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Giovanni Pascoli: La Vita e La Poesia Di Un Poeta Decadente, Schemi e mappe concettuali di Letteratura Italiana

Biografia di giovanni pascoli, poeta italiano nato a san mauro di romagna (forlì) il 31 dicembre 1855. La sua formazione positivista e la sua attività politica contraria al governo lo portarono a vivere periodi difficili, ma la sua carcerazione lo influenzò profondamente e lo spinse a dedicarsi completamente alla poesia. Pubblicò opere come 'myricae', 'poemetti', 'canti di castelvecchio' e 'poemi conviviali', e nel 1905 succedette a giosuè carducci nella cattedra di letteratura italiana all'università di bologna. La sua poesia, secondo pascoli stesso, deriva dalla voce di un 'fanciullino' irrazionale e infantile, che solo gli artisti e i poeti possono ascoltare e rappresentare.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

Caricato il 19/12/2022

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Scarica Giovanni Pascoli: La Vita e La Poesia Di Un Poeta Decadente e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! GIOVANNI PASCOLI Giovanni Pascoli nacque a San Mauro di Romagna (Forlì) il 31 dicembre del 1855. Figura emblematica della letteratura italiana di fine Ottocento, considerato, insieme a Gabriele D'Annunzio, il maggior poeta decadente italiano, nonostante la sua formazione principalmente positivistica. All'età di 12 anni, il 10 agosto 1867, suo padre fu ucciso mentre tornava a casa ma l'omicidio rimase impunito. La famiglia di Pascoli da quel momento in poi dovette affrontare gravi problemi economici. Nel 1873 vinse una borsa di studio per frequentare l'università di Bologna; Giosuè Carducci fu suo docente – il poeta più famoso di quel periodo – che riconobbe subito le capacità artistiche di Pascoli. A Bologna frequentò un gruppetto di anarchici e di socialisti e nel 1876 perse la borsa di studio per aver preso parte ad una manifestazione contro il governo. Anche se in condizioni economiche disastrose, Pascoli rimase a Bologna e nel 1879 andò a finire addirittura in carcere, con l’accusa di attività anarchica e sovversiva. Il carcere lo cambiò in maniera radicale e, quando uscì, non prese più parte ad alcuna attività politica. L’anno dopo riprese gli studi e nel 1882 si laureò in Lettere; dopo la laurea, andò a vivere con le sorelle Ida e Maria per ricostruire quello che lui chiamava il suo “nido”. Nel 1883 fu nominato professore di latino e greco; nel 1890 pubblicò le prime poesie che poi furono inserite nella sua prima raccolta poetica, Myricae. Nel 1895 la sorella Ida decise di sposarsi: lui visse questo distacco in maniera tragica e si rifiutò persino di partecipare al matrimonio. In seguito Pascoli allacciò una relazione con una delle sue cugine ma la interruppe poco dopo per non dare un grande dolore alla sorella Maria. Nello stesso anno Pascoli fu nominato professore di Grammatica greca e latina all'università di Bologna. Nel 1897 pubblicò i Poemetti, nel 1903 i Canti di Castelvecchio e nel 1904 i Poemi Conviviali. Nel 1905 successe a Carducci nella cattedra di Letteratura italiana all'Università di Bologna. Nell'ultima parte della sua produzione, Pascoli cambiò profondamente la sua poetica, tanto da divenire il poeta ufficiale della monarchia “sabauda”. Scrisse lunghi canti patriottici e inneggiò ai grandi della patria. Sebbene da giovane fosse stato anarchico e socialista, nel 1911 pubblicò un articolo dal titolo “La Grande Proletaria si è mossa” con il quale applaudì all’impresa coloniale italiana. Morì il 6 aprile 1912 a Castelvecchio. Il Fanciullino Opera divisa in 20 capitoli e pubblicata per la prima volta nel 1897. Secondo Pascoli, dentro ogni uomo esiste “un fanciullino”, una voce di un bambino, che si esalta per i fiori, che gioisce per cose insignificanti e che si spaventa del buio; questo fanciullino rappresenta la parte irrazionale degli uomini, la parte “decadente”, che però gli uomini adulti non ascoltano e soffocano. Gli unici che possono dar voce al fanciullino e che lo ascoltano sono gli artisti e in particolare i poeti. Visto che la poesia di Pascoli “deriva” dalla voce di questo fanciullino, le sue poesie sono irrazionali, proprio come i bambini, quasi prive di logica, piene di simboli e di suoni. Il poeta fanciullo si commuove senza motivo, si esalta, si abbandona ai sentimenti e alle correlazioni tra gli elementi. Per questo motivo – secondo il Pascoli della prima parte della produzione – la poesia non ha nessuna utilità pratica, non dà insegnamenti morali, non aiuta, è solo il mezzo per far venire fuori tutto ciò che l’adulto, e quindi la ragione e il mondo moderno, soffoca. La poesia, secondo Pascoli, è una rivelazione dell’ignoto, dell’irrazionale; non inventa, ma scopre tutto ciò che c’è di inquieto dentro di noi.
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