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Filosofia della Scienza: Caratteristiche, Storia e Controversi, Sintesi del corso di Filosofia della Scienza

La filosofia della scienza, una disciplina che analizza i metodi di indagine scientifici e le loro fondamenta teoriche. sulla distinzione tra scienza e pseudo-scienza, la importanza della teoria scientifica, la filosofia della scienza durante la Rivoluzione Scientifica, e il ruolo della filosofia nella comprensione della causalità e della spiegazione scientifica. Inoltre, viene discusso il ruolo della filosofia della scienza nella comprensione della scienza moderna e le controversie che si sono susseguite tra scienza e religione.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 10/11/2022

Enzobong
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Scarica Filosofia della Scienza: Caratteristiche, Storia e Controversi e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia della Scienza solo su Docsity! IL PRIMO LIBRO DI FILOSOFIA DELLA SCIENZA Capitolo 1° Che cos’è la scienza? Ecco una domanda a cui sembra facile rispondere: tutti sanno che le discipline come la fisica, la chimica e la biologia fanno parte della scienza; mentre arte, musica e teologia ne sono escluse. Quando, però, ci poniamo questa domanda in quanto filosofi non è questa il tipo di risposte che cerchiamo. Piuttosto ci stiamo interrogando sulla caratteristica comune condivisa da tutte queste attività, ovvero, ciò che rende qualcosa scienza. Potremmo rispondere a tale quesito dicendo che, la scienza è il tentativo di comprendere, spiegare e prevedere lo sviluppo del mondo in cui viviamo. Tale risposta sarebbe sicuramente ragionevole, ma non completa, poiché non è l’unica disciplina che ha tale scopo: anche la teologia tenta di spiegare il mondo in cui viviamo, ma non è classificata come scienza; allo stesso modo, l’astronomia e la lettura del destino tentano di prevedere il futuro, ma la maggior parte delle persone non le classificano come scienze; anche la storia cerca di comprendere e spiegare ciò che è accaduto nel passato, ma di norma viene classificata tra le discipline umanistiche, piuttosto che scientifiche. A questo punto, potremmo affidarci a quella caratteristica specifica della scienza, ovvero in quegli specifici metodi di indagine, che non troviamo nelle discipline non scientifiche (es gli esperimenti). Anche questa risposta è giusta, ma incompleta, poiché vi sono discipline scientifiche non sperimentali come: l’astronomia, che si basa principalmente sull’osservazione, o anche le scienze sociali. Un’altra caratteristica importante della scienza è la costruzione di teorie. Infatti, gli scienziati non si limitano a registrare dati ed esperimenti, ma utilizzano quest’ultimi per giustificare una teoria generale. Ovviamente, non è sempre facile farlo, anche se nel nostro passato ci sono stati grandi successi al riguardo.  Le origini della scienza moderna Nelle scuole e nelle università odierne la scienza è insegnata in modo sostanzialmente astorico. Al contrario, per quanto riguarda la comprensione delle questioni che interessano la filosofia scientifica, è, invece, necessario avere una qualche conoscenza della storia delle idee scientifiche. Le origini della scienza moderna vanno rintracciate in quel periodo di grande sviluppo che ebbe luogo in Europa tra il 1500 e il 1750, che noi oggi chiamiamo “rivoluzione scientifica”. Ovviamente, la rivoluzione scientifica non nacque dal nulla, infatti, anche nel medioevo si effettuavano indagini scientifiche. Il problema principale per la nascita e lo sviluppo della scienza vera e propria fu la visione dominate che vi era a quei tempi, dove dominava l’Aristotelismo, portato avanti a spada tratta dalla chiesa cattolica, poiché su di esso si basava molto degli stessi testi sacri. Un momento spartiacque fu quando venne messa in dubbio una delle tesi centrali della costituzione dell’universo secondo Aristotele, cioè la tesi del geocentrismo. Fu Nicola Copernico, nel 1542, che con il suo libro attaccò questa tesi, proponendone una opposta, cioè eliocentrismo. Capiamo subito che con tale affermazione si eliminava ogni genere di supremazia del pianeta terra rispetto agli altri, diventano un pianeta uguale agli altri, cosa inammissibile per la chiesa. Anche se ebbe numerosi nemici, la tesi di Copernico nel giro di cent’anni divenne parte dell’ortodossia scientifica, che non portò solo a una migliore astronomia, ma, indirettamente, essa promosse lo sviluppo della fisica moderna, attraverso l’opera di Keplero e Galilei. Il primo scopri che i pianeti non girano intorno al sole con orbite circolari, come credeva Copernico, ma ellittiche. Essa è la prima legge del moto dei pianeti, mentre la seconda e la terza specificano la velocità alla quale i pianeti ruotano attorno al sole. Anche Galileo fu per tutta la sua vita un grande sostenitore della teoria copernicana, ma il contributo più importante che diede alla scienza moderna non si colloca nell’astronomia, ma nella meccanica, dove confuto la legge aristotelica secondo cui i corpi pesanti si muovono più velocemente di quelli leggeri. Galileo sostenne che i corpi in caduta libera si muovono verso la terra con la stessa rapidità, indipendentemente dal peso (la differenza di caduta nella pratica, per Galileo, è dovuta alla resistenza dell’aria, infatti, ritiene che nel vuoto atterrerebbero insieme). Il periodo successivo a Galileo vide la progressiva accelerazione della rivoluzione scientifica. Il filosofo, matematico e scienziato Cartesio, con la sua “filosofia meccanicistica” elaborò un metodo, con il quale riteneva di poter spiegare tutti i fenomeni osservabili del moto dei “corpuscoli” inerti e non sensibili, divenendo così la visione scientifica dominante della seconda parte del Seicento. La rivoluzione scientifica culminò con l’opera di Isaac Newton, le cui conquiste sono senza confronto nella storia della scienza. Egli era d’accordo con i filosofi meccanicisti nel considerare l’universo come consistente semplicemente di particelle in movimento, ma spiegò il modo e le regole circa il movimento e la collisione di quest’ultime. Il risultato fu una teoria dinamica e meccanica di grande forza, basata sulle 3 leggi Newtoniane e il famoso principio di gravitazione universale. Quest’ultimo afferma che ogni corpo nell’universo esercita un’attrazione su ogni altro corpo; la forza di attrazione tra i due corpi dipende dal prodotto delle loro masse e dal quadrato della loro distanza. La fisica newtoniana rappresentò il quadro di riferimento per la scienza dei successivi duecento anni, rimpiazzando il modello cartesiano. Tanto il Settecento quanto l’Ottocento videro notevoli sviluppi scientifici, soprattutto per quanto riguarda la chimica, l’ottica, l’energia, la termodinamica e l’elettromagnetismo; il problema era che, nella maggior parte dei casi, questi progressi vennero visti come interni alla concezione dell’universo in senso newtoniano, ritendendo che la sua visione fosse assolutamente corretta e che, ormai, bisognava solo completarne i dettagli. Furono due i motivi del crollo della fiducia nell’immagine newtoniana: che ci sarebbero ben pochi progressi se gli scienziati abbandonassero le loro teorie al primo segnale di un problema. A questo punto, essendo fallito quel criterio di demarcazione di Popper, cos’è che rende una scienza tale? Abbiamo visto che l’idea di Popper è molto discutibile, quindi, potremmo accostarci al pensiero di un altro grande filosofo, a noi più vicino, cioè Wittgenstein, il quale argomentò che non esiste un insieme prefissato di caratteristiche che definisce cos’è un “gioco”; al contrario c’è un vasto agglomerato di caratteri, la maggioranza dei quali è posseduto dalla maggioranza dei giochi. Ma ogni gioco particolare può essere privo di qualche caratteristica dell’agglomerato ed essere comunque un gioco. Lo stesso potrebbe valere per la scienza; se così fosse, sarebbe improbabile pensare che si possa trovare un criterio semplice per demarcare la scienza dalla pseudo-scienza. Capitolo 2° il ragionamento scientifico Gli scienziati ci raccontano spesso cose sul mondo a cui non avremmo altrimenti creduto. Ma come fanno gli scienziati a raggiungere queste conclusioni, così apparentemente implausibili? La risposta è ovviamente che gli scienziati sono arrivati a queste credenze attraverso un processo di ragionamento e inferenza. . Deduzione e induzione I logici fanno spesso una distinzione importante tra gli schemi di ragionamento deduttivi e induttivi. Esempio di un ragionamento deduttivo: • Tutti i francesi amano il vino rosso • Pierre è francese • Pierre ama il vino rosso I primi due enunciati sono chiamati premesse dell’inferenza, mentre il terzo è detto conclusione. Un’inferenza è deduttiva poiché possiede la seguente proprietà: se le premesse sono vere, allora anche la conclusione deve essere vera. Naturalmente le premesse in questo caso quasi certamente non sono vere, ma non è questo il punto: quello che rende deduttiva l’inferenza è la presenza di una relazione tra premesse e conclusione, e ciò che se le premesse sono vere, deve essere anche la conclusione. Non tutte le inferenze sono deduttive, es: • Le prime cinque uova della scatola da sei erano marce • Su in tutte le uova è stampata la stessa data di scadenza • Anche il sesto uovo sarà marcio Dato che le premesse non implicano necessariamente la conclusione, questo non è un ragionamento deduttivo. Le due premesse non ci garantiscono che il sesto uovo sarà marcio. In altre parole è possibile che le premesse di quest’inferenza siano vere, mentre la conclusione falsa; quindi, questa non è un’inferenza deduttiva, ma induttiva. Nell’inferenza induttiva ci muoviamo da premesse su oggetti esaminati a conclusioni su oggetti non esaminati. Ovviamente, il ragionamento deduttivo è molto più sicuro rispetto a quello induttivo, dal momento che quando ragioniamo deduttivamente possiamo essere certi che se partiamo da premesse vere arriveremo a conclusioni vere, certezza che manca nel caso del ragionamento induttivo. Malgrado questa differenza, sembra proprio che noi tendiamo ad affidaci molto di più al ragionamento induttivo nella nostra vita quotidiana, dando per scontato molte cose, senza avere effettivamente la certezza che ciò che è sempre accaduto accada allo stesso modo di nuovo. Ma anche gli scienziati utilizzano il ragionamento induttivo? Si. Ad esempio, nel caso della malattia genetica nota come sindrome di Down, i genetisti ci dicono che coloro che soffrono di tale sindrome hanno un cromosoma aggiuntivo, che ne è la causa. Ma come fanno a saperlo? Perché, negli innumerevoli casi di pazienti con SD, hanno scoperto che ognuno di loro aveva un cromosoma in più. Poi, ragionando induttivamente sono arrivati alla conclusione che tutti i malati di SD, compreso anche chi non è stato esaminato, hanno un cromosoma aggiuntivo. In effetti, gli scienziati fanno ricorso al ragionamento induttivo ogni qual volta passano da dati limitati a conclusioni più generali, cosa che succede continuamente. Spesso non ci rendiamo conto che l’induzione nella scienza viene nascosta dal modo in cui ci esprimiamo. Per esempio, se leggessimo su un articolo che gli scienziati hanno trovato una “dimostrazione sperimentale” dal fatto che il mais geneticamente modificato è sicuro per gli umani. Questo significa che gli scienziati hanno somministrato mais sotto controllo a un gran numero di esseri umani, e in nessuno di loro si è riscontrato alcun danno. A rigor di logica questo non dimostra che il mais è sicuro, perché l’inferenza da “il mais non ha danneggiato nessuna delle persone su cui è stato sperimentato” a “il mais non danneggerà nessuno” è induttiva, non deduttiva. In ogni caso, la stragrande maggioranza di filosofi pensa che sia ovvio che la scienza faccia affidamento in larga misura sul ragionamento induttivo; così ovvio che non c’è quasi bisogno di argomentare in tal senso.  Il problema di Hume Come abbiamo già detto, sebbene il ragionamento induttivo non sia logicamente inviolabile, sembra essere un modo perfettamente ragionevole per formare credenze sul mondo. Il fatto che il sole sorga ogni giorno fino ad oggi non ci dà la certezza che sorga anche stavolta, ma certamente ci offre un’ottima ragione per pensare che lo farà. Cos’è che giustifica la nostra fede nell’induzione? Come potremmo convincere coloro i quali non ne hanno? Per rispondere a tale domanda ci occorre l’aiuto di un grande filosofo del Settecento, David Hume, il quale argomentò che il principio di induzione non può essere affatto giustificato razionalmente. Hume ammetteva che utilizziamo l’induzione continuamente nella nostra vita quotidiana e anche nella stessa scienza, ma per lui si trattava di una mera abitudine animale, poiché riteneva che nessuno sarebbe in grado di dare una buona ragione per l’uso dell’induzione. Come giunse a questa conclusione? Hume notò che, ogni volta che compiamo delle inferenze induttive, noi sembriamo presupporre ciò che chiamò “l’uniformità della natura”. Il nostro ragionamento sembra dipendere dall’assunto che gli oggetti che non abbiamo ancora esaminato saranno simili, negli aspetti rilevanti, agli oggetti dello stesso tipo che abbiamo esaminato. Ma come sappiamo che l’assunzione di UN è effettivamente vera? Possiamo dimostrarlo? In senso stretto no, dato che un simile universo, in cui la natura non è uniforme e cambia continuamente, è concepibile, non possiamo dimostrare la verità di UN; infatti, ciò sarebbe logicamente impossibile. Però, anche non potendolo dimostrarle logicamente, tutte le evidenze sperimentali potrebbero aiutarci; dopo tutto, il fatto con UN è sempre stata vera fin ora ci offre una buona ragione per pensare che sia vera. Il problema è che questo stesso argomento è induttivo. Se cerchiamo di argomentare in favore di UN su basi empiriche, cadiamo in un’argomentazione circolare. Così la situazione è questa: Hume mette in luce che le nostre inferenze induttive si basano sull’assunzione di UN. Ma non possiamo dimostrare che UN è vera, né possiamo addurre evidenze empiriche per dimostrarla. Così le nostre inferenze induttive si basano su assunzioni riguardo al mondo per le quali non abbiamo buone ragioni. Hume conclude che la nostra fiducia sull’induzione si basa su una fede cieca, cioè non ammette nessun tipo di giustificazione razionale. Ogni volta che viaggiamo in aeroplano, mettiamo le nostre vite nelle mani degli scienziati che l’hanno progettato. Ma la scienza si basa sull’induzione e l’argomento di Hume dimostra come l’induzione non può essere giustificata. Motivo per cui, se Hume ha ragione, le fondamenta della scienza non sembrano essere così solide come avremmo pensato. Questo è noto come il “problema dell’induzione di Hume”. III. Inferenza verso la spiegazione migliore Le inferenze induttive esaminate fin ora avevano tutte essenzialmente la stessa struttura: la premessa “tutti gli x esaminati finora sono stati y” e la conclusione “il prossimo x che sarà esaminato sarà y”. In altre parole, queste inferenze conducono da esempi esaminati a esempi non esaminati. Tuttavia, esiste un altro tipo di inferenza non-deduttiva che non rientra in questo schema: • Il formaggio nella dispensa è scomparso, a parte poche briciole • La notte scorsa sono stati uditi rumori raschianti provenienti dalla dispensa • Il formaggio è stato mangiato da un topo Questa ovviamente non è un’inferenza deduttiva; le premesse non implicano necessariamente la conclusione, dato che il formaggio potrebbe essere stato rubato da qualcuno e i rumori potrebbero non essere stati prodotti dai topi. Ciononostante l’inferenza è chiaramente ragionevole, visto che l’ipotesi che sia stato il topo a mangiare il formaggio ci pare una spiegazione più plausibile delle altre. Ragionamenti di questo tipo sono noti come “inferenze verso la spiegazione migliore”, o ISM. Alcuni filosofi tendono ad equiparare le inferenze induttive con le ISM; altri, come stiamo facendo noi, ritengono che siano diverse, in quanto le inferenze induttive hanno la forma presentata precedentemente, da esempi di un certo tipo già presi in esame, ad esempi non esaminati. Gli scienziati ricorrono spesso a ISM. Lo stesso Darwin argomento in favore alle proprie teorie dell’evoluzioni richiamando l’attenzione su vari fatti del mondo vivente che sono evidenza rende molto probabile che il sole sorgerà anche domani. Quindi, considerare un’asserzione di probabilità come una misura dell’evidenza in suo favore si accorda bene con la nostra sensazione intuitiva secondo cui le premesse di un’inferenza induttiva possono rendere la conclusione molto probabile, anche se non ne garantiscono la verità. Capitolo 3° la spiegazione nella scienza Uno dei più importanti scopi della scienza è il tentativo di spiegare ciò che accade nel mondo che ci circonda. Qualche volta la spiegazione è ricercata per scopi pratici; altre volte solo per soddisfare la nostra curiosità intellettuale. Ma cos’è esattamente la spiegazione scientifica? Che cosa significa esattamente dire che un fenomeno può essere spiegato dalla scienza? Per spiegare ciò partiamo dalla così detta legge di copertura del filosofo americano Carl Hempel. I. Hempel e il modello della legge di copertura L’idea di base dietro il modello della legge di copertura è immediata: Hempel notò che le spiegazioni scientifiche sono di solito offerte in risposta a quelle che chiamava “domande sul perché in cerca di spiegazione”. Domande del tipo “perché la terra non è perfettamente sferica?”; “perché le donne vivono più degli uomini?”. Fornire una spiegazione scientifica è quindi offrire una risposta soddisfacente a domande di questo tipo. Hempel suggerì che le spiegazioni scientifiche hanno la struttura logica di un’argomentazione, ovvero di un insieme di premesse seguite da una conclusione. L’obbiettivo di fornire un’analisi della spiegazione scientifica diviene allora quello di caratterizzare esattamente la relazione che deve sussistere tra un insieme di premesse e una conclusione, affinché le premesse possano contare come spiegazione della conclusione. Hempel diede una triplice risposta al problema: 1) Le premesse debbono implicare logicamente la conclusione, quindi, l’argomentazione deve essere deduttiva. 2) Tutte le premesse devono essere vere 3) Almeno una delle premesse deve essere una legge generale Hempel sosteneva che una spiegazione scientifica poteva fare appello tanto a fatti particolari quanto a leggi generali, ma riteneva che almeno una legge generale fosse essenziale. Così spiegare un fenomeno equivale a dire che la sua occorrenza segue deduttivamente da una legge generale, eventualmente supportata da altre leggi o/e fatti particolari. Ecco come Hempel spiegava la morte di una pianta: leggi generali • La luce solare è necessaria per la fotosintesi e la fotosintesi è necessaria per la sopravvivenza Dato particolare • La pianta non aveva luce solare. Possiamo quindi fornire un modello di spiegazione: • Leggi generali • Fatti particolari • Fenomeno che deve essere spiegato Il fenomeno che deve essere spiegato è chiamato l’explanandum, mentre leggi generali e fatti particolari explanans. L’explanandum stesso può esse un fatto particolare o una legge generale. Arrivati fin qui, è facile vedere perché il modello della spiegazione di Hempel sia chiamato il modello della legge di copertura, infatti, l’essenza della spiegazione è mostrare come il fenomeno che deve essere spiegato è coperto da qualche legge generale. Hempel era consapevole che non tutte le spiegazioni scientifiche si adattano al suo modello con esattezza, ma riteneva che se la spiegazione venisse sviluppata in ogni dettaglio, allora le leggi entrerebbero nel quadro. Il modello della legge di copertura cattura molto bene la struttura di molte spiegazioni scientifiche reali, ma deve fare i conti con un certo numero di impegnativi controesempi. Sono di due tipi: da un lato ci sono casi di spiegazione scientifica genuina che non corrispondono al modello, neppure approssimativamente; dall’altro ci sono i casi che soddisfano il modello hempeliano, ma che intuitivamente non contano come spiegazioni scientifiche genuine. II. Il problema della simmetria. Supponiamo che siate sdraiati sulla spiaggia in un giorno di sole e notiate che lasta di una bandiera sta gettando un ombra di 20 metri sulla sabbia. Qualcuno vi chiede di spiegare perché l’ombra è lunga 20 metri. Questa è una domanda sul perché in cerca di spiegazione. Una risposta plausibile potrebbe essere: • I raggi di luce che provengono dal sole colpiscono l’asta della bandiera che è lunga esattamente 15 metri; l’angolo di elevazione del sole è di 37°; dato che la luce viaggia in linea retta, un semplice calcolo trigonometrico (tan 37° = 15/20) mostra che l’asta della bandiera getterà un’ombra lunga 20 metri. Scrivendola col modello di Hempel vediamo come soddisfa il modello della legge di copertura: Leggi Generali=la luce viaggia in linea retta; leggi della trigonometria Fatti particolari=l’angolo di elevazione del sole è di 37°; l’asta della bandiera è alta 15 metri Fenomeno da spiegare=l’ombra è lunga 20 metri La lunghezza dell’ombra è dedotta dall’altezza dell’asta della bandiera e dell’angolo di elevazione del sole, insieme alla legge dell’ottica secondo cui la luce viaggia in linea retta e alle leggi della trigonometria. La legge soddisfa i requisiti hempeliani. Sorge un problema se scambiamo tra loro l’explanandum, quindi l’ombra è lunga 20 metri, e il fatto particolare che l’asta è alta 15 metri. Il risultato è: Leggi Generali=la luce viaggia in linea retta; leggi della trigonometria Fatti particolari=l’angolo di elevazione del sole è di 37°; l’ombra è lunga 20 metri Fenomeno da spiegare=l’asta della bandiera è alta 15 metri Anche qui, la spiegazione si conforma al modello; infatti, l’altezza dell’asta viene dedotta dalla lunghezza dell’ombra e dall’angolo di elevazione del sole, insieme alle leggi ottiche e trigonometriche. Il problema è che sembra molto strano considerare questa una spiegazione del perché l’asta è alta 15 metri. L’asta ha quella determinata altezza perché, presumibilmente, un artigiano l’ha fatta deliberatamente così; quindi, non ha nulla a che fare con l’ombra. A questo punto, vediamo come il modello di Hempel è troppo libero, in quanto permette a qualcosa che non lo è di contare come spiegazione scientifica. Il concetto di spiegazione esibisce un’importante asimmetria: l’altezza dell’asta spiega la lunghezza dell’ombra, assunte leggi e fatti particolari, ma non viceversa. In generale, se x spiega y, assunte leggi e fatti aggiuntivi, allora non sarà vero che y spiega x, assunti le stesse leggi e fatti aggiuntivi. In altri termini il modello della legge di copertura implica che la spiegazione sia una relazione simmetrica, ma in realtà essa è asimmetrica. Esiste anche un controesempio del medesimo esperimento, secondo cui la spiegazione e la predizione sono due facce della stessa medaglia. Nel caso in cui, non sappiamo niente dell’altezza dell’asta, ma ci viene detta la lunghezza dell’ombra e che il sole si trova a 37° di elevazione; se conosciamo le leggi ottiche e trigonometriche necessarie, saremmo in grado di predire l’altezza dell’asta. Ma, come abbiamo visto, questa informazione non spiega perché l’asta ha quell’altezza specifica. Quindi predizione e spiegazione si separano. L’informazione che serve a predire un fatto prima che lo conosciamo non serve a spiegare il medesimo fatto dopo che lo abbiamo appreso. III. Il problema dell’irrilevanza Supponiamo che un bambino piccolo si trovi in una stanza di ospedale pieno di donne incinte. Il bambino nota che solo una persona non lo è, un uomo di nome Gianni. Ora, il bambino chiede al dottore come mai lui non sia incinto; il dottore risponde che Gianni non lo è poiché egli prende pillole anticoncezionali regolarmente negli ultimi anni, e le persone che assumono le pillole anticoncezionali non diventano mai incinte. Assumiamo che quanto detto fin ora dal dottore sia vero, perché Gianni è mentalmente disturbato e ritiene che tali pillole possano aiutarlo. Anche così, la spiegazione del dottore risulta poco utile al bambino; egli avrebbe dovuto dire che Gianni non è incinto, in quanto quest’ultimo è un maschio, e i maschi non possono avere una gravidanza. pensare che la fisica sarà in grado di spiegare i fenomeni trattati da biologia ed economia. Questo ci porta ad un rompicapo filosofico: com’è possibile che una scienza, la quale studia entità in ultima analisi fisiche non sia riducibile alla fisica? Secondo alcuni filosofi la risposta è che gli oggetti studiati dalla scienze di livello superiore hanno una “realizzazione multipla” al livello fisico. Esprimiamo meglio il concetto di realizzazione multipla: immaginiamo una collezione di posacenere; individualmente ognuno di essi è un entità fisica. Tuttavia, la composizione dei posacenere può essere molto diversa; alcuni possono essere di vetro, altri di plastica e così via; inoltre, possono avere anche dimensioni, forma e peso differenti. Non è così possibile definire il concetto di “posacenere” in termini puramente fisici: non possiamo trovare un’asserzione della forma “x è un posacenere se e solo se x è…” dove lo spazio vuoto è riempito da un’espressione presa dal linguaggio della fisica. Questo significa che i posacenere hanno realizzazione multiple al livello fisico. Capitolo 4° Realismo e antirealismo In filosofia esiste un dibattito molto antico tra due scuole di pensiero: • IL REALISMO che afferma che il mondo fisico esiste indipendentemente dal pensiero e dalla percezione umane. • L’IDEALISMO lo nega, asserisce che il mondo fisico è in qualche modo dipendente dall’attività cosciente degli esseri umani. Alla maggioranza delle persone il realismo appare più plausibile dell’idealismo. La ragione è che il realismo, a differenza dell’idealismo, ben corrisponde al punto di vista del senso comune, secondo cui i fatti che riguardano il mondo sono “lì fuori” in attesa di essere scoperti da noi. REALISMO SCIENTIFICO E ANTI-REALISMO La tematica realismo-idealismo non ha particolarmente a che fare con la scienza; infatti, ci occuperemo di un dibattito un po' più moderno che riguarda in specifico la scienza, cioè quello tra: • Realismo scientifico: dove vi sono i realisti che affermano che lo scopo della scienza è fornire una descrizione vera del mondo. • Anti-realismo – strumentalismo: dove gli antirealisti sostengono piuttosto che la scienza si prefigge una descrizione vera di una certa parte del mondo, quella “osservabile”. Quando si tratta della parte “inosservabile” del mondo, non fa differenza se quello che la scienza dice è vero o falso, secondo gli antirealisti. Per parte osservabile essi intendono il mondo quotidiano di tavoli, sedie, alberi, animali, temporali ecc. cose come queste che possono essere percepite direttamente dagli esseri umani. L’antirealismo viene definito strumentalismo perché considera le teorie scientifiche come strumenti per aiutarci nella predizione dei fenomeni osservativi, invece che tentativi di descrivere la natura sottostante della realtà. Ci sono 2 tipi di anti-realismo: 1) Il riferimento a entità non osservabili non va preso in alcun modo alla lettera. 2) Accetta che il riferimento a entità inosservabili vada preso alla lettera: se una teoria afferma che gli elettroni hanno carica negativa, allora è vera se gli elettroni esistono e hanno carica negativa, ma falsa altrimenti. Realisti e antirealisti non sono in disaccordo per quanto riguarda la paleontologia. Finché si sta parlando dello studio dei fossili, la tesi realista che la scienza mira a descrivere veridicamente il mondo e quella anti-realista secondo cui essa mira a descrivere veridicamente il mondo osservabile ovviamente coincidono, dato che i fossili sono osservabili. Ma sono in disaccordo quando si passa a scienze come la fisica; infatti, gli anti- realisti sostengono che gli atomi, sono utili finzioni, introdotte dai fisici per favorire la predizione dei fenomeni osservabili. I realisti pensano che dovremmo interpretare tutte le teorie scientifiche come tentativi di descrizione della realtà; gli antirealisti pensano che questa interpretazione sia inappropriata per quelle teorie che parlano di entità e processi non osservabili. L’ARGOMENTO “NIENTE MIRACOLI” Essere anti-realista è simile al credere ai miracoli. Se le teorie hanno successo empirico la cosa più semplice è che siano vere, ma l’obiezione degli anti-realisti è che più volte nella storia le teorie empiricamente vere si sono dimostrate false, perciò, i realisti fanno una piccola modifica terminologica, dicendo così che se una teoria è dimostrata empiricamente vuol dire che è approssimativamente vera. Ovviamente, anche con la nuova dicitura, ci sono comunque controesempi, anche se meno di prima. Ma, ad oggi, non si sa quale sia la scelta giusta forse perché una scelta assoluta non si può fare. LA DISTINZIONE OSSERVABILE/INOSSERVABILE Secondo il realismo scientifico non si può tracciare la distinzione osservabile/inosservabile in modo puntuale. È un argomento a favore del realismo perché la coerenza dell’antirealismo dipende in modo cruciale dall’esistenza di una chiara distinzione tra l’osservabile e l’inosservabile. L’anti-realismo presuppone che si possano dividere le affermazioni scientifiche in due tipi: 1) Quelle che vertono su processi osservabili 2) Quelle che non lo fanno. Se risulta che la divisione non può essere fatta allora l’anti-realismo è in grossa difficoltà e il realismo avrebbe la meglio. Per il realismo è importante la relazione tra osservazione e rilevazione. Gli elettroni non sono ovviamente osservabili nel senso usuale, ma la loro presenza può essere rilevata, usando particolari apparecchi, chiamati rilevatori di particelle. Anche le camere a nebbia, ad esempio, ci permettono di rilevare gli elettroni, ma non di osservarli direttamente. In difesa del realismo scientifico Maxwell pose il seguente problema all’antirealista: se qualcosa può essere visto con l’aiuto di strumenti scientifici sofisticati, conta come osservabile o non osservabile? Quanto deve essere sofisticata la strumentazione prima che si abbia un caso di rilevazione, invece che di osservazione? Il problema è che non c’è un modo puntale di rispondere a queste domande, perciò, il tentativo dell’anti-realista di classificare le entità come osservabili o non osservabili è condannato al fallimento. Bas van fraassen autorevole anti-realista contemporaneo, afferma che essi provano soltanto che “osservabile” è un concetto vago. Un concetto vago è una nozione che ha casi di confine, di cui non si può dire in modo chiaro né che cadono né che non cadono sotto il concetto. Maxwell mette in luce il fatto che ci sono anche casi di confine nei quali siamo incerti se le entità in questione possono essere osservate o solo rilevate. L’ARGOMENTO DELLA SOTTODETERMINAZIONE Un argomento in favore dell’anti-realismo si concentra sulla relazione tra i dati osservati dagli scienziati e le loro affermazioni teoriche. Gli anti-realisti sottolineano come i dati ultimi a cui le teorie scientifiche devono rimandare hanno sempre un carattere osservativo, infatti, argomentano che i dati osservativi "sotto- determinano" le teorie scientifiche avanzate sulle loro basi. Che cosa significa? Vuol dire che i dati possono in linea di principio essere spiegati da molte teorie, mutuamente incompatibili. È facile vedere perché l'argomento della sotto-determinazione favorisce una visione anti-realista della scienza. Se le teorie sono sempre sotto-determinate dai loro dati osservativi, come possiamo mai essere sicuri che una particolare teoria è vera? Supponiamo che uno scienziato difenda una data teorie circa entità inosservabili, basandosi sulla sua capacità di spiegare un ampio ventaglio di dati osservativi; interviene un filosofo della scienza antirealista, e afferma che i dati possono in realtà essere spiegati da numerose teorie alternative. Se l'anti-realista ha ragione, ne segue che la fiducia dello scienziato nella propria teoria è mal riposta: quale ragione avrebbe egli, infatti, per scegliere la propria teoria invece di un'altra delle alternative? I realisti di solito rispondono all'argomento della sotto-determinazione insistendo che questa tesi è vera solo in un senso banale e tipo di interesse. In linea di principio ci sarà sempre più di una spiegazione di un dato insieme di osservazioni. Ma dice il realista, non è affatto detto che tutte queste possibili spiegazioni siano altrettanto buone dato che, per esempio, una delle teorie potrebbe essere più semplice delle altre o potrebbe spiegare i 3. L’incommensurabilità e la natura carica-di-teoria dei dati Khun affermava che i paradigmi in competizione sono normalmente “incommensurabili” tra loro. Dobbiamo ricordare che il paradigma di uno scienziato determina la sua intera visione del mondo, egli vede tutto attraverso le lenti del paradigma. Quella di incommensurabilità è l’idea che due paradigmi possono essere così diversi da rendere impossibile ogni confronto diretto tra loro, non esiste un linguaggio in cui entrambi possono essere tradotti. Mettiamoci nei panni di uno scienziato che sta cercando di scegliere tra due teorie in conflitto. Una scelta perfettamente oggettiva non è possibile: non esiste un punto di vista neutrale da cui valutare le tesi di entrambi. La stessa idea di oggettività è messa in discussione. Per essere oggettivamente vere le nostre teorie o credenze devono corrispondere ai fatti. Ma l’idea di questa corrispondenza ha poco senso se i fatti stessi sono contaminati dalle teorie. Questo è il motivo che condusse Kuhn alla posizione radicale secondo cui la verità è relativa a un paradigma. I dati sono sempre contaminati dalla teoria, quindi non esistono dati neutri. Quindi perché Kuhn pensava che tutti i nostri dati fossero carichi-di-teoria? • La percezione è condizionata dalle credenze di sfondo, ciò che vediamo dipende in parte da ciò che crediamo. • I resoconti sperimentali e osservativi degli scienziati sono inseriti in un linguaggio altamente teorico. KUHN E LA RAZIONALITA’ DELLA SCIENZA L’obiettivo di Kuhn are di dare la migliore spiegazione di cosa comporta la razionalità scientifica, poiché la sua dottrina dei mutamenti di paradigma, dell’incommensurabilità e della natura carica-di-teoria dei dati sembra andare in contrasto con la visione positiva della scienza come un impresa razionale, oggettiva e cumulativa. Ma per Khun non è questa l’interpretazione giusta delle sue teorie e proprio nel rigettare l’accusa che gli venne mossa, secondo cui riteneva irrazionale il cambiamento di paradigma, egli rispose così: “Non c’è un algoritmo”, dove un algoritmo è l’insieme di regole che permette di calcolare la risposta a una particolare domanda. Quindi, se non c’è un algoritmo, non esistono regole assolute per poter scegliere tra 2 teorie, questo non vuol dire che la scienza sia irrazionale, ma che la razionalità della scienza deve essere elastica e non algoritmica. L’EREDITA’ DI KUHN La scienza è per Kuhn un’attività intrinsecamente sociale: l’esistenza di una comunità scientifica, tenuta insieme dall’adesione a un paradigma condiviso, è un prerequisito per la pratica della scienza normale. Kuhn era pro-scienza: come i positivisti considerava la scienza moderna come un risultato intellettuale di enorme rilevanza. La sua concezione dei cambiamenti di paradigma, della scienza normale e rivoluzionaria, dell’incommensurabilità e della natura carica-di-teoria dei dati non si poneva come obiettivo di indebolire o criticare l’impresa scientifica, ma piuttosto di aiutarci a meglio comprenderla. Capitolo 6° problemi filosofici in fisica, biologia e psicologia LEIBNIZ CONTRO NEWTON SULLO SPAZIO ASSOLUTO Le tematiche che abbiamo studiato finora appartengono a quella che è chiamata "filosofia della scienza generale". Esse trattano della natura dell'impresa scientifica in generale. Tuttavia esistono molte questioni filosofiche interessanti che sono relative a scienze particolari ed appartengono a quel gruppo definito "filosofia delle scienze speciali”. Esse di solito dipendono in parte da considerazioni filosofiche e in parte da fatti empirici. Analizziamo tre questioni tratte dalla fisica, dalla biologia e dalla psicologia. Il primo argomento è un dibattito circa la natura dello spazio e del tempo intercorso tra Gottfried Leibniz e Isaac Newton Leibniz ha una concezione relazionale dello spazio, cioè come un insieme di relazioni spaziali tra oggetti. (“sopra”, “sotto”, “a destra di”, “a sinistra di”). Il “principio di identità degli indiscernibili” era considerato da Leibniz come indubitabilmente vero, cosa che lo portò a rifiutare il concetto di spazio assoluto. Tale principio si basava sull’idea che: Se due oggetti sono indiscernibili, vuol dire che nessuna differenza di alcun genere può essere trovata tra loro, essi hanno esattamente gli stessi attributi. Attraverso tale principio Leibniz fece due esperimenti sull’universo per mostrare l’invalidità della teoria newtoniana. La sua strategia argomentativa è indiretta: considerando, per amor di discussione, che la teoria di newton sia corretta, egli poi tenta di dimostrare come da tale teoria nasce una contraddizione, quindi, dato che la contraddizione non può essere vera, le teoria risulta falsa. In ognuno di questi esperimenti descrive due universi che contengono entrambi gli stessi oggetti. Nell’universo 1 gli oggetti si trovano in una posizione determinata nello spazio assoluto; nell’universo due essi vengono spostati in una posizione differente dello spazio assoluto. Non ci sarebbe modo di distingue i due universi, infatti non possiamo osservare la posizione di un oggetto nello spazio assoluto, come Newton ammetteva; invece, possiamo osservare le posizioni degli oggetti gli uni relativi agli altri, e queste restano invariate, in quanto tutti gli oggetti sono spostati nella stessa misura. Il secondo esperimento mentale è simile. Ricordiamo che per Newton alcuni oggetti si muovono attraverso lo spazio assoluto, mentre altri sono in quiete. Questo significa che in ciascun momento ogni oggetto ha una velocità assoluta definita. Ora, immaginiamo due universi differenti, contenenti entrambi gli stessi oggetti. Nell’universo 1 ciascun oggetto ha una velocità particolare velocità. Nell’universo due, la velocità assoluta di ciascun oggetto è stata aumentata di una quantità fissa, diciamo 300 chilometri all’ora in una direzione specifica. Ancora una volta è impossibile distinguere i due universi, in quanto è impossibile osservare quanto si muove velocemente un oggetto rispetto allo spazio assoluto. Possiamo soltanto osservare quanto velocemente gli oggetti si muovono relativamente gli uni agli altri e queste velocità relative resterebbero invariate dato che ogni velocità di ogni oggetto è incrementata esattamente nella stessa misura. NEWTON ha concezione assolutistica dello spazio = come se fosse un contenitore. La ragione principale che spinse Newton a introdurre il concetto di spazio assoluto era la distinzione tra moto assoluto e relativo: • Il moto relativo è il movimento che un oggetto ha rispetto all’altro. Dobbiamo chiederci se un oggetto si sta muovendo rispetto ad un altro oggetto. • Il moto assoluto è il moto di un oggetto rispetto allo spazio assoluto stesso. In qualsiasi istante ogni oggetto ha una collocazione particolare nello spazio assoluto. Se un oggetto cambia la sua collocazione nello spazio assoluto da un istante all’altro, allora è in moto assoluto, altrimenti si trova in quiete assoluta. Ogni movimento deve essere relativo a qualcosa. Il moto relativo è un moto relativo ad altri oggetti materiali, il moto assoluto è moto relativo allo spazio assoluto stesso. Così in un certo senso, anche il moto assoluto è “relativo”. Nello spazio assoluto posizione e velocità dell’oggetto non sono calcolabili, lo è l’accelerazione “EFFETTI INERZIALI” Prodotti dal moto accelerato (es. schiacciarsi sul sedile quando parte l’aereo). IL PROBLEMA DELLA CLASSIFICAZIONE BIOLOGICA La funzione principale della classificazione è di trasmettere informazione. C’è un modo corretto di classificare? I biologi tradizionalmente classificano piante e organismi usando il sistema linneano, dal nome del naturalista Linneo. Gli elementi di base del sistema di Linneo sono immediati e familiari a molti. Prima di tutto gli individui sono assegnati a una specie, ciascuna specie è poi assegnata a un genere, Ciò che rifiutano è l’imperialismo scientifico, cioè l’idea secondo cui la scienza è in grado di rispondere a tutte le questioni importanti che concernono l’uomo e il suo posto nella natura. Una problematica simile nasce riguardo alla relazione tra le scienze naturali e le scienze sociali. Non si può negare che le scienze naturali (chimica…) sono in uno stato più avanzato rispetto alle scienze sociali (antropologia…). Molte persone si sono chieste il perché, dato che difficilmente si può sostenere che chi fa scienza naturale è più brillante di chi fa scienza sociale. Una possibile risposta è che i metodi delle scienze naturali sono superiori a quelli delle scienze sociali. Se ciò è corretto, allora quello che serve agli scienziati sociali è imitare i metodi delle scienze naturali, e, fino a un certo punto, questo è stato fatto realmente. SCIENZA E RELIGIONE In epoca più recente, il più rilevante scontro scienza/religione è stata la disputa tra darwinisti e creazionisti negli Stati Uniti. La ragione è ovvia: Darwin afferma che tutte le specie attuali, compresa quella umana, si sono originate in un lungo periodo di tempo a partire da antenati comuni. Essa contraddice il libro della Genesi, che dice che Dio creò tutte le creature viventi in un periodo di sei giorni. Dopo tutto, la teoria di Darwin è pienamente compatibile con l’esistenza di Dio e con molto altri punti fermi del cristianesimo: il darwinismo esclude solo la verità letterale della storia biblica della creazione. Una versione adeguatamente attenuata del cristianesimo può così essere resa compatibile con il darwinismo. Molti protestanti evangelici si sono rifiutati di modificare le proprie credenze religiose per adattarsi alle scoperte della scienza. Essi insistono che la narrazione biblica della creazione è vera alla lettera. Questa opinione è nota come “creazionismo” ed è accettata da circa il 40% della popolazione adulta degli Usa. Il creazionismo è una forza politica molto potente e ha una considerevole influenza sull’insegnamento della biologia nelle scuole americane. LA SCIENZA È LIBERA DAI VALORI? Molti filosofi direbbero che non ha senso parlare della scienza o della conoscenza scientifica come etica o non etica in sé, dato che la scienza ha a che fare con i fatti, i quali non hanno significato etico in sé. È quello che facciamo con tali fatti che è giusto o sbagliato, morale o immorale. Secondo questo punto di vista, la scienza è un’attività essenzialmente libera dai valori, il suo scopo è solo fornire informazioni al mondo. Alcuni, invece, affermano che la ricerca scientifica è sempre carica di giudizi di valore. La scienza non può separarsi dalla sua applicazione. L’esempio è quello dell’incesto (relazioni sessuali tra familiari). L’incesto è considerato un tabù in tutte le società umane. Perché è proibito? I sociobiologi dicono che i bambini nati da relazioni incestuose hanno spesso gravi problemi genetici. I sociobiologi sostengono che noi siamo geneticamente pre-programmati per evitare l’incesto. E questo è in contrasto con la percezione del senso comune, perché a noi è stato insegnato che è male; in altri termini, il nostro comportamento ha una spiegazione culturale invece che biologica. In conclusione, è inevitabile che un’impresa come la scienza, che occupa un ruolo così importante nella società moderna, debba trovarsi soggetta a critiche provenienti da molte fonti. Ed è anche una buona cosa, poiché l’accettazione acritica di tutto quello che gli scienziati dicono o fanno sarebbe stato pericoloso in quanto dogmatico. È facile predire che la scienza avrà un impatto sulla vita quotidiana persino maggiore di quanto già accade.
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