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SINTESI LIBRO "IL RISCHIO DELL'IDENTITÀ", Sintesi del corso di Etica

RIASSUNTO CHIARO E CONCISO PER STUDIARE ETICA DELLA COMUNICAZIONE

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 24/05/2022

saruccia99
saruccia99 🇮🇹

4.7

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31 documenti

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Scarica SINTESI LIBRO "IL RISCHIO DELL'IDENTITÀ" e più Sintesi del corso in PDF di Etica solo su Docsity! IL RISCHIO DELL’IDENTITÀ-MALKNECHT 1°CAPITOLO: SOGGETTIVITÀ E NEW MEDIA La comunicazione si sottrae al dominio soggettivo e intersoggettivo per rendersi autonoma nelle dinamiche sistemiche: diventa sempre più astratta e tecnologicamente supportata, riducendo al suo interno l’espressività. Delegando la mediazione dell’esperienza alle risorse individuali, la crisi dei legami tradizionali genera individui, che cercano di disporre, intervenire e agire significativamente rispetto alla macrorealtà in cui sono collocati, su cui hanno scarsa possibilità di intervento e riconoscimento. Da un lato, le tecnologie della comunicazione restituiscono la dimensione primaria di queste macrorealtà e dall’altro, la comunicazione assolve una funzione sostitutiva dell’intermediazione sociale, mantenendo solo l’apparenza di questa mediazione: facendo apparire il rispecchiamento individuale come esperienza relazionale e l’esperienza mediale tout court come esperienza propriamente comunicativa. Il sistema globale si configura come un dispositivo di accelerazione nella costituzione del sé sia a livello individuale sia a livello collettivo, dando luogo a identità "di emergenza" ovvero costituite da un compiuto o almeno esteso processo relazionale e comunicativo. La vulnerabilità a cui è esposto l'individuo proprio nel processo di soggettivizzazione procede dalla condizione paradossale che John B. Thompson, fa derivare dal "sovraccarico simbolico" che grava sull'individualità in un ambiente mediato di dimensioni globali. Thompson concepisce questo paradosso come un "doppio senso della dipendenza dai media". La costruzione di biografie individuali con materiali simbolici attinti dall'esperienza mediale moltiplica le occasioni riflessive del sé in quanto, secondo Thompson, estende il campo di esperienza individuale mediante il confronto con materiali simbolici di provenienza diversa che permettono la riflessione critica. Tuttavia, affinché tale estensione esperienziale abbia effettivamente luogo, è necessario che l'individuo proceda da un’autorappresentazione situata. La Rete pone l'individuo ad una scelta amplificata dei contenuti, selezionati in base alle esigenze dell'individuo stesso. Le pulsioni fondamentali della soggettività contemporanea testimoniano il fallimento di quella stessa categoria interpretativa. Lo attestano le forme di aggregazione tribale considerate da Michel Maffesoli, le quali, più che una reazione al diktat progettuale dell’individualismo governo, portano oggi alla luce le patologie emotive della soggettività post- moderna, così come le diverse forme di raggruppamento attorno a identità primarie, individuate da Manuel Castells, sono identificative di un rapporto soggetto-comunicazione che esige il ripensamento delle tecnologie della comunicazione da un lato in quanto infrastrutture della società globale e dall'altro nel loro potenziale creativo di emancipazione individuale. I soggetti sono stimolati alla ricerca di riconoscimento, di personalizzazione, di appartenenza rivolte ad affermare la singolarità e la sua contestualità di senso. Tutto ciò viene messo in luce da Manuel Castells che definisce il rapporto tra la Rete e l’Io un “rapporto bipolare”. Il passaggio dai media unidirezionali ai media interattivi e la pluralità di dispositivi in cui l’esperienza mediale è altamente personalizzata, danno luogo a una contingenza tecno-epocale che assume tratti effettivamente caratterizzanti nell'interazione delle sue opposte polarità e nelle sue implicazioni politiche e sociali, con ricadute sulla soggettività che ne alterano i processi costitutivi. L'individuo cerca nell'esperienza mediale occasioni narrative del sé (es. proposte dai social network). Ciò che risulta importante è che l'esperienza narrata sia esperienza di sé. Il fenomeno investe la sfera dei social network e dell'informazione, richiedendo criteri di selezione o di scelta che rendono l'informazione stessa occasione autoriflessiva di personalizzazione. Le strategie e i dispositivi di personalizzazione o privatizzazione dell'esperienza comunicativa tecnologicamente mediata esprimono ed instaurano quell'immediatezza nel rapporto soggetto- comunicazione che Mario Morcellini riconduce direttamente nei termini di una "trasformazione antropologica" con crisi delle istituzioni. Ciò che viene richiesto alle tecnologie della comunicazione è di configurare, come rivela Geert Lovink a proposito dei blog “strumenti per la gestione del sé”, dove per gestione si intende il bisogno di strutturare la propria vita, risistemare il disordine, dominare l'immenso flusso di informazioni. La crisi delle mediazioni instaura il paradosso di un individuo che assume se stesso come centro, criterio e fonte di senso. Michel Foucault parla di "tecnologie del sé" indicandole come interdipendenti ma separate e associate a diverse forme di dominio, inoltre, rende problematico mantenere una distinzione tra le diverse tecnologie e tra le forme di dominio a essi associate. L'identificazione di mediazione e potere fornisce l'alibi per celebrare nella crisi della mediazione l'adempimento di istanze emancipatorie e libertarie. Si passa dai media unidirezionali-società di massa degli old media, ai media interattivi- società globale dei new media, e cioè dalla passività all’interazione. Una simile interazione del soggetto e del suo protagonismo all’interno dei new media e la continuità culturale con l’euforia del soggetto postmoderno, attribuisce al nuovo componente sociale e tecnologico la possibilità di adempiere le promesse emancipatorie della modernità circa il potenziamento della ragione strumentale. Le varianti della nuova soggettività evidenziano la discontinuità storica. Le considerazioni di Lèvy sull’intelligenza collettiva offrono l’occasione per rilevare elementi problematici di criticità. Lèvy prospetta modalità di emancipazione soggettiva all’interno dello spazio collettivo del sapere. Questo spazio antropologico subentra a quello definito dalla centralità della merce e del mercato e a quello configurato dalla società dello spettacolo à La Debord, uno spazio in cui la sfera dell’informazione ha già assunto un principe di consistenza senza essersi resa autonoma. Il cyber spazio è fondamentale per creare soggettività (ad es. grazie alle piattaforme social possiamo avere una soggettività, a differenza dello spettacolo nella quale non possiamo farne parte perché la realtà mediata è lontana. Il soggetto-oggetto del nuovo Spazio del sapere indica una dinamica collettiva di individuazione. La discontinuità epocale definita da Lèvy evidenzia una modalità di autorappresentazione messa in luce da Norbert Elias come una tendenza del tutto fuorviante nelle analisi sociali, e cioè la tendenza di coloro che postulano entità sociali o collettive superindividuali, attribuendo alle dinamiche dei rapporti umani una sostanza propria. Possono concepire la società soltanto come qualcosa che supera l’individuo. La nozione di collettività che sottende l’elaborazione di Lèvy presenta un’ambiguità di fondo nel momento in cui il carattere collettivo della nuova soggettività è concepito sullo sfondo trascendentale dell’interazione tecnologica. Anche analisi condotte da Castells profilano la nascita di un “soggetto interattivo” che, se non realizza compiutamente le istanze utopistiche e libertarie che hanno accompagnato l'avvento delle tecnologie informatiche, è almeno caratterizzato dalla capacità-possibilità di scelta, in un ambiente di "differenziazione sociale e culturale diffusa”. Le nuove tecnologie della comunicazione sanciscono il passaggio al di là della "galassia McLuhan"..verso la "galassia Internet", favorendo la formazione di comunità virtuali che si sviluppano a partire dall'individuo e la costituzione di reti sociali. Per Castells questa configurazione, culturale e tecnologica, si muove verso una privatizzazione della socialità che ribadisce la centralità degli individui nelle dinamiche di aggregazione sociale in rete. L’apparente estensione percettiva operata dal mezzo di comunicazione richiede in qualche modo alla fantasia di rendere i soggetti coscienti della mancata corrispondenza del proprio campo percettivo con il proprio spazio morale. Sviluppo morale della fantasia -> tentativo di vincere il dislivello, di adeguare la capacità e l’elasticità della nostra immaginazione e del nostro sentire alle dimensioni dei nostri prodotti e alla dismisura di ciò che possiamo perpetrare. Lippmann osservava come il ruolo del mentale assolva funzioni sostitutive dell’esperienza indiretta. L’esperienza mediale interviene nella formazione di immagini mentali e stereotipi che forniscono i modelli interpretativi della realtà individuale e sociale. La riattivazione della fantasia consentirebbe al soggetto di raggiungere i propri oggetti. Come facoltà estensiva della coscienza temporale rivolta al futuro, la fantasia dispone il soggetto a un atteggiamento di rilevanza morale nella misura in cui opera in una direzione contraria alla contrazione spazio-temporale indotta dai mezzi di comunicazione e destinata all’incremento dal loro potenziamento tecnologico. L’immaginazione consente un’esperienza mediata dal soggetto che lo pone oltre ai limiti imposti dalla percezione, e ciò è possibile in rapporto alla funzione decisiva della previsione nei processi di apprendimento (che risulta supportato da elementi sostitutivi dell’esperienza mediata su cui l’attività immaginativa lavora attivando diverse forme di distanziamento dall’orizzonte percettivo in vista della comprensione. La rappresentazione e pre- comprensione mentale di situazioni future conferma la connotazione morale che Anders attribuisce ad esso, evidenzia il rapporto con la comprensione ed elaborazione dell’esperienza da parte del soggetto con particolare importanza per l’esperienza mediale. La previsione diventa un effettivo dispositivo critico che pone al centro l’attore. Le implicazioni sociali e antropologiche di queste considerazioni acquisiscono maggiore comprensibilità se confrontate con funzione centrale della fantasia nel quando gnoseologico di Adorno e con il suo ruolo nel contrastare il pensiero abbreviato. L’immediatezza e la simultaneità delle informazioni date dall’esposizione mediatica influiscono sulla nostra capacità di pensiero, e si presentano come “strada più breve” per il lavoro mentale (es. si fa affidamento ai motori di ricerca). La critica adorniana del positivismo logico è rivolta a un pensiero che intende obbligare la parola all’esattezza letterale. Una riduzione della distanza del pensiero della realtà. Turkle osservava come i risultati raggiunti dalle tecnologie della comunicazione avessero realizzato a posteriori e tradotto nella prassi le utopie della “comprensione trasparente” e in seguito le intuizioni filosofiche della post-modernità. Si può individuare come entrambe le fasi abbiano raggiunto una sintesi estrema nella semplificazione e brevità dei contenuti. Il ricorso alla fantasia consente di attivare dispositivi di distanziamento. Le analisi critiche della società di massa risultano tuttora efficaci nell’indicare i rischi di modalità esperienziali in cui l’immediatezza si aggiunge alla riflessione. La fruizione mediale inibisce l’elaborazione dell’esperienza quanto più l’indebolimento dei legami sociali. Le occasioni di pseudopersonalizzazione si inseriscono ad un approccio dei media che trasforma conoscenze e relazioni in informazioni. Il lavoro della fantasia (momento di distanza critica dall’ordinamento vigente del reale) configura una conoscenza che garantisce una maggiore prossimità agli oggetti e un rapporto soggetto-oggetto in grado di dar luogo a una conoscenza e a un’esperienza effettive. La configurazione della conoscenza implica l’atto conoscitivo di un soggetto qualitativo contrapposto a quello alienato dal dominio tecno-capitalista. Estendere il pensiero oltre la letteralità significa dare la possibilità di comprendere una realtà falsamente semplificata. L’eccedenza del reale diventa il negativo non solo dell’oggetto ma anche del soggetto che nel rapporto dialettico con il reale valica i confini dell’individualità a cui è legato e rimandato da una non conoscenza del mondo. Il “non separarsi interamente dell’arte” rinvia a un’estensione del pensiero e dell’esperienza, trasformando la comunicazione nell’auto rispecchiamento. Il depotenziamento delle funzioni soggettive si risolve nella sostanziale riduzione del suo spazio morale. Il riferimento all’arte può essere concepito come indicazione di metodo per il recupero della differenza che si sottrae all’omologazione. Secondo l’uso esteso che fa Morin della nozione elaborata da Kuhn, per cui gli individui conoscono, pensano e agiscono secondo i paradigmi inscritti culturalmente dentro di loro. Il paradigma informazionale costituisce un modello esperienziale. Si tratta di spostare l’asse dal paradigma informazionale nella comunicazione a un paradigma comunicativo che includa l’informazione. È necessaria l’individuazione di modelli alternativi volti a un’effettiva riabilitazione della comunicazione come funzione della soggettività e come pratica relazionale 3°CAPITOLO: PRATICHE DI DISTANZIAMENTO: ARTE E NARRAZIONE L’esperienza artistica può essere vista come una modalità esperienziale capace di fornire occasioni alternative di mediazione. Dove la comunicazione non configura uno spazio creativo di produzione simbolica, valoriale e relazionale e non assolve la sua funzione rappresentativo-riflessiva ma diventa luogo di ripetizione rapida e semplificata di format relazionali, conoscitivi, emozionali e identitari, l'esperienza artistica, in quanto fattore estensivo del campo di esperienza del soggetto, si offre quale paradigma specificatamente alternativo a quello informativo-comunicazionale con implicazioni rilevanti sul piano dell'etica. La fantasia, l’immaginazione, sono facoltà necessarie per l’espletamento delle funzioni che consentono al soggetto di spingere il proprio pensiero al di là dei confini dell’esperienza individuale ponendolo in una disposizione morale simile a quella “doppia estasi” che Morin riconduce al rapporto tra l’esperienza artistico-letteraria, “il riconoscimento del sé e la scoperta di una verità esterna a noi che si accoppia alla nostra, la incorpora e diventa la nostra verità”. Il riferimento all’arte va compreso come funzionale all’individuazione di un “fuori” da una totalità sistemica e all’individuazione di alternative a tale realtà. Il doppio rispecchiamento in atto nei processi comunicativi investe sia la comunicazione sia l’individuo. La dimensione comunicativa si presenta come luogo di produzione e riproduzione dell’identità e riproduzione dell’identico. La Teoria estetica presenta sviluppi che interessano la relazione soggetto-oggetto con esplicito riferimento alla dimensione comunicativa, in cui l’arte offre una modalità nuova del reale che instaura una relazione tra i contenuti empirici che Adorno definisce in termini di comunicazione. Contro il pensiero abbreviato dagli escamotages sistemici del dominio tardocapitalista e dei suoi media, l’arte si presta a un’esperienza estesa che dilata la distanza del pensiero dalla falsa fatticità cui il soggetto riconduce la realtà -> non si limita al concreto ma si estende all’astratto. Adorno può affermare che la comunicazione delle opere d’arte con l’esterno, col mondo, davanti a cui, felici o infelici, si chiudono, avviene mediante la non comunicazione. Il movimento dell’arte è inverso a quello della pseudo comunicazione. L’identità dell’opera toglie l’oggetto all’identità con il soggetto e gli restituisce oggettività. Il momento conoscitivo dell’arte coincide con lo smascheramento degli elementi falsificanti della realtà empirica. L’arte ripristina quella relazione con l’alterità che l’identità non vuole. Il momento comunicativo dell’arte, il momento estetico-formale e quello conoscitivo convergono nella relazione con la non-identità secondo un modello gnoseologico che ritorna all’immagine della costellazione. L’autonomia dell’opera riabilita proprio la comunicazione nella relazione con l’alterità, nella restituzione alla soggettività dell’oggetto. Nell’arte l’oggetto è restituito alla sua oggettività in quanto liberato dal dominio soggettivo e sociale. La teoria dell’arte elaborata da Adorno: se l’arte mobilita la tecnica nella linea di tendenza opposta a quella su cui la tecnica viene messa dal dominio, l’arte restituisce anche il soggetto alla propria soggettività ponendo così le premesse per un’esperienza non reificata aperta alla relazione con l’oggetto con cui questa riabilitazione della soggettività consente quell’estensione e riabilitazione dell’esperienza che si pone ad essa stessa la premessa di un’esperienza intersoggettiva ed etica. Tale premessa procede dall’estensione dell’esperienza al di là dell’identico, dell’identificazione dell’oggetto da parte del soggetto e al di là della riproduzione identitaria. Il potenziale critico dell’arte opera come correttivo critico e perciò conoscitivo di una conoscenza falsificata dal dominio sistemico. Riemerge allora la concezione generale cui rimandano il modello della costellazione, la critica del positivismo logico, la funzione conoscitiva ed etico-pratica della fantasia sul piano gnoseologico e quello della critica sociale. In un contesto socio-culturale come quello attuale, sono necessari la concettualità e la narrazione alternativi a quelli forniti dal sistema mediale. Si ha bisogno di una riabilitazione della soggettività per un agire intenzionalmente etico. Adorno si occupa di Arte e Diamond di letteratura. Diamond considera l’esperienza etica come qualcosa che chiama in causa l’esperienza letteraria in funzione critica di una concezione etica. Avere a che fare con la narrazione letteraria significa instaurare una relazione che consente il riconoscimento e la comprensione del sé mediante la sollecitazione di una risposta del lettore. Il riferimento al rapporto analogico di esperienze e il riferimento alla sua comprensione immaginativa possono essere concepiti in una prospettiva di superamento dei limiti imposti dal rispecchiamento individuale-individualistico nelle diverse forme di pseudo comunicazione. L’immaginazione si sottrae alla sua reificazione del suo dispositivo identitario. La narrazione è uno stile comunicativo opportuno in un contesto sociale complesso e tecnologicamente mediato. Un ruolo importante è proprio quello delle pseudonarrazioni, del racconto in quanto produzione e riproduzione mediale di identità individuali o collettive che prescindono dal legame sociale o ne suppliscono alla necessità. Nussbaum fa riferimento a una sensibilità simpatetica e a una immaginazione empatizzante, che permettono quelle pratiche esplorative dell’alterità capaci di disporre gli individui alla comprensione di sé ponendo le basi per un sentire comune. Per una cittadinanza globale è fondamentale l’immaginazione narrativa. La narrazione ha la capacità di svilupparsi ancora dopo molto tempo e non costituisce una modalità comunicativa non riducibile all’informazione. Raffaele Simone nota come le modalità espressive ed esperienziali delle nuove tecnologie si contrappongano a quelle predigitali, compromettendo la pratica e lo stesso interesse nei confronti della narrazione. Nel lavoro narrativo, il soggetto è sempre oltre gli oggetti della narrazione e calato nella loro esperienza. Il tempo presente sente il peso della sua presentificazione, la sua compressione spazio-temporale. La distinzione tra la storia e le storie e il modo in cui queste popolano le narrazioni mediatiche, si rende necessario considerare la percezione storica come premessa per una prassi inibita dall’isolamento individuale e identitario e da una configurazione tecno-mediale che lo alimenta. Adorno ascrive la reificazione della fantasia alla sua separazione dell’ambito dei fatti. Le implicazioni di tale reificazione sul piano della comprensione storica possono essere considerate alla luce della dicotomia tra fatto e fantasia che per White è all’origine della difficoltà di rintracciare la componente di significato implicata dalla stessa nozione di storicità.
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