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Sintesi Le storie del cinema. dalle origini al digitale, Sintesi del corso di Storia Del Cinema

Sintesi del libro Le storie del cinema. dalle origini al digitale, a cura di C. Uva e V. Zagarrio

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Sintesi Le storie del cinema. dalle origini al digitale e più Sintesi del corso in PDF di Storia Del Cinema solo su Docsity! Premessa Il manuale parte dalla presa di consapevolezza dell'esistenza di variegate storie del cinema, ognuna fatalmente figlia del suo tempo, e giunge all'iniziativa della riscrittura delle storie del cinema che includa una pluralità di prospettive (già intuita da Godard nel 1988), e che si rifletta, per prima cosa, nella molteplicità degli studiosi coinvolti (giovani e veterani, italiani e stranieri). Si parte dallo stato delle cose (la crisi del cinema, la smaterializzazione della sala, le logiche di videogames e animazione, la realtà virtuale) per andare a ritroso fino al precinema. Data la complessità delle storie, ogni capitolo è aperto da un contesto, la cui scrittura è affidata a storici che puntano a descrivere le coordinate storico-sociali, e chiuso da una controstoria, spazio per alcune riflessioni che mirano a sfatare miti o ad approfondire alcuni aspetti non trattati nei capitoli. Contesti: il mondo attuale Il mondo in cui viviamo è l'esito di alcuni mutamenti avviatisi in due precise fasce storiche. Il primo periodo è la fine dell'Ottocento, in cui: si avvia il processo di industrializzazione, e, parallelamente, quello di urbanizzazione; si espande la democrazia, grazie alla rivoluzione americana e a quella francese; si sviluppano trasporti e comunicazioni, iniziando il processo di globalizzazione che interconnette le diverse aree del pianeta (facilitata dalla colonizzazione di Africa e Asia), e che favorisce una grande ondata migratoria (dall'Europa all'America e tra varie parti dell'Asia). Il secondo periodo è il Novecento: l'industrializzazione precedentemente avviatasi produce un crescente inquinamento ambientale (dall'Ottocento la temperatura ha iniziato a salire e non ha mai smesso); la democrazia si espande nuovamente con l'indipendenza dei popoli coloniali (1945), e con il crollo dell'Unione Sovietica e della Iugoslavia (1989); riprendono i fenomeni di migrazione, interrotti dalle guerre, ed incrementati fino al 1973. Gli anni intorno al 1973 sono il punto di partenza di una nuova grande trasformazione: iniziano i processi che portano allo sfasciarsi dei regimi comunisti, eccezione fatta per la Cina che si apre al mercato liberalizzando i commerci (il che spiega lo spostamento del baricentro produttivo da occidente a oriente); le grandi società multinazionali iniziano un processo di delocalizzazione verso aree poco regolamentate e dai costi più contenuti (cosa che porta all'innalzamento del PIL nei paesi meno sviluppati - la povertà è, infatti, diminuita, anche se il suo baricentro resta l'Africa); inizia una nuova grande migrazione, differenziata dalle precedenti per i nuovi caratteri della globalizzazione (l'avvento di Internet e l'enorme sviluppo della finanza globale, svincolata dal controllo degli stati). Dalla fine degli anni '80 sono nate una serie di crisi, la più seria, nel 2008, ha avuto una dimensione transnazionale a causa della globalizzazione. Conseguenza diretta della globalizzazione massiva è la nascita di organismi sovranazionali e la conseguente perdita della sovranità economica e finanziaria degli stati. L'assenza di una politica in grado di regolamentare i movimenti internazionali ha favorito la crescita di forze antiglobali, sopratutto dopo la fine del bipolarismo della guerra fredda, come i movimenti islamisti; in generale una rinnovata centralità dell'identità religiosa ha dato vita a nuovi sistemi politici (India induista e Turchia); nascono forze sovraniste in non pochi paesi occidentali che portano all'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea e all'ascesa di Donald Trump (che ha rilanciato politiche protezionistiche e si è tirato fuori dagli accordi di Parigi per ridurre il riscaldamento globale). Le guerre sono ad oggi legate all'indebolimento delle autorità statali, sopratutto in Africa, Asia e Medio Oriente e mietono sopratutto vittime civili; la condizione della donna è migliorata con l'ottenimento del diritto di voto dal 1945 al 1979, ma una parità di genere è ancora lontana. Il cinema oltre il cinema 1. Partire dall'oggi Oggi lo stato delle cose riguardanti il cinema, così come la società, il costume, la politica, la tecnologia, è da considerarsi una mappatura complessa e difficile da interpretare. Oggi la parola cinema identifica qualcosa di molto diverso rispetto al secolo scorso, che viene a volte chiamato “cinema espanso”, da Gene Youngblood, che intende un prodotto formato dall'ibridazione tra materiali eterogenei (documentario e fiction, lungo e cortometraggio, film e serie, cinema e videoarte, videogame); Eugeni parla di “condizione postmediale”, intendendo una dissoluzione dei media in altre tipologie di apparati; altri utilizzano la parola “postcinema”, intendendo un insieme di forme e tecnologie dell'audiovisivo che presuppone un nuovo tipo di spettatore, un utente attivo, in grado di contribuire attivamente producendo ibridazioni mediali (remix, mash-up, web series). A tutto ciò vanno aggiunte nuove categorie di prodotti audiovisivi: quelli di mixed reality (realtà aumentata, realtà virtuale) dove il fruitore si immerge in un ambiente interattivo a 360° (es. installazione Carne y Arena di Inarritu, dove si vedono immigrati arrestati al confine tra Messico e Stati Uniti; dove lo spettatore può costruirsi il suo punto di vista); e quelli di desktop film, cioè film interamente ambientati sullo schermo di un computer o in ambienti digitali (es. Unfriended). Le nuove serie televisive hanno una matrice di origine cinematografica abbinata ad un nuovo tipo di fruizione, il binge watching, cioè il consumo compulsivo senza la tradizionale attesa del nuovo episodio. Su questo complesso (qualcuno direbbe critico) panorama si è affacciata la crisi pandemica del Covid-19, che ha chiuso teatri e sale cinematografiche, obbligando una fruizione domestica, individuale, ad orari liberi. 2. Ipotesi di lettura Nell'età del disordine può essere utile, per prima cosa, mettere in relazione il cinema con la storia, per tentare di orientarsi nel difficile panorama dispiegatosi. In concomitanza con l'accelerazione di processi sociali, economici e politici partiti alla fine degli anni '60, i rapporti tra storia e cinema si sono infittiti: la grande ondata migratoria e la contemporanea difficoltà di interpretare i cambiamenti ha portato alla nascita di un cinema del reale, che tenta un contatto più intimo con il mondo e le sue questioni, spesso in una forma ibridata tra documentario e fiction, dedicando particolare attenzione alla questione femminile, alla comunità LGBTO+ e ai rapporti etnico-identitari. 3. Nuove prospettive della messa in scena Le tendenze della messa in scena dei film di oggi si sviluppano verso due particolari elementi: la ripresa in continuità temporale e la cura del punto di vista (perfettamente soggettivo oppure totalmente scorporato). A proposito del primo punto è necessario fare una prima differenza tra piano sequenza, cioè un'inquadratura che copra la durata di un'intera scena, e long take, cioè una ripresa lunga che fa parte, insieme ad altre inquadrature, di una scena. Le inquadrature lunghe, che siano piani sequenza o long take, ubbidiscono ad una precisa estetica chiamata “slow cinema”, che da tutto il tempo necessario allo sguardo dello spettatore per esplorare l'inquadratura, in contrapposizione al “fast cinema”, che da allo spettatore solo brandelli di percezione. Ad oggi è possibile girare inquadrature lunghissime grazie allo sviluppo delle tecniche di postproduzione e all'alleggerimento degli strumenti di ripresa (es. steadycam). Spesso l'uso di inquadrature lunghe è un biglietto da visita autoriale del regista; tanti, infatti, sono stati gli esperimenti di riprendere il film in un unico piano sequenza (Arca russa di Sokurov; Valzer di Salvatore Maira; Mahi va gorbeh di Shahram Mokri; Ana Arabia di Amos Gitai; Victoria di Sebastian Schipper) o come se lo fosse, mascherando i tagli (Birdman di Inarritu; Nodo alla gola di Hitchcock); o includendo long takes per dare spessore stilistico al film (il match pugilistico in Creed. Nato per combattere di Ryan Coogler; i numeri di ballo in La La Land di Damien Chazelle; // figlio di Saul di Laszlo Nemes; Le conseguenze dell'amore e Il divo di Paolo Sorrentino; Hunger e Shame di Steve McQueen). Uno dei film-evento è 1917 di Sam Mendes, girato come un continuo piano sequenza, prodotto della volontà del regista di raccontare un misto tra presa diretta degli avvenimenti ed esperienza videoludica della prima guerra mondiale. A proposito del secondo punto, il rapporto tra visione umana e visione della macchina si è radicalizzato producendo due tendenze riconducibili ai due estremi del rapporto: totale adesione, in un'ottica di antropocentrismo che si incarna in inquadrature soggettive, o First-Person Shot - FPS, in cui lo spettatore è il protagonista, come avviene nelle ultime frontiere dello sport o del porno; o totale opposizione, in un'ottica di negazione dell'antropocentrismo che privilegia punti di vista impossibili, onniscienti o assimilabili a dispositivi di sorveglianza. Esiste infatti un nuovo genere, chiamato surveillance movie, che traspone all'interno del cinema un sentimento di disagio derivante dalla sempre più invadente tecnologia che al giorno d'oggi pare sorvegliarci tramite le telecamere nelle metropoli (che rendono il mondo un intero profilmico) o i social network (Full Contact di da parte dei produttori. La storia del cinema è costituita, in ogni caso, anche da una vera e propria dimensione sommersa e da altri elementi da analizzare con strumenti presi a prestito da altre discipline. Contesti: Iconografia del divenire storico L'immagine è uno strumento antropologico usato storicamente dall'uomo per chiarire, ordinare e comprendere il mondo circostante; sono, per questo, importanti testimonianze che permettono la scrittura di una storia dell'umanità. Le immagini hanno una doppia natura: veicolano informazioni per i riceventi dell'epoca, e testimoniano una realtà per gli studiosi dei secoli successivi, che tentano di carpirne il valore testimoniale, simbolico e artistico. Le prime testimonianze visive risalgono al Paleolitico: le mandrie di bisonti raffigurate nelle grotte di Altamira in Spagna più di 18mila anni fa testimoniano non solo la fauna dell'epoca, ma anche un rapporto quasi magico con le immagini, tramite le quali l'uomo tenta di controllare il mondo. Altre importanti testimonianze sono i geroglifici dell'antico Egitto, che possono essere compresi solo se calati nel contesto di riferimento (le caratteristiche della percezione cambiano nel corso di lunghi periodi storici): la scrittura per immagini assumeva all'epoca un valore concettuale, non narrativo, per cui ogni elemento veniva rappresentato nella maniera più intelligibile. La vera svolta è rappresentata dalla civiltà greca, che pone l'uomo al centro del proprio mondo, innescando una rivoluzione percettiva che darà vita al pensiero occidentale. Si iniziano a rappresentare anche fatti, personaggi illustri e concetti che innescano due rivoluzioni: una artistica, poiché le immagini assumono un significato allegorico, metaforico, simbolico; una storicistica, che vede immagini con precise finalità politiche, religiose o culturali che influenzano la percezione. La storia delle immagini divenne il campo ottimale per osservare il rapporto tra autori pubblico e committenza: basta ricordare come l'arte cristiana di epoca imperiale influiva sulla percezione della fede. La raffigurazione di monarchi e governanti in epoca medievale trae origine proprio dalle immagini religiose; cosa che testimonia la necessità di un'autorappresentazione del potere che ne garantisca un consolidamento. Durante la riforma luterana si compì la messa in discussione delle istituzioni religiose proprio tramite immagini. Con il Rinascimento la visione del mondo si laicizzò e i soggetti delle immagini riflettevano i concetti di comando e ricchezza. Nel XIII secolo in Italia si diffuse uno sguardo che poneva l'attenzione sull'idea di un controllo razionale dell'uomo sul cosmo; nel Nord dell'Europa l'arte fiamminga celebrava l'affermazione della borghesia con la raffigurazione di oggetti domestici. Le immagini (laiche o religiose) sono, inoltre, un forte strumento di coesione e di appartenenza che rafforza il senso di comunità, di fede, di patria, di classe. Dalla metà del Settecento le immagini si democratizzano diventando patrimonio collettivo, ne è sintomo il processo che le rende strumento di rivendicazione sociale e politica e la diffusione di vignette satiriche sulla rappresentazione del potere visto dal basso. Dopo le profonde fratture politiche del XIX secolo l'individuo ha cercato rifugio nelle immagini, che fissano lo scorrere del tempo e danno forza a nuovi miti. La nascita della fotografia e poi del cinema appaiono come l'ennesimo tentativo di dare un senso al divenire storico, cercando di controllare la realtà. Dalla grotta di Chauvet al precinema passando per la caverna platonica 1.1 graffiti del Paleolitico e il cinema Come già osservato, una storia del cinema esaustiva deve partire dal presupposto dell'esistenza di una varietà di storie, legate a differenti modalità di rappresentazione, differenti sviluppi in base alla nazionalità, all'innovazione tecnica e alle prospettive che intende dare al lettore. La storia delle tecniche del linguaggio cinematografico si può considerare quasi ultimata tra il 1888 e il 1895, quando vennero messe a punto tecniche per fermare l'immagine in movimento. Tuttavia, precedentemente a quegli anni, vi sono tutta una serie di invenzioni e ricerche scientifiche (di Niépce, Daguerre, Bayard) che costituiscono un momento di fondamentale gestazione dell'immagine in movimento. Tornando ancora indietro, è possibile, tuttavia, rintracciare in altri linguaggi artistici una particolare attenzione per la gestione dello sguardo o per tecniche e approcci che si riveleranno fondamentali al cinema. I moderni visual culture studies si dedicano alla ricerca storica e teorica del cinema, ma già intellettuali quali Benjamin, Ejzenstejn, Bazin, Morin intuirono la presenza, nel cinema, di meccanismi assai più antichi che trovano in esso una compiuta realizzazione, ma che esistono in potenza da moltissimo tempo. Lotman e Tsivian identificano due indicatori nella ricerca degli antenati del cinema: le riflessioni di Ejzenstejn e Sadoul sul legame tra le vecchie arti e il linguaggio cinematografico; e i nuovi studi da loro effettuati che identificano una radice cinematografica nel periodo rinascimentale e barocco. Per Ejzenstejn, in particolare, il principio cinematografico è identificabile in alcuni linguaggi quali la pittura e l'ideogramma, che coinvolgono forme di rappresentazione più antiche. Bazin osserva una comune necessità alla base del cinema e della fotografia, così come di tutte le altre arti e attività umane: una difesa contro lo scorrere del tempo (rintracciabile tanto nella pratica dell'imbalsamazione di cadaveri quanto nella cattura del reale) imbastita grazie alla creazione di un doppio del reale (specialità del cinema e della fotografia, più simili alla realtà registrata, di cui conservano una referenza ontologica; e del cinema ancor più della fotografia, poiché della realtà conserva il movimento e la dimensione sonora). Anche per Morin il cinema è l'ennesima testimonianza di un atavico bisogno del doppio. Cercando un periodo storico dal quale iniziare a parlare di cinema, bisognerà dunque iniziare all'alba dell'Homo sapiens. L'accostamento tra cinema e graffiti del Paleolitico è l'oggetto di analisi del documentario Cave of Forgotten Dreams di Werner Herzog, dove si cerca lo spettacolo cinematografico nelle grotta di Chauvet, dove furono incisi i primi graffiti (32-36mila anni fa). Ad accomunare questo luogo al cinema è innanzitutto l'ambiente buio, in cui i disegni di animali si allungavano su tutta la parete, creando un ambiente quanto mai immersivo (accentuata oggi dalla tecnologia 3D) e potevano essere letti solo con l'ausilio di una torcia, che creava una sensazione di misterioso; inoltre, osserva Freedberg, un'immagine simile al reale innesca nello spettatore sensazioni simili a quelle che proverebbe se avesse davanti il vero reale oggetto, creando un coinvolgimento emotivo; per la modalità di fruizione, inoltre, le immagini parietali restituiscono un'illusione di movimento, data dalla tecnica di ripetere alcune parti dell'immagine (usata anche nel fumetto, e poi nel Futurismo), dai movimenti del fuoco della torcia; Herzong ipotizza, inoltre, la presenza di un accompagnamento musicale a voce, e rintraccia in ogni caso la presenza di un suono immaginato (suggerito dalle immagini) e di un silenzio mistico all'interno della grotta. 2. Il mito della caverna Il mito della caverna di Platone è stato accostato al cinema da Morin, per la condizione dei prigionieri, che risulta simile a quella dello spettatore: gli spettatori vivono un momento di sovrapercezione che comporta una ridotta capacità motoria, per cui, proprio come i prigionieri nella caverna, sono incatenati alla poltrone; gli spettatori interrompono la propria incredulità (espressione di Coleridge) nel momento in cui subiscono un trasporto emotivo, per cui, così come i prigionieri credono che le ombre siano la realtà, gli spettatori si illudono del fatto di star vivendo nella realtà, non in un doppio di essa; le enormi immagini fagocitano lo spettatore (e i prigionieri) costruendo un meccanismo di immedesimazione, tramite i neuroni specchio che costruiscono l'empatia, tramite la quale lo spettatore vive le esperienze vissute dal protagonista (Thompson parla di quasi- interazione mediata). Barthes afferma “la foto mi anima e io la animo”, intendendo che l'immagine fotografica prende vita tramite il coinvolgimento emotivo di un fruitore, ma contemporaneamente il fruitore vive ciò che in essa è rappresentato. Quanto afferma Barthes vale sia per la fotografia che per tutte le arti figurative; ovviamente l'illusione proveniente dalla fotografia e dal cinema è più suggestiva. Di conseguenza il mito della caverna può essere associato a tutte le tipologie di rappresentazione. La nascita dell'Homo sapiens, il primo a realizzare delle immagini come quelle nella grotta di Chauvet, ha determinato la nascita di un Homo demens, cioè una parte presente nel sapiens che crede alle illusioni, ancora presente in noi; così possiamo cogliere, tramite il mito della caverna, affianco alla propensione alla duplicazione, una propensione atavica dell'uomo verso l'esplorazione di mondi lontani dall'esperienza reale, che José Ortega y Gasset chiama l'Oltremondo. 3. La prospettiva rinascimentale e i dispositivi ottici La propensione dell'uomo a rappresentare il mondo si sviluppa grazie alle regole prospettiche. Il primo elemento ad essere inventato fu il prospettoscopio di Brunelleschi, che verifica la perfetta corrispondenza fra l'oggetto e la sua rappresentazione. Queste prime intuizioni sulla prospettiva lineare sono poi codificate da Leon Battista Alberti nel De pictura e da Piero Della Francesca nel De prospectiva pingendi. A questo gruppo di artisti appartengono le tavole delle città ideali, nelle quali viene esibita la scienza della prospettiva, fondamentale per l'elaborazione dell'utopia urbanistica e per il vedutismo, tendenza ritrae paesaggi con dispositivi in grado di manipolare l'orizzonte della vista. Questa volontà nasce nell'antichità e si sviluppa con il principio della camera oscura di Alhazen e poi Leonardo Da Vinci; il principio della camera oscura viene poi perfezionato con l'aggiunta di una lente che convogli i raggi di luce, di uno specchio per ribaltare l'immagine e di una superficie bianca come schermo. La camera oscura viene sfruttata in maniera particolare nel XVI secolo, con entrambe le modifiche ad osservatore interno ed osservatore esterno, usato da Canaletto. L'opera di Canaletto è stata a lungo analizzata per controllare la precisione topografica del suo lavoro; in particolare da Carlo Ludovico Ragghianti, che tramite il lavoro di Terisio Pignatti ripercorre le tappe dell'esperienza di Canaletto. Ando Gilardi mette a punto un pantografo per riprodurre in scala gli schizzi ottenuti con la camera oscura, sfruttato anche da Canaletto. Nascono anche i pantascopi, dispositivi per la visione di immagini che offrono un affaccio per lo spettatore verso l'interno, dove si succedono varie vedute attraverso una leva azionata dall'imbonitore; le vedute contengono didascalie, effetti giorno\notte, o sono accompagnate da indicazioni verbali dell'imbonitore. L'apparecchio che segna la storia del cinema è la lanterna magica di Huygens, inventata a metà Seicento, che dapprima mostra soggetti mostruosi in un'ottica magico-taumaturgica, poi si apre ad una varietà di soggetti e ad un uso illuminista; la produzione divenne industriale e diventa abitudine delle famiglie. Altro prodotto è il panorama, enormi delle dipinte con la camera oscura e che introducono la camera oscura che gira su un perno senza cambiare orizzonte, inventata da Léon Dufony. In questo tipo di prodotti il gusto scenografico, la tradizione quadraturista e il trompe l'oeil vengono reinterpretati in chiave illuminista, anche grazie alla nuova centralità fisica dello spettatore nei confronti della visione. Antonio Costa ricorda come da questo momento storico in poi il paesaggio è diventato merce e si è inserito nei meccanismi dei consumi di massa. 4. Dalla fotografia al kinetoscopio Tra gli anni Dieci e gli anni Venti dell'Ottocento si collocano le prime esperienze fotografiche che portano rapidi perfezionamenti: fondamentali Niépce, Daguerre e Talbot; la nuova tecnica inizia a diffondersi grazie a ritratti e riproduzione di opere. Baudelaire e Holfflin manifestano dubbi sul nuovo dispositivo: i soggetti fotografati si moltiplicano incontrollabili, producendo un'ampliamento del metodo comparativo della storia dell'arte, e contemporaneamente rischiando di banalizzare il lavoro analitico. Nascono tutta una serie di dispositivi: il Kaiserpanorama di August Fuhrmann (che installa a Berlino rotonde per la visione stereofotografica - dispositivi simili sono conservati al Museo nazionale del cinema di Torino); le fotografie all'albumina osservabili al megaletoscopio di Carlo Ponti; le vedute aeree di Parigi dalla mongolfiera di Nadar; il “punto di vista qualunque” di Peter Galassi: egli analizza l'evoluzione della pittura occidentale dal Rinascimento all'Ottocento e nota la presenza, sopratutto nel bozzettismo, di una certa tensione dello sguardo, liberatasi con l'avvento della fotografia. Galassi inoltre cerca di sfatare l'idea per cui con l'avvento della fotografia la pittura debba rinunciare ad una ricerca di realismo; il tentativo si compie dimostrando una messa in crisi del modello italiano con la Prothestant Gothic Churc di Emanuel de Witte, dove la composizione rende impossibile la ricostruzione dello spazio; inoltre identifica nella pittura di paesaggi ottocentesca il genere degli sperimentalismi più radicali, sopratutto a opera dei vedutisti. Nel momento in cui le tele abbandonano i paesaggi per dedicarsi agli scenari bellici, la fotografia ne sostituisce le abilità mimetiche, realizzando un'ampia visione grazie al montaggio di scatti successivi. Eadweard Muybridge si specializzò nella realizzazione del montaggio di scatti successivi: prima con il photorama, che restituisce l'impressione su una superficie circolare; seguirono altre tecniche -rama, che puntavano ad andare oltre lo parte del pacifico contro la Spagna, diventando i principali beneficiari della rivoluzione industriale, grazie allo sviluppo demografico che comprende una grande migrazione. Si diffonde il mito del business e del self-made man, il capitalismo si organizzò in corporazioni. Il lungo inizio: dai Lumière allo studio system 1. Lumière, Méliès e il cinema delle attrazioni La data di nascita del cinema, 28 Dicembre 1895, data in cui si tenne il primo spettacolo a pagamento del cinematografo dei fratelli Lumière presso il Cafè sul Boulevard des Capucines, è più che altro una convenzione storiografica, poiché nell'ultimo decennio dell'Ottocento in molti paesi si tentò di animare le immagini fotografiche: negli Stati Uniti Thomas Edison mise a punto il kinetoscopio, che scatta trenta fotografie al secondo e le riproduce in gabinetti con uno spettatore alla volta, tramite gettone; in Francia i fratelli Lumière organizzano situazioni pubbliche per la classe medio-borghese, dove proiettano le immagini prese a sedici fotogrammi al secondo (più luminose). All'epoca l'aspetto centrale dello spettacolo era la presenza della macchina da proiezione in sala, dispositivo che aveva ancora un aspetto magico. La fortuna dei Lumière venne dalla loro solidità aziendale nella fotografia e dall'innovazione della loro macchina, capace di riprendere, stampare e proiettare, inoltre era leggera e permetteva agli operatori di lavorare in fretta e autonomamente. | Lumière si specializzarono nella ripresa di “vedute”, inquadrature fisse, a volte con la macchina da presa posta su piattaforme in movimenti, da un'angolazione decentrata che accresca la sensazione di realtà, brevi, riprese dagli operatori in giro per il mondo, con un'ottima qualità fotografica e un'estesa gamma di grigi. Lo spettatore dell'epoca andava in realtà a vedere un “programma”, raccolta antologica di breve durata (a causa del fastidio alla vista che dava lo schermo - risolto solo nel 1908; e alle esigenze minime degli spettatori). Dopo un primo successo i film dei Lumière iniziano a perdere di popolarità, così: il costo dei biglietti diminuì, garantendo la penetrazione in altri strati sociali, i soggetti iniziano a variare. | luoghi deputati alle proiezioni diventano le baracche di ambulanti, i teatri di varietà e i cafè chantants. André Gaudreault e Tom Gunning chiamano questa prima tendenza “cinema_ delle attrazioni”, poiché fanno vedere qualcosa più che raccontarlo, di qui la tendenza a meravigliare il pubblico: prima con la semplice riproduzione della vita sullo schermo, poi con i trucchi sorprendenti. AI cinema delle attrazioni, a partire dai primi anni del Novecento, si affianca un cinema orientato alla finzione, chiamato dagli studiosi sopracitati “cinema dell'integrazione narrativa”. Un personaggio chiave in questa seconda fase è George Méliès, tra i primi a concepire la produzione dei film in termini dell'invenzione artistica e del lavoro della messa in scena: nel 1888 rileva il Theatre Robert-Houdin, dove allestisce degli sketch basati sopratutto su giochi di prestigio e gag pirotecniche, capisce che il cinema può diventare il mezzo ideale per la riproduzione di questo tipo di giochi e fonda la Starfilm; il giardino della sua villa diventa il primo teatro di posa. Il cinema di Méliès costruisce un mondo meraviglioso capace di sostituirsi alla realtà esplorata dai Lumière, frequenta tutti i sottogeneri dei film a trucchi e sfrutta al meglio le tecniche dell'arresto-sostituzione e della sovrimpressione. Spesso i suoi film si articolano proponendo nuove strutture narrative, tuttavia le unità narrative rimangono legate alla singola scena, mai sezionata in inquadrature. La fortuna di Méliès e della Starfilm si esaurisce nei primi anni Dieci: il cinema era diventato una vera e propria industria con ritmi frenetici e necessità che non si conciliavano con lo spirito artigiano di Méliès. La più volte ribadita antitesi tra il cinema del reale dei Lumière e il cinema spettacolare di Méliès perde di solidità nel corso degli anni: entrambe le esperienze vanno collocate all'interno del cinema delle attrazioni mostrative, un regime spettacolare che più che raccontare vuole far vedere. I film prodotti nel periodo 1895-1908 sono caratterizzati da un linguaggio più o meno costante: le inquadrature sono unipuntuali, cioè vengono riprese da un solo punto di vista, e spesso tutto il film è composto da un'unica inquadratura (questo tipo di ripresa è detto piano autarchico, poiché è equipollente alle altre inquadrature, che stanno tra loro in rapporto paratattico); non si sfrutta il fuori campo poiché per lo spettatore non era immaginabile (se un personaggio usciva dall'inquadratura non c'era più); i movimenti di macchina erano rari, i primi sono attribuiti all'operatore Lumière Alexandre Promio, che posizionò la macchina da presa su veicoli in movimento; si sviluppò una tendenza a riempire il fotogramma quanto più possibile (all'aperto si predilige un punto di vista che inquadra tutti gli elementi; al chiuso il fotogramma si riempie di personaggi), il che li rende di difficile lettura per lo spettatore di oggi, che non sa orientare lo sguardo, ma anche per quelli dell'epoca, per cui venne introdotta la figura del lettore; il colore veniva ottenuto dipingendo i fotogrammi in bianco e nero tramite imbibizione, viraggio o pochoir, e in nessun caso aveva scopo mimetico; le scenografie erano bidimensionali, dipinte sui fondali. Negli stessi anni inizia anche la storia del cinema d'animazione: il primo a dar vita a disegni (da lui effettuati) fu James Stuart Blackton, cofondatore della Vitagraph; in Francia, dopo il teatro ottico di Emile Reynaud, la ricerca sull'animazione diventa preoccupazione di Emile Cohl, già noto caricaturista, che realizza film con tecniche particolarmente raffinate in uno sfondo quasi astratto; molto più praticata fu la tecnica di stop-frame animation, basata sulla ripresa a scatti di oggetti in uno spazio tridimensionale (con questa tecnica è stato possibile anche integrare immagini fotorealistiche e di finzione. 2. Lo sviluppo industriale e le origini del racconto cinematografico Dal 1905 il cinema inizia ad imporsi nel mercato internazionale: il primo paese è la Francia, dove la Gaumont e in particolare la Pathè dimostrano grandi capacità imprenditoriali. Gli Stati Uniti sono il mercato più appetibile, poiché le case di produzione non riescono a soddisfare la domanda interna e vengono consumati sopratutto film francesi; l'espansione del settore è frenata per alcuni anni dalla guerra dei brevetti, scatenata da Thomas Edison, che, prevedendo il declino del kinetoscopio, inizia ad acquistare tutti i brevetti possibili per garantirsi il monopolio dell'industria cinematografica. Nel 1908, d'accordo con la Vitagraph e la Biograph, Edison giunge al controllo del mercato interno, anche per controllare la crescente importazione di film esteri: si costituisce così la MPPC (Motion Picture Patents Company), trust combattuto aspramente dai produttori indipendenti e dalle iniziative contro il protezionismo. In Italia le prime produzioni nascono nel 1905, tuttavia il rapido sviluppo, costituitosi grazie al policentrismo italiano, colma questo ritardo; Torino è la principale capitale del cinema italiano. AI di là delle specifiche nazionali il piano organizzativo si affina: la produzione veniva ospitata in teatri di posa, la produzione si articola in fasi distinte, distinguendo le figure professionali coinvolte e specializzandole. Anche dal punto di vista tecnico si raggiungono alcuni obiettivi: i proiettori si perfezionano, i prezzi si abbassano, per far fronte alla domanda di variazione si evolvono i generi, nascono sale cinematografiche fisse e negli Stati Uniti i nickelodeons, cioè sale di poche pretese con programmi variati e prezzi molto contenuti. Le innovazioni riguardano anche e sopratutto il linguaggio: l'elemento narrativo cresce di importanza, le inquadrature iniziano ad essere pensate in funzione del montaggio, vengono introdotte le didascalie con funzione di dar voce ai personaggi; ad una tendenza che perfeziona l'immagine autarchica coesiste una volontà di sinergia tra le inquadrature, offerta dal montaggio, che per dare l'idea del passaggio da uno spazio ad un altro fa ripetere lo stesso contenuto da un punto di vista differente. Tra tutti si distingue il primo cinema inglese, sorto intorno alla cosiddetta scuola di Brighton, dove i cineasti si occuparono della ricerca linguistica, legata in parte ancora alle attrazioni, in parte al racconto. Si sceglie di segmentare l'azione in tre inquadrature in Il bacio nel tunnel, e si servono di questa tecnica anche nei film d'inseguimento, in particolare in Fermate il ladro! Il malvivente esce da destra per rientrare a destra dell'inquadratura, segno del fatto che questo sistema non era ancora stato ben regolamentato (anche se Williamson ne realizza uno giusto). La scuola di Brighton mette a punto anche il raccordo sull'asse. Dopo il 1903 l'area produttiva più attenta al racconto cinematografico divennero gli Stati Uniti, in particolare Edwin Porter nel suo La grande rapina al treno mette insieme in quattordici inquadrature sulla base di una continuità spazio temporale, spezzando talvolta l'azione in più inquadrature, facendo coesistere cinema narrativo e cinema delle attrazioni, la cui persistenza è evidente nel primo piano del bandito. In questa inquadratura vi è un rivolgersi diretto del film allo spettatore tramite lo sguardo in macchina dell'attore, cosa che nel cinema narrativo non può avvenire: lo spettatore deve essere indisturbatamente assorbito dalla narrazione. Altra importante personalità americana è David Wark Griffith, che si concentra sul cinema narrativo, curando la profondità di campo, dettagli, primi piani e contrasti di luce, ma in particolar modo si concentra sulle possibilità del montaggio: esprime una simultaneità tramite il montaggio alternato, che racconta due linee narrative appartenenti ad un'unica vicenda in spazi distinti; mette a punto il last minute rescue, cioè il salvataggio dell'ultimo minuto e il montaggio analitico, tecnica di montaggio volta ad aiutare lo spettatore ad orientarsi nelle inquadrature ravvicinate tramite l'establishing shot, cioè un campo totale, cui seguono primi e primissimi piani spesso di valenza simbolica. Anche il cinema d'animazione va incontro a particolari innovazioni con una grande velocità: nel corso degli anni Dieci si diffondono i film-serie con personaggi fissi, spesso tratti dai fumetti, a volte inventati. Le tecniche che si diffondono sono il rodovetro, a cura di Earl Hurd, che consente di non ridisegnare ogni volta la parte di sfondo su cui si muovono i personaggi; e il rotoscopio, a cura di Max Fleischer, dove le riprese live action sono proiettate su un pannello di vetro che permette al disegnatore di ricalcarne la figura. 3. Il cinema europeo degli anni Dieci: il film d'arte, l'affermazione del lungometraggio e i modelli di messa in scena Tra il 1908 e l'inizio della Prima guerra mondiale il cinema assume una dimensione sempre più industrializzata costruendo una concorrenza tra le nazioni sempre più accesa. Vi furono trasformazioni profonde riguardanti l'organizzazione, la distribuzione, i luoghi, i contenuti e le modalità del cinema. Il cinema delle attrazioni entra definitivamente in crisi: le pellicole venivano acquistate, non noleggiate, per questo rimanevano al cinema finché non si usuravano. Dal 1909, però, si passa al noleggio, ne consegue un crescente protagonismo delle case di produzione nel continuo rinnovo dell'offerta, poiché soltanto un'offerta regolare può consentire l'instaurarsi del cinema come abitudine ordinaria. Inoltre la standardizzazione dei prodotti, sopratutto in base ai generi li rende riconoscibili. Si diffondono in queso periodo i brevi film comici con personaggio fisso: in Francia vennero introdotti da André Deed, poi da Max Linder; gli Stati Uniti soppiantano la Francia in questo tipo di produzioni. Nel 1910 aumenta la diversificazione tra cinema europeo e americano: il primo predilige lo studio della composizione, tramite la gestione di pieni e vuoti e degli spazi profilmici, della messa in scena e dell'inquadratura, costruendo inquadrature centripete che esauriscono un intero nucleo narrativo in piani d'insieme con punti di vista frontali; il secondo si concentra sul montaggio. In Europa si diffonde il genere di film d'arte, nato in Francia nel 1908, e in Italia: questi film vantano costumi e scenografie accurate, recitazioni di alto livello e autorevoli contenuti culturali (adattamenti di opere teatrali e letterarie) dal valore istruttivo, che riuscirono ad attirare la borghesia precedentemente allontanatasi dai cinema, e che legittimarono il cinema come forma culturale e artistica. Vennero aperti nuovi cinema, più capienti, eleganti e confortevoli con i biglietti differenziati in base ai settori. In questo periodo però il cinema viene anche preso di mira e ritenuto pericoloso, capro espiatorio di una profonda insicurezza verso le trasformazioni della modernità, in Italia viene introdotta la censura. Dal 1911 si afferma la forma del lungometraggio, in parte legato ai film d'arte, ma anche al documentario e ai drammi contemporanei. In Danimarca Ole Olsen riesce a esportare ovunque i suoi film, drammi e intrecci polizieschi e nel 1910 realizza L'Abisso, della durata di 45 minuti, che ottiene un grande successo. Il cinema danese si fonda sulla profondità di campo e comprende ricerche sull'illuminazione (Christensen fa del controluce la sua cifra stilistica), nel film La passione di Giovanna D'arco di Dreyer è importante l'uso del primo piano. Il cinema in Svezia si specializza nel sapiente sfruttamento della profondità di campo e nell'uso espressivo della natura. In Russia si specializzano nella realizzazione di melodrammi dal sapore decadente, Bauer in particolare sfrutta una recitazione piena di pause e le inquadrature lunghe e statiche con una grande qualità pittorica e finali tragici. Il cinema francese cura le scenografie rendendole tridimensionali. L'Italia si specializza nella produzione di peplum, kolossal storici ambientati nel mondo antico che necessitano di durate più lunghe per la presenza di complesse situazioni narrative. Gli spazi diventano monumentali, le inquadrature si sforzano di contenere quante più informazioni possibili e di mantenere qualità artistiche. Il primo kolossal è La caduta di Troia di Pastone; nel 1913 Quo vadis di Guazzoni trionfa a livello internazionale; nel 1914 si raggiunge l'apice con Cabiria di Giovanni Pastrone: quasi tre ore di lunghezza, il budget esorbitante, la molto utilizzato dalla pittura del periodo; dall'altro il viaggio sulla luna, attrazione diffusa al tempo, tema chiamato poi fantascienza. In realtà i film Lumière erano continuamente rigirati poiché le pellicole si usuravano. Entrambe le tematiche trovano in realtà una rappresentazione congeniale nel cinematografo, tanto che nel primo caso gli spettatori scapparono per la paura che il treno bucasse lo schermo e li travolgesse, nel secondo caso il cinematografo offre la possibilità per mascherare i trucchi con una veridicità fondamentale. La classificazione delle vedute non era infatti divisa tra documentaristico e fantastico, ma, a parte riprese en plein air e vedute scientifiche, tra soggetti composti (che miscelavano reale e fantastico) e vedute a trasformazione (con i trucchi). Inoltre la storiografia che li vuole portatori di due diversi approcci cade anche Méliès ha girato vedute en plein air, e anche Lumière ha incluso trucchi. Lumière riconosce Méliès come l'inventore dello spettacolo cinematografico, anche perché l'interesse principale di Lumière era la fotografia: si dedica infatti alla creazione di altri apparecchi, di pellicole ininfiammabili, schermi senza sfarfallio, immagini a colori e sonore; il cinema gli interessa nei termini in cui è una fotografia in movimento. Méliès dice di avere un interesse simile nella rappresentazione del reale immaginario o fantastico. Nell'ottica in cui le pellicole vengono colorate in postproduzione c'è bisogno di una messa in scena che tenga in conto di questa fase: per questo motivo trucco, scenografie e tutti gli elementi colorati venivano controllati nella loro resa in termini di grigi. Per quanto riguarda l'audio, il tentativo di abbinare musica e suoni risale agli albori del cinematografo. Contesti: la follia autodistruttiva dell'Europa Con la prima guerra mondiale l'Europa esprime il meglio e il peggio, dopo secoli di sviluppo culturale culminati nel periodo della Belle Epoque perde per sempre la sua centralità e la sua unità. Il Positivismo, lo sviluppo dell'industria, le scoperte tecniche si ritorsero contro l'uomo. Anche il cinema divenne strumento di controllo del fronte interno, nonostante nel periodo immediatamente precedente aveva mostrato i rischi della guerra: i “dal vero” mostravano eserciti, ordigni bellici e fabbriche che lavoravano ininterrottamente. La seconda rivoluzione industriale e la prima globalizzazione distrussero i territori e le vite umane come mai prima d'ora, lasciando andare in rovina un patrimonio culturale di dimensioni inimmaginabili. Ogni stato si richiuse e la vita venne riorganizzata in senso gerarchico e nazionalista. La guerra terminò solo con l'ingresso degli Stati Uniti, ma non si esaurirono così i conflitti interni dell'Europa, anzi, venivano gettate le basi per il secondo conflitto mondiale. In questo quanto mai buio periodo l'Europa espresse il meglio di sé dal punto di vista artistico: una serie lunghissima di intellettuali si aprì a nuovi orizzonti; contemporaneamente alcune correnti di pensiero che miravano al superamento del trauma confluirono nella nascita della Società delle nazioni, prima che gli Stati Uniti si isolassero. La rivoluzione russa accese delle speranze e attivò un processo di rinnovamento delle arti e di emancipazione delle masse; il cinema diventa affresco di un'umanità in cammino verso conquiste sociali e politiche; Lenin sprona l'alfabetizzazione delle masse tramite il cinema. Vertov, Kulesov e Ejzenstejn furono i primi veri cineasti della modernità. Venne inaugurata in tutta Europa la stagione delle avanguardie, che opponevano alla distruzione del conflitto l'antidoto dell'arte e della creatività. Contemporaneamente si va affermando il tema dell'orrore fuori e dentro l'individuo. Gli artisti e il cinema: le avanguardie storiche 1. Che cos'è il cinema d'avanguardia Il cinema d'avanguardia fu quel tipo di cinema che si sviluppò tra gli anni Dieci e il realismo sonoro degli anni Trenta in Europa. Le premesse dell'avanguardia vanno ritrovate nel clima di crisi dell'intellettuale nella società industriale: a Parigi e Berlino l'avanguardia si incrocia con: le riflessioni sulla vita nervosa della metropoli di Simmel (producendo le sinfonie di Ruttman e Dulac); con l'avanguardia russa, che nacque in seno alla spinta rivoluzionaria come cinema ufficiale, poi fu duramente contrastata e ridotta a mera propaganda; con il Dadaismo di Zurigo. Hauser vede nella frattura tra la prospettiva artigianale e individuale dell'artista e la nuova dimensione industriale il problema fondamentale del cinema. In Russia l'avanguardia; L'avanguardia assunse toni di rinnovamento e rivoluzione in tutta Europa, nonostante le differenze geografiche e personali degli artisti, vi sono alcuni caratteri fissi: la rivincita dell'autorialità degli artisti sul clima commerciale e impersonale dell'industria; la produzione di film che si contrapponevano al cinema ufficiale, l'identificazione nel danaro di un ostacolo per la libera sperimentazione dell'artista; la produzione di film non narrativi contrapposti al divismo; la necessità che risiede nell'espressione artistica, non più nella presenza dello spettatore; la stretta interdipendenza tra teoria e pratica, cioè tra il cinema pensato e realizzato. Gli ostacoli del cinema d'avanguardia riguardarono principalmente la distribuzione e la necessità di porsi ad un pubblico colto. Si differenziò in due aree principali: quella tedesca, con capitale Berlino, dove la ricerca assunse toni grafici e dinamici, guardando alla tecnologia come nuovo linguaggio del cinema; e quella francese, con capitale Parigi, dove la speculazione si indirizzò verso un ribaltamento simbolico del cinema, caratterizzato dal cinema puro e dagli esperimenti cinematografici di Dadaismo e Surrealismo. Il criterio di distinzione operato da Bertetto vede la separazione di ricerche specifiche sul linguaggio cinematografico da esperienze di pittura astratta realizzate attraverso il cinema che sfociano nella produzione di un cinema che neghi la dimensione comunicativa, come nel caso di Man Ray. L'avanguardia non è priva di paradossi: una parte di concepisce un cinema che rifiuta il “realismo” del cinema commerciale per modellarsi sulla razionalità tecnologica (espressa nella dinamizzazione delle forme); mentre un'altra, la parte francese, si specializza nella difesa dei motivi romantici dell'arte nell'epoca dell'industria. In Germania la dialettica laboratorio-industria trova uno sbocco espressivo decisivo nei lavori di Ruttman (che rende dinamiche le forme astratte secondo logiche di spettacolarizzazione; successivamente la sua ricerca sfocia nell'accostamento tra ritmo della metropoli e ritmo del linguaggio cinematografico), Eggeling (che fa dialogare cinema e musica), Richter (che vede il cinema come un ritmo ottico), Fischinger, Moholy-Nagy (un intellettuale sui generis, che si associa alle tecniche del film astratto, ma che vede il cinema come campo di gioco di ricerche differenti in cui acutizzare le facoltà percettive; prilivegiando la tecnologia come luogo della creatività in una società moderna) che trovano un loro indirizzo nell'Astrattismo cinematografico, basato sulla dimensione tecnologica della macchina come linguaggio, mettendo da parte l'uomo e le sue passioni. Alla fine della stagione delle avanguardie, nel 1936, esce L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica di Walter Benjamin, dove le ansie sul destino dell'arte e dell'artista trovano campo. 2. L'interesse degli artisti per il cinema, la prima fase dell'avanguardia e il Manifesto del Futurismo italiano Nel corso degli anni Dieci si definiscono le basi del cinema d'avanguardia con il Cubismo e il Futurismo. La pittura rappresenta il primo riferimento utile per un cinema del dinamismo delle forme; il cinema rappresenta un campo utile in cui il quadro può uscire dai suoi confini. Un altro tipo di ricerca si indirizza su esperimenti in campo musicale, nel tentativo di integrazione tra musica e pittura. Le personalità di spicco di questo periodo sono Picasso, Schonberg e i fratelli Corradini, che, nonostante la differenza delle loro esperienze fanno uno stesso uso del cinema: questo viene ricondotto alle arti tradizionali, non studiato nelle sue specificità tecnologiche. In questo cinema di pittura e musica si trova uno strascico del pensiero di Vasilij Kandinskij, nell'intenzione di creare un'arte sintetica di musica e pittura, votata all'astrazione. Il progetto di musica dei colori dei fratelli Corradini presenta non poche assonanze con quello di Kandinskij e rappresenta un punto decisivo per gli sviluppi successivi. Il lavoro sul cinema di Schonberg si svolge da un lato operando adattamenti di opere teatrali, dall'altro sfruttando gli elementi del linguaggio cinematografico in un processo di astrazione; si interessa successivamente anche al cinema sonoro, strumento nuovo e autonomo per l'espressione artistica. Diversa è l'esperienza del Futurismo italiano: Marinetti afferma la paternità del Futurismo sul film astratto, evocando Vita futurista (1916), unico contributo al cinema astratto, lavorato con un linguaggio abbastanza tradizionale. AI di là dell'esperienza effettiva, Manifesto della cinematografia futurista è una svolta radicale nel contesto delle prime teorizzazioni, il Futurismo è il primo movimento che si intreccia con il cinema, apportandone i valori di velocità, dinamismo, accelerazione e vita metropolitana. Nella pratica, poi, il problema reale fu rappresentato dalle difficoltà tecniche e finanziarie del cinema, che fecero del rapporto col cinema del Futurismo, un ideale irrisolto. 3. Cinema “puro” e cinema “impressionista” francese Nel contesto francese si intrecciano esperienze diverse, accomunate dalla ricerca sulle possibilità poetiche dell'immagine filmica che emergono dal rapporto presente tra realtà e immagine filmica, che si concretizzano nei criteri di fotogenia e cinema puro. Studiosi quali Canudo, Delluc, Epstein, Dulac, Gance vengono ricordati sotto il nome di cinema impressionista: accettano l'impianto narrativo e l'illusione di realtà per dare vita ad un flusso di immagini pure, da cui vengono eliminate le tracce di letterarietà o teatralità per lasciare spazio ad elementi puramente visivi (una sublimazione poetica del reale). L'industria cinematografica non viene disprezzata, poiché è una possibilità di realizzazione delle immagini pure; infatti il cinema ufficiale non viene disprezzato in quanto tale. Delluc parla di fotogenia come di un elemento vago quanto decisivo per l'accesso ad una forma di bellezza puramente visiva, che non è identificabile a occhio nudo. Epstein riprende la filosofia di Bergson sul trattamento del tempo cinematografico. Dulac rilancia le suggestioni musicali degli anni Dieci attraverso le forme del film assoluto. Abel Gance è una figura che si incrocia tra cinema puro, cinema ufficiale e spettacolarità, evidente dai suoi film La rosa sulle rotaie, adattamento che costruisce immagini pure filmiche, e Napoleon, l'approdo industriale di una serie di sperimentazioni cinematografiche. 4. Dal Dadaismo al Surrealismo Gran parte dei film legati alle avanguardie vengono prodotti nel periodo di passaggio continuativo dal Dadaismo al Surrealismo. Goudal nel 1925 osservò un'a à tra i metodi compositivi del Surrealismo e il linguaggio cinematografico, anche se questo movimento non produrrà mai una cinematografia ufficiale. Entr'acte di René Clair viene considerato uno spartiacque tra i due movimenti, rigettando sia il cinema puro che il cinema astratto, con suggestioni del movimento dada che si sviluppano principalmente tramite un elogio delle gag della slapstick senza logica. L'attenzione per il comico è propria anche del Surrealismo. Il film definirà un certo modo di intendere l'esperienza di visione e della sala cinematografica come rito moderno, ma anche dello spazio di spaesamento e di incontro con l'insolito. Le retour a la raison di Man Ray è il punto di contatto tra cinema e nosense dadaista; Anemic cinema di Duchamp è un esperimento di cinema concettuale; Un chien andalou di Dalì e Bunuel è l'espressione del contatto tra cinema e scrittura automatica, che punta a visualizzare le logiche dell'inconscio. Il sogno è il materiale di partenza, i processi logici partono dall'inconscio, per questo vicini al Surrealismo. Il celebre taglio dell'occhio è stato letto in chiave metacinematografica come un attacco ai vecchi modelli percettivi e metafora della ricerca di una visione diversa. I rapporti tra cinema e sogno furono studiati anche da Robert Desnos, nel film di Jean Cocteau /l sangue di un poeta. Cocteau è estraneo ai movimenti d'avanguardia, ma si sviluppa in termini di un cinema di poesia, dove gli elementi in gioco sono simbolici e si sviluppano nell'ottica di un film come poema. Nel 1932 il sonoro sta per affermarsi nel cinema ufficiale e la stagione delle avanguardie sta per volgere al termine dopo una svolta decisiva: il cinema si afferma come campo di sperimentazione parallelo alle arti tradizionali; le ricerche sul movimento e sulla musica diventano patrimonio diffuso; la sperimentazione sul sogno alimenta il cinema ufficiale 5. Il cinema tedesco degli anni Venti: l'Espressionismo e il Kammerspielfilm Il periodo dell'Espressionismo cinematografico, continuativo delle esperienze provenienti dalla pittura, dura un decennio e si concentra tra la fine della prima guerra mondiale e l'uscita di Metropolis di Fritz Lang, film che incarna tutte le esperienze fin lì compiute. Il cinema tedesco vive un momento particolarmente prolifico causato dalla forte produzione che ha imposto il blocco dell'importazione di film esteri. L'inizio dell'Espressionismo è identificato nell'uscita di // gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene, che esprime un nuovo modo di vedere il cinema cominciato in realtà alcuni anni prima con due film precursori (Lo studente di Praga e Il Golem) che mettono in evidenza alcuni caratteri fissi propose un'attiva alfabetizzazione attraverso una campagna di cinematizzazione delle masse, che, a guardar bene, è ciò che avviene oggi, nel web 2.0 in una incontenibile autoalfabetizzazione di massa, tramite forme che interpretano il montaggio come una scrittura audiovisiva in senso pieno, intrecciando media diversi. Contesti: l'età del New Deal Gli Stati Uniti negli anni Trenta sono attraversati da una recessione economica che porterà ad una crisi globale, e caratterizzati dall'elezione di Roosvelt grazie a operai e ceto medio. I primi tempi di Roosvelt, particolarmente attento al consenso popolare (che si assicurava grazie ai discorsi al caminetto, in cui parlava agli americani tramite radio), sono dedicati al sostentamento di aree rurali e industrie, i cui operai chiedevano migliori condizioni di vita. L'incontro tra il presidente e il lavoro industriale lo porta alla seconda fase dell'esperimento riformatore, in cui iniziano le ostilità da parte del mondo imprenditoriale e degli strati più conservatori del paese: nel 1935 ottiene l'approvazione congressuale per alcuni provvedimenti indirizzati ad accrescere il potere d'acquisto della gente comune. Fra la mobilitazione operaia e le spinte conservatrici, Roosvelt decide nel '37 di tagliare la spesa sociale, cui conseguì un temporaneo peggioramento della crisi e la caduta del consenso del governo; il tentativo di regolare i conti con la Corte Suprema lo portò a sostituire per limiti d'età alcuni membri conservatori; così involontariamente spostò l'opinione pubblica a destra e fu obbligato a soluzioni più moderate. Nonostante tutto il New Deal sortì effetti positivi sull'andamento dell'economia. Roosvelt fu anche il presidente che portò l'America ad essere attiva su tutti i fronti (tranne quello russo) durante la Seconda Guerra mondiale, configurandosi come “arsenale della democrazia” e fornendo preziosi contributi militari e industriali. La guerra fu una buona cosa per gli imprenditori per i lavoratori e per i veterani che combattevano la causa antinazista, ma non lo fu per le minoranze etniche e le donne. L'improvvisa scomparsa di Roosvelt acuì l'incognita di un mondo fondato su due schieramenti opposti: gli Stati Uniti, rivitalizzati dalla guerra; l'Unione Sovietica, dissanguata, che inasprì gli aspetti autoritari del regime. In breve tempo precipitò la Guerra fredda, senza scontri reali sotto la minaccia del nucleare. La Hollywood classica 1. Lo studio system Con questa espressione si intende l'assetto industriale hollywoodiano, nato tra gli anni Dieci e gli anni Venti ed esauritosi negli anni Cinquanta, basato sulla centralità delle majors, che producono come le industrie in massa: il lavoro è diviso in comparti specializzati, i lavoratori sono sotto contratti pluriennali (formando troupe fisse), i produttori supervisionano, le formule narrative e i materiali necessari ai set vengono riutilizzati. Ogni casa di produzione si specializzò in un genere per distinguere i propri prodotti dagli altri: i film della MGM avevano un'atmosfera glamour grazie alla presenza di divi, delle scenografie lussuose e dell'illuminazione brillante; la Warner aveva un'illuminazione contrastata che rendeva bene i gangster movie e i drammi sociali. Le major erano cinque (Metro-Goldwyn-Mayer, Warner Bros, 20*" Century Fox, Paramount e RKO, fallita negli anni Cinquanta) e durante l'età dell'oro hollywoodiana controllavano produzione, distribuzione ed esercizio delle sale (solo le più lussuose e le più centrali) in una politica di integrazione verticale; le majors costituivano un vero e proprio trust, bandito dopo la seconda guerra mondiale, con il quale si assicuravano il primato. Gli esercenti indipendenti dovevano stare alle condizioni delle major, diffusa era quella del block booking, con la quale non era permesso scegliere un solo titolo, i film dovevano essere comprati a blocchi e a film di serie A venivano affiancati film minori dall'esito incerto. Nel periodo classico andare al cinema significava comprare un biglietto senza essere obbligati ad uscire dalla sala a spettacolo terminato, per cui spesso si entrava in sala a film già iniziato; al film seguivano cortometraggi di ogni genere o un secondo film. Nel 1960 Hitchcock per l'ucita di Psyco impose agli esercenti di non fa entrare nessuno a film già avviato, una vera rivoluzione. Sotto le major c'erano le tre minor (Columbia, Universal, United Artists, fallita negli anni Ottanta), l'unica reale differenza esistente con le major era il fatto che le minor non avevano sale proprie. Sotto le minor c'era la poverty row (Republic e Monogram), specializzate in film di serie B che circolavano sopratutto nelle sale di provincia o nelle proiezioni mattutine. C'erano poi produttori indipendenti come Samuel Goldwyn o David O. Selznick che venivano da panorama delle major e producevano film di serie A operando in collegamento con esse. Caso particolare è rappresentato da Via col vento, un adattamento del romanzo di Margaret Mitchell dal titolo omonimo. L'adattamento di testi letterari e teatrali era una pratica particolarmente comune nel contesto dell'età d'oro di Hollywood e venne a crearsi una sinergia tra l'industria editoriale, quella dei teatri di Broadway e quella cinematografica. La casa editrice del libro fa circolare il libro tra i produttori, intuendone le potenzialità, Selznick ne acquista i diritti e inizia la lavorazione che durerà tre anni. Nel frattempo il romanzo diventa un bestseller spianando la strada al film che vince otto premi Oscar. La stesura della sceneggiatura coinvolge dodici sceneggiatori che si alternano, ma nei titoli di testa la maggior parte dei nomi non compare e il premio viene dato a Sidney Howard; lo stesso vale per la regia: inizia con Cukor, il quale viene rimpiazzato da Fleming per alcuni dissapori con la produzione, che viene sostituito da Sam Wood nelle ultime settimane. La maggior parte dei successi hollywoodiani del periodo sono frutto di un lavoro di gruppo. L'unico vero autore di Via col vengo è Selznick, poiché ne ha seguito l'intera produzione. 2. Lo stile classico Lo stile classico hollywoodiano ha diffuso forme narrative e tecniche linguistiche e iconografiche raggiungendo un equilibrio, una coerenza e una riconoscibilità che l'hanno reso classico. La prima classicità hollywoodiana nasce già dalla prima metà degli anni Dieci e viene accompagnata da entusiasmo per la nascita di un linguaggio narrativo proprio del cinema e indipendente da teatro e letteratura. Hollywood è un luogo di convergenza tra persone, ideologie e culture diverse che giunge alla formulazione di uno stile universale, che per Rohmer trae le sue origini da modelli narrativi che risalgono alla letteratura greca e latina, e che per Bazin ha la pienezza di un'arte classica. Il cinema classico consacra la vocazione narrativa del cinema che si consolida con l'avvento del sonoro nel 1926-7 con due film di Alan Crosland Don Giovanni e Lucrezia Borgia e Il cantante di jazz, primo film in cui si sente cantare grazie al dispositivo vitaphone. Lo spettacolo delle origini era più simile alla performance in cui ciò che lo schermo mostrava era direttamente ricollegabile alla realtà, col cinema classico tutti gli elementi dello spettacolo sono narrativamente indipendenti dalla realtà e chiusi in un'unica dimensione. Lo spettatore interrompe la sua incredulità per assistere allo spettacolo, purché risultino invisibili i processi di scrittura. Il cinema classico funziona secondo precise regole di scrittura, prima fra tutte una serie di tabù, che impediscono di mostrare la troupe o l'attrezzatura tecnica, impediscono agli attori di guardare in camera, obbligano alla verosimiglianza gli ambienti e gli spazi ricostruiti. Altra importante regola è costituita dal continuity system che si basa sulla trasparenza della scrittura e sopratutto del montaggio: questo deve essere occultato tramite appositi trucchi; Bazin afferma che gli stacchi di montaggio devono avere tre caratteristiche (motivazione, chiarezza e drammatizzazione); la continuità sonora funziona molto bene sulla discontinuità visiva. Il grande sonno di Howard Hawks ben riassume tutte le tecniche delle pratiche hollywoodiane: la narrazione è forte e regolata da principi di causa ed effetto, l'organizzazione stilistica e il decoupage rispecchiano questo principio, vi sono più linee narrative (la principale definisce il genere). L'eroe del film classico è un eroe d'azione non propenso all'introspezione: la narrazione in prima persona del romanzo si trasforma in inquadrature dove è sempre presente l'eroe. Il divo diventa oggetto del principio di motivazione sia narrativamente che stilisticamente: la macchina da presa segue tutti i suoi movimenti e si muove subordinatamente ad essi. Nel film sono presenti: raccordi di sguardo, raccordi sul movimento, raccordi sull'asse, raccordi di posizione, raccordi di direzione. Il grande sonno si configura così come una grande opera di chiarezza e trasparenza narrativa, che in realtà si costituisce più grazie alla messa in scena che al reale svolgersi dei fatti: la stesura della sceneggiatura infatti presenta parecchie difficoltà a seguire la trama del romanzo di Chandler. A distogliere l'attenzione dalla trama sono le molte scene dal tono ironico e che punteggiano la storia, e le scene che evidenziano la forte chimica tra Humphrey Bogart e Lauren Bacall, sposatisi lo stesso anno. Ciò testimonia quanto il linguaggio cinematografico può influenzare la percezione di un contenuto. 3. Generi e audience Il riciclaggio di materiali e strutture narrative era pratica comune: se una storia ha avuto successo meglio riproporla finché non esaurisce le sue possibilità, e così nascono sequel, remake e spin-off. | generi rappresentano una classificazione che punta a riprodurre le stesse storie con le adeguate differenze che le facciano sembrare diverse: la differenziazione dei prodotti era importante, ma importante era allo stesso modo elaborare uno stile che rendesse unici i film. Il genere è quindi un gruppo che comprende film all'interno dei quali si innesca una dialettica tra somiglianze e differenze. Ogni genere presente filoni e sottogeneri che si ibridano tra loro, si modificano nel corso del tempo, cadono nell'oblio. Caso emblematico è il western: prospera col muto, decade negli anni Trenta, si innova con il ciclo del cowboy canterino di Gene Autrey, dove si fonde col musical, ritorna nelle sale negli anni Quaranta con l'uscita di Ombre rosse di Jhon Ford. Ombre rosse ha una particolare genesi: nel momento i cui Ford vuole produrlo Selznick tenta di dissuaderlo poiché è caduto negli anni Trenta: vince due premi oscar, è manuale di regia per Welles. Le ragioni del successo: la cura della composizione, la capacità di rendere epicamente il paesaggio, la capacità di dirigere gli attori, la cura della sceneggiatura (tratta da un racconto di Maupassant; mette in scena le ipocrisie della società borghese, dove reietti sono più umani dei “nobili”). I generi funzionano come strumento di fidelizzazione del pubblico, insieme al divismo; questi due meccanismi si sincronizzano se si osserva la specializzazione di alcuni divi in alcuni generi. I generi sono anche pensati in rapporto a segmenti di pubblico differenti: diversi generi parlano a spettatori diversi. 4. Studios, autori e divi del cinema classico hollywoodiano Il sistema del cinema classico hollywoodiano condiziona lo stile visivo dei film, che vengono così caratterizzati in base allo stile della casa che l'ha prodotto. Nonostante ciò le esperienze di Welles, Hitchcock e Preminger dimostrano quanto questi limiti siano meno netti di quanto sembra. Orson Welles viene da una polimorfa carriera teatrale, dopo la quale firma un contratto con la RKO che gli garantisce un'autonomia quasi completa. Quarto potere, senza avere la risonanza di adesso, ha così la possibilità di contraddire il decoupage classico tramite due principali linguaggi: la profondità di campo e il piano sequenza, usati in combinazione, che non guidano lo spettatore in maniera precisa come i film ad esso contemporanei. | processi della messa in scena e della composizione sono funzionali al racconto: Kane viene mostrato attraverso punti di vista che lo fanno apparire enorme e lo schiacciano verso il soffitto. La vicenda è raccontata da chi era vicino a Kane a frammenti e mostrata tramite flashback, riproducendo il tema della relatività della verità. L'audacia di Welles lo condannano ad una carriera ai margini di Hollywood, che viene assorbita e riproposta dal genere noir, più aperto alle sperimentazioni. Hitchcock, nonostante l'apparente adesione, si rivela presto un rivoluzionario dello studio system: la spettacolarità del sistema produttivo esalta il carattere ossessivo di alcune tematiche (la colpa cattolica, che scinde i suoi personaggi in dilemmi morali) e stili (l'attenzione ai tempi e ai ritmi della narrazione, ottenuta grazie ad una gestione millimetrica del decoupage) che lo rendono autore. Il meccanismo della suspense, che l'ha consacrato a maestro del thriller, si basa sulla gestione delle informazioni, per cui il pubblico sa di più del personaggio. Le trame di mistero del regista si tramutano in indagini psicologiche che richiamano figure psicanalitiche quali il doppio e l'esplorazione del voyerismo. Otto Preminger approda ad Hollywood, dopo l'esordio in Austria, dove si afferma come produttore indipendente e poi come regista, realizzando film innovativi sia dal punto di vista narrativo che stilistico, passando tra tutti i generi (noir, western, kolossal..). | suoi film testimoniano una precisa autorialità che si sviluppa nella volontà di provare nuovi formati e tecniche, con l'esperienza di una messa in scena teatrale e una precisa direzione degli attori e un atteggiamento cinico e profondamente morale. generi di modificano: il melodramma vede il prevalere dell'elemento emotivo su quello narrativo, così per il pubblico la comprensione degli snodi narrativi è secondaria rispetto all'identificazione; il western raggiunge la piena maturazione prima di scomparire; la fantascienza si reinventa completamente, catturando paure e angosce dell'epoca. Controstorie: l'alternativa dell'Estremo Oriente Il cinema giapponese è stato a lungo dominato da un ristretto numero di grandi compagnie, la Nikkatsu, la prima a dominare il mercato, si gestiva in due grandi studi uno per i film di ambientazione contemporanea, l'altro per quelli in costume. Questa divisione ben distinse i generi. Nel 1920 nasce la Shochiku, contrapposta alla precedente, che assunse un piglio modernista, privilegiando i film di ambientazione contemporanea, eliminando la figura degli oyama, scritturando Osanai Kaoru, grande regista teatrale che guardava ai modelli occidentali. Le due case divennero rivali, passarono un periodo di crisi a causa del terremoto del Kanto ma si ripresero in breve tempo. Si formarono durante gli anni Venti alcune piccole società indipendenti dirette da divi e registi che abbandonarono la Nikkatsu e la Shochiku divenne | prima sul mercato. A metà degli anni Trenta si inserì la Toho, legata alle banche e all'industria, che si dedicò alle nuove tecnologie e al sonoro sottraendo diversi talenti alle due case, lanciando nuove dive e diventando la prima sul mercato. Caratteristica delle case giapponesi è la loro struttura verticale che permise di tenere sotto controllo la distribuzione di film occidentali. Negli anni Trenta, con l'invasione della Manciuria e con lo scoppio della guerra contro la Cina ci fu una riunione per stabilire i criteri su cui doveva orientarsi la produzione: estirpare le mode portate dagli americani e promuovere l'autentica cultura giapponese. La legge del 1939 rafforzava i poteri dello stato sull'industria cinematografica, nel 41 le compagnie cinematografiche furono ridotte da dieci a tre, e ognuna di queste non poteva produrre più di due film al mese, distribuiti in un massimo di trenta copie l'uno. La distribuzione è affidata a un'unica casa come l'importazione. Quattro società producono film culturali di propaganda. Le sale comprendono due programmi al giorno e dopo Peal Harbour i film americani vennero banditi. La storia del cinema coreano è legata a quella giapponese a causa dell'occupazione militare: nonostante il rigido controllo nel 1926 esce Arirang, coreano, ma nello stesso anno si aggiorna la legge sulla censura proibendo ogni film che possa danneggiare la sicurezza la morale o la salute giapponese. Con lo scoppio della guerra in Cina la politica degli occupanti si fece più dura e il cinema fu costretto a dimostrare la sua fedeltà all'impero, la censura si fece più severa. Nel 1942 tutte le compagnie furono chiuse e obbligate a fondersi nella Chosun Film Production Corporation, controllata dal governatore giapponese, che realizzò film di propaganda e bandì tutti i film in lingua coreana. Dopo la fine della guerra il cinema nazionale rinacque. Il Giappone ebbe una certa influenza anche nel cinema cinese, dove l'industria cinematografica era formata da tante piccole compagnie che realizzavano film di vario genere, fra cui dominavano i melodrammi e i wuxiapian (film di arti marziali) fino all'inizio degli anni Trenta, poi una nuova legge impose il bando delle pellicole che promuovevano la superstizione e i wuaxiapian furono costretti a emigrare a Hong Kong. Le case iniziarono ad agglomerarsi un una casa comune Liuhe, che ebbe breve vita. L'invasione giapponese della Manciuria e lo scoppio della guerra fra Cina e Giappone fanno da estremi ad una produzione cinese che venne poi chiamata età dell'oro, grazie al consolidarsi dell'industria nazionale che fece nascere un nuovo star system, ma il mercato era sempre dominato dai film hollywoodiani. L'invasione giapponese pose un arresto alla produzione cinematografica nazionale e diede il via ad una deterritorializzazione del cinema cinese che sopravvive solo in alcune aree. La fine della guerra civile pone le basi per una nuova età dell'oro. Contesti: guerra, dopoguerra, guerra fredda Gli anni Quaranta furono un decennio cruciale. Terminò la Seconda guerra mondiale, iniziò la Guerra fredda e, all'interno di essa, iniziò l'era atomica. Iniziarono i processi di decolonizzazione, di cui il primo fu l'India nel 1947, che in alcuni casi portarono a vere e proprie guerre, come in Vietnam e in Algeria, e nacquero molti nuovi Stati, chiudendo la storia dell'Europa delle grandi nazioni. Il periodo dal 1914, inizio della Prima guerra mondiale, al 1939, invasione della Polonia da parte della Germania, venne definito da Eric Hobsbawm “l'età della catastrofe”. La Seconda guerra mondiale fu diversa dalle precedenti: fu una guerra ideologica per cui si mobilitarono le propagande; fu segnata dalla potenza industriale e dagli sviluppi tecnologici di armi quali aeroplani e carri armati; fu una guerra totale, dove, oltre al fronte propriamente detto, venne coinvolto anche il fronte interno; fu una guerra civile totale, che diede vita a movimenti di resistenza agli occupanti che si andarono a scontrare con chi invece li appoggiava (come avvenne anche in Italia con i partigiani). Dopo la fine della guerra, con la Conferenza di Bretton Woods del 1944 gli Stati Uniti costruiscono un nuovo ordine politico ed economico che conferma la loro egemonia, indirizzato alla fondazione di un mercato mondiale aperto. Contemporaneamente il piano Marshall riprese le economie dei paesi europei. Con la morte di Roosvelt e la presidenza di Truman la contrapposizione con Stalin si fece forte, sopratutto dopo che questi procedette ad una sovietizzazione dell'Europa dell'est e acquisì armi nucleari. Parallelamente alla Guerra fredda si andò incontro ai cosiddetti trent'anni gloriosi (dagli anni Quaranta agli anni Settanta), in cui sembrò possibile coniugare un intenso sviluppo economico con politiche tese al benessere dei cittadini. In Cina riprese la guerra civile tra comunisti e nazionalisti, che vide la vittoria dei primi, che intervennero nel primo conflitto della Guerra fredda, la Guerra di Corea, per sostenere la Corea del Nord che aveva invaso quella del Sud. Dopo la morte di Stalin, Chruscev avviò un lento disgelo, ma poi invase l'Ungheria. Nel corso degli anni Cinquanta l'Europa occidentale avvia un processo di restaurazione e si avvia al boom economico: finisce la società contadina e l'urbanizzazione si intensifica, ci fu una scolarizzazione di massa, le donne acquisirono un nuovo ruolo, ci furono grandi migrazioni. | giovani iniziano a maturare un'identità propria, che si espresse nella musica rock, nel modo di vestire e in nuovi comportamenti, che il cinema e la letteratura riflessero. | progressi della scienza e della tecnologia culminarono nell'inizio della corsa allo spazio di americani e sovietici. Le nuove forme del cinema tra Europa e Asia 1. La modernità cinematografica Con il termine modernità si intende una costellazione di concetti. Il primo discorso sulla modernità può prendere le mosse da una sostanziale differenza con la classicità. Nel cinema classico tutto è giustificato e l'azione ha una posizione centrale, con il cinema moderno questa centralità dell'azione viene a crollare: il reale non è più il prodotto di salde concatenazioni di causa-effetto, ma diviene una contingenza, dove personaggi e spettatori rimangono sospesi e la realtà diventa impenetrabile. Ciò comporta tutta una serie di cambiamenti: innanzitutto, il film non ha arco narrativo vincolante. Deleuze osserva che nell'assenza di storia c'è solo visione, così l'immagine si avvicina ad un'istanza puramente contemplativa, che il filosofo chiama “ottico-sonoro puro”. Tuttavia questa tendenza non è esattamente nata con il Neorealismo italiano, Ozu è uno dei maggiori anticipatori. Il regista giapponese produce, secondo Paul Schrader, delle immagini statiche, sia dal punto di vista narrativo, dove il concatenamento orizzontale delle azioni diventa sempre più labile, sia dal punto di vista stilistico, dove la macchina da presa è fissa, così come il punto di vista, e non vi sono dissolvenze. Soggetto privilegiato del cinema di Ozu è il cortocircuito che si viene a creare tra quotidiano e assenza d'azione. Nell'ambito della modernità anche il personaggio cambia il suo statuto, diventando intercessore dell'autore e non più guida e perno della narrazione, il personaggio viene inventato con la modernità, poiché il personaggio del cinema classico era solo lo specchio di un mondo. Il cinema moderno ha carattere “romanzesco”, non si lascia più perfettamente incanalare nei generi, diventando l'avventura dell'incontro di uno sguardo con il mondo. Nella modernità vengono a crollare le gerarchie di soggetti, di generi e di personaggi, entrando in un regime democratico. Le evidenze tra i due regimi sono evidenti se si analizzano due film. Ombre rosse di Jhon Ford e Quarto potere di Orson Welles sono usciti a soli due anni di distanza, ma le loro differenze sono marcate: nel primo i personaggi si trasformano insieme al mondo articolato che abitano; nel secondo caso il mondo discende direttamente dalla complessità del personaggio di Kane, che viene rappresentato con le stesse nevrosi megalomani del personaggio. 2. Il cinema giapponese degli anni Trenta e Quaranta Del cinema muto giapponese conosciamo poco per due ragioni: il terremoto del 1923 ha distrutto molti titoli; la cineteca giapponese viene fondata nel 1952, ma inizia a consolidarsi solo negli anni Settanta. Il muto è durato in Giappone più di quanto abbia fatto nell'Occidente a causa dell'opposizione dei benshi (commentatori dal vivo). Negli anni Trenta, nonostante il regime di estrema destra, il cinema non è propagandistico. Lo studio del cinema giapponese ha avuto un forte impulso grazie al lavoro di Noel Burch: lo studioso osservò come la messa in scena cinema giapponese si opponesse profondamente a quella del cinema classico che si andava consolidando in Occidente, rendendo l'esperienza di alcuni registi particolarmente sperimentale. | principali autori: Ozu è un autore antidrammatico, dallo stile spoglio (famose le sue inquadrature ad altezza tatami) che racconta storie di vita quotidiana; Mizoguchi si specializza in melodrammi di ambientazione sia moderna che storica, concentrati sulla sofferenza delle donne, opera elaborati movimenti di macchina e piani sequenza, ebbe un particolare successo anche all'estero delineando una complessa immagine della donna; Naruse produsse film severi e pessimisti, con il sonoro produce drammi femminili; Shimizu produce film con bambini, nei quali si specializza, affianco a film con adulti, girati in ambienti dal vero e spesso senza sceneggiatura; Gosho si specializza nel genere shomin-geki (dramma della povera gente) e si caratterizza per il suo umanesimo, compassione e affetto per i personaggi. Nell'immediato dopoguerra, insieme a questi registi, si affermano nuovi nomi quali Kinoshita e Kurosawa. 3. Il realismo poetico francese L'espressione realismo poetico viene in realtà usata per designare tutto il cinema francese di tendenza realistica degli anni Trenta. Questo cinema, sviluppatosi poi secondo le esperienze dei singoli, arriva da una letteratura populista, che descrive soggetti e ambienti popolari con uno sguardo sentimentale e malinconico. La denuncia sociale e politica unifica il cinema alla letteratura e riflette i fermenti della Francia. L'esperienza di tutti i registi viene collegata dalle figure degli stessi scenografi, sceneggiatori, musicisti, attori. Tutte le storie si inseriscono nel contesto di un populismo romantico, dal taglio pessimista e basato sul personaggio dell'eroe reietto. Nella prima metà degli anni Trenta nel cinema di René Clair continua il lascito delle avanguardie del cinema muto. Jean Vigo inaugura una vera transizione verso il realismo, assumendo un atteggiamento morale di denuncia antiborghese e accompagnandolo con una forte vena di sperimentazione stilistica. Vigo produce un cinema come “punto di vista documentato” che si confronta con l'attualità e la fisicità dell'esistenza. Anche Renoir realizza un cinema moderno, costruendo una feroce satira morale della borghesia e mettendo in rilievo una sensibilità verso la realtà fisica delle cose, attento più agli aspetti materici che allo svolgimento drammaturgico dell'azione. Nelle sue opere un lavoro di primo piano è quello con l'attore, che non è chiamato ad immedesimarsi nel personaggio, ma a portare la sua presenza e interiorità in un gioco continuo con la propria maschera. Nel 1934 gira Toni, precursore del Neorealismo. Nel 35-36 riflette in // delitto del signor Lange l'ideologia del fronte popolare, collaborando con il gruppo teatrale Ottobre, che sperimenta un'idea di teatro popolare. L'idea di popolo che nasce dall'incontro tra Renoir e Prévert non è quella degli operai delle fabbriche, ma quella dei piccoli artigiani. Nel 1936 esce il documentario La vita è nostra prodotto dal Partito comunista e utilizzato come materiale di propaganda per le elezioni dell'aprile 1936, vinte dal Fronte popolare. Contemporaneamente si afferma un tipo di realismo “nero”, che racconta storie di personaggi al di fuori della legge o ai margini della società. Il suo lavoro a fianco del partito continua nel 37-38 con La Marsigliese. Dal 37-39 c'è un riflusso generale delle tensioni rivoluzionarie e in questo clima di inquietudine e negatività Renoir realizza L'angelo del male e La regola del gioco, in cui si sono visti proiettati i fantasmi della guerra imminente e, in particolare nel secondo film, che parla delle apparenze e delle maschere, si suggella la distanza dall'estetica del cinema classico hollywoodiano. | continui movimenti di macchina, profondità di campo e il piano sequenza permettono il movimento costante dello sguardo dello spettatore, in un'ottica baziniana dove lo sguardo dello spettatore non è predeterminato. Marcel Carné afferma che il scarti. Controstorie: altre modernità L'Europa orientale e centro-orientale è sempre stata percepita come un'alterità rispetto all'esperienza politica e sociale occidentale, che nello sguardo dei cineasti occidentali è diventata sfondo perfetto per storie horror (Hostel, Dracula di Bram Stoker). Politicamente questa alterità è stata rafforzata dall'incorporazione nella sfera russa di quasi tutti gli stati degli ex imperi centrali e ottomano, dove i regimi socialisti si adeguarono al modello produttivo sovietico, nato a metà anni Trenta, che si basava su: produzione e mercato nazionalizzati, rappresentazioni che riflettessero il socialismo, uno stile prettamente narrativo con vocazione pedagogica, indirizzato ad un pubblico popolare. In realtà quanto si verifica in queste aree è molto diversificato e sarebbe più opportuno tracciare una storia dei vari paesi, che variano le loro esperienze in base al livello di industrializzazione, l'ampiezza del mercato nazionale e l'investimento statale. Le cinematografie potrebbero essere tre: cinema dell'Europa orientale (Russia e Unione Sovietica); cinema dell'Europa centro-orientale (Cecoslovacchia, Polonia e Ungheria), maggiormente legato alla cultura mitteleuropea; cinema dei Balcani, dove l'economia rurale e la fragilità della produzione determinano una modernizzazione lenta. La rottura della modernità in questi paesi non avviene nei confronti del cinema classico hollywoodiano, ma in quelli del realismo socialista, i cui film erano distanti dalle concatenazioni di causa-effetto e dalla motivazione insita dell'America. All'interno della fase del realismo, in realtà Stalin modernizzò le infrastrutture e i teatri di posa e patrimonializzò il cinema attraverso cineteche e accademie. Dopo la morte di Stalin (53) la produzione venne decentralizzata in piccoli gruppi produttivi autonomi guidati da un'artista (particolarmente prolifici quelli in Cecoslovacchia e Polonia - che diedero spazio a talenti eretici quali loseliani e Paradzanov, concentrati sulla struttura ritmica, la composizione e la memoria folkloristica), e la rappresentazione innovata. Il rinnovamento avvenne in due fasi: cinema d'autore negli anni Cinquanta e affermazione di nuove ondate negli anni Sessanta, che produssero film con una maggiore complessità dei personaggi, prospettive soggettive che includono onirismo e memoria, flebile concatenazione degli eventi (Tarkowsky - L'infanzia di Ivan; Wajda; Vera Chytilova). Contesti: anni Sessanta e dintorni, dinamiche geopolitiche Gli anni Sessanta, se inquadrati politicamente, presentano un periodo di alta tensione, dominati dalla Guerra fredda fra Stati Uniti e Unione Sovietica: con le retoriche chrusceviane sulla coesistenza pacifica, il trattato sulla moratoria degli esperimenti atomici, il controllo degli armamenti nucleari si arrivò ad una stabilizzazione definitiva delle sfere di influenza in Europa sancita alla conferenza di Helsinki. Il grande sforzo bellico dell'America in Vietnam contribuì alla crisi economica sancita nel 1971 che incappò in recessione per tutto l'Occidente. L'epoca della crisi psicologica e politica toccò il suo acme con lo scandalo Watergate e le dimissioni di Nixon. I paesi Europei e in particolare la Germania avviò una politica di avvicinamento alla sfera sovietica con l'erezione del muro di Berlino. Da una prospettiva sociale e culturale anno importante è il 1968, dove esplode il movimento di contestazione, alla base di cui vi era un'enorme frattura generazionale: i padri e le madri avevano vissuto la deprivazione della guerra, i giovani erano vissuti nel periodo del boom economico ed erano molto più acculturati. | giovani rifiutavano le gerarchie tradizionali e predicavano l'antirazzismo e il pacifismo, la contestazione ebbe carattere transnazionale: il maggio francese, l'autunno caldo in Italia, la primavera di Praga, la Germania Ovest e la Spagna franchista. In questo periodo nacque anche il cosiddetto Terzo mondo: la polarizzazione geopolitica lasciò spazio all'emergere di un complesso di paesi non allineati e neutrali. Modello di liberazione venne dalla rivoluzione cubana con Fidel Castro e Che Guevara. Autori, stili e modelli produttivi tra anni Cinquanta e Settanta 1. Per una politica degli Autori Gli autori degli anni Cinquanta aprono la strada alla modernità. Sono molto diversi tra loro per provenienza geografica e per formazione, ma provengono da una stessa generazione e sono accomunati dallo stesso desiderio di rivoluzionare il linguaggio cinematografico, problematizzando le difficoltà esistenziali del dopoguerra. Ingmar Bergman, svedese dall'infanzia travagliata (che descrive in Fanny e Alexander), rimane ancorato ai modelli del cinema (sopratutto quello di Sjostrom) e del teatro scandinavo (di Stridberg), tra i quali si giostra la sua produzione. Il regista mette in scena spazi chiusi e claustrofobici, dando origine a Kammerspiel, concentrandosi sui primi e primissimi piani; i temi ricorrenti: la crisi, la morte, la malattia, i rapporti complessi, il fallimento nella ricerca di Dio, la fine della borghesia. La crisi del dopoguerra fa confrontare Bergman con i fantasmi della depressione e del pessimismo. Jacques Tati, invece, reagisce con l'umorismo, creando un personaggio ricorrente, Hulot, un alienato, distratto e stupito, che riprende i modelli della slapstick muta americana. L'audio infatti occupa un ruolo di primo piano, essendo contrappuntistico rispetto all'inquadratura. Tati privilegia i campi lunghi e lunghissimi, scenografie alienanti e inquadrature piatte e ampie, dove la gag avviene ai margini. Dopo Playtime cade in preda ai debiti e ad una grande crisi creativa. Robert Bresson è uno dei maggiori esponenti della corrente, definito trascendente, la sua estetica si compone di rigore formale e rifiuto del melodramma, asciuttezza performativa, osservazione dei comportamenti e mancanza di giudizio sui personaggi, piacere della contemplazione. Luis Bunuel nasce in Spagna ma dissemina la sua produzione in Francia, Stati Uniti e Messico. La sua poetica parte da una feroce critica della borghesia, rappresentata grottescamente con il disfacimento morale di questa; oppone un'etica della libertà individuale. L'estetica è fortemente debitrice dell'esperienza surrealista. Le narrazioni sono semplici e prive di virtuosismi. Il suo cinema ha influenzato tantissimi registi. Akira Kurosawa fu il regista che più ha contribuito a universalizzare la cultura orientale, cineasta eclettico, raffinato e pluricopiato, ha una profonda conoscenza della letteratura, del teatro e della pittura. Spazia nei generi più disparati anche il più rappresentativo è il jidai-jeki. La narrazione è moderna, frammentata e psicologicamente accurata, accompagnata da uno stile spettacolare in cui predomina il movimento della natura, del singolo individuo, della macchina da presa e del montaggio, celebri sono i raccordi sul movimento che spezzano lo spazio. 2. La Nouvelle Vague il termine venne usato nel 1957 per definire la generazione giovanile turbolenta che rifà il cinema in una potente rottura con il cosiddetto cinema du papa, i cineasti hanno in comune: militanza nella critica cinematografica di riviste quali Arts e Cahiers du cinema, la frequentazione assidua alla Cinemateque francaise, cinefilia e ammirazione per il cinema classico e alcuni autori al punto di dare vita alla politique des auteurs (secondo la quale ogni film è da vedersi nella dialettica con gli altri della filmografia dell'autore, di cui è rappresentativo). | giovani turchi della Nouvelle Vague raccontavano storie vicine all'esperienza quotidiana improntate ad un realismo fresco con una vena di esistenzialismo filosofico. Le tecniche sono improntate alla rottura dissacratoria delle regole del cinema. Francois Truffaut esordisce con | 400 colpi dove presenta il personaggio di Antione Doinel, cui seguiranno altri film a formare un vero ciclo, in cui si incrociano vicende reali della vita del regista e dell'attore ed eventi inventati. Lo stile è sempre asciutto e realistico. Jean-Luc Godard è sicuramente il più dissacratore, esordisce con Fino all'ultimo respiro, che rovescia il linguaggio classico, dando spazio a jumpcut e hard cut, nega la continuità con un montaggio antinarrativo. Tra tutti i cineasti è il più coinvolto politicamente, tanto che si avvicina a forme di lotta politica più radicale in cui il cinema diventa strumento di emancipazione sociale. Alain Resnais approda al cinema di finzione dopo un'esperienza da documentarista, riflette intorno al tema della morte e rifiuta un realismo referenziale in favore di un realismo letterario. Resnais si avvicina alla letteratura Nouveau Roman, corrente che contempla la passività dell'essere umano a fronte di una rivalutazione dell'inorganico come emblema del vuoto esistenziale. | temi sono la morte, la memoria e la fragilità dei rapporti umani. Il montaggio ricorre spesso a flashback, sperimentazioni sonore, grandi carrellate e sovrimpressioni. Successivamente sviluppa un interesse per la teatralità dei rapporti umani. Rivette basa la sua ricerca sul rapporto tra set e vita reale e il legame ambiguo tra realtà e finzione. Chabrol riprende i modelli hitchcockiani con complessi intrecci narrativi e un cinismo di fondo. Chris Marker arriva dal giornalismo e realizza uno straordinario film formato da soli fotogrammi fissi, La jetèe, ispirato a Vertigo, che sarà fonte di ispirazione per molti cineasti, dove i movimenti della macchina da presa diventano una scelta etica. Agnès Varda passa dalla fotografia al cinema optando per uno stile sincopato e frammentato, con finali aperti e un'estetica documentaristica. 3. Il nuovo cinema nel resto del mondo Gli anni Sessanta sono caratterizzati da uno straordinario fermento culturale che darà vita ad un sostanziale rinnovamento. In Inghilterra si afferma il Free Cinema, che assorbe la carica rivoluzionaria della musica rock. In Germania si afferma il Nuovo Cinema tedesco, che si apre con il Manifesto di Oberhausen, firmato da alcuni registi che muovono una profonda critica nei confronti della società, rifiutano il neocapitalismo tedesco e la politica di espansione. Fleischmann, Schlondorff, Margarethe von Trotta, Wenders, Herzog e Fassbinder sono i protagonisti di questa operazione. Wenders, considerato l'emblema del cinema d'autore europeo, e Herzog hanno avuto una lunga vita creativa, passando dall'analogico, all'elettronico, al digital, al 3D. Fassbinder ha guardato alla storia della Germania e alla impossibilità di riconciliare passato e presente, con un ruolo cruciale nel tema del terrorismo tedesco. L'Europa dell'Est fu particolarmente influenzata dalla Nouvelle Vague: in Cecoslovacchia nacqua la Nova ViIna, dallo stile molto sperimentale, che parte da uno stato di disillusione nei confronti del comunismo: Vera Chytilova torna sul tema femminile con Daisies; Milos Forman è l'autore più noto e premiato; Jiri Trmka si specializza nel cinema d'animazione. La Nova Vlina viene spazzata via con la violenza dell'entrata dei carri armati a Praga nel '68. in Polonia il cinema riflette sulle ferite ancora aperte della Seconda guerra mondiale e sul senso di smarrimento: Wajda lo esprime bene nei primi cortometraggi; Polanski, tramite l'infanzia travagliata, esprime il massimo del senso di perdita. In Ungheria emerge Miklos Jancso, legato alla storia del suo paese, realizzando opere contemplative e dall'attento montaggio. Bela Tarr fu un maestro del piano sequenza che realizzò opere contemplative. Tarkovsky, dalla biografia tormentata, dimostrò un animo contemplativo e nobile, fondato sui temi della spiritualità e della memoria. Vicino al cinema di Tarkovsky è Sokurov. In Grecia il più grande dissacratore fu Angelopoulos, dallo spirito contemplativo, usa la mitologia greca per avviare una riflessione politica. Include tecniche di spaesamento con inserti musicali e teatrali. In Giappone Nagisa Oshima esprime la forza della lotta di classe tramite il sesso. In India Satyajit Ray e Ritwik Ghatak rielaborano la tradizione popolare con un nuovo linguaggio. Nei paesi centro-sud americani il cinema diventa uno strumento di lotta. In Brasile nasce il Cinema Novo sui modelli di Neorealismo, Nouvelle Vague e Nova VIna e si basa principalmente sull'opposizione rispetto ai poteri forti. Il cineasta più famoso è stato Rocha, in cui il messaggio politico ben si sposa ad uno poetico. Rocha si è fatto portavoce di tutte le istante rivoluzionarie sudamericane nel manifesto Estetica della fame. In Argentina viene descritto il processo di liberazione da Solanas e Getino. Il cinema cubano si fonda con l'ICAC, che diventa la migliore scuola di cinema documentario. 4. La trasformazione di Hollywood Tra gli anni Sessanta e Settanta gli studios vennero incorporati all'interno di compagnie più grandi, cosa che venne interpretata come la fine di Hollywood, tuttavia, all'inizio degli anni Ottanta si stabilizzò un nuovo assetto. Evento importante fu l'emanazione della sentenza Paramount, che portò ad una serie di conseguenze: le major non controllavano più l'esercizio, ma si riservavano la distribuzione; il numero medio di film prodotti scende, insieme al numero degli spettatori (a causa della televisione e del nuovo stile di vita); gli spettatori sono più giovani e hanno mutato i gusti; a causa del minor numero di film prodotti si affacciarono nuove produzioni indipendenti sulla scena, che innescarono una forte concorrenza. Altro processo importante fu il declino del Production Code, messo in crisi sopratutto dalla circolazione di film europei non censurati, che fu sostituito da un sistema di rating basato sull'età. Tutti questi fattori indebolirono il modello centralizzato, ma l'abolizione del PC giovò alla produzione di film “proibiti” alla televisione. Il rapporto con la televisione era particolare: se da un lato l'emergere della televisione mette in crisi il cinema, è anche vero che dall'altro le major iniziano ad interessarsi ad essa, producendo programmi e vendendo vecchi cataloghi di film. Nel corso degli anni Sessanta, così, si intensificò il fenomeno dell'integrazione orizzontale. Il kolossal storico torna ad avere successo, insieme al western, al musical e alle commedie, alcuni generi si emanciparono, come il film di spionaggio, le evoluzioni della commedia e il genere musicale che prende spunto dalla musica rock. L'assetto produttivo si riconfigura verso un modello di Gli anni Sessanta costituiscono il mito del cinema italiano, aiutato dal miracolo economico. Il cinema di questi anni viene facilitato dal benessere economico ma ne rappresenta anche uno spaccato documentaristico; in questo periodo si viene infatti a creare un momento particolarmente propizio, in cui il cinema d'autore è il principale traino degli incassi nazionali. Alla fine degli anni Cinquanta il cinema è in crisi, scompaiono alcune case di produzione, aumentano i costi, si va incontro a sovrapproduzione, le imprese si frammentano; il melodramma va in crisi e fioriscono le commedie popolaresche o sentimentali, grazie alle quali il cinema continua a crescere. La fase di ripresa inizia dal 59, mantenendo il carattere frammentario, dove i produttori sono spesso improvvisati, ed emergono nuove figure di produttore Carlo Ponti, De Laurentis, Cristaldi. Roma diventa la Hollywood italiana, molte produzioni approdano a Cinecittà da lontano, rendendola lo sfondo glamour dei divi. Per i registi di questo decennio il cinema passato non è un codice da infrangere, ma un patrimonio da cui attingere. In questo periodo complicato è il rapporto con la censura: la commissione ministeriale era uno strumento di controllo politico, che danneggiò quasi tutti i film d'autore. Altre forme di censura erano operate dai settori conservatori della società: la stampa vaticana, la Procura di Milano che sequestrò alcuni film, a patirne in particolar modo fu Marco Ferreri. Nel 69 si arriva ad un punto di particolare tensione con un'ondata di sequestri, la legge Corona del 65 getta le basi del rapporto tra Stato e produzione cinematografica, istituendo una distribuzione di stato e un finanziamento speciale per i film che includessero nella produzione attori e registi. 2. Il superspettacolo d'autore L'immaginario che scaturisce dai film italiani anni Sessanta è quello di una modernità sociale ed esterica. A questo periodo si da il nome di superspettacolo d'autore, il cui periodo aureo va dal 1960 al 1963. in questa stagione si vengono a stabilizzare i nuovi volti del divismo: da metà anni Cinquanta Gina Lollobrigida, Sophia Loren e Anna Magnani; gli anni successivi sono dei divi maschili Mastroianni, Sordi e Vittorio Gassman; lo spazio per le dive è minore, e rappresentano una nuova generazione di personaggi inquieti e liberi Catherine Spaak, Stefania Sandrelli e Claudia Cardinale; Monica Vitti, passando da Antonioni alla commedia, rappresenta un'eccezione. La triade del cinema di questo periodo è Fellini i e Visconti, registi che si sono formati durante il fascismo e i Antonio hanno assistito al Neorealismo, tra i quaranta e i sessant'anni, quindi non spinti da uno spirito ribelle. La dolce vita è un'opera mediatica che racconta la cultura di massa e ne diviene oggetto, segue Marcello, paparazzo, che, nella prima parte del film incontra tre donne e l'amico Steiner; nella seconda parte Steiner uccide i figli e si suicida, partecipa ad una festa in un castello e ad un'altra festa in una villa, dove all'alba vede la carcassa di un pesce. L'impianto visivo è tipicamente della modernità felliniana, intrisa di una teatralità comica e fumettistica; si alternano scene intime a scene di massa. Con Otto e mezzo il mondo del regista assume chiarezza: nel mondo del protagonista irrompono i sogni e le memorie intrise di autobiografismo onirico, cifra stilistica dei film di Fellini, in cui i sogni sono innanzitutto incubi. Fellini e Antonioni rappresentano le due vie opposte della modernità italiana: il primo barocco, riempie le inquadrature e si occupa della realtà degli emarginati; il secondo opera una continua sottrazione, sia narrativa che visiva che performativa, attratto dalla borghesia problematica. Antonioni, inoltre, affronta i temi del dibattito letterario dell'epoca, confrontandosi con il Nouveau roman francese, con la scelta della supremazia dell'occhio sulla narrazione; con la pop art e l'informale. L'avventura allenta i tempi della narrazione e opera uno spaesamento dei personaggi; il fuori campo acquisisce importanza e i campi diventano larghi; il decoupage è quasi classico. Con La notte mette in scena l'estraniazione dei personaggi, che entrano in stanze vuote inquadrate prima del loro arrivo per estetizzare la disumanizzazione. In L'eclisse lo sguardo della macchina da presa si perde tra le cose, rivelandosi macchina tra le macchine. Visconti è il meno sensibile ad un rinnovamento dei canoni, e si perde nel recupero della tradizione romanzesca e operistica italiana; è stato protagonista del Neorealismo, che rifiuta con Senso, di ambientazione risorgimentale. Il Gattopardo è un kolossal dal cast internazionale, che fissa la poetica del regista, aristocratico e legato al PCI, si immedesima nel protagonista, rendendo il film l'elegia di un mondo perduto, un ballo di fantasmi. Successivamente osserva la dimensione decadente di personaggi verso la loro fine. Pier Paolo Pasolini santifica i personaggi delle classi sottoproletarie con la musica di Bach e Vivaldi e le riprese solenni e frontali, ispirate alla pittura prerinascimentale. Da Il vangelo secondo Matteo lo stile cambia, prediligendo un mosso e uno stile documentaristico. La stagione in questione vede anche l'esordio di tantissimi registi (Rosi, Olmi, Elio Petri, Bertolucci, Bellocchio, Sergio Leone). In Italia, così, il nuovo cinema si pone in continuità con il precedente, non come una rottura. Un certo rinnovamento si nota dal piano dei contenuti, dove entra a far parte dei film un discorso istituzionale, sull'occupazione, la resistenza e il fascismo. L'ammodernamento del linguaggio proviene anche dall'esperienza delle giovani generazioni quali Lattuada, Tinto Brass e Bellocchio, vicini alle vagues. Per il cinema d'autore una cesura si può costruire a metà decennio, quando molti registi mostrano i segni di un crescente disinteresse: Antonioni girerà all'estero, Visconti proseguirà con i film in costume; Fellini prosegue un'esplorazione dei fantasmi; Pasolini prende la via del mito. 3. La commedia Il boom economico era una realtà attesa e promessa da tempo, prima di esso le condizioni erano di sottosviluppo, evidenti in / soliti ignoti di Mario Monicelli, un film epocale, poiché segna il passaggio dalla commedia di ispirazione teatrale a quella della nuova generazione. Dino De Laurentis pone fiducia in Monicelli, producendogli poi La grande guerra, film che infrange uno dei più rigidi tabù del sistema censorio italiano: Sordi e Gassman sono due fanti arruolati per obbligo che non credono alla guerra, e la loro simpatia stempera il clima drammatico della guerra. Così sarà la commedia all'italiana, gioiosa e giocosa ma drammatica nei fatti, ed è il genere prediletto per trattare la storia recente del paese. In questi film ad occupare una centralità è l'uomo medio, con i suoi problemi pratici e le sue tragedie. La commedia all'italiana, dal carattere storico piuttosto ambiguo, rappresenta un contrappunto grottesco e malinconico alla sempre più veloce modernizzazione, tramite la quale gli italiani si riconciliavano con i loro difetti congeniti, recuperandoli con forte tensione nostalgica. Paolo Villaggio, negli anni Settanta, segna la completa conversione della commedia all'italiana in comico puro con il personaggio di Fantozzi. 4. Gli altri generi Oltre alla commedia e al film d'autore questo periodo è per l'Italia particolarmente proficuo anche per la compresenza con molti altri generi, alcuni recuperati altri inventati ex novo. Nel contesto delle produzioni americane a Cinecittà nasce il peplum, il cui apripista è Le fatiche di Ercole di Francisci: rispetto ai film avventurosi del cineasta, il film è particolarmente dispendioso, curato dal punto di vista dei costumi e delle scenografie; e pone l'accento sui corpi scolpiti degli attori e delle attrici, che esprimevano la forma del benessere e della potenza. Il peplum iniziò ad essere prodotto su larga scala, tanto da saturare il mercato in poco tempo e giungere ad un decisivo declino. A decretare il declino del genere fu Sergio Leone, con l'invenzione del genere spaghetti western nel '64 con Per un pungo di dollari, con le musiche di Ennio Morricone, con il quale realizzò la trilogia del dollaro. L'affermazione del genere fu concessa sopratutto dal declino del western americano, che era per lo più passato alla televisione, consentendo a quello europeo di sorgere, per primo in Germania. Il cinema di Leone gioca con molti archetipi del cinema mainstream rendendoli qualcosa di assolutamente originale: la violenza brutale, alle soglie dell'astrazione, l'empietà e la grettezza morale dei personaggi, il gioco, tramite dilatazione degli spazi e dei tempi, con le aspettative dello spettatore rendono il genere particolarmente amato. Alla produzione di questi film contribuiscono l'amore di Leone per il western, la riproposizione del tema goldoniano dell'Arlecchino servitore di due padroni, il plagio dei film giapponesi di Kurosawa. Ad un certo punto il western viene sottoposto ad una svolta, sopratutto dovuta allo sceneggiatore Franco Solinas, dove diventa politicamente impegnato, ispirato alla rivoluzione messicana. Quando anche questa declinazione del western sembrava esaurirsi si sviluppò il nuovo western americano di Sam Peckinpah e Arthur Penn, mentre in Italia venne riproposto in chiave comica con Bud Spencer e Terence Hill, che inaugura il filone dello sganassoni western, di grande successo, dove le tensioni sociali trovavano sfogo. Altro genere sviluppatosi in questo periodo è il genere d'animazione di Bruno Bozzetto, che produce numerosi film sul tipo dell'italiano medio che affronta i problemi della vita moderna, interpretato dal personaggio del Signor Rossi. Altro cinema ad affermarsi il Italia è il genere erotico: i primi tentativi di sdoganamento risalgono agli anni Ottanta, cui seguono, negli anni Settanta, i film del girone Decamerotici, inaugurati dal Decameron di Pier Paolo Pasolini, dove erano presenti scene di nudo non censurate per via della forma poetica della narrazione, ispirata alla cultura italiana. | produttori approfittarono del fatto per iniziare a produrre film erotici che spettacolarizzassero la nudità femminile. Altro genere di successo era rappresentato dai film comico-parodici per un pubblico popolare, chiamati anche “generi di profondità” poiché si irradiavano dalle sale centrali a quelle più provinciali, avendo una lunghissima circolazione. | musicarelli, cioè i film musicali, rappresentano una novità del periodo: nei due film apripista di Lucio Fulci sono presenti tutti i grossi esponenti dell'industria musicale italiana, dove la gioventù diventa un soggetto per cui i cantanti sono emblemi, non hanno più la vena rivoluzionaria e sovversiva dei film giovanili americani. Altro genere che si configura è l'horror, sopratutto grazie ai successi di Mario Bava, che riescono a dar voce ai desideri e agli incubi degli italiani. L'horror di Dario Argento farà fare il vero salto di qualità al genere, che varrà al regista l'appellativo di Hitchcock italiano. 5. Gli anni Settanta: cinema politico e dintorni Il Sessantotto porta agitazioni anche all'interno dell'industria cinematografica, tuttavia nella struttura istituzionale tutto rimane uguale, neanche emerge un cinema indipendente e militante. Gli anni Settanta rappresentano un panorama particolarmente eterogeneo. La Rai, invece, si apre ad alcune esperienze innovative: Luigi Comencini gira un'inchiesta e De Seta ritrae la nuova pedagogia della scuola italiana. Le sperimentazioni più originali vengono da Carmelo Bene, una delle figure più importanti del teatro del Novecento, che opera un accumulo barocco di riferimenti e citazioni; e Alberto Griffi, che compose uno dei primi esempi di found footage (film realizzato con filmati d'archivio), la sua opera più rappresentativa è Anna, di cui si innamora nella vita reale un membro della troupe facendo andare la storia in una direzione non progettata. Gli anni Settanta includono anche un cinema politico detto poliziottesco, che si concentra sulla disgregazione dell'idea di Stato, un cinema d'azione il cui maggior regista è Fernando Di Leo. Precursore del genere è Francesco Rosi con film quali Salvatore Giuliano e Le mani sulla città, che mostrano una particolare modernità linguistica e politica. Dalla seconda metà degli anni Sessanta al decennio successivo si impongono film d'impegno civile, per primi i film terzomondisti poi in particolare quelli con Gian Maria Volonté e quelli dei fratelli Taviani, che sembravano conciliare l'eredità neorealista con l'impegno politico e i modelli estetici più avanzati. Anche la commedia all'italiana diventa politicamente impegnata e sempre più drammatica; nel genere l'autore più particolare è Ettore Scola, che descrive grottescamente il sottoproletariato. Il cinema d'autore vede l'esordio di Bertolucci con Il conformista, provocatorio e dallo stile seducente, che lancia una moda nel recupero degli anni Trenta. Ferreri immagina fini apocalittiche per la borghesia, rifiuta il bello stile e focalizza il carattere di happening. 6. La televisione e la crisi Nel 1954 nasce la televisione italiana come monopolio di stato, negli anni Sessanta vi furono diversi tentativi di rompere questo monopolio, che arriva a compimento nel '76, con una legge in cui viene permesso ad emittenti private di avere un loro palinsesto di proiezione. Ne nascono tantissime, che comportano l'emergere del duopolio Rai-Mediaset. Gli effetti sul cinema furono subito evidenti: le emittenti private iniziarono a trasmettere film gratuitamente a bassa risoluzione, comportando un repentino calo dei biglietti venduti, le sale chiudono o si organizzano in multiplex, programmando solo blockbuster. La Rai continua a sostenerei produttori, che si organizzano con un doppio canale di distribuzione (televisione e cinema), ma successivamente produce anche film per la sala. Questa funzione viene istituzionalizzata solo nel 1998 con la creazione della società Rai Cinema. Fra questi produttori vi fu Fulvio Lucisano, che produsse Ricomincio da tre. Si sviluppa anche il fenomeno del cinepanettone. E chiaro che la funzione mediatica del cinema è ormai periferica. Controstorie: oltre gli stereotipi Gli anni Sessanta vengono definiti come l'età dell'oro per il gran numero di film di qualità prodotti. In realtà il mercato non li assorbì tutti, tanti ne erano, da causare una sovrapproduzione; inoltre, vicino ai più famosi film d'autore, vi furono moltissimi film di media qualità. Fu senz'altro l'epoca del cambiamento tecnologico, con l'introduzione del Crystal). 7. Autori in sintonia Dagli anni Ottanta in poi il cinema autoriale si sviluppa in seno all'industria, rendendo frequente il dialogo tra autori e capitale industriale, guidato da produttori lungimiranti e dal brand delle majors. In realtà i registi riconosciuti apertamente come autori hollywoodiani non sono molti: i fratelli Coen, Quentin Tarantino (che attraversa più decenni e costruisce un campionario dell'immaginario occidentale, attingendo da modelli diversi e ripensando i generi), Woody Allen e Martin Scorsese passano agli anni Ottanta quasi con nonchalance, Tim Burton (grande manipolatore dell'immagine che lavora sui confini della realtà attraverso tante linee di ricerca), David Lynch che esordisce con un'opera sperimentale trova poi un dialogo con l'industria. 8. Il ritorno del passato: non solo nostalgia Il passato ritorna in questo periodo del cinema sotto varie forme, mediate dallo stesso medium del cinema. La malinconia neohollywoodiana viene sostituita dalla furia iconoclasta del citazionismo e della mescolanza aggressiva di stili. In alcuni casi, come per Clint Eastwood, si parla di Neoclassicismo per l'ammirazione per l'umanesimo della Hollywood tardo classica, con personaggi che rappresentano la volontà di conservare e nobilitare la filosofia americana, che rischia di essere superata o fraintesa dal cinema spettacolare. | film di animazione della Pixar rivelano un attento studio delle ricette classiche della Disney e un ritorno a personaggi e atmosfere di enorme consapevolezza storica. In questo contesto nascono anche le raffigurazioni più durature dell'America precedente, come in Forrest Gump, dove il protagonista si ritrova casualmente a passare attraverso tutti gli eventi fondamentali della storia americana. Il cinema degli anni Ottanta e Novanta è oggi oggetto di rivisitazione. 9. L'affermazione del corpo Con la vittoria di tre premi Oscar di Rocky viene sancita l'affermazione di un'estetica che privilegia il corpo scultoreo e palestrato di attori quali Sylvester Stallone, Arnold Schwarzenegger (legato all'interpretazione di Terminator) eccetera. Questo accento posto sul corpo è stato da qualcuno visto come la riscoperta di una superficie nel cinema postmoderno. Il corpo diventa luogo di interrogazione sull'identità, sull'irreversibilità del decadimento, sullo statuto della macchina rispetto all'uomo. Genere che si interessa in modo specifico del corpo è lo slasher movie (da “slash”= sfregiare), che mostrano corpi condannati a recare su di sé le tracce dello sfregio. Famosi i personaggi di Freddy Krueger, Michael Myers, Jason Voorhees, i cui corpi rimettono in discussione in rapporto tra esterno e interno; la stessa idea caratterizza il cinema di Cronenberg, la cui ricerca riguarda la contaminazione della carne. Altri fenomeni di questa attenzione al corpo sono la comicità fisica di Jim Carrey, il comico dei fratelli Farrelly che viene innescato dalle situazioni in cui non si riesce a controllare il corpo. 10. Due film spartiacque Due film che rappresentano l'inizio e la fine di un'era. Guerre stellari è il prodotto del carisma di Lucas, sceneggiatore e regista, che riuscì a convincere gli investitori del successo del film così come si verificò. Il film tiene insieme archetipi narrativi (provenienti dalla mitologia, dall'epica e dalla letteratura cavalleresca) e macchina spettacolare (effetti speciali, trucchi ottici, effetti informatici; gli effetti invadono anche la sala di proiezione con l'audio dolby stereo e la pellicola 7omm). Il film è il primo ad inaugurate un merchandising capillare e una serialità che si dimostrerà comune ai blockbuster, che poi sfoceranno nella creazione di un universo transmediale. Lucas inaugura la figura del regista-produttore (Lucasfilm) e imprenditore (Industrial Light and Magic). Titanic è un melodramma, fondato a partire dalla fascinazione di Cameron per il disastro della modernità, che lo porta a riflettere sul rapporto tra presente e passato, curò egli stesso gli effetti speciali che gli permisero di mostrare l'affondamento del transatlantico con grande realismo. La storia passa per la storia d'amore di Jack e Rose, che lancia Di Caprio. Cameron costruisce un clima di avventura e suspence attraverso un uso espressivo del colore e un grande realismo. 11. Sequel e remake Nell'ottica della citazione e ripresa del passato della postmodernità si inquadrano anche moltissime operazioni di sequel e remake, dettati da un'insieme di estetica e commercialità: un sequel esce già marchiato dal brand che gli assicura il successo, ma la pratica consente di sperimentare una prima fase di serialità che si realizzerà appieno con quella televisiva. A volte si integra con un cinema d'autore, come nel caso di Batman di Tim Burton e Terminator di James Cameron. Alcuni studiosi vedono nella pratica del sequel e del remake il sintomo di una perdita di originalità. Remake in realtà non vuol dire replica, ma ripensamento e rifacimento, confronto con l'originale. 12. La nuova serialità televisiva Il mezzo televisivo si mostra naturalmente propenso ad una narrazione lunga ed episodica. L'abbonamento cable da parte di spettatori adulti e istruiti ha permesso alla televisione di ampliare i temi e le rappresentazioni, che porta la tv nazionale ad alzare il livello. Negli anni Ottanta iniziano Hill Street Blues, che propone forme di continuità di trame verticali e orizzontali, episodi duri, malinconia della piccola criminalità, poliziotti delusi; Miami Vice, ambientata in Florida, segue due poliziotti, in un'estetica patinata anni Ottanta e che coinvolge influenze della moda, dei video musicali, della fotografia contemporanea, del design. Negli anni Novanta si va incontro a vere innovazioni: in X-Files si mescolano horror e fantascienza; in | segreti di Twin Peaks, David Lynch ha carta bianca e si apre a nuove forme di fruizione per demolire il muro tra cinema e televisione (usa una elevata profondità di campo, paesaggi oscuri, personaggi surreali, complessità di trama, violenza e erotismo) configurandosi come un vero fenomeno di culto; E.R. Medici in prima linea è un medical drama che intensifica il realismo e innova l'impianto stilistico. Dalla fine degli anni Novanta giungono novità grazie a HBO che ebbe una particolare lungimiranza produttiva. Controstorie: Lo sviluppo della televisione nella postmodernità Le televisioni europea e americana sono molto diverse: la prima pubblica al servizio della politica e via etere, la seconda privata e via cavo. Negli anni Sessanta la tv americana si centralizza perdendo le sue specificità locali e generando un classismo: le paytv diventano simbolo della middle class, mentre la tv gratuita, piena di pubblicità, era per i non abbienti. La tv a pagamento complicò i rapporti col cinema, sopratutto dopo l'inserimento di programmi come NBC Saturday Night at the Movies, una rassegna dei principali film in sala, e la nascita dei TV movies, che comportarono un calo della vendita di biglietti. Si diffondono anche le serie con episodi autosufficienti e privi di sequenzialità. Le paytv si concentrano sull'offerta di film e la HBO, principale società di produzione e distribuzione di film si fonda su quattro principi: film recenti, non tagliati da pubblicità, contenuti esclusivi che sfuggono alla censura, un mix di cinema e nuova serialità. Negli anni Novanta nasce la nuova serialità, di grande qualità, con programmi quali | soprano e OZ. La televisione dei network si aggiorna agendo sui principali difetti (povertà di intrecci, prevalenza di interni) sopratutto nella soap opera e nelle miniserie. In Europa la televisione continua ad essere pubblica, nel Regno Unito nasce la prima televisione indipendente, continua ad essere via etere e rifiuta il cavo. Le industrie cinematografiche erano floride e libere rispetto alla televisione, con cui all'inizio vi fu uno scontro, ma presto fu trovato un accordo: la Rai trasmette vecchi film e i televisori fanno la loro comparsa nei cinema con i quiz nelle pause, anche se per poco tempo. Cinema e televisione proseguono per le loro strade, la televisione fa omaggio al teatro e alla letteratura, assurgendo al ruolo educativo assegnatogli. Nel 1966 la Rai approda al cinema con Francesco D'Assisi di Liliana Cavani, poi con Odissea, un grande peplum televisivo di otto puntate. Negli anni Settanta la Rai è protagonista di una stagione cinematografica di successo, con il ricorso a nuovi formati e nuove tecnologie, trasmettendo film a raffica poiché l'offerta internazionale a basso costo è ampia, producendo la chiusura di sale cinematografiche. Fra i due mezzi si interrompono gli scambi, che diventano meno visibili. Il problema dei film in tv è che sono episodici e chiusi a loro, cosa che non avviene con la nascita dei serial americani con scenografie sontuose, trame più complesse. Negli anni Novanta la HBO lancia serial quali Sex and the City, Twin Peaks e Lost. Con l'avvento della televisione commerciale il palinsesto è diventato orizzontale, con appuntamenti giornalieri fissi. Contesti: la dissoluzione del concetto di Terzo mondo Gli ultimi quarant'anni sono dominati da due processi: globalizzazione di massa e dissoluzione del terzo mondo. L'economia in Asia cresce particolarmente, tanto da definirsi con l'espressione “miracolo asiatico”: il Giappone fornì capitali e un modello di sviluppo, una diffusa scolarizzazione, una riforma agraria, che generarono un buon livello di uguaglianza sociale. La produzione industriale si specializza in merci ad alto contenuto tecnologico da esportare in Occidente. Il modello si diffonde verso Malesia, Filippine, Vietnam, Thailandia, Indonesia, poi in Cina e in India. La strategia prevedeva un iniziale protezionismo, poi una grande apertura. La Cina, nonostante il comunismo, riuscì a diminuire l'apertura della forbice sociale. La zona del pianeta con una grande disuguaglianza è l'America latina, piena di piantagioni monocolturali di stampo coloniale, accompagnate ad una grande lentezza del sistema scolastico e a errori politici che innescano un protezionismo che comporta una grande chiusura sul piano dell'innovazione e della modernità. L'unica zona del pianeta esclusa dalla globalizzazione è l'Africa subsahariana, che presenta degli svantaggi naturali: clima tropicale, pochi accessi al mare e alle vie di comunicazione terrene per le zone desertiche, ricchezza di materie prime come il petrolio (materia di contesa tra gruppi di popolazione\attrazione per le elite dirigenti, che ignorano gli altri aspetti dell'economia. Inoltre l'Africa è piena di pregiudizi urbani: le campagne vengono usate come deposito di risorse fiscali utilizzate per impieghi extragricoli, definendo un risentimento tra campagna e città. Inoltre i leader dell'indipendenza ricorrono a forze armate, iniziando un ciclo di corruzione e bassa qualità delle istituzioni che scoraggia investimenti stranieri. Ritornano antiche identità religiose sopratutto in Medio Oriente, dove si accompagna di un periodo di socialismo nazionale e il tentativo degli Stati Uniti di creare un nuovo ordine mondiale, dopo di cui si sviluppa un forte islamismo politico. Sguardi dal Sud e dall'Est globali: Asia, Africa e America Latina 1. Le precarie fortune critiche delle cinematografie del Sud e dell'Est in Italia dal 1980 ad oggi Le storie del cinema ripropongono continuamente uno schema in cui l'Occidente era centrale, e ogni cinematografia, principalmente europea, veniva raffrontata con quella di Hollywood. Le cinematografie del Sud e dell'Est del mondo erano solitamente molto marginalizzate. Asia, Africa e America Latina entrano a far parte dell'immaginario cinematografico italiano solo a partire dagli anni Ottanta, sopratutto grazie ai festival: apripista fu la Mostra internazionale del nuovo cinema di Pesaro che ha proposto retrospettive per ogni paese; il Torino film festival; il Bergamo Film Meeting; Riminicinema; la Mostra internazionale di arte cinematografica di Venezia; il festival del cinema latino americano di Trieste; il Festival del cinema africano di Milano e il Far East film festival di Udine. Gli italiani continuano a dimostrarsi tuttavia poco ricettivi verso le cinematografie lontane, non aiutato neanche dal mercato della paytv e dell'on demand, che non prendono queste cinematografie in considerazione. 2. America Latina Le cinematografie latinoamericane sono caratterizzate da una situazione cronica di dipendenza e sottosviluppo, dovuta ad un mercato dominato sopratutto dai film hollywoodiani e europei. Lo spazio di America Latina e Spagna è per produzione il quarto al mondo ma il mercato globale è bassissimo. Sono frequenti le coproduzioni, i produttori sono capaci di attrarre capitali stranieri anche e sopratutto grazie alla credibilità espressa da alcuni registi premiati a Hollywood quali Inarritu, Del Toro e Cuaron. Vi sono altre costanti: lo sviluppo delle scuole di cinema, il dinamismo di registe donne, la rinegoziazione delle narrazioni nazionali, il neofomentismo. Inoltre sono presenti comunità indigene e componenti afrodiscendenti che premono per ottenere spazi di espressione. In Argentina, con la crisi economica e la dilagante povertà, nacque il cine piquetero, un documentario\reportage militante, spesso in forma anonima; negli anni Ottanta nascono forme fortemente allegoriche sul tema dei desaparecidos; negli anni Duemila, con il ricambio generazionale inizia un cinema dallo sguardo più libero che parla di antieroi; l'autore più famoso è Pablo Trapero che passa da un'attenzione ai ceti subalterni a una drammaturgia più sostenuta. In Messico gli anni Novanta hanno visto l'ascesa di Arturo titoli di punta di Bollywood. A partire, in realtà, dagli anni Cinquanta e Sessanta l'India conquista la sua più grande visibilità, per la presenza di capi carismatici, per i molti viaggi di intellettuali, per la presenza di vagues sincrone. Gli autori sono Satyajit Ray, Ritwik Ghatak, Roy, Sen, o altri autori definiti nell'etichetta New Indian Cinema; tutti questi autori producono film alternativi a Bollywood e purificati di elementi barocchi quali coreografie ricostruite, importanti Due ettari di terra e Il lamento del sentiero. Dopo un periodo di moda il cinema indiano torna a diventare marginale, prevalgono i masala film, melodrammi musicali, a cui si avvicinano in un secondo momento anche gli spettatori occidentali. Bollywood è da sempre stata ricchissima a livello produttivo, l'offerta si è progressivamente ampliata in generi e sottogeneri. 5. Cina, Hong Kong e Taiwan Questi tre paesi sono politicamente e linguisticamente diversi, ma presentano una comune storia antica e tradizioni culturali e religiose, con la salita al potere nell'87 di Deng Xiaoping la Cina ha iniziato un rapido itinerario di integrazione con il capitalismo internazionale già abbracciato da Hong Kong e Taiwan, che comporta un intrecciarsi delle cinematografie. Negli stessi anni si affermano tre nuove onde. A Hong Kong la televisione e le produzioni private consentono l'ascesa di cineasti che si muovono sulle orme della New Hollywood, che innervano la produzione, legata all'intrattenimento popolare, di una sensibilità cinefila, un coraggio narrativo-figurativo, e l'affronto di tematiche scomode. La new wave taiwanese si finanzia con capitali pubblici e tratta storie più intime e autobiografiche, con trame incentrate su personaggi ordinari, raccontate con toni minimalistici e surreali, i cineasti più famosi sono Edward Yang e Hou Hsiao-hsien. Nell'87 la legge marziale viene revocata e la democratizzazione del paese consente progetti più liberi e ambiziosi. Il cinema cinese viene consacrato nell'87 con Sorgo rosso di Zhang Yimou, precedentemente, con il regime maoista il cinema abbracciava fedelmente il realismo socialista, poi con la Quinta generazione si iniziano a intravedere storie che oltrepassano gli schemi fissi dell'ideologia per via di una minore drammatizzazione dei plot e personaggi incerti. Si verifica così un cambio di registro: con la ricca messe di premi di Lanterne rosse e Addio mia concubina, il cinema cinese diventa pieno di forme seducenti, ritmi pacificati, luoghi remoti in un passato astorico. Nel passaggio dagli anni Ottanta a Novanta le tre industrie subiscono forti sollecitazioni che mostrano elementi di influenza reciproca. A Hong Kong si delinea il movimento parabolico, con una strabiliante crescita produttiva e un calo con l'avvicinarsi all'handover, cioè il passaggio di sovranità dal Regno Unito alla Repubblica popolare cinese. In questo periodo si moltiplicano le case di produzione, nascono nuovi divi, si configura la politica di un nuovo autore che rivoluziona l'industria, Tsui Hark: rivoluziona i generi cinematografici mescolandoli, accelerando il racconto e facendo un particolare uso degli effetti speciali. Sul fronte del cinema d'autore ad imporsi è Wong Kar-wai, con soluzioni espressive raffinate unite ad un'incertezza identitaria di fondo. Il ritorno alla Cina è accompagnato da film su fantasmi e alieni, di cui è zeppa la cinematografia di Johnnie To, insieme ad un eroismo e un senso di morte. Condizioni traumatiche compaiono anche nelle cinematografie taiwanese e cinese. L'industria taiwanese marcia a bassi regimi, ben incarnata da Tsai Ming Liang con pellicole pervase da un sentimento di inattività in ambientazioni e personaggi. In Cina l'incidente del 4 Giugno 1989, dove l'esercito sopprime nel sangue una movimento studentesco, ha forti ripercussioni sul cinema: compaiono film low budget vicini al movimento, che trattano di figure marginali e invise al regime con uno stile meno raffinato; contemporaneamente, a causa di ciò, molte pellicole vengono bloccate dalla censura di stato, che produce film leitmotiv che rinforzino lo spirito nazionalista. Segue un epocale calo degli spettatori. Dalla metà degli anni Novanta la situazione cambia radicalmente: accordi di libera circolazione di merci portano la Cina a impegnarsi in coproduzioni internazionali, promuovendo una politica di rinnovamento delle sale e risanamento della produzione. Vengono prodotti film leggeri e spettacolari, il cui massimo esponente fu Feng Xiaoiang. A determinare un reale cambio furono due film di arti marziali, che determinarono la definitiva emancipazione del genere, che diventava un veicolo di valorizzazione del paese. Molti cineasti approdarono al wuxiapan. La Cina diventa la più grande potenza mondiale nel 2018 e il cinema trae vantaggio dalla ricca produzione. Una fetta della produzione cinese è dedicata ai film d'impegno civile che circolano nei festival, nei quali si riflette sulle trasformazioni della modernizzazione; molti registi basculano tra spirito individualista e tensioni al collettivismo e manifestano un'attenzione particolare agli esclusi e agli emarginati. L'elaborazione di prodotti audiovisivi è quanto mai florida e differenziata per target, raggiungendo facilmente il mercato artistico transnazionale. 6. Giappone, Coree e l'altra Asia Negli anni Settanta il cinema giapponese entra in crisi anche a causa della concorrenza della tv. Il sistema produttivo, legato prima alle sei major, si disarticola in un panorama più vario. Non emerge una nuova generazione prima degli anni Novanta, anche il genere jidai- geki si trasferisce sul piccolo schermo, appaiono però generi e sottogeneri di rilievo, come film erotici e pornografici, horror, yakuza-mono e anime (Miyazaki e Isao). Accanto alla produzione per le sale si afferma quella home video (chiamato V-Cinema) spesso coinvolgendo registi esordienti come Takashi Miike e Kiyoshi Kurosawa, particolarmente originali. La crisi all'inizio degli anni Novanta mette in ginocchio il paese, ma consente anche una riorganizzazione del sistema industriale; arriva una seconda wave di registi come Takeshi Kitano (l'estate di Kikujiro e Hana bi) che si giostrano tra l'alienazione derivante dall'impiego massivo di tecnologie e un orientalismo classico che esalta la poesia del quotidiano; si sviluppa un cinema contemplativo di eredità di Ozu e Mizoguchi. La rinascita dell'industria si regge tuttavia sui film in cassetta (teen movies, animazioni, manga, jJ-horror, yakuza-mono) e sui processo di convergenza con altri comparti dell'intrattenimento, che garantiscono una perfetta integrazione transmediale (es. Death note). Il Giappone e il suo cinema sono rimasti sotto i riflettori per alcuni eventi tragici: suicidi collettivi, attacchi terroristici e cronaca nera, Fukushima, con cui il cinema ha cercato di confrontarsi (sopratutto Sion Sono). La cinematografia sudcoreana presenta significativi agganci con quella giapponese, non solo perché era un protettorato nipponico che si modernizzò grazie a ciò, ma poiché alla fine della guerra civile la parte meridionale della penisola abbraccia l'economia di mercato. L'industria cinematografica procede a ritmi serrati, nascono tantissimi studi a Seul, si producono drammi, commedie, teen movies e film di guerra. Una legge sul cinema obbliga alcune case di produzione a chiudere e riduce i film importati favorendo la produzione di opere low budget. La salita al potere di Park Chung-hee segna una battuta d'arresto, con l'inasprimento della censura, l'arresto o la revoca dei permessi di lavoro ai cineasti di sinistra, anche il diffondersi della televisione ha il suo peso. Con l'assassinio di Park il paese piomba nel caos, che ha il suo punto di culmine con il massacro di una manifestazione studentesca. Molti cineasti appoggiavano la causa studentesca e vennero a costituire una prima new wave coreana. Negli anni Ottanta si sviluppa un nuovo cinema monitorato dai festival europei, che mette in scena una Corea tradizionale e vicina ad una spiritualità orientale oppure un presente capitalista straniante. L'onda di successo delle Olimpiadi di Seul fa aprire la nazione ai mercati transnazionali e a soluzioni più democratiche. Intervengono i chaebol, conglomerati di grandi dimensioni, e vengono intraprese politiche statali a favore del cinema, proliferano i festival. Dai primi anni Duemila in Corea le sale sono occupate da film autoctoni che aderiscono alle regole del decoupage classico e al sistema dei generi, portando elementi della storia della Corea. La cultura coreana si diffonde con musica, serie TV, smartphone e prodotti di moda. In questi anni si vede il sorgere di una seconda new wave con registi vicini al cinema popolare e integrati al sistema produttivo quali Im Kwon-Taek, Kim Ki-duk, Park Chan-wook, Bong Joon- ho, Lee Chang-dong, Hong sang-soo. Il cinema fa nascere la questione della riunificazione tra Nord e Sud. Con il termine “world cinema” viene indicato il cinema non euroamericano non perfettamente ascrivibile, in un cotesto di globalizzazione totale di idee di persone e di merci, alle nazioni, poiché le culture, le immagini, le persone e le produzioni si sfumano l'uno nell'altro. Tuttavia spesso è necessario che i prodotti, compresi i film, abbiano una nazionalità di provenienza per poter essere fruibili. In Indonesia, Thailandia, Malesia, Vietnam e Filippine le società sono multietniche e le industrie audiovisive non riescono a ritagliarsi uno spazio preciso, in questo contesto entra in gioco la rete culturale ed economica del world cinema, che seleziona registi e storie da valorizzare. Esempi: il cinema espanso del filippino Lav Diaz, con le sue narrazioni interminabili, le inquietudini spettrali di Apichatpong Weerasethakul, il cinema dei colori del vietnamita Tran Ahn-hung.. l'autore nel world cinema è una sorte di Virgilio dantesco che accompagna gli spettatori all'interno di culture altre. Controstorie: cinema accentato, pratiche filmiche controculturali Nell'arco degli ultimi cinquant'anni si è assistito ad un incremento della realizzazione di film da comunità di immigrati o postimmigrati, he Hamid Nacify ha chiamato “cinema accentato”, identificando un cinema di qualità transnazionale che combina le influenze di almeno due diversi contesti. Cinema accentati sono emersi in Nord America e Gran Bretagna verso la fine del Novecento e si sono configurati come esempi di attivismo culturale radicato nei movimenti per i diritti civili. Spesso questi film hanno avuto un'esposizione più televisiva che cinematografica. Hanno avuto breve vita. Il cinema chicano emerse come parte integrante del movimento messicano americano per i diritti civili negli anni Sessanta, tuttavia nel corso degli anni si dissipò, lanciava una sfida estetica e politica ad Hollywood con documentari che denunciassero le ingiustizie sociali come quelli di Luis Valdez, fondatore del movimento; o quelli di Jesùs Trevino, che documenta la propria lotta con una cinepresa super 8, poi trasmessi alla televisione pubblica. La prima regista donna del cinema chicano fu Sylvia Morales, che si focalizzò sulla storia di donne indigene, offrendo un punto di vista nettamente contrastante rispetto alla prospettiva maschile di Valdez. Il Black British Cinema e l'Asian British Cinema nascono come collettivi di resistenza alle politiche di Margaret Tatcher come forma di protesta culturale. Il Black B h Cinema nasce con la forma documentaria negli anni Ottanta, sopratutto grazie a Isaac Julien, che si allontanò presto dalla regia per diventare curatore di installazioni artistiche, e John Akomfrah, che riflette sul concetto di razza. L'Asian British Cinema è legato all'inizio alla sperimentazione di Yegesh Walia, poi alla ricerca gender e sessuale di Pratibha Parmar, regista di documentari sui temi del razzismo dell'omofobia e delle varie forme di esclusione sociale; poi a quella di Gurinder Chadha, che iniziò in radio e in televisione, diventando poi regista e produttrice di film, per lo più commedie, su donne indiane. Contesti: la breve vita felice dell'egemonia americana Dal conflitto della Guerra fredda gli Stati Uniti sembrano uscirne vittoriosi, Bush costruisce un nuovo ordine mondiale che ha come punto di riferimento l'ONU per garantire sicurezza e stabilità; contemporaneamente il trattato di Maastricht sull'Unione europea rilancia una cooperazione occidentale nel mondo. Tuttavia gli interventi dell'ONU in nella guerra civile in lugoslavia e in Somalia si rivelano inefficaci, smentiti in minima parte dal successo ottenuto con la fine della guerra in Bosnia, conseguito sopratutto grazie all'intervento della NATO, che si rivelò utile anche nella guerra in Kosovo. Con l'attentato dell'11 Settembre da parte di Al-Qaida, Bush si muove prima cautamente, poi chiama le truppe militari in Afghanistan prima, e poi in quella che definisce l'Asse del male, comprendente Iran Iraq e Corea del Nord. L'invasione dell'Iraq sfianca le forze militari e l'opinione pubblica statunitense inizia a perdere fiducia nell'operato di Bush, sopratutto dopo la rivelazione di brutali operazioni nei carceri. Nel 2009 arriva una dilagante crisi economica e una forte recessione, seguita dal primo presidente afroamericano Barack Obama, la cui politica estera divenne molto più cauta e riuscì a stabilizzare la crisi. La Cina ha continuato la sua crescita economica ininterrotta, la Russia ha adottato una politica estera molto più aggressiva. Il sogno di un nuovo ordine mondiale viene messo in discussione da tutta una serie di eventi: i flussi migratori, gli attentati terroristici, le battaglie contro il riscaldamento globale, la rivoluzione delle tecnologie digitali. L'elezione di Trump sancisce il ritorno di nazionalismi e populismi che accomunano l'America e l'Europa.s Cinema, media e cultura visuale dopo l'11 Settembre 1. 11 Settembre 2001 L'analisi del cinema nel nuovo millennio non può procedere senza fissare alcune riflessioni che saranno punti di orientamento fissi: il digitale e le nuove tecnologie innescano un processo che fa ripensare il cinema come medium e sconvolge ogni sua parte; questa radicale messa in discussione del cinema porta a ridiscutere il rapporto del cinema con gli altri medium e il rapporto del cinema con la realtà; queste operazioni sono accompagnate sempre dal dibattito teorico e dalle produzioni artistiche, che non possono essere scissi
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