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Sintesi del libro ''I guardiani della memoria'', Sintesi del corso di Storia Contemporanea

Chiara sintesi de ''I guardiani della memoria'' di Valentina Pisanty

Tipologia: Sintesi del corso

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Caricato il 09/02/2022

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Scarica Sintesi del libro ''I guardiani della memoria'' e più Sintesi del corso in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! I guardiani della memoria, Valentina Pisanty Il volume di Pisanty (semiologa, docente di semiologia presso l’Università di Bergamo, oltre al seguente libro per Bompiani pubblica anche ‘’Leggere la fiaba’’ 1993, ‘’L’irritante questione delle camere a gas. Logica del negazionismo’’ 1998) pubblicato nel gennaio 2020 da Bompiani, raccoglie le riflessioni dell’autrice nell’arco temporale del quinquennio 2015-19. Si parte, già nell’introduzione, con l’esposizione di un interrogativo: cosa è andato storto? Pisanty individua due serie storiche indipendenti ed incoerenti e cerca, nel corso del volume, di individuarne i nessi di correlazione: negli ultimi vent’anni la Shoah è stata oggetto di capillari attività commemorative in tutto il mondo occidentale; negli ultimi vent’anni il razzismo e l’intolleranza sono aumentati a dismisura proprio nei paesi in cui le politiche della memoria sono state implementate con maggior vigore. Un altro argomento trattato è il ruolo della testimonianza. Non è importante il ragionamento sui testimoni, loro mettono a disposizione della comunità l’esperienza personale dando un apporto conoscitivo. Secondo Valentina Pisanty, è importante la ricezione che la società circostante ha della testimonianza e non il testimone in sé, è la collettività che dà o rinvia la delega per parlare in nome di qualcosa. Alan Finkielkraut, ebreo, usa l’espressione ‘’I Guardiani della memoria’’, i quali rivendicano il diritto/dovere di parlare a nome dei defunti; la facoltà di stabilire chi può invocarne la memoria a supporto della propria causa; lo statuto di Guardiano ha a che fare con un rapporto di discendenza diretta con le vittime; ogni gruppo può disporre dei suoi morti come meglio crede. Nasce una barriera che tiene lontana dalla memoria gli usurpatori e i negazionisti. Vi è una funzione contenitiva che regola l’accesso alle zone sensibili della memoria. Una parte della comunità ebraica americana, spiega Pisanty, insiste molto con il direttore del museo affinché non faccia entrare Arafat (leader dell’OLP, del movimento di liberazione della Palestina), cosa a cui il direttore acconsente e per il quale sarà licenziato. C’è un tenere fuori dal luogo sacro (il museo), un luogo da cui bisogna evitare la profanazione. Il punto non è solo il luogo, ma anche come la società circostante lo vive in quel momento, vissuto che può anche essere conflittuale. Per Pisanty, c’è il rischio che si creino dei ‘’guardiani della memoria’’ che possano decidere quali sono le vittime su cui è legittimo fare il paragone e quali invece dove il paragone è illegittimo. Il mondo in cui viviamo non sempre permette una chiara definizione di chi è vittima e di è carnefice, si crea un chiaro-scuro nel quale questa applicazione è difficile e fuorviante. Vi è una differenza tra guardiano e custode: il custode cura qualcosa nascosta allo sguardo dei più (si custodisce un segreto, una coscienza); il guardiano presuppone che l’oggetto in cura sia esposto ai più (un ponte, un quadro, un re) e che dalla sua esposizione possa subire un danno o una manomissione da altri. Wieviorka apre il problema di come uno storico possa discutere di qualcosa che sta accadendo negli anni a lei contemporanei, facendo da storica e ragionando sulla relazione tra storiografia, testimonianza e società circostante. Il libro di Pisanty ambisce a fare una cosa simile a Wieviorka anni dopo. Pisanty esplicitamente ragiona sull’agire da scienziata in una società, vede delle trasformazioni in atto e si interroga su di esse. Nello stesso lasso di tempo in cui le politiche della memoria sono aumentate in modo esponenziale, negli stessi luoghi accade che le destre xenofobe aumentino a loro volta. Il tipo di liturgie delle società democratiche sulla memoria è talmente identitario che in realtà non si tiene dentro una società democratica pensata sulla conoscenza razionale del passato, ma sviluppa meccanismi identitari. Paradossalmente crea un terreno che è molto più comune ai populismi di quanto non possa apparire in prima istanza. In teoria, le liberal democrazie si dotano di questi giorni della memoria volti a sensibilizzare contro la xenofobia, il razzismo, le violenze contro le minoranze e via dicendo, nella pratica diventa un piano devozionale con il rischio di essere liberticida e quindi costituisce un terreno paradossalmente simile a quelle delle destre xenofobe. Valentina Pisanty parla del dovere della memoria. Rievoca la testimonianza di Nedo Fiano, uno degli ultimi sopravvissuti ai campi di sterminio (morto nel 2020). Egli è stato molto impegnato nel corso della sua vita nella testimonianza di ciò che aveva passato. Essendo molto grande, ad un certo punto si pone il problema di una memoria che iniziava a venire meno. Ecco perché fioriscono nuove iniziative volte ad arginare tale problema (ad esempio il tatuarsi sul braccio il numero di identificazione). Pisanty riflette su ciò, non si lascia morire il testimone e con lui il ricordo e la memoria dell’esperienza della deportazione. La studiosa discute anche sul tema delle seconde generazioni che affrontano tale problema. Il dovere della memoria ha costituito nuovo quadro ideologico. La testimonianza orale produce un attacco al sapere storico scientifico. Non viene attribuita ad essa un valore storiografico come fonte. E’ una testimonianza che può essere messa in discussione, attraverso il ricorso alle fonti. Lo sforzo memorialistico è problematico e contraddittorio in un luogo specifico: l’Europa centro-orientale, i cui gli stati bussano all’Unione Europea. Essi, come gli altri paesi, iniziano a produrre liturgie pubbliche pensate sulla commemorazione dell’Olocausto (d’altronde sono i luoghi in cui la Shoah è largamente avvenuta), ma dall’altra parte sottolineano anche il loro essere stati vittime del regime comunista, dal quale sono appena usciti. È il momento maggiore della fioritura di musei e commemorazioni. Sono anche i paesi da dove le comunità ebraiche vengono cancellate dalla storia, ma c’è il problema dell’antisemitismo (di fronte alla deportazione degli ebrei sono vittime e carnefici). Pisanty dice che il paese in cui ciò è forte è la Polonia, in cui vengono varate delle leggi con cui sono puniti coloro i quali lasciano intravedere le responsabilità degli stessi polacchi. Il museo di Washington si inaugura alla presenza di Franjo Tugiman, che aveva da sempre negato l’operato degli ustascia, tant’è che Wiesel, presente all’inaugurazione, è molto polemico rispetto alla sua presenza, egli infatti nel discorso afferma che: “in questo momento si sta verificando in Europa un altro genocidio.” Egli definisce un clima nel quale non intervenire è molto grave. Da quel momento la definizione di un lessico e di un’esperienza immersiva e claustrofobica. L’audio è caratterizzato dai bisbigli e dal respiro affannoso che comunica l’immersione nel punto di vista del personaggio. - Ambientato nei crematori di Auschwitz-Birkenau; adotta il punto di vista di un Sonderkommando ungherese, figura che accoglie giudizi ambivalenti. - Nella parte inventata dell’intreccio Saul Auslander tenta di seppellire un ragazzo secondo la tradizione ebraica sottraendolo alla cremazione collettiva. Le critiche furono esitanti, ma tendenti al positivo. Lanzmann rompe gli indugi affermando che Nemes ha girato “un film di cui non dirò mai nulla di male” e ancora “Sapeva che non poteva e non doveva farlo (raccontare la Shoah)”. La vera innovazione è però la realizzazione di un’esperienza sintetica ed immersiva, capace di far sentire sulla propria pelle l’esperienza di un Sonderkommando. Una volta nella vita, Marie-Castille Mention- Schaar - Ambientato a Parigi, in una classe multiconfessionale indisciplinata. Una docente propone ai ragazzi un concorso sulla Resistenza, un progetto su bambini e adolescenti ebrei nel sistema concentrazionario nazista. - Bambini inizialmente riluttanti, visitano il memoriale della Shoah e attraverso l’incontro con il testimone Léon Zyguel si convertono all’antirazzismo e alla solidarietà. 9 - Diventano adulti responsabili, combattono l’ingiustizia e diventano persino (nel caso di Dramé, cosceneggiatore che racconta la sua esperienza scolastica) figure di successo. - Struttura lineare del racconto, quasi proppiana: mancanza (di motivazione ecc.), dono (progetto della docente), mezzo magico (incontro con il testimone), marchiatura (impatto della testimonianza), rimozione della sciagura (acculturazione), adempimento del compito difficile (il premio), la trasfigurazione (diventano adulti esemplari). - Non parla della Shoah ma degli effetti della sua trasmissione oggi. Il labirinto del silenzio, Giulio Ricciarelli - Sulla linea dei legal dramas hollywoodiani, racconta l’inchiesta che Fritz Bauer, procuratore dell’Assia (partecipa alle indagini per la cattura di Eichmann) commissiona a un pool di avvocati per far sì che la Repubblica Federale Tedesca avesse il suo processo contro i crimini nazisti. - Non si sofferma sui fatti della guerra, ma riscatta dall’oblio il processo. Nella RFT di fine anni cinquanta la commemorazione dello sterminio era osteggiata da una cultura egemone che voleva lasciarsi il passato alle spalle; in quel contesto amnesico c’erano anche persone perbene disposte a far luce sul passato dei padri. - Non vi è a che vedere con la tesi arendtiana della banalità del male, anche se vi si ammicca. La SS diventa fornaio e viceversa, non è mostrato nel film ma è il punto della trasmissione etica della memoria. Come possono vivere due anime così discordanti nella stessa persona? The Eichmann Show- Il processo del secolo, Paul Andrew Williams - Sul caso Eichmann. Saturo di controversie, interpretazioni, opinioni e analisi sul caso. La materia del contendere riguarda da un lato la legittimità di un processo pensato per legittimare lo stato di Israele, dall’altro il giudizio sulla personalità di Eichmann e sulla specificità del male incarnato dalla sua figura. - Memoria e obiettivi non resi chiaramente. Confuso mash-up di fonti documentarie e racconto tradizionale. Di cosa parla questa docufiction? Ricordare è bene, anche se non ci si ricorda bene perché→ Encomi tiepidi, più sul piano etico che sul piano estetico. Con l’eccezione del Figlio di Saul, secondo Pisanty, i film dell’ultimo decennio eludono il doppio vincolo della memoria e non sollevano questioni etiche o estetiche di pregnanza sul presente. Il calendario istituzionale promuove film confezionati per non attirare polemiche. Il macroracconto delle deportazioni ha spinto ai margini la vecchia narrazione egemone del paradigma rivoluzionario. Secondo Pisanty anche il paradigma vittimario sta iniziando ad invecchiare. Il motivo per cui lo schema vittime-carnefici si è indebolito è da ritrovarsi nel disordine che ripartisce il ruolo di carnefice ad un numero imprecisato di attori. Lo scenario del tutti contro tutti, lo scontro multilaterale tra individui o bande che, in assenza di regole comuni, lottano senza esclusione di colpi per la sopravvivenza in un contesto ostile e apocalittico sembra voler diventare la struttura profonda della prossima narrazione egemone. Potrebbero volerci anni prima che si affermi una concezione alternativa della storia. Fino ad allora secondo Pisanty monterà l’insoddisfazione e si allenteranno le 10 maglie del racconto egemone, mentre la comunità culturale si predisporrà alla considerazione di nuovi candidati al ruolo di racconto esemplare. Legge e memoria si incontrano ogni volta che un’istituzione definisce esempi e lezioni che devono essere trasmessi al cittadino. Esistono leggi punitive che sanzionano memorie inaccettabili (art.4 legge Scelba, contro le manifestazioni esteriori di carattere fascista). Secondo Pisanty la libertà di espressione non dovrebbe essere assoluta. Vi sono ambiti in cui i cittadini non possono dire ciò che vogliono (i testimoni di un processo non possono mentire) e alcuni atti linguistici che devono essere vietati (calunnia, diffamazione, istigazione). Le leggi per la memoria (in seno al diritto penale, n.b.) tutelano la memoria in quanto tale o le minoranze la cui identità è legata a quella memoria? Nel primo caso la memoria costituirebbe un patrimonio in difesa del quale dovrebbe mobilitarsi il diritto penale; nel secondo caso l’obiettivo ulteriore è il mantenimento della pace pubblica, la dignità umana delle vittime di grandi traumi storici, la lotta contro razzismo e discriminazione. È a questo secondo ordine di motivazioni che si rifanno i sostenitori di leggi antinegazioniste. Il rischio di un riaffacciarsi dell’antisemitismo nazista necessita un argine secondo molti. Dopo anni di politiche liberali relativamente latenti, l’antisemitismo è in crescita. Le politiche culturali della memoria inoltre hanno sensibilizzato la società civile riguardo alle atrocità dell’Olocausto. La commemorazione della Shoah è usata come antidoto contro i totalitarismi, il razzismo, l’intolleranza. L’Olocausto come evento che struttura le nostre coscienze. Il negazionismo punito in ragione delle minacce che solleva (diffamazione, istigazione, disturbo dell’ordine pubblico) o in altri casi come atto negazionista in sé, non per gli effetti che produce/potrebbe produrre. Rimane la credenza che la memoria da proteggere sia un bene collettivo da proteggere a tutti i costi in virtù della lezione che impartisce all’umanità riguardo agli orrori del razzismo.
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