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Sintesi del saggio "The Rise of the Novel" di Ian Watt, Sintesi del corso di Letterature comparate

Riassunto dei vari punti salienti

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 16/05/2022

robidevito
robidevito 🇮🇹

4.9

(7)

8 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Sintesi del saggio "The Rise of the Novel" di Ian Watt e più Sintesi del corso in PDF di Letterature comparate solo su Docsity! The Rise of the Novel, titolo originale, termine Novel fondamentale nella riflessione di Watt, è un saggio del 1957. Saggio che dal momento della sua pubblicazione è diventato un testo di riferimento in qualche modo, anche se poi è stato in parte da alcuni contraddetto, da altri integrato e discusso. Però rimane fino ad oggi un testo di riferimento in qualunque discussione articolata attorno al realismo. L’oggetto dell’indagine di Watt è il Novel, contrapposto al Romance. Il Novel secondo Watt è una forma nuova che emerge in Inghilterra all’inizio del 700 (Le avventure di Robinson Crusoe, 1719, Defoe). Siccome la chiave fondamentale del Novel è per Watt il realismo, di fatto The Rise of the Novel è uno dei grandi testi critici canonici del realismo. Watt si chiede: Che cosa caratterizza questo Novel? Si interroga, qual è la sua morfologia, quali sono le caratteristiche che lo contraddistinguono e lo fanno essere ciò che è? È il realismo, il punto fondamentale, il tratto distintivo della nuova forma inaugurata da Defoe, Richardosn, Fielding, questa tradizione viene traghettata verso l’800 formalmente da Jane Austen che lo porta verso la forma del romanzo 800esco. Non a caso è colei che ha inventato e codificato lo stile indiretto libero, la narrazione onnisciente in terza persona; quindi, è una figura così importante perché incarna la continuità con i valori 700eschi e nello stesso tempo una nuova consapevolezza formale del romanzo. *novel  narrazione fittizia in cui i personaggi e le azioni realistiche sono presentate in una trama abbastanza complessa. *romance  narrazione in cui prevale l’elemento fantastico Come è noto, il genere del romanzo inglese è collegato a figure quali Defoe, Richardson e Fielding; tuttavia è bene puntualizzare il fatto che loro non appartennero ad una determinata scuola letteraria e, in aggiunta, le loro opere risultano essere così diverse tra loro. In cosa differiscono dalle narrazioni in prosa del passato? Di conseguenza, questa ricerca prende un’altra direzione: bisogna contestualizzare quali siano state le condizioni per le quali i tre romanzieri ebbero grande importanza dando vita al romanzo. Bisogna partire da una definizione della caratteristiche del romanzo che escluda entro il suo raggio d’azione tutte le caratteristiche dei tipi precedenti di narrativa ma che sia, al tempo stesso, abbastanza ampia per far si che essa rappresenti tutto ciò che viene applicato nella categoria romanzo. Sia Richardson e sia Fielding si condiseravano gli iniziatori di un nuovo modo di scrivere e ritenevano che esistesse una frattura con le opere precedenti, ma non fornirono una definizione del nuovo genere, né possiamo etichettare la diversa natura della loro narrativa con un nuovo nome poiché il termine novel non entrò nell’uso comune che verso la fine del 18esimo secolo. Attraverso una più ampia prospettiva, gli storici del romanzo sono giunti oltre alle mere definizioni di REALISMO che, ha caratterizzato la distinzione della narrativa precedente. Secondo il punto di vista della critica letteraria, l’associazione del termine REALISMO è con la scuola francese: “Réalisme” usato per la prima volta probabilmente come termine estetico nel 1835 per essere contrapposto al concetto di “idéalité poétique” della pittura neoclassica, e fu più tardi consacrato con la fondazione nel 1856 della rivista Realisme. Tuttavia, il senso originale della parola perse il suo primato per poi essere sostituito come termine opposto al concetto di IDEALISMO e questo ha influenzato molto gli studiosi e storici del romanzo. Il romanzo si presenta come qualcosa di continuo rispetto a tutte le altre forme di narrativa che rappresentavano la vita comune. Anche la storia picaresca rientra nel realismo in quanto spiega il comportamento umano. L’uso del termine realismo ha un difetto intrinseco, cioè di oscurare la caratteristica più distintiva del romanzo. Se il romanzo fosse realistico semplicemente perché vede la vita nei suoi aspetti più pietosi, sarebbe semplicemente un romance capovolto. Esso cerca di ritrarre tutte le varietà dell’esperienza umana. Perciò il realismo del romanzo non consiste nel cosa rappresenta, ma come lo fa. Ciò è molto vicino al lavoro dei realisti francesi, i cui scritti differivano dai ritratti dell’umanità più lusinghieri, essendo prodotto di un’analisi della vita più scientifica. Il realismo del romanzo non consiste nel rappresentare un certo tipo di vita e non un’altra, cioè la vita privata invece che la vita pubblica. Non è un problema meramente di contenuto, ma di modo in cui si rappresenta il mondo, si ricrea, è per questo che Watt parla di realismo formale. Nel senso di realismo come modalità di rappresentazione prima ancora che come scelta di oggetti della rappresentazione. Dunque la caratteristica è il realismo, e il romanzo, dice Watt, solleva  Problema fondamentale del romanzo  corrispondenza tra opera letteraria e realtà imitata. Problema epistemologico, in linea col pensiero dei filosofi. Come è noto, il termine realismo è usato anche in filosofia per andare contro la visione medievalistica secondo cui le realtà sono gli universali, le classi, o le astrazioni e non gli oggetti concreti e particolari. Il romanzo è nato nell’era moderna, periodo in cui l’orientamento intellettuale è del tutto distaccato da quello che era presente nell’antica Grecia o al medioevo in quanto rifiuta gli universali. E’ noto come il realismo moderno inizia con l’affermazione che la verità piò essere scoperta individualmente attraverso i nostri sensi ma il fatto che il mondo esterno è reale aiuta ben poco a comprendere fino in fondo il realismo letterario in quanto, da quando è nata la letteratura si è sempre basata su questa ricerca epistemologica. Ovviamente il realismo della filosofia è più complesso rispetto a quello letterario poiché quest’ultimo è più che altro un atteggiamento generale di pensiero realistico. L’atteggiamento generale del realismo filosofico è critico, anti-tradizionalista, innovatore, basato sullo studio dei particolari, libero dal passato o dalle tradizionali credenze. Particolare rilevanza è data anche alla semantica, al problema della natura deò rapporto tra parole e realtà. Ci sono caratteristiche del realismo filosofico che hanno analogie in quelle del romanzo. Watt insiste su 3 aspetti: Il carattere di novità del romanzo moderno (Novel – romanzo moderno) significa che il tipo di impostazione storiografica di Watt spinge pesantemente sul pedale della rottura, della discontinuità storica rappresentata dal romanzo inglese del 700 rispetto alla tradizione precedente. Non è l’unico orientamento storiografico possibile e recentemente ne sono stati proposti altri (per esempio M. Doody, The true story of the Novel). Il taglio storiografico di Watt enfatizza la rottura, il Novel nasce in contrasto, non solo si differenzia radicalmente ma si contrappone a un insieme di tradizioni letterarie e narrative che lo precedono. Quindi primo punto che si pone sul carattere inedito dei procedimenti che caratterizzano il Novel. INDIVIDUALISMO La classe borghese viene progressivamente a costituirsi come gruppo sociale, è composta da individui che non hanno alcun tratto distintivo di ordine sovraindividuale. Il nobile ha un nome, è una figura pubblica, eredita status, patrimonio da una linea ereditaria, il borghese invece se la deve conquistare con il proprio lavoro, la meritocrazia ha origine lì. La cultura del lavoro è vista come impegno singolare per raggiungere determinati obiettivi. La borghesia valorizza l’individuo in quanto tale non come rappresentante di una classe. In questo senso si parla di individualismo borghese, cioè la valorizzazione dell’individuo e delle sue qualità, che ha unicamente sé stesso e le proprie capacità che gli consentono di raggiungere determinati obiettivi non per garanzie, possibilità, status e caratteristiche che sono insite nell’appartenere a un gruppo, una classe, a qualcosa che è transindividuale. I membri della borghesia sono stati tra i primi che hanno dovuto in qualche modo rivendicare il valore e il significato di una vita individuale perché non avevano altro da esibire. Il fulcro diventa la capacità del singolo di produrre, lavorare, arricchirsi, in un discorso sociale in cui la ricerca del profitto, del benessere per lungo tempo si è coniugata con una sorta di mitologia del saper fare, dell’essere accorti, capaci, audaci. Robinson Crusoe è il mito e il simbolo dell’individualismo borghese perché Defoe lo ha confinato in un luogo in cui non c’è nessuno, attribuendogli tutte quelle caratteristiche di razionalità di razionalizzazione, di operosità di capacità di mettere a frutto le situazioni, di dominio sulla natura che fanno lo spirito borghese dal punto di vista economico sociale. Da una parte enfatizza il suo individualismo nel senso che è solo, è unico, nell’isola non c’è nessuna struttura sociale articolata all’interno del quale si possa trovare posto in termine di classi, gruppi etc. e perché di quel contesto diventa in qualche modo il padrone.  CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE  6 tratti salienti individuati *Essay concerning human understanding, Locke  document più significativo di queste tendenze settecentesche. 1) POVERTA’ CONVENZIONI FORMALI  è il prezzo pagato dal romanzo per il suo realismo (se si vuole aderire alla vita quale essa è, non ci si può piegare a dettami estetici e retorici che non hanno a che fare con la natura): Il romanzo rompe con un senso del valore e del pregio legato all’imitazione dei modelli della tradizione. La grandezza di Descartes consiste nella sua determinazione a non accettare nulla sulla fiducia. Due delle sue opere influenzarono in modo particolare il moderno assunto per il quale il perseguimento della verità è di sola natura individuale. Il romanzo, quindi, è la forma letteraria che più rispecchia questo assunto individualista. A differenza delle forme letterarie precedenti che basavano il concetto di verità come essere collegato alle tradizioni (le trame dell’epoca classica erano basate su storie del passato e i meriti dell’autore erano misurati in base al decoro letterario raggiunto), nel romanzo no. Per quest’ultimo, che andava contro il tradizionalismo letterario, il criterio fondamentale era la verità in relazione all’esperienza umana che è sempre unica e nuova. Questo implica ovviamente il fatto che il romanzo divenisse opera letteraria più consona a trasmettere la cultura del tempo, insistendo sul valore dell’originalità. Questa enfasi che viene posta sul concetto di “nuovo” presenta delle criticità che stanno alla base del romanzo: per il romanzo non è motivo di pregio essere imitazione di un’altra opera letteraria in quanto il compito primo del romanziere è dare l’impressione di riprodurre fedelmente l’esperienza umana e, quindi, conformarsi ad una tradizione formale può solamente essere “dannoso” per il romanzo stesso. Il romanzo non è nemmeno portatore di trame tradizionali: Defoe e Richardson sono i primi grandi scrittori della letteratura inglese ed è noto a noi tutti come le loro trame non siano soggette ad altri elementi come accadeva in passato, non le hanno derivate dalla mitologia o dalla letteratura precedente (si pensi ad esempio al genio di Shakespeare: le sue trame erano basate su intrecci tradizionali, permeate della tradizione del suo tempo secondo cui la natura è immutabile ecc. ) Ma al tempo stesso, dal Rinascimento in poi, si stava sviluppando una particolare tendenza che andava a sostituire l’esperienza individuale alla tradizione collettiva. In questa transizione si sviluppa maggiormente il romanzo. La parola “Originalità” acquistò il suo valore semantico soprattutto nel 18 secolo in Inghilterra e, se a differenza del periodo medievale dove la parola aveva il significato di “esistente dall’inizio”, ora invece ha il significato “non derivato da altro, nuovo, fresco e indipendente”. L’uso di trame non tradizionali, inventante o basate parzialmente su avvenimenti contemporanei quindi, è una precoce manifestazione di questa tendenza. (l'originalità come orizzonte e come valore è un’invenzione moderna, nasce tra Sette e Ottocento e viene codificata con il Romanticismo). 2) PARTICOLARIZZAZIONE  Cambiamenti nel romanzo dovevano riguardare anche gli attori e le scena delle loro azioni: l’intreccio doveva avere come attori delle persone particolari in circostanze particolari contro gli stereotipi del passato. Questo mutamento letterario fu analogo al rifiuto degli universali e all’enfasi posta sui particolari che caratterizza il realismo filosofico. Aristotele avrebbe insistito che lo studio dei particolari singoli era di scarsa importanza poiché l’uomo doveva raggiungere la conoscenza degli universali che costituivano sol la realtà ultima e immutabile. Perciò le nuove tendenze filosofiche erano completamente in opposizione con le idee letterarie dominanti. La tradizione critica del primo 700 era ancora dominata dalla forte predilezione classica e universale: in questo modo, quindi, il romanzo e il realismo filosofico era controcorrente. I neoplatonici erano sostenitori del romance, opposti alla singolarità, tendenza che si svilupperà presto come risultato dell’applicazione ai problemi dell’approccio psicologico di Hobbes e Locke. La particolarità delle descrizioni è tipica di Robinson Crusoe e Pamela. La prima biografia di Richardson (Mrs. Barbauld) invece descrisse in termini controversi tra generalità classica e particolarità realistica. Il concetto di particolarità realistica in letteratura è troppo generale: per offrire dimostrazioni di tale natura bisogna considerare due aspetti fondamentali per il quale il romanzo si distingue dagli altri generi: quali CARATTERIZZAZIONE e PRESENTAZIONE AMBIENTE. 3) PERSONAGGI  Tra i vari problemi legati alla rappresentazione dell’individuo, Watt decide di soffermarsi sul nome proprio, come valore strategico, non connesso a funzioni allegoriche o simboliche. Nella società gerarchizzata si delinea un sottoinsieme riconoscibile di coloro che detengono l’autorità e il potere. Nel romanzo moderno entrano in scena degli individui ignoti, che rivendicano una storia, la loro storia. Il personaggio è un’entità ignota. L’individuo è la pietra angolare della vicenda (e del testo), come il titolo dice. È un individuo “comune”, normale come lo dimostra il suo nome. Non si tratta di dei, eroi, non sono nobili o cavalieri ma spesso una realtà domestica in senso lato del termine con il romanzo la vita privata assurge a una dignità estetica che non aveva. Vita privata significa anche la vita segreta, celata nel senso di opposta a pubblica, visibile, come abbiamo visto in Balzac nella Peau de Chagrin, nel mistero di Fedora. Il valore dell’individuo di cui si racconta la storia, e qui torniamo al problema dell’individualismo borghese, non sta nel suo rango, nella sua appartenenza o ordine a categorie generali ma sta nel suo essere una singolarità specifica. Personaggio del Novel, qui ci ricolleghiamo a Watt, non funziona più come una sineddoche, cioè sta lì perché rappresenta il coraggio, la codardia, la nobiltà, la virtù ma sé stesso. Individuo che entra in scena come entità ignota. Filosofi e romanzieri diedero maggiore importanza all’individuo rispetto al passato, ponendosi il problema di definire l’identità personale. Ovviamente la grande attenzione da parte del romanzo a dare questo senso di particolarizzazione è molto vasto e Watt lo considera solamente sotto il modo in cui il romanziere tipicamente indica la sua intenzione di presentare un personaggio come individuo dandogli un nome come tutti nella vita ordinaria. I nomi propri sono l’espressione verbale della particolare identità di ogni singola persona, esattamente con la stessa funzione nella vita sociale. Questa funzione dei nomi propri ha grande rilevanza nel romanzo. Anche nelle forme letterarie passate, gli autori davano i nomi propri ma questi non caratterizzavano le persone come completamente individualizzate. La prosa passata tendeva ad utilizzare nomi propri caratteristici, storici o tipici che denotano qualità particolari o che nella loro semantica, si riferiscono a realtà fittizie o comunque antichissime. L’orientamento convenzionale tendeva ad associare un solo nome, mentre nella vita ordinaria si ha nome e cognome  che colloca i personaggi in un sistema di riferimenti e di leggi sostanzialmente uguale a quello del lettore – il cognome ci dota di una identità anagrafica, e fa da garante della nostra singolarità. L’omonimia nel mondo reale è un po' uno scandalo, inteso come un’eccezione, una devianza, un problema; così come lo è la polionimia, il fatto che un individuo abbia più nomi e che si presenti sotto nomi diversi. Comunque, questi individui hanno delle avventure che sono degne di essere raccontate I nuovi romanzieri, ruppero con il passato e diedero nomi ai loro personaggi in modo da suggerire a noi lettori che quei personaggi erano individui particolari nel contesto contemporaneo. Rapporto nome/ persona arbitrario. Nome che non ha una risonanza storica e/o mitologica (non si chiama Giulio Cesare, Riccardo III né tantomeno Mister Badman, che oltre a rappresentare sé stesso rappresenta anche qualcos’altro). Si tratta di nomi molto specifici e nello stesso tempo indeterminati (come il nostro, come quello del lettore). Defoe fa un uso casuale dei nomi propri e talvolta contradditorio ma molto raramente da nomi fantastici. Fronteggiò anche il problema di dare nomi appropriati e suggestivi che suonino realistici. Richardson fu più attento e diede a quasi tutti i suoi personaggi un nome e un cognome, in modo tale da suonare verosimili e adatti alle personalità di chi li porta. Fielding diede ai suoi personaggi dei nomi che hanno una connotazione più moderna. “Amelia”  la sua Defoe è stato il primo a “visualizzare” ciò che narrava, come se la scena fosse avvenuta in un ambiente reale e questa solidità di ambientazione viene vista in Defoe attraverso il modo in cui tratta gli oggetti mobili nel mondo fisico: l’isola di Crusoe è piena di articoli di vestiario e di utensili. Richardson, anche qui figura centrale nello sviluppo del realismo del romanzo, da molte descrizioni degli interni (come la Austen); cosi come Balzac e la sua abilità nel rendere l’ambientazione di un romanzo forza operante e pervasiva. Fielding è ovviamente distante da Richardson: non ci da esaustive descrizioni di interni e quelle che da degli esterni sono molto convenzionali. Importanza all’ambientazione come quadro totale di vita, alla ricerca però della verosimiglianza. Tale ricerca portò Defoe, Richardson e Fielding a collocare l’uomo interamente nel suo ambiente fisico, che costituisce l’abilità distintiva della forma romanzesca. 6) STILE  Tutte le caratteristiche che hanno lo scopo di produrre un resoconto autentico di esperienze di individui, rompono con la tradizione. Forse la più importante caratteristica è l’adattamento dello stile alla prosa, con lo scopo di dare autenticità (strettamente connesso al realismo filosofico). Alcuni degli abusi del linguaggio (il linguaggio figurato) sono stati una caratteristica dei romance, ma rari nella prosa di Defoe e Richardson. il romanzo moderno enfatizza la funzione referenziale del romanzo come medium a scapito della dimensione figurale del linguaggio (degli abbellimenti retorici fino a uno stile antiletterario e povero). Il Romanzo fa riferimento a oggetti del mondo reale, al fine di dare un’illusione di autenticità. La precedente tradizione stilistica non riguardava la relazione tra cose e parole, si basava principalmente sulle bellezze estrinseche che si potevano aggiungere alle descrizioni e alle azioni mediante l’uso della retorica. Ne deriva un’eccessiva elaboratezza di stile nei romances. L’assunto implicito dei critici e degli scrittori era che l’abilità di uno scrittore si vedeva non nella precisione ma nella sensibilità letteraria con cui il suo stile rifletteva il decoro linguistico appropriato al soggetto trattato. E’ naturale, quindi, che Defoe o Richardson venissero criticati per il loro uso descrittivo e denotativo (considerando la loro scrittura goffa e impropria) del linguaggio da coloro che rappresentavano la moda letteraria. I loro intenti realistici richiedevano qualcosa di diverso dai modi della prosa letteraria del tempo. Dennis condanna il linguaggio figurato in alcune circostanze perché irrealistico. Nessun linguaggio figurato può essere il linguaggio del dolore per esempio. E’ quindi plausibile che si debba considerare la rottura di Defoe e di R. come la naturale conseguenza della sua ricerca di immediatezza, di eliminare quella discontinuità semiotica con una forte aderenza del testo, non come una deformazione. In D. la sua aderenza è principalmente fisica, in R. è principalmente emotiva, ma in entrambi lo scopo è di far si che le parole comunichino l’oggetto in tutta la sua concretezza. Se Defoe e Richardson, applicando il punto di vista realista al linguaggio si impediscono il conseguimento di altri valori letterari, Fielding, non ruppe con la tradizione, e le sue virtù stilistiche tendono a infierire con la sua tecnica di romanziere, a scapito dell’autenticità. Secondo Locke  lo scopo del linguaggio è trasmettere la conoscenza delle cose. Dunque il romanzo si presenta come presentazione esauriente piuttosto che una elegante sintesi. Ciò spiegherebbe anche perché è il genere più traducibile e non abbia bisogno di troppi artifici o commenti storici. I termini in cui Watt considera lo stile nel romanzo sono considerati oggi forse come la parte più debole e obsoleta della sua interpretazione. Si tratta di una lettura che oggi è difficilmente accettabile: da una parte, il romanzo ha integrato dimensioni figurali e simboliche di ogni tipo, mobilitando una molteplicità di codici retorici che si intrecciano variamente alla cosiddetta funzione referenziale; dall'altra, lo strutturalismo ha mostrato come questa pretesa referenzialità sia a sua volta un codice retorico (esattezza scientifica, verosimiglianza…). È vero però che il romanzo sette- ottocentesco rifugge in generale da una deformazione dell'oggetto. II Secondo Watt, le analogie del realismo in letteratura e in quello filosofico non sono rigidamente esatte proprio perché sono due discipline differenti. Sicuramente si sono influenzate vicendevolmente (Locke influenzà il clima d’opinione del 18 secolo). L’imitazione della vita umana del romanzo segue le procedure adottate dal realismo filosofico nei suoi tentativi di accertare e comunicare le verità. Queste procedure si utilizzano ogni qual volta si studi la relazione con la realtà. Il modo di imitare la realtà nel romanzo può essere paragonabile alla giuria di un tribunale  Sia il lettore dei romanzi sia la giuria ha varie aspettative: conoscere i particolari della vicenda, luoghi, tempi e si aspettano che i testimoni raccontino la storia con le loro parole. I mutamenti nella sfera filosofica e nella sfera letteraria devono essere intesi più come altro come delle vie parallele di un più vasto cambiamento del mondo occidentale che dal Rinascimento in poi ha cambiato totalmente la visione del mondo: da unitaria del Medioevo ad una basata essenzialmente su individui aventi ognuno particolari esperienze. REALISMO FORMALE  Il metodo narrativo utilizzato dal romanzo, mediante il quale il romanzo esprime l’atteggiamento circostanziato della realtà è detto realismo formale. E’ quell’insieme di procedimenti a livello di scrittura, messa in scena dei personaggi ecc che vengono usate nel romanzo tali da essere considerate tipiche del romanzo stesso. Il realismo formale è una premessa fondamentale, che il romanzo è un rapporto completo e autentico su un’esperienza umane e come tale ha l’obbligo di soddisfare i lettori fornendo loro dettagli sulla personalità degli attori, circostanze di tempo e luogo, con un linguaggio referenziale. Ovviamente è solo una convenzione, da porsi sullo stesso piano delle convenzioni degli altri generi. Un’accurata trascrizione della realtà non porta necessariamente a produrre un’opera vera. Il realismo formale permette una più immediata imitazione dell’esperienza individuale in un contesto di luogo e di tempo, rispetto alle altre convenzioni. Questo spiega il successo del novel  i lettori hanno trovato nel romanzo la forma letteraria che soddisfa maggiormente i loro desideri di corrispondenza tra arte e vita. Defoe e Richardson hanno semplicemente applicato tale realismo formale, perseguendo una verità letterale, completa e immediata, “come verbali di un tribunale”. La struttura letteraria globale non era coerentemente orientata verso il realismo formale, anzi molto spesso era in contraddizione col realismo. L’intreccio era tradizionale e improbabile, non in linea con il realismo anche quando i romanzieri professavano apertamente scopi realistici. Lo scopo della verosimiglianza non era stato assimilato in modo tale da provocare un completo rifiuto delle convenzioni non realistiche. Lo sviluppo di un metodo narrativo capace di creare tali impressioni è la manifestazione più evidente di una mutazione della narrazione in prosa. DEFOE The Life and Strange Surprising Adventures of Robinson Crusoe (1719) Captain Singleton (1720) Colonel Jack (1722) The Fortunes and Misfortunes of the Famous Moll Flanders (1722) RICHARDSON Pamela (1740-42) Clarissa (1748) Sir Charles Grandison (1754) FIELDING The History of the Adventures of Joseph Andrews (1742) The History of the Life of Mr. Jonathan Wild the Great (1743) The History of Tom Jones, a Foundling (1749) SMOLLET The Adventures of Roderick Random (1748) STERNE The Life and Opinions of Tristram Shandy, Gentleman (1760-670
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