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Sintesi del libro "Cromorama" di Riccardo Falcinelli., Sintesi del corso di Comunicazione Grafica

Sintesi in 11 pagine del libro "Cromorama" di Riccardo Falcinelli. La sintesi riguarda la 3° parte del libro, intitolata "Artefatti".

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

In vendita dal 17/09/2019

Gianmarco.Aprile
Gianmarco.Aprile 🇮🇹

4.2

(22)

37 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Sintesi del libro "Cromorama" di Riccardo Falcinelli. e più Sintesi del corso in PDF di Comunicazione Grafica solo su Docsity! CROMORAMA (Parte terza: Artefatti) (Riccardo Falcinelli) CAP. 1 => MARRONE NEURONALE Come il cervello costruisce il colore Nel 1959 i neurobiologi David Hubel e Torsten Wiesel, trapiantando un elettrodo su un gatto, conducono un importante esperimento sulla visione per comprendere cosa durante la visione stimola un determinato neurone. È così che in realtà non tutti i neuroni sono uguali come si pensava, ma anzi essi sono specializzati a riconoscere determinati elementi. Infatti, vi sono neuroni che sono stimolati dalle righe verticali, altri dalle linee diagonali, altri ancora dalle linee sottili, altri invece dalle linee di un particolare colore, e così via. Quindi, si comprende che il cervello non è interessato tanto alle “cose” ma alle “discontinuità” che si presentano durante la visione, come i contrasti luminosi, gli spigoli, le differenze cromatiche, ovvero tutti quegli elementi che contengono informazioni riguardo lo spazio e le forme. Secondo la scienza attuale la percezione inizia quando la luce arriva sulla retina, e qui tramite delle cellule viene trasformata in un segnale nervoso. Queste cellule sono state chiamate “coni” e possono essere di tre tipi, in base alla loro sensibilità rispetto ad una certa fetta della lunghezza d’onda della luce. Infatti alcuni sono sensibili al rosso, altri verde, e altri ancora al blu. Il compito del cono è solo quello di contare i fotoni da cui è colpito, e fornire questa misurazione ad altre cellule che, attraverso un confronto con i dati degli altri coni, ricostruiscono la precisa lunghezza d’onda. Tale modello fu individuato e descritto da Thomas Young. Come si può notare non vi sono però coni sensibili al giallo. Questo fu attentamente analizzato dal fisiologo Ewald Hering, che spiegò ciò sostenendo che era comunque possibile intendere il giallo come un colore primario, perché in realtà la retina manda al cervello non una misurazione così com’è dei coni, ma un segnale già elaborato, che fornisce l’immagine del colore giallo. Questa idea è sostenuta anche dai recenti studi di neuroscienze in cui si è scoperto che in realtà i coni forniscono una doppia informazione, ovvero il colore e il suo opposto. Questo meccanismo avviene perché così si riduce l’energia metabolica. Quindi è attraverso l’opposizione che il sistema nervoso ci permette di pensare il mondo, e di conseguenza i colori primari diventano sei, perché uniti in tre coppie di opposti: giallo e blu, verde e rosso, bianco e nero. È quindi il cervello che, attraverso dati fisici, costruisce i colori così come li conosciamo. In questa costruzione è fondamentale la “costanza cromatica”, perché è importante che la percezione del colore sia stabile dato che la luce della Terra cambia continuamente. Si tratta di un meccanismo dovuto ad un’area della corteccia cerebrale, chiamata “V4”, che elabora i dati ricevuti dalla retina e confronta ciò che accade durante la visione, in modo da farsi un’idea generale dell’insieme e liberandosi dai possibili cambiamenti, come quello della luce. Insomma la percezione umana è sempre una costruzione perché non ci limitiamo alla misurazione di dati ma li elaboriamo, ma si tratta comunque di un’esigenza umana perché nella realtà nulla ci impone questa operazione. I meccanismi di confronto da un punto ad un altro perme�ono anche di vedere alcuni colori non contenu� nell’arcobaleno, come i grigi ed i marroni. Infa� il nostro cervello interpreta ciò che è più scuro come un altro colore, anche se ha la stessa lunghezza d’onda. Un esempio lo abbiamo con il marrone ed il giallo, che vengono elabora� come diversi solo perché il giallo risulta più luminoso, ma per l’occhio sono in realtà lo stesso colore. È per questo che i colori quasi sempre vanno lega� al contesto, e raramente possono essere isola�. Importante è in questo caso la scoperta di Chevreul sul “contrasto simultaneo”, secondo cui due colori uguali ci appaiono differen�, dando così luogo ad una illusione o�ca. Il pi�ore tedesco Josef Albers usò tale illusione come metodo di insegnamento, dimostrando l’importanza di usare, guardare, e confrontare il colore, e sostenendo che non esistono per la percezione �nte isolate, ma soltanto interazioni fra i colori. Ad esempio le �nte circondate dal contorno nero appaiono più intense e cupe di quelle circondate dal bianco, e questo fu un effe�o ampiamente u�lizzato nell’arte e nel design, come lo si può vedere nelle vetrate go�che i cui contorni neri perme�ono di avere colori molto defini�. Il colore è sempre stato importante e gli effe� con cui creare i colori sono sta� conosciu� fin dall’an�chità, tu�avia è con l’esperimento di Hubel e Wiesel che si è iniziato a capire come avvenisse la percezione del colore. CAP. 2 => VIOLA SPEZZATO La luminosità e le tinte Alcune persone soffrono di “acromatopsia”, ovvero un disturbo che non permette di vedere i colori, ma solo le tonalità di grigio, bianco e nero. Attraverso questi casi di privazione sensoriale si è compreso che la percezione non smette mai di funzionare e che le informazioni sulla luminosità e sul colore sono parallele anche se a noi le viviamo come se fossero unite. In particolare secondo i neurobiologi la acromatopsia consiste in un problema della visione e non della vista perché dipende da un danno corticale e non retinico, e siccome la costruzione del colore avviene in una specifica area del cervello, si è compreso che l’informazione visiva segue due strade, una detta “via del cosa”, che porta ad informazioni riguardo la forma, l’identità degli oggetti e il colore, e un’altra che è detta “via del dove” che fornisce informazioni sullo spazio e sul nostro movimento all’interno di esso, in base alla quantità di luce, cioè alla scala di grigi. È per questo che può capitare che due tinte della stessa luminosità, come rosso e verde, diano luogo ad un effetto di sfarfallio, perché dove la via del cosa vede la scritta, la via del dove vede una sola superficie uniforme. L’effetto di sfarfallio lo si ritrova molto nell’arte e nel design. Uno degli esempi più conosciuti lo si ha con Claude Monet e il suo quadro “Impression, soleil levant” del 1982, dove il sole arancione sul fondo grigio-azzurro del cielo, con luminosità uguali, crea tale effetto dando l’impressione che il sole luccichi. Nelle arti visive luminosità e colore sono da sempre i pilastri delle composizioni figurative e, a seconda di quale dei due aspetti prenda il sopravvento, le immagini presentano gradi di realismo differenti. Insomma i vari stili mostrano diversi modi di percepire le immagini. Vi sono, però, anche altri aspetti che interessano il colore e la percezione, come ad esempio le tinte che sembrano venire in avanti ed altre che invece indietreggiano, grazie alla differente tonalità con il fondo su cui si trovano. Ad esempio il giallo sul nero sembra avanzare ma sul grigio sembra indietreggiare, viceversa per il blu. Anche l’intensità della tinta, della luminosità e della saturazione ci danno informazioni sullo spazio, poiché portano all’aumento della profondità percepita, anche se la distanza è sempre la stessa. Questo avviene perché la nostra mente ha imparato che le cose lontane tendono ad apparire scena di “Schindler’s List” di Steven Spielberg quando la bambina col cappotto rosso si oppone al bianco e nero del film; • Contrasto di coppia = è un contrasto che si ottiene quando si uniscono tinte piatte e omogenee. È tipico quando avviene l’unione del nero pieno con un colore vivace, come nei vasi greci a figure nere su fondo rosso, oppure nelle strisce gialle e nere che la polizia usa per circoscrivere una scena del crimine negli Stati Uniti, o ancora con i segnali di pericolo, elettrico o radioattivo. Ovviamente tutti questi contrasti suggeriscono che la nostra attenzione viene attratta in primis da uno scarto visivo, qualunque esso sia, ed infatti gli artefatti di successo hanno sempre alla base un qualche tipo di contrasto. Al contrario definiamo qualcosa come brutto quando manca una gerarchia visiva, cioè quando vi è troppa roba, o troppa poca, o comunque male organizzata, e quindi il nostro occhio non sa a cosa prestare attenzione, perché ci distraiamo o ci annoiamo. Certo il lavoro sui contrasti, realizzato da Itten, è ammirevole ma non si deve pensare che siano presenti sempre uno alla volta, anzi vale il contrario. Ad esempio nella marina di Hopper vi è un contrasto simultaneo ma anche uno di quantità se prendiamo in considerazione i piccoli toni caldi dei corpi abbronzati. CAP. 4 => ROSSO SIGNIFICANTE I colori delle cose Nel 1938 vengono vendute in Inghilterra le Smarties, delle pastiglie di cioccolato ricoperte di otto colori diversi nonostante lo stesso gusto, riprendendo i confetti italiani o i dragees francesi, che erano anch’essi di colori diversi in base a particolari occasioni. Questi erano, infatti, rosa o celesti per festeggiare i neonati, bianchi per le comunioni, rossi per la laurea, d’argento o d’oro per gli anniversari di matrimonio. Tuttavia nel caso delle Smarties il colore non ha nessun valore simbolico, ma è solo un aspetto ludico, e quindi serve ad indirizzare il prodotto verso i bambini. Un altro prodotto che ha portato ad una svolta nelle abitudini cromatiche fu l’iMac della Apple lanciato nel 1999 e disegnato da Jonathan Ive. Esso stupiva per le tinte sofisticate e particolari, ovvero il mandarino brillante, il verde smaltato, o il blu profondo (chiamato dalla Apple “Bondi blue” in onore della spiaggia australiana Bondi beach popolare per i surfisti, divenendo un richiamo alla navigazione su Internet). Questo computer fu il primo ad essere considerato un oggetto per il tempo libero e non per il lavoro, e lo si capisce anche dal suo design, fatto da linee morbide e tinte vivaci per l’epoca, mentre i computer erano per lo più grigi e rigidi, ed inoltre era accompagnato dal messaggio «Think different!». Insomma non si vende più solo un prodotto ma anche una pratica sociale. Tuttavia l’iMac nasce e prende ispirazione da uno dei capisaldi del design novecentesco, ovvero la macchina da scrivere Valentine disegnata da Ettore Sottsass per la Olivetti nel 1969. Infatti viene realizzato questo oggetto proprio con lo scopo di essere utilizzato al di fuori dell’ufficio, ma non ottiene gli stessi consensi dell’iMac per via dei tempi non ancora maturi. È comunque importante, soprattutto per l’uso del colore rosso, che diviene il colore della plastica stessa, realizzata con un materiale noto come Abs. Esso è un polimero che permette di creare oggetti rigidi ma leggeri. Insomma la Valentine era un oggetto vivace e precursore dell’iMac. Il colore ha un’importanza anche per gli oggetti di uso quotidiano come nel caso di due prodotti come il trapano e il frullatore, dove il colore è un simbolo e un discorso commerciale. Lo vediamo con la Bosch che realizza un trapano colorato di verde e nero per distinguerlo dalla concorrenza e per richiamare il nero delle armi e il verde dei paesaggi montani (l’utilizzo della coppia di colori serve a memorizzare meglio, ed era già utilizzato nell’Antica Roma per distinguere le tifoserie). Un oggetto differente per design e colore è il frullatore della Braun, che al contrario del trapano che sembra violento e racchiude un’indole maschile, esso si presenta come un oggetto più gentile. Insomma vi sono fortissimi stereotipi legati ai colori e agli oggetti, ed in questo caso notiamo soprattutto lo stereotipo dello spazio di utilizzo, dato che il trapano viene presentato come se fosse legato all’officina mentre il frullatore si adatta all’ambiente della cucina, cioè due luoghi separati per genere. Questa situazione è ancora più evidente se osserviamo l’esperimento della ricercatrice svedese Karin Ehrnberger, che scambiando i colori e le forme dei due oggetti, dà luogo ad una sorta di contrasto con i nostri consolidati codici merceologici, poiché il frullatore sembra un oggetto violento mentre il trapano appare come un oggetto sanitario. Insomma l’identità cromatica prevale sulla forma e sulla funzione. Nell’ambito semiotico la relazione tra colore e significato culturalmente definito rientra nell’ambito della “pragmatica del colore”. Questo lo possiamo vedere quando una tinta dice delle cose perché si oppone ad un’altra tinta, come la Pepsi Cola che è blu per affermare la sua opposizione alla Coca-Cola che è rossa. Così attraverso il colore si esprime un contenuto. Un altro esempio evidente lo si ha con il semaforo, in cui il rosso indica l’obbligo di fermarsi, anche se questo colore non ha in sé il concetto di proibizione, mentre il verde indica il permesso anche se in natura ha spesso tutt’altro significato come si può notare se pensiamo alla muffa. Certo l’attribuzione del significato al colore non è per tutti la stessa, infatti, vi è chi vede nel verde del trapano Bosch il bosco, chi la moda, e chi non si accorge del colore o al contrario chi gli attribuisce troppi significati come un critico. Quindi i significati possono essere vari come anche i motivi per cui sono attribuiti. Se pensiamo alla colla “Pritt”, la più diffusa nella forma stick, non potremmo mai credere che l’idea del colore è venuta al suo creatore guardando una donna che si stava dipingendo le labbra con un rossetto eppure è diventato un marchio riconoscibile, come lo sono oggi il blu di Facebook o il rosso di Campari. CAP. 5 => VERDE ASPRO Colori da bere e da mangiare Se abbiamo oggi delle carote di colore arancione lo si deve agli agronomi che nel ‘600 in onore alla famiglia reale Orange realizzarono l’ortaggio di questa colorazione. Oggi, però, l’ingegneria genetica stupisce e spaventa per la sua capacità di dare origine a nuove piante e animali, anche se in realtà le loro idee derivano da quelle antiche, poiché l’uomo ha sempre cercato di migliorare il mondo. Tuttavia, nella nostra epoca accade che gli alimenti sono controllati per fini commerciali, e lo possiamo vedere in molti prodotti di massa come il parmigiano che è importante sia sempre dello stesso colore, e ciò avviene grazie a particolari mangimi che vengono dati agli animali per mantenere costante la loro colorazione. Tutto questo è però inevitabile, poiché ogni volta che si cucina qualcosa si hanno risultati diversi e quindi occorre mantenere dei valori costanti nella produzione che deve dare prodotti sempre uguali. A farci riconoscere il colore che noi consideriamo “giusto” è la memoria, la quale ci influenza nel colore che ci aspettiamo che gli alimenti abbiano. Ad esempio in Francia si preferisce una maionese di un giallo deciso e grasso, mentre quella americana è quasi bianca per richiamare la leggerezza; oppure in America si preferisce il guscio dell’uovo di colore bianco perché si rifiutano di comprare quelli che hanno un guscio più scuro che sono la norma in Italia. Insomma i colori cambiano in base al luogo, ma sono comunque sempre meno marcati di quelli a cui ci ha abituati la società industriale. Infatti sono i coloranti a fare sembrare il cibo più naturale. È evidente che la gestione del colore è importante nella progettazione degli alimenti al fine di ottenere il successo. È però importante anche il momento storico, poiché potremmo avere colori alimentari del tutto differenti tra diversi anni, e l’esempio che conferma ciò è l’accettazione del blu nel cibo come per il gelato o le glasse, nonostante rimandi ad un senso di avariato. Il collegamento tra colori e sapori è comunque antichissimo, infatti in Occidente è comune legare il nero all’amaro, il giallo al grasso, il verde all’acido ma si tratta di un’associazione convenzionale. Tutto ciò avviene perché percepiamo il colore in modo sinestesico, come si accorse Francis Galton notando che alcune persone vedevano i numeri colorati. Infatti per alcuni il cinque, se posto accanto ad una serie di cifre scritte in nero, appare di colore rosso. Tutto ciò si deve al fatto che il cervello, quando è messo di fronte ad almeno due oggetti, costruisce sempre delle relazioni di tipo sinestesico. In tal senso il rosso appare quasi sempre dolce e rotondo, mentre il verde è spesso acido e pungente, poiché noi abbiamo l’esperienza nel mondo di ciò, infatti solitamente i frutti verdi sono aspri mentre quelli rossi sono più dolci. Questo viene confermato anche dagli esperimenti in cui si somministrano colori diversi di una stessa bevanda alle persone, le quali sentono gusti differenti, come un Coca-Cola arancione che viene intesa come Fanta. Ciò si deve al fatto che il cervello fornisce in modo molto rapido, e tenendo conto delle aspettative culturali. I pregiudizi gustativi sono stati sfruttati dall’industria non solo per alterare il cibo ma anche per confezionarlo. Infatti il packaging racconta e mostra, soprattutto attraverso il colore, un prodotto. Un esempio lo si ebbe con la “7UP” che dopo l’aggiunta di un maggiore giallo alla grafica delle confezioni fu definita dal pubblico come più limonosa anche se la bibita era sempre la stessa. Tuttavia trovare il colore giusto per un cibo non è sempre facile poiché il packaging deve raccontare qualcosa di invisibile. Infatti, per indicare l’acqua frizzante si utilizzò il rosso tenendo conto del fatto che nel codice internazionale dell’idraulica, dove il blue indica l’acqua naturale così com’è, il rosso invece indica un’acqua modificata nel calore, e quindi non naturale e di conseguenza adatta ad indicare quella frizzante. Il colore delle confezioni alimentari può indicare spesso anche una fascia di prezzo, ed in particolare i prodotti costosi utilizzano solitamente tinte unite e ricercate, mentre l’unione di più colori rimanda all’idea di pop, commerciale o economica. Tra tutti i colori utilizzati nel packaging alimentare si distingue il viola, che non passa mai di moda e viene spesso utilizzato nelle confezioni di prugne, di caramelle, di succhi di mirtilli, e in tutto ciò che è lassativo. Uno degli utilizzatori più conosciuti è il marchio “Milka” che utilizza la variante lilla pastello per richiamare la capacità calmante della cioccolata al latte.
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