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Sintesi parziale procedura civile, Schemi e mappe concettuali di Diritto Processuale Civile

Sintesi dei seguenti argomenti di diritto processuale civile: appello, cassazione, revocazione, opposizione di terzo, processo esecutivo, espropriazione forzata

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

Caricato il 20/06/2023

giorgio_de_mauro
giorgio_de_mauro 🇮🇹

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Scarica Sintesi parziale procedura civile e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! CAPITOLO XIX – L’APPELLO 1. L’introduzione L’appello costituisce un secondo grado di merito avente ad oggetto l’impugnazione di sentenze 1o grado. ART. 359 c.p.c.: nei procedimenti di appello si osservano in quanto compatibili le norme applicabili al procedimento di primo grado. Sentenze in unico grado: il principio del doppio grado di giudizio di merito non ha copertura costituzionale (Corte Cost. 410/2007), mentre vi è sempre la irrinunciabilità del ricorso per cassazione per violazione di legge avverso sentenze e tutti i provvedimenti decisori e definitivi. 2. Le sentenze appellabili e il giudice d’appello ART. 339 c.p.c.: l’appello può essere escluso dalla legge (es. sentenza che decide opposizione ad atti esecutivi - art. 618 c.p.c., sentenze in materia di protezione di dati personali) o dall’accordo delle parti. Sono inappellabili le sentenze pronunciate dal giudice secondo equità concordata (su richiesta delle parti – art. 114 c.p.c.). Le sentenze pronunciate secondo equità necessaria, cioè previste dalla legge ( ad es. di competenza del giudice di pace il cui valore non eccede 2.500 €), sono appellabili esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia. È un appello a critica vincolata volto ad ottenere un controllo sulla validità della sentenza impugnata, che non produce il tipico effetto sostitutivo. Giudice 1o grado: giudice di pace → 2o grado: tribunale. Giudice 1o grado: tribunale → 2o grado: corte d’appello nella cui circoscrizione ha sede il giudice 1o grado. 3. La natura del giudizio di appello. Effetto devolutivo ed effetto sostitutivo 1) effetto devolutivo: trasferimento della causa dal giudice di 1o a quello di appello; questo non è totale, ovverosia la devoluzione non è automatica e piena, bensì limitata da taluni principi generali delle impugnazioni (ART. 329, comma 2, acquiescenza parziale o tacita qualificata) e da talune regole specifiche, quali l’ART. 342 c.p.c. che prescrive la l’elencazione di motivi specifici e l’ART. 346 c.p.c. che sancisce l’onere di riproporre domande ed eccezioni non accolte. 2) effetto sostitutivo: attitudine della sentenza di 2o grado di sostituirsi a quella impugnata, anche quando ne conferma i contenuti. Eccezioni: quando annulla la sentenza impugnata rinviando al giudice di 1o grado per una nuova decisione nel merito. 4. Forma dell’appello principale ed incidentale. La costituzione dell’appellante e dell’appellato Atto introduttivo nel rito ordinario di cognizione è la citazione (art. 342 c.p.c. e art. 163-bis, tra giorno della citazione e quello della prima udienza devono intercorrere termini non minori di 90 gg se notifica in Italia, 150 gg se all’estero. L’appello deve essere motivato a pena di inammissibilità, indicando: le parti del provvedimento appellate, le circostanze da cui deriva la violazione di legge e la loro rilevanza ai fini della decisione impegnata. La l. 134/2012 ha irrigidito le formalità dell’impugnazione prescrivendo i motivi specifici, pur non rendendola una impugnazione a critica vincolata. La giurisprudenza difatti riteneva già da tempo la carenza di motivi specifici tale da determinare l’inammissibilità dell’impugnazione (anche incidentale). Vieppiù, tale inammissibilità impedisce all’appello di essere riproposto anche se non è decorso il termine fissato dalla legge (ART. 358 c.p.c.), L’appellato si costituisce con comparsa di risposta; l’appello incidentale, ex artt. 166 e 167 c.p.c., va inserito a pena di decadenza nella comparsa di risposta; se invece sorge da un’impugnazione proposta da altra parte diversa dall’appellante principale si propone nella prima udienza successiva. L’appello incidentale, che a differenza di quello principale può essere tartivo (art. 334 c.p.c.) ha ad oggetto domande rigettate in primo grado, mentre la riproposizione ha ad oggetto domande non accolte. Notificato l’atto di appello, la causa si iscrive al ruolo su iniziativa dell’appellante che deve inserire nel proprio fascicolo anche una copia della sentenza appellata. Se l’appellante non si costituisce nei termini l’appello è dichiarato improcedibile. Vi è un solo caso di contumacia dell’appellante, qualora questi non si sia costituito nei termini ma è proposto appello incidentale nei termini. L’improcedibilità è altresì dichiarata se l’appellante, non comparendo nella prima udienza benché si sia anteriormente costituito, non si presenta alla nuova udienza fissata con ordinanza al termine della prima. 5. La riproposizione di domande ed eccezioni non accolte ART. 342 c.p.c.: è necessario corredare l’impugnazione di motivi specifici – ART. 329 c.p.c.: per tutti i capi di sentenza in cui si è soccombenti non impugnati si intende prestata acquiescenza. ART. 346 c.p.c.: impone l’onere di riproposizione delle domande e delle eccezioni non accolte, dal momento che queste, se non fossero oggetto di riproposizione, sfuggirebbero all’effetto devolutivo e non potrebbero essere riesaminate dal giudice d’appello. Si intendono sia quelle rigettate, sia quelle non esaminate perché assorbite. Di recente, le Sezioni Unite hanno evidenziato una differenza tra eccezioni rigettate perché infondate e quelle non esaminate: solo nel secondo caso è possibile la riproposizione, mentre nel primo è imposta la devoluzione attraverso la proposizione di gravame incidentale, essendo impossibile il rilievo officioso ex art. 345, comma 2, c.p.p. (Cass., S.U., 11799/2017). Domande rigettate → impugnazione principale o incidentale (no riproposizione); mentre la riproposizione opera solo per le domande non accolte in quanto assorbite. Differenza riproposizione/appello incidentale: il secondo è assoggettato ai requisiti dell’ART. 343 c.p.c., la prima no. 6. Intervento in appello E’ consentito solo a coloro che potrebbero proporre opposizione di terzo (art. 404 c.p.c.), atteggiandosi quale strumento di anticipazione del rimedio del terzo avverso la sentenza. Può intervenire il successore nel diritto controverso ex art. 111 c.p.c. 7. Il divieto di domande, eccezioni e prove nuove in appello L’appello è inteso dal codice come strumento chiuso, finalizzato al riesame della materia del contendere ma difficilmente capace do accogliere novità → ART. 345 c.p.c.: non sono ammissibili domande, eccezioni, prove nuove. L’articolo prevede talune deroghe. 1) Domande: se ritenute inammissibili perché nuove, possono essere riproposte in un nuovo giudizio. Sono ammissibili le domande consequenziali, il cui titolo è cioè dipendente dalla decisione di primo grado, che per ragioni di economia processuale (es. interessi, frutti, risarcimento dei danni); per essere consequenziali è necessario che siano maturati nel periodo anteriore alla sentenza di primo grado e domandate in quella sede. La domanda nuova inammissibile è comunque idonea, secondo le S.U., ad interrompere la prescrizione del diritto di credito. 2) Eccezioni: possono proporsi nuove eccezioni se rilevabili anche d’ufficio. 3) Prove: l’appello non è la sede per lo svolgimento di attività istruttoria, né per dare ingresso a prove precostituite (documenti), a meno che non si tratti di prove che la parte non ha potuto proporre o produrre per causa ad essa non imputabile (si tratta di una rimessione in termini), o non si tratti di giuramento decisorio (sempre deferibile). La l. 134/2012 ha escluso tra le deroghe le prove cc.dd. “indispensabili”, nella prospettiva di ridurre ulteriormente l’ambito dei nova nell’appello (queste sono tuttora possibili nel rito lavoro). 8. Il cd. Filtro in appello L’impugnazione è dichiarata altresì inammissibile quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta (ART. 348-bis c.p.c.), esprimendo dunque un sindacato sul merito della causa, nascondendo un giudizio di infondatezza. Il controllo non si applica se è obbligatorio intervento del pm e nel procedimento sommario di cognizione (ART. 348-bis, comma 2, c.p.c.). L’inammissibilità è resa con ordinanza nella prima udienza; secondo le S.U., n.1914/2016 tale ordinanza è l’argomentazione logico-giuridica del giudice. La motivazione si ritiene omessa quando non consente di ricostruire il ragionamento logico, non quando manca graficamente (vizio che comporterebbe la nullità n. 4). La Cassazione ha specificato che rientrano in questo vizio: la motivazione omessa o apparente, perplessa o incomprensibile, e la contraddittorietà manifesta e irriducibile. 4. L’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c. Articolo introdotto dalla l. 69/2009; il ricorso è dichiarato inammissibile: 1) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non può mutare l’orientamento (rafforzando il valore “persuasivo” della giurisprudenza degli Ermellini). L’orientamento della Cassazione tuttavia fa intendere che dietro questo controllo sia sotteso un sindacato sul merito, tant’è che il ricorso andrebbe rigettato perché manifestamente infondato (Cass. 19051/2010). 2) quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo; vi sono diverse interpretazioni: - linea meno rigida: la norma estende le nullità processuali, includendovi i vizi che implicano la violazione dei principi del giusto processo (la Cassazione critica tale impostazione); - linea intermedia: la norma è da leggere come un nulla di fatto; tutte le nullità processuali rientrano nella categoria dei principi regolatori del giusto processo; - linea rigida: la norma limita l’ammissibilità ai soli ricorsi che denuncino la violazione di uno dei principi del giusto processo. Il controllo sull’inammissibilità si svolge in camera di consiglio con un vaglio preliminare affidato ad una apposita sezione. 5. L’enunciazione del principio di diritto nell’interesse della legge Funzione nomofilattica → ART. 363 c.p.c.: enunciazione del principio di diritto nell’interesse della legge: a) quando è stato proposto un ricorso oltre il termine; b) parti hanno rinunciato al ricorso; c) è stato impugnato un provvedimento non impugnabile → ricorso inammissibile; tuttavia il Procuratore generale può richiedere l’enunciazione del principio di diritto affinché possa valere quale “precedente” nella giurisprudenza di legittimità, pur non avendo effetto sul provvedimento del giudice di merito. Se di particolare importanza → il Procuratore generale o anche la stessa Corte può disporre che pronunci la Corte a Sezioni Unite. 6. Ricorso, controricorso e ricorso incidentale Il ricorso deve essere sottoscritto a pena di inammissibilità da un avvocato iscritto in un apposito albo e munito di procura speciale; deve contenere gli elementi dell’art. 366 c.p.c.. Le notificazioni possono essere effettuate presso la cancelleria della Corte ed è possibile utilizzare mezzi telematici o il fax. Va prima notificato alla controparte e successivamente depositato in cancelleria a pena di improcedibilità entro 20 gg dall’ultima notificazione alle parti. Vanno depositati: il decreto di concessione del gratuito patrocinio, copia autentica della sentenza/decisione impugnata, procura speciale (se con atto separato), atti processuali, documenti. Il ricorrente deve richiedere alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata la trasmissione del fascicolo d’ufficio. ART. 370 c.p.c. → controricorso: è effettuato dalla parte contro la quale è diretto il ricorso mediante notifica al ricorrente entro 20 gg dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso; le parti possono presentare memorie non oltre 5 gg prima dell’udienza. Se non è notificato alla controparte, la parte resistente può solo partecipare alla discussione orale. Controricorso incidentale: contiene una impugnazione; presupposto è la soccombenza ripartita o parziale o reciproca su alcuni punti della sentenza impugnata. ART. 371 c.p.c. → ricorso proposto dalla parte alla quale è stato notificato il ricorso per integrazione; entro 40 gg dalla notificazione, con atto notificato al ricorrente principale e alle altre parti, - Ricorso incidentale condizionato: ha ad oggetto una soccombenza che determina, in caso di accoglimento del ricorso principale, una soccombenza “virtuale” (ricorso della parte totalmente vittoriosa in grado d’appello); la Corte ammette un condizionamento automatico a prescindere dalla posizione della parte. Il destinatario del ricorso incidentale può resistere notificando un controricorso. Se la Corte ha assegnato un termine perentorio per l’integrazione del contraddittorio → l’atto deve essere depositato nella cancelleria della Corte entro 20 gg dalla scadenza del termine assegnato. Vige la regola dell’inammissibilità della prova costituenda (regola della prova documentale). 7. La sospensione dell’esecuzione della sentenza L’impugnazione può accompagnarsi con la richiesta di sospensione dell’esecuzione su istanza di parte. Presupposto: dall’esecuzione della sentenza derivi un grave e irreparabile danno; la giurisprudenza lo ha interpretato come una condizione analoga a quella che giustifica la sospensione nelle controversie di lavoro per crediti a favore del lavoratore (Art. 431. comma 3 c.p.c.: “gravissimo danno”) e più severa di quella che giustifica sospensione di sentenza impugnata (Art. 283 c.p.c. “gravi e fondati motivi”; questa dicitura comporta un potere discrezionale del giudice più ampio – Cass. 4060/2005). Si può sospendere sia l’esecuzione, che l’efficacia esecutiva (Cass. 9360/2008). La sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnabile in Cassazione si richiede al giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (ART. 373, comma 2), per non gravare la Corte Suprema di un compito più consono ad un giudice del merito. Proposto il ricorso, il giudice competente ordina la comparizione delle parti innanzi a sé o al collegio in camera di consiglio con decreto in calce al ricorso e, n caso di eccezionale urgenza, può disporre con lo stesso decreto l’immediata sospensione dell’esecuzione (ART. 373, comma 2). 8. I procedimenti e le forme della decisione. Sezioni unite e sezioni semplici 1) La Corte pronuncia con ordinanza nella composizione a sezione semplice (composizione di 5 membri, tra cui il presidente e 4 componenti) a seguito di una camera di consiglio non partecipata; la pronuncia può essere resa in udienza pubblica quando sia opportuno in virtù della particolare rilevanza della questione. 2) La Corte pronuncia a sezioni unite quando decide questioni di giurisdizione (ART. 360, comma 1)ovvero conflitti di attribuzione (ART. 362 c.p.c., se sulla questione di giurisdizione si sono già pronunciate le ss. uu. il ricorso può essere assegnato alle sezioni semplici, a meno che non si tratti di impugnazioni di sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti) e, su disposizione del primo presidente, su ricorsi che presentano una questione di diritto decisa in senso difforme dalle sezioni semplici o questioni di massima di particolare importanza (ART. 374 c.p.c.). La sezione semplice che non condivide il principio enunciato dalle sezioni unite rimette a queste ultime la decisione del ricorso con ordinanza motivata (ART. 374, comma 4). 9. Procedimento in camera di consiglio ed in pubblica udienza 1) Procedimento in camera di consiglio → ordinanza (sia sezioni semplici che ss. uu.): - inammissibilità del ricorso principale e incidentale per mancanza dei motivi ex ART. 360 c.p.c.; procedimento descritto dall’art. 380-bis: nelle ipotesi dell’art. 375, n. 1) e 5), il presidente fissa con decreto l’adunanza della Corte se è ravvisata ipotesi di inammissibilità. Il decreto è notificato agli avvocati delle parti almeno 20 gg prima della data dell’adunanza, che possono presentare memorie non oltre 5 gg prima. Se non ricorrono le ipotesi dell’art. 375, la Corte rimette la causa alla pubblica udienza della sezione semplice. Art. 380-bis 1 → procedimento semplificato dinanzi alla sezione semplice: si dà comunicazione alle parti almeno 40 gg prima della data di fissazione della camera di consiglio, il p.m. può depositare conclusioni scritte almeno 20 gg prima, i difensori delle parti almeno 10 gg prima. All’adunanza non partecipano né le parti, né il p.m. - istanze di regolamento di competenza e giurisdizione; - accoglimento o rigetto per manifesta fondatezza o infondatezza. D. L. 168/2016 ha introdotto l’art. 375 u. c. c.p.c. stabilendo questo procedimento operi in tutti i casi, salvo che non si tratti di questioni di diritto di particolare rilevanza. 2) Procedimento in pubblica udienza: primo presidente fissa l’udienza o l’adunanza della camera di consiglio e nomina il relatore per i ricorsi assegnati alle ss. uu.; dell’udienza è data comunicazione agli avvocati almeno 20 gg prima; il primo presidente, il presidente della sezione semplice o della sezione di cui all’art. 376, comma 1, dispone l’integrazione del contraddittorio o dispone che sia eseguita la notificazione dell’impugnazione. All’udienza il relatore riferisce i fatti rilevanti per la decisione del ricorso, il contenuto del provvedimento impugnato, i motivi del ricorso e del controricorso; il presidente invita il p.m. a esporre le conclusioni motivate e le parti a svolgere le difese; non sono ammesse repliche. La Corte delibera la sentenza nella stessa seduta in camera di consiglio. 10. Gli esiti del giudizio. Cassazione con rinvio e senza rinvio. Deliberata la sentenza si aprono diversi scenari: a) rigetto del ricorso: perché la Corte lo ritiene infondato → sentenza passa in giudicato; ipotesi particolare: il dispositivo è conforme a diritto, ma la sentenza è erroneamente motivata → la Corte corregge la motivazione rigettando il ricorso (espressione della funzione nomofilattica). b) accoglimento del ricorso → la Corte cassa la sentenza, ritenendo fondati i motivi di doglianza: - con rinvio: annullamento della sentenza, senza sostituzione della pronuncia del merito (momento rescindente); il momento rescissorio i svolge dinanzi ad un altro giudice (giudice del rinvio) di grado pari a quello che ha pronunciato la sentenza impugnata; il processo prosegue dinanzi a quest’ultimo mediante riassunzione su istanza di parte. Se il ricorso è per saltum, la causa può essere rinviata al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull’appello, ma se riscontra una nullità del giudizio per cui il giudice d’appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo grado, la rinvia a quest’ultimo. La Corte è tenuta ad enunciare il principio di diritto (regola giuridica da applicare al caso di specie e regola iuris destinata a valere quale principio generale per la corretta interpretazione e applicazione del diritto) al quale il giudice deve uniformarsi. Si può avere sia in caso di accoglimento, sia di rigetto. - senza rinvio: annullamento della sentenza senza rinvio, o poiché non è necessario svolgere la fase sostituiva (fase rescindente senza fase rescissoria: es. difetto assoluto di giurisdizione, improponibilità della domanda), o perché inutile che questa si svolga dinanzi al giudice del rinvio (fase rescindente e rescissoria dinanzi alla Corte), la cd. Cassazione sostitutiva, atipica per la natura del giudizio di legittimità (solo nei casi in cui non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto). Sia nei casi di accoglimento con rinvio, che senza rinvio, il ricorrente può richiedere la ricostituzione dello status a quo rispetto alla pronuncia della sentenza impugnata (ART. 389 c.p.c.). c) inammissibilità o improcedibilità del ricorso → (ART. 397 c.p.c.); d) rinuncia al ricorso: è possibile l’estinzione del giudizio per rinuncia (non per inattività, in quanto procedimento proseguibile d’ufficio): si può rinunciare finché non sia cominciata la relazione all’udienza o sino alla data dell’adunanza camerale, o finché non siano state notificate le conclusioni scritte del p.m. Deve presentarsi con atto sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato o anche solo da questo (procura speciale); deve essere notificato alle parti costituite o comunicato agli avvocati. La Corte provvede con ordinanza in camera di consiglio, salvo che debba decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento in udienza pubblica (se non è stata fissata data d’udienza, provvede il presidente con decreto); sia la sentenza, che l’ordinanza, che il decreto, che dichiara l’estinzione può condannare la parte alle spese. Il regime di queste ultime varia: - rigetto → condanna al ricorrente; - accoglimento senza rinvio → provvede sulle spese di tutti i precedenti giudizi, liquidando essa stesa o rimettendo la liquidazione al giudice che ha pronunciato la sentenza; - accoglimento con rinvio → può provvedere sulle spese del giudizio di cassazione o rimettere al giudice di rinvio. 11. I rimedi avverso la sentenza di cassazione La sentenza della Cassazione di regola non è sottoponibile ad altro mezzo di impugnazione. Sono esperibili tuttavia taluni rimedi: a) Correzione degli errori materiali → sentenza o ordinanza affetta da errore materiale o di calcolo ai sensi dell’ART. 365 c.p.c. ss. Può essere chiesta e rilevata d’ufficio dalla Corte in qualsiasi momento. Pronuncia con ordinanza nell’osservanza delle disposizioni dell’art. 380-bis. b) Revocazione ordinaria → avverso la sentenza o l’ordinanza affetta da errore di fatto ex ART. 395 c.p.c. n. 4) con ricorso dell’art. 365 e seguenti. Può essere richiesta entro un termine perentorio di 60 gg dalla notificazione ovvero 6 mesi dalla pubblicazione del provvedimento; revocazione straordinaria → per i motivi 2, 3, e 6 ART. 395 c.p.c. La Corte cost. ha dichiarato l’incostituzionalità dell’ART. 391-bis nella parte in cui non prevede l’esperibilità della revocazione per errore di fatto per le ordinanze della Corte ex art. 375, comma 1 c.p.c. c) Opposizione di terzo → quando la Corte ha deciso la causa nel merito. Sia l’opposizione di 3o che la revocazione si propongono alla stessa Corte e devono contenere gli elementi degli artt. 398, commi 2 e 3, e 405, comma 2 c.p.c. collusione con la relativa prova. In pendenza di opposizione di terzo, l’esecuzione o l’efficacia esecutiva possono essere sospese alle condizioni dell’art. 373 c.p.c.; la competenza spetta al giudice dell’opposizione. CAPITOLO XXIII – IL PROCESSO ESECUTIVO 1. La tutela esecutiva e le sue diverse forme Il processo esecutivo costituisce quella forma di tutela giurisdizionale volta all’adempimento coattivo dei diritti qualora l’obbligato non vi provveda spontaneamente (tutela esecutiva). La tutela esecutiva ha copertura costituzionale → art. 24 cost.: ha portata generale e va oltre la tutela giurisdizionale volta all’accertamento dei diritti, comprendendo sia quella cautelare, che quella esecutiva. Si distinguono diversi tipi di esecuzione forzata: - ESECUZIONE DIRETTA: si utilizza quando l’attività dell’ufficio esecutivo può sostituirsi a quella dell’obbligato inadempiente; è utilizzabile per le prestazioni fungibili. Si distinguono diverse forme: 1) Esecuzione in forma generica o espropriazione forzata → soddisfazione dei crediti. Processo esecutivo più complesso, che si fonda sul principio della garanzia patrimoniale generica del debitore. Il creditore, qualora il debitore non adempia spontaneamente, può aggredire il suo patrimonio. L’espropriazione forzata si divide in diverse fasi: - individuazione dei beni del debitore con cui è chiamato a rispondere del proprio debito (pignoramento); - trasformazione dei beni pignorati in somme di denaro attraverso la loro vendita; - distribuzione della somma ricavata al creditore (soddisfazione del credito). 2) Esecuzione in forma specifica: per consegna o rilascio (consegna di beni mobili) o esecuzione forzata di obblighi di fare o non fare. Nell’esecuzione in forma specifica viene coinvolto il diritto oggetto della tutela esecutiva (di consegna o dell’adempimento). - ESECUZIONE INDIRETTA: si impone quando oggetto dell’obbligazione è una prestazione infungibile (prestazione che solo l’obbligato può realizzare); sono poste a carico dell’obbligato delle misure coercitive tali da indurlo ad adempiere: le misure possono essere civili (pagamento di una somma di denaro) ovvero penali (qualora la persistenza dell’inadempimento configuri una fattispecie criminosa). 2. Il titolo esecutivo E’ il presupposto necessario per accedere alla tutela esecutiva; attraverso di esso si ottiene il diritto processuale alla tutela esecutiva, distinto da quello sostanziale per cui si procede. Il titolo esecutivo deve permanere per tutta la durata della procedura (se viene meno, viene meno l’esecuzione). ART. 474 c.p.c. → il diritto consacrato nel titolo deve essere: a) certo: identificato nei suoi caratteri (es.: consegna di beni individuati con certezza); b) liquido: requisito che contraddistingue i diritti aventi ad oggetto pagamento di somme di denaro o consegna di cose fungibili (determinato o determinabile il quantum); c) esigibile: non deve essere sottoposto né a termine né a condizione sospensiva (es. titolo subordinato al versamento di una cauzione). L’elenco dei titoli esecutivi è tassativo (solo taluni documenti previsti dalla legge); molti di questi sono contemplati da leggi speciali, il c.p.c. li divide in → ART. 474, comma 2: 1) Di formazione giudiziale: le sentenze (di condanna), i provvedimenti (ordinanze o decreti) e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva (verbale di conciliazione giudiziale – art. 185 c.p.c.: questo tuttavia non costituisce un provvedimento del giudice, poiché egli si limita a certificare la volontà delle parti, destando pertanto all’inizio un contrasto interpretativo, superato dall’articolo attuale così come novellato nel 2006). 2) Di formazione stragiudiziale: le scritture private autenticate, relativamente a somme di denaro, le cambiali, nonché gli altri titoli di credito ai quali la legge attribuisce tale efficacia. Gli atti ricevuti da notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli. 3. La spedizione in forma esecutiva e l’efficacia soggettiva del titolo Il titolo esecutivo nelle scritture private non autenticate e nei titoli di credito è rappresentato dall’ originale dell’atto. Per i titoli giudiziali e per gli attivi ricevuti da notaio e pubblici ufficiali il documento valido è una copia di esso al quale sia stata apposta la formula esecutiva, che consiste in un’intestazione e nell’apposizione della formula riportata dall’ART. 475 c.p.c. Non è consentita l’apposizione della formula esecutiva in una pluralità di copie nei confronti della stessa parte, salva sussistenza di giusto motivo; le ulteriori copie sono richieste dalla parte interessata in caso di provvedimento con ricorso al capo dell’ufficio che l’ha pronunciato e, negli altri casi, al presidente del tribunale (ART. 476). Efficacia soggettiva → ART. 475, comma 2: il titolo esecutivo è spendibile non solo dall’avente diritto, ma anche dai suoi successori; lato passivo → ART. 477, comma 1: ha efficacia contro gli eredi (disposizione interpretata estensivamente, può essere utilizzato contro tutti gli aventi causa – Cass- 14165/2009). La spendibilità del titolo a favore e contro gli aventi causa avviene sulla base della sola affermazione (i successori non sono tenuti a dare prova del rapporto successorio, né il titolo può valere nei confronti degli eredi sulla base della dimostrazione del rapporto successorio). Contestazione → opposizione all’esecuzione. 4. Gli atti preliminari all’esecuzione. La notificazione del titolo esecutivo e del precetto Atti preliminari all’esecuzione forzata: notificazione del titolo esecutivo e del precetto (ART. 479 c.p.c.). Precetto: intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal titolo entro un termine dilatorio non minore di 10 gg con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà all’esecuzione forzata. Il termine opera salva l’autorizzazione del presidente del tribunale dell’art. 482 all’esecuzione immediata, con o senza cauzione. Il precetto deve indicare: le parti, la data di notificazione del titolo o la trascrizione del titolo (quando richiesta dalla legge: in questo caso, l’ufficiale giudiziario, prima della notificazione, certifica la corrispondenza tra il titolo e quanto trascritto). Può anche contenere la dichiarazione di residenza o l’elezione di un domicilio; in mancanza, le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice competente per l’esecuzione e le notificazioni si effettuano presso la cancelleria. La parte personalmente dovrà poi notificare anche il titolo in forma esecutiva. 5. La competenza del giudice dell’esecuzione, forma degli atti e poteri delle parti - Competenza in senso verticale: al tribunale (espropriazione beni immobili, crediti, esecuzione per consegna e rilascio di cose, obblighi di fare/non fare); l’art. 15-bis c.p.c. prevede la competenza in senso verticale del giudice di pace per l’espropriazione forzata di cose mobili. - Competenza in senso orizzontale (ART. 26 c.p.c.): cose mobili o immobili → giudice del luogo in cui le cose si trovano; autoveicoli, motoveicoli e rimorchi → giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza/domicilio/dimora; obblighi di fare/non fare → giudice del luogo dove l’obbligo deve essere adempiuto; se debitore è pa dell’art. 413 → giudice del luogo dove il terzo debitore ha residenza/domicilio/dimora; fuori da questi casi → giudice del luogo in cui ha residenza/… il debitore. ART. 28 c.p.c. → tali fori sono inderogabili. Il giudice dell’esecuzione operata mediante ordinanza, modificabile e revocabile dallo stesso giudice finché non abbia avuto esecuzione (si applicano artt. 176 ss., e 186). Ufficiale giudiziario: figura centrale, svolge attività esecutive. Il principio del contraddittorio opera con modalità peculiari nel processo esecutivo → le parti, se lo richiede la legge o lo ritiene necessario il giudice possono essere sentite. Il giudice fissa un’udienza davanti a lui: se le parti non compaiono per cause indipendenti dalla loro volontà, il giudice può fissare nuova udienza. Le domande e le istanze proposte al giudice dell’esecuzione sono proposte oralmente all’udienza e con ricorso da depositare in cancelleria negli altri casi (ART. 486 c.p.c.). CAPITOLO XXIV- L’ESPROPRIAZIONE FORZATA 1. Il pignoramento ART. 491/497 c.p.c. → primo atto dell’esecuzione forzata (eccezione: art. 502). Vi sono diverse forme di espropriazione (1) mobiliare presso il debitore – artt. 513 ss.; 2) presso terzi – artt. 543 ss.; 3) immobiliare – artt. 555 ss.; 4) di beni indivisi – artt. 599 ss.; 5) contro il terzo proprietario – 604 ss.); in ciascuna di esse il pignoramento si svolge con modalità peculiari. ART. 492, comma 1 → il pignoramento consiste in una ingiunzione dell’ufficiale giudiziario volta a creare su i beni pignorati un vincolo affinché questi siano destinati alla soddisfazione del credito. Contenuto: invito al debitore ad effettuare presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione dichiarazione residenza/elezione domicilio, con l’avvertimento che altrimenti le notifiche successive saranno effettuate presso la stessa cancelleria; avvertimento di conversione del pignoramento; avvertimento dell’inammissibilità dell’opposizione depositata successivamente alla disposizione della vendita o dell’assegnazione, salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti o che l’opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile. La legge contempla regole per incentivare e semplificare l’individuazione dei beni pignorati: - se beni appaiono insufficienti per la soddisfazione del credito o la liquidazione di essi appare di manifesta la lunga durata → l’ufficiale giudiziario invita il debitore a indicare ulteriori beni pignorabili e della dichiarazione si redige processo verbale e lo si sottoscrive; - se sono indicate cose mobili, si ritengono pignorate dal momento della dichiarazione → l’ufficiale giudiziario procede alla custodia dei beni oppure trasmette copia del verbale all’ufficiale giudiziario competente qualora il bene si trovi in altro circondario; - se sono indicati crediti o cose mobili in possesso di terzi → il pignoramento si considera perfezionato dal momento della dichiarazione del terzo, il quale è custode della somma o della cosa; - se sondi indicati beni immobili → forma del pignoramento immobiliare. Scritture contabili: utili per l’individuazione dei beni da pignorare se debitore è imprenditore commerciale; in questo caso si segue la procedura delineata dall’ART. 492, comma 8 (da leggere). Per accelerare le attività del processo esecutivo i d. l. 132/2014 e il d. l. 83/2015 hanno previsto la possibilità di procedere telematicamente alla ricerca dei beni da pignorabili su istanza del creditore → ART. 492-bis. Presso ogni giudice competente è costituito un fascicolo per ogni procedimento di espropriazione, in cui vengono inseriti tutti gli atti del giudice, del cancelliere, dell’ufficiale giudiziario e quelli depositati dalle parti (incluso il titolo esecutivo in originale ovvero in copia autentica, su autorizzazione del presidente del tribunale competente o del giudice dell’esecuzione). 2. Le singole modalità di pagamento 1) Pignoramento mobiliare → istanza del creditore; l’ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo, ricerca le cose da pignorare nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti (criterio dell’appartenenza: presunzione di titolarità dei beni nella disponibilità del debitore; in caso di pignoramento di beni non di proprietà del debitore → opposizione di terzo all’esecuzione). I beni possono essere cercati sulla persona del debitore nel rispetto del suo decoro, potendosi avvalere l’ufficiale giudiziario dell’assistenza della forza pubblica in caso di resistenza opposta dal debitore o da terzi. Criterio della disponibilità: sono oggetto di pignoramento i beni nella sua disponibilità, non anche quelli di luoghi a lui appartenenti. ART. 514 → beni assolutamente impignorabili; ART. 515 → beni relativamente pignorabili; ART. 516 → beni pignorabili in particolari circostanze di tempo. Nella scelta l’ufficiale giudiziario individua i beni di più facile e pronta liquidazione, preferendo il denaro contante, gli oggetti preziosi e i titoli di credito. Modalità e tempi del pignoramento → ARTT. 518 e 519. I beni pignorati vengono collocati in un deposito, salvo che l’ufficiale non autorizzi a lasciarli nel luogo dove si trovano, e viene nominato un custode per la conservazione delle cose (non può essere il creditore o il suo coniuge senza il consenso del debitore, né il debitore o i suoi familiari/conviventi senza consenso del creditore). 2) Pignoramento presso terzi → ha ad oggetto crediti del debitore verso terzi o cose del debitore in possesso di terzi. L’atto contiene anche la citazione del debitore a comparire ad un’udienza davanti al giudice del luogo ove il debitore esecutato abbia residenza/domicilio/dimora e l’invito al terzo a comunicare la dichiarazione ex ART. 547 al creditore entro 10 gg a mezzo raccomandata o pec, con l’avvertimento che in caso di mancata dichiarazione, questa dovrà essere resa in apposita udienza, e in assenza anche di questa, il credito pignorato o il bene nel suo possesso saranno considerati non contestati ai fini del procedimento. Se nell’udienza il creditore dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione, il giudice fissa nuova udienza con ordinanza da notificare al terzo almeno 10 gg prima della stessa e, se non compare alla nuova udienza, il credito pignorato o il bene in suo possesso si considerano non contestati. Esito del procedimento → condizionato dal comportamento del terzo nel rendere la dichiarazione. L’ordinanza di assegnazione → impugnabile con opposizione agli atti esecutivi se il terzo dimostra di non - satisfattiva: creditore assegnatario non versa il prezzo, ma ottiene soddisfazione con il trasferimento del diritto sul bene assegnato; - vendita: il creditore paga il prezzo come qualsiasi acquirente, destinato alla distribuzione successiva. L’assegnazione può essere chiesta a vantaggio di uno solo o più creditori e per un valore non inferiore alle spese di esecuzione ed ai crediti aventi diritto a prelazione anteriore a quello dell’offerente. Si fa mediante ordinanza contenente: assegnatario, creditore pignorante, intervenuti, debitore (eventualmente del 3 o proprietario), del bene assegnato e del prezzo di assegnazione. Regole per la scelta tra assegnazione e vendita: 1) devono essere assegnati i crediti di somme esigibili immediatamente o in un termine di 90 gg; 2) possono essere assegnati i titoli di credito e altre cose il cui valore risulta da listino di borsa o mercato; 3) devono essere assegnati – dopo un tentativo di vendita fallito – gli oggetti d’oro e d’argento che non possono essere venduti per un prezzo inferiore a quello intrinseco; 4) possono essere assegnati – dopo un tentativo di vendita – tutti gli altri beni. Proposta l’istanza per assegnazione/vendita, il giudice fissa udienza per l’audizione delle parti, in cui devono proporre, a pena di decadenza e se non siano già decadute, le opposizioni agli atti esecutivi (sbarramento per la proposizione dell’opposizione). Vendita mobiliare (ART. 529 c.p.c.)→ può avvenire: - a mezzo commissionario senza incanto: cioè affidate all’istituto vendite giudiziarie ovvero ad un soggetto specializzato nel settore – ovverosia il commissionario; il giudice fissa il prezzo minimo della vendita e l’importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita (Leggi procedimento dell’ART. 532, commi 2 e 3 c.p.c.); - all’incanto: il giudice fissa giorno, ora, e luogo in cui deve eseguirsi e ne affida l’esecuzione al cancelliere, o all’ufficiale giudiziario o ad un istituto all’uopo autorizzato. Le operazioni di vendita possono essere delegate a un notaio, avvocato o commercialista (questi ultimi iscritti in un particolare registro). Vendita immobiliare → creditore provvede entro 60 gg dal deposito del ricorso ad allegare l’estratto del catasto, i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorato nei 20 anni precedenti (tale documentazione può essere sostituita da certificato notarile); nei 15 gg successivi il giudice nomina l’esperto che presta giuramento in cancelleria e fissa l’udienza di comparizione delle parti e degli intervenuti. Senza incanto → ARTT. 570-572 c.p.c.; con incanto → ART. 576 ss. Si inizia con la prima e, in caso di esito negativo, si passa alla seconda (anche questa può essere delegata). ART. 586 c.p.c. → effetto purgativo della vendita forzata: l’acquirente acquista il bene libero dalle garanzie reali ipotecarie. Se il prezzo non è depositato nel termine stabilito il giudice dichiara la decadenza dell’aggiudicatario. 7. Gli effetti della vendita e dell’assegnazione La vendita forzata trasferisce all’acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l’espropriazione (ART. 2919 c.c.); si tratta di un acquisto a titolo derivativo e sono fatti salvi gli effetti del possesso di buona fede, cioè di colui che ignora che il bene sia stato pignorato (ART. 2913 c.c.). L’acquisto in vendita forzata è a titolo derivativo; tuttavia, gli effetti sono da valutare con riferimento al momento del pignoramento, che rende inopponibili gli atti di disposizione del bene ai creditori pignorante/intervenuti e di cristallizzare la situazione sostanziale alla data del pignoramento. ART. 2919 c.c. → se l’esecutato non era titolare del bene pignorato e venduto, il conflitto tra questi e l’effettivo proprietario si risolve a favore del secondo, salvo che la vendita forzata non dia luogo ad un acquisto a titolo originario. ART. 2920 c.c. → se oggetto di vendita è una cosa mobile, coloro che avevano la proprietà o altri diritti reali su di essa senza aver fatto valere le proprie ragioni sulla somma ricavata dalla vendita, non potranno farle valere nei confronti dell’acquirente di buona fede; se dimostrano la mala fede del creditore procedente, potranno ottenere il risarcimento del danno e la ripetizione delle spese. ART. 2926 c.c. → se l’assegnazione ha per oggetto beni mobili i terzi che ne avevano la proprietà entro 60 gg possono rivolgersi contro l’assegnatario al solo scopo di ripetere la somma corrispondente al credito soddisfatto; nel momento in cui versa la somma, l’assegnatario torna ad essere creditore dell’esecutato. ART. 2927 c.c. → l’evizione è subita dall’acquirente del bene espropriato, può ripetere il prezzo se non è stato ancora distribuito; avvenuta la distribuzione può ripetere da ciascun creditore la parte che ha riscosso, ferma la possibilità di agire contro il creditore per danni e spese. ART. 2921 c.c. → se evizione parziale, acquirente ha diritto a ripeterne una parte proporzionale del prezzo; in ogni caso non potrà ripetere il prezzo nei confronti dei creditori privilegiati o ipotecari ai quali l’evizione non era opponibile. Nella vendita forzata non opera la garanzia per vizi, non può essere impugnata per lesione e produce l’effetto purgativo (il bene è alienato privo dei diritti reali di garanzia, art. 586 c.p.c.). ART. 2929 c.c. → la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita non sono opponibili all’acquirente o all’assegnatario (ciò si collega con gli artt. 530 e 569 c.p.c.: le nullità anteriori alla vendita devono essere fatte valere non oltre l’udienza fissata per determinare le modalità di vendita/assegnazione). 8. La distribuzione del ricavato Fase volta a distribuire ai creditori le somme ricavate dalla vendita/assegnazione dei beni. Norme: ARTT. 509, 512, 541, 542, 596-598 c.p.c. Non ha luogo se non è stato realizzato alcun ricavato o se il creditore unico si soddisfa con l’intero ricavato. Massa attiva: somma da distribuire, si compone di prezzo (conguaglio di cose vendute), rendita (provento delle cose pignorate) nonché di multa e risarcimento da parte dell’aggiudicatario. Viene effettuata redigendo un piano di riparto che va redatto osservando la graduazione dei crediti: 1) spese di procedura: sono liquidate in prededuzione rispetto a tutti gli altri crediti, perché spese necessarie per lo svolgimento della procedura; 2) creditori con diritto di prelazione: ordine dell’art. 2777 ss c.p.c.; 3) creditori chirografari tempestivi: quelli che hanno proposto istanza di intervento entro l’udienza fissata per l’autorizzazione della vendita/assegnazione; si distinguono poi: - creditori che abbiano esteso il pignoramento; - creditori intervenuti che non abbiano esteso il pignoramento 4) creditori chirografari tardivi: intervenuti dopo l’udienza in cui si delineano le modalità vendita/asseg. 5) esecutato, per l’eventuale residuo. - Nell’espropriazione mobiliare i creditori possono chiedere la distribuzione della somma ricavata secondo un piano di riparto concordato (il giudice provvede in conformità ad esso sentito il debitore); se non vi è un accordo o giudice non lo approva, ogni creditore può richiedere la distribuzione della somma ricavata. - Nell’espropriazione immobiliare il giudice non oltre 30 gg dal versamento del prezzo provvede a formare un progetto di distribuzione contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano. Il piano di riparto è obbligato e deve essere approvato da debitore e creditori. ART. 510 c.p.c. → accantonamento delle somme a favore dei creditori intervenuti privi di titolo esecutivo i cui crediti sono stati contestati: entro 3 anni, durante i quali questi devono procurarsi un titolo, il giudice dispone la comparizione del debitore, dei creditori (esclusi i soddisfatti) e dà luogo alla distribuzione della somma accantonata. ART. 511 c.p.c. → domanda di sostituzione: partecipa alla distruzione non il creditore intervenuto, bensì un suo creditore (una sorta di azione surrogatoria). 9. Controversie in sede distributiva ART. 512 c.p.c. → se sorge una controversia circa la sussistenza o l’ammontare dei crediti o dei diritti di prelazione, il giudice dell’esecuzione compiuti i dovuti accertamenti provvede con ordinanza impugnabile (procedimento a carattere cognitivo). Le controversie possono sorgere sia dal lato soggettivo (tra creditori/debitore) che dal lato oggettivo (sussistenza/ammontare di crediti); hanno interesse ad agire solo i creditori nei confronti degli altri creditori il cui diritto vada soddisfatto con preferenza nell’ordine di graduazione; il debitore invece sarà legittimato a contestare l’ammontare di tutti i crediti ammessi e la sussistenza di eventuali diritti di prelazione. La contestazione sia dei diritti di prelazione che della sussistenza/ammontare dei crediti è legata al concorso tra creditori e inidonea ad avere effetti al di fuori del concorso: pertanto, è impugnabili solo con opposizione agli atti esecutivi, volto a denunciare l’irregolarità formale degli atti. Opposizione all’esecuzione: ha ad oggetto un diritto sostanziale (diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata)←-→ controversia distributiva: ha ad oggetto un diritto processuale ad essere correttamente collocato nella graduazione; mentre la prima è idonea a passare in giudicato, la seconda è un’ordinanza priva di alcuna attitudine alla stabilizzazione degli effetti. Il giudice può sospendere in tutto o in parte la distribuzione della somma ricavata, a seconda che la modifica al piano di riparto prodotta dall’accoglimento possa incidere su tutta la distribuzione o solo una sua parte. Accolta la domanda ex 512 c.p.c., il giudice modifica il piano (credito può essere cancellato o diversamente collocato nella graduazione). 10. L’espropriazione di beni indivisi ART. 599 c.p.c. → si ha quando oggetto del pignoramento è un bene in comunione tra più proprietari solo alcuni dei quali sono destinatari passivi della procedura esecutiva. L’avviso è notificato dal creditore pignorante a tutti i comproprietari che non possono separare la parte delle cose comuni dal debitore senza ordine del giudice (ciò per evitare che essi colludano con il debitore in danno dei creditori). Si crea un vincolo di inefficacia relativa sulla quota pignorata (eventuali atti saranno inopponibili ai creditori); l’avviso rende i comproprietari custodi. Modalità con cui la quota può essere espropriata: - su istanza di parte → separazione in natura. - se non è possibile ovvero manca la richiesta, il giudice dispone che si proceda alla divisione a norma del codice civile (ART. 600 c.p.c.), mediante l’instaurazione di un giudizio cognitivo avente ad oggetto lo scioglimento della comunione, al quale partecipano come litisconsorti necessari tutti i comproprietari; apertura procedimento → sospensione automatica del processo esecutivo. Avvenuta la divisione, si procede alla vendita/assegnazione (ART. 601 c.p.c.). Il giudice procede alla divisione solo se non ritiene più conveniente la vendita della quota indivisa. 11. L’espropriazione contro il terzo proprietario ARTT. 602-604 c.p.c. → colpisce non il debitore, bensì un terzo che subisce gli effetti della procedura: scissione tra debito e responsabilità (ART. 2910 c.c.). Si può verificare quando viene espropriato: a) un bene gravato da pegno o ipoteca per un debito altrui; b) un bene la cui alienazione è stata revocata per frode. L’esecuzione si svolge secondo le modalità già viste; il titolo esecutivo e il precetto vanno notificati anche al terzo e nel precetto va fatta espressa menzione del bene del terzo. ART. 604 c.p.c. → divieto per il debitore di farsi offerente all’incanto. A tutela del terzo, ogni volta che deve essere sentito il debitore, è sentito anche il terzo, creandosi così un litisconsorzio necessario tra debitore non esecutato e l’esecutato non debitore. Nella distribuzione del ricavato i creditori che possono intervenire in questa espropriazione sono i creditori del terzo proprietario e non del debitore (il bene non fa parte della sua garanzia patrimoniale).
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