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Sintesi del manuale di scavo di metodologia della ricerca archeologica -Storie della terra, Dispense di Archeologia

Manuale di scavo archeologico - storia e principi della stratigrafia -dalla stratificazione alla stratigrafica - la documentazione - narrazione e edizione - lo scavo come pratica

Tipologia: Dispense

2021/2022

Caricato il 28/01/2023

Maddalena_Monterastelli
Maddalena_Monterastelli 🇮🇹

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Scarica Sintesi del manuale di scavo di metodologia della ricerca archeologica -Storie della terra e più Dispense in PDF di Archeologia solo su Docsity! 1 STORIE DELLA TERRA INTRODUZIONE L’archeologia non si è evoluta gradualmente, ma per balzi, specie in paesi come l’Italia dove, fra le due guerre, la ricerca sul campo era molto decaduta. I giovani che hanno partecipato al moto di rinnovamento dagli anni ’70 in poi hanno avuto il merito di portare l’Europa in Italia per quanto riguarda l’archeologia sul campo, importando nuove tecniche, adottandole e ripensandole dal punto di vista culturale. Le loro teorie e idee sono state considerate dai difensori del passato come mera ideologia e le nuove scoperte ridotte in banalità. L’archeologia stratigrafica vede gli insediamenti come una concatenazione continua di eventi in spazi e tempi determinati; è per questo motivo che lo scavo segue procedure valide per ogni tempo e luogo, è un metodo dotato di universalità. Lo scavo è una procedura lunga, faticosa e irreversibile, poiché per scavare c’è bisogno di distruggere ciò che sta in superficie; per “mappare gli strati tolti ci si affida alla documentazione analitica delle unità stratigrafiche e alla loro ricomposizione nella ricostruzione ideale, con l’aggiunta di disegni e fotografie. È comunque vero che è inutile distruggere strutture se non vi è una stratificazione importante da ispezionare, né ha senso demolire muri le cui fondamenta avessero perforato tutta la stratificazione: bisogna scegliere di volta in volta se deve prevalere la logica dello scavo (perché il più importante sta sotto) o quella della valorizzazione (perché il più importante è già emerso). Limitarsi a intraprendere, come è già successo nel cuore di Roma (si sono scambiate le due basiliche Emilia e Pauli nel foro romano), solo gli edifici con piante chiare e cospicui elevati e rifiutare di prendere in considerazione i piccoli indizi dei monumenti è un errore, poiché l’insieme dei dettagli potrebbe costituire un percorso logico che ne consentirebbe la comprensione integrale. STORIA E PRINCIPI DELLA STRATIGRAFIA Geologia e archeologia La stratigrafia ha ricavato inizialmente i suoi principi dalla stratigrafia geologica; ciò è accaduto con particolare intensità in Gran Bretagna nel secolo scorso (con Wheeler e Kenyon) e ancora nella prima metà di questo. La prima archeologia stratigrafica nasce nei centri fortificati preromani in Inghilterra per essere poi esportata ovunque (esempio: scavo di Maiden Castel, Wheeler, dove le unità stratigrafiche appaiono definite e numerate anche per certificare la provenienza dei reperti). Diversamente accadeva in Italia dove, contemporaneamente a Wheeler, le strutture architettoniche venivano per la maggior parte liberate dagli strati, per cui i rapporti fra i muri, strati e manufatti sono andati perduti. Questo e altri difetti dell’archeologia di scavo italiana e mediterranea spiegano la sostanziale sfiducia in questo ambiente geografico verso la stratigrafia; per cui fino ad epoca recente ha prevalso la datazione dei monumenti tramite le tecniche edilizie anziché grazie ai reperti rinvenuti negli scavi. Tra la fine degli anni ’50 e gli inizi del ’60 l’archeologia ufficiale italiana non vedeva di buon occhio il nuovo metodo, accusandolo di minuzia eccessiva e lungaggine nelle distinzioni stratigrafiche e nell’analisi dei reperti. La difesa della cultura stratigrafica fu in quegli anni particolarmente difficile. Di rapporto stratigrafico in senso stretto ve n’è sostanzialmente uno: quello di successione temporale. Nello scavo si stabiliscono rapporti spaziali (topografici) e temporali (stratigrafici) tra le diverse parti di materia in cui sono concretate le azioni e di cui vogliamo ricostruire la configurazione spaziale e la sequenza cronologica. Lo scavo corretto si chiama stratigrafico e non stratigrafico-topografico, perché uno scavo non stratigrafico può anche offrire rappresentazioni non topografiche. 2 È soltanto durante la seconda metà del secolo scorso che l’archeologia stratigrafica è riuscita ad emanciparsi dalla geografia e dalla paleontologia per definirsi come disciplina storica. Questa rivoluzione si è prodotta in Inghilterra dove già dalla fine degli anni ’50 si cominciava a superare il metodo di Wheeler e si inventavano nuovi principi e pratiche, definitivamente affermatesi negli anni ’70 e ancora oggi sostanzialmente validi. Le procedure dello scavo non hanno fatto in questi ultimi anni progressi decisivi. I temi su cui l’archeologia britannica sta oggi lavorando riguardano altri aspetti, come l’uso del computer, la paleoecologia, l’archeometria e i modi di archiviare e pubblicare, e cioè la transizione dell’analisi della sequenza stratigrafica alla sintesi del resoconto storico. Stratificazione in generale Tutte le forme di stratificazione sono il risultato di: 1) erosione/distruzione; 2) movimento/trasporto; 3) deposito/ accumulo. La stratificazione geologica è dovuta esclusivamente a forze naturali; quella archeologica è il risultato di forze naturali e umane, diversamente separate o combinate fra loro, per cui erosione-movimento-deposito si intrecciano ad opere di distruzione-trasporto-accumulo-costruzione. Il fenomeno della stratificazione presuppone sempre la rovina del precedente equilibrio e la formazione del nuovo. L’analisi di una stratificazione presuppone l’analisi dei processi naturali e/o antropici che l’hanno determinata, al fine di riconoscere le condizioni storiche e paleoambientali che hanno portato alla sua formazione. La formazione di una stratificazione si attua per cicli, cioè attraverso periodi di attività e di minore attività o di pausa. Durante le pause possono succedere molti fenomeni, ma non processi di crescita della stratificazione. L’azione è rappresentata dagli strati e la pausa dalle superfici degli strati o dalle interfacce, impalpabili pellicole che rappresentano il periodo di esposizione di uno strato e cioè il lasso di tempo trascorso fra uno strato formato e uno che comincia a formarsi al di sopra di esso. Un’azione di deposito/accumulo comporta sempre uno strato (il dato materiale) e la sua superficie o interfaccia (dato immateriale). Un’azione di erosione/distruzione comporta una mancanza di strato o di strati (il dato materiale è stato spostato altrove) e si chiama superficie in sé. La superficie che non presuppone uno strato sta a rappresentare sia l’azione di erosione/distruzione che la vita della superficie stessa. È quindi fondamentale saper distinguere in una qualsiasi stratificazione gli strati dalle superfici di strato e dalle superfici in sé. Gli strati, le loro superfici e le loro superfici in sé possono essere a loro volta oggetto di azioni di deposito/accumulo e di erosione/distruzione. Gli strati si accumulano in un’area determinata che si chiama bacino di deposito, costituita per lo più da una depressione artificiale o naturale, oppure da uno spazio chiuso da terrapieni e muri. Bacini diversi presuppongono stratigrafie diverse. La forma del deposito dipende dai materiali depositati e dal tipo di forza esercitata dalla natura o dall’uomo nel muoverli. Per determinare se una particolare realtà stratigrafica è di origine naturale e antropica occorre tenere presente: 1) tipo di materiale stratificato; 2) modo in cui è stato eroso o scavato; 3) modo in cui è stato spostato o trasportato; 4) modo in cui è stato depositato o accumulato. 5 Dovendosi riconoscere nel terreno realtà diverse come muri, rivestimenti architettonici, pavimenti, strati terrosi e superfici di distruzione, occorre un termine generale che le comprenda tutte: si chiamano unità stratigrafiche, riservando il termine “contesto” a quei gruppi di unità stratigrafiche che costituiscono insiemi di azioni, ovvero le attività i gruppi di attività e gli avvenimenti, da considerarsi entro determinate fasi e periodi. Dal momento che le unità stratigrafiche e le loro superfici giacciono in rapporti di contiguità, fisicamente sovrapposte le une alle altre, occorre seguire la seguente regola: scavare solo le unità che non siano, seppur parzialmente, coperte da altre unità stratigrafiche. Occorre saper individuare gli strati sulla base della consistenza, del colore, delle composizioni e delle inclusioni. Tali caratteristiche possono essere colte subito dopo la perfetta pulitura delle superfici degli strati e in condizioni di un giusto grado di umidità. Dopo aver distinto le superfici dei diversi strati si deve procedere con la punta di una piccola cazzuola o trowel per stabilire i rapporti fra gli strati stessi. Per i reperti contenuti negli strati non conta tanto la loro posizione tridimensionale all’interno dello strato, quanto la provenienza dal loro strato di appartenenza. Fondamentale è, oltre alla provenienza dello strato, la posizione tridimensionale all’interno dello strato stesso per singoli materiali da costruzione o della decorazione architettonica e per sculture crollate, i quali non formano uno strato ma solo strati inglobati in esso: chiodi, converse di piombo, comignoli, tegole, terrecotte architettoniche, colonne, capitelli, statue e altri reperti particolari. La loro collocazione non riveste qui tanto un significato stratigrafico quanto un interesse topografico che riguarda la ricostruzione dell’edificio scavato. Scavo sperimentale, di emergenza e il pubblico Lo scavo sperimentale serve da pietra di paragone per misurare l’informazione che si perde negli scavi condotti frettolosamente e offre un modello da avere in mente nel momento in cui si è costretti a riassumere le procedure per ragioni di tutela. In teoria lo scavo di tutela dovrebbe offrire una quantità minore di informazioni ma non dovrebbe apparire come una diversa operazione. Il problema è quello di saper riassumere procedure esemplari riuscendo a cogliere le vicende principali di costruzione e vita (è il contrario di selezionare a caso). Vi è in Italia una tendenza a saggiare un poco ovunque, che si rivela del tutto improduttivo anche se burocraticamente corretto e conveniente, la scelta delle priorità dovrebbe corrispondere in qualche modo alle domande storiografiche sollevate. Bisogna sceglier e programmare: cosa scavare in grande, cosa parzialmente, cosa saggiare, cosa non scavare affatto, cosa riservare agli scavi futuri. Abbiamo dunque dei modelli strategici di interventi. In questi tre livelli si ha un dosaggio diverso di ricerca, anche se essa è sempre presente. - L’archeologia di SUPERFICIE o lo scavo di EMERGENZA che, oltre alla documentazione orizzontale si avvale anche di quella verticale; - Scavi PREVENTIVI, parziali o totali, nei quali si richiede una notevole capacità di previsione; essi hanno lo svantaggio di dover essere realizzati entro un determinato periodo di tempo; - Scavi PROGRAMMATI (per lo più siti abbandonati) , essi costituiscono la sede ideale per gli scavi sperimentali, in cui si dovrebbero formare professionalmente i giovani archeologi e dovrebbero aggiornare i più anziani. Quale che sia la natura dello scavo, sperimentale o di tutela, occorre eliminare le recinsioni impenetrabili allo sguardo intorno ai cantieri. Specie negli scavi URBANI è necessario che lo scavo sia visibile e nelle grandi linee comprensibile ai passanti. 6 ➔ Gli scavi creano scomodità e non hanno scopo se non quello di allargare, approfondire e conservare la memoria collettiva migliorando i modi di vita nella città. L’idea è quella di coinvolgere il pubblico nel problema centrale nella ricostruzione archeologica, ma in Italia si è ancora lontani. LE UNITÀ DELLO SCAVO Identificare azioni e loro rapporti Passare dalla terra da scavare alla terra scavata significa passare da una realtà di partenza inerte, indistinta e sconosciuta ad una sua rappresentazione divisa in parti, relazionata nello spazio e nel tempo. Le parti sono quelle che riteniamo essere le azioni basilari materialmente riconoscibili o riconosciute, ovvero le unità stratigrafiche. Un’unità stratigrafica diventa interpretabile solo se inserita nel sistema di rapporti che la lega alle altre. Tali relazioni si presentano in un primo momento come rapporti fisici, i quali possono essere ricondotti semplificando e astraendo (allontanando) a rapporti relativi nel tempo entro una sequenza stratigrafica. Prima vediamo il “copre-coperto” e solo in seguito realizziamo il “dopo e il prima” che ne procede. Contemporaneità “uguale a” e “si lega a” Successione nel tempo “copre/coperto da” “si appoggia/ gli si appoggia” “taglia/tagliato da” ” riempie/riempito da” 7 Esistono infine relazioni di mancato rapporto, per cui in assenza di contiguità fisica il rapporto nel tempo fra due azioni può essere solamente presunto scegliendo oculatamente quello più verosimile nell’ambito della scelta di opportunità offerta dalla sequenza stratigrafica. Nello scavo si stabiliscono rapporti spaziali (topografici) e temporali(stratigrafici) fra le diverse parte di materia in cui si sono concretate le azioni e di cui vogliamo ricostruire la configurazione spaziale e la sequenza cronologica. Lo scavo corretto si chiama stratigrafico e non topografico-stratigrafico perché uno scavo non stratigrafico può anche offrire rappresentazioni topografiche, cioè non filtrate dalle relazioni stratigrafiche, mentre uno scavo stratigrafico presuppone sempre rappresentazioni topografiche selezionate in relazione alla necessità della ricostruzione scientifica e quindi delle relazioni stratigrafiche e della loro periodizzazione. Uno scavo non stratigrafico è a tre dimensioni, mentre quello stratigrafico è a quattro, essendo quella del tempo la quarta. L’archeologia monumentale era invece essenzialmente topografica. Si occupava solo di grandi monumenti relativamente ben conservati, di cui voleva cogliere la configurazione d’insieme o comunque della fase edilizia “principale”. Non si curava delle singole unità stratigrafiche perché non mirava a cogliere veramente lo svolgimento cronologico, che può correttamente stabilirsi solo prestando attenzione ad ogni momento. Strati: volumi, superfici e tipi La materia da scavare è discontinua, apparendo essa ora più omogenea e ora più distinta. Scavare correttamente significa cogliere i piani regolari o irregolari che separano tali diverse e relative omogeneità. Non basta riconoscere una zona di transizione (lembo di terra, comprendente la superfice di uno strato, che divide uno strato dall’altro) più o meno spessa fra le varie indivisibilità, occorre individuare se sia un piano di distinguibilità o di trapasso principale (interfaccia), se si vuole procedere con lo scavo. Le zone relativamente omogenee di materia e le zone di transizione costituiscono gli strati e i piani di trapasso le loro interfacce o superfici. Si interviene a volte dove la separazione appare implicita e altro non si deve fare che porla in atto decisamente distinguendo. A volte il riconoscimento del limite è complesso per la presenza di una zona di transizione, dovuta a un mutamento graduale delle caratteristiche della stratificazione che si interpone fra due omogeneità relative, mettendole in crisi. È comunque lo scavatore che divide la stratificazione, a seconda della realtà oggettiva e dell’informazione che vuole trarne. Ciò non equivale a dire che le divisioni sono sempre e comunque soggettivamente arbitrarie. Gli strati appaiono, dal punto di vista stratigrafico, come porzioni di materiale relativamente omogeneo e quindi indivisibile, per cui componenti quali i reperti figurano come equivalenti e la posizione risulta intercambiabile al loro interno. Il volume di uno strato può essere paragonato ad una borsa di relativa omogeneità: la posizione degli oggetti al suo interno è stratigraficamente equivalente, come quella degli spiccioli in un portamonete. Tale borsa è povera al suo interno di spazio e tempo significativi (dal punto di vista stratigrafico), mentre la sua interfaccia è costituita da una pellicola satura di distinguibilià nello spazio e nel tempo. L’importante non è la posizione degli spiccioli nel portamonete ma il fatto che essi non fuoriescano, per passare in un altro portamonete. La distinguibilità di uno strato di terra rispetto a quelli che lo coprono e la sua stessa forma sono date dalla sua interfaccia o superficie, mentre il suo volume è compreso fra questa superficie e quella degli strati che esso fisicamente ricopre. Il tempo della formazione di uno strato è posteriore alla superficie dello strato più tardo fra quelli che esso copre e anteriore alla sua propria superficie. Il tempo della vita di uno strato è posteriore alla sua superficie e anteriore all’inizio della formazione del volume dello strato più antico fra quelli che fisicamente lo coprono. Sopraggiunge infine la morte quando lo strato viene in parte o del tutto sepolto da strati più tardi, ma ulteriori danneggiamenti possono prodursi anche dopo la sua morte, durante la sua sepoltura. Due strati mescolati fra loro perdono le loro superfici originarie per acquistarne una nuova, che viene a configurare un nuovo strato. Ogni strato terroso ha una sola superficie, quella superiore, dal momento che quella inferiore coincide con quelle superiori degli strati fisicamente coperti dallo strato in questione. Non bisogna assolutizzare la metafora della <<nascita, vita e morte>> di uno strato, poiché esso può subire disturbi (apporto, asporto, traslazione e modificazione fisico-chimica) in qualsiasi momento successivo a un primo apporto di materiale e quindi già durante la sua formazione. Il suolo non deve essere visto staticamente ma come una realtà in 10 5) Al fondo del diagramma dovrebbero due sigle: FS= fine dello scavo, che indica il punto dove lo scavo si è dovuto interrompere; oppure FSA= fine scavo archeologico, il che significa che si è raggiunto quello che il linguaggio convenzionale chiama terreno “vergine”. La stesura del diagramma stratigrafico procede parallelamente allo scavo. Al termine della giornata bisogna verificare e riorganizzare il diagramma per proseguirlo il giorno seguente. In laboratorio bisogna provvedere a unificare i diversi diagrammi dell’area di scavo inizialmente redatti settore per settore dai diversi responsabili. Il diagramma complessivo dell’area di scavo, corrispondente ad un edificio o a un complesso di edifici, viene infine allegato alla documentazione di insieme dello scavo, cioè alla scheda SAS. Il diagramma redatto durante lo scavo indica l’ordine secondo il quale smontare le unità stratigrafiche, mette in evidenza eventuali incongruenze ed errori quando si è ancora in tempo per rimediare e aiuta a programmare la ricerca. LA DOCUMENTAZIONE LE SCHEDE Schede delle unità stratigrafiche e dei loro reperti Dopo aver identificato e numerato le unità stratigrafiche e avene stabilito le relazioni stratigrafiche occorre descriverle. In un tempo lontano si descrivevano nel giornale di scavo che avveniva senza un ordine o regole particolari; oggi la descrizione è ormai accolta in schede prestabilite in cui sono previsti lemmi da riempire e poi da completare e controllare dop aver documentato graficamente l’unità almeno in una pianta quotata e dopo averla scavata. La gerarchia con cui queste schede sono state concepite è la seguente: - dalle schede di sito (SI) dipendono da una parte (settore topografico) la schede di complesso archeologico (CA), da cui dipendono quelle di monumento archeologico (MA) e di monumento archeologico-figlia (MAF) - dall’altra parte (settore stratigrafico) la scheda di saggio archeologico stratigrafico (SAS). - Da entrambe le parti (settore topografico e stratigrafico) dipendono quindi le schede di unità stratigrafica (US), di unità stratigrafica muraria (USM) e di stratigrafica di rivestimento (USR); da queste ultime dipendono infine le tabelle dei materiali (TMA), la scheda Reperto archeologico (RA) e quella per la numismatica (N). I GRAFICI E LE FOTOGRAFIE Misure tridimensionali Il disegno è un misto di rappresentazione oggettiva e di selezione e interpretazione soggettiva della realtà. Il disegno archeologico non è una rappresentazione più o meno realistica della realtà, ma una raffigurazione più o meno realistica della realtà interpretata nelle sue componenti e nelle sue relazioni fra di esse. È dunque un disegno scientifico più che un disegno artistico o documentario, che deve conformarsi alle necessità della stratigrafia. Per questa ragione gran parte della documentazione grafica deve essere realizzata da un archeologo che sappia rilevare esattamente ma anche intelligentemente. In un cantiere di scavo si possono usare sia la tecnica del rilievo indiretto, che si avvale di strumenti ottici, che di quella del rilievo diretto, che si avvale di misure con doppi metri con doppi metri e rotelle applicando il sistema della SAS Saggio archeologico US Scheda di unità stratigrafica USM Scheda di unità stratigrafica muraria USR Scheda di unità stratigrafica di rivestimento USL Scheda di unità stratigrafica lignea USD Scheda di unità stratigrafica di deposizione funeraria TMA Tabella dei materiali RA Scheda di reperto archeologico SCP Scheda delle campionature paleoambientali 11 trivellazione → tale sistema consiste nell’individuare la posizione di un punto nello spazio partendo dalla posizione di altri due già individuati. L’ideale sta nella combinazione delle due tecniche: la prima valida per l’inquadramento generale e la seconda per la documentazione di dettaglio. Un modo semplice per realizzare il sistema di riferimento per le misurazioni orizzontali di uno scavo consiste nel creare una quadrettatura (a griglie) del sito. Si possono individuare in tal modo i punti da definire nello spazio mediante coordinate. Se si aggiunge la quota ogni punto è perfettamente localizzato nello spazio tridimensionale. Sezioni e prospetti Le sezioni sono tagli o spaccati attraverso la stratificazione che consentono di apprezzare la dimensione verticale dell’insediamento così come è venuto accumulandosi attraverso il tempo. Esse mostrano sequenze di unità stratigrafiche, contrariamente alle piante che illustrano singoli momenti e per essi periodi di un determinato monumento. Queste analisi del terreno possono essere utili in geologia, dove la sovrapposizione fisica coincide per lo più con la sequenza cronologica, e per valutare il potenziale archeologico di un sito, ma sono del tutto inadatte a documentare le stratificazioni archeologiche complesse che non conoscono regolarità e sovrapposizione. La sezione serve a mostrare le relazioni fisiche della stratificazione lungo un determinato piano verticale, la cui posizione nello spazio deve figurare in piana. Si può affermare che la sezione offre una visione assi selettiva di una stratificazione, capace di illustrare la sua complicazione e profondità. Considerare la sezione come la migliore guida per una corretta procedura di scavo ha poco senso, perché si scava immersi in uno spazio tridimensionale, mentre la sezione conosce solo due dimensioni. Soltanto la pianta quotata riesce a suggerire le tre dimensioni nei limiti bidimensionali del foglio. Abbiamo diversi tipi di sezione: 1) Sezione VOLANTE: le misure vengono prese sula superficie dello strato che sto per scavare. 2) Sezione CUMULATIVA: può riguardare una singola unità stratigrafica, un ambiente, un saggio o un’area di scavo. Si tratta di scavare ogni strato fino alla linea di sezione o per due parti alternate, cioè lungo due linee di sezione normale fra loro. Dopo aver disegnato lo strato secondo il profilo della superficie e secondo le caratteristiche interne del suo volume, lo strato viene scavato nella parte risparmiata, così che la linea di sezione materialmente scompare. In tal modo è possibile ottenere piccole o grandi sezioni in parete aggiunte che però non lasciano traccia. 3) Sezione IN PARETE: le sezioni in parete sono principalmente quelle delle pareti del saggio dovute a eventuali risparmi. Dovrebbero essere disegnate a mano a mano che si scende con lo scavo e comparate alla fine con la visione complessiva della parete. Esse vengono disegnate per brevità anche a scavo terminato, ma può succedere che la pioggia o altri incidenti ne deteriorino la superficie. La visione complessiva della parete può rivelare a posteriori unità stratigrafiche o loro rapporti non visti o che erano stati male interpretati durante lo scavo. in questo caso si possono numerare le unità stratigrafiche sfuggite, redigere le relative schede di unità stratigrafiche e correggere quelle già redatte (senza cancellare le primitive indicazioni e datando le correzioni). Tali modifiche devono figurare nel disegno finale della sezione. Bisogna ricordare di aggiornare i cartellini certificanti la provenienza dei reperti. 4) Sezioni OCCASIONALI: si tratta di sezioni che appaiono in parete ma che non sono predisposte dallo scavatore. Sono dovute allo svuotamento di antiche distruzioni o di tagli moderni di precedenti stratificazioni. È questo anche il caso di quando si scava il riempimento di una fossa o di una trincea le cui pareti, se accuratamente pulite, diventano spie preziose di porzioni di terra non scavata. 5) Sezioni INTERPRETATE: essa può rendersi utile per semplificare sezioni complesse o per redigere sezioni semplificate di realtà complicate negli interventi di emergenza. Le sezioni possono essere a volte troppo complicate e gremite di unità stratigrafiche, per cui può rivelarsi utile sdoppiarle in due disegni: uno più veristico per quanto attiene il volume degli strati e l’altro più schematico e interpretativo. 12 CRITERI GRAFICI È consigliabile evitare il disegno della sezione detto realistico, cioè con sfumature fra strato e strato. Ciò che conta in una sezione archeologica sono i rapporti fra le diverse superfici, dal momento che da essi può ricavarsi la sequenza fisica della stratificazione. Di qui la necessità di disegnare con decisione il contorno degli strati. Occorre decidere scavando dove finisce uno strato e dove ne inizia un altro. La sezione non è il ritratto fisionomico, ma la documentazione di una stratigrafia su un piano verticale, non come essa appare ma come è stata compresa. Ogni scavo deve adottare una simbologia per caratterizzare composizione e inclusione dei singoli strati che sarebbe arduo rendere in modo realistico, come humus, struttura edilizia sezionata, argilla, sabbia, terra mista a malta, cenere, terra, preparazione parietale, pavimento a mosaico, pavimento a spicatum, pavimento di cocciopesto, battuto di calce, preparazione pavimentale, massicciata, malta e frammenti di cementizio, carbone, pietre e rifiuti. PROSPETTI Il metodo stratigrafico serve a leggere il sottosuolo ma anche a decriptare i monumenti già scavati, privati cioè dei loro strati terrosi. Purtroppo, gran parte dei palazzi e delle chiese del nostro paese vengono solo superficialmente studiate da storici dell’arte e dell’architettura, molto raramente esperti di stratigrafia. Ciò comporta che i restauri degli edifici mancano spesso di analisi. Il rilievo in elevato di una parete presuppone, oltre alla sezione dei muri normali di essa, il rilievo pietra per pietra o mattine per mattone della parete di fondo, differenziando i diversi tipi di malta. Solo in alcuni casi ci si può servire di convenzioni grafiche simboleggianti tipi diversi di tecniche edilizie. Linee sufficientemente evidenti dovrebbero confrontare le singole parti di muratura delimitando le superfici originarie e di distruzione, verticali e orizzontali. Colori diversi possono caratterizzare sul disegno diversi tipi di materiali impiegati (pietra calcarea, arenaria, tufo, laterizi, malta, intonaco, ecc.). per non turbare oltremodo un buon rilievo con linee marcate di superfici e numeri di unità è utile prevedere, accanto al rilievo realistico, disegni schematici che enfatizzano gli aspetti stratigrafici e interpretativi. Ma si possono prevedere anche prospetti relativi a singoli periodi e fasi. La fotogrammetria aiuta a realizzare e completare tale genere di documentazione. Ma nulla potrà mai sostituire il paziente lavoro di analisi e ragionamento a diretto contatto con le strutture. La decorazione architettonica andrebbe studiata in associazione con l lettura stratigrafica delle preparazioni pavimentali e dei muri. Ciò purtroppo non si è potuto realizzare neppure per Pompei la cui meritoria documentazione fotografica dei mosaici e delle pitture, resasi urgente per il rapido deperimento di quei rivestimenti, appare ancora scissa dalla documentazione delle strutture. Planimetrie PIANTE DI UNITÀ STRATIGRAFICHE Pare ovvio che di ogni unità stratigrafica si debba redigere una pianta quotata e che tali piante rientrino nella normale documentazione analitica di ogni scavo stratigrafico. Prima di scavare un’unità stratigrafica occorre rilevare in pianta il contorno della sua superficie ancorandola a strutture murarie già rilevate e/o al reticolo del sistema delle coordinate. In questo secondo caso ci si può servire di pellicole prestampate che prevedano ai piedi del foglio una serie di voci da riempire. Il bordo dell’unità va segnato con una linea continua. Eventuali superfici di distruzione che abbiano intaccato lo strato devono essere segnate invece a tratteggio. Se la visione di una superficie è interrotta da un limite di scavo, quest’ultimo va reso con un punto-linea-punto. Oltre a riempire le varie voci previste nella pellicola prestampata, bisogna ricordarsi di attribuire i numeri delle coordinate ad una delle intersezioni del reticolo onde poter situare la pianta nello spazio. La pianta deve inoltre essere corredata da un numero adeguato di quote, trasferite sul rilievo della scheda di unità stratigrafica. Possono essere segnate le posizioni di reperti particolarmente significativi in sé o per la loro distribuzione preferenziale. I reperti particolari rilevati in pianta devono essere numerati con numeri arabi entro triangoli, per non confonderli con quelli delle unità stratigrafiche, e devono essere elencati in un apposito registro dei reperti particolari. 15 GLI INSIEMI Assai utili sono le fotografie che inquadrano tutta l’area di scavo e il paesaggio in cui essa è inserita. Per ottenere ciò bisogna salire sul luogo più alto disponibile: un edificio o una collina. Una o più fotografie montate insieme di un quartiere urbano o di un tratto di campagna possono essere poi facilmente trasformate in un disegno con edifici antichi ricostruiti nel quadro della geomorfologia della zona. Anche per le immagini di insieme occorre che la fotografia sia curata nei minimi dettagli. Sono da preferirsi anche in questo caso le inquadrature parallele o normali agli assi principali delle strutture da documentare e l’uso del quadrangolare, magari dotato di basculaggio. La pulizia dello scavo e la luce diffusa sono i presupposti essenziali. Gli strati devono essere ben esposti, i muri scarniti, le fosse svuotate, le pareti spiombate, i bordi dello scavo puliti, senza cordini e sgombri: non devono vedersi persone, cassette da lavoro, cassette di reperti, ecc. Una delle buone ragioni per scavare grandi aree in fase sta anche nella possibilità di rappresentare in fotografia una realtà almeno in linea di massima sincronica. Utile può essere rappresentare un mosaico di fotografie verticali in modo da coprire tutta l’area dello scavo. su ogni foto deve figurare la lavagna, il metro e la freccia per il nord, ma è bene prevedere qualche scatto anche senza questo apparato. L’INFORMATICA Uso del computer La documentazione scritta (le schede) serve principalmente a verificare e controllare i contenuti dell’informazione mentre il lavoro è in atto. Si può avere in tal modo una notevole quantità di dati facilmente accessibili, relativi per esempio a campagne svolte in precedenza o da altri gruppi di ricerca. La possibilità di creare elenchi, stabilire controlli incrociati fra materiali presenti negli strati e sequenza stratigrafica, calcolare percentuali di qualsiasi componente degli strati e così via, sono obiettivi facilmente raggiungibili se si decide di standardizzare il contenuto delle schede cartacee e di archiviarle per mezzo di un elaboratore (grande risparmio di tempo). L’uso di un elaboratore obbliga l’utente a una correttezza formale e quindi logica non facilmente raggiungibili nel procedimento tradizionale della compilazione delle schede cartacee. Esistono in Italia poche esperienze di questo tipo, al contrario di quanto avviene in altri Paesi, come la Gran Bretagna, dove i gruppi di ricerca si sono organizzati da tempo per svolgere le loro attività sul campo con l’ausilio del computer. L’unica iniziativa concreta in questo senso a livello nazionale è quella dell’Istituto centrale per il catalogo, che ormai da anni ha intrapreso uno studio di fattibilità per l’informatizzazione delle schede di catalogo, in collaborazione con il Cnuce di Pisa. Per quanto riguarda le immagini, in prevalenza fotografiche, ma anche grafiche, le principali possibilità sono due: l’archiviazione di immagini fisse, vale a dire non elaborabili, e l’archiviazione di immagini digitalizzate elaborabili. Esistono anche sistemi interattivi che stabiliscono la possibilità di confronti incrociati tra dati di natura diversa, testuale e iconica. 16 NARRAZIONE E EDIZIONE Dalle cose all’uomo Le operazioni che dalla ricognizione e dallo scavo conducono al racconto storico possono essere rappresentate sinteticamente in un diagramma articolato in sei livelli, tre analitici e tre sintetici. I livelli sintetici sono quelli riguardanti l’interpretazione e l’edizione di uno scavo. Per poter capire i singoli risultati di azioni occorre arrivare anche a definire l’insieme a cui la singola azione appartiene, e cioè il segmento di azioni aventi uno stesso fine e disposte in una stessa sequenza temporale. L’unità di azione è una realtà stratigrafica con un suo carico di oggettività, seppure tutt’altro che prima di soggettività; l’unità di attività è una realtà di carattere relativamente più soggettivo, pur basandosi su fondamenta assai oggettive. Ancor più soggettivi sono i gruppi di attività. Le unità d’azione costituiscono le vere e proprie unità stratigrafiche, dal momento che sono le realtà fisiche più elementari che si è ritenuto utile individuare scavando. Molte delle idee più brillanti che leggiamo nel racconto di uno scavo nascono già nei primi giorni del processo conoscitivo; ma questi colpi d’intuito iniziali sono anche pericolosi, potendo portare ad inutili errori. Ad ogni passo verso l’interpretazione libera e personale dobbiamo assicurarci di aver spremuto la linfa stratigrafica in ogni sua stilla di relativa oggettiva necessità. Attività, gruppi di attività e avvenimenti/periodi La sequenza stratigrafica è innanzi tutto una serie di risultati materiali di azioni ordinata nel tempo relativo. Cercare di datare in modo assoluto ogni minima azione è operazione irrilevante oltre che tecnicamente assai ardua. Vi è stato un momento caratterizzato dal culto dell’unità stratigrafica in se stessa; ma ormai si è entrati in un’epoca diversa e più avanzata dell’archeologia. La datazione assoluta di un’attività è assai più sicura della datazione assoluta di una singola azione. Quest’ultima, infatti, dispone raramente di risorse sufficienti pet potersi datare da sola, mentre nel caso dell’attività sono vari gli strati i cui reperti concorrono alla datazione, per cui essa si basa su una documentazione più ampia. Il passaggio dalle azioni alle attività semplifica notevolmente la stratificazione, consentendo di coglierla ad un grado già considerevole di sintesi. Determinate le attività occorre raggrupparle in gruppi di attività e in avvenimenti/periodi. Questi ultimi si riferiscono a soluzioni di continuità riguardanti un edificio, un isolato, una necropoli e articolano in modo significativo un brano di storia distinto. In casi particolarmente semplici può rivelarsi utili datare piuttosto i periodi che le singole attività. Come dal punto di vista grafico si può passare dalle unità stratigrafiche al diagramma interpretato e periodizzato? DIAGRAMMA STRATIGRAFICO → i percorsi, costituiti dal succedersi nel tempo delle azioni in rapporto stratigrafico fa loro, determinano le sequenze. Dove tutte le sequenze si incontrano si ha un punto nodale. Dove gran parte delle sequenze si incontrano si ha un punto seminodale, la cui efficacia nel determinare la sequenza è minore nel punto nodale, perché in quest’ultimo non confluiscono tutte le sequenze stratigrafiche a lui vicine. La lunghezza di periodi di una sequenza è determinata dalla distanza fra i punti nodali o seminodali. Un tratto di un percorso di una stessa sequenza, composto da due o più unità stratigrafiche, si chiama sequenza. Quando unità di diverse sequenze vengono raggruppate entro una singola unità interpretativa si dice che vengono in essa incorporate. Quando unità interpretative vengono poste allo stesso livello del diagramma significa che sono state fra loro cronologicamente correlate. Un’attività può incorporare più segmenti appartenenti ad una stessa sequenza o a più rami sequenziali afferenti ad uno stesso punto nodale. I segmenti di sequenza e le attività sono i primi nuclei sintetici di interpretazione, tutti ancora ben ancorati ai criteri stratigrafici: sono cioè le unità primarie d’interpretazione. I gruppi di attività sono invece unità secondarie di interpretazione, in quanto prescindono maggiormente dai legami stratigrafici e seguono piuttosto criteri interpretativi. Uno o più gruppi di attività vengono a costituire il diagramma stratigrafico di una unità topografica o di un edificio. Abbiamo due diversi tipi di diagramma: STRATIGRAFICO o INTERPREATIVO. 17 Gerarchia delle strutture che si possono riconoscere in uno scavo: gli strati (muri, pavimenti, ecc.) sono come le foglie dell’albero stratigrafico. Insiemi di strati formanti divisioni funzionali di ambienti (alcove, impluvi, focolari, ecc.) sono come i ramoscelli. Gli ambienti sono i rami. Più ambienti formanti un quartiere (dell’atrio, del peristilio, del bagno, ecc.) sono i tronchi. Uno o più quartieri costituiscono una unità topografica e cioè un edificio e corrispondono ad un albero stratigrafico. Un insieme di edifici vengono a costituire una parte di complesso, cioè un gruppo di alberi e tutti gli edifici vengono a formare il complesso archeologico di un determinato sito e cioè il bosco. Nell’interpretare un diagramma stratigrafico è consigliabile seguire i seguenti criteri: 1) È necessario articolare l’albero del diagramma in tronchi e rami, cioè in diversi blocchi stratigrafici delimitati dai punti nodali e seminodali, e far seguire al numero delle unità stratigrafiche la loro interpretazione o definizione. 2) Nell’ambito del primo blocco stratigrafico considerato bisogna individuare la sequenza primaria, cioè quella composta dal maggior numero di unità stratigrafiche, per poterla articolare in primi segmenti interpretativi. 3) Occorre quindi identificare nello stesso blocco stratigrafico le sequenze secondarie, terziarie, ecc., composte cioè da un numero decrescente di unità stratigrafiche. 4) Occorre infine fare altrettanto per gli altri blocchi stratigrafici e se si vuole incorporare attività appartenenti a stessi blocchi diversi non resta che formare gruppi di attività. Le ricostruzioni grafiche Non tutta la documentazione grafica di uno scavo viene pubblicata. Subisce anch’essa un processo di condensazione sintetica. Le piante delle unità stratigrafiche vengono divise in due gruppi: il primo serve a redigere le piante composite e il secondo finisce in archivio. Le sezioni di singole unità stratigrafiche si dividono anch’esse in due gruppi, di cui solo il primo, costituito dalle unità stratigrafiche più significative, arriverà alla stampa. Ugualmente in due gruppi si dividono le grandi sezioni e gli elevati, di cui solo il primo verrà edito, costituito dai grafici che paiono più eloquenti. La documentazione più importante da redigere in forma di disegno sono le piante composite o di periodo, che devono essere di regola tutte pubblicate. Le ricostruzioni possono prendere la forma della pianta, della sezione-elevato, dell’assonometria e dei disegni prospettici, che possono basarsi anche su fotografie. Punto culminante della ricostruzione archeologica è la creazione di oggetti tridimensionali come i plastici, che possono utilmente apparire fotografati nella pubblicazione. Si è a questo punto liberi di ricreare la realtà perduta nelle ricostruzioni di insieme e di dettaglio. Le ricostruzioni devono simulare la vita scomparsa, allora esse devono apparire naturalistiche e non schematiche, meglio se rese più gradevoli dal colore. Per questa ragione esse possono riguardare ora una parte di ambiente, ora un ambiente, ora un gruppo di ambienti o quartiere, ora il corpo di un edificio, ora la parte o il tutto dell’intero complesso. Nelle piante ricostruttive vanno segnati i percorsi e cioè la circolazione fra gli ambienti. Con apposite didascalie vanno esplicitate le funzioni dei singoli ambienti, che possono mutare nei periodi successivi. Le ricostruzioni in sé nel loro insieme presuppongono anche un vasto sapere storico, artistico e antiquario. Nel secolo scorso e agli inizi di questo si registra una vera passione per le ricostruzioni grafiche, i plastici e le case a dimensione naturale fatte su modelli antichi. Dopo l’ultima guerra tale interesse è stato bandito, sostituito da propositi di malintesa scientificità. Per ricostruire bisogna fondarsi su un’infinità di dati di dettaglio e su una vasta cultura. Non ha senso ritenere che un’ipotesi non meriti una ricostruzione perché altre sono possibili o perché di troppo recente formulazione. Non si devono pubblicare o mostrare solo le soluzioni consolidate e univoche; lettori e osservatori hanno il diritto di conoscere le diverse tendenze interpretative e ciò che si muove nel vivo della ricerca. Occorre sopportare gli sbagli cui possiamo andare incontro considerandoli non più come deviazioni dal vero, ma come elementi produttivi di movimento verso una verità comunque irraggiungibile. Non sempre conviene restaurare radicalmente un edificio, perché alcuni crolli particolarmente significativi, belli e famosi costituiscono essi stessi un documento della storia del monumento. È consigliabile non manipolare troppo le rovine, prestando invece grafici ricostruttivi o plastici accanto a queste o meglio nel museo del luogo. 20 Non ogni contesto deve essere pubblicato, anche se deve essere conservato nel deposito degli oggetti provenienti dallo scavo. Vi sono reperti di scarsa informazione, per cui si possono scartare dall’edizione, e altri contenenti invece oggetti interessanti in sé perché riguardano oggetti ignoti, realtà produttive particolari e circostanze paleoambientali interessanti o che danno informazione sulla circolazione di merci particolari. In questo caso il confronto con altri contesti più o meno coevi e di grande importanza. I reperti e la cronologia assoluta - Una moneta o qualsiasi altro reperto databile rinvenuto in uno strato non offre che un terminus post quem per l’unità stratigrafica in questione, posto che sia il più tardo di quelli coevi alla formazione dello strato e cioè che non sia un residuo o un’intrusione. La legge del terminus post quem deve sempre essere rispettata. (Se la moneta è del 73 d.C. lo strato si sarà formato nel 73 d.C. o in un qualsiasi altro momento anche lontanissimo dopo quell’anno). - Un’altra legge è quella del terminus ante quem, per la quale se la cronologia di un’unità stratigrafica è nota, tutte le altre che la precedono nella sequenza sono più antiche. (La ceramica del II secolo d.C. rinvenuta in uno strato più recente di un altro che contiene ceramica del III secolo d.C. perde ogni valor cronologico: anche se attestata in quantità, è da considerare come un semplice residuo. Se quattro strati presentano, partendo dal basso, ceramica del IV, del III, del II e del I secolo a.C., non significa che essi siano di età romana; potrebbe trattarsi di strati medievali o anche moderni). LO SCAVO COME PRATICA LO SCAVATORE Il direttore dello scavo A dirigere lo scavo non può che essere una persona e su di essa devono gravare le maggiori responsabilità. Essendo i modi di vedere le cose tanti quanti i partecipanti ad una ricerca, è difficiline procedere nell’indagine senza dare la preminenza della decisione a chi ha maggiore esperienza, il che implica inevitabilmente una gerarchia di poteri. Il direttore di uno scavo può ricevere indicazioni da un direttore di missione o da un comitato scientifico, ma la sua autonomia operativa deve essere garantita. Al direttore dello scavo fanno capo gli aspetti scientifici e pratici della ricerca. Per questa ragione egli deve essere presente 1il più possibile sullo scavo. Lo stile e il ritmo della ricerca è lui a darlo. La libertà di espressione e di esperimento deve comporsi di una grande gestione unitaria, che spetta al direttor individuare e garantire nell’interesse generale della ricerca. Sorgono continuamente sullo scavo interessi particolari, che vanno soddisfatti solo se rispondono l progetto condiviso dalla comunità scientifica al lavoro. Il direttore dello scavo deve avere anche la capacità organizzative e imprenditoriali. Può trovarsi infatti a coordinare una comunità scientifica, cioè un considerevole gruppo di uomini e donne in vario modo e misura competenti, che cooperano ad un unico fine di ricerca. Chi dirige non deve essere capace in tutto, ma deve sapersi fare intermediario fra le diverse abilità, tutte necessarie a raggiungere l’obiettivo finale. Uno scavo deve essere efficiente e produttivo, dato il suo alto costo economico. Bisogna che i ritmi non siano troppo lenti: un eccesso di minuzia è senz’altro dannoso. Lo scavo deve essere concluso entro un limite obbligato o comunque ragionevole di tempo. La capacità di scavare è legata all’intelligenza e all’esperienza, non all’età e tanto meno ancora al grado accademico o burocratico. Serve grande elasticità nell’avanzare e nel ritirare le ipotesi. Deve esistere un rapporto fra produttività professionale e ragionamento scientifico. Il direttore dello scavo e i suoi collaboratori possono tenere un “giornale di scavo”, dove annotare osservazioni, problemi di metodo, strategie, tattiche e ipotesi. 21 Al direttore di scavo spetta non tanto distinguere le unità stratigrafiche quanto ricomporle in un disegno d’insieme. Il direttore è il solo a potersi sempre muovere liberamente sullo scavo. Spetta innanzi tutto al direttore l’incombenza delle pubbliche relazioni e dei rapporti con le istituzioni e i media. Massima deve essere la tempestività perché le procedure burocratiche sono lunghe e si rischia di non rientrare nei termini stabiliti per l’inizio dello scavo. Il direttore dello scavo deve provvedere al reperimento dei fondi e trovare il modo migliore di spenderli. Il modo di comunicare i risultati della ricerca ai media non è ininfluente da questo punto di vista. Gli enti locali possono fornire importanti aiuti sul piano logistico e strumentale. In cambio si possono offrire i risultati scientifici degli scavi in una mostra documentaria e dare consulenze sui problemi dei beni culturali archeologici del comprensorio in cui la ricerca si svolge. Occorre informare della ricerca la comunità del luogo. È bene prevedere a tal fine visite ei laboratori e agli scavi, conferenze e pannelli didattici all’aperto. Spetta al direttore scegliere i suoi collaboratori. Vi è innanzi tutto il problema del reclutamento dei giovani scavatori. Particolarmente delicata è la scelta dei responsabili dello scavo, dei reperti e del rilievo. Essi costituiscono la spina dorsale della ricerca. Il direttore non deve rivolgersi direttamente agli scavatori, ma sempre ai responsabili. Il direttore dello scavo può prevedere altri responsabili: per la paleoecologia, la topografia, le tipologie, il restauro, le pubbliche relazioni e le mostre, l’amministrazione, la logistica, gli strumenti e gli acquisti, l’informatica e gli acquisti, l’informatica e gli archivi della documentazione. Egli deve tenere anche i contatti con gli specialisti dei diversi tipi di materiali archeologici e con i geologi, i pedologi, i botanici, gli zoologi, gli antropologi, i geografi, i climatologi, gli storici dell’agricoltura, ecc. Il direttore deve continuare il lavoro con i suoi più stretti collaboratori, nei mesi in cui lo scavo è interrotto, organizzando seminari sulla ricerca. È nell’ambito di questa ricerca che sorge l’edizione dello scavo che spetta al direttore curare. Spetta al direttore dello scavo ideare mostre e progetti di valorizzazione relativi all’area di scavo. I responsabili dello scavo Il direttore dello scavo deve poter contare sulla perizia dei responsabili di settore, i quali partecipano direttamente allo scavo coordinando e controllando il lavoro degli altri scavatori meno esperti. I loro compiti sono: 1) Controllare la forma dello scavo 2) Controllare la pulizia delle superfici 3) Eseguire le fotografie necessarie 4) Assegnare un numero di unità stratigrafiche allo strato da scavare o da descrivere 5) Controllare la pianta dello strato e le quote 6) Scegliere sanzioni da documentare 7) Controllare la prima redazione delle schede di unità stratigrafica 8) Controllare che le cassette e i sacchetti abbiano l’etichetta di riferimento 9) Decidere quali strumenti utilizzare e in che modo raccogliere i reperti 10) Tenere contatti con il responsabile dei reperti 11) Curare le schede di unità stratigrafica a scavo terminato 12) Redigere il diagramma stratigrafico 13) Attribuire numeri agli ambienti 14) Controllare che le schede siano archiviate 15) Affiggere i cartellini con i numeri lungo le pareti delle unità stratigrafiche 16) Seguire la didattica del proprio gruppo di lavoro 17) Controllare che lo scavo sia lasciato in ordine 18) Consegnare la documentazione al direttore di scavo Gli scavatori Inizialmente lo scavo era visto come un cantiere in cui ogni tanto comparivano gli archeologi. Ora lo scavo sta apparendo sempre più come l’attività di ricerca di una comunità di studio, come un laboratorio all’aperto in cui almeno un terzo della spesa complessiva dello scavo dovrebbe essere riservata al lavoro degli archeologi. Attitudine a sostenere gli sforzi, assicurazione, vaccinazione antitetanica, sicurezza, conoscenze di pronto soccorso, uso di strumenti meccanici, opere di protezione appaiono fondamentali. 22 Non vi sono molti spazi nella civiltà industriale in cui fondere manualità e cultura; lo scavo è il luogo ideale di formazione nel siedo di una ricomposizione fra mente e corpo di una riunificazione del sapere storico. Lo scavo e le istituzioni Le retribuzioni sono inadeguate, non sono sufficientemente riconosciute le competenze scientifiche e non si danno congedi per motivi di studio. Per tali ragioni queste istituzioni non sviluppano sufficientemente le collaborazioni con le università e i musei locali, rendendo in tal modo difficile la ricerca archeologica sul campo. In un altro contesto istituzionale e normativo l’ispettore poterebbe diventare l’anima intorno a cui formare e far ruotare una vasta comunità scientifica. Patriottismi burocratici o accademici sono deleteri per i beni culturali che reclamano la più ampia collaborazione fra le diverse istituzioni dello stato. L’uso di cooperative è da vedersi positivamente, ma del tutto infelice appare l’affidamento dei lavori da scavo da parte delle soprintendenze a un’unica o pochissime cooperative, escludendo in tal modo dalla collaborazione università e musei locali, ovvero i soggetti più qualificati e che ne avrebbero maggiore diritto. Una tale situazione di monopolio comporta costi molto elevati. Tale monopolio offre un’apparenza di apertura e cooperazione, ma in realtà consolida vecchie prassi burocratiche e chiusure corporative. Il lavoro in qualche modo garantito viene pagato con l’espropriazione dei diritti scientifici. Bisogna reimpostare il rapporto fra soprintendenze e università. Queste ultime devono essere messe in grado di formare storici e professionisti archeologi, ma ciò non può darsi se non si aprono spazi istituzionali e normativi. A tal fine i ministeri competenti dovrebbero dotare i dipartimenti archeologici o almeno le scuole di specializzazione di “policlinici- archeologici”. Un paradiso scientifico e istituzionale è stato creato dal 1984 in Andalusia, dove l’archeologia di tutela non è ancora burocratizzata e partecipe della ricerca archeologica universitaria è coinvolta nella protezione dei beni. Il responsabile dei reperti Figura importante dello scavo è il responsabile dei reperti rinvenuti scavando e setacciando il terreno in vario modo. Deve essere esperta di tipologia di materiali da scavo e capace di organizzare i turni degli scavatori. Deve saper praticare ai reperti il pronto soccorso conservativo, dovrebbe vistare almeno settimanalmente lo scavo e in mancanza di paleoecologo dovrebbe occuparsi di reperti osteologici. Contribuisce con i responsabili dello scavo a definire gli strati o le attività i cui reperti valga la pena pubblicare. I responsabili del rilievo, della paleoecologia e del restauro Più uno scavo è grande ed impegnativo, maggiore è il numero dei responsabili e degli specialisti che dovrebbero essere coinvolti. Occorrerebbe anche un istituto centrale per la topografia, la stratigrafia, il rilievo e la paleoecologia archeologici che dovrebbe coordinare questa materia a livello nazionale (occorre allargare il concetto stesso di archeologia arrivando a comprendere tutti i campi di ricerca che le sono necessari). L’archeologo deve essere autosufficiente, è indispensabile che sei sappiano disegnare piante, sezioni, prospetti e oggetti, fotografie, svolgere operazioni elementari di protezione e di restauro, saper raccogliere testimonianze ambientali e comprendere la formazione di uno strato terroso. I responsabili della logistica e degli strumenti Non si può scavare con tranquillità se non si dispone di un vitto, alloggio, trasporto e strumenti adeguati, specie quando non si tratta di uno scavo urbano. 25 Per alcuni lavori bisogna usare il PICCONE. È utile per lavori pesanti, per spiombare le pareti terrose e anche in operazioni leggere. Occorre in quest’ultimo caso afferrare il manico del piccone con la mano destra in posizione avanzata. Per lavori più pesanti occorre sollevare il piccone in alto, anche sopra le spalle se necessario. Nel farlo ricadere è conveniente sfruttare la forza di gravità; a tal fine è opportuno far scivolare durante la caduta la mano sinistra verso quella destra. Per rompere muri a volte il piccone non è consigliabile e meglio serve la mazza o il martello pneumatico. Lo scavo con il piccone comporta una raccolta sommaria dei reperti contenuti negli strati. Si possono usare due tipi di PALE: 1) pala di forma triangolare (mediterranea): va impugnata in alto e con la mano sinistra in posizione avanzata. Per infilare la pala nel terreno smosso dal piccone è opportuno sfruttare tutto il peso del proprio corpo, magari appoggiando la mano sinistra sul ginocchio sinistro. Dopo aver conficcato la pala nel terreno occorre abbassare leggermente e di scatto il manico con la mano destra per rialzarlo subito dopo in modo da assestare la terra alla base della pala. Sfruttando il peso stesso della pala carica occorre poi bilanciare lo strumento portandolo tanto più indietro quanto più avanti e lontano occorre spalare la terra. Nel lanciare la pala in avanti, più si abbassa la mano destra e più in alto viene lanciata la terra, il che si rivela necessario quando la carriola si trova in posizione elevata. Quanto più secco è il colpo del lancio, tanto più la terra rimane nel suo tragitto compatta in volo. Bisogna evitare di portare la pala carica di terra camminando verso la carriola. Usata lateralmente la pala può servire a raccogliere la terra. 2) pala di forma rettangolare (nordica): per infilarla nella terra bisogna servirsi anche qui del peso del proprio corpo, facendo forza con la mano sinistra sul ginocchio sinistro. A tal fine occorre piegarsi notevolmente. Servendosi del peso dello strumento carico occorre bilanciare la pala all’indietro per poi lanciarla in avanti e spalare. Più la mano destra si abbassa in questo movimento e più in alto viene lanciata la terra. La pala rettangolare sposta più terra, la lancia più in alto ed è particolarmente adatta a radunare la terra in un mucchio e a pulire le superfici degli strati. Per questi usi bisogna rovesciare la pala tirandola a sé con la destra e premendo verso terra con la sinistra; è fondamentale controllare l’integrità degli strumenti. 26 Strumento principe dello scavo è la CAZZUOLA inglese per stilatura, di forma triangolare, appuntita, forgiata in un solo pezzo di acciaio e con il manico. Ve ne sono di varie misure, ma quella consigliabile è lunga 10 cm; essa è grande, flessibile e senza punta. La trowel serve soprattutto a demolire il volume degli strati non troppo consistenti e a completare lo scavo di quelli consistenti onde rivelare nel modo migliore le superfici di quelli sottostanti. È anche molto adatta a pulire i muri. Può essere usata delicatamente o con forza a seconda della pressione su di essa esercitata. Afferrandola per la lama o usandola alla rovescia si incide e si raschia con grande efficacia. Quando lo strato è particolarmente compatto conviene romperlo usando lo strumento come un pugnale. Lo scavo con la trowel consente una raccolta dei reperti piuttosto completa. È consigliabile usare la trowel associata alla PALETTA DA CARBONE. La paletta piena di terra deve essere poi rovesciata nel SECCHIO e questo infine nella CARRIOLA. Per estrarre la terra dalle buche di palo di piccone dimensioni è meglio servirsi di CUCCHIAI. Alcuni strumenti da giardiniere possono servire all’archeologo. Esiste, ad esempio, un attrezzo da giardiniere a forma di gancio che si rivela utile per pulire i muri isolando le singole pietre. Tale lavoro può essere rifinito pulendo i parametri con spazzole, il cui uso è invece sconsigliato per gli strati terrosi. La stratigrafia è stata inventata nei paesi umidi dove, per questa circostanza, la terra rivela meglio composizione e colore. Nei paesi caldi è utile spruzzare acqua a fine giornata le superfici terrose, magari con uno spruzzatore per il verderame. Si possono anche coprire gli strati con fogli in plastica, in modo da conservare la naturale umidità del terreno. L’ideale sarebbe escludere i mesi troppo caldi. Per evitare incidenti occorre lavorare in parallelo, evitando l’uso incrociato degli strumenti, specialmente della pala e del piccone. Quando chi usa il piccone è in azione, lo spalatore deve allontanarsi, e viceversa. Pericolosa è la carriola disposta lungo il bordo dello scavo; meglio disporla normalmente al bordo, specie se lo scavo è profondo. Raccogliere, setacciare, flottare In caso di strati particolarmente importanti conviene esaminare la terra spostandola con la trowel da un lato all’altro nel setaccio usato come contenitore oppure setacciarla con setacci a mano. Se la terra da vagliare è molta o si vuole setacciare più accuratamente con acqua conviene usare setacci sospesi. Per raccogliere resti di molluschi, insetti, piccoli mammiferi, uccelli, pesci e semi è opportuno sottoporre alla flottazione campioni della dimensione di un secchio che non siano altrimenti setacciati. Elenco degli strumenti Prefabbricati e il loro arredo come coperture in caso di piogge, serre; picchetti, asticelle metalliche , falcetti, rastrelli , mezzi meccanici di scavo, mazzi, picconi, zappe, ginocchiere, trowels, spruzzatori e tubi di plastica, chiodi, cartellini, 27 pennarelli, setacci a mano o sospesi, seghe, pinze, cassette, scale, carrucole, palanche, libi per classificare i reperti, gomma, schede. Essenziale si rivela a volte l’uso delle pale meccaniche, per eliminare humus, strati naturali relativamente sterili, strati molto recenti orizzontali o che riempiono cantine e riempimenti di precedenti scavi archeologici. Il lavoro delle pale deve essere seguito da pochi archeologi che conoscono il funzionamento delle macchine e i pericoli che esse comportano. Mentre la pala scarica la terra sul camion, gli archeologi devono ripulire rapidamente le superfici per indicare dove la pala deve arrestare il suo lavoro. La pala deve cominciare dal lato opposto a quelli in cui si trova la terra di risulta. COSE DA SCAVARE Strati orizzontali Occorre pulire con cura la parte superiore dei volumi degli strati orizzontali. È più pericoloso non scavare completamente uno strato che sovrascavarlo includendo quello successivo. Se gli strati non si distinguono significa che le parti superiori dei loro volumi non sono state adeguatamente pulite. Si tratta allora di scendere ovunque di qualche millimetro per arrivare a identificarli. Meglio distruggere poco su una superficie ampia anziché molto su una limitata. Si deve andare alla ricerca non di uno strato particolare, bensì di un qualsiasi mutamento, anche pochi millimetri sotto l’ultima superficie riconosciuta. È scavando “contropelo” che si rischia di asportare due o più strati alla volta, intenti come si è a cercare uno strato prestabilito. Bisogna osservare con attenzione gli strati di distruzione e di abbandono ritenuti generalmente di scarsa importanza e invece fondamentali per ricostruire un elevato di un edificio in rovina. Distribuzioni particolari di materiali affioranti possono rivelare la presenza di edifici in legno di cui quei materiali costituivano la preparazione o il suolo. Altre volte sono invece le dimensioni particolari degli strati o le loro specifiche colorazioni a rivelare povere forme di abitazione. Molta cura va posta nello studio delle diverse fasi di uno stesso edificio. Può aver conosciuto ripensamenti durante la sua costruzione. Può essere decaduto in modi e tempi diversi nelle sue singole parti. Può aver attraversato periodi economici, sociali e culturali assai diversi. Lo scavatore cerca le soluzioni di continuità, i mutamenti anche minimi che scandiscono la vita di una struttura. Di ogni strato occorre cercare di intendere la formazione; per tale ragione ogni archeologo dovrebbe avere nozioni elementari di sedimentologia (scienza che si occupa dei processi di accumulo ed erosione) e di pedologia (scienza che si occupa della trasformazione delle superfici esposte). Il singolo strato può rivelare a volte la sua dinamica di formazione in modo particolarmente evidente, come negli accumuli scarsamente omogenei, quali gli strati di intonaci, di volte e di elementi architettonici e scultorei crollati. In questo caso lo studio della formazione degli strati è il presupposto di ogni serio restauro e ricomposizione dei complessi iconografici. Nel caso di volte crollate occorre identificare i singoli pezzi con i loro margini di rottura e metterli in pianta con una freccia indicante la direzione del crollo e il grado dell’inclinazione. Dei singoli pezzi conviene disegnare una sezione che ne faccia risaltare le caratteristiche salienti. 30 Lo scavo di queste fosse può rivelarsi abbastanza difficile. I materiali crollati negli interstizi della fossa possono essere scambiati per le loro pareti. La stratigrafia si complica quando le fosse sono molte, si tagliano l’una con l’altra e perforano in vario modo gli strati più antichi. Questa distruzione di stratificazione è compensata dal fatto che tali fosse contengono gruppi “chiusi” di reperti, generalmente ben conservati, grazie ai quali è possibile stabilire le tipologie della ceramica. È importante distinguere la successione delle fosse che si tagliano l’una con l’altra e che tagliano a loro volta gli strati orizzontali precedenti individuando le terre diverse dei diversi strati. Deposizioni funerarie Lo scavo delle deposizioni funerarie implicala conoscenza della vastissima tipologia di queste unità stratigrafiche. Tombe e necropoli possono trovarsi anche nell’ambito di un insediamento. La Cartagine romana è costruita in gran parte sulle necropoli puniche e in età tardo antica le necropoli riprendono lo spazio che avevano perduto. Lo stesso avviene a Roma, ad esempio sull’Esquilino, dove una necropoli tardo-antica si estende sull’area un tempo occupata dalla Porticus Liviae. La posizione stessa delle necropoli intorno ad un abitato in sé poco noto può aiutare a delinearne la storia e la generale topografia. Lo scavo delle necropoli è più facile di quello degli abitati, trattandosi nel primo caso di unità stratigrafiche piuttosto semplici, ripetitive e prevedibili. Complicato e costoso può invece rivelarsi il recupero dei corredi tombali e la loro conservazione. I corredi e i resti organici delle tombe, che informano su età e sesso degli individui, sono testimonianze fondamentali per ricostruire i rapporti sociali e la mentalità delle società antiche, come il manifestarsi delle prime aristocrazie nelle necropoli dell’Italia centrale dell’VIII secolo a.C. Si tratta di identificare contesti di deposizioni che si possono correlare con segmenti strutturali della società e che devono essere considerati come unità minime di analisi strutturale e di cronologia relativa. Le tabelle di associazione prendono come unità di analisi le singole tombe. Fossati e trincee Vi sono molti fossati di diverso genere: da quelli dei campi a quelli difensivi. I fossati possono essere individuati anche in una sola trincea. Solo uno scavo in estensione può dare l’intera sequenza dei diversi interventi lungi la stessa l inea difensiva. Lo strato che la riempie è generalmente posteriore alla costruzione della fondazione. Tagli di muri Come tutti i tipi di unità positive anche i muri possono essere tagliati verticalmente da ogni sorta di unità negative. Un muro può essere stato tagliato per modificare un ambiente, creare una porta o una finestra, scavar una fossa , una tomba, un fossato o una conduttura, oppure l’intero fronte di un edificio può essere stato arretrato e ricostruito, oppure distrutto per l’innesto di un nuovo edificio (come il palazzo dei re musulmani da parte di quello di Carlo V all’Alhambra di Granada). Questi tagli verticali vanno distinti da quelli orizzontali, che producono un abbassamento del livello del muro, determinandone la cresta. Trincee di spoliazione L’archeologia tradizionale si interessava soltanto di realtà monumentali cospicue. Oggi siamo in grado anche di delineare la pianta di strutture assenti, cioè di edifici i cui muri siano stati “rubati”. 31 La loro forma è suggerita da quella delle trincee di spoliazione. Queste ultime offrono notizie sulla spoliazione stessa e sull’andamento della struttura “rubata”, di cui a volte restano tracce sul fondo. In alcuni casi tali trincee toccano quelle di fondazione. Vi è allora il rischio che, scavando la trincea di spoliazione, la terra della trincea di fondazione possa crollare mescolandosi con quella della trincea di spoliazione. In questo caso meglio sarebbe anticipare lo scavo della trincea di fondazione garantendosene l’integrità. Fra i primissimi a scavare trincee di spoliazione è stato Wheeler a Verulamium negli anni ’30. La metodologia e la pratica si è da allora molto sviluppata. È il fondo di una trincea ad indicare la dimensione originaria del muro espoliato. Fondazioni di una stessa epoca sono da presupporsi per lo più analoghe e quindi le trincee di spoliazione dovrebbero essere di conseguenza simili in larghezza e profondità. Due fondazioni che non si legano implicano la conservazione di una sottile fetta di suolo non scavato dalle fosse di spoliazione delle due fondazioni, assumendo esse un andamento curvilineo nella parte inferiore. Fondazioni diverse e muri che si appoggiano l’uno all’altro possono appartenere a fasi diverse ma anche ad una stessa fase edilizia; non è detto che la spoliazione avvenga tutta ad un tempo. Si può individuare la sequenza della spoliazione. Per cogliere questa complicata serie di rapporti bisogna scavare le trincee di spoliazione su vaste aree, tenendo conto delle seguenti indicazioni: 1) a uno stesso muro corrisponde una stessa trincea di spoliazione; 2) due muri vicini e contemporanei possono essere spoliati contemporaneamente o uno dopo l’altro; 3) due muri uno accanto all’altro e di diverso periodo possono essere spoliati contemporaneamente, uno dopo l’altro oppure in periodi diversi. Canalizzazioni Le canalizzazioni possono essere di vario tipo e di diversa complessità, dalla fistula, al discendente in terracotta, alla fogna. Le fistulae giacciono generalmente incorporate negli strati orizzontali, oppure sono custodite entro appositi fognoli in muratura. Le fogne occupano molto più spazio in uno scavo, ma in orizzontale più che in profondità. Sono dunque le strutture edilizie più indicate ad essere smantellate per poter scendere, ove necessario, nelle zone stratigrafiche più profonde. Trincee di coltivazione Raramente ci si è curati di studiare le superfici coltivate dei frutteti, dei giardini, degli orti e dei campi. Risultati importanti sono stati raggiunti, e non solo, nella zona vesuviana. Quando la roccia era affiorante poteva servire abbassarne il livello per una certa superficie, oppure tagliare in essa trincee in cui accogliere la terra da coltivare. Le forme di queste trincee danno indicazioni sul tipo di coltura praticata. Si possono trovare sul fondo di uno strato di terra coltivato cavità parallele che possiamo interpretare come tracce della vanga che ha lavorato il terreno in profondità. In un terreno inadatto alle colture possono essere stati scavati solchi per immettervi terra buona da coltivare. Non è facile identificare tali unità; l’unico elemento omogeneo e unificante risulta essere il taglio dei solchi stessi. Muretti a secco e mutamenti di terre con limiti regolari possono indicare le aiuole di un giardino. È dunque possibile ricostruire orti e giardini ovunque, anche in zone non coperte da eruzioni vulcaniche antiche. 32 LO SCAVATO Come lasciare lo scavo Prima di lasciare uno scavo , specialmente se non finito, sarebbe opportuno redigere la pianta di tutte le superfici di unità stratigrafiche anche solo parzialmente esposte. Le pareti terrose dello scavo andrebbero protette da blocchetti di cemento per conservare le sezioni. Le creste dei muri andrebbero consolidate ove destinate a rimenare a lungo all’aperto. I pavimenti di pregio possono essere coperti di argilla espansa, rete per zanzare e terra. Gli intonaci dipinti possono essere protetti anch’essi con argilla espansa trattenuta da un muretto a secco, rete e terra. Le basi di colonna in muratura e stucco o altri elementi del genere possono essere coperti allo stesso modo, servendosi di armature di legno foderate da rete da zanzare per contenere l’argilla espansa. Gli strati orizzontali possono essere trattati con diserbanti. Le unità stratigrafiche negative andrebbero riempite di terra. Solo in casi del tutto particolari ha senso non ricoprire uno scavo e porre il problema della sua valorizzazione. Non è opportuno lasciare rovine abbandonate e incustodite o investire troppo denaro per conservare in vista resti non particolarmente significativi. Nelle valorizzazioni si possono immaginare quattro livelli di intervento: 1) pannello didascalico sullo scavo ricoperto, con qualche tettoia e qualche parte visibile in profondità; 2) pannello didascalico e bassi muretti affioranti, anche ricostruiti; 3) pennello didascalico e ruderi cospicui con creste consolidate; 4) pannello didascalico e strutture restaurate coperte da tettoia. Come trattare i reperti Quanto è stato raccolto deve essere lavato senza acidi per non danneggiare il reperto. Le terrecotte non dovrebbero neanche essere lavate. I reperti vanno sigillati direttamente sui loro contenitori. I reperti particolari devono essere raccolti a parte per non essere danneggiati darò preponderante ceramica e vanno segnati con il loro numero su apposito registro. I frammenti di intonaci vanno conservati in cassette di legno. Le singole parti in cui sia stato eventualmente suddiviso un mosaico dovrebbe essere imballato in casse di legno. Solo in laboratorio si può procedere al restauro, alla classificazione finale per forme e tipi, alla quantificazione definitiva utilizzando la tabella dei materiali e le schede RA e N.
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