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Sintesi/Riassunto del testo "Introduzione allo Studio di Sant'Agostino" di Etienne Gilson;, Appunti di Filosofia morale

Il riassunto arriva fino alla sezione "La contemplazione di Dio nella sua opera" e il paragrafo "L'immagine di Dio"

Tipologia: Appunti

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Scarica Sintesi/Riassunto del testo "Introduzione allo Studio di Sant'Agostino" di Etienne Gilson; e più Appunti in PDF di Filosofia morale solo su Docsity! INTRODUZIONE: Fine della conoscenza per Agostino è il raggiungimento della BEATITUDINE. Partendo dall’assunto Socratico del “Nosce te Ipsum”, l’uomo sarà in grado di capire che cosa fare per poter essere migliore e vivere bene, raggiungendo la felicità, suo scopo ultimo. La conoscenza, la sapienza ha per Agostino quindi, fini utili e pratici, ma deve necessariamente passare per la scoperta del Vero. Perseguire la verità perché beatificante per l’uomo. Non sarà quindi il possesso di ciò che si desidera a soddisfare l’uomo, a renderlo felice, bensì dovrà possedere/conoscere ciò che effettivamente rende l’uomo felice, e beato: di che cosa si tratta? Ebbene, si dovrà trattare necessariamente di un qualcosa di non caduco e vittima del divenire, indipendente dal caso e dalla fortuna; come si fa infatti ad amare in maniera sana qualcosa che è effimera? Si cadrebbe di certo in una costante angoscia e paura. Ciò che deve desiderare deve quindi essere per forza DIO, eterno e indipendente per definizione ontologica. Sarà quindi compito dell’uomo fare ciò che Dio vuole per poter affermare di vivere bene (o vivere bene per fare ciò che Dio vuole). La sapienza diventa quindi la virtù in base alla quale si può affermare DIO, tramite il pensiero si intende, poiché EGLI È LA VERITÀ. Infatti, essendo il bene ciò a cui dobbiamo tendere ed essendo Dio il sommo bene, si verifica il perché la Verità non possa essere né in noi né inferiore a noi, quindi nelle cose sensibili, altrimenti, come afferma Agostino, ci sminuiremmo. La verità deve essere quindi per forza di cose superiore all’uomo, e parlarci con il linguaggio dell’anima, somma parte di esso. È importante però non cadere in un INTELLETTUALISMO AGOSTINIANO, affermando questo; la verità, il bene, non deve essere solo conosciuto MA POSSEDUTO, cioè assimilato, esserlo amare Dio non significa conoscerlo e basta, bensì diventare parte di Lui (Credere in Dio, e non credere A Dio e basta). Ecco quindi che Agostino si propone di spiegare il processo di elevazione umano verso il Sommo Bene. L’idea di Dio è considerata come inseparabile dallo spirito umano, perciò sarà impossibile IGNORARLA, e al tempo stesso COMPRENDERLA TOTALMENTE. Il fatto è che Dio si fa conoscere con un’evidenza sufficiente affinchè nessuno possa involontariamente ignorarlo, e si lascia conoscere tanto quanto necessario per spingere l’uomo a desiderarne sempre di più, e si impegni a cercarlo. (ecco perché secondo Agostino la prova dell’esistenza di Dio risulta essere non fondamentale, dal momento che gli ignoranti di Dio sono un ristretto numero di persone, che lo fanno volontariamente..) Per poter spiegare e mostrare la verità della fede in Dio, risulterà quindi per Agostino opportuno fare prima un atto di fede, e poi verificarlo razionalmente nelle Sacre Scritture, secondo la logica del “Credo ut intelligam”. Onde eliminare ogni scetticismo conoscitivo e sulla realtà, Agostino, il quale si rivolse alle presunte verità di questa onda di pensiero filosofico, è opportuno concordare sul fatto che la prima certezza, già di per sé evidente a verificare la falsità dello scetticismo, è che l’uomo è “CONSAPEVOLE DI ESISTERE”, giacché anche se si sbagliasse, ne avrebbe la prova, dal momento che per poter sbagliare si presuppone l’esistenza. Con la consapevolezza di essere, secondo il pensiero agostiniano è ora opportuno dividere la conoscenza in 3 termini: 1. Senso esterno 2. Senso interno 3. Ragione L’oggetto del senso esterno è la materia corporea che esiste al di fuori di noi e che è percepibile dai sensi. Il senso interno dirige e giudica la parziale conoscenza fatta dal senso esterno, e infine la ragione giudica il senso interno. Una volta giunta a questo punto, la conoscenza può Trascendere la Ragione e attingere a Dio, tramite la conoscenza razionale delle verità, le quali hanno un carattere di immutabilità, necessità ed eternità (un esempio sono le verità matematiche). Questo genere di verità non potranno di certo sopraggiungere alla conoscenza dai sensi, i quali sono mutevoli, tuttavia neanche dalla ragione umana, più alta capacità intellettiva, altrimenti perderebbero il loro carattere di universalità, diventando verità soggettive. Questo dimostra l’atteggiamento di esultanza tipico dell’uomo che le scopre, e di inferiorità, dato la nostra incapacità ad appropriarcene per sempre. È proprio da questa sua incompletezza che l’uomo vede e capisce l’esistenza di un qualche Essere superiore e necessario, da cui vengono queste verità. Lo stesso vale per la mutevolezza della materia, la quale per poter essere stata creata deve dipendere dalla parte stabile di sé… Un essere eterno, che si dà il caso essere Dio. Tramite questa evidenza “sensibile” è possibile affermare l’esistenza di Dio. I. LA RICERCA DI DIO ATTRAVERSO L’INTELLIGENZA Si attua attraverso 5 gradini: 1. LA FEDE: per quanto possa sembrare contraddittorio anteporre la fede alla ragione e alla conoscenza, è pur vero che è opportuno ricordare che quest’ultima è fatta di “cose viste” e “cose credute”, ossia ritenute vere senza alcuna prova. Ecco quindi che il processo di ragionamento agostiniano non deve essere ritenuto così illogico come sembra. Il fatto è che la causa dei fallimenti nel processo conoscitivo della ragione sono dovuti alla condizione per cui ESSA NON È NELLO STATO IN CUI PER NATURA DOVREBBE TROVARSI, questo a causa del peccato originale che ha privato l’uomo del paradiso terrestre e di tutta una serie di possibilità. In questa ottica la fede è da intendersi come operante in nome di una purificazione che liberi la ragione dal peccato e consenta di accrescere la propria beatitudine. La fede, CHE È ILLUMINANTE secondo Agostino, procede di pari passo con la PURIFICAZIONE DEL CUORE. Perciò il credere a Dio mira a fare la sua volontà, per ottenere la ricompensa eterna e l’estasi mistica durante il nostro vivere terreno. Al di fuori di una fede ragionata si cade nello scetticismo, concreto, di non potere giungere effettivamente al fondamento ultimo delle verità di ragione. LA FILOSOFIA CRISTIANA DIVENTA UNA CONTEMPLAZIONE RAZIONALE DELLA RIVELAZIONE CRISTIANA. 2. L’EVIDENZA RAZIONALE: occorre qui rifarsi alla confutazione dello scetticismo fatta prima da Agostino. La pretesa dello scettico di definirsi “sapiente” e in grado di insegnare, ritenendo di non poter sapere nulla è una contraddizione in termini: il fatto che non vi siano certezze è di per sé già una certezza. Finché la conoscenza sensibile, dice Agostino, è intesa come “apparenza”, allora è di sicuro infallibile; data infatti la differenza fra il “credere di vedere qualcosa che sia reale” e “il credere che ciò che vedo è reale”, si cadrà nell’errore nel momento in cui si pretenderà di elevare la conoscenza sensibile a criterio di verità intellegibile. In sintesi, LO SBAGLIO IN CUI SI CADE È QELLO DI ANDARE OLTRE IL DATO SENSIBILE PURO. razionalmente. In questo modo non fa altro che rinnegare Dio. L’uomo che rimane accecato dall’orgoglio si preclude la strada della sapienza vera, rimanendo “fregato”. È chiaro quindi che la sapienza filosofica è nettamente preferibile per il cristiano, ma è anche vero che questa si serve della scienza per conseguire il suo fine, attraverso un suo orientamento verso il bene. L’orientamento verso il bene può avvenire solo se il pensiero sapiente è in grado di GIUDICARE TUTTO DAL PUNTO DI VISTA DI DIO. GLI ELEMENTI DELL’ATTO MORALE: Quando il pensiero umano è rivolto verso la Sapienza è reso capace di muovere le proprie azioni in modo tale da conferire loro una certa Moralità. La morale umana è una conseguenza della conoscenza in Agostino per il semplice fatto che la “regola dell’azione” e “l’essenza delle cose” coincidono. La coscienza morale è un dono di Dio, e quindi i concetti di Giustizia, Uguaglianza e altri, derivano dal nostro MAESTRO INTERIORE. Le prescrizioni della nostra morale confluiscono tutte nella “Legge naturale”, che a sua volta è prodotto della “LEGGE ETERNA” cioè la volontà di Dio. Perciò, tutte le legislazioni del mondo, pur essendo mutevoli di stato in stato, da popolo a popolo, derivano tutte da quell’unica norma, che in un certo senso è ADATTATA A NECESSITA’ DIVERSE. Per questo Agostino sostiene che tutto quel che Dio ha creato è BUONO, MA NON LO E’NELLA STESSA MISURA. Per questo motivo l’uomo è chiamato a “sottomettere” i seguenti elementi: • I BENI ESTERIORI al corpo • IL CORPO all’anima • L’ANIMA a Dio Un po' richiamandosi alla caratterizzazione psicologica tipica del pensiero Platonico e Aristotelico, Agostino afferma che la virtuosità dell’animo umano può essere conforme solo se all’interno di esso vi sono rispettate la PRUDENZA (che distingue il Bene dal Male), FORTEZZA (che rinsalda tutte le altre virtù), TEMPERANZA (che aiuta l’uomo a frenare i desideri carnali), E LA GIUSTIZIA (che dà a ciascuno ciò che deve aspettarsi, secondo un ordine). Senza queste virtù vivificatrici l’anima sarebbe morta, poiché LA VIRTU’ E’ L’ORDINE E LE VIRTU’ SONO L’ORDINE!! --> illuminazione delle virtù Come la natura è ordinata, anche l’uomo con lei, PERO’, la volontà umana è rilevantissima: essa ha per suo fine la sua piena realizzazione (dell’uomo)--> L’UOMO HA LA CAPACITA’ DI DECIDERE. Riflettendo ancora sulla volontà, Agostino afferma che essa si divide in quattro passioni: 1. DESIDERIO 2. GIOIA 3. TIMORE 4. TRISTEZZA Fondamentali sono per determinare il modo tramite il quale la volontà è spinta verso un oggetto. Se invece si ragiona sulla volontà nell’ordine della conoscenza e del processo di raggiungimento della beatitudine, essa è chiamata ATTENZIONE: ha infatti il compito di mantenere fissa l’attenzione degli occhi, delle orecchie, o in generale dell’organo sensoriale in questione, sull’oggetto osservato in modo che rimanga IL RICORDO DELLA SENSAZIONE (se si è distratti non è possibile). Perfino all’interno dell’intelletto la volontà ha un ruolo fondamentale: PERMETTE CHE SI DESIDERI LA CONOSCENZA--> STUDIO: ossia un’ardente volontà di sapere di più! Continuando nella analisi della ricerca di Dio attraverso la volontà, diventa necessario soffermarsi sul ruolo importantissimo dell’amore. Modificando la teoria della fisica greca (di Aristotele) per cui ogni corpo è retto dal moto e solo grazie al peso ognuno di questi trova il suo ruolo predefinito, Agostino afferma che è proprio da ritrovare nell’amore, questo peso. L’AMORE INFATTI E’ PER LUI IL “MOTORE INTIMO” DELLA VOLONTA’, E DELL’ANIMA. Da questa prospettiva il problema della morale dovrà essere indirizzato verso CIO’ CHE L’UOMO OCCORRE CHE AMI, senza privarlo di un sentimento così fondamentale==> NON ESISTONO PASSIONI NEGATIVE IN SE’ VISTO CHE DIPENDONO TUTTE DAL GRADO DI AMORE CHE LE ISPIRA! (la virtù somma sarà quindi appellabile come “supremo amore” nei confronti di Dio). Ma a che cosa si deve rivolgere di preciso questa morale? Ebbene, deve essere indirizzata verso ciò che per Agostino può essere chiamato “sommo bene”: LA CARITA’. Definendola come "L’amore con cui si ama ciò che deve essere amato”, la volontà è qui tendente contemporaneamente al bene del singolo che al bene del prossimo, in una condizone tale per cui si instaura un rapporto di “assoluta uguaglianza, convergenza” (secondo il messaggio dell’ “ama il prossimo tuo come te stesso”). Ecco quindi che il significato dell’amore prende qui la sfumatura nuova del volere per l’altro “CHE SIA PARI A NOI”. Si prova piacere in questa circostanza poiché non ci si annulla nel rapporto con l’altro ma la vita tra i due diventa a mano a mano UNA SOLA, POICHE’ L’AMORE TENDE ALL’UNITA’. (amare qualcuno va a permettere che il bene personale e del prossimo coincidano!). Nel momento in cui è possibile amare il prossimo, è concesso di amare Dio, anzi, lo si deve amare per poter raggiugere la Verità, la felicità. Per amarlo non si può che annichilirsi, AMANDO SENZA MISURA “dimenticando” noi stessi. Amando il Bene, ci liberiamo del “bene finito” che vorremo conservare pur essendo ormai di intralcio. L'amore per Dio è quello che SI DONA SENZA RISERVE E CHE ASSICURA IL POSSESSO DEL SOMMO BENE. LA CARITA’ E’ QUINDI IL COMPIMENTO DELLA VIRTU’ IN QUANTO CULMINA CON IL RAGGIUNGIMENTO DI CIO’ CHE L’UOMO NECESSITA PER VIVERE FELICE--> LA CARITA’ è DIO STESSO, e quasi la caparra della beatitudine futura. L'amore non deve esser quindi passivo, ma direttamente praticato e cercato dal buon cristiano, in quanto principio di movimento. LA LIBERTA’ CRISTIANA: Una problematica tipicamente Agostiniana è quella che riguarda il problema del male, soprattutto in un Universo perfetto perché creazione di Dio. Stando all’assunto per cui “la GRAZIA DI DIO E’ RIMEDIO AI MALI” (TEMA TRATTATO NELLE CONFESSIONI VII, 3,4,5,), ecco che per Agostino il “problema” è di carattere metafisico: Dio è sommo Bene, perciò non ha assolutamente nulla da perdere o guadagnare, data la sua condizione ontologica di immutabilità ed eternità; le creature invece, esistono perché per opera sua sono state create e poste sulla terra, anche essa creazione divina. È importante per Agostino DISTINGUERE che TUTTE LE CREAZIONI DI DIO NON SONO DELLA STESSA SOSTANZA DEL PADRE CELESTE , altrimenti sarebbero esattamente la stessa cosa (che è un po' la posizione materialistica del divino manicheo a cui Agostino aveva creduto per nove anni della sua vita, come ci racconta nelle Confessioni). Il creato è posto in essere DAL NULLA (creazione ex-nihilo), e perciò PARTECIPA DEL “NON- ESSERE”, chiave ontologica che determina la sua mutabilità, e “mortalità”. Seguendo la dottrina Platonica, le cose non possono essere definite “essere” o “non-essere”, ma da questa duplice qualificazione è opportuno partire per trovare la relazione in esse di queste due essenze. Ora, Dio conferisce a tutto il creato GLI ATTRIBUTI DI “MISURA, FORMA E ORDINE” , facendolo così essere “buono”, ma, essendo per Agostino “LA CORRUZIONE DELLE PERFEZIONI” il male, tende a rendere “cattiva” ogni natura, in proporzione al suo grado di Corruzione. Il male quindi può essere definito come una PRIVAZIONE per cui, è un “minor grado di bene, ma sempre bene”. Rifacendosi spesso al confronto con i Manichei durante la trattazione del problema del Male, Agostino va a criticare la loro posizione così: essi hanno attribuito al male “essere”, per cui sono portati ad un errore concettuale, poiché essendo esso un “ASSENZA DI ESSERE” non può sussistere che ALL’INTERNO DEL BENE. Perciò il Male è connaturato alla creazione e inevitabile in essa. Si passa poi ad una distinzione fra “male naturale” e “male volontario, morale”: 1. MALE NATURALE: è importante ricordare che l’Universo è continuamente teatro di distruzioni, le quali CREANO UNA BELLEZZA E UNA PERFEZIONE nella continua successione degli esseri. Questa successione crea una BELLEZZA CHE SI SVOLGE E ARTICOLA NEL TEMPO. (paragone con un “poema” all’interno del quale la bellezza è data dal susseguirsi temporale delle sillabe una dopo l’altra, che formano la totalità). 2. MALE VOLONTARIO: nell’atto volontario che si corrompe Agostino pone la definizione di PECCATO, che è da intendersi anche esso come una Sostanza (cioè dotato di Misura, Forma e Ordine). Il ruolo della volontà diventa qui fondamentale: il MALE MORALE dipende da una Volontà, da un Libero Arbitrio in grado di volerlo, e poi realizzarlo. Anche in questo caso la Volontà dell’uomo è di per sé un Bene perché “creatura”, ma nonostante questo, l’uso che se ne fa può deciderne la Bontà o la Malvagità. Da qui parte una profonda riflessione sull’arbitrio umano; L’uomo è lasciato LIBERO DI SCEGLIERE IL MALE, ossia libero di utilizzare il creato donatogli da Dio in maniera buona, cioè secondo la strada che conduce alla beatitudine, o in maniera cattiva. Biasimare Dio per averci donato la Volontà risulta essere inutile e sacrilego, dal momento che SOLO GRAZIE ALLA VOLONTA’ E’ POSSIBILE PER L’UOMO SCEGLIERE DI SEGUIRE LA BEATITUDINE. Senza arbitrio non ci sarebbe stato il Male, ma neanche la possibilità per l’uomo di scegliere la salvezza. Inspiegabile rimane il perché della scelta dell’uomo del peccato, essendo questo “assenza di amor di Dio”, ed è così che si è generato il peccato originale: la volontà di Adamo ed Eva si è lasciata “CADERE DAL CREATORE, PER INTRODURRE IL DISORDINE INIZIALE”. Prima l’uomo era con Dio, incorruttibile, immortale ed evitava spontaneamente il peccato, poi una volta commesso, sebben Dio gli avesse CONCESSO TUTTO PER EVITARLO, a causa dell’ORGOGLIO, volle elevarsi ad una dignità che NON era la sua. LA CREAZIONE E IL TEMPO: Secondo la dottrina eretica dei Manichei, Dio è da intendersi come un essere finito in quanto luce corporea. Agostino, nel corso della sua articolata critica al manicheismo, controbatte alla materialità divina affermando che Dio ha creato la materia dal nulla, secondo la formula della creazione ex nihilo, già accennata in precedenza. La figura del Dio cristiano non deve essere confusa e scambiata per il Demiurgo Platonico; Egli infatti non si limita ad imprimere una forma, che è quella percepita dai sensi, ad una materia che già esiste. Dio è la cosiddetta “causa prima”, se volessimo parlare con un lessico tipicamente Medievale Scolastico, perciò non ha di per sé causa alcuna, La domanda che allora risulta spontanea è: perché Dio ha creato tutte le cose? Data la Volontà di Dio, che vuole solo cose buone, Agostino afferma che la bontà divina non avrebbe mai permesso che una buona creazione come quella dell’universo e di tutte le sue creature rimanesse nel nulla. Ebbene secondo l’interpretazione Agostiniana, nell’atto della creazione Dio decise e mise in essere il Tempo, il quale quindi NON esisteva prima di allora. Esso è il “mutamento” per definizione, e come poteva esistere una simile realtà quando vi era solo Dio, l’essere eterno? È opportuno quindi distinguere il TEMPO PERPETUO e l’ETERNITÀ poiché differiscono fra loro enormemente. Ipotizzando la perpetua esistenza del mondo, questo sarebbe comunque risultato diverso da Dio perché eterogenei fra loro. Ebbene, il tempo diventa per Agostino un modo di intendere una DIMENSIONE DELL’ANIMA la quale rende coesistenti il tempo passato, presente e futuro, e quindi ne consente la misurazione e la percezione. (Confess. XI, 26, 33) Teoricamente non sarebbe possibile misurare il tempo, sarebbe come misurare geometricamente un punto. Si misura solo il tempo concluso, grazie al ricordo dell’istante passato in cui si inizia a misurare. È quindi la memoria, ovvero l’anima a rendere possibile la misura del Tempo. Il tempo non esiste di per se, anzi è il presente-istante indivisibile ad esistere perciò le tre dimensioni si riducono ad una: La sostanza del Tempo è quindi il Presente. Il presente nell’anima è quindi un’Attenzione tesa verso ciò che ancora non è (Attesa) e verso ciò che non è più (Ricordo). Questa attenzione è quindi una “luce degli intervalli di durata” che permette agli elementi di una percezione complessa di coesistere nella coscienza. Quindi prima della coscienza umana le nozioni di Prima e Dopo non avevano alcun significato, non arriva neanche con la Materia ma con la Forma. Da ciò si deduce che L’unico modo per poter davvero comprendere quale sia la relazione che intercorre fra il creato e il tempo, è da ritrovarsi per l’uomo in un processo per cui questi SOTTRAGGA IL SUO PENSIERO AL FLUSSO DEL TEMPO. SI TRATTA QUINDI DI UN PROBLEMA CONTEMPORANEAMENTE PSICOLOGICO E METAFISICO. LA MATERIA E LE FORME: La narrazione biblica della “durata” della creazione deve essere quindi intesa come funzionale alla comprensione più facile dei lettori; infatti, LA CREAZIONE AVVIENE SIMULTANEAMENTE. Nell’atto creativo, Dio dà alla vita UNA MATERIA SPIRITUALE COMPLETAMENTE FORMATA, nel caso degli Angeli, e una MATERIA INFORME ORDINATA DALLE IDEE ETERNE per quanto riguarda la Terra e le sue creature. Si legge in questa interpretazione della creazione un richiamo profondo alla dottrina Plotiniana; la figura dell’Uno viene infatti qui ricoperta dal Padre, mentre quella dell’intelligenza dal Verbo, che “chiama” le creature. Dove sta la differenza fondamentale dei due sistemi? Mentre l’UNO di Plotino NON SCEGLIE DI CREARE, poiché è anteriore all’essere e alla conoscenza (non ha ragioni per pensare e fare scelte, è e basta), e l’INTELLIGENZA NON È IL PRINCIPIO PRIMO, nell’ottica cristiana, LA CREAZIONE È DONO DELL’essere da parte dell’ESSERE. Il Dio descritto da Agostino non crea e basta, anzi, inserendo il concetto di PARTECIPAZIONE, afferma che Lui perfeziona, forma e modula la materia informe con le Idee eterne, richiamando a sé le cose. Va quindi a definirsi la differenza fra ciò che EFFETTIVAMENTE È, e ciò che invece È MUTEVOLE; esisteranno quindi creature TOTALMENTE COMPIUTE, come Angeli, la terra, l’anima ecc…, e i cosiddetti SEMI PRIMORDIALI di ogni essere futuro, preformato ma non completamente compiuto ancora. LE TRACCE DI DIO: Anche se esistenze una differenza netta fra le cose create e Dio, fra loro esiste comunque un RAPPORTO DI SOMIGLIANZA. Le cose sono classificabili come UNITÀ-RELATIVE, ossia come un unità formata da parti unite; un esempio è il corpo umano, il quale formato da tutte le sue “componenti” dà forma e ragion d’essere all’uomo. Il mondo intero è la casa di queste MOLTEPLICITÀ PURE. Dio è colui che è, l’Essenza, ha concesso al creato di essere non lui stesso ma di essere in diversi gradi. Vi è quindi una Gerarchia di Disuguaglianza che varia a seconda della partecipazione all’Essere. Tutte le cose sono quel che sono per Partecipazione alle Idee di Dio, un principio di Imitazione. Questa Somiglianza è il Verbo, la mediazione. Cos’è un’immagine? Una somiglianza espressa, in un rapporto in cui essa viene generata. Il Verbo è l’Immagine di Dio, e questo schema è il medesimo per tutte le relazioni che permettono alle creature di esistere. Come la Somiglianza impone la forma? Attraverso un rapporto mediatico tra l’unità delle idee in Dio e la molteplicità delle Cose. Sta a metà tra l’Identità e l’Alterità. Nessun corpo infatti è realmente uno essendo divisibile ma se non ci fosse una sorta di Unità non potrebbe esistere, questa unità relativa è concessa dalla Somiglianza. L’unità di una classe di corpi dipende dalla Somiglianza che c’è fra di loro, così è anche per l’anima. Un’anima è tale solo se rimane costante con essa, deve presentare una coerenza spirituale manifestata dalle virtù. La stessa comunanza tra anime è diverse è fondata in una Somiglianza dei fini. Tutto ciò che permette di essere è la tensione mirata a una somiglianza che imita l’Uguaglianza perfetta di Dio. La Bellezza di qualcosa è data dalla Somiglianza con la sua specie, che a sua volta è data da un’armonia (somiglianza dei rapporti) tra le parti che la costituiscono. Le cose sono nella misura in cui realizzano questa Unità. Quindi anche in queste cose abbiamo un mezzo per giungere alla Verità di Dio, nelle cose ci sono le sue tracce. Dio è Trinità, molti interpreti medievali, compreso Agostino, hanno cercato incessantemente di leggere il mondo in questa tripartizione. Agostino si concentra sulla Sensazione. Per quanto riguarda la vista Agostino distingue: la cosa che è vista, la forma provocata dalla vista e l’attenzione che mantiene fissa la vista. Questi tre termini distinti sono però strettamente uniti. All’interno ci sono poi il Ricordo, la visione interiore di esso e la volontà che li unisce. La volontà unisce 3 volte la specie generatrice a ciò che genera: Forma sensibile alla forma dentro il senso; la forma dentro il senso a quella della memoria; la forma della memoria a quella del pensiero. L’oggetto materiale che imprime forma è come il Padre, la Forma nel Senso è il Figlio, la Volontà che unisce è lo Spirito Santo. Passando all’uomo interiore possiamo cercare in noi le immagini di Dio. L’IMMAGINE DI DIO: Agostino non ha dubbi sull’impossibilità della Conoscenza di Dio. Ma non si può dire che non ci abbia provato. Cercando di definire Dio (difficile essendo l’Essere) lo presenta come ciò che ha: Dio è ciò che ha. Nella creatura gli attributi sono distinti dalla Sostanza, in Dio no, lui è la Sapienza, la Giustizia ecc.. Dio quindi non ha attributi ma li è. L’unico modo di conoscere questi è attraverso la considerazione degli effetti. Quindi seppur vi sia uno scarto immenso tra Creature e Creatore non è insensato tentare di parlare di Dio. Per sapere come l’immagine divina si esprime nel nostro pensiero sono formulate tre analogie che hanno tutte per sede la mens, l’occhio spirituale dell’anima. Si basano sulla somiglianza divina dell’uomo, la possibilità sempre aperta di partecipazione dell’anima a Dio, e quest’ultima intesa come sì differenziata in diverse parti, ma pur sempre unica. La prima è quella tra PENSIERO, AMORE E CONOSCENZA che sono riconducibili ad un’unità (trinità): quando io amo un oggetto riconosciamo: l’io, l’oggetto dell’amore e l’amore. Se l’oggetto amato fossi io i termini diverrebbero 2. Ciò che si ama è uguale a ciò che è amato. Agostino dimostra che Pensiero, Amore e Conoscenza sono 3 e 1 allo stesso tempo, e sono uguali. Si tratta quindi non di un pensiero che ha l’amore e la conoscenza di sé ma un pensiero che è sostanzialmente amore e conoscenza. La seconda analogia proposta da Agostino è quella della MEMORIA, INTELLIGENZA E VOLONTÀ. Per Memoria s’intende la conoscenza del pensiero mediante sé stesso. Per cogliersi il pensiero deve superare la crosta di immagini sensibili per arrivare a ciò che ha ad immagine di Dio. (?) La terza ed ultima analogia, o figura stabilisce una RELAZIONE FRA ANIMA E DIO, mediante la MEMORIA DI DIO, INTELLIGENZA E AMORE. Alla base di questa triade c’è il concetto per cui esprimere ed amar sono la stessa cosa di ricordarsi di Dio.
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