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Sintesi di tutto il programma di quinta superiore, Schemi e mappe concettuali di Italiano

Il documento espone tutti i tratti affrontati al quinto anno, in italiano.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2019/2020

In vendita dal 17/11/2021

_mariabortone
_mariabortone 🇮🇹

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Scarica Sintesi di tutto il programma di quinta superiore e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Italiano solo su Docsity! L'ETÀ DEL POSITIVISMO E DEL REALISMO Le ideologie L'Italia degli anni Settanta e Ottanta si avvia verso uno sviluppo capitalistico moderno e verso l'industrializzazione. Si possono individuare tre tipi di atteggiamenti degli scrittori di fronte alla modernizzazione: . Un atteggiamento apologetico, che esalta la realizzazione del progresso; . Un atteggiamento di rifiuto romantico, in nome dei valori del passato; . Un atteggiamento di curiosità conoscitiva, che indaga i cambiamenti in modo distaccato, senza slanci verso il futuro né ripiegamenti nostalgici verso il passato. Il Positivismo Il primo atteggiamento è proprio della mentalità che diviene egemone in questo periodo: il Positivismo. La cultura positivista ha le sue basi nel rapido sviluppo del capitalismo industriale e nei profondi mutamenti delle strutture sociali, dei modi di vita, delle ideologie che esso produce. L'espansione della produzione e lo sfruttamento delle risorse naturali hanno bisogno dello studio scientifico e delle sue applicazioni tecnologiche. Quindi, presupposto essenziale della cultura positivistica sono anche le importanti scoperte scientifiche che si verificano in questo periodo. Un altro presupposto è la sempre maggiore diffusione del sapere e dell'istruzione, che da un lato aumenta il benessere sociale e dall'altro esige maggiori conoscenze per il suo sviluppo. Questo insieme di fattori determina in ambito europeo un clima di fiducia nelle forze dell'uomo e nelle possibilità del sapere scientifico e tecnologico. L'ottimismo si traduce in un vero e proprio culto della scienza e della tecnica. L'esaltazione positivistica della scienza è fondata su alcune convinzioni di base: e Il metodo della scienza è l'unico valido. Di qui il rifiuto di ogni visione di tipo religioso, metafisico, idealistico, e la convinzione che tutto il reale sia un gioco di forze materiali regolate da leggi meccaniche e deterministiche. Il positivista quindi crede che ci si debba fondare solo sui fatti osservabili e dimostrabili sperimentalmente; e Il metodo della scienza va esteso a tutti i campi, anche a quelle realtà che si ritengono “spirituali”: nessun aspetto del reale deve sfuggire all'indagine scientifica; ® Lascienza, dandoci gli strumenti per spiegare e conoscere il reale, ci consente anche di dominarlo, ponendolo ai bisogni dell'uomo. Di qui deriva la fede positivistica nel progresso, garantito dalle conquiste scientifiche che consentono di piegare la natura alla nostra volontà e di riorganizzare la società assicurando all'umanità lo sviluppo illimitato delle risorse e del benessere e la crescita continua della civilizzazione. * Le ideologie politiche In campo politico l'ideologia egemone è quella del liberalismo. Il liberalismo postunitario fu di orientamento fortemente laico. Era un laicismo nato come risposta all'atteggiamento antirisorgimentale e antiliberale assunto dalla Chiesa prima e dopo l'unificazione. L'atteggiamento intransigente della Chiesa verso il nuovo Stato impediva ai cattolici di partecipare alla vita politica. L'opposizione al liberalismo conservatore fu assunta da forme di radicalismo borghese: negli anni Settanta cominciò a diffondersi l'ideologia anarchica, che si rese responsabile anche di alcuni episodi di terrorismo. Ma l'anarchismo fu presto superato dal diffondersi del socialismo. Nel 1892 nacque infatti il Partito Socialista Italiano, che si ispirava alle teorie e ai programmi del marxismo. Tuttavia l'arretratezza sociale ed economica non consentiva in Italia una forte espansione del socialismo. LA CONTESTAZIONE IDEOLOGICA E STILISTICA DEGLI SCAPIGLIATI La Scapigliature è un gruppo di scrittori che operano nello stesso periodo, gli anni Sessanta-Settanta dell’800, e negli stessi ambienti (centro principale è Milano) e che sono accomunati da un’insofferenza per le convenzioni della letteratura contemporanea e da un impulso di rifiuto e di rivolta, che si manifesta nell'arte come nella vita. Il termine “Scapigliatura” fu proposto per la prima volta da Cletto Arrighi nel suo romanzo “La Scapigliatura e il 6 febbraio”, a designare un gruppo di ribelli (rifiutano conformismo borghese) alla loro classe di provenienza, che amavano vivere in maniera disordinata. Era un termine letterario che veniva utilizzato per dare un equivalente italiano del francese bohème, che rimanda al maledettismo francese. Iniziato con l’Unità il processo di modernizzazione economica e sociale dell’Italia, che tende ad emarginarli, nascono anche negli artisti italiani gli atteggiamenti ribelli, il rifiuto delle norme morali e delle convenzioni correnti (“maledettismo”). Di fronte agli aspetti della modernità, il progresso assume un atteggiamento ambivalente: da un lato l'impulso originario è di repulsione e orrore con gli artisti che si aggrappano a quei valori del passato che il progresso va distruggendo; dall'altro lato però, ci si rende conto che quegli ideali sono perduti, essi si rassegnano, delusi e disincantati. Gli scapigliati definiscono questo atteggiamento “dualismo”. Essi si sentono divisi tra Ideale e Vero, bene e male, virtù e vizio, bello e orrendo, senza possibilità di conciliazione. La posizione della Scapigliatura è quella di un grande crocevia intellettuale, attraverso cui filtrano temi e forme delle letterature straniere. Gli scapigliati, con il loro culto del “vero” e con l’attenzione a ciò che è orrido, introducono in Italia il gusto del Naturalismo. Mentre dall’altra parte la tensione verso il mistero anticipa future soluzioni della letteratura decadente. Verso una direzione decadente va anche la loro sensibilità acuta per la mescolanza delle sensazioni, che porta alla fusione dei diversi linguaggi artistici. Anche il culto per la bellezza e per la forma anticipa l’estetismo decadente. Nella Scapigliatura vi sono dunque le potenzialità di un gruppo di avanguardia, cioè rifiutarsi di soddisfare il gusto medio del mercato letterario e sperimentare forme e temi del futuro. Purtroppo, però, tali potenzialità vengono realizzate solo in minima parte, per mancanza della necessaria chiarezza di visione da parte degli intellettuali che componevano il gruppo, ma anche per il clima dell’Italia postunitaria. Gli scapigliati non arrivano ad aprire veramente nuovi orizzonti conoscitivi, di conseguenza, non arrivano neppure a elaborare una lingua poetica che possa essere lo strumento di quell’avventura conoscitiva. È vero che puntano ad ottenere effetti cromatici e musicali, ma non riescono a caricare la parola poetica di suggestioni, rompendo il rapporto razionale tra parola e significato, come fanno invece i simbolisti francesi; il più delle volte, invece, si accontentano della provocazione del linguaggio prosaico, o cadono nella riproduzione del linguaggio e delle forme metriche del Romanticismo. IL NATURALISMO FRANCESE Negli anni 70 dell’ottocento si afferma in Francia il naturalismo, che si propone di trasformare il romanzo in uno strumento di analisi scientifica della realtà. Il presupposto ideologico e dato dal Positivismo, secondo cui lo scrittore deve assumere il compito di indagare la natura umana con rigore scientifico, basandosi sulla convinzione che i fenomeni spirituali siano prodotti dalla fisiologia dell’uomo e dell'ambiente in cui vive. Il maggior esponente è TAINE, che applica tali concezioni alla letteratura, auspicando all’assunzione del compito di un'analisi scientifica della realtà, sulla base del principio dell'influenza della razza, dell'ambiente e del momento storico. | precursori più importanti furono BALZAC e FLAUBERT, il quale elabora un tipo di narrazione impersonale in cui il narratore rinuncia di intervenire nella vicenda con giudizi espliciti, ma svolge il racconto dal punto di vista soggettivo dei personaggi. Questo procedimento viene attuato nel romanzo Madame Bovary per far emergere dall'interno la stupidità borghese. Il realismo di Balzac e Flaubert viene ripreso poi dai fratelli De Goncourt i quali nella prefazione al romanzo Germinie Lacertaux rivendicano alla letteratura il compito di studiare la società, con molta attenzione alle classi inferiori utilizzando sempre il rigore scientifico. vicenda; questa è una scelta assolutamente rivoluzionaria perché avrà tutta una serie di conseguenze. Lui sperimenta questa tecnica perché secondo il suo parere l’autore doveva trovarsi di fronte alla narrazione come se la narrazione si facesse da sola, senza nessuna mano a condurla, doveva esserci quella componente fattuale che toglieva qualsiasi filtro tra il lettore e la narrazione, la narrazione doveva sembrare farsi da sé. Secondo lui doveva sparire completamente l’idea del narratore. Ad esempio nel naturalismo il narratore è fuori e guarda, questo fa lo sforzo di raccontare in maniera rigorosa quello che vede. Quindi il narratore non utilizza un lessico che potrebbe essere attribuibile ad uno scrittore colto della seconda metà dell’800; questo usa un lessico della gente che popola il contesto della vicenda. Secondo la linea verista con questo nuovo metodo narrativa progetta il Ciclo dei Vinti che doveva essere un ciclo di 5 romanzi: | Malavoglia, Mastro Don Gesualdo, la Duchessa di Legra, l'onorevole Scipioni e l’uomo di lusso; doveva raccontare storie legate a diversi ambienti sociali; quelli della Sicilia patriarcale nei Malavoglia, una Sicilia che lotta per entrare nel progresso con Mastro Don Gesualdo, l'onorevole Scipioni tratta il mondo della politica e l’uomo di lusso doveva essere dedicato al mondo dell’arte. Quindi aveva in programma di dover tornare a parlare anche di ambienti sociali legati ai contesti borghesi, quindi il passaggio al verismo non poteva essere considerata come una forma di riscatto morale di Verga. È la visione del mondo che ti detta una scelta narrativa piuttosto che l’altra. Quando parliamo di Manzoni siamo di fronte ad un narratore esterno alla vicenda, ma che la domina. Questo diventa simbolico di una certa fiducia nella possibilità che l’uomo e la sua razionalità possano ordinare il mondo. Secondo lui la ragione umana poteva, ma fino ad un certo punto, dato che siamo di fronte ad un autore che ha comunque una dimensione della fede contro un mondo che non potrà mai essere perfetto anche se l’uomo non si arrenderà mai. Qui si enfatizza la presenza dell’autore che domina la materia, interviene con una serie di considerazioni e di valutazioni. Per quanto riguarda Verga, a dominare le trasformazioni della società e della storia e le esistenze individuali è una legge di natura crudele e drammatica, è la lotta per la vita di Darwin, che fa sì che ogni cambiamento avvenga solo in base all’egoismo e all’utile personale; è secondo la legge verghiana una legge della natura. Rinuncia alle spiegazioni metafisiche e religiose. È una visione della vita pessimista e una posizione conservatrice Sperimentazione letterari Ci sono molti interventi di Verga sul piano della poetica, ci sono le famose Prefazioni che diventano un classico della letteratura della seconda metà dell’800, non solo in Italia ma anche in Francia, questa idea di proporre con una prefazione una introduzione che doveva giustificare certe scelte narrative è usata anche da Verga. Con le Prefazioni scrive la Prefazione all'amante di Gramigna che è una sua dichiarazione di poetica e di adesione all’impersonalità; in questa lui dice di voler raccontare le cose in maniera tale che il lettore, più che sentire una storia possa vederla svolgersi davanti ai suoi occhi; arriva quindi a prendere attraverso queste prefazioni (Malavoglia e Eva) lui fa chiaramente capire che voleva aderire a questa idea. Secondo lui non ci deve più essere il filtro dell’autore, la realtà deve quasi mostrarsi come se si facesse da sé e il lettore deve essere portato dentro quella realtà, senza il giudizio e l'elaborazione riflessiva dell'autore, il lettore non deve sentire la storia ma questo si deve mettere dentro il contesto narrativo. L'ideologia verghiana La disumanità della lotta per la vita e lo scontro tra ceti sociali, sono messi in luce con grande precisione, però questo non esclude il valore conoscitivo di questo pessimismo. Secondo Verga la legge di natura esclude che il popolo possa essere immune al mondo economico, dalla ricerca dell’utile e dell’egoismo personale. Quindi: il pessimismo di Verga lo aiuta a superare i miti del progresso e anche a superare quest'idea finta del popolo. La tecnica verista cancella il modo di raccontare il mondo arcaico della Sicilia che sarà protagonista dei Malavoglia, di Rosso Malpelo e anche della Novella Nedda che non viene considerata una novella verista proprio perché al fondo c'è ancora questa idea chiara di un’ideologia legata alla lotta per la vita che è una dimensione di crudeltà e di disumanità, che diventa la legge dell’oggettività delle cose. Differenze tra naturalismo e verismo In un parallelo tra naturalismo e verismo ci sono molte differenze: . Atteggiamento nei confronti del progresso FI Verga non crede nel progresso quando è una legge di natura a determinare il corso delle cose. Diverso l'atteggiamento dei naturalisti convinti, attraverso una letteratura che doveva avere il valore del documento scientifico, di avere una denuncia nei confronti di chi ha responsabilità di governo e che quindi deve sanare le situazioni più drammatiche. Verga scrive in un'Italia post unitaria che stava facendo i conti con i risultati drammatici di un meridione rimasto in una dimensione arcaica lontana da qualsiasi modernizzazione. Già anche gli scapigliati soffrivano il fatto di sentirsi al margine di un mondo che contava, diventa perciò fondamentale la politica e la costruzione di uno stato unitario attraverso una serie di finanziamenti. Verga non credeva nella scientificità dell’opera letteraria, lui difendeva il carattere artistico della narrazione, quindi secondo lui questo sconfinamento era poco credibile la validità di una denuncia diretta attraverso questa. Quindi il contesto ha dato un sapore diverso alle due narrazioni. Verga arriva all’eclissi dell'autore stimolato dal criterio dell’impersonalità, e solo questo dà il valore della denuncia. . Tecnica narrativa una volta sanata l’idea di raccontare la realtà così com'è, il naturalismo narra in 3 persona e il narratore è esterno alla vicenda che viene narrata. Sappiamo invece che nell’Eclissi dell'autore, la voce narrante è dentro il piano narrativo, agisce come agirebbero i personaggi che fanno parte dell’ambiente, questo spiega le espressioni dialettali. Se invece si va a vedere come narra Zola ci si accorge che l’impersonalità è raggiunta, ma fino ad un certo punto (PAGINA 163), lui osserva ma non riesce ad avere la possibilità di raccontare come se la vicenda si presentasse da sola. EFFETTI TECNICA NARRATIVA VERIANA Gli effetti sono legati ad un effetto di straniamento: il lettore si trova spiazzato rispetto a quello che l’autore dice, perché noi nell’Eclissi dell'autore ci troviamo di fronte ad un narratore inattendibile (incipit di Rosso Malpelo, misura dell’originalità della tecnica narrativa: “Rosso Malpelo era cattivo perché aveva i capelli rossi”). Il pubblico che leggeva sapeva perfettamente che non c'era consistenza in questa affermazione. Per cui il narratore anonimo che dice le cose in base alla cultura del contesto della vicenda, fa sembrare normale quello che è strano e strano quello che è normale. Fa sembrare strano quello che è normale (capelli rossi sono di natura), lo fa sembrare così perché lo lega alla superstizione popolare, e quindi quando il lettore legge si trova di fronte ad uno straniamento, perché lui elabora un'opinione diversa dalla voce narrante. Quando poi Rosso Malpelo scava per salvare suo padre, viene considerato come un pazzo assatanato, lì la normalità sentita da chi legge (è un figlio che ama suo padre) è presentata come una stranezza terribile, dentro la dimensione dell’egoismo personale nessuno capisce l'affetto degli amori familiari. Quindi: in un caso o nell'altro, ci si trova di fronte ad una forte destabilizzazione, perché l’autore non riesce a convincersi in una direzione. Ed è proprio l'adesione al patto narrativo che passa l'aspetto conoscitivo dell’aspetto verghiano; se non ci fosse lo scollamento alcuni aspetti di crudeltà passerebbero in secondo piano. Questo modo di raccontare che fa capire la totale estraneità nel villaggio rispetto alla tragedia di Rosso Malpelo è ciò che fa passare con evidenza il fatto che la realtà segue delle leggi crudeli e che non ha nessuna considerazione dell'umano. Quindi Verga vuole l’Eclissi dell'autore ma nel fare questo riesce una maggiore incisività critica di chi, come un naturalista, si limita a descrivere il fatto proprio perché chiama in causa il lettore e destabilizza costantemente la sua opinione. ROSSO MALPELO Incipit fondamentale perché fa riferimento ad una nuova tecnica, e si capisce così la tecnica e l'originalità di questa. Malpelo si chiamava così cosi perché aveva i capelli rossi e perché era un ragazzo malizioso e cattivo. La superstizione popolare diventa protagonista e chi racconta sente e pensa come la maggior parte di coloro che vive il contesto ambiente di Malpelo. L’eclisse dell'autore quindi indica scelte linguistiche particolari che confermano con le espressioni utilizzate nel testo. La novella ha un esito drammatico, perché Rosso Malpelo muore, ma riesce comunque ad avere rispetto anche se comunque soccombe al dolore; c'è ancora una forma di rispetto per quello che Rosso Malpelo aveva capito, lui sapeva perfettamente che avendo accettato un lavoro rischioso, come quello del padre, con tutta probabilità non avrebbe rivisto la luce del sole, è quasi un suicidio il suo ed è la consapevolezza di chi ha capito qual è il meccanismo che regola i rapporti sociali, è la dura legge di natura della lotta per la vita e lui in quel mondo non ci vuole vivere. Questo suicidio è per lui una forma di riscatto morale che dimostra di scegliersi la morte. Analisi del testo: è presente l’inattendibilità del narratore provata in 3 passaggi: . il narratore non capisce i sentimenti del figlio e attribuisce il suo comportamento in base al pregiudizio nei suoi confronti e alla sua strana cattiveria . culto delle reliquie del padre morto: Rosso Malpelo trova i pantaloni e le scarpe del padre e per lui sono sacre, questo dimostra un attaccamento profondo ad una persona che gli aveva voluto bene, ma ancora una volta il suo comportamento non è capito dall’ottusità delle persone che lo circondano. . Gusto di tiranneggiare Ranocchio: vuole che Ranocchio trovi in se stesso la possibilità di difendersi da un mondo crudele Caratteristiche del racconto: * Effetto distraniamento. ® L’impraticabilità dei valori: il suicidio di Rosso Malpelo ci fa capire che la dimensioni degli affetti e dell’umanità era improponibile nel contesto in cui vigeva solo la legge dell’egoismo e del proprio interesse; capisce che i valori degli affetti non hanno più spazio nella realtà nella quale lui si trova a vivere. e Superamento della mitizzazione romantica del popolo: il fatto che Malpelo sia sempre più isolato e incompreso, ci fa capire che quel popolo che tanta letteratura tardo romantica raccontava insistendo sui buoni sentimenti, non esistevano. Il popolo valuta sulle leggi dell’interesse. e Consapevolezza dell'eroe: forma di riscatto morale con una sorte di morte programmata da parte di Rosso Malpelo IL CICLO DEI VINTI: Personaggi che vengono vinti dalla vita per la crudele legge degli egoismi e dell’interesse. Fantasticheria è una novella che non è scritta secondo la tecnica verghiana, non è scritta secondo la regressione e l’eclisse dell'autore, ma è importante perché si vede il momento del passaggio dalla narrativa tradizionale all’eclisse dell'autore. La stesura dei Malavoglia e la decisione di usare una nuova tecnica narrativa come quella del narratore anonimo popolare, parte in Verga dall’interesse che aveva avuto per il naturalismo francese, soprattutto per un ciclo di 20 romanzi. Si parla di cicli narrativi perché era di abitudine di molti narratori francesi, Balzac aveva scritto un ciclo di romanzi che erano stati unificati tra loro nelle Commedia umana e voleva essere un grande affresco della società francese degli anni 30 dell’800. Questi romanzi che si richiamavano l’un l’altro, per cui i personaggi secondari diventavano i principali del successivo, era stato ripreso anche da Zola. Si trattava anche di fidelizzare i lettori e quindi il guadagno. La lettura di Zola inspira a Verga l’idea di un grande ciclo di romanzi legati alla durezza delle ideologie progressiste, che secondo lui erano tutte legate a questa lotta drammatica per l’esistenza. In realtà è l'ideologia verghiana che lo guida nel costruire un ciclo di romanzi sul modello francese, ma per raccontare Il simbolismo appunto nasce in questo contesto e si chiama così proprio perché nell'approccio con la realtà, sostiene che le cose su cui si costruiscono i progetti razionali, sono solo apparenze che nascondono una realtà misteriosa. Il decadentismo nasce sotto lo stesso pensiero irrazionale, solo che la sensibilità decadente comprende il simbolismo e l’estetismo, che sono le due forme di letteratura ispirata all’intuizionismo, cioè all'idea che la realtà che viviamo non ci dice la vera essenza delle cose, è qualcosa di più profondo; le cose che vediamo devono essere intese come dei simboli che ci aprono a realtà più profonde. La natura è vista come qualcosa di vivo di cui noi stessi facciamo parte. Il poeta deve realizzare una forma di empatia con questa vita segreta del mondo, mentre nel positivismo la natura è vista come oggetto. Quindi qui viene meno la separazione tra soggetto e oggetto, la natura è un tutt'uno che comprende anche l'uomo. La poesia simbolista quindi è costituita sulle analogie, quindi vengono messi insieme riferimenti ad una realtà che non ha più nulla di logico. Il poeta non può più essere chi scrive per cercare di comunicare delle idee, sentimenti e sensazioni, costui diventa veggente, cioè deve riuscire a trovare dentro di sé quell’empatia con la realtà delle cose in grado di farlo andare oltre le apparenze, delle apparenze si deve occupare la scienza e il razionalismo. Movimento letterario sviluppatosi bella seconda metà dell’800, è definito come la letteratura dell’irrazionalità in cui si ha un rifiuto del razionale perché si riteneva che nell’approccio con la realtà, le basi su cui veniva costruita la conoscenza scientifica, fossero soltanto appartenenza in cui si nascondeva una realtà più misteriosa. Il Decadentismo è composto da simbolismo ed estetismo: . Simbolismo, modo di vedere la realtà in maniera simbolica; per attingere a questo tipo di realtà bisogna avere un atteggiamento empatico, in cui gli aspetti sono legati tra di loro da analogie e corrispondenze, le quali coinvolgono l’uomo creando un'identità tra l’io e il mondo . Estetismo, modo di vedere la realtà sotto il punto di vista dell’arte; l’esteta infatti è colui che vede come principio regolatore della vita il bello. Il motto dell’estetismo è “fare della propria vita come un’opera d’arte”, questo porta l'artista ad essere superiore e ad esaltare tutto ciò che riguarda la sua soggettività. Nel Decadentismo si passa dalla figura del “poeta vate” ovvero colui che tende a rappresentare gli ideali borghesi, al “poeta veggente” cioè colui che cerca di andare oltre l'apparenza e di venire a conoscenza delle realtà misteriose. Con il Decadentismo inizieranno a formarsi nuove tecniche espressive soprattutto nelle poesie a partire dall’imprecisione sintattica e lessicale. Il linguaggio inizierà ad essere vago e ambivalente; inizierà a venire meno la corrispondenza tra la parola e l'oggetto che diventa uno strumento allusivo. . Metafore, sovrapposizione di due piani di significato che sono però completamente diversi tra loro . Simbolo, elemento di vocazione che permette di entrare in contatto con una relazione empatica, in modo tale da venire a conoscenza di una realtà misteriosa. . Sinestesia, insieme do espressioni che arrivano da sfere sensoriali diverse tra loro e che permettono di darci determinate sensazioni in base al tipo di senso che ci viene dato. LE TECNICHE ESPRESSIVE DEL DECADENTISMO * Musicalità esaltazione del valore fonico della parola delle suggestioni irrazionali che evoca ® Imprecisione sintattica e lessicale ricerca di una sintassi imprecisa che rende vago il significato delle parole ® Linguaggio analogico e Metafora tendenza a creare legami inconsueti e oscuri tra realtà tra loro remote: la metafora decadente non è sempre regolata da chiari rapporti di somiglianza * Simboloricorso a simboli che si caricano di sensi oscuri ® Sinestesia fusione di impressioni derivanti da diverse percezioni sensoriali: immagini collegate autori, odori collegati a sensazioni tattili La malattia è un altro grande tema decadente. Da un lato essa si pone come metafora di un momento di crisi. Dall'altro lato la malattia diviene condizione privilegiata, segno di nobiltà e di distinzione. Alla malattia umana si associa la malattia delle cose: il gusto decadente ama tutto ciò che è corrotto e impuro. La malattia e la corruzione affascinano i decadenti anche perché sono immagini della morte. La morte è in questo periodo un tema dominante, ossessivo. Percorre le pagine della letteratura decadente una volontà di annientamento e di autodistruzione, un'attrazione irresistibile per il nulla. Al fascino esercitato dalla morte si contrappongono però tendenze opposte: il vitalismo, cioè l'esaltazione della pienezza vitale aldilà di ogni norma morale. Se la volontà di annientamento si pone sotto il segno delle teorie di Arthur Schopenhauer, il vitalismo vede l'applicazione letteraria in D'Annunzio. In realtà il culto della forza e della vita è un modo per cercare di sconfiggere la trazione della morte. L’attrazione verso la morte e il vitalismo sono il segno di un rifiuto della normalità, di una ricerca esasperata del diverso. L'artista decadente si isola ferocemente dalla realtà contemporanea, orgoglioso della propria diversità. LA CRISI DEL RUOLO INTELLETTUALE Nell’apparato industriale l’intellettuale tradizionale non trova più posto, si sente inutile, ridotto ad un minimo. Proprio per questo reagisce accentuando la sua diversità e la sua eccezionalità attraverso l’estetismo e il maledettismo, che possono essere letti come un tentativo di mascherare una condizione avvilente di declassazione e di massificazione. Nella logica di mercato l’opera d’arte si riduce sempre più a merce di scambio, sottoposta alle leggi del capitalismo. L'artista allora cerca di reagire rifiutando di rivolgersi al pubblico comune, individuando una cerchia ristretta di persone a cui indirizzare le proprie opere e accentuando le caratteristiche del suo linguaggio. PAUL VERLAINE Nasce a Metz nel 1844 in una famiglia piccolo borghese. Nel 1851 però si stabilisce a Parigi. Qui Verlaine prosegue gli studi e la sua passione per la poesia. Legge Baudelaire, scrive le prime composizioni. Si scrive alla facoltà di giurisprudenza ma preferisce frequentare gli ambienti letterari. Nel 1866 avviene l'esordio con i poemi saturnini, una raccolta dove anticipato l'alternarsi di tutta la sua produzione tra una vena mistica è un forte espressionismo sensuale, legato alla concezione pessimistica della vita degli uomini nati sotto il segno di Saturno. Nello stesso tempo però coltiva un modo diverso di far poesia, più frivolo, anche se sempre pervaso da una sfumata inquietudine, da un delicato sentimento di nostalgia, che sono le note più originali delle Feste galanti, del 1869. Ma entrambe le raccolte vengono ignorate lasciando emergere in lui una personalità a tratti brutale, tanto che arriva quasi ad uccidere la madre. Verlaine entra nella guardia nazionale l’anno successivo invitò a Parigi Rimbaud. Abbandona la moglie parte con l’amico per il Belgio e l’Inghilterra. Ritornato in Belgio, litiga con Rimbaud, che vuole porre fine al loro rapporto; lo ferisce con un colpo di pistola e viene incarcerato. Sono gli anni della crisi religiosa. Verlaine scrive le Romanze senza parole in cui confluiscono il pentimento e i nuovi propositi. In Inghilterra scrive una parte delle liriche che pubblicherà in Saggezza, una raccolta che lo renderà famoso in Francia e all’estero. Nel 1884 esce il volume degli scritti dedicati ai Poeti maledetti, in cui presenta ed esalta le figure della nuova poesia. In quegli stessi anni ricomincia a bere. Tutto questo si riflette sulla sua produzione, che finisce per alternare l’amore alla vita religiosa, una serie di versi erotici e diabolici come quelli contenuti in Carne o in Canzoni per lei. Ma l’importanza di Verlaine consiste nel tentativo di acquistare una sonorità pura del comporre poetico, spinge infatti a vedere la musica come poesia. ARTHUR RIMBAUD Nasce a Charleville nel 1854, in una famiglia Borghese che impartisce l'educazione piuttosto rigida. Nel 1870 fugge di casa e si dirige verso Parigi. L'anno successivo inizia una corrispondenza con Verlaine, questo legge Il battello ebbro e si accorge di essere di fronte a qualcosa di nuovo, ad una poesia che sintetizza in sé tutto il cammino della lirica francese con una nuova disposizione visionaria. Durante il suo inquieto vagabondare giovanile nasce la maggior parte della sua produzione, scrive infatti i Primi versi, la Lettera del veggente, in cui si parla del poeta che deve giungere a dar voce all’inesprimibile; molte delle composizioni negli Ultimi versi e Illuminazioni, scritte in un linguaggio oscuro, bruciano i dati della realtà, cercando di raggiungere una dimensione ulteriore attraverso immagini sconvolgenti. Nel 1873 viene pubblicata Una stagione in inferno, in cui Rimbaud evoca e ripensa la sua esperienza personale poetica. Si tratta di un’opera che oscilla tra autocritica, la presa di coscienza e il rifiuto della realtà borghese. Le sue opere sono un'esperienza che fonde vita e letteratura, lasciandosi ingoiare da una spirale al fondo della quale vi è la consapevolezza che non c’è nulla da comunicare. Il poeta veggente si ritira così in un paesaggio sempre più popolato di allucinazioni e di fantasmi, verso una scrittura sempre più impossibile. CHARLES BAUDELAIRE: Nacque a Parigi nel 1821 in una famiglia di condizione borghese tra i 18 e 21 anni visse la vita dissipata della Bohème letteraria. Comincio a farsi conoscere come poeta, frequentando gli ambienti letterari. Ma la sua vita sregolata preoccupava la famiglia, che lo fece interdire: dal 1844 fu costretto a mantenersi miseramente con una piccola somma mensile E per vivere si dedicò alla critica d'arte. Durante la rivoluzione scrisse articoli violenti ma l'entusiasmo svanì. Nel 1867 morì per sifilide. oltre che poeta Baudelaire fu autore di numerose opere in prosa, tra cui "la Fanfarlo", che narra della sconfitta umana di un giovane intellettuale nella relazione con una ballerina. a questo si aggiunse una vasta serie di saggi di critica letteraria artistica, in cui brilla l'intelligenza acuta, polemica È paradossale dello scrittore. Ma l'opera più importante sono i poemetti in prosa raccolti in volumi nel 1869 con il titolo "lo spleen di Parigi", si tratta di componimenti che inaugurano un genere nuovo, brevi poesie in cui si alternano si mescolano parti narrative, riflessioni, frammenti lirici e paradossi sarcastici, il tutto è caratterizzato da uno stile che si avvicina la poesia e giustifica la definizione di poemetti. la prima edizione del volume uscì nel 1857 comprendeva 100 poesie e l'opera suscito un enorme scandalo nella critica nel pubblico benpensanti, tanto che il tribunale ordina il sequestro impose la soppressione dei 6 testi ritenuti osceni e condannò l'autore è l'editore ad una ammenda. Queste raccolte di opere non sono una raccolta occasionale diversi ma un'opera unitaria, con un disegno rigorosamente organico inteso a ricostruire un tormentato percorso esistenziale e poetico. Nella prima parte, spleen e ideale, il poeta per sfuggire allo spleen, uno stato di depressione, di noia, di disgusto per il mondo in cui vive, si protende verso l'ideale, la bellezza, la purezza. Nella seconda sezione, quadri parigini, si immerge nello spettacolo squallido e alienante della città industriale. le sezioni successive testimoniano la ricerca di una via di evasione da quelle condizioni la fuga verso l'esotico, i Paradisi artificiali procurati mediante l'alcool è l'oppio, il vizio e la sregolatezza dei sensi. nella quinta sezione, rivolta, il poeta si appella Satana, cui rivolge una preghiera modellata in modo provocatoriamente blasfemo sulle litanie della Vergine. in tutta la tradizione poetica e i fiori erano stati un simbolo di bellezza e gentilezza, legato al sogno idillico di un contatto innocente con la natura, invece Baudelaire associa i fiori all'ideale del male, del vizio, della corruzione. Dal punto di vista formale, la poesia Baudelairiana inaugura due filoni fondamentali della poesia moderna: da un lato ricerca le corrispondenze, la rete di legami misteriosi che uniscono tutte le realtà in un'unità definirà “l’attraversamento di D'Annunzio” cioè il “doverci fare i conti”, se si vuole scrivere poesia, non foss’altro che per prenderne le distanze. Il simbolismo dannunziano nasce dalla volontà di scavalcare la civilizzazione e le degenerazioni convenzionali e banali a cui la modernità ha portato, e di ritrovare nella dimensione irrazionale ed intuitiva, un rapporto originario con la Natura (riattualizzazione di istanze romantiche). Con l’arte in sostanza noi pieghiamo la cultura, ritrovando la dimensione naturale dell’uomo, la sua dimensione vitale ed istintiva. Nella poesia dannunziana questa è la premessa ad uno dei temi ricorrenti, cioè il PANISMO, ovvero la sensazione di una perfetta fusione dell’uomo con l'energia vitale della natura stessa (citazione di esempi dalla poesia “Meriggio”). La Natura è sentita nella sua dimensione vitale e primitiva e ad essa il poeta si accosta con una volontà di fusione e di immersione nel mistero e nel palpito della vita universale. (Panismo). Le cose, gli elementi della natura sono guardati con la volontà di rivelazione, come se il poeta, da un momento all’altro potesse vedere aprirsi davanti a sé un varco, attraverso il quale raggiungere l'origine stessa della vita, perdendo addirittura la propria individualità fisica (Citaz. da Meriggio), così da assumere forme e colori della natura, così da diventare egli stesso natura (Metamorfismo) Uno dei paesaggi naturali privilegiati dal poeta, è quello della grande estate mediterranea, in cui il corpo si scopre “natura” e la natura è sentita come corpo (pensate ad un uomo disteso sulla sabbia che aderisce al suo corpo nudo come fossero una cosa sola = fusione panica. Non si riesce più a cogliere il confine tra le membra umane e gli elementi della natura, cioè le forme si confondono= metamorfismo). Il sole ed il mare sono gli elementi fondamentali attraverso l’identificazione e la fusione tra il poeta e la natura diventa possibile; il sole, fonte di calore è il principio fecondante ed il mare è il grande grembo della madre-terra da cui trae origine la vita. L’identificazione tra IO e Natura ha qualcosa di magico e divino; immergersi nella natura diventa un rito sacro che richiama gli antichi miti greci. In questo contesto la DONNA, al quale il poeta spesso si rivolge nella sua poesia, diventa la sacerdotessa di questa ritualità, la propiziatrice della fusione tra il poeta e la natura. A questo punto riprenderemo il Testo a proposito della raccolta ALCYONE. GABRIELE D'ANNUNZIO La vita di D'Annunzio può essere considerata una delle sue opere più interessanti secondi principi dell’estetismo. Nato nel 1863 a Pescara da famiglia borghese, da sedicenne esordì con Primo vere, un libretto diversi che ottenne attenzione anche da parte di letterati di fama. A 18 anni si trasferì a Roma per frequentare l'università, tuttavia abbandonò presto gli studi. Per alcuni anni esercitò la professione di giornalista. Acquistò notorietà in campo letterario, attraverso una produzione che suscitava spesso scandalo per i contenuti erotici. Sono gli anni in cui D'Annunzio si crea la maschera dell’esteta, dell'individuo superiore che si rifugia in un mondo di pura arte, e che disprezza la morale corrente. Questa fase della vita di D'Annunzio attraversò una crisi riflettendosi anche nella tematica della produzione letteraria: cerco così nuove soluzioni, e le trovò in un nuovo mito, quello del superuomo, ispirato alle teorie del filosofo tedesco Nietzsche, un mito di energia eroica. D'Annunzio puntava a creare l’immagine di una vita eccezionale sottratta alle norme del vivere comune. L'occasione tanto attesa per l’azione eroica gli fu offerta dalla Prima guerra mondiale. Allo scoppio del conflitto D'Annunzio tornò in Italia ed iniziò un’intensa campagna interventista. Nel dopoguerra D'Annunzio si fece interprete dei rancori per la “vittoria mutilata” capeggiando una marcia di volontari su Fiume, dove instaurò un dominio sfidando lo Stato italiano. Scacciato con le armi sperò di instaurare una “rivoluzione” reazionaria, che riportasse ordine nel caos del dopoguerra, ma fu tolto dalla scena da Mussolini. Il fascismo poi lo esaltò come padre della patria, ma lo guardò anche con sospetto. D'Annunzio influenzò profondamente la cultura italiana con la sua produzione sovrabbondante. Diede inoltre vita al fenomeno del dannunzianesimo, che ispirò le forme della nascente cultura “di massa”, come produzione letteraria di consumo, che traduceva le atmosfere estetizzanti per la mediocre cultura. Terra vergine è il corrispettivo in prosa di Canto Novo; il modello è il Verga di “vita dei campi”. D'Annunzio presenta figure e paesaggi della sua terra, l’Abruzzo, ma non vi è traccia dell'indagine condotta da Verga sui meccanismi della lotta per la vita nelle basse sfere. Il mondo di Terra Vergine è idilliaco, non problematico: in una natura rigogliosa e sensuale esplodono passioni primordiali soprattutto sotto forma di un erotismo vorace e irrefrenabile. Sul piano delle tematiche narrative c'è una continua intromissione della soggettività dell’autore, che è l’opposto dell’impersonalità verista. D'Annunzio si rende conto però che la figura dell’esteta è molto debole perché non ha la forza di opporsi alla borghesia in ascesa che si stava avviando verso l’industrialismo e il capitalismo monopolistico. Il primo romanzo scritto da D'Annunzio, il Piacere, mette al centro la figura di un esteta, Andrea Sperelli che non è altro che un “doppio di D'Annunzio”. Costui è un giovane aristocratico proveniente da una famiglia di artisti. Il motto dell’esteta “fare della propria vita come se fosse un’opera d’arte” diviene per Andrea Sperelli una forza distruttrice che lo priva di ogni energia morale creativa. Questa crisi trova un appiglio nel rapporto con la donna. Possiamo vedere infatti che egli è diviso tra due immagini femminili * Elena Muti= la donna fatale che incarna l’erotismo lussurioso ® MariaFerres = la donna pura che rappresenta l’occasione di un riscatto e di un’elevazione spirituale ® Inrealtà mente a sé stesso perché la figura della donna angelo incarnata da Maria è solo oggetto di un gioco erotico, fungendo da sostituto di Elena, donna desiderata ma che continua a rifiutarlo. Andrea finisce per tradire la sua menzogna con Maria che lo abbandona, ed egli resta solo con il suo vuoto e la sua sconfitta. D'annunzio e Nietzsche D'Annunzio fa riferimento ad alcuni aspetti del pensiero di Nietzsche e li racchiude in un suo schema: ® Il rifiuto del conformismo borghese, dei principi egualitari che schiacciavano la personalità; ‘esaltazione dello spirito dionisiaco, ovvero di un vitalismo gioioso e pieno; * Il rifiuto dell’etica della pietà e dell’altruismo, che maschera la capacità di godere la gioia; ® L’esaltazione della volontà di potenza, dello spirito, della lotta e dell’affermazione di sé; e Il mito del superuomo, che rappresenta un nuovo tipo di umanità gioiosa. A questi motivi D'Annunzio dà una coloritura antiborghese, aristocratica e imperialistica, si scaglia violentemente contro la realtà borghese del nuovo Stato unitario in cui il trionfo dei principi democratici ed egualitari influenzano il senso di bellezza, energia violenta, il gusto dell’azione eroica e del dominio, che erano propri delle passate elités; vagheggia perciò l'affermazione di una nuova aristocrazia che sappia controllare la moltitudine degli esseri comuni. Il superuomo e l’esteta Il nuovo personaggio del superuomo creato da D'Annunzio era aggressivo, energico e vitalistico ma nonostante ciò non negava la precedente immagine dell’esteta, anzi la inglobava in sé. Necessario per il processo di elevazione era il culto della bellezza, nel quale l'eroe dannunziano però era stanco di vagheggiare perché la dimensione che si proponeva era quella di fuggire dalla vita sociale, mentre egli si volle imporre per il dominio di un’élite violenta e al tempo stesso raffinata. Il mito del superuomo, era un tentativo di reagire alle tendenze, che andava nella direzione opposta rispetto a quella che proponeva il mito dell’esteta, poiché affida all’artista-superuomo una funzione di “vate”, mentre la figura dell’esteta era in netta opposizione alla realtà dominante; la figura del superuomo poiché aveva una forte carica antiborghese, offriva soluzioni che potessero accordarsi con le tendenze dell’età dell’imperialismo, militarismo aggressivo e colonialismo. D'Annunzio, consapevole che i processi che erano stati messi in atto stavano declassando l’intellettuale, conferisce a sé stesso il potere di ritrovare un ruolo sociale, tramite il compito di profeta di un ordine nuovo: l'artista mediante la sua attività intellettuale deve aprire la strada al dominio delle nuove èlites, che ponga fine al caos del liberalismo borghese, della democrazia e dell’egualitarismo e di tali èlites deve entrare lui stesso a farne parte. Le Vergini delle rocce Il romanzo segna una svolta ideologica radicale in cui D'Annunzio non vuole più proporre un personaggio debole e incerto, ma un eroe forte e sicuro che senza esitazioni va verso la sua meta; tanto che il suo romanzo è stato definito “il manifesto politico del superuomo”. L’eroe Claudio Cantelmo che disprezza la realtà borghese, vuole generare in sé il superuomo, il futuro re di Roma che guiderà l’Italia a destini imperiali. Nonostante l’affermata sicurezza è possibile cogliere nell’eroe perplessità e ambiguità; la decadenza e la morte non sono cancellate dall’interesse di D'Annunzio, ma nel romanzo sono semplicemente rovesciate di segno e assumono la funzione opposta. L’eroe non deve più temere le forze disgregatrici, ormai tutto gli è permesso e può affrontare senza pericolo inquietudini, languori e malinconia dato che la sua volontà è “di tempra dura come la spada”; per questo va a cercare la donna con cui generare il futuro superuomo in una famiglia della nobiltà borbonica, ormai in decadenza, che vive devastata dalla malattia e dalla follia. In questo scenario egli cerca, tra le tre figlie del principe Montaga, la donna che dovrà essere la sua compagna. Questa scelta è profondamente ‘ambigua perché dietro i propositi vitalistici ed eroici si cela la decadenza e la morte; l’eroe scende in questa sorta di inferno della decadenza, sicuro di portare a termine la sua impresa, ma in realtà finirà per restarne prigioniero. Si ripete spesso che Cantelmo non riesca a scegliere fra le tre principesse e che il romanzo si chiuda sulla sua perplessità, in realtà però non è così perché egli sceglie la sua compagna, ossia Anatolia, la quale però non potrà unirsi a lui perché è legata al suo destino, ovvero curare la madre demente, i fratelli deboli e malati e il padre anziano. L'eroe si sofferma quindi sulla bellezza di Violante, colei che si sta uccidendo lentamente con i profumi; essa rappresenta la donna fatale: immagine di un Eros perverso, distruttivo e crudele Alcyone È il terzo libro delle Laudi in cui si sostituisce il tema lirico della fusione panica con la natura e, al motivo dell’azione energica, un atteggiamento di evasione e contemplazione. Il libro comprende 88 componimenti, le liriche sono state scritte su un arco di tempo di quattro anni, dal 1899 al 1903, ordinate in un disegno organico che segue le stagioni: la stagione estiva è vista come godimento sensuale che consente la pienezza vitalistica: l’io del poeta si fonde con il fluire della vita e si identifica con tutte le presenze attingendo ad una condizione divina. Sul piano formale si ha una ricerca di sottile musicalità, che tende a dissolvere la parola in sostanza melodica, con l’impiego di un linguaggio analogico, che si fonda su un gioco continuo di immagini che tra loro si rispondono. Per questo Alcyone è stata vista come poesia pura, libera dall’ideologia superomistica e dalle sue finalità pratiche, immune dalla retorica e rispondente al nucleo puro dell’ispirazione del poeta. L'esperienza cantata dal poeta è una manifestazione del superomismo: solo al superuomo, creatura di accezione, è concesso di entrare a contatto con la natura, attingendo ad una vita superiore. L'esordio letterario di D'Annunzio avviene sotto il segno dei due scrittori che in Italia suscitano maggior eco, Carducci e Verga. Primo vere e Canto novo si rifanno alle Odi barbare. Invece Terra Vergine riguarda la Vita dei campi di Verga. D'Annunzio ricava da Carducci il senso pagano delle cose sane e forti, dell’unione con una natura solare e vitale. Ma questi temi sono portati al limite estremo e toccano i vertici di una fusione tra io e natura che fa già capire il futuro panismo superomistico. Non mancano però momenti di stanchezza, visioni cupe e mortuarie che fanno intuire come il vitalismo sfrenato abbia in sé il fascino della morte. Terra vergine è il corrispettivo del Canto novo. Il modello è il Verga di vita dei campi, anche D'Annunzio presenta figure e personaggi della sua terra. Il suo mondo è idilliaco, non problematico: in una natura rigogliosa e sensuale esplodono passioni sotto forma di un erotismo irrefrenabile, ma anche di una violenza sanguinaria. Sul piano delle tecniche narrative si esprime in una continua intromissione della soggettività del narratore che è l'opposto dell’impersonalità verista. Nel 1873 ottenne una borsa di studio presso l'università di Bologna dove frequentò la facoltà di lettere e, sempre negli anni universitari, subì l'influenza dell’ideologia socialista. Partecipò a manifestazioni contro il governo e venne arrestato nel 1879; questa esperienza per lui fu traumatica e lo portò ad adottare un distacco dalla politica militante. Restò comunque fedele all’ideale socialista, ma di un socialismo vagamente umanitario. Si laureò nel 1882 e iniziò subito la carriera di insegnante liceale prima Matera e poi a Massa, dove chiamò le due sorelle a vivere con lui, creando quella sorta di “nido” familiare che era stato distrutto dai lutti. Il “nido” familiare Questa chiusura all’interno del nido familiare e l'attaccamento eccessivo alle sorelle, farà rivelare la fragilità della struttura psicologica del poeta, che impaurito dai traumi infantili cerca, dentro questo mito, protezione da un mondo esterno che gli appare minaccioso; a questo si unisce anche il ricordo ossessivo dei suoi morti che ripropongono il passato e i lutti dolorosi. Questa serie di legami influisce anche sul rapporto con gli altri, infatti nella sua vita non vi sono relazioni ‘amorose, conduce una vita forzatamente casta. Il lui c'è un forte desiderio di creare un proprio nido in cui esercitare il ruolo del padre, ma il legame ossessivo con l’infanzia non gli rende possibile questa realizzazione, tanto che la vita amorosa ai suoi occhi è qualcosa di proibito e misterioso che va contemplato da lontano. Le esigenze affettive del poeta sono soddisfatte dal rapporto che ha con le sorelle, che rivestono una funzione materna. Questo lo si può capire dal matrimonio della sorella Ida, che lui considera come un tradimento e determina in lui una reazione con vere manifestazioni depressive, che però costituiranno il punto di partenza della sua esperienza. Crisi della matrice posi ica La formazione di Pascoli fu positivista dato il clima che padroneggiava in quegli anni, questo aveva influenzato anche gli ambienti accademici in cui operò in seguito. Tale matrice possiamo osservarla nella precisione con cui nei suoi versi usa la nomenclatura ornitologica e botanica e dalle fonti da cui trae le osservazioni sugli uccelli, protagonisti di molti dei suoi componimenti poetici e dei temi astrali che occupano un posto rilevante nella poesia. Ma in Pascoli si riflette quella crisi della scienza che caratterizza la cultura di fine secolo, che vede il positivismo esaurirsi e l'affermarsi di tendenze spiritualistiche e idealistiche. Anche in lui sorge una sfiducia nella scienza come strumento di conoscenza e, aldilà di questi confini che sono stati raggiunti dall’indagine scientifica, si apre l'ignoto, il mistero e l’inconoscibile verso cui l’anima si dimostra ansiosa. Il mondo nella visione pascoliana appare frantumato e disgregato; le sue componenti non trovano mai un disegno unitario e coerente. Non esistono gerarchie d'ordine fra gli oggetti: ciò che è piccolo si mescola a ciò che è grande, il minimo può essere ingigantito come attraverso una lente di ingrandimento fino ad occupare tutto il quadro e, viceversa, ciò che è grande può essere rimpicciolito. Gli oggetti materiali ricoprono un ruolo importante nella poesia pascoliana, ma questo non vuol dire che vi sia un’adesione verista all’oggettività del dato; infatti possiamo notare anche che la precisione botanica e ornitologica con cui descrive fiori, piante e varietà di uccelli, assumerà valenze diverse. Perciò questa soggettivazione del reale può accostarsi ad una percezione visionaria attraverso la quale il mondo è visto tramite il velo del sogno e perde ogni consistenza oggettiva, le cose sfumano le une nelle altre, in un gioco di metamorfosi tra apparenze labili e illusorie. La poetica: il fanciullino Pubblicato sul “Marzocco” nel 1897; l’idea centrale era quella di far coincidere il poeta con il fanciullino che si trova in ogni uomo, un fanciullo che vede le cose “come la prima volta” con stupore e meraviglia. Siamo di fronte ad una nuova immagine del poeta, che richiama il poeta veggente, colui che è dotato di una vista molto più acuta di quella degli uomini comuni e che riesce a portare lo sguardo oltre le apparenze sensibili e può attingere all’ignoto esplorando il mistero; il nuovo poeta è il poeta fanciullino. Ognuno di noi infatti ha dentro di sé questo patrimonio legato all'infanzia che è lo sguardo aurorale, stupito che l’uomo ha nei confronti di un mondo che vede per la prima volta. Gli uomini comuni crescono, maturano e ricevono una formazione scolastica e hanno un impatto con la società, con il mondo del lavoro e della politica e, quella voce del fanciullo che rappresenta il loro primo sguardo sul mondo, rimane sopita. Il poeta invece è colui che continua ad avere un dialogo costante, nonostante sia cresciuto e maturato, ed è colui che sa ancora dare voce a quel fanciullo che è in ognuno di noi. Il fanciullo non ha interesse a capire come funzionano i fenomeni, quali siano i legami di cause ed effetti tra i fenomeni; la visione che ha è carica di stupore e meraviglia, per questa ragione si parla di una veggenza, perché non c'è niente di razionale nello sguardo del fanciullo; lo sguardo è come quello di Adamo, cioè di colui che per la prima volta si rende conto di essere in un contesto che rappresenta suoni, colori, forme e ha questo sguardo stupito sul mondo. Per raccontare questo sguardo ingenuo ci vuole un linguaggio che non lo segua le tradizionali costruzioni logiche, questo spiega la peculiarità della lingua poetica della poesia pascoliana, che è la poesia dell’irrazionale che non segue più gli andamenti logico sintattici, ma cerca l’evocazione, la suggestione. Essa non è solo legata a oggetti ed elementi ma anche al fonosimbolismo ovvero i suoni. Per raccontare questa visione ingenua sul mondo ci vuole un linguaggio che si sottragga ai meccanismi della logica e della comunicazione abituale. Questa concezione della poesia è prerazionale perché è lo sguardo con cui per la prima volta un essere umano guarda la realtà: visione stupita e meravigliata che spesso si carica di mistero e inoltre è una visione completamente alternativa rispetto a quella dell’uomo maturo che era razionali, in cui le cose avevano una loro gerarchia. Nella visione del fanciullo le cose non hanno più quest'ordine, per questo l'universo poetico e disgregato; per un fanciullo che guarda la realtà è molto più importante seguire la fila di formiche che porta la briciola piuttosto che la dichiarazione di guerra o la cronaca di un evento straordinario a cui si dedicano i giornali o i mezzi di comunicazione. In questo quadro culturale si colloca la concezione di poesia pura che non deve avere fini pratici, se non l’espressione di se stessa e cogliere quella dimensione di assoluto stupore che l’uomo ha nel momento in cui affronta la natura, privo delle costruzioni ideologiche e razionali; questa poesia è assolutamente spontanea e disinteressata, però proprio quando si riesce a raggiungere il grado zero dell’ispirazione poetica che è corrispondente al primo sguardo che ogni essere umano ha sul mondo, allora la poesia riesce a mobilitare ciò che di più autentico e di più vero c'è nell'animo umano e quindi c'è una dimensione di fratellanza e riesce ad esprimersi attraverso la voce della poesia, che è la voce di un altro io, rimane nella profondità perché la cultura, la storia la civiltà hanno seguito altre direzioni che sono quelle del razionale e che hanno costruito un universo disumano. Qui ritroviamo quindi un messaggio sociale e un’utopia umanitaria che Pascoli associa alla poesia. Questa non deve porsi necessariamente scopi politici, sociali e civili ma se è vera poesia ovvero se sa toccare le profondità più vere e autentiche dell'essere umano, allora riesce a valorizzare quella componente naturale di bontà e fratellanza che c'è in ogni uomo, in questo modo riesce ad avere comunque il ruolo umanitario. Infatti possiamo vedere che il sentimento poetico, dando voce al fanciullino rende in offensivi gli odi e gli impulsi violenti che sono propri degli uomini e induce alla bontà, all'amore e alla fratellanza, inoltre riesce a farsi che l’uomo sia soddisfatto di quel poco che ha; placa quel desiderio di accrescere i propri possessi che spinge gli uomini a sopraffarsi a vicenda. Qui c'era la consapevolezza di Pascoli che il capitalismo esasperato che si stava proponendo agli inizi del 900’, stava prendendo la via degli egoismi e stava diventando la sopraffazione del più forte sul più debole. Ideologia Pascoliana: La concezione pascoliana della realtà è fondata sulla dominante presenza di un mistero al fondo della vita dell'uomo e del cosmo. Mentre il positivismo, fiducioso nella scienza, aveva concepito l'inconoscibile come una sorta di territorio ignoto da sottoporre a una ricerca condotta col metodo sperimentale, Pascoli ne fa il centro di una sofferta meditazione. La scienza, secondo lui, ha ricondotto la mente dell'uomo alla coscienza del suo destino inesplicabile, non ha assolutamente donato libertà all'uomo, ma, anzi, la società industriale, valorizzata dal positivismo, soffoca l'uomo, gli nega ogni piacere: viene così definito il "rifiuto della storia" secondo il quale la storia viene contrapposta al mondo campestre delle piccole cose. L'uomo, secondo Pascoli, brancola nel buio, ignaro della sua origine e delle finalità del suo vivere, è un essere fragile mosso da impulsi ciechi che lo spingono all'odio e alla violenza. Di conseguenza, l'atteggiamento del poeta di fronte alla realtà è caratterizzato dalla "vertigine" davanti al mistero dell'essere, da una perplessità davanti al problema insolubile del dolore, del male e della morte. Bisogna ancora inserire Pascoli nel generale orientamento del tempo, il decadentismo, che rifiutava la civiltà contemporanea: mentre autori come Huysmans, Wilde, D'Annunzio concretizzano questo rifiuto con il vagheggiamento di un mondo di pura bellezza, Pascoli lo concretizza o con il ripiegamento vittimistico, oppure nel vagheggiamento della campagna e delle umili cose, di un paradiso perduto. Nel poeta, inoltre, il rifiuto della storia dà come conseguenza la solitudine, lo smarrimento di chi non riesce a vedere altro che la Terra come un atomo opaco del male. Ne deriva, quindi, la visione di una vita tutta raccolta nell'ambito della famiglia, gelosamente custodita e difesa. I temi della poesia pascoliana * Ilnido: La famiglia viene concepita, da Pascoli, come famiglia d'origine chiusa ed esclusiva che si costituisce come alternativa al matrimonio. In poesia il tema del nido simboleggia la famiglia e viene visto come un luogo caldo, protettivo e segreto. Tale protezione comporta però l'isolamento dalla realtà: si ha quella che viene definita "chiusura sentimentale". Questa è una situazione psicologica sofferta che lo conduce anche ad esasperare il tema dell'eros infatti. * Imorti: Collegato al tema del nido, ricorrente è il tema dei morti: la vita di Pascoli, infatti, scandita da lutti, ha influito molto sulla sua produzione. Il tema dei morti viene espresso, attraverso la tecnica del correlativo-oggettivo, che consiste nel proiettare i propri stati d'animo su oggetti della realtà che, così, si carica di significati simbolici. Così avviene in Myricae e nei Canti di Castelvecchio. Ad esempio nella poesia L'assiuolo il motivo conduttore è il canto notturno e lamentoso di questo uccello, l'assiuolo appunto, che viene considerato, dalla tradizione popolare, come il simbolo della tristezza, della vita dolorosa che si protende verso la morte. X Agosto In X Agosto viene ricordato, attraverso un lungo paragone con la morte di una rondine, l'assassinio del padre, avvenuto proprio il 10 agosto del 1867. Questo giorno è inoltre la festività di S.Lorenzo in cui si verifica il fenomeno delle stelle cadenti, simbolicamente viste come un pianto di stelle che inonda la Terra, definita atomo opaco del male. Il gelsomino notturno Nella poesia Il gelsomino notturno il tema preponderante è quello dell'eros che viene spesso accostato al ricordo ossessivo dei defunti. Novembre Novembre viene descritta l'estate dei morti, o meglio il periodo iniziale di novembre. Con una serie di notazioni paesaggistiche viene richiamata l'idea della primavera; ma è un'illusione breve: i rami sono stecchiti, il cielo vuoto, la terra arida e compatta per il freddo; grava su tutto un silenzio sconfinato. Vi è, senz'altro, il contrasto dell'apparenza con la realtà: realtà che è tutta connotata da espressioni funeree. * Lanaturaele piccole cose: La Natura è concepita da Pascoli come una presenza misteriosa e complessa che il poeta deve interpretare attivando l'immaginazione e aguzzando i sensi. Inoltre negando l'idea che la scienza abbia portato la felicità, Pascoli crede che la società industriale soffochi l'uomo condizionandolo
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