoca (Edison, Biograph, Pathé) per impedire la produzione e la distribuzione pubblica di film al di fuori di una formale licenza. Il cinema è strettamente connesso all'espansione della città di Hollywood (scelta per il clima, c'è il mare, le colline, le zone metropolitane...tanti set naturali); HOLLYWOOD: terre che si chiamano così perché proliferano di un bosco di agrifogli. HOLLYWOODLAND: una delle prime insegne di quei lotti mobiliari → origine dello Studio System, golden age di hollywood (1910) essendo che molti produttori sono in fuga dalla East Coast e dalle regole ferree. Nello stesso anno giunse anche David W. Griffith mentre la Nestor Film Company (successiva Paramount) apre il suo primo studio nel 1911; Il cinema veniva associato ad un rullo di pellicola → 1915-20 nasce il lungometraggio. Diventa un fenomeno globale, c'è tanta domanda di cinema e impatta sullo stesso paesaggio (sale più grandi). Lo studio system e l'integrazione verticale:William Fox, fondatore dei Fox Studios nel 1916, teorizza e mette in pratica la cosiddetta integrazione verticale, concetto economico che impatta anche il linguaggio del cinema hollywoodiano → controllo da parte di un'unica società dei 3 settori chiave dell'industria cinematografica: produzione, distribuzione e esercizio. Il modello di produzione di Hollywood classica ricalca a grandi linee le pratiche tayloriste del management post rivoluzione industriale: sceneggiatori, registi, attori e maestranze hanno tutti un contratto in esclusiva: nel 1948 in parte verrà ridiscusso con la "sentenza Paramount": stabilisce che non potessero avere anche le sale; Il cinema diventa l'arte moderna e l'affare del secolo: nascita arte straordinaria, industria espressiva che tende alla perfezione simultanea dell'arte e del traffico -Louis Delluc (1919). (meccanica + ideale): il cinema fa parte delle novità e scoperte della seconda rivoluzione industriale del XX secolo; 2 I bambini ci guardano è tratto da un romanzo crepuscolare, “Pricò” di Giulio Cesare Viola e ruota intorno ad un triangolo adulterino di cui fanno le spese un padre e un figlio: il primo reagisce al tradimento della moglie con il suicidio, mentre il secondo si chiude in una solitudine impenetrabile, rifiutando la madre. Questo film nella carriera di De Sica, sancisce il passaggio dal genere comico al dramma → dai telefoni bianchi ai telefoni anneriti: gli spazi fittizi della commedia sono sostituiti dagli spazi reali del dramma. Città, campagna e luoghi di villeggiatura diventano gli scenari concreti di una catastrofe esistenziale. Pricò è un personaggio innovativo che prelude, nella sua sofferenza privata, alla sofferenza storica dei bambini del neorealismo → sperimenta l’iniziazione alla vita come iniziazione al dolore. 4 passo fra le nuvole: un commesso viaggiatore (Gino Cervi) si ritrova a vivere un’avventura del tutto insolita, simulando di essere il marito di una ragazza incinta che gli chiede di interpretare questo ruolo davanti alla sua famiglia di contadini con una rigida mentalità conservatrice. Il film ha una struttura circolare → fuga nel mondo della campagna rappresentato come regno dell’illusione e del bozzetto. Blasetti contrappone all’immaginario elegiaco e folclorico della commedia fascista, l’inquietudine della quotidianità. Altri esempi: - “La terra trema” 1948, tutto girato in dialetto siciliano, tratto dai malavoglia e girato ad Acitrezza; - “Ladri di biciclette” e “Umberto D”, che puntano sulla rarefazione del racconto e sulla scomparsa del fatto eccezionale. Zavattini intende sottrarre l’elemento temporale al paradigma della verosimiglianza e dell’illusorietà romanzesca, per conferirgli la dimensione concreta e straniata di tempo percepito. Abbandonare la prospettiva romanzesca significa, per Zavattini, ricollegarsi alle primitive potenzialità dello strumento cinematografico che permette una cattura sensoriale, e insieme, “analitica” del tempo → la macchina da presa deve captare fin quasi il “pulviscolo” della presenza umana, effettuando una sorta di autopsia sul corpo vivente della realtà; Zavattini e De Sica, formano una coppia di artisti che mira alla comunicazione con la piccola borghesia, incita questa a impegnarsi di più nell’aiuto dei più deboli. La poetica di Zavattini è detta “del pedinamento”, basata sul concetto che ogni attimo della giornata ha importanza rivelatrice. La dimensione sociale viene esplorata nella sua durezza, il nucleo dei loro film sta nella denuncia della crisi dei valori affettivi che riduce l’umanità: in “Sciuscià” si spostano dalla borghesia all’ambiente popolare colgono il destino dei giovani travolti dalla brutalità del mondo adulto. La durezza cattiva è l’originalità del film, questo si ha anche in “Ladri di biciclette”, che è improntato sul nervosismo desolato, infatti nella sua società il furto di una bici diventa un dramma che non gli permetterebbe di sopravvivere, lo spettatore si sente coinvolto ma anche impotente, nulla e nessuno è in grado di aiutarlo anche perché le autorità non sono disposte ad aiutare i più deboli. In una situazione del genere anche un personaggio positivo si spinge ad azioni illecite. Il bambino si fa adulto aiutando e facendo demordere il padre dal diventare anch’egli un ladro. Nel film niente delitto passionale o coincidenza poliziesca di qualsiasi tipo. Il film si svolge intorno ad un incidente: a un operaio viene derubata la bici che utilizzava per andare a lavoro, ora lui si ritrova povero e costretto a rubarne un’altra ma non ci riesce, viene così beccato e si ritrova povero e con la vergogna di essersi abbassato a questi livelli. L’avvenimento non possiede alcuna valenza drammatica propria, prende senso in base alla congiuntura sociale della vittima. L’avvenimento come l’oggetto rubato, la bici, rappresentano la società italiana del tempo dove la povertà caratterizzava la società e i mezzi di trasporto urbano erano rari o onerosi. La tesi implicata è di una meravigliosa e atroce semplicità: nel mondo in cui vive l’operaio i poveri devono derubarsi tra loro. Questa tesi non è mai stata esposta come tale ma il concatenamento degli avvenimenti ce la fa intuire. In fondo a metà film l’operaio potrebbe ritrovare la bici, ma De Sica afferma che l’operaio può non ritrovare la sua bicicletta e che perciò tornerà senza dubbio ad essere disoccupato. Se non possiamo far altro che dedurre della disavventura dell’operaio la cui condanna di rappresentare il rapporto tra l’uomo e il suo lavoro, il film non riduce mai gli avvenimenti e gli esseri a un manicheismo economico e politico. Il bambino ha un ruolo fondamentale perché dà all'avventura dell’operaio una dimensione etica e a scavare una prospettiva morale in questo dramma che potrebbe essere solo sociale. Il bambino si limita a seguire il padre trotterellandogli accanto ingenuamente ma è il testimone intimo di quello che avverrà. La vergogna sociale dell’operaio che viene schiaffeggiato in mezzo alla strada non è niente in confronto a quella di aver avuto il figlio come testimone. Quando gli viene in mente di rubare una bici il pensiero del figlio che ha 5 capito l’intenzione del padre è di una crudeltà oscena. Questa avventura segnerà una tappa decisiva nelle relazioni tra padre e figlio. La loro complicità penetra fino alle radici della vita morale. Il gesto del padre ha compromesso questo rapporto → le lacrime, le braccia penzolanti sono il paradiso perduto. Nonostante ciò il bambino tornerà mano nella mano col padre e attraverso la sua vergogna lo amerà. Non sarebbe esagerato dire che il film è in realtà la storia di una camminata per le strade di Roma in un padre e di suo figlio. Nella sequenza di Porta Portese sono presenti vari tipi di inquadrature (figura intera, primo piano, piano americano, inquadrature in profondità di campo…). Da sottolineare l’inquadratura in cui Antonio è ripreso in figura intera dall’alto con un’accentuata inclinazione, forse per sottolineare la sua condizione di smarrimento. Un altro momento interessante è quello del gioco di sguardi tra padre e figlio: ad un certo punto Antonio si accorge del figlio e lo guarda. La mdp segue tale sguardo con una panoramica obliqua verso il basso fino al primo piano di Bruno, che si volta di scatto sentendo l’attenzione di Antonio; l’inquadratura ritorna in panoramica su Antonio, che subito distoglie lo sguardo, si gira di spalle e si allontana dal punto di ripresa, per poi ritornare indietro sui suoi passi. L’andamento della panoramica e il movimento “pendolare” di Antonio da e verso la macchina da presa sono il corrispettivo filmico del sentimento duplice in cui è preso il personaggio: il pensiero della bicicletta da trovare, il ritrovare una relazione con il figlio → di fronte ai bambini, ai loro sguardi pieni di fiducia, per contrasto la società del dopoguerra rivela le sue macerie morali, che spingono le persone verso la solitudine, la disperazione e la caduta; Il merito di De Sica e Zavattini e il loro ladri di biciclette è costruito come una tragedia secondo le regole. Non un’immagine che non si carica di una forza drammatica estrema, ma neppure una alla quale non ci si possa interessare. Il film si svolge sul piano accidentale puro. Gli avvenimenti al suo interno sono interscambiabili. La dialettica di De Sica è di essere riuscito a trovare la dialettica cinematografica capace di superare la contraddizione dell’azione spettacolare e dell’avvenimento. Per questo il film è uno dei primi esempi di cinema puro. Il Realismo di Guerra → Rossellini dal 1941 al 1943 gira la sua prima trilogia della guerra composta da un film sulla marina, La nave bianca (1941), uno sull’aviazione, Un pilota ritorna (1942) e uno sull’esercito, L’uomo dalla croce (1943) → nasce già l’idea di cinema alternativo, di fatto gli attori professionisti si mescolano ai non professionisti, si gira in esterni reali, le storie vengono calate nell’attualità, i personaggi non sono eroi romanzeschi: gli interventi veristi si coniugano a quelli patriottici → la critica usa la formula di documentario romanzato. All’esaltazione della guerra fascista, si sostituisce lo sguardo pietoso verso la sofferenza e le ferite degli individui. In Un pilota ritorna si assiste a una vera e propria decostruzione degli schemi narrativi correnti. Gli eventi si susseguono disordinatamente e confusamente, con frequenti ellissi, che creano un continuo disorientamento nello spettatore. Il protagonista, un pilota (Massimo Girotti), assume l’ottica del testimone → è insieme attore e spettatore. Tra i 3 film, è sicuramente il più scarno, moderno e anticonvenzionale nello stile. L’uomo dalla croce, al contrario, rappresenta l’episodio maggiormente compromesso nella retorica anticomunista del regime. Il protagonista è un cappellano militare, che descrive la figura di predicatore e di martire, a cui è affidato il compito di testimoniare la supremazia dei valori cristiani di fronte allo scontro delle ideologie fascista e bolscevica. Non a caso, il film si chiude con un movimento di carrello avanti sul simbolo metastorico della croce. ➪ da ripassare pag 43-47 (Neorealismo) Il film neorealista più acclamato dal pubblico è senz’altro Roma città aperta, a seguire: - La vita ricomincia, melodramma di Mattoli; - ‘O sole mio!, film canoro di Giacomo Gentilomo; -Titoli operistici e musicali; -Arriva poi il genere comico e storico - Ladri di Biciclette ricopre il 10° posto mentre Riso Amaro il 6° - Film di Totò - Pane amore e fantasia 6 Il cinema italiano tiene molto come modello il cinema hollywoodiano, anche se ha una struttura molto diversa. Si fonda il “cinema di stato”, in cui le istituzioni e la politica sono molto presenti. Gli anni 20 nel cinema quasi non esistono, più neri di tutto il cinema italiano. Questo accade perché era costoso, il cinema americano era sempre più potente, la guerra blocca il mercato e le esportazioni, la banca fallisce: anni 30 c'è un ritorno del cinema. Questa ricostruzione avviene insieme all'avvento del sonoro: "Cantante di Jazz" è il primo film sonoro. Parallelamente sono anche gli anni della grande depressione: cinema sonoro arriva insieme alla caduta della borsa di Wall Street nel 1929. Questo cinema si struttura per generi (commedia, musical, western, horror) per attori e per case di produzione (Studio System: Universal, Fox, Paramount. All'interno di queste fabbriche viene fatto TUTTO, dall'idea al film stesso). Il padrone del cinema è il Produttore, non il regista. Quasi sempre non è lui che scrive il copione e non si occupa del montaggio finale (final cut); In Italia si è appena consolidato un regime dittatoriale, totalitario: il regime si rende conto che il cinema è un'arma di consenso e di propaganda molto forte. Il cinema però deve essere un luogo di evasione, devono parlare d'altro, non è uno strumento di propaganda diretta, a differenza dei cinegiornali e delle radio che invece sono degli strumenti perfetti. Negli anni 30 viene creata la struttura importante che ci sono ancora oggi (nasce la scuola di cinema, centro sperimentale, ufficio centrale del ministero che si occupa del cinema, Festival di Venezia, Cinecittà). Il pubblico italiano cresce con il cinema, il cinema era tutto, ma non quello italiano, ma quello americano → Il cinema italiano era considerato pessimo, melodramma di vecchio stile. Di quest’ultimo, la commedia era il genere prevalente definito "Cinema dei telefoni bianchi"; Primo Film: "GRANDE MAGAZZINI" del regista Mario Camerini, girato a Cinecittà fu un cinema da studio → grafica stile anni 30 (medio-alto borghese). Si ispira alla Rinascente e dona all'Italia l’idea di paese moderno; Man mano che si avvia verso il declino c'è sempre più spazio alla propaganda bellica: dal 40 il cinema di Venezia diventa pressoché fascista. Nel 43 il fascismo cade e si ricostituisce un governo fantoccio, la guerra prosegue e nasce una resistenza. L'italia verrà poi liberata: periodo dove viene riscoperto il cinema italiano in tutto il mondo, riscoperto come forma d'arte ed espressione e restituisce dignità all'Italia nel mondo, riesce a recuperare la sua immagine. Roma Città Aperta - Rossellini: «La storia del cinema si divide in due ere: una prima e una dopo Roma città aperta.» (Otto Preminger) È il primo film della Trilogia della guerra antifascista diretto da Rossellini → seguiranno Paisà (1946) e Germania anno zero (1948). In virtù del suo grande successo, il film ha a lungo definito l'immagine dell'occupazione tedesca di Roma e della Resistenza romana nell'immaginario collettivo. La pellicola venne presentata in concorso al Festival di Cannes 1946, dove ottenne il Grand Prix come miglior film. Ricevette inoltre una candidatura al Premio Oscar per la migliore sceneggiatura originale e vinse due Nastri d'argento, per la miglior regia e la migliore attrice non protagonista (Anna Magnani). È stata in seguito inserita nella lista dei 100 film italiani da salvare, nata con lo scopo di segnalare "100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978". Secondo film: "ROMA CITTÀ APERTA" ambientato fra il 43-44 narra dell’occupazione nazista, quando Mussolini viene liberato dalla sua prigione. Viene pensato e girato immediatamente dopo la liberazione di Roma, all'inizio del 45, quando Roma era ancora invasa dagli Americani. Però un pezzo di Italia è ancora in battaglia (a nord) e racconta cosa successe qualche mese prima. L’ambientazione e il tempo sono importanti per capire l'atmosfera del film: epopea resistenza romana. Film fondativo di una nuova unità nazionale, dove i partiti sono quelli che stanno cercando un accordo. Il film ha la sua prima proiezione il 24 settembre del 1945: ITALIA TUTTA LIBERA. Il suo prestigio nazionale arriverà da una proiezione dell'anno dopo in Francia per poi a New York; Costituisce il manifesto di un nuovo cinema che raccoglie e incarna le energie più vitali di un momento eccezionale della storia: il neorealismo si configura come l’espressione delle grandi speranze dell’Italia appena uscita dal fascismo e dalla guerra. La resistenza è descritta come un fenomeno unitario e compatto, capace di tenere insieme → l'intellettuale e il popolo, il cattolicesimo e il comunismo, che assumono il ruolo di martiri e sul loro sacrificio si fondano le nuove basi di una società uscita dalle barbarie della guerra → 7 raggiunto dalla statua della Madonna che cade e dalla vendetta di un partigiano che uccide un soldato tedesco dentro la chiesa, provocando la rappresaglia nazista sulle suore. Altri film di produzione cattolica sono “Montecassino nel cerchio di fuoco” di Gemmiti, che mette sullo stesso piano i tedeschi e gli alleati, richiamando a quello spirito di carità e fraternità cristiane che deve illuminare la vita dei popoli nella espiazione e nella ricostruzione (lanterna con scritto amore, bontà fraternità e fede) e “Guerra alla guerra” diMarcellini e Simonelli, che ha una chiara matrice vaticana e anticomunista, esaltando l’inascoltata missione pacifista della Chiesa e il suo ruolo nel soccorso alle vittime del conflitto. Il film contrappone l’armonia divina della natura alla furia distruttiva degli uomini, spostando alla fine lo sguardo sul dopoguerra; - Il sole sorge ancora di Aldo Vergano (1945-46) ha i tratti e l’energia di un’opera militante e collettiva. La vittoria contro i nazi-fascisti coincide con un triplice trionfo: dell’amore tra Cesare e la sartina, della giovinezza, degli ideali libertari. L’happy ending è celebrato in uno spettacolo piano-sequenza: sul cortile si sta svolgendo una festa popolare. Alla solennità liturgica dei martiri si contrappone il furore scomposto dei carnefici tedeschi → la liberazione, legata al sole del titolo, avviene in primavera ed è mostrato come un conflitto tra chiuso e aperto, interni ed esterni, morte e resurrezione; - Pian delle stelle di Giorgio Ferroni, aiutato da una compagnia variegata di sceneggiatori. I partigiani sono rappresentati come un avventuroso popolo della montagna e le loro gesti eroiche sono filtrate dallo sguardo di un soldato inglese, che racconta i fatti avvenuti alla sua ex fidanzata, evocandoli in Flashback. - In contrapposizione con Paisà di Rossellini, Zampa con una visione ottimistica e celebrativa produce Un americano in vacanza, dove lo spettacolo delle macerie si innesta in una progressione narrativa già orientata verso la ricostruzione. Gli americani contribuiscono a ricostruire ciò che hanno distrutto e portano nel film la loro aura leggendaria e i loro sogni. Un altro film di Zampa è Vivere in pace, dove il regista costruisce una commedia rusticana, piena di animali e bambini, oltre che di adulti, in cui l’asprezza della guerra è stemperata da lazzi, bozzetti e caratteri fortemente stereotipati; - ‘O sole mio! di Giacomo Gentilomo (1946) e Avanti a lui tremava tutta Roma (1946) di Carmine Gallone, si allineano lungo una stessa contaminazione, anche assumendo dei tratti totalmente diversi: il secondo elabora un sottile intreccio tra la Tosca di Puccini e le vicende resistenziali dei 2 attori-cantanti protagonisti. Non offre alcuna apertura alla realtà documentaria degli scenari cittadini. Il primo invece è molto simile a Roma città aperta, tanto da essere chiamato “Napoli città aperta” → il film inizia come un cinegiornale e la vittoria collettiva, emblematizzata dall’immagine della folla esultante, si accompagna alla realizzazione di un sogno d’amore individuale: il cantante italo-americano Giovanni-John e Graziella si cercano tra la massa vociante, preludendo al consueto happy ending. Il film è un incastro tra documento e finzione, il tutto svolgendosi attraverso toni asciutti del reportage mediato da una sapiente espressività stilistica → l’idea di uno schermo dentro lo schermo si accentua e diventa esplicita nelle riprese delle esibizioni del cantante osservate dal tecnico della radio, chiuso nella sua cabina con la finestra di vestra. Gentilomo ci ha dato un film pieno di stratificazioni, di accordi forzati, di abbozzi narrativi, ma anche di chiaroscuri, di ritmi e di squarci potentemente espressivi; -Achtung! Banditi! di Carlo Lizzani, diventa nel dopoguerra una sorta di manifesto dell’ideologia marxista, che instaura un legame diretto tra il Risorgimento e la Resistenza in quanto movimenti paralleli di liberazione nazionale → descrive la solidarietà degli italiani contro l’occupazione nazista. L’unità contro gli invasori coinvolge capitalisti e operai, partigiani e alpini, la milizia rivoluzionaria e la milizia regolare, gli uomini e le donne. La Resistenza si configura come un movimento di liberazione nazionale piuttosto che come una guerra civile, dove ognuno gioca il proprio indispensabile ruolo; I prossimi film di Rossellini saranno criticati → definito cinema del neorealismo per quanto riguarda i contenuti. Ovvero che riscopre la realtà e una serie di temi: nuova maniera di percepire il racconto. Nei nuovi film abbandona i temi di realtà radicalizzando il tema, raccontando storie diverse (crisi di coppia, assisi). Rossellini gira una specie di trilogia sulla guerra con "Paisà" (1946) parlando della persecuzione e sul dopoguerra con "Germania Anno Zero" (1948) dove affronta il tema della dopoguerra, si raccontano i vinti. In questi due film si può osservare lo stile secco di Rossellini. Attraverso episodi segue l'avanzata della liberazione d'Italia: il primo in Sicilia, poi Napoli, Roma, Appennino tosco-emiliano, Firenze, Delta del Po'. Sono film distinti fra loro; "Paisà", 1946 È ambientato in Sicilia → L’esplorazione dell’Italia coincide con il cammino della Liberazione: quasi in maniera indistinta si passerà a immagini con voci fuori campo per poi passare al film vero e proprio. 10 Il film è in dialetto, il che è una grande novità: a essi è attribuita la funzione di restituire, riflettere ed esplorare le culture marginali del paese, attraverso un dialogo costante tra le diversità e i particolarismi. Quest’ultimo, viene utilizzato secondo 2 modalità → come strumento conoscitivo e come effetto di spettacolarizzazione del linguaggio popolare (è in gioco la costruzione di un artefatto). In Paisà, si intrecciano le parlate dialettali dei personaggi italiani con l’inglese degli alleati e il tedesco degli occupanti: Rossellini vuole rappresentare la difficoltà di comunicazione tra culture diverse e l’aspetto vivo e multiforme di un paese che non è stato cancellato, ma soltanto occultato dal cinema precedente. Paisà adotta una logica combinatoria, unendo la presa diretta e la post-sincronizzazione, la materia autentica della voce e il suo fantasma verosimile. Il doppiaggio viene adottato per necessità. Al contrario di come fa Rossellini, Visconti privilegia l’aspetto espressivo e ideologico: nel “La terra trema”, si adopera un dialetto così stretto e incomprensibile che il distributore pretenderà di doppiarlo in un italiano sicilianizzato per farlo uscire sul mercato → film caratterizzato da un estremismo elitario con cui abbraccia le opzioni ideologiche ed estetiche implicite in quell’orientamento culturale esaltandole e allo stesso tempo trasfigurandole: l’uso del dialetto denuncia la separazione etnico-linguistica della nazione, assumendo una funzione politica. La lingua di questo film, nasce dall’interazione di 3 sistemi diversi (Verga, il regista, i pescatori-interpreti) e passa attraverso 5 fasi di gestazione-realizzazione: nelle prime 3 è italo-siciliana e nelle restanti 2 è dialettale; I corpi dei personaggi sono disposti sullo schermo come modelli dentro un quadro. L’inquadratura assume i tratti di uno spazio figurativo e teatrale, dove i gesti e le battute risaltano con un’evidenza statuaria; L’uso dei tempi morti rappresenta il cuore del film, sono di molta importanza anche se sembrano scene quasi improvvisate. La cosa che conta è IL cogliere le relazioni di questi due non attori, come interagiscono tra loro parlando due lingue diverse (difficile rapporto di comunicazione). Il dialogo ha perciò una grande importanza. Non è una storia d'amore ma un viaggio. Senso di spaesamento chiave. La storia termina con un finale tragico → l'ultimo episodio, peculiarità della scena, guerra dimostrata come appare, secchezza ritorno dal massacro dei civili senza musica (angoscia, perdizione, realtà). Il film colpisce molto (non è doppiato, il sonoro è in diretta a differenza di Roma città Aperta). Scomposizione nell'uso del paesaggio molto intenso rispetto al racconto, la causalità delle azioni degli attori è importante, il tempo non è essenziale e si lascia distrarre a digressioni: nasce un nuovo tipo di narrazione. Deleuze, filosofo del tempo, sostiene che ci fu una spaccatura: prima c'era un'immagine in movimento e dopo accade altro, l'immagine tempo, si rende visibile il tempo. Il Nord con le sue montagne e le sue pianure, è ovviamente il teatro della rievocazione resistenziale, mentre il Centro-Sud viene incaricato di rappresentare più specificamente i problemi e la conflittualità sociale della ricostruzione soprattutto nelle sue dinamiche urbane → le città sono il fulcro del movimento incessante del lavoro, dei flussi che arrivano dalle campagne e dalle periferie: la città s’impone come lo spazio monumentale del potere, dell’indifferenza delle istituzioni, dellamacchina infernale della burocrazia che divorano gli individui condannandoli a un’incolmabile solitudine (esempio: ladri di biciclette). Inoltre, In Paisà, la presenza fisica definisce il personaggio, la sua tipologia umana e sociale e la sua forza di impatto emotivo, capace di modificare l’andamento del racconto, conferendogli pieghe impreviste. Un esempio è Carmela Sazio, icona di una femminilità animalesca, istintiva e primitiva; Paisà procede per accelerazioni, stasi, rovesciamenti repentini, improvvisi arresti: in tutti gli episodi i personaggi si mettono in moto alla ricerca di qualcosa e talvolta attraversano un territorio insidioso → le prime 3 storie sono costruite su una coppia di personaggi, uno americano e l’altro italiano, che presentano naturali problemi di comunicazione ma riescono, per brevi attimi, a stabilire un contatto intimo e autentico. Nei 3 episodi successivi avviene il passaggio dalla dimensione individuale a quella collettiva: protagonista è una comunità, anche se non si manca di mettere in risalto nuovamente un duello italo-americano. 3 racconti sono dedicati alla guerra in atto, mentre altri 3 mettono in scena le sue conseguenze. Le azioni belliche sono disposte all'inizio (Sicilia), alla fine (foci del Po) e al centro (Firenze) del film: quest’alternativa procede come un’orchestrazione musicale, di contrappunti, di adagi e di forti. - L’episodio Siciliano evoca un luogo primordiale e fantastico, accidentalmente colpito dalla storia (la terra diroccata, con le sue botole e le sue scale, si presenta come un cumulo di caverne gotiche). Nel primo episodio incomprensione totale: i militari americani non 11 comprendono il sacrificio di Carmela; Cena della donna con il soldato, non è la tipica scena dei film di guerra, potrebbero definirsi "scene morte" poiché, sebbene non cambino nulla a livello narrativo per Rossellini in realtà costituiscono il cuore pulsante del film, agisce cogliendo le reazioni di questi due non attori e come interagiscono tra loro con battute del tutto insignificanti e sebbene non si capiscano provano a comunicare, vi è una grande importanza del dialogo. C'è l'assenza di stacchi, non vi è una storia d'amore bensì solo un dialogo. Questo è l'opposto di quello che avremmo visto in un film americano. Nella scena finale, il corpo della donna sugli scogli come se si fosse sacrificata, la storia è semplice e secchissima, e la maniera di raccontare è estremamente reale; - L’episodio Napoletano è caratterizzato sempre da questa dialettica tra oscurità e chiarore, tra inconscio e ragione, tra preistoria e storia, anch’esso chiuso nel cuore di un Sud mitico e atemporale. Non c’è mai una vera comprensione reciproca tra i due protagonisti: Uno scugnizzo, Pascà, fa la conoscenza di un militare di colore americano, Joe (Dots Johnson). Dopo avergli raccontato i propri sogni di gloria e l‟immaginario ritorno a casa, il soldato s'addormenta ed il ragazzo ne approfitta per rubargli le scarpe. Qualche giorno dopo il milite ritrova per caso il piccolo ladro e lo costringe ad accompagnarlo nella sua casa per riprendere il maltolto. Qui, però, l'americano fa i conti con le impressionanti immagini della miseria in cui vive il ragazzino e si convince a desistere dal suo intento; - L’episodio Romano ha dei luoghi che assumono improvvisamente una natura prosaica, demitizzante. Le piazze sono tutte uguali: si gioca sul contrasto fra il ricordo di un mondo incantato, di un romance perduto, e il degrado della situazione attuale. La comprensione reciproca è collocata nel passato, ma è impossibile nel presente: Febbraio-marzo 1944: lo sbarco alleato ad Anzio provoca l'inizio della ritirata tedesca dall' Italia centrale ma è solo in giugno che gli anglo-americani accedono alla capitale totalmente liberata. Sei mesi dopo, per le strade di Roma, una prostituta (Maria Michi) adesca un soldato americano ubriaco di nome Fred (Gar Moore) e lo porta con sé nella propria stanza. Qui, l'uomo inizia a raccontare del proprio incontro con una ragazza italiana, Francesca, avvenuto il giorno dell'arrivo alleato a Roma. La prostituta realizza di essere proprio lei la ragazza incontrata mesi prima e poi perduta di vista, nella disperazione causata dalla guerra. Nonostante cerchi di rivederlo il giorno successivo per rivelarsi come "quella" Francesca, il soldato Fred riparte senza presentarsi all'appuntamento, ignorando così per sempre la vera identità di quell'anonima donna di strada; - A Firenze gli animi sono ancora tutti in subbuglio perché la lotta è aperta e all’ultimo sangue. Rossellini rappresenta Firenze come una scacchiera, una teoria di prospettive, di passaggi, di barriere che vanno abbattute, di spazi tagliati dalla luce e dall’ombra, di vuoti, più che di pieni. I protagonisti condividono un’avventura, che si conclude in modo mortifero; -Nell’episodio Romagnolo Rossellini tratteggia un mondo di armonie creaturali ma anche in questo spazio di beatitudine penetrano gli echi del conflitto mondiale attraverso le figure dei 3 cappellani militari, rappresentanti di confessioni diverse. Le differenze culturali sono insanabili, ma espresse in maniera pacifica; -Nell’ultimo episodio la guerra abbandona il campo chiuso della coscienza per tornare a manifestarsi come storia in atto. Dale condivide la fine dei partigiani con un gesto impulsivo; Nel primo episodio alleati e nemici erano indistinguibili, confusi in una sorta di buio originario, e la luce interveniva quale portatrice di riconoscimento e di morte. Nella sequenza finale dell’ultimo episodio è ancora la soglia tra la notte e il giorno a sancire il “passaggio” luttuoso della storia. Rossellini conclude il racconto con l’idea di morte rigeneratrice, capace di aprire dei varchi verso un “futuro migliore” → natura indifferente che accoglie e assorbe il dolore di un’esistenza massacrata dal tempo. Ciò che conta è la fede, ciò che non va mai dimenticato è la salvezza dell’anima; Quattro anni dopo l’uscita di Paisà, “Il cammino della Speranza” di Pietro Germi: quest’ultimo esordisce con “Il testimone”, dove analizza il rapporto tra cittadino e stato, si vede l’ansia di uscire dal dopoguerra, poi arriva “In nome della legge” che punta lo sguardo su una realtà caratteristica seguendo l’avventuroso scontro frontale di eroi tutti d’un pezzo, avendo come modello il western. Infine, la versione migliore del regista si ha nel “Cammino della speranza” dove, come in Paisà, ripropone un altro itinerario di salita e di attraversamento, dal Sud al Nord, che sembra concludere idealmente l’epopea neorealista della scoperta del paese → il viaggio di Liberazione dell’Italia si è trasformato in un viaggio di liberazione dall’Italia. Le frontiere d’Italia sono viste come delle prigioni che attraggono solitudine e delitti. "Germania anno Zero", 1948 Dopoguerra, racconto dei vinti, specialmente di un bambino, che non sarà più rappresentato come innocente, infatti ucciderà suo padre, diventando un piccolo mostro innocente (il nazismo gli ha tolto tutto, soprattutto l'innocenza). Lui era dell'idea che i deboli dovevano essere annientati. Nel finale viene mostrato il vagabondaggio del bambino, fra le miserie di Berlino → questo è il cuore del film. Non si sa dove il bambino non sta andando, sta semplicemente camminando fra le macerie, è smarrito e noi siamo smarriti con lui. 12 svolgeva una parte secondaria, da altre pellicole si riversavano a piena orchestra sulle platee le note clamorose del melodramma 800esco → l’interesse della pellicola risiede tutto nella divulgazione delle melodie di Puccini, Rossini, Donizetti e soprattutto Verdi, il musicista di gran lunga più amato. Un appello pressante venne rivolto alla letteratura, soprattutto quella dell’800 romantico e realista, la più viva nel cuore del vasto pubblico. Un esempio è “Città canora” dove il giovane povero cerca di riscattarsi con il talento sonoro ostacolato dalla disparità sociale. Alla fine della guerra i film americani invadevano il mercato italiano, un ulteriore aggravamento è dato anche dall’arrivo della televisione nel ’56, Inoltre anche i film musicali perdono terreno con l’allargamento delle case discografiche. Nello sforzo di stabilire un legame con le platee si ricorre a i film in costume già dopo il ’45: questi sono la più completa opposizione al Neorealismo, anche se ne ricalcano il meccanismo narrativo, ma con sfondi e scenari diversi, lo svolgimento e il finale portano sempre a un messaggio morale per cui “chi sbaglia deve pagare”, questo principio sposta così l’attenzione dal mondo aristocratico a quello plebeo mettendo in scena il folklore brigantesco. Il brigante italiano si distingue dal gangster americano, perché i primi sono giustificati dall’evento, ovvero la guerra li spinge alla criminalità. Il neorealismo ha subito diverse contaminazioni e a sua volta contaminerà → Il neorealismo popolare, film strappalacrime ambientato nei giorni nostri: “Catene” di Raffaello Matarazzo del 1949 è un film strappalacrime con un’ambientazione neorealista: momento della grande immigrazione. Si rifà vivo il vecchio spasimante della donna, cattivo e truffatore e vuole farla sua di nuovo. Lei un po’ tentenna finché accetta un appuntamento con l’ex perché lui ha delle lettere compromettenti di lei e quest’ultima vuole riprendersele. Lui tenta di saltarle addosso ma arriva il marito e lo ammazza → poi il marito scappa in America, riceve una lettere quando è in una baracca di migranti e per questo decide di tornare e di costituirsi. Infine ci sarà il processo; L’unica maniera che ha per salvare il marito è dire che lui era l’amante e che il marito lo ha ucciso per gelosia (anche se ciò non era vero) → c’è in ballo l’onore. Lui viene assolto. Nel mentre lei medita il suicidio perché ancora bandita dalla famiglia. La loro vita e le loro vicende vengono affidate alla cecità del fato, che colpisce e risolleva, abbatte e consola: il racconto non ha il ritmo concitato dell’avventura incalzante, non cerca l’effetto pittoresco, non fa leva sul fascino dei costumi desueti di età remote. Lo pervade una malinconica certezza dell’inutilità di opporsi al destino → le lacrime restano sempre pronte ad affacciarsi di nuovo; Il film di Raffaello Matarazzo ruota attorno a tre concetti che sembrano ricomporre il sostrato del film, ma anche di quel cinema tutto popolare, postbellico, di cui il regista romano è stato un esponente di rilievo. I tre concetti sono: romanzo d’appendice, melodramma e catene, la parola che identifica il titolo e non casualmente. L’idea di catena richiama alla mente un legame indissolubile, un giogo dal quale è difficile liberarsi, che diventa un peso sulla coscienza, un segreto da non svelare o una condizione dalla quale liberarsi. Il film di Matarazzo fonda proprio su questo riscatto dal passato e sul costo da pagare in termini di contropartita sociale, la sua energia narrativa. Una carica restituita con intensità – sebbene con una recitazione necessariamente accentuata nei toni drammatici – dalla sensualità matura di Yvonne Sanson, diva popolare dell’epoca dotata di una bellezza “casalinga”. Proprio grazie a questa particolare espressione di femminilità accesa, ma anche sottilmente dimessa, sapeva accattivarsi le simpatie femminili, difficili da ottenere nella atavica e sommessa rivalità che da sempre e a qualsiasi latitudine caratterizza i giudizi femminili rispetto alle attrici. Senza alcuna volontà di essere politicamente corretto, ma per onestà intellettuale, va aggiunto che, ovviamente, analoga situazione si manifesta in ambito maschile. È il legame indissolubile con il passato a stringere le catene che legano Rosa, la protagonista, al suo vecchio amore Emilio, divenuto, forse a causa della delusione d’amore patita, un malvivente. Rosa oggi ha una famiglia e Guglielmo, il marito, Amedeo Nazzari, è un onesto brav’uomo che fa il meccanico e i due figli le riempiono la vita. Per un caso Rosa incontrerà di nuovo Emilio e, nonostante la passione che prova ancora per lui, non tradirà Guglielmo.Ma tutto fa credere che invece sia avvenuto il contrario. Rosa pagherà lo scotto di una colpa non commessa, ma il riscatto spezzerà le catene che la legavano al passato. Siamo nel cuore pulsante e vivo del melodramma e questo è il secondo concetto che concorre a rendere la quotidiana materialità del film dentro la quale vive una sua intima verità. Il film è del 1949 e tutto va contestualizzato, ma proprio in virtù di questa operazione di attualizzazione è innegabile che Catene porti con sé anche una celata trasgressione, un incipit non peregrino di un sentire dubbiosamente diverso che preannunciava, timidamente, un mutamento. Il personaggio di Rosa, protagonista assoluta della storia, fa 15 intravedere un'alternativa rispetto al corrente pensiero quanto alla figura femminile nel cinema di consumo di quegli anni, così come Catene voleva essere e come Matarazzo voleva che fosse. Il melodramma Catene, a suo modo, ci offre la lettura di un personaggio femminile sicuramente tradizionale, ma nel quale si intravedono i primitivi segnali di una differente verità, di un diverso modo di concepire il ruolo femminile pur all’interno delle dinamiche patriarcali che governavano le regole familiari. Guglielmo non entra troppo nella vita della moglie. Rosa, in fondo, è una donna libera, entra ed esce di casa secondo le sue esigenze e non deve spiegazioni. Quelle arrivano solo quando il sospetto si insinua nel figlio Tonino, che, del tutto casualmente, aveva scoperto la “tresca” tra la madre ed Emilio, conservandone il segreto per salvare la pace familiare. Se il personaggio di Rosa si dovesse confrontare con altri personaggi femminili dell’epoca probabilmente queste differenti tonalità caratteriali sarebbero evidenti. Allora la gente andava al cinema per piangere → nuovo cinema paradiso spiega cosa significa vedere un film come questo. Si può vedere come nel neorealismo popolare la spinta iniziale sia ridotta fino alla narrazione di sciagure che affliggono gli umili, ciò denota anche l’antica tendenza nazionale a piangere su se stessa per assolversi dagli errori. La dote positiva dei suoi film è la linearità della storia, illustra la vita come una cosa semplice, ma ancor più nella condizione femminile che nei film neorealisti era sempre marginale. Matarazzo vede la donna solo comemadre e ne celebra la presenza poiché l’istituzione della famiglia è in crisi, i valori umani espressi da Matarazzo ne garantiscono la fortuna ma molto fa il fattore divistico espresso da Amedeo Nazzari che ha interpretato e rappresentato la vitalità italiana fatta di lealtà e fierezza. Nel Neorealismo popolare le vicissitudini femminili sono complementari al dramma virile di orgoglio e rispettabilità mentre il neorealismo rosa darà un maggior rilievo ed autonomia alle protagoniste. Seguiranno poi i film “Tormento” e “I figli di nessuno” Totò e la farsa cinematografica: Dal ’45 al ’48 circa la cinematografia aveva trascurato l’allegria poiché il cinema era chiamato a rendere la gravità delle emozioni che caratterizzavano il dopo. La commedia si trasforma in farsa che prende spunto dall’attualità per inserire diversi sketch con cui costruire la storia: il primato di questo genere è tuttora detenuto da Totò. I titoli maggiori sono: Miseria e Nobiltà, Siamo uomini o caporali e Totò, Peppino e la malafemmina → era il divo popolare per eccellenza, raccoglieva consensi tra il pubblico popolare e di periferia soprattutto nei territori meridionali, di fatto, è stato soprattutto un “divo dei poveri”, incarnando le aspirazioni fantastiche, i sogni frustrati delle plebi del Sud e di tutta la provincia d’Italia, culturalmente e socialmente depressa. Totò riprende delle caratteristiche della commedia dell’arte, infatti il suo recitato viene lasciato “libero” dai suoi registri, il suo talento doveva sfrenarsi nelle maniere più bizzarre ed estrose, quasi da burattino. A suo modo anche la comicità inveisce contro la decadente classe borghese poiché ogni suo comportamento è irriverente. Il vero Totò è l’ultima incarnazione della maschera di Pulcinella. E sulla scia della sua comicità che in quegli stessi anni vanno affermandosi altri interpreti come Walter Chiari, Renato Rascel. Gli anni di maggior fortuna del genere comico furono quelli in cui si affermò il neorealismo popolare che scindeva il pubblico verso un genere di eroi lacrimosi inaugurati da Matarazzo. Farsa e melodramma riflettevano secondo 2 deformazioni opposte ma complementari uno stesso stato d’animo popolare; Il Neorealismo Rosa I film di successo non sono più quelli che fanno piangere (es. Catene - Matarazzo) ma verranno sostituiti dal Neorealismo ROSA: commedie di ambientazione popolaresca, ambientate fra i poveri con intrighi sentimentali (es. Pane, amore e fantasia) → si osserva attraverso a questi film il ruolo femminile: nuova tipologia di dive, prorompenti, mediterranee, che diventeranno i simboli della bellezza del mondo (Silvana Mangano, Gina Lollobrigida e Sofia Loren). l’aggettivo con cui venivano chiamate eraMAGGIORATE FISICHE → Nel film “Altri Tempi - De Sica” si possono vedere le forme particolarmente maggiorate: seno grande, fianche stretti: in questo film Gina Lollobrigida aveva ucciso il marito, ma mostrandola al pubblico verrà assolta; 16 Con il film Due soldi di speranza di Castellani, che parla di casualità e di intrecci amorosi, dove Castellani si preoccupa di sottolineare tutti gli elementi di credibilità cronistica, è un film volto a cogliere la verità dell’animo popolare, si conia il termine per il nuovo genere nascente, ovvero il Neorealismo Rosa o anche detto “controrealismo” → questo spostò l’attenzione del cinema italiano dai grandi temi della vita sociale, al più ristretto dramma della lotta tra generazioni, i giovani sono la gioia dei sentimenti, mentre i vecchi l’ottusità dei cuori aridi. Le conseguenze non tardano a presentarsi: nel 1953-54 Pane, amore e fantasia di Comencini (film manifesto), conquista il primo posto in classifica, sfruttando ai fini spettacolari i caratteri folkloristici popolari mettendo in piedi una produzione fatta di divi e di scenografie, perdendo, quindi, ogni collegamento con il Neorealismo di base. Il regista che segna il ponte di passaggio tra prima e dopo, tra il Neorealismo e il Neorealismo rosa, e punto di riferimento degli anni ’50 è Castellani, ma un posto d’onore va riservato a De Sica e Zavattini, che collaborando alla realizzazione del film “Nell’oro di Napoli”, esaltano l’amor di vita e la propensione alla speranza tipica della cultura napoletana. Il film si compone di episodi e coinvolge lo spettatore, si commuove e partecipa alla sofferenza della vittima che è interpretata da Totò. La lezione finale del film è che tutti abbiamo dei guai da sopportare, ma possiamo affrontarli ridendoci sopra → ciò vale per tutto il filone del Neorealismo rosa. I motivi di forza dei racconti erano due, l’avvenenza delle donne e la furbizia degli uomini. Altri due artisti fondamentali del Neorealismo rosa sono stati Comencini, che nel ’56 gira “La bella di Roma” e Blasetti legato a "Peccato che sia una canaglia” (con Sofia Loren, la più sfolgorante stella fissa del firmamento cinematografico italiano) e “La fortuna di esser donna” , quest’ultimi due legati al nuovo ruolo della donna: la bellezza non è davvero una condanna, è un dono del cielo. Il cinema italiano sembra così essere impegnato a cercare la formula del successo, che sembra risiedere nel Neorealismo rosa, che appropriandosi di temi quali l’insoddisfazione giovanile o la volontà di protesta, soppiantano il filone inaugurato da Matarazzo con “Catene” (Neorealismo popolare). Ma la vera vittoria è di Comencini, Risi e Blasetti, per aver strappato al Neorealismo popolare il suo principale discorso, ovvero la condizione della donna in Italia. La donna conduce, adesso, attivamente il gioco, poiché i registi non intendono continuare una situazione stagnante di tabù e miti. Ciò portò anche al risvolto positivo della sdrammatizzazione del rapporto tra sessi che tendeva ad allontanare il senso del peccato, ovviamente l’indipendenza delle eroine si manteneva solo in ambito sentimentale. Poveri ma belli - Dino Risi (1957) Si presenta come film di intrattenimento puro, la sensualità giovanile dichiara le sue esigenze, ma il regista è lontano dal concederle libero sfogo: In un caseggiato di uno dei più antichi rioni di Roma, vivono due giovani bulli, Romolo e Salvatore, vanagloriosi e spacconi, poco amanti del lavoro → film ambientato a Roma con una nuova generazione di proletari: Italia in cui i giovani sono diversi, dentro il miracolo economico che sta arrivando. Marisa Allasio è un’altra diva dell’epoca presente in questo film; Risi valorizza le risorse dell’intreccio a protagonisti multipli, come aveva fatto Comencini → i personaggi principali sono 6: Arena e Salvatori, Allasio (considerata l’estrema affermazione divistica del neorealismo rosa, dipinta con astuzia manieristica - scandaloso simbolo di peccato), Lorella De Luca, Alessandra Panaro e Riccardo Garrone. Come per Pane, amore e fantasia che ha avuto rispettivamente 3 episodi, così tenterà di fare anche Risi con Belle ma povere e Poveri milionari, anche se il risultato non fu lo stesso. L'obiettivo del Neorealismo rosa di unificare il pubblico fu raggiunto anche per via del fenomeno divistico. Infatti si aveva necessità anche di attori e attrici che suscitassero la simpatia sia di spettatori popolari che di quelli più esigenti. Blasetti si dichiarava contrario all’utilizzo di attori non professionisti e nel 1948 girò il primo super spettacolo d’autore “Fabiola”. Questo segnò il lancio della Lollobrigida e il ritorno di De Sica come interprete. IL tipo di donna che il super spettacolo intendeva lanciare era lontano da quello delle ragazze dei concorsi di bellezza, doveva avere un fisico opulento, tratti marcati del viso, labbra sensuali e un’ombra cupa sullo sguardo. 17 La Dolce Vita parla anche di vista insieme anche all’ambiente intellettuale → Via Veneto è il cuore della Hollywood sul tevere: Roma più glamour. Fellini racconta quegli anni e contemporaneamente li potenzia: diventa il simbolo della dolce vita. Tra L’ALTRO il titolo era ironico, solo che fu quasi inteso alla lettera. Ad accompagnare fellini in questo viaggio troviamo Ennio Flaiano, osservatore ironico e disincantatore di quel mondo → da nutrimento a Fellini. Alla fine degli anni 50 Fellini gira il film, prendendo spunto da "fatterelli” di cronaca che venivano fuori (principalmente avvenivano in Via Veneto/bagno alla fontana di trevi). Fellini era già famoso prima di questo film, infatti aveva già vinto 2 oscar. La lavorazione stessa della dolce vita diventa un altro di quei fatti di cronaca che Fellini stesso voleva raccontare (tutti volevano sapere); Il Film è girato in gran parte in studio, ovvero nei capannoni di Cinecittà → Questo film sarà molto diverso essendo che l’Italia è diventata un paese industrializzato e non è più sottosviluppato: diventa un paese sempre più istruito e ricco, arrivano le vespe, le automobili, la televisione, gli elettrodomestici, l’acqua calda in casa, il frigorifero…Diventa in gran parte una società industriale con una migrazione interna molto forte (dalla Sicilia, Calabria…milioni di persone si spostano a Nord). È un cambiamento che ha delle caratteristiche da un lato positive e dall’altro c’è il sacco di Roma, non si tiene il passo, è una specie di grande arrembaggio di cui poi si pagheranno le conseguenze in seguito; Cambia un'intera generazione (dal 58 al 63/64) → novità dei libri tascabili, si vedono film, leggono libri, si ascolta musica in maniera differente dalla vecchia generazione. Fellini produrrà i film più visti → simbolo di un’epoca che racconta un’epoca: Diventa una leggenda (la dolce di vita diventa il maglione a collo alto). Il cinema italiano con Fellini, Antonioni cerca di raccontare la nuova borghesia italiana, dei nuovi ceti che non sono stati amplificati nel neorealismo. Inoltre anche in campo politico, agli inizi degli anni 60, il progetto politico di maggioranza democratica-cristiana è quello di allearsi con la sinistra alleata (socialista) → si poneva molto speranza nella politica, anche se questo sfocerà in una grande delusione essendo che alcuni cardini non potevano cambiare, e si parla della speculazione edilizia, l’industria (le automobili): ci sarà un forte abusivismo; La dolce vita racconterà anche questo, con un linguaggio all’altezza dei tempi (episodi perfettamente armonizzati, non è una struttura narrativa ma emotiva). la politica di provocazione controllata e l’esplodere di contraddizioni scandalose avvenivano attraverso il filtro di un genere produttivo definito Superspettacolo. La spinta neorealista era approdata al Neorealismo spettacolare, che sancisce l’entrata del cinema italiano nella cultura di massa. Ma a questa si oppongono intellettuali come: il trio Orsini, i fratelli Taviani e Tinto Brass, anche di Bernardo Bertolucci, che andranno a formare l’underground → si qualifica come la ricerca di un impegno più serrato, alle radici della crisi di cui soffre il paese. Fellini aveva esordito in maniera abbastanza impopolare, poi con “I vitelloni” smentisce le previsioni, trovando ulteriore impulso per il rapporto con il pubblico con “La strada” → Poi verrà “La dolce vita” a fare di lui un divo, assicurandosi un saldo rapporto con il mercato cinematografico. Fellini non rifiuta il suo essere borghese, lo ostenta con sarcasmo critico e unione di spiritualità a espressionismo grottesco. Poi arriva “8 e mezzo” che sposta lo sguardo all’interno dell’io, di fatto, la psicanalisi è lo strumento per indagare l’integrità umana, e con la quale il discorso felliniano acquisisce maggior consapevolezza: ’invito al pubblico di prendere atto dell’inquietudine che chiede di essere volta in positivo, riscoprendo alcune verità elementari per il comportamento morale. Il processo tipico dei suoi film consiste nell’incantare lo spettatore con la rivelazione del disordine delle cose umane. Nei “Vitelloni” il fine è quello di rendere la casualità accidiosa di giornate vuote della condizione giovanile in maniera quasi autobiografica → il punto di forza del film è il ritratto di Alberto Sordi, che si dimostra essere il più lontano da assilli e rimorsi e quindi più solo. La fuga finale ha l’aspetto di un evasione dalla realtà quanto un impegno a trovare unmiglior rapporto con gli altri. La conclusione ambigua conferma il carattere aperto del discorso di Fellini: è su questo che si fonda il coinvolgimento dello spettatore. Il problema centrale dei personaggi di Fellini sarà sempre quello dell’auctoritas: in termini religiosi Dio, in termini psicoanalitici il padre. La svolta maggiore della sua carriera è infatti legata alla conoscenza del freudismo, la cui spinta liberatoria viene utilizzata in senso vitalistico: dopo la dolce vita e della sua spinta vitalistica, struttura il racconto come una serie di processi di rimozione da superare per inserire l’individuo nel mondo → Luci del varietà ci porta nell’avanspettacolo, Lo sceicco bianco fra i divi dei foto fumetti, La strada tra i saltimbanchi, nelle Notti di Cabiria ha importanza centrale la scena con l’ipnotizzatore e nella la dolce vita tutto è spettacolo con la 20 presenza dei paparazzi e il carattere illusionistico delle notti a Roma. Successivamente, il tema della platea universale si riproporrà in 8 e mezzo che stavolta narra di un regista e non di un attore. La Dolce Vita - Fellini PUNTI ESSENZIALI: ●L’apporto divistico dato dalla presenza diMarcello Mastroianni: porta sullo schermo, con garbo suadente, una figura di bravo ragazzo italiano i cui lineamenti cordiali e pigri invitano a una identificazione più agevole; ●L’erotismo (le tre donne sono occasione di peccato): Attorno a Marcello, c’è una schiera di attrici che dà al cast l’aspetto di un variopinto harem internazionale. Sopra tutte emerge Anita Ekberg; ●Lo sfondo di Roma (addizione di antico e moderno, ma soprattutto di sacro e profano): Fellini sfrutta a fondo il mito della capitale, è il vero oggetto del film, cui offre tutte le sue possibilità spettacolari; Il film è architettato in tre grandi blocchi, scandito dall’incontro con le tre donne Sono episodi associati liberamente come in un flusso di coscienza, Marcello è inghiottito da questo mondo che non gli offre riscatto e nessuno lo soccorre dalla sua perdizione. Il personaggio non è giudicato. poiché Fellini ne comprende gli stati d’animo essendo affascinato da quel mondo. Lascia nello spettatore una sensazione quasi di benessere fisico, nella quale scorgiamo il suggello finale della sua straordinario fortuna; Il film si apre che non si riesce a capire in che epoca ci troviamo → come se il mito potesse tornare. La prima immagine rappresenta due aerei nelle rovine che trasportano una statua di Cristo, raccontando un fatto di cronaca: continuo passaggio dall’alto al basso col sublime. Inoltre le scene cominciano inmedias res, senza contesto, roma molto irrealistica, periferica. Fellini venendo dal fumetto aggiungeva sempre dettagli nelle scene, ogni comparsa faceva una certa espressione che attirava l’attenzione, proprio come nei fumetti; Infine, richiamo alla paura dell’atomica dopo gli eventi Hiroshima e Nagasaki Casa prostituta → costruita in studio. Come si può vedere non si trova al centro di Roma ma nelle periferie. In questa casa Maddalena e Marcello passano la notte insieme. Nel mentre Emma, la ragazza di Marcello è molto sofferente, tenta il sucidio → Fellini vuole uscire dal realismo, scenografia stilizzata, vuole uscire dal neorealismo: “Pensa che il neorealismo sia vivo o morto?” Scena Successiva → arrivo di una diva americana con voci come radiogramma. Le influenze della radio e del fumetto sono molto forti. Bagno fontana di Trevi → scena significativa All’epoca la stampa scandalistica era il mezzo di comunicazione di fatti dei vari divi, la tv non lo poteva fare. Steiner →si introduce un nuovo personaggio, un intellettuale, amico del prete. È una specie di coscienza di Marcello: personaggio fondamentale anche se sarà un personaggio criticato (figura di contrasto, spirituale). In realtà è un uomo inquieto nonostante l’apparenza → ha ucciso i suoi due figli e poi si è ucciso a sua volta: i paparazzi sono in agguato essendo che la moglie non sa niente. Questo momento tragico non porta a niente, se non ad un’altra festa (dove la scena dello spogliarello porterà alla censura) Scena successiva: Intreccio mondo arcaico e nuovi medi → miracolo di alcuni bambini che hanno visto la madonna: si vuole intervistare la famiglia di questi bambini → DELIRIO COLLETTIVO “Il personaggio deve cambiare” → al contrario quiMarcello non assume cambiamenti, è come se fosse uno spettatore. Si ritorna in Via Veneto con un incontro tra Marcello e il padre che lo porta in un Cabaret a Roma → numero triste circense. Marcello andrà via con le ballerine mentre il padre inizia a sentirsi male: quando il padre sceglie di andarsene, la scena diventa triste Finale: è uno dei più famosi, finale aperto 21 Otto e Mezzo - Fellini (1963) Supercolosso psicologico: incrociarsi continuo dei tempi e modi narrativi → la realtà irrimediabilmente meschina chiassosa contraddittoria viene assalita dallo struggente passato, cerca sollievo e libertà nel sogno, cede all’incubo. Inoltre, le immagini inducono nel film una tensione visiva di affascinante complessità. Il limite commerciale di Otto e mezzo sta nel fatto che una figura di intellettuale non è più adatta per sollecitare l’identificazione delle platee di massa. Si chiama così perché è l’ottavo film di Fellini → La Dolce Vita insieme a Otto e mezzo sono i film più importanti di Fellini: con quest'ultimo, nasce l’aggettivo felliniano, ovvero un cinema che ha a che fare con il sogno, il ricordo e con l’atmosfera Circense e il Paranormale, che nella La Dolce Vita non troviamo. È il primo film in prima persona nella storia del cinema, dove il protagonista è un regista, è autobiografico → Un regista in crisi esistenziale e alle prese con un nuovo film, trova rifugio nella sua immaginazione e nella sua interiorità. L’altra grande novità è la costruzione del film - in quegli anni venne tradotta l’Ulisse di Joyce, e lui ne fa tesoro - dove interseca sogni e ricordi e gli spettatori non sanno dove si trovano e cosa stanno guardando; Il film inizia con un incubo del protagonista, tutto il film sarà costruito in questo modo; Il film si svolge in una stazione termale, essendo che lui ha attraversato una forte crisi dopo la Dolce Vita → deve scrivere un film ma è bloccato e non riesce ad andare avanti: fa leggere la sceneggiatura ad un intellettuale (simile alla figura di Steiner). Entrano ed escono i suoi fantasmi del passato, ma già la realtà è sopra le righe con scene oniriche e allucinate → è sia l’affresco di un’epoca ma anche l’affresco interiore del personaggio principale; Non è più sicuro del film che vuole fare, finché non finirà per realizzare Otto e Mezzo, il film stesso. È un film sull’arte e sulla figura maschile in mezzo a quelle femminili, ridicolizzate: gioca molto sul grottesco. La moglie è una delle poche donne alla pari; Il tono è sempre poco realistico che la realtà assomiglia ai sogni e per questo il film risulta spiazzante per gli spettatori. Infatti, la visione fu semplificata (parti in azzurro erano i flashback, parti in bianco e nero era il presente); Il luogo che dovrebbe dargli pace e distensione si popola di personaggi che fanno parte della sua vita. Innanzitutto, le donne: il protagonista è prima sorpreso dall’arrivo dell’amante Carla (Sandra Milo), poi da Luisa (Anouk Aimée) – la moglie – e dall’attrice Claudia (Claudia Cardinale), mitico simbolo di puri sentimenti. Contemporaneamente avvengono i colloqui con il produttore, i tecnici e gli abituali frequentatori delle terme, reali o irreali che siano. Questi innumerevoli incontri aumentano la confusione di Guido e fanno venire a galla i ricordi più lontani della sua vita: il collegio e i suoi genitori – ormai morti da tempo – che poi incontrerà in un cimitero. I provini che sta facendo fare agli attori fanno capire che si sta parlando della vita reale → recitano le stesse battute dette nella vita reale/si vestono allo stesso modo… La realtà si scioglie nel sogno; Attraverso Otto e mezzo, Fellini dimostra che anche un artista famoso può fallire, proprio come chiunque altro. Servendosi del protagonista, dice al pubblico che i momenti di sconforto e di vuoto non sono estranei alla vita di un regista. La crisi di ispirazione di Guido si sviluppa in due tempi. Dapprima, si traduce in un turbine disordinato che si riflette nella struttura libera nella narrazione. In seguito, approda in una spettacolare autoanalisi magicamente sospesa tra immaginazione e realtà. In Otto e mezzo così come nelle altre opere del maestro, le figure femminili condizionano il protagonista in un’ottica che spazia dal mito al mistero, dalla luce all’oscurità. Il condizionamento tra l’uomo e la donna è reciproco. La donna si aspetta dall’uomo una figura stabile, quasi un campione di virilità. In questo caso, però, non lo trova perché Guido non è in grado di garantire stabilità neppure a sé stesso. L’uomo si perde nella donna come se fosse un continente sconosciuto, eppure si aggrappa ad essa per ritrovare una parvenza di stabilità. Paralisi creativa completa, lui non sa cosa fare in questa conferenza stampa → ha delle visioni e alla fine scappa e si nasconde sotto il tavolo, finché non si sente uno sparo. L’ultima scena doveva essere il trailer del film, ma poi verrà utilizzato come il finale → scena della passerella; 22 prediletto Tancredi (Alain Delon) tra le braccia della bella Angelica (Claudia Cardinale) figlia di Sedara, e il tutto a scapito della timida Concetta (Lucilla Morlacchi) perdutamente innamorata del cugino. Una delle poche scene di battaglia e di azione, la presa di Porta Termini a Palermo, non appare riuscitissima e sicuramente non raggiunge la perfezione registica delle sequenze dialogiche o descrittive. I dialoghi, soprattutto i vari monologhi del principe Fabrizio, sono probabilmente il fiore all’occhiello del film in quanto si stagliano nella sceneggiatura come vere e proprie pietre miliari del cinema italiano. Importanti collaborazioni tecniche che hanno contribuito alla stesura del film: per la sceneggiatura Visconti si è avvalso del talento e della bravura di Suso Cecchi d’Amico e Pasquale Festa Campanile, due colonne portanti del cinema di quegli anni, autori delle sceneggiature più significative del neorealismo e della commedia italiana. Splendida la fotografia diretta da Giuseppe Rotunno. Il produttore Goffredo Lombardo insieme alla Titanus hanno reso possibile un film costato, per quei tempi, una cifra spropositata mettendo in piedi un set mastodontico affollato da un esercito di comparse. Uno sforzo da cui la Titanus non saprà risollevarsi. Antonioni: La nuova ondata di registi nelle altre parti del mondo, sono capitanate da registi giovani mentre in Italia da registi dimezza età, come per Visconti e Fellini che iniziano come sceneggiatore come Fellini, non sono esordienti ma lavorano da molto; La novità è che rispetto al neorealismo, hanno al centro delle classi medie o elevate: soprattutto la borghesia intellettuale (in pratica loro stesse); Per visconti e Fellini la novità si trova nella narrativa e nello stile (come vengono riprese le scene). I film di Antonioni, invece, finiscono per non raccontare quasi nulla, ma al tempo stesso lo stile è più uniforme, lavora molto sulle pause e le inquadrature vuote. I suoi temi sono delle vicende molto semplici che parlano dell’impossibilità dei sentimenti (incomunicabilità, alienazione). Trilogia di Antonioni, dell’incomunicabilità: - L’avventura, ambientato a Sicilia → Borghesi in vacanza. Durante una breve gita su un'isola, una ragazza scompare. Mentre sono intenti a cercarla, il suo fidanzato e la sua amica, scoprono di provare attrazione l'uno per l'altra. Atmosfera panica che colpisce i borghesi in vacanza; - La notte, ambientato a Milano → ambiente intellettuale; - L’eclissi, ambientato a Roma → ambiente della finanza a Roma; Sin dall’inizio della sua carriera, Antonioni, è stato considerato lontano dalla retorica del sentimentalismo umanitario: attraverso la critica dell’individuo Antonioni mira a mettere sotto accusa l’organismo della società. Il periodo più fervido della sua carriera rimane il primo, durante il quale opera una violenta rottura, chiamando il pubblico borghese a un confronto con sé stesso, non inserisce argomenti politici o economici ma fa appello alla sfera privata degli affetti per mostrare una vita senza gioia, perché senza scopo. Vi è un processo di interiorizzazione del racconto che avviene grazie ad un uso accorto del montaggio, e dell’ambientazione → ciò si vede nell’ “Avventura” , in cui, sullo sfondo di un assolata Sicilia, si inserisce un dramma che ha come protagonista un personaggio femminile. Questa scelta conferisce un carattere più struggente, visto che esprime l’impossibilità di continuare a riconoscersi in un modello tradizionale di femminilità. Antonioni raggiunge i maggiori risultati concentrandosi sul personaggio maschile, per esempio ne “I vinti” mostra come nella follia del personaggio, si possa arrivare a gesti estremi per farsi amare anche se se né incapaci. Quella del protagonista è un'intelligenza che si condanna a morte, come per condannare una società i cui rapporti umani sono cristallizzati, e possono essere sconvolti solo dalla follia. Gli stessi argomenti sembrano essere ampliati nel maggior film di successo di Antonioni, ovvero “Il grido”: al protagonista si da la qualifica sociale di operaio poiché ha la capacità di arrivare al nocciolo e all’origine dei sentimenti ed è solo nelle classi più basse che le persone sanno essere coraggiosamente sé stesse → l’una non poteva più umiliare la sua dignità continuando a vivere con un uomo che non amava più e per lo stesso motivo, l’altro non potrà unirsi ad altre donne, lontano da quella che incarna tutt’ora il suo amore. Il protagonista abbandona il paese e cerca di dimenticarsi fra gli altri, in un vagabondaggio senza frutta. Aldo perde la sua donna e decide di uccidersi gettandosi dalla fabbrica in cui lavora. Questo epilogo può essere letto in chiave morale, essendo la punizione per chi si lascia dominare dalle passioni interne tanto da estraniarsi dalla comunità. Con questo film Antonioni ha 25 intenzione di dare un esempio rigoroso di come la crisi dell’individualismo sia la crisi dell’individuo condannato a subire l’esistenza in una patria che risulta sconosciuta; L’Avventura - Antonioni Evidente è lo sforzo nel cercare di rendere godibile il discorso, attraverso l’espediente suggestivo della sparizione e con il pathos delle ultime immagini, ma l’interesse per i suoi personaggi è critico. I caratteri si definiscono attraverso la contemplazione dei loro rapporti e ciò enfatizza la loro dimensione sociale che contrasta con il mondo che li circonda. Al regista non interessa storicizzare l’ordine dei fatti quanto illuminare quello dei sentimenti → la vicenda principale è contrapposta da una serie di piccoli drammi e commedie in miniatura: l’avventura si risolve in un itinerario mentale alla ricerca non dell’amica scomparsa ma di sé stessi. E la trama degli episodi si limita a fornire le occasioni attraverso cui i personaggi si rivelino l’uno all’altro. (importante x esame) La prima scena, ha un prologo che descrive i personaggi a Roma, anche se l’ambientazione è in Sicilia. Una delle prime cose che vediamo è un cantiere (roma in trasformazione), con la figlia di un imprenditore, lei è borghese: importante è il rapporto fra lei e il suo amante. Il rapporto fra i due non sembra esaltante → si passa poi al cuore del film, ovvero la vacanza in Sicilia; Prima che Anna scompare, tra i due ci sarà una lite → non rivedremo più quel personaggio. Ora comincia la sua ricerca che lascerà gli spettatori spiazzati per come è stata girata. La dilatazione dei tempi deriva da Rossellini (Germania anno zero) e con Antonioni capiremo anche perché i critici francesi dicessero che l’innovazione di Rossellini fosse svincolata dai contenuti ma legata allo stile; Antonioni gioca sulla banalità dei personaggi che non fanno nulla di interessante e il loro rapporto con il paesaggio. Arrivati sulla terra ferma si separano e continuano la ricerca fino a Taormina (ci troviamo in una città fantasma, mai abitata, in cui questi due personaggi si ritrovano con una grande angoscia). Lo scopo è cercare questa donna che però non troveranno mai, il film finisce prima che loro sappiano mai qualcosa essendo che Antonioni si sposta verso il rapporto dei due cercatori, Sandro e Claudia, il racconto prende delle vie secondarie. In realtà sia Claudia che Sandro sono outsider nel mondo in cui si muovono e al quale vorrebbero appartenere. E più si rendono conto di ciò, più cercano appigli per sentirsene parte integrante. Claudia cerca il contatto con la valigia, il senso di quel viaggio, di quell’avventura e agogna un sonno con cui obnubilare la mente, per non vedere ciò che è davanti ai suoi occhi. In una scena che sembra riprendere le fila del thriller che erano state recise alla scomparsa di Anna, Claudia si sveglia nel cuore della notte, ansiosa. Non trova Sandro a letto. Stringe la sua camicia, l’annusa. Esce a cercarlo. Il corridoio lunghissimo, la ricerca tra gli amici, il ritrovamento e la scoperta del tradimento. La colonna sonora di Giovanni Fusco, è anch’essa molto interessante. Siamo nel 1960 ma sembra di essere in pieno negli anni ’70. Il tema è una combinazione di suggestioni diverse, un sound quasi pop, un ritmo da poliziottesco anni ’70 alla Tarantino, ma anche mandolini e melodie mediterranee. Non è l’idea narrativa ma è lo stile registico (l’uomo non è più il centro) che caratterizza Antonioni. Nei film successivi sarà ancora più evidente essendo che passerà dal passaggio naturale allemetropoli. Un’altra caratteristica sono le inquadrature vuote; improvvisamente vediamo che la relazione fra i due ricercatori è molto più chiara → Il film sarà infatti censurato, considerato erotico. Infine ci si ritrova a Taormina, dove all’alba (molti film in quest’epoca finivano all’alba) Claudia non trova più Sandro → scopre il tradimento: Con allo sfondo l’etna, il film si conclude. Finale molto famoso. La Notte - Antonioni La vicenda sposta l’attenzione sul personaggio femminile che è seguita durante la sua crisi, mentre rimugina sul passato, e inizia a un tacito paragone tra i due uomini della sua vita. Il regista raggiunge molta accuratezza nel descrivere gli stati d’animo e l’ambientazione milanese che sembra estranea agli occhi della protagonista: ciò ci fa arrivare con l’immediatezza alla pena di Lidia → la donna rappresenta il vero obiettivo polemico del regista, col suo rimpianto di non aver saputo prolungare all’infinito l’amore per il marito, di 26 non avergli saputo dedicare tutta la vita, di non essere morta per lui. Ha voluto isolarsi dal mondo, per porre la propria debolezza al riparo dell’amore coniugale: il mondo si è vendicato, distruggendo il suo sentimento e impedendole, ora che cerca di riprendere contatto con la realtà, di riconoscervisi. Lidia comprende che quell’amore era una forma di egoismo. Meno potente è il personaggio maschile che determina uno squilibrio del racconto. È opera legata al momento del “miracolo economico”, all’immagine di una società che ritiene di aver raggiunto l’opulenza e di essersi ormai data un assetto stabile → mira all’essenziale, mettendo a fuoco il più nudo dei rapporti, quello uomo-donna. Nel mondo moderno ognuno vive solo, ma per l’uomo solitudine equivale a morte: la tensione verso la società è un dato di natura. 1961, La Notte, film gemello della Dolce Vita. La separazione e riconciliazione di una coppia sono al centro di una metafora sull'alienazione nella società moderna. A Milano, capitale della borghesia, viene fuori il grande talento figurativo di Antonioni di mostrare la metropoli disumana; Inizia con dei personaggi che vanno a trovare un loro amico in fin di vita, malato di cancro: esistenze vacue dei personaggi. Tutto legato insieme al nuovo spazio urbano e architettonico di Milano. Non c’è bisogno di seguire una storia precisa, le espressioni parlano chiaro. (sarà di ispirazioni per molti. Un esempio è “una volta il west” la scena in cui non è successo niente è ripreso da lui. Anche Tarantino sarà ispirato da lui); La passeggiata nella notte, una delle scene più famose → qui segue per dieci minuti lei che passeggia e ammira la Milano del tempo, senza musica, noi guardiamo con lei, come se fosse un documentario. Incontra un bambino che piange (quasi a sembrare neorealista) e le macerie della città → Da una parte Antonioni ci mette di fronte all’alienazione dei personaggi ma dall’altra parte questo mondo ci affascina. Finale: c’è una grande festa come nella Dolce Vita, gli offrono un lavoro e lui ci sta pensando. finché, con l’alba, ci addentriamo nella fine del film con la notizia della morte del loro amico e con un dialogo fra i due. Lei si scioglie e parla di come quell’amico era innamorato di lei. C’è un colpo di scena in cui le legge una lettera d’amore che gli è stata scritta in cui parla dei sentimenti che non prova più: finirà con un rapporto disperato e molto ambiguo. L’eclissi - Antonioni Il film inizia con delle Inquadrature vuote: gli essere umani sono come degli oggetti fra gli oggetti. Inoltre l’idea di incomunicabilità è alla massima espressione → elemento affascinante in questa alienazione dei personaggi; Dialogo non dialogo: lei se ne va e passeggia in questa Roma nuova (architettura moderna di contorno) → La solitudine di questa roma fa sembrare il quartiere deserto, privo degli abitanti. I due amanti si danno appuntamenti ma nessuno dei due ci va → l’unico elemento ad andarci è la macchina da presa e ci appare come privo di presenza umana: diventa una specie di Poema Visivo (contrario di Rossellini in “Viaggio in Italia”, perché è una scena astratta) con un fascino visivo; La Gara Atomica → un messaggio del film, è come se fosse scoppiata la bomba atomica: ritorno della luce con uno scandalo acustico; I Supercolossi: Nel’56 si verificò un capovolgimento della fortuna del cinema italiano, infatti l’avvento della televisione allontanava le masse dal cinema così iniziò l’ansiosa caccia all’espediente per ottenere successo e superare il prodotto televisivo. La prima scelta fu il genere colossale, un prodotto medio di dignitosa fattura inaugurato dal neorealismo rosa: si arriva ai supercolossi made in Italy: in questi anni De Laurentiis sforna “L’Ulisse” e successivamente, insieme a Ponti sfornano “Guerra e Pace”, collaudato il genere. Nel ’57-’58 escono “La tempesta” di Lattuada e la “Maja desnuda” con regista Henry Koster. In questi anni la maggior parte del cinema italiano si muove verso la dimensione spettacolare ma dai colossi a basso costo si distinguono i colossi d’autore di cui fanno parte film come “La dolce vita, 8 e mezzo, il Gattopardo e Il Sorpasso”. Il colosso storico/mitologico invita a recuperare il senso del meraviglioso di personaggi d’eccezione in paesaggi avvolti nella leggenda, mentre quello d’autore presuppone la conoscenza del romanzo di partenza. L’importante è che i personaggi abbiano un’autorità eloquente che affascini e che fomenti il divismo. Insomma, il colossal, rispose adeguatamente alle necessità del tempo e ciò gli garantì il successo anche se comportò conseguenze negative sul piano economico e culturale 27 All'inizio del primo film citato, c’è un montaggio molto sgrammaticato: La storia è quello di un piccolo delinquente che vuole rubare un'auto (parodia dei film polizieschi americani) → si sente lamacchina da presa, qualcuno che registra → distacco. Un altro elemento è il versante documentarismo → presenza di jumpcut (tra i tagli delle scene mancano dei frammenti) e infrazioni, molto differente dal montaggio tradizionale più fluido. Di fatto fece scalpore per il suo ritmo frenetico. La colonna sonora di quegli anni: nascita del jazz; Finale: girato in maniera non convenzionale, abolizione del montaggio, ci sono lunghe inquadrature senza stacco → la camera segue la protagonista. Il suo regista diventò di riferimento dei giovani degli anni 60; Nel secondo film citato invece, inizia già con un attacco ad effetto: la protagonista è coperta dai rumori in sottofondo e inoltre è di spalle, la si vede solo dal riflesso dello specchio; La panoramica non ha un senso narrativo, ma è una libertà che si prende il regista per mostrare l’ambiente circostante (ripresa da Rossellini). La vita di questa donna è raccontata in maniera impassibile, da un lato come se non avesse emozioni, dall’altro per far notare la narrazione parallela con il film “Giovanna d’Arco”. La cosa fondamentale per Godard è entrare in una sorta di gioco, per poi sabotare la macchina da presa, facendo entrare la verità, proprio come faceva Rossellini; In Italia non c’è una vera e propria nouvelle vague, ma ci sono dei registi innovatori come Fellini o Antonioni. La rivoluzione stilistica è portata avanti dalla loro generazione. In realtà c’è una generazione di nuovi registi negli anni 60 ma sono difficilmente considerati Nouvelle Vague, come per esempio Pasolini: provano a recuperare la lezione del neorealismo → la Nouvelle Vague è figlia del neorealismo. Però ci sono alcuni film, qualche anno dopo la nouvelle vague che rappresentano qualcosa di simile: 2 giovani registi esordiscono nella prima metà degli anni 60 e sonoMarco Bellocchio e Bernardo Bertolucci (Prima della rivoluzione, girato a 22 anni - primo cortometraggio considerato Godardiano - Pugni in Tasca) → i due parlano di loro coetanei e parlano dell’Italia borghese con le proprie famiglie. ↪ In “Pugni in Tasca" il protagonista inizia ad uccidere tutti, è una specie di folle e anarchico e la sua rivoluzione pre-politica è quella di uccidere i componenti della borghesia: In questa prima metà degli anni sessanta sono i tormenti della fede e le sicurezze del focolare domestico a scuoterlo dai torpori e spingere Bellocchio all'esordio alla regia con "I pugni in tasca", intenso, bizzarro, crudele affresco di una sciagurata famiglia piacentina. Una villa sperduta tra i fantasmi della Val Trebbia, cinque miserabili vite che la abitano. Augusto, Leone, Giulia e Sandro sono creature infelici nate dal grembo di una madre cieca e amorevolmente insensibile, soggiogata da una nutrita e al tempo stesso velata componente nichilista → richiamo e repulsione, amore e odio, desiderio e tormento si fondono reciprocamente creando un'atmosfera grottesca e patologicamente instabile, nella quale i quattro fratelli si ritrovano uniti e al tempo stesso abbandonati dal destino di un'esistenza che non concede pace e felicità se non al di fuori della "normalità" del mondo esterno, se non al di là di quei monti così freddi e spogli da cui Augusto vorrebbe tanto scappare. È la storia di una famiglia composta da una madre cieca, dal fratello minore Leone, affetto da ritardo mentale ed epilessia, da Augusto il fratello maggiore cinico e spietato che pur di raggiungere il benessere economico è disposto a tutto, da Giulia, unica sorella, tanto curiosa nei confronti della vita da vivere un rapporto incestuoso con il fratello Alessandro, protagonista principale del film. La famiglia vive un profondo disagio, angoscianti e malsane situazioni, in una simbiosi che porta i personaggi a non esistere senza relazionarsi gli uni agli altri. Alessandro cerca di risolvere a suo modo l’insostenibile situazione. Narcisista ed evitante, non sa costruirsi un rapporto al di fuori della famiglia e tanto è ossessionato da essa da decidere di uccidere i suoi componenti. Alessandro, non è uno psicopatico o un folle assassino. Il suo scopo è il bene della sua famiglia, vuole liberarla e liberarsi da un peso. Nel protagonista del film ritroviamo gli stati di vuoto e di evitamento delle relazioni che si riscontrano nel narcisista e nell’evitante, il senso di diversità e l’incapacità di decentrare. Ritiene la madre cieca e il fratello con ritardo mentale un peso per se stessi e per la famiglia. Non riesce a comprendere ciò che sentono, ciò che pensano, ha un atteggiamento tutt’altro che empatico nei loro confronti. La sua morte è il momento definitivo della disgregazione della famiglia. 30 Questa atmosfera di amore e morte, portata all’estremo, è resa perfettamente in musica dalMaestro Morricone, che ha creato raffinati suoni rarefatti e magici, talvolta misteriosi ed ossessivi, per voce soprano, arpa, archi, celesta, clavicembalo e campane. Il topos della casa diventa così tappa imprescindibile per analizzare il dramma esistenziale vissuto dai protagonisti: impotenza e autodistruzione sono le componenti principali dei tre fratelli più piccoli, assuefatti e "imprigionati" dalle loro radici quasi come se fossero vittime di qualche misterioso incantesimo. Solo Augusto, cuore borghese aperto alla rivitalizzazione di una nuova società alle porte, possiede la veemenza di aspirare a una vita indipendente e ambiziosa che lo porta ad avvicinarsi alla città. La villa rappresenta il nocciolo da cui si dispiegano avvenimenti periferici come le corse automobilistiche alla Risi, le passeggiate ai bordi del fiume Trebbia, le visite al cimitero e gli incontri con le prostitute del paese. Per poi ritornare centripetamente al nocciolo, alla villa, minimo comun denominatore di ogni sequenza bellocchio, un universo labirintico di stanze e corridoi che rimanda alla claustrofobica letteratura borghesiana o alla gotica casa degli Usher di Poe niana memoria. La casa diviene allora il doppione materiale e mentale del corpo: dalle finestre, occhi dai quali Sandro si affaccia sull'esterno, agli organi vitali delle camere, del soggiorno, dei lunghissimi corridoi simili alle viscere umane, fino all'antropomorfismo dell'interno del camino che diviene una sorta di sacco amniotico per i giovani e inermi protagonisti. La casa intera è protagonista, essere vivente e insieme prolungamento di chi la abita. L'allegoria crudele di Bellocchio smosse critica e pubblico proprio perché il regista scelse profeticamente in questo approssimarsi del caos, forse l'elemento più destabilizzante, quello più difficile da accettare, ovvero la corruzione dei rapporti familiari, la metamorfosi degenerativa delle relazioni all'interno delle mura domestiche. Sandro, con le sue difficoltà e il suo spirito ribelle, è il simbolo di una rabbia collettiva costretta a stringere i pugni nelle proprie tasche, soffocata così com'è da un contesto vincolante e destabilizzante come il rapporto amore/odio che il protagonista nutre nei confronti dei suoi cari. Per la prima volta l'autorità del padre e della madre è sovvertita, la trasgressione non è più un tabù e la borghesia materialista insidia il concetto di "normalità". Una nuova generazione è alle porte. Ed è tremendamente sofferente; Una figura come quella di Sandro riflette tutta la solitudine, tutta l'inettitudine sveviana, tutta la prigionia dell'uomo contemporaneo. Incapace di relazionarsi col mondo esterno le problematiche del ragazzo si ripercuotono metaforicamente su un livello tutto giocato da scatti improvvisi, urla nere, danze rituali, gesti infantili che ne enfatizzano allo stremo la "malattia" sociale. Per contro, Augusto vive con apparente serenità e concretezza, accettando la sfida imposta dalla nuova società di risultare a tutti i costi "normale". Per tale motivo risulta il personaggio più triste e ipocrita tra quelli inquadrati dalla macchina da presa. Bellocchio arricchisce la complessa profondità psicologica dei personaggi presentando la figura di Giulia, ragazza sprovveduta e deviata, sessualmente attratta da Augusto e al contempo desiderata da Sandro. Se per Augusto la liberazione dalla madre collima col superamento di un ostacolo e di una vergogna socialmente riconosciute, per la sorella è motivo di un riscatto sessuale (la sequenza del falò) come comprovato dalle piccole curiosità perverse (l'interesse per la prostituta condivisa dai fratelli, gli inequivocabili gesti di natura incestuosa), e dalle condotte narcisistiche e vanitose. Ruolo fondamentale all'interno della pellicola è ricoperto paradossalmente da un'assenza: quella della figura paterna che destabilizza in modo compromettente le sorti del nucleo domestico. ↪ “Prima della Rivoluzione” è ben diverso: il protagonista è un suo coetaneo e di origine borghese → Bertolucci è figlio di un grande poeta, che vivrà la sua vita a Roma, quando racconta della borghesia di Parma, lo fa da Roma, cresce in un contesto culturale di grandissimo livello, ma il personaggio che sceglie di raccontare è un borghese come lui, con le sue stesse inquietudini; I personaggi di questo film hanno gli stessi nomi del romanzo “La certosa di Parma” di Stendhal e anche l’atmosfera è la stessa: prima della rivoluzione si parla di un 20enne di Parma, instaurato in un matrimonio borghese, che cova dentro di sé una ribellione che non sa esprimere: lui è simpatizzante dei comunisti ed è circondato da amici che sono suoi specchi. Inoltre lui si innamora di sua zia, “la matta della famiglia” e avvia questa sua relazione segreta (unica ribellione che compie) → prende ispirazione dalla Nouvelle Vague talmente tanto che si nominerà figlio di Godard; 31 Prima Della Rivoluzione - Bertolucci Fabrizio, giovane della borghesia di Parma, è deciso a rompere i rapporti con la sua classe sociale. Egli è marxista e nella sua nuova concezione della vita non c'è posto neppure per la sordità borghese di Clelia, la sua fidanzata. Il suicidio dell'amico Agostino, vittima del suo disorientamento ideologico, provoca in Fabrizio un dramma interiore che soltanto Gina, sua giovanissima zia, intuisce e comprende. I due giovani, pur profondamente diversi per temperamento e concezione della vita, si amano ma la loro relazione è destinata a spegnersi ben presto. Rimasto solo, Fabrizio cerca inutilmente di risolvere il suo conflitto interiore con la compagnia di Cesare, un maestro elementare che è stato fino a quel momento la sua guida ideologica. Consideratosi definitivamente sconfitto, Fabrizio torna rassegnato nel mondo borghese sposando Clelia. Fabrizio vive il malessere di chi non vuole aspettare più la rivoluzione, di chi pretende i cambiamenti subito e in tutti i momenti della vita, mentre Gina, la giovane zia che vive a Milano, sogna con il cuore. In mezzo ci sono gli altri: Cesare, la guida spirituale di Fabrizio (interpretato dal critico Morando Morandini), l’amico Agostino, il cui furore e la cui angoscia lo porterà, forse, al suicidio, c’è Clelia, che quasi non si vede ma rappresenta “la città, la dolcezza del vivere che io non voglio accettare” come dirà all’inizio Fabrizio, e c’è soprattutto la città, con la messa domenicale, con le sue strade, le sue chiese, la sua ricchezza, il suo essere “perbene” e soffocante per il giovane protagonista. E Prima della rivoluzione diventa quindi una sorta di diario intimo, dei monologhi che si intrecciano e si accavallano, mentre la macchina da presa di Bertolucci scavalca i limiti imposti dal rigore del cinema classico, giocando con stacchi, interruzioni, ripetizioni, allontanamenti, infischiandosene delle “regole grammaticali”, perché per raccontare di questa generazione c’è bisogno non solo di nuove storie ma anche di un nuovo stile, perché, appunto, lo stile è un fatto morale, come lo può essere un carrello o un piano sequenza. Bartolucci parla di un suo coetaneo borghese → cinema di poesia è cinema dove è importante il come viene raccontato non il cosa. Il cinema di poesia è quando si sente la macchina da presa. Il narratore assume un punto di vista non suo ma non lo specifica con le virgolette indiretto libero: La soggettiva indiretta libera di Pasolini dice questo dei film di Bertolucci; La musica è di un giovanissimo Ennio Morricone e di Gino Paoli. È girato nel 63 ma viene ambientato nel 62, parla di un presente appena passato → sono presenti dei testi di Pasolini nella parte recitata e offre delle sue osservazioni sulla città di Parma (grande vicinanza con il suo stato d’animo); Si parla di una certa Clelia che è la fidanzata del protagonista che viene seguito da un momento di chiacchiera tra lui e l’amico (c’è sempre un riferimento al cinema - è importante il come). La luce sulle immagini è fatta di proposito, fa capire che c’è qualcosa che sta registrando; Scena che non ha a che fare con il film: il protagonista esegue dei numeri circense e cade ripetute volte, inoltre questi bloopers sulla sua caduta, Bertolucci decide di tenerli (c’è sempre la presenza della macchina da presa); Un altro personaggio è Cesare, il maestro delle elementari (missione di educatore); Scena dei vestiti → il suo amico si è annegato: Bertolucci usa le dissolvenze; Il protagonista si innamora della zia e la camera cattura momenti di spontaneità catturati di nascosto (ispirazione Godard); Scena “REPLAY” → la scena si ripete 3 volte, con una particolare intensità: il protagonista, Fabrizio tradisce la fidanzata con la zia, la DONNA piange sul petto di fabrizio. Ci fa vedere la stessa scena 3 volte dove fa lo zoom per far vedere meglio il momento (è presente solo in questo momento) non ci sono tagli è un'unica scena; C’è un pranzo in famiglia e tiene un dialogo con la zia → la musica di Galli prende dei movimenti spontanei leggeri e adesso ricomincia l’azione; I due sono uniti dall'andare: nella scena del letto non stanno davvero insieme ma le inquadrature e il timing ce lo fa pensare. Successivamente i due continuavano a dormire anche se erano tutti vestiti per andare a messa. Hanno una grande complicità, il fatto 32 finiscono la serata bevendo alcuni amari e successivamente partono per andare a casa della (ex) moglie di Bruno, Gianna (Luciana Angiolillo), in Versilia. Roberto scopre che era sposato: il matrimonio in giovane età e l’incontro con l’ormai cresciuta figlia Lilly (Catherine Spaak) e il suo compagno maturo Danilo Morelli (Claudio Gora), ricco imprenditore. Dopo le discussioni familiari, Bruno flirta con Gianna ma viene respinto e decide quindi di uscire di casa con Roberto per andare in spiaggia dove prima di addormentarsi sulle sdraiette finalmente si lascia andare anche ai sentimenti → tristezza nascosta sotto il personaggio di Bruno. Il mondo che lo studente idealizza gli crolla addosso → continua a comporsi questo puzzle dell'italia di quegli anni; Messa in scena di una nuova generazione: giovani privi di ideali, sono alieni figli dell’america che vivono nel benessere grazie ai vecchi della resistenza. I luoghi si susseguono in maniera quasi con un ordine casuale: i luoghi tipici italiani (adesso spiaggia) che mostrano il miracolo economico. Messa in scena di una nuova generazione → ci mostrano giovani privi di ideali, sono alieni figli dell'america che vivono nel benessere grazie ai vecchi della resistenza. Saranno poi i giovani che porteranno grandi menti politiche e ideologiche all’italia del 60; Approfondimento stilistico la scena in cui Roberto vaga tra le persone che ballano sulle note di Don’t Play That Song cantata da Peppino di Capri. Le inquadrature sono formate da primi piani e particolari delle persone che ballano, stacco e primo piano su Roberto che cammina in mezzo a loro come una presenza fuori dal contesto, stacco e carrellata nuovamente sulla folla fino ad arrivare a Roberto, che da una cabina telefonica prova a chiamare la vicina di casa di cui si era invaghito, Valeria, decidendo così di andare a trovala a Viareggio. Una passerella emblematica tra il vecchio e il nuovo Roberto. Vanno via e tornando verso Roma, incontrano un vecchio sulla strada: scena simbolo di quegli anni, c'è una festa campagnola → i contadini il giorno di festa ballano il twist (inseriti nel portico del miracolo economico); Roberto si aggira nel gruppo di persone che ballano → documentarista; L’ennesimo sorpasso questa volta non ha lo stesso risultato, dopo alcuni gesti scaramantici: la Lancia Aurelia precipita fuori strada e si infrange sulla scogliera. Bruno riesce a salvarsi e Roberto no: Roberto sembra essere entrato nella parte, elettrizzato chiede a Bruno di andare più veloce, non vuole fare programmi a lungo termine, è felice: proprio nel momento in cui Roberto è riuscito ad adeguarsi, tutto finisce. Dino Risi, cinicamente e nel suo stile, conclude con una metafora sulla società dei consumi, effimera e appagante, ma alla fine corrosiva. Finale con la morte di Roberto (classico finale tragico che rompe tutto il clima di spensieratezza). Bruno rimane solo, accanto al cadavere dell’innocente amico, ma un altro cadavere giace lì: la macchina Aurelia sport supercompressa, simbolo che lega il protagonista alla civiltà di cui resta ai margini ma della quale condivide la concezione della vita come una gara sfrenata, nella quale tutto è lecito a chi abbia la forza e destrezza necessarie. I due personaggi funzionano quindi per opposizione: nulla li accomuna se non lo spazio dell’abitacolo dell’automobile che si trovano a condividere per caso. Nonostante ciò, Bruno e Roberto si fondono e confondono, diventando l’uno per l’altro lo stimolo per una presa di coscienza. Se l’aspirante avvocato ha una personalità esclusivamente “mentale” e fatica ad agire, l’incontro con Bruno lo porta a prendere delle iniziative e a vivere un po’ più spensieratamente. Al contrario, Bruno, tutto istinto e frenesia, inizierà ad aprirsi spiragli di riflessione che gli erano prima totalmente estranei. I due quindi si fuggono, si rincorrono e infine si sorpassano, in un viaggio che non è solo quello verso le coste festive della Versilia ma anche quello interiore della riscoperta di un altra maniera di abitare il mondo e di guardare a sé. Il viaggio dei due si rivela però fallimentare, così come sono fallimentari i loro destini. Il contesto sociale ed economico, infatti, li travolge fagocitandoli senza rimedio. Commedia di maschi, sociale, di scrittura e osservazione: disinteresse delle donne→ i divi sono maschi, i protagonisti sono maschi la donna è presente ma la trama ruota attorno al nuovo divo italiano (si disinteressa delle figure femminili, ci sono Monica Vitti, Cardinali ma i divi sono Mastroianni, Gassman, Sordi ecc). Gli stessi Fellini, Antonioni, Visconti avranno un focus espressivo, in questo periodo, sul divo maschile nel decennio precedente del NEOREALISMO ROSA le donne sono l’espressione del movimento con la commedia italiana e “gli spaghetti western” invece connotano una società consumistica in cui la donna rimane a casa e CONSUMA dall'interno della casa; 35 Marco Ferreri I film diMarco Ferreri sono rivoluzionari per l’epoca proposta in Italia, ovvero gli anni 60. Un esempio dei suoi film è la “trilogia degli esclusi” con una storia moderna - l’ape regina (1962), la donna scimmia (1964) e … Sono cinema d’autore; Era considerato un neorealista → considerazione sbagliata. Nasce a Milano, figlio di piccola borghesia: decide di studiare zoologia, cosa che tornerà anche nei suoi film (anima libertina). Abbandonerà quest’ultima, sarà una persona sempre in movimento in contrapposizione alla staticità dei suoi film. Comincia come buyer, per poi diventerà critico e produttore → è un personaggio versatile. Questo suo inizio lo porta a Madrid, dove avverrà l’incontro più importante per la sua storia artistica: conoscerà il suo sceneggiatore Rafael Azcona, un disegnatore satirico: i primi film di Ferreri sono perciò spagnoli, non italiani, scritti con Azcona. Quando tornerà in Italia nel 61 questa collaborazione continuerà. In Italia non troverà fin da subito un canale espressivo → il primo film che fece scandalo e lo fece conoscere fu “L’ape Regina” (donne identificate come delle bestie, come aspetto bestiale dell’umanità): storia di un matrimonio che inizia con la figura della moglie apparentemente casta, che appena sposata manifesta la sua natura bestiale, fino ad uccidere il marito, asfissiato. Sarà vittima di censura essendo che non rispetta il costume dominante e la morale italiana, è una mistificazione, perciò gli italiani non possono vedere questo film: finì in tribunale ma sarà assolto: è il primo film ad essere interamente italiano “Donna Scimmia” Donna identificata come scimmia, animale dal quale proviene l’uomo: intesa come “strick”, ispirata ad una storia vera di una donna dell’800: donna ricoperta da peli. Il protagonista fu Ugo Tognazzi, al tempo criticato, che riesce ad interpretare l’ambiguità del personaggio. È la storia di quest’uomo, che esce dal carcere, che adesso lavora all’ospizio: prima rappresentazione della donna africana che viene già “oggettificate”, sono esseri malvagi. Lui viene preso da un raptus di fame e in cucina inizia a fissare questa donna scimmia e inizia a divorarla con gli occhi → la convincerà a diventare un fenomeno da baraccone. Il pubblico di Napoli pagherà per vedere questa donna arrampicarsi su un albero, diventando il suo impresario. Ha 3 differenti finali: -Finale di Ponti, rimane incinta, finale melodrammatico, in cui sia la madre che il bambino mostro muoiono; -Finale cinico, pensato da Ferreri: la prima cosa che pensa l’uomo dopo la morte della madre e del bambino, lì dona al museo della scienza, li imbalsama e li fa diventare una mostra. Lucra ancora su questa donna scimmia. La bestia è l’uomo, la donna diventa solo la maschera che copre l’umanità della donna; -Finale di produzione Francese, è il finale più banale: lei dà alla luce il bambino, perde i peli e diventa una donna normale e lui è costretto a diventare un uomo onesto, diventa un portuale e tutto sembra essere perfetto, contrario alla visione del regista; ⇓ I Quadri Divistici - Claudia Cardinale, la più reclamata esponente delle nuove generazioni. Esordisce nel 1958, con un breve ruolo nei Soliti Ignoti e successivamente in Rocco e i suoi fratelli, Il Gattopardo, Otto e mezzo: è una presenza visiva dotata di una notevole suggestione; -Monica Vitti, emblema della modernità più inquieta e sofisticata, interprete dei film di Antonioni (dall’Avventura al Deserto Rosso). -Ad incarnare la nuova generazione era Catherine Spaak che introduce un nuovo carattere delicato, libero, sessualmente disponibile allo stesso tempo. Esordisce con “Dolci inganni” di Lattuada, è un’attrice che non è sorretta dalla bravura di altri colleghi; -Marcello Mastroianni grazie alla sua preparazione professionale si adegua a più ruoli. Il suo ruolo di spicco lo troviamo giustamente nella Dolce Vita, ma le migliori garanzie di successo le offre la commedia. La sua bellezza e vitalità sono pacate e serene risultando per il pubblico un vecchio amico → l’aspirazione fondamentale del personaggio Mastroianni è di godersi la vita, cioè le donne in pace, fra il rispetto universale, con la coscienza a posto. Mastroianni ha saputo non solo prolungarne ma accrescere la vitalità, quando i volti di quasi tutti i colleghi che esordirono sono soltanto un ricordo; -Nino Manfredi presenta caratteristiche affini a quelle di Sordi, vittima dell’incapacità di adeguarsi. In Crimen, giallo rosa diretto da Camerini, risulteranno infatti le personalità di Alberto Sordi, Vittorio Gassman e Nino Manfredi → decisamente folgorante sarà l’ascesa divistica di Vittoria Gassman, considerato il più vero interprete cinematografico dell’Italia del Boom; 36 - Ugo Tognazzi vanta una lunga carriera, lui nobilita la sua maschera proponendo un personaggio nuovo che per la prima volta non attinge alla tradizione meridionale, ma attinge al cinema comico, ben distante da Totò. De Sica, Manfredi o Gassman. Ci troviamo di fronte ad un’esemplificazione del moderno uomo massa, cui destino è di rimanere vittima di un mondo che credeva fatto a sua perfetta misura e invece lo tradisce, marcia più in fretta di lui; - Infine Totò che sembrò quasi entrare in ombra con l’ascesa di Franco Franchi e di Ciccio Ingrassia, che segnano un ritorno all’innocenza della risata senza intellettualismi, riscoprono la comicità più tradizionale; Documentario Esotico-Erotico E Filone Mitologico La crisi del 1962-63 segna la fine dell’esperienza neorealista come impegno civile e scelta di linguaggio, lasciando spazio alla fantasia (filone esotico-erotico) e al filone storico-mitologico, che rifiuta i legami con l’attualità per proiettare il pubblico in un mondo remoto. FILONE EROTICO: una serie di produzioni a basso costo, semplici da ideare e che sfruttino l’argomento provocante per avere riscontro tra il pubblico, vi sono in pochi anni decine di pellicole che utilizzano termini come nudo, sexy, notte e proibito; FILONE ESOTICO: porta sullo schermo delle realtà lontane delle zone non sviluppate, ancora immerse nella natura e primitive, creando il mito del buon selvaggio che conserva l’autenticità e la vera bellezza de la vita; Ma ciò segnò la storia dell’Italia in campo cinematografico: è il filone storico mitologico, questo partì nel 1913 con Cabiria di Giovanni Pastrone, Quo vadis, Marcantonio e Cleopatra. Ma poi vengono la guerra, la crisi economica, il fascismo. Nella stagione ’48-’49 Fabiola di Blasetti occupa il primo posto in classifica sebbene si fosse in pieno periodo neorealista, ma il picco di popolarità arriva con “Le fatiche di Ercole”. Questi film sono imprecisi per la lavorazione e nemmeno si affidano a un elemento divistico forte, infatti, il loro fascino sta nella materia mitologica che spazia tra il mondo romano, greco, cartaginese etc. Nella figura proposta dai due eroi principali, si riflettono le caratteristiche degli eroi della civiltà di massa → il personaggio è completamente padrone di sé stesso, diviso tra dimensione umana e divina, ha la missione di ristabilire l’ordine che il male sovverte. Nello stesso tempo, le storie attraverso le leggende, toccano anche temi dell’attualità, le sventure dovute alle guerre; Già alla fine degli anni ’60 , l’Italia si era lasciata alle spalle la spinta neorealista, i registi non trovano più nella società moderna un metodo di comunicazione valido. Lo stesso western all’italiana di Leone mostra una mentalità capitalistica sottoposta al denaro onnipotente. L'obiettivo è ridurre al minimo l’influenza del parlato e accentuare la carica emozionale. Il ciclo aperto da “Roma città aperta” risulta definitivamente chiuso. Pietrangeli sarà uno di quei registi che sfrutta la donna nei suoi film durante il periodo della commedia italiana: (metà 50-metà 60), va in controtendenza, innestandosi nella commedia italiana; Io la conoscevo bene - Antonio Pietrangeli (1965) Film di Pietrangeli difficile da connotare → non è un film d’autore ma neanche della commedia all’italiana: parla di una ragazza che prova a far fortuna nella provincia romana. È il mondo della dolce vita visto dalla donna che era limitrofa nel film: il film vede la donna che, appunto, incontra molti uomini. Nel 61 sarebbe stato una sorta di appendice alla dolce vita ma uscendo nel 65 diventa una sorta di appendice della commedia all’italiana, ha infatti molti attori della commedia italiana al suo interno: Pietrangeli ha una regia molto elaborata anche dal punto scenografico, con un insieme di episodi singoli con diversi flashback → struttura complessa e anche sperimentale, dobbiamo noi spettatori ricostruire la vita della donna tramite episodi, che però non sono importanti nella vita della ragazza ma attraverso la fotografia di questi momenti possiamo ricostruire la sua vita; Io la conoscevo bene è la parabola di una ragazza di campagna che cerca il proprio riscatto nella vita e nel successo della grande metropoli, una Roma in pieno boom economico. La città risulta superficiale e resa senza pietà nel suo squallore post-moderno. La 37
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