Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Sintesi di "Banditi a Orgosolo", Antioco Floris - Analisi del Film (DAMS), Sintesi del corso di Storia E Critica Del Cinema

Sintesi per la preparazione dell'esame di Analisi del Film (DAMS, prof. Paolo Noto) per gli studenti frequentanti e non frequentanti. Riferimenti: "[...] Il corso riserva particolare attenzione alla pratica della "sceneggiatura desunta" come strumento di analisi e di articolazione di ipotesi interpretative rispetto ai film." Antioco Floris, Banditi a Orgosolo, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2019

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 03/06/2022

Semfra
Semfra 🇮🇹

4.5

(65)

15 documenti

1 / 11

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Sintesi di "Banditi a Orgosolo", Antioco Floris - Analisi del Film (DAMS) e più Sintesi del corso in PDF di Storia E Critica Del Cinema solo su Docsity! 1 Banditi a Orgosolo il film di Vittorio De Seta (Antioco Floris) Introduzione Banditi a Orgosolo (1961) di Vittorio De Seta è un film particolare, la cui importanza assume carattere diverso a seconda di dove si colloca il punto di vista dell’osservatore: nel campo della cinematografica documentaria è un’opera creativa di eccezionale valore; ma ha anche un posto speciale nella rappresentazione della Sardegna al cinema, ed è anche un’opera di impegno civile. à Il film viene da subito percepito, sia tra gli addetti ai lavori che tra il pubblico, come modello di riscatto sociale. Mette in scena il fenomeno del banditismo, la realtà di Orgosolo e il difficile rapporto con lo Stato e la legge italiana non nega i conflitti con lo Stato, non mistifica condizioni di vita al confine con la modernità, non nega che il diventare banditi sia quasi intrinseco all’ambiente. Il film non è accomodante, ma, forse per la prima volta, coglie la componente umana ed esistenziale di una condizione sociale. Sposta l’asse del problema da una cattiveria ancestrale verso la prospettiva di derivazione marxista che vede nelle influenze socio-economiche i fattori che condizionano la vita quotidiana nella comunità barbaricina (Orgosolo si trova nella regione della Barbagia). 2 Capitolo 1 La Rivoluzione Copernicana Di nuovo a Orgosolo Vittorio De Seta aveva già realizzato due documentari cortometraggi su Orgosolo nel 1958: Pastori a Orgosolo e Un giorno in Barbagia. Nel 1959 torna al paese per cominciare la lavorazione del lungometraggio di finzione, da lui stesso finanziato, non essendo riuscito a trovare un produttore che lo supportasse. La prima permanenza di De Seta a Orgosolo lo vede quindi produrre due opere sul modello dei suoi precedenti lavori siciliani. L’inserimento nella comunità orgolese è mediato da Franco Cagnetta (uno dei pionieri della ricerca etnografica in Italia e autore di Inchiesta a Orgosolo, una ricerca sulle condizioni di vita nella zona), che lo manda in Barbagia con una lettera di presentazione agli amici. Oltre a Cagnetta, una seconda ispirazione per De Seta è il Diario di una maestrina di Maria Giacobbe: il libro è un racconto della sua esperienza come insegnante di una scuola elementare del paese. De Seta sofferma la sua attenzione su due momenti della vita barbaricina ritenuti emblematici di una precisa condizione umana: la vita del pastore, costretto a trascorrere lunghi periodi in isolamento; la realtà dei paesi barbaricini, dove l’assenza degli uomini, spostatisi nella pianura per i pascoli o isolati in montagna, fa sì che le donne debbano gestire autonomamente la vita quotidiana in tutte le sue fasi. Al primo momento è dedicato Pastori a Orgosolo, e al secondo Un giorno in Barbagia. Banditi a Orgosolo è l’estensione di questa riflessione. Entrambi i lavori hanno la stessa durata – i canonici dieci minuti – ma si sviluppano con un’articolazione differente. Il primo è una claustrofobica incursione nelle campagne a seguire i pastori in una giornata invernale in mezzo alla pioggia e alla neve. Isolati in questo ambiente, sono impossibilitati anche a comunicare con chi gli sta attorno. Girato con troupe minima (De Seta e la moglie) il film prende forma sul tavolo di montaggio quando alle riprese viene unito il sonoro d’ambiente, registrato in presa diretta. Il secondo racconta la giornata tipo dei paesi barbaricini anche se la didascalia iniziale identifica solo Orgosolo. Anche qui è assente il parlato, ma è presente il canto. Il documentario presenta una serie di quadri situazione che scandiscono le tappe della giornata. Tra il 1959 e il 1961 De Seta trascorre diversi mesi a Orgosolo per girare Banditi, che verrà poi presentato al Mostra Internazionale del Cinema di Venezia nel 1961, candidato per il Leone d’oro e vincitore del Premio opera prima. La lavorazione del film si era scontrata con parecchi problemi. Il primo sorge con la sceneggiatura, per la quale le competenze cinematografiche di De Seta sono alquanto scarse; quindi si rivolge ad Alberto Moravia. Con lo scrittore inizia a lavorare a una sceneggiatura a partire da un soggetto molto vago che si sarebbe dovuto definire in corso d’opera, ma la collaborazione con Moravia si incrina perché l’approccio di quest’ultimo è troppo tradizionale per l’idea di film di De Seta. à Il regista decide di tornare in Sardegna e lavorare al progetto con la gente del luogo, con cui aveva ormai costruito una buona intesa umana e creativa. à L’esigenza di De Seta non è di fare un film secondo i modelli consolidati, quanto piuttosto di coniugare il lavoro del documentarista con quello creativo del regista- autore; ossia di raccontare una storia in cui sia possibile usare i materiali del “reale” per costruire un film che il reale lo superi riuscendo a esprimere ciò che l’autore considera il carattere costitutivo di un universo. 5 Tale modo di girare ha delle implicazioni sulla gestione del parlato à la scelta – che dà adito a forti critiche all’uscita del film – di far parlare i personaggi in italiano e non in sardo è imposta dalle difficoltà nel registrare correttamente i dialoghi dei protagonisti. La mancanza di un fonico sul set imponeva delle registrazioni non sempre buone. Una delle prime sequenze, la complessa battuta di caccia grossa che apre il film, è stata girata da una troupe con direttore della fotografia e operatore. NON LA SCENA AL SERVIZIO DELLA MDP, MA LA MDP AL SERVIZIO DELLA SCENA. Questa impostazione del lavoro, molto condizionata da fattori contingenti, diventa nella prassi una scelta espressiva e stilistica che guida le riprese dell’intero film. à Cambia il tal modo la prospettiva con cui gestire il processo di realizzazione del film. Perché il problema non riguarda solo la qualità della recitazione – riguarda, invece, la “verità” di ciò che si deve esprimere. La strada scelta è quella di portare gli attori non professionisti a interpretare per lo schermo quanto loro sanno per esperienza diretta e su cui hanno delle conoscenze superiori a quelle del regista. Il loro ruolo sul set diventa quello di mediatori tra il proprio universo e quanto deve essere ricostruito dal film. Non hanno una parte data da recitare, ma una situazione da svolgere in relazione al proprio vissuto, che espongono davanti alla macchina da presa = diventano co-autori della storia. De Seta parte con la produzione da solo, riducendo al massimo i costi. Solo quando ormai il film è concluso ed è quasi sicuro il passaggio in concorso al festival di Venezia, tramite la mediazione di Federico Fellini, la Titanus si fa carico della distribuzione della pellicola. Questioni di stile Il film ha un’articolazione narrativa lineare che prende corpo man mano che vengono effettuate le riprese. L’impostazione produttiva scelta dal regista, con il coinvolgimento degli attori non professionisti, non avrebbe permesso di procedere con piani di lavorazione. Ogni deformazione del naturale procedere degli eventi avrebbe creato difficoltà interpretative in figure del tutto ignoranti rispetto al linguaggio cinematografico. Il fatto di girare in esterni e in ambienti reali imponeva il rispetto cronologico anche per conciliare l’andamento stagionale e climatico. Uno degli aspetti più interessanti del dibattito esegetico sollevato dal film è il gioco su più livelli che permette di mantenere la componente realistica accanto a quella poetica, senza che una domini sull’altra ma anche senza fonderle come nel realismo magico. La composizione dell’inquadratura rimane nel complesso legata a forme classiche dove non c’è mai «ricerca di punti di vista virtuosistici, eccentrici, ma di quadri interessanti, caratterizzanti». Nei piani stretti il soggetto principale occupa il fuoco centrale, con l’attenzione indirizzata all’espressione del volto o all’azione che sta compiendo. I dettagli sono inquadrati con scrupolo da antropologo, es. nella scena di preparazione del formaggio. I piani larghi, anche quando si tratta di campi lunghissimi, vedono la presenza di figure umane riconoscibili, mentre la prospettiva e la profondità di campo valorizzano i diversi elementi profilmici, creando un rapporto costante tra individuo e habitat. La mdp evidenzia la naturalezza con cui i personaggi si muovono nell’ambiente circostante e la sintonia di forme e caratteri rafforza il legame inscindibile, di simbiosi, tra pastore e natura. 6 La disposizione degli elementi profilmici nello spazio scenico è curata in base alla peculiarità della scena: possono occupare il fuoco centrale per rendere chiare le gerarchie o essere decentrati in funzione delle esigenze compositive e del senso dell’azione. Si arriva in alcuni casi a una sorta di decadrage, collocando gli elementi rilevanti ai margini in modo da evidenziare la distanza, anche simbolica, tra i soggetti in scena, es. nella sequenza dopo la morte delle pecore. Qui i due fratelli sono ripresi sulle rocce del monte Corrasi in campo lungo, distanti l’uno dall’altro: Michele dà tutto per finito e si avvia verso il paese; Peppeddu si ostina a tenere con sé la caldaia per fare il formaggio e non si rassegna all’idea che tutto sia perduto. Talvolta gli elementi profilmici, personaggi e oggetti, sono collocati nello spazio scenico e inquadrati in modo da connotare la situazione e rafforzare il senso di ciò che accade, es. nella scena in cui le pecore arrivano stremate dove ci sono delle pozze d’acqua, e mentre pecore e fratelli bevono arriva il pastore che pascola quel luogo a mandarli via. à La mdp è collocata in basso per tutta la scena, esaltando inizialmente la figura di Michele; ma mano che l’azione si sviluppa, arriva da lontano l’altro pastore, ben nitido in profondità di campo. Il suo corpo diventa sempre più grande cambiando la prospettiva e le gerarchie all’interno dello spazio scenico. Michele perde la posizione dominante. Per quanto si giri in ambienti reali senza interventi di ricostruzione delle location e la posizione della mdp sia subordinata a quella degli attori, molte scene in campo stretto sono composte in modo tale da valorizzare la componente plastica degli elementi profilmici. Questa mise en scène permette di ottenere una fotografia molto curata e talvolta segnata da una matrice pittorica. Si evidenzia in alcune inq. un debito di Banditi a Orgosolo con le convenzioni di rappresentazione naturalistica, es. la scena in interni della lavorazione del pane carasau. La fotografia del film risente dell’influenza del fotogiornalismo italiano, figlio del Neorealismo, sviluppatosi a partire dai primi anni Cinquanta. Il ricorso al bianco e nero, a differenza del colore dei precedenti documentari barbaricini, l’uso di mezzi tipici del reportage cinematografico più che del cinema, l’essenzialità e il rigore dei movimenti di macchina (tranne il complesso carrello durante la caccia al muflone nell’incipit) danno quel carattere austero che ben esprime lo spirito del luogo. Anche il montaggio mantiene l’essenzialità necessaria al dispiegarsi della vicenda in uno sviluppo lineare, senza arricchire con elementi connotativi o forzatamente narrativi. Le formule del découpage classico sono molto presenti nel film in quanto le scene di dialogo si sviluppano attraverso il campo-controcampo, i rapporti tra personaggi sono costruiti anche attraverso relazioni di montaggio; eppure l’assenza di flashback, sintagmi alternati o paralleli – ossia della manipolazione spaziale e temporale – richiamano le riflessioni di Bazin sul montaggio moderno del Neorealismo. La ricorrente presenza di conflitti all’interno dell’universo diegetico (uomo/natura, natura/cultura, individuo/istituzioni ecc.) non si traduce in contrapposizioni visive, come in un montaggio attento alla produzione del senso, ma nel semplice susseguirsi delle situazioni. à I conflitti si esprimono dunque nel loro accadere senza possibilità di soluzione. La componente sonora è ugualmente in linea con un approccio rispettoso del contesto di riferimento senza arricchimenti e enfasi connotativa. I rumori del paesaggio, la musica tradizionale e quella di accompagnamento si fondono in soluzioni che instaurano un rapporto equilibrato tra le convenzioni della musica da film e il linguaggio audiovisivo sviluppato nella serie di documentari degli esordi. La sola colonna rumori ha l’autonomia necessaria a sostenere la tensione drammatica per ampi segmenti. Con l’avanzare del film la musica si fa più presente, a sottolineare la tensione drammatica in modo sempre misurato ed essenziale. Il tema ricompare nei momenti in cui viene evocata la vita del pastore oppure quando i due fratelli ricordano la morte del padre. In questo caso il tema assume delle atmosfere idilliache si ripresenta nella configurazione iniziale cupa e dissonante nella seq. finale. 7 Banditi a Orgosolo è però dominato in gran parte dall’estetica del silenzio, che dà un senso di sospensione, di tempo assente. La sobrietà della componente musicale caratterizza anche la penultima macrosequenza, quando la musica tradizionale, il solo esempio in tutto il film, irrompe durante la festa in casa di Gonario (il cugino di Michele). à L’atmosfera del momento, pur trattandosi di un festeggiamento, è sobria e grave, vista con gli occhi di Peppeddu quasi in soggettiva, risentendo per questo della situazione vissuta dai protagonisti. à Del resto, in Banditi a Orgosolo tutto è sconsolato e in ogni passaggio incombe un senso di tormento. Il pasto in compagnia, che sarebbe dovuto essere un momento conviviale, è privo di dialoghi, a sottolineare la chiusura e l’incomunicabilità. Epilogo. Un’arma per compiere il destino La scena in cui Peppeddu non si rassegna al contrario del fratello è forse l’unica scena del film in cui si compie un atto che contiene in sé una qualche speranza. Negli impliciti sviluppi della diegesi, 1. una strada conduce verso la reiterazione ad libitum del furto di bestiame come necessità di sopravvivenza; così come Michele è stato costretto dagli eventi a diventare bandito, così il pastore che subisce il furto per sopravvivere si vedrà costretto a procurarsi un altro gregge diventando a sua volta bandito; 2. ma il rifiuto di Peppeddu di abbandonare gli arnesi del mestiere sembra aprire uno spiraglio verso un’altra strada, quella della non sottomissione alla latitanza e al furto. L’arma, che Michele chiede nel finale al cugino prima di darsi alla macchia, è il segno profilmico e antropologico che marca visivamente e nella sostanza la metamorfosi di Michele da pastore a bandito. Un’arma, in questo contesto, non è un semplice oggetto adatto a sparare e a uccidere – Michele il suo fucile lo ha portato con sé fin dall’incipit. Il fucile, a differenza del mitra, non è un’arma, è un semplice oggetto di lavoro. Mentre il mitra viene visto dallo spettatore solo nelle mani dei personaggi negativi, i carabinieri, i ladri di maiali. Michele risponde alla situazione nell’unico modo che gli è possibile. Ossia infrange la legge, ma non quella dello Stato, bensì quella della comunità: si è banditi quando si ruba al proprio simile, e così Michele diventa bandito quando ruba all’altro pastore, costringendolo a sua volta a entrare nel vortice di cui lo stesso è stato protagonista. à Sono questi i banditi di Orgosolo = i protagonisti di una tragedia. Vittorio De Seta con Banditi a Orgosolo riesce a cogliere un’identità e a rappresentarla attraverso una storia piccola e semplice, eppure pregnante. Si pone come interprete di un contesto culturale, come mediatore; il suo sguardo diventa capace di esprimere una condizione umana attraverso una stratificazione di livelli in cui l’aspetto letterale sottende i simboli propri di una cultura complessa e suggerisce una lettura che è nel contempo descrittiva, critica e interpretativa. 10 senso dell’offesa che il protagonista subisce non in quanto persona specifica, ma «come appartenente a un mondo» dove “quell’offesa” è parte della quotidianità. È opportuno sottolineare che nel film l’innocenza di Michele va intesa non in senso assoluto, ma relativo al contesto di ambientazione delle vicende. L’innocenza sta nelle ragioni che il suo mondo ha di ritenerlo innocente. Antonio Cara, docente universitario, ritrova in Banditi a Orgosolo i termini di un conflitto tra culture sviluppato con una prospettiva mitica più che sociale. De Seta avrebbe potuto sviluppare un’opera tutta dall’interno, dentro Orgosolo, o un racconto che, puntando sulla suggestione di un mito ed utilizzandone lo scenario, riproponesse il collaudato rapporto di conflitto tra potere e suddito. Una lingua per i pastori Molti critici constatano che la lingua parlata dai pastori è inadeguata rispetto all’ambiente in cui essi vivono. In sede di postproduzione, De Seta ha deciso di affidare il parlato dei personaggi a dei doppiatori professionisti. De Seta chiede ai doppiatori di parlare senza inflessioni e nel modo più possibile pulito, così da evitare che il parlato possa condizionare lo spettatore e dare una connotazione particolare al senso dei dialoghi. Dal momento che la parlata orgolese sarebbe stata incomprensibile a chiunque non fosse stato sardo, la scelta del doppiaggio era obbligata anche a rischio che alcuni dialoghi potessero assumere toni «libreschi e anonimi». In ambito nazionale i giudizi a riguardo, quando espressi, sono piuttosto severi. In una vicenda priva di grandi eventi, la forza delle azioni deve essere sostituita da quella delle voci e dei dialoghi. Le parole devono diventare «sentimenti, fatti, rivelazioni». à La decisione segna una mancanza di coerenza verso il «realismo assoluto». Vittorio De Seta torna sull’argomento decenni dopo, affermando che con la diffusione dei film sottotitolati, girando il film ora, si potrebbe scegliere una soluzione diversa. Nel vasto mondo Dopo la proiezione veneziana il film viene presentato in diversi festival e rassegne in giro per il mondo, diventando pian piano un classico del cinema. Un aspetto importante della riflessione su Banditi a Orgosolo riguarda il suo rapporto con il Neorealismo: in che misura è da considerare un film in continuità con le opere di Rossellini, Visconti, De Sica? Si pone piuttosto in una prospettiva di rottura, andando a formare un nuovo realismo, un Neo-neorealismo? Nel numero di marzo 1963 dei «Cahiers du Cinéma», Jean-André Fieschi parla proprio di Neo- neorealismo, affermando che i migliori tra i giovani italiani, gli eredi di Zavattini, integrano la loro visione personale all’interno di quadri realistici oggettivi; pur concludendo che i “cisalpini” tendono a essere didascalici. Questa didascalicità si manifesta nel film: il primo aspetto riguarda il rapporto tra particolare e universale, ossia il fatto che la scelta di localizzare il film in un luogo molto preciso come le montagne del centro Sardegna non esclude il suo valore universale secondo il principio della sineddoche. Lo stesso per quanto riguarda l’impianto narrativo e quello formale, che sono riconducibili alla loro più semplice espressione: «De Seta può far coincidere la generalità dell’idea con la particolarità dell’argomento. Ma il film di De Seta interessa soprattutto per «il passaggio dalla sfera didascalica, ossia da realismo critico, alla sublimazione estetica, al realismo poetico». Ci sono delle scene in cui questi aspetti vengono espressi in modo particolarmente efficace. Il sentimento di ingiustizia si esprime attraverso l’impossibilità per il pastore di vivere una sua pace interiore. à In questa capacità di unire con equilibrio la forza del racconto con il senso dello sguardo sta la grandezza di De Seta. 11 Sempre dalle file dei «Cahiers du Cinéma», Jacques Joly ritiene che una delle tendenze del nuovo cinema italiano sia rappresentata da Francesco Rosi e Vittorio De Seta, due autori che hanno la capacità di fare film che insegnano allo spettatore ad aprire gli occhi sul mondo senza cadere nella demagogia. Pregi del film sono anche la fotografia impeccabile, il montaggio sicuro e l’ottima direzione degli attori non professionisti che recitano con straordinaria naturalezza rendendo vive rabbia e disperazione. Secondo il drammaturgo, cineasta e critico Eduardo Manet, De Seta con Banditi a Orgosolo dà un contributo fondamentale alla rielaborazione del Neorealismo che rimane come base di riferimento, ma viene superato in uno stile austero e privo di ogni retorica letteraria. Un film per la formazione Già nel 1968, a partire da un articolo dello studioso di didattica della lingua Frank McLaughlin, si propone una lettura di Banditi a Orgosolo funzionale a un uso didattico e formativo. Il film viene usato nelle università come esempio per riflettere sul tema del banditismo, ma anche per la conoscenza dell’ambiente agropastorale della Sardegna e del Meridione. Ma McLaughlin va oltre, considerando il film «una parabola con un messaggio rilevante per tutti i tempi». Aggiunge anche che «le implicazioni marxiane del film di De Seta sono evidenti: la crudele realtà economica della vita si è trasformata nella coscienza stessa dei pastori». Per questo il film può essere assunto come modello di descrizione di un mondo che plasma i suoi abitanti, e in tal senso si presta a un utilizzo formativo di ampia prospettiva. Lo propone anche nel contesto americano, come ausilio agli insegnanti borghesi bianchi per spiegare la vita dei neri oppressi nei ghetti urbani. L’anno successivo, in Italia, il critico e operatore culturale Filippo Maria De Sanctis propone una “scheda filmografica ad uso degli animatori”, la cui prospettiva riprende l’interpretazione che Antonio Pigliaru dava della società barbaricina. Scrive che «il film di De Seta è, più che la storia di un protagonista», la documentazione drammatica della condizione umana del pastore barbaricino. «La presentazione dei personaggi infatti è svolta secondo uno schema analitico-sociologico e la psicologia individuale di Michele o di Peppeddu è secondaria e dipendente dalla loro condizione socio-culturale. … Il dato sociologico prevale su quello psicologico». La lettura “corretta” è dunque di tipo sociologico: è necessario storicizzare gli avvenimenti in rapporto al presente e al passato della Barbagia. In Sardegna, oggi Banditi a Orgosolo va a occupare una posizione simbolica nell’immaginario cinematografico della Sardegna. Per decenni sembra l’unica pellicola su cui in genere convergono gli apprezzamenti della comunità isolana. Il film ha una funzione di figura del ricordo fondamentale nel mantenere un legame con un patrimonio identitario ancestrale ricondotto alla dimensione mitica. Secondo l’egittologo tedesco Jan Assmann, l’identità si fonda sulla memoria culturale accumulata nel tempo attraverso il succedersi delle generazioni, ma anche «prodotta de facto nel processo della pratica culturale» Quando un gruppo si pone il problema di “cosa non bisogna dimenticare” si crea una comunità della memoria che si definisce sul ricordo. Per consolidarsi e mantenersi nella memoria collettiva, i ricordi – e i fatti storici e i personaggi, che diventano simboli – devono presentarsi sotto forma concreta di figure che formano il sistema delle idee della società. Le figure del ricordo sono nel contempo modelli, esempi e sorta di dottrina. In esse si esprime l’atteggiamento del gruppo; ma definiscono anche la sua natura e le sue qualità. Non la storia de facto è valida, ma solo quella ricordata, quella fissata attraverso forme specifiche. Ciò che sta alla base dell’identità di una comunità si produce attraverso un processo di selezione. è In tal senso, dunque, Banditi a Orgosolo è percepito come film di fondazione dell’immaginario cinematografico della Sardegna.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved