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Sintesi schematica di bioetica, Sintesi del corso di Bioetica

Bioetica laica e bioetica cattolica: schema riassuntivo di lezioni e libro

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 13/05/2019

deborah-riviera
deborah-riviera 🇮🇹

4.3

(27)

37 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Sintesi schematica di bioetica e più Sintesi del corso in PDF di Bioetica solo su Docsity! INTRODUZIONE ALLA BIOETICA La bioetica nasce dall’esigenza di rispondere ai problemi morali che sorgono in seguito ai progressi scientifici del XX secolo. È quella disciplina (branca della filosofia morale) che si interroga sulla possibilità che le nuove tecnologie (ex: biotecnologie) hanno di autoregolamentarsi ed inoltre sui modelli antropologici e sociali che le applicazioni tecnologiche pongono in essere e sullo spazio che l’umano occupa in questi nuovi orizzonti. Alla fine la bioetica si occupa di definire o ri-definire il concetto stesso di “umano” e di “umanità”: ciò significa che bisogna capire se è possibile mantenere la definizione tradizionale o darne una nuova. Il termine “bioetica” viene introdotto per la 1a volta negli anni ‘70 dall’ oncologo americano Van Potter, che affronta il problema del rapporto tra nuove possibilità tecnologiche applicate all’umano e l’evoluzione del sistema di valori, soprattutto da una prospettiva medica. Secondo Potter la bioetica è una scienza della sopravvivenza che coniuga: valori umani (sia del singolo sia della collettività), etica tradizionale (riflessione sulle modalità dell’azione etica nei confronti di determinati problemi), e conoscenze biologiche. Il dibattito sul valore della scienza, sulle insidie della conoscenza e dell’azione dell’uomo sulla natura (iniziato già nel periodo della *1Rivoluzione Scientifica) si riapre, poiché la bioetica nasce dall’esigenza di Potter e dei suoi contemporanei di capire se le possibilità che la scienza offre, soprattutto in campo biomedico, possano arrivare a ledere dei diritti umani, se l’eccesiva intrusione della scienza nella società possa arrivare a metterla in pericolo, dato che è una scienza che ha uno sviluppo esponenziale e non si sa dove possa condurre. Infatti il dibattito nasce anche dalla necessità di avere una “scienza utile” che risponda ai bisogni della società entro certi limiti. Quindi questa situazione viene vissuta dagli intellettuali come un “brivido di incertezza e di inquietudine”. Perché la bioetica nasce proprio negli anni ’70? Si può dire per 2 macro-motivi: 1. È il periodo di eco della 2a Guerra Mondiale, nella quale sono accaduti episodi terribili o di difficile risoluzione: violazione dei diritti umani (ex: lagher). 2. Svalutazione della figura del medico, infatti già le società del ‘45/’46 si pongono il problema: “Quale medicina? Quale scienza? Per chi? A quale prezzo?” Il problema della bioetica nasce come deontologico-professionale, infatti non è un caso che si debba proprio all’oncologo Potter l’invenzione del termine “bioetica” in un saggio nel 1971, intendendola come forma di speculazione che riesca a salvare l’uomo dalla propria capacità innata di distruzione, avidità e cinismo; ma anche come un ponte per il futuro, poiché si era accorto che l’umanità può essere a rischio e l’unico strumento di salvezza è proprio la bioetica stessa usata in modo partecipato. Il termine “bioetica” nasce, quindi, come rivisitazione della “deontologia medica”. 3. L’avanzamento delle conoscenze tecnico-scientifiche, che avevano suscitato una reazione ambigua da parte della società: • da un lato la fiducia, per ex: la creazione di pesticidi, utili in agricoltura; • dall’altro lato la paura, per ex: il considerare i pesticidi altamente inquinanti e valutare che la chimica nel corso delle Guerre Mondiali ha prodotto una serie di armi chimiche distruttive; ma anche la paura che nel corso della Guerra Fredda (iniziata nel ‘46/’47) scoppiasse una bomba atomica, dopo i precedenti scoppi di Nagasaki e Hiroshima. 4. La società in questo periodo si sta misurando con grandi temi come: sviluppo della scienza, battaglia per l’allargamento dei diritti, pacifismo (ex: verso la Guerra del Vietnam). Siccome la conoscenza non è più neutra, poiché lo sviluppi della scienza è utile, ma anche dannoso; le società più evolute si accorgono della necessità di ampliare i diritti ed estenderli alla maggioranza (ex: anni ‘62/’63, Università americana di Berckley: movimento per i diritti dei neri e delle donne, che diventano più libere nelle loro scelte sessuali e personali, liberazione degli animali) pacifismo: tema fondamentale nel quale si riconoscono intere generazioni, una riposta di una società solidale e costruttiva, la quale auspica a una scienza per tutti, anche per i più deboli. Quindi da un lato la natura viene considerata come il grande campo di battaglia su cui si scontrano i pacifisti (contrari alla capitalizzazione della natura), che sono fermi ad uno “status quo”. L’IDEA DI PROGRESSO: LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA 1 La fase del pensiero delle scienze occidentali definite convenzionalmente Rivoluzione Scientifica (‘500/’600), che ha assistito al progresso dello spirito della filosofia e della scienza occidentale in maniera inequivocabile e assoluta, costituisce un cambiamento sconvolgente, che ha visto operare personaggi di grande rilievo come Galilei, De Cartes, e Pico della Mirandola. È un evento di grande rottura, che però non è sorta dal nulla, ma è frutto di un’evoluzione lenta che già decenni prima (tardo Medioevo, quindi metà ‘400) aveva registrato nel mondo della scienza e della filosofia dei cambiamenti di carattere qualitativo e intellettuale profondi. Infatti già dal ‘400 alcuni studiosi dimostrano una mentalità progredita, molto più moderna rispetto al punto di vista che determinava le concezioni medievali. Sulla Rivoluzione Scientifica influiscono anche dei fattori di carattere storico che determinano un cambiamento della percezione collettiva della realtà, quindi in questo senso si affianca a una rivoluzione della mentalità, molto forte della coscienza occidentale. In questo periodo infatti con le scoperte geografiche si allargano i confini conosciuti, incidendo sulla mappatura geografica (ex: 1492 scoperta dell’America) e sulla cultura di ogni popolo; ma non solo, si iniziano ad indagare mondi celesti del tutto nuovi (ex: la Luna), grazie all’uso di una strumentazione adatta (ex: cannocchiale). I mondi nuovi scoperti comprendono anche quelli rintracciati grazie all’osservazione naturale, grazie all’uso di strumenti particolari (ex: microscopio), che portano lo scienziato ad entrare in contatto con delle dimensioni prima di allora inattingibili (ex: insetti, alcune parti delle piante, la struttura micro-anatomica umana). La conoscenza dell’uomo rinascimentale (‘500/’600) include sia il mondo vecchio rivisto sia il mondo nuovo, nel quale si aprono nuovi scenari, resi possibili da fatti storici importanti: 1. Le nuove scoperte incrementano sempre più il progresso dell’uomo: il 1492 (scoperta dell’America) apre un periodo di grandi scoperte geografiche (XV/XIX secolo), iniziate con uno scopo commerciale, ma nel ‘600/’700 diventeranno a scopo scientifico (gli scienziati vanno alla ricerca di nuovi climi, di nuove specie animali e vegetali), come per esempio la spedizione di tipo naturalistico fatta da Darwin nel 1830/1831 che aveva come scopo di portare alla classificazione specie poco conosciute e poco studiate o addirittura sconosciute. Quindi la scoperta dell’America dal punto di vista scientifico determina l’allargamento della conoscenza rispetto agli oggetti naturali, nuove forme, nuove specie che entrano a far parte del patrimonio scientifico occidentale. In particolare le nuove piante scoperte cambiano le abitudini di vita, perché introducono dei prodotti che vengono utilizzati nella dieta alimentare di molte classi sociali (ex: mais, patata); inoltre si arricchisce anche la farmacopea, poiché vengono introdotte delle erbe e delle sostanze in grado di curare le nuove malattie ed epidemie a cui l’umanità andrà in contro a parte dal 1400. 2. L’invenzione della stampa (scoperta tecnica), nel 1447, che ha conseguenze di vasta portata sui processi di trasmissione della cultura e del sapere, poiché per la prima volta è possibile la riproduzione di un testo (prima la trasmissione avveniva solo per via orale e poi per monoscritti, ovvero poche copie che rendevano la produzione estremamente costosa, e la circolazione del sapere lenta e limitata, soprattutto riservata alla categoria ristretta dei nobili benestanti). Le conseguenze della stampa sono: una maggiore e facilitata circolazione delle idee, ciò vuol dire un allargamento del dibattito su alcune teorie scientifiche, su temi filosofici, coinvolgendo un maggior numero di persone e una democratizzazione della cultura (maggiore controllo da parte dei singoli, i quali possono esprimere il loro parere riguardo a certi temi). Quindi si assiste a una penetrazione dell’utilità della scienza nella società, che si sente parte integrante di essa dando il via a una forma di sapere partecipata, la quale segna l’inizio di un’era moderna che va oltre alla Rivoluzione Scientifica. In alcune discipline, soprattutto per i laureandi in medicina era necessario assistere a una dissezione anatomica, per avere una conoscenza più precisa possibile del corpo umano; la percezione di quanto si vedeva era oggettiva, in assenza di un testo unico e codificato a cui affidarsi per l’iconografia del corpo umano, ciascuno dava la sua versione, ciò vuol dire che circolavano delle immagini infedeli, che davano vita a diverse interpretazioni di uno stesso oggetto. Diversamente, dopo l’invenzione della stampa, grazie alla quale si possono allegare delle immagini universali al testo scritto, la raffigurazione diventa canonica, fedele ed uguale per tutti (omologazione positiva dei testi e delle immagini). 2 3. Sul piano antropologico-filosofico: la riflessione sul ruolo sociale dell’uomo in contesti urbani percepiti come inadatti ad esprimere un totale benessere, seguita dalla paura del decentramento a favore di un peso maggiore della macchina, che schiaccia e sostituisce l’uomo, che assume sempre più un ruolo marginale e di scarsa rilevanza svilimento ontologico dell’uomo rispetto alla sua concezione tradizionale (sinolo tra anima e corpo), poiché le scoperte in campo biomedico tendono anche a ridimensionare l’entità trascendentale dell’uomo a favore di una spiegazione di tutto ciò che è l’umano. Gli intellettuali sentono, quindi, il bisogno di intervenire mettendo in atto azioni volte a risolvere il problema, trovando risposte adeguate, anche perché la scienza è giunta ad essere in grado di modificare in modo dirompente la realtà. Per alcuni di loro è così difficile nei schemi teorici, da dover utilizzare un approccio diverso. Infatti come dice Potter, i criteri etici esistenti (ex: morale tradizionale) non sono più in grado di dare delle risposte soddisfacenti, dato che non possono fronteggiare la nuova situazione del progresso inarrestabile. Per la 1a volta, infatti, oltre a queste preoccupazioni, si ha anche la consapevolezza che l’uomo è centrale nella propria responsabilità nei confronti della scienza, poiché potrebbe diventare responsabile della sopravvivenza della terra e della sua stessa specie. D’altra parte è diffusa la falsa convinzione di una neutralità della scienza, che viene propagandata attraverso slogan della libertà e della ricerca scientifica, i fautori della libertà scientifica cercano di opporsi a qualsiasi tentativo di controllare gli effetti della scienza. Essi affermano che la scienza deve essere lasciata libera e che mettendo dei vincoli si rischia di restringere il campo della conoscenza, condizionando lo scienziato. È una falsa convinzione (falsa coscienza) poiché ogni volta che l’uomo compie un’azione all’interno della collettività dà luogo a uno spazio morale, cioè ogni azione può avere conseguenze positive o negative che rientrano nella morale dell’etica e non possono essere considerate libere. Potter propone, così, come tentativo di risposta a questi problemi, un’etica applicata che riesca a coniugare scienza della vita ed etica della vita. Essa è una branca della filosofia, che è sempre stata divisa in 2 parti: ① filosofia teore�ca specula�va su en� primi sull’essere, sulla teologia e su principi astra� (ex: matema�ca); ② filosofia pra�ca specula�va, momento finalizzato all’o�enimento di norme u�li per interagire col mondo circostante. È l’e�ca = riflessione cri�ca sui dilemmi offer� dalla scienza. MACCHINE E PROGRESSO Il progresso (unione di scienza e tecnica moderna) è un fatto nuovo nel 1500 e nel 1600 perché comincia a determinare subito preoccupazione da parte degli scienziati e perché la bioetica rivendica la libertà della scienza. La scienza termina di essere libera da conseguenze quando non è più solo speculativa ma si avvale di una strumentazione tecnica da utilizzare sulla realtà circostante per fare sé stessa. Gli antichi e i medievali partono, a parte rare eccezioni come la medicina, da presupposti astratti e ideali, infatti molto spesso descrivono il mondo come vogliono che sia e non come è in realtà, esprimendo concezioni del tutto teoriche su tutto ciò che li circonda, ed essendo limitati nel concepire la natura in maniera speculativa influenzano in modo nullo la realtà. Al contrario quando utilizzano una strumentazione adeguata per indagare la natura, lo scienziato può investigare in modo più profondo la realtà influendo sui processi naturali (“La natura viene violentata”). Gli strumenti utilizzati sono delle macchine, dei congegni che iniziano a diffondersi nel ‘500, dando lavoro a ingegneri, artigiani e tecnici (si aprono nuove professioni legati alla costruzione di manufatti), costruiti grazie a teorie fisiche e meccaniche, che appassionano molto i contemporanei dell’epoca, tant’è che la macchina diventa una metafora per rappresentare anche degli aspetti non artificiali della realtà, ma riflettono la propria struttura e l’idea che soggiace alla propria costruzione anche sul mondo naturale. Per cui a partire dal 1500/1600 si fa strada una corrente in campo filosofico e scientifico (soprattutto naturalistico e biologico) che prende il nome di “meccanicismo”. Ex: In campo biologico il meccanicismo risponde alla convinzione che il corpo umano sia paragonabile a una macchina e che, in modo molto simile ad essa, sia regolato da un sistema di pompe e di leve. Chi sono gli autori ai quali si può attribuire la nascita di un pensiero meccanicistico? 5 ■ Renè De Cartes, ovvero Cartesio (filosofo francese): nasce in Francia nel 1596 autore de “I discorsi sul metodo”, ma che scrive anche un trattato che viene definito uno dei trattati teorici più importanti sul metodo che è “Il trattato sull’uomo”, che è uscito postumo nel 1762, nel quale si legge che l’uomo, a differenza degli altri animali, ha un’anima che è un’estensione materiale che si muove secondo leggi del tutto meccaniche. Quindi la natura è, per usare un’espressione cartesiana, una “rex-estensa”, cioè un’espansione materiale che risponde a delle leggi fisiche, le quali regolano la materia, e Cartesio ne individua 3: il principio di inerzia, il principio secondo cui ogni corpo si muove seguendo una linea retta, il principio di conservazione del movimento. I principi fisici sono quelli che dominano il farsi della realtà naturale e anche la vita biologica dell’uomo. A Cartesio si deve anche l’invenzione di un metodo di ricerca, spiegato in alcuni suoi importanti trattati, come “Il discorso sul metodo”, che si basa su 4 fasi successive: l’evidenza (per la quale non si deve mai accettare per vera alcune cosa che non sia intuibile con perfetta chiarezza, vuol dire che ogni oggetto di studio deve essere reale, quindi le indagini speculative teologiche non possono fare parte della scienza), l’analisi (ogni oggetto di ricerca deve essere scomposto nelle sue parti prime e valutate attentamente), la sintesi (deduzione dai dati raccolti di una legge universale), e infine l’enumerazione che controlla tutte le fasi dell’indagine metodologica. A cavallo tra ‘500/’600, ma soprattutto nel ‘600, grazie all’uso del microscopio si sviluppa una nuova branca della medicina: l’embriologia (sviluppo embrione nel corpo umano). Il microscopio infatti rende possibile non solo l’investigazione sulla parte anatomiche più piccole ma anche sui principi germinali che stanno alla base della fisiologia riproduttivi, dando il via agli studi sugli apparati genitali e riproduttivi sia maschili, sia femminili. È in questo momento che si scopre il dismorfismo sessuale, cioè il modello doppio dal punto di vista sessuale, ovvero i rispettivi ruoli nella riproduzione, giacché nel Medioevo si credeva che ci fosse un modello unico, quello maschili, di cui la donna era solo un pallido riflesso, una esemplificazione in negativo (la donna era l’uomo peggio riuscito, con minori qualità sostanziali. Così si inizia ad indagare sulla formazione del vivente, e si sviluppano 2 scuole di pensiero distinte fra loro: 1.Preformistica: si basa su assunti meccanicistici, cioè il feto parte ampliando in maniera volumetrica una struttura già esistente. Quindi si può dire che dal momento in cui lo scienziato introduce l’uso della macchina sia nel concreto sia nell’ambito metaforico si avvia a una fase di progresso. CONOSCENZA = PROGRESSO Questo principio ha dietro di sé è una storia poiché il pensiero laico può vantare anch'esso, non meno del pensiero cattolico e religioso, una tradizione di pensiero filosofico. Nel 1400/1500 si assiste a una svolta a proposito della percezione che gli studiosi hanno della natura, infatti iniziano a confrontare la raccolta dei dati della realtà su piano induttivi e deduttivi per giungere a definire un sistema di leggi universali. Se poi questo sistema valesse o meno per tutti i fenomeni naturali non era così rilevante. Ma perché non ci si poneva questo problema? La fisica, cioè lo studio della natura, ricade nell’ambito della filosofia teorica e speculativa, che conduce l’individuo a una profonda conoscenza delle cose, e anche del creatore di esse. Tutto ciò conduce a un progresso di tipo spirituale e intellettuale. Questa scienza non è abbastanza efficace da poter modificare la realtà circostante poiché è una scienza teorica non basata su fatti concreti; la quale giova allo spirito e alle proprie capacità intellettive, ma non aumenta la conoscenza reale della natura e quindi non dà allo scienziato nemmeno il modo di cambiare la natura sia nel bene sia nel male. Quindi in questo senso il termine progresso non è tanto appropriato, poiché non conoscendo le leggi che agiscono sulla natura è quasi impossibile proporre un modo per modificarla, quindi la natura viene spesso descritta non per com’è realmente ma per come si vorrebbe che fosse. Questo dura fino al 1300 inoltrato (XIV secolo) periodo in cui in alcune prestigiose università europee come l’università inglese di Oxford alcuni studiosi come Roberto Grossatesta (famoso filosofo medievale), applicano agli studi di Fisica e in particolare all'ottica, un metodo sperimentale. Tra 1400-1500 e tra 1500-1600 in seguito alla rivoluzione scientifica, la scienza si incanala verso la crescita progressiva della società e della cultura a beneficio di tutti, che si definisce con il nome di progresso: questo perché gli scienziati, utilizzando una scienza più 6 efficace riescono a conoscere meglio i segreti della natura (ex: scoperte anatomo-fisiologiche in campo medico). Questo periodo fra 1400-1500 e fra 1500-1600 tra l'altro rappresenta una rivoluzione notevole anche per ciò che riguarda una branca delle scienze naturali che è la Farmacopea (la attuale farmacologia) nel senso che anche a seguito di fatti che avevano sconvolto l'Europa (ad es: la peste del 1347/1348, alla quale gli scienziati e medici tradizionali non erano riusciti a dare una risposta) si iniziò a cercare un farmaco sempre più efficace per far fronte a delle nuove malattie, che si stavano propagando sempre più in Europa e nei paesi del Mediterraneo. Questo nuovo modo di creare farmaci, attraverso processi chimici e principi attivi dà il via alla chimica moderna, la quale va di pari passo con il progresso nelle arti meccaniche. Infatti nel 1500 si comincia la costruzione di macchine, in particolare macchine belliche ma anche macchine che servono alla produzione di oggetti per la coltivazione dei campi, ecc… Da questo momento in poi scienza e progresso hanno un rapporto molto stretto, che da un lato è definito come un momento essenziale di crescita dell’umanità, dall'altra però c'è qualcuno che pone l’attenzione sul fatto che un’indagine troppo profonda sulla natura potrebbe portare l’uomo a perdersi in essa. Da qui le riflessioni di Francesco Bacone (filosofo inglese operante tra 500 e 600) che pone riflessioni sull’idea di progresso, sul concetto di scienza e critica i suoi contemporanei, tanto che conia una famosa metafora: “la scienza e quindi la conoscenza della natura come labirinto”, in cui se non si è in possesso della chiave, ovvero di una profonda conoscenza si rischia di perdersi. Per la prima volta il discorso scientifico viene fatto oggetto di una critica anche negativa, che dà l’idea quindi di una pericolosità della scienza, la quale inizia a non essere più soltanto un’inefficace speculazione, bensì diventa, insieme alla conoscenza, lo strumento del progresso. L’evoluzione da scienza teorica a scienza applicata, avvenuta nel corso del 1400 è simbolo dell’avvio al progresso. In questo caso ci si riferisce a un pensiero fondamentalmente laico: la scienza è vista com’è e quindi la conoscenza è vista come valore assoluto imprescindibile. L'universo della bioetica laica si divide fra gli assertori e i sostenitori del valore della conoscenza a prescindere e coloro che, per esempio Hans Jonas, assumono un atteggiamento prudenziale nei confronti di sperimentazioni soprattutto in campo biotecnologico, che secondo lui possono mettere a repentaglio la nostra sopravvivenza, la nostra felicità, i nostri diritti. La vera laicità secondo molti bioeticisti laici è riportare qualsiasi discorso all’umanità, misurare tutto sull’umano, infatti Kant diceva che l'uomo deve essere sempre un fine e mai un mezzo. Altro punto caratterizzante della bioetica laica è quello che riguarda la sofferenza: il laico rifiuta a priori la sofferenza quando è inutile e quando può essere evitata, poiché niente è più umano del diritto a non soffrire. Vediamo come si pongono i cattolici di fronte al problema della sofferenza, molto vasto perché è un problema che affligge tutte le religioni, come quella cristiana, la teologia e la spiritualità giudaico-cristiana. Il principio di iniquità come male del mondo nasce dalla consapevolezza che avevano gli ebrei e che ha ereditato il pensiero cristiano che si sia interrotto il patto di alleanza tra Dio (il Creatore) e l'uomo (la creatura) perché le Sacre Scritture raccontano che all'origine dei tempi, quando l'uomo era appena stato creato si macchiò del peccato originale, quindi scegliendo il male piuttosto che il bene ha aperto una frattura nel rapporto con il creatore, mettendo in discussione le premesse e le promesse che la creazione dell’uomo aveva portato con sé, come l’essere fatto a immagine e somiglianza di Dio e di poter così partecipare al divino in modo imperituro, e pregiudicandosi così la cacciata dal Giardino dell’Eden. In questo modo l’uomo si accorge che la promessa di avere il tempo infinito per sé si infrange e conosce la frustrazione del percorso storico, del ciclo della vita (nascita e morte arbitrate liberamente da Dio), viene cacciato dal Giardino dell’Eden, si caratterizza per corruttibilità e sofferenza, che forse in un atto di libera scelta fedele alle sue origini l’hanno condotto a scegliere il male piuttosto che il bene. L’unico modo che gli è stato concesso per riscattarsi è il battesimo, che funge un po' da una nuova rinascita, reso possibile dal fatto che l’Antico Testamento e tutte le vicende risolte grazie alla nascita di Cristo hanno ridato speranza di una nuova all’uomo senza però illuderlo di un vero e proprio riscatto totale. Infatti all’uomo, che deve riscattarsi viene data in cambio la possibilità di riacquistare la vita eterna oltre la morte, percorrendo una strada mostrata proprio da Cristo, figlio di Dio. Non è facile riassumere la teologia cristiana, ma è facile capire che ruolo della sofferenza minimale in tutta questa vicenda si rifà al mistero iniquitatis, cioè il mistero dell'iniquità: la malvagità e la presenza di Satana nel mondo è stata evocata dall'uomo stesso, una presenza maligna a cui i cattolici e Cristiani credono 7 rapporto ad alcune capacità essenziali per lo sviluppo della persona umana (l’uomo viene concepito come l’unione di diverse componenti, ciascuna delle quali merita attenzione), queste sono: -non morire prematuramente (tutela dell’infanzia a 360°) -la buona salute fisica, psicologica, e sessuale -essere adeguatamente nutriti (essere sfamati + buona educazione alimentare) -possedere un’abitazione adeguata (secondo norme personali e norme pubbliche) -muoversi liberamente -libertà di esprimere la propria sessualità (gay, lesbiche, ecc…) -l’uso dei sensi, l’immaginare, il pensare, il ragionare, l’essere in grado di esprimere i propri talenti creativi -diritto di amare -diritto di avere una relazione con gli altri -partecipazione alla politica (scelte attive e partecipate). “Ma chi decide se una vita è di qualità o no?” • La BL segue anche il principio di autonomia, cioè il soggetto perfettamente cosciente può decidere del proprio destino con il testamento biologico. Il “Manifesto di Bioetica Laica” dice che l’autonomia implica: libertà, responsabilità, maturità. Per quanto riguarda la libertà si fa riferimento a un trattato di un filosofo inglese dell’800 Johan Stuart Mill (teorico del liberalismo): la libertà delle scelte individuali e private deve essere la più ampia possibile, diversamente da quella pubblica che vale finché non si va a ledere quella altrui. L’aspetto laico sottolineato è la differenza tra diritto e morale (la quale se non urta e non lede nessuno non si capisce perché debba essere legata alla legge, ex: adulterio per il quale le donne vengono arrestate e gli uomini incorrono solo in una pena pecuniaria). • La BL segue poi il principio dell’umanità della morale: i laici rifiutano che i valori morali provengano da una fonte esterna, sovrannaturale, ultraterrena e divina, la morale per loro è frutto delle decisioni degli uomini ed è costruzione totalmente umana; quindi è l’uomo ad essere la fonte delle norme eterne, create nel corso della storia. Tutto ciò per la critica laica è molto apprezzabile poiché nel caso ci si trovi di fronte a situazioni gravi e dolorose i laici considerano come la morale debba misurarsi con i limiti umani, piuttosto che su un modello umano definito da principi altissimi, ma spesso irraggiungibili. esprime una visione empatica. 2 4 6 2 il concetto di natura: Quindi per la BL il concetto di natura (vedi ex di Darwin) è in continua evoluzione e cambia a seconda dei periodi storici, ed è culturale (ha dietro di sé una storia); perciò su di essa si può intervenire diventare opportunistica. La BR è ancorata al principio della “sacralità della vita”, ovvero la relazionalità che l’uomo intrattiene con il suo divino creatore. 2 4 6 2 il concetto di natura: La BR pensa che la natura è creata da Dio, secondo un disegno, con cause e finalità divine, “ex-ante” (introdotte ed intoccabili, pena l’empietà) e rispecchia il volto di Dio perché è eterna ed immutabile, se muta è solo per volere di Dio. Ex: Nel 1830/1831 Darwin ha scoperto che tutte le specie hanno un’evoluzione sulla base della legge della selezione naturale, scoperta che si scontrò a lungo con la Chiesa, che rivendicava l’idea di natura immutabile, secondo quanto detto nella Genesi (posizione di creazionisti o fissisti). Per fortuna molti cattolici hanno accettato questa idea, ma si oppongono al “caso”, al che sia il caso che determina l’evoluzione, loro dicono che c’è un “intelligent designer” (Dio onnipotente) che stabilisce il ciclo evolutivo. 10 manipolandola. Perché si prende in esame proprio la religione cattolica, piuttosto che un’altra confessione? Perché ha vincolato l’interpretazione della parola di Dio in modo ufficiale, con dei veri e propri documenti, al contrario di altre che hanno lasciato il libero esame, quindi una libera interpretazione senza un’ortodossia ufficiale. Inoltre esistono diversi tipi di autori: • Autori laici: i fondatori del pensiero laico in senso debole + altri in senso molto forte; • Autori cattolici ortodossi che seguono nella loro direzione quella che è la dottrina della chiesa; • Coloro che sono laici ma affermano in qualche modo la sacralità della vita, non in senso religioso, in senso filosofico più ampio, ritengono che l’uomo ha dentro di sè un principio che va salvaguardato; • Autori cattolici che eliminano completamente dal proprio orizzonte cattolico l’idea di fare i conti con la qualità della vita. BIOETICA LAICA La bioetica intesa in senso molto debole ha un grande valore dal punto di vista culturale e da un certo punto di vista supera quello di una bioetica intesa in senso molto forte; questo perché? (domanda d’esame) Perché se è vero che la bioetica “funge da mediazione culturale e filosofica-intellettuale, non solo fra il mondo degli umani, ma anche fra le diverse concezioni della vita di una società democratica, pluralista, multietnica e composta da stranieri morali”, è vero anche che, in nome di una dialettica sociale e culturale, essa può offrire delle linee guida per valori e diritti rivolti a una dimensione di progresso e di tolleranza. Qui è opportuno definire un termine chiave (proveniente da un manuale di bioetica scritto da un famoso violinista, Jonas): “straniero morale”, ovvero qualunque individuo che non condivida i nostri valori morali. I principi di base (le peculiarità) della bioetica laica moderna che emergono da una proposta principilistica sono: 1. Autonomia: la capacità di scegliere in modo critico, consapevole e coerente, altrimenti diventa una scelta guidata; 2. Antidogmatismo: ogni forma di opposizione al rigore dottrinale; 3. Non maleficienza: principio alla base di tutte le leggi che prevede di non nuocere alla salute altrui, e quindi di non abusare del potere decisionale (ex: medici); 4. Pluralismo/tolleranza: per gestire questo paradigma si deve disporre di una classe dirigente di scienziati preparati e consapevoli, devono essere dotati di senso critico e di responsabilità per valutare le singole situazioni e prendere la decisione adatta; 5. Umanità della morale: l’umanità nel valutare attraverso la tradizione di valori morali ogni singolo caso; ciò investe di una responsabilità maggiore chi deve decidere; 6. Valore della conoscenza: ili limite del pensiero laico è costituito dall’ottimismo nella razionalità, che deriva dall’utilitarismo illuminista, cosa che invece non è propria dei cattolici che partono da una concezione assoluta per cui hanno un sistema normativo molto più specifico. Questi principi devono essere applicati secondo 2 metodi: bilanciamento e specificazione, ovvero siccome si fa riferimento a leggi molto generali, è necessario calibrarle su ogni singolo caso specifico, valutando costi e benefici attraverso imperativi morali imposti in “prima facie” (= subito). Inoltre è utile applicare il principio di giustizia che consiste nel valutare i costi e i benefici in modo equo in ogni singola situazione. Il principilismo, come tutte le etiche laiche applicate, ha alle spalle una tradizione filosofica che risale al periodo illuminista, ma in cosa differisce da essa? Facendo un paragone tra due autori del ‘700 e due autori moderni si può vedere che l’elemento che garantiva la retta azione morale per Kant era la ragione, mentre per Mill era il criterio dell’utile o del non utile, al contrario per Beauchamp e 11 Childres non esiste un principio assoluto, ma ci sono solo una serie di linee guida comuni che seguono una prospettiva di buon senso. IL MANIFESTO DELLA BIOETICA LAICA Il “Manifesto della Bioetica Laica” è stato redatto da studiosi (i più importanti sono Mori, Flamigni e Massarenti) che si interessano dei problemi bioetici, il 09/06/1996. È un testo che introduce i temi e i motivi per i quali è sorta l’esigenza di una bioetica ed inoltre elenca i campi in cui si esprime per definire principi e valori di base. “Il Manifesto” inizia evidenziando i motivi per i quali la BL si è sviluppata (in Italia e non solo) come forma di riflessione sulla realtà, sul presente, sulla contemporaneità, sul rapporto tra scienza moderna e morale e sull’impatto che ha avuto sulla comunità umana. Il 1° è riferito alle scienze applicate, le quali hanno sollevato problemi fino ad ora sconosciuti, poiché prima la ricerca scientifica era soprattutto di tipo speculativo e fino agli inizi del ‘900 i biologi e i medici avevano toccato aspetti importanti ma solo dal punto di vista teorico, o meglio dalla metà dell’800 i progressi scientifici avevano interessato una branca specifica cioè la medicina in ambito terapeutico (ex: teoria cellulare, che aiutò nella diagnosi e nelle terapie di alcune malattie come i tumori), il quale però non permetteva di intervenire sulla struttura stessa del vivente e di conseguenza nemmeno di far scattare un dibattito. Tutto ciò invece sarà possibile nel 1962 con il premio Nobel assegnato a Watson e Crick con le ricerche sul DNA, acquisendo la possibilità di agire sul codice genetico dell’essere vivente. A partire dalla metà del ‘900 per gli scienziati, è quindi possibile conoscere la struttura basilare del vivente e con le nuove tecnologie intervenire su di essa per cambiarla. Il 2° motivo (strettamente legato al 1°) è la possibilità dell’uomo di intervenire sulla propria natura, modificandola a lungo termine, incidendo cosi sulle generazioni future (ex: biotecnologie utilizzate nel campo dell’agricoltura). Per i bioeticisti laici questa possibilità non è solo negativa o allarmante, anzi è in qualche modo giudicata come una grande opportunità, certo da sorvegliare e della quale non bisogna abusare, ma va incoraggiata perché per loro il progresso è sempre positivo, come sinonimo di evoluzione. Tale sensibilità positiva nei confronti del progresso definisce alcune culture filosofiche (che vedono la natura come qualcosa di culturale) che si rifanno a una visione ottimistica della scienza e della razionalità (laici), ma non tutte poiché ci sono filosofie e religioni che interagiscono con l’idea di scienza in modo più prudente, che sfocia nel pessimismo e catastrofismo perché queste correnti vedono nella natura una realtà che non può essere troppo modificata, una realtà immobile, perché frutto di un progetto voluto, di un disegno provvidenziale (cristiani/ cattolici) e andare contro questo prodotto creativo, attraverso una scienza senza limita, equivale compiere un atto di empietà, un atto extra-naturale garantito da un’entità trascendente. Quindi “Il Manifesto di Bioetica Laica” sottolinea la culturalità della natura e che la possibilità dell’uomo di intervenire sulla natura sia una 2a Rivoluzione Scientifica. Il 3° motivo per cui nel libro si sottolinea la necessità di intervenire sul dibattito suscitato da questa nuova scienza riguardi la società e l’opinione pubblica, le conoscenze possono intervenire sulla vita dei singoli ed è giusto che i singoli abbiano il diritto di scegliere e di sapere a che tipo di scienza rivolgersi in autonomia, termine attorno al quale si costruisce gran parte del pensiero laico. Secondo i laici, l’autonomia va rispettata, non bisogna ostacolare la 2a Rivoluzione Scientifica (al contrario di quello che successe per la 1a, con Galileo Galilei), non si può ammutolire la conoscenza e poi una loro forte esigenza è quella di rispondere con questo Manifesto e con una serie di altri documenti alle accuse mosse verso di loro dai cattolici; una di esse è: il Relativismo: i laici sono accusati di alimentare il relativismo etico, cioè il non avere un sistema di valori indiscutibili, quindi valori che possono contrarsi o espandersi; accusa che per i laici è inaccettabile, i quali si difendono dicendo che sono radicati a una tradizione autorevolissima di tipo morale e filosofico diversa da quella dei cattolici ma non meno importante. Quindi quello che gli estensori di questo documento sottolineano è che la visione laica è fondata su dei principi etici molto forti, non negoziabili (costituiscono la matrice stessa della laicità), basilari, identitari e ben riconoscibili, riuscendo a conciliare le diverse correnti facenti parte della BL assumendo, appunto, come comuni questi principi: ①Per quello che riguarda il rapporto tra società e conoscenza: 12 • Esseri autocoscienti: coloro che hanno una vita personale, cioè sono persone che hanno coscienza di sé stesse, ovvero l’essere umano in età adulta in grado di intendere e di volere, ma anche animali adulti molto evoluti, i quali hanno un grado di coscienza molto simile agli esseri umani (ex: gorilla e scimpanzé); • Esseri coscienti: coloro che hanno una vita cosciente, cioè che hanno una vita sensibile. Per conoscenza intendiamo la capacità di un organismo di interagire con l'esterno, quindi di avere una sensibilità, un'immaginazione e la possibilità di provare piacere e dolore. A questa categoria appartengono tutti gli altri animali non umani adulti (ex: cane, gatto), i feti sviluppati ( al 5°/7° mese, che hanno già una vita neurologica molto attiva), i neonati umani, adulti affetti da disabilità o patologie mentali, i quali secondo la Legge Italiana, per esempio, non hanno alcun dovere, ma gli vengono garantiti tutti i diritti, per Singer invece non è così poiché lui intende la funzionalità come capacità di interagire col mondo esterno, perciò di tipo mentale, neurologica; • Esseri non coscienti: vita non cosciente, cioè non hanno coscienza, auto-percezione e sensibilità. In questa categoria rientrano i vegetali, gli embrioni, i feti non ancora sviluppati, i neonati anencefalici (cioè con gravissime malformazioni), individui in stato vegetativo. Per Singer, che si riallaccia alla tradizione illuminista recuperando il pensiero di Locke, di fronte ad essi non si pongono problemi morali, in quanto la soglia discriminante (cioè se un individuo sia degno o meno di considerazione) è la razionalità, l’intelligenza e la sensibilità al dolore, perciò la soglia di diritto si abbassa notevolmente e gli esseri sprovvisti di queste caratteristiche non costituiscono una preoccupazione. Di conseguenza si crea una gerarchia di esseri viventi (concezione antropologica molto diversa dalle altre) e diventano accettabili pratiche come l’eutanasia, l’aborto e nel caso di bambini molto deformati l’accanimento terapeutico non è incoraggiato. Singer si pone come una voce unica e anticonvenzionale, che incrina la concezione tradizionale dell’uomo. Per lui un’azione etica è moralmente giusta quando regala benessere ad un numero molto ampio di persone quindi è tanto più giusta quanto più arreca benessere. Il termine benessere si ascrive perfettamente a una bioetica laica, a una teoria della preferenza, quindi nasconde dietro di sé non solo un benessere fisico, ma anche sociale, psicologico, morale, affettivo. Perciò l’azione mossa dallo Stato e promossa dai singoli è volta a procurare benessere, che nell’ottica di Singer, la quale è attenta ai diritti collettivi, deve essere assolutamente accessibile a tutti. L’approccio di Singer va al di là dei temi della bioetica, è un benessere che trova la sua realizzazione nelle politiche volte a promuovere la felicità umana, comprendendo un’etica ambientale, politica, sociale ed economica, la quale prevede la spartizione dei beni in modo equo. Allora è facile capire che il suo approccio non si limita a definire una scienza buona o cattiva, bensì riguarda la branca della filosofia morale contemporanea. GLI ASSIOMI DEL SUO PENSIERO: 1. Il dolore è negativo: valutazione della vita umana in base al benessere che si può trarre da essa in modo lecito + principio qualità della vita; 2. La specie umana non è l’unica a provare dolore: è il fondatore del movimento per la liberazione umana e a lui fa capo quel movimento chiamato antispecismo = concezione che valuta gli esseri viventi non solo sulla base dell’appartenenza di specie, quindi ne derivano 2 considerazioni: • se l'appartenenza alla specie non è più così dirompente, vuol dire che l'uomo perde un po' il suo primato o quantomeno viene valutato sulla base di paradigmi che possono essere comuni anche ad altre specie, perdendo la sua centralità (rivoluzione copernicana di Singer sposta l’assetto dell’uomo); • la bioetica nasce negli anni 70, circa, in paesi con alle spalle una lunga tradizione democratica, i quali maggiormente esprimono la volontà di superare tradizioni e preconcetti per allargare i diritti a un numero sempre maggiore di soggetti (battaglie di liberazione femminile, liberazione di animali, battaglie ecologiste e vegetarianesimo, messa in discussione dei modelli famigliari, ad esempio quello patriarcale, oppure della cultura tradizionale, ovvero quella occidentale per dare spazio alle altre, ad esempio quelle orientali). 15 3. (uno svolgimento del secondo): nel valutare una vita, in ambito biomedico, ma non solo, bisogna prescindere da considerazioni legate alla specie (vedi punto -2), o alla razza, al sesso, quindi niente atteggiamento discriminatorio, ma quello che va valutato sono le caratteristiche trasversali = capacità funzionali. 4. tutti noi siamo responsabili non solo di quello che facciamo, ma anche di quello che avremmo potuto fare/ che avremmo potuto impedire. Cosa vuol dire? che il nostro senso di responsabilità non basta nella nostra sfera individuale cioè la nostra azione individuale diretta non basta e non è sufficiente è importante anche che noi agiamo in modo da impedire il male, le ingiustizie e tutta una serie di azioni negative in generale. Questo ovviamente richiama il concetto di impegno sociale/politico e quindi un movimentismo che si inserisce perfettamente nel clima culturale. L’idea dell’impegno ovviamente si allarga nei confronti della natura umana, quindi non solo coinvolge noi stessi come singoli, bensì il mondo intero, perciò diventa un impegno ecologista, che rifiuta di pensare in maniera tradizionale l’uomo, come unico detentore di intelligenza razionale e per questo come depositario di diritti assoluti. Non solo, ma l’esistenza di altri organismi sensibili e intelligenti esprime una preoccupazione riguardo il cattivo uso della scienza sull’impatto ambientale. vedi principio di responsabilità di Hans Jonas. Singer ambisce a rileggere i testi sacri in senso metaforico della cultura occidentale sulla base di una nuova concezione antropologica, trasformando gli assunti della morale cristiana e cattolica. Gli assunti che fanno parte del suo indirizzo etico sono: 1. La vita non è sacra per definizione, ogni vita ha un valore differente a seconda delle condizioni e delle circostanze; 2. Ognuno di noi è responsabile della propria azione (vedi autonomia e uso della ragione); 3. Il desiderio di ciascuno di noi di vivere e di morire deve essere rispettato, quindi c'è una piena disponibilità della vita e questo progetto rientra in una teoria delle preferenze che predica un diritto dell'essere umano a scegliere cosa fare, dove vivere, quando e come morire. 4. È necessario che ciascuno di noi viva in maniera responsabile la propria genitorialità, l'essere padre e madre, quindi con piena responsabilità intravedendo nella procreazione un atto non istintivo naturale, ma un atto consapevole e ragionato. Questo fa capire come Singer sia favorevole all’aborto, anche se come rimedio ultimo, poiché predilige i metodi contraccettivi. 5. Non operare discriminazioni in base alla specie, quindi una propensione ad includere altre forme viventi nel novero dei soggetti di diritto. ①von engelhardt Nel suo pensiero bioetico laico riassume in modo convincente, partendo dal contesto sociologico culturale contemporaneo, gli orientamenti verso il principilismo e l’approccio antropologico di Singer. Egli ribadisce la necessità di un’etica applicata per una mediazione di consenso relativamente al contesto, però non arretra di fronte a una presa di posizione forte rispetto ai temi centrali del dibattito sulla bioetica; infatti declina la sua visione anche sulla base di proprie convinzioni antropologiche e filosofiche rispetto alla persona, ovvero al soggetto di diritto, allontanandosi un po' dalle posizioni principilistiche. I punti sostanziali della sua visione sono: 1. Egli definisce la società occidentale come post-moderna, rifacendosi al filosofo francese Liotard, che definì in questo modo la società del secondo dopoguerra, dicendo che era una società che partiva da una sorta di grado zero rispetto alle tradizioni filosofiche di stampo idealistico, maturate nella seconda metà dell’800 e che secondo una critica serrata erano state il terreno fertile per l’affermazione di sistemi autoritari. Allo stesso modo nel periodo contemporaneo a Engelhardt, la metafisica sistematica filosofica non è stata in grado di occuparsi dell’uomo e dei suoi diritti, poiché troppo impegnata nei concetti astratti (civiltà, giustizia, beni, valori). Così vi è un fallimento delle ideologie basilari, seguito dalla distruzione dei punti di riferimento (ragione, Dio,...). Allora gli intellettuali per contribuire in modo positivo al cambiamento decidono di proporre un nuovo modo di fare filosofia. Infatti Engelhardt sostiene l’uso di un’etica applicata, ovvero una riflessione pratica e utile alla costruzione di una civiltà fondata sulla giustizia. 16 Com’è una società post-moderna? È una società pluralista, nella quale nessuna cultura o nessuna religione si può imporre (fuga dai totalitarismi), infatti egli parla di politeismo. In questa società è fondamentale che l’etica sia vissuta con pieno principio di responsabilità e autonomia (principi guida della bioetica laica). Infatti se l’uomo si ritrova privato di un contesto di riferimento e quindi “da solo”, può contare solo sulla propria adultità, cioè il proprio essere adulto e autonomo. 2. Quindi vivere la vita morale come premio a se stessa (gratuitamente)vuol dire esprimere appieno la propria capacità di essere, la propria identità, ognuno partendo da presupposti personali, ritrovandosi in una società di “stranieri morali”. Il termine “straniero” non ha connotazione negativa di nemico, ma indica alterità= l’altro, che si rende incomprensibile ai nostri occhi, quindi è una persona che fa parte della nostra società, ma non appartiene alla stessa comunità etica (non ha gli stessi valori di riferimento). 3. Come si fa a reagire a questa situazione? Come si entra in contatto con lo straniero morale? 3A. Ci servono le strumentazioni di carattere filosofico e culturale illuministiche? No perché questo progetto tanto caro alla sensibilità laica è sempre stato moralmente assoluto e trasparente, ma ha fallito. Perché l’etica dal punto di vista ermeneutico (= dell’interpretazione) non ci serve? Perché un’etica universale basata sulla ragione, così com’è predicata dagli illuministi presuppone un bagaglio culturale omogeneo, che in una società di stranieri morali è impossibile formare. Quindi non si può pensare né alla ragione nè alla costrizione e nemmeno a una normativa astratta. 3B. La soluzione è “l’uovo di Colombo”, cioè rispetto tolleranza e pluralismo; come direbbe Platone, non potendo esserci il re filosofo né il principio di giustizia, nella comunità si conquistano, attraverso uno scambio e una mediazione, delle leggi che sono una seconda navigazione, ovvero sono leggi non prescrittive (non dotate di morale). Ovviamente non ci può essere spazio per l’etica applicata, quindi nemmeno per l’uomo che di quest’etica ne è protagonista, se non in una società liberale democratica. Egli usa due termini tecnici: accordo (contrattualismo) e libero consenso delle parti coinvolte, quindi una negoziazione pacifica. Tutto ciò ricorda l’impostazione del principilismo per cui ci sono due principi di base che non sono discutibili, e tutto il resto si tratta con mutuo rispetto, con il principio di autonomia e con una logica improntata al pluralismo. 4. Che tipo di approccio si può avere basandosi sugli assunti di azioni pubbliche e private? Egli propone una distinzione fra quelli che sono i principi sostanziali (quelli secondo cui ognuno vive la propria vita) e i principi procedurali, ovvero quelle procedure che permettono la coesistenza all’interno di una società pluralista. È chiaro che per quanto riguarda i principi sostanziali gioca un forte ruolo l’autonomia dell’individuo, cioè ciascuno di noi può scegliere di impostare la propria vita nel modo che ritiene più opportuno, ma senza danneggiare la vita altrui. Quindi in questa società composta da stranieri morali è indispensabile utilizzare delle procedure ( ex: scegliere in che modo vivere insieme, in che modo ripartire le risorse, ecc…), che non hanno il valore di legge assoluta in senso hegeliano le quali informano la storia, ma sono delle banali regole alla base della garanzia dei diritti dell’individuo. Ed è in base alla buona volontà e al duro lavoro dei singoli che ogni giorni si sforzano di costruire l’equità sociale, il buon diritto, e quindi la democrazia. Qui suggerisce un richiamo al valore illuministico della conoscenza, che è complessa poiché appartiene all’uomo moderno, che è in grado di gestire la molteplicità, generando delle procedure che in questo mare di voci sono in grado di trovare un accordo, senza affidarsi a un dittatore (molto pericoloso), ma che sappia rendere ognuno di noi guida di se stesso e sostegno per gli altri. Convergenze tra Von Engelhardt e Singer: 1. Distinzione fra persone e non persone Engelhardt è un assertore della qualità della vita e quindi concepisce una bioetica funzionalistica, ovvero una valutazione dell’individuo funzionalistica, infatti nei suoi scritti afferma che “non tutti gli esseri umani sono persone”. Che cosa significa questo? Questi due termini dal punto di vista lessicale differiscono. L’ essere umano è visto in modo ≠ dalla prospettiva cattolica rispetto a quella laica. Per i cristiani, e non solo (ex: anche per i pagani), l’essere umano, siccome ha con il trascendente un rapporto di figliazione (= figlio di dio) , rappresenta il momento più alto della creazione. Esso 17 esprimere la sua libertà di azione morale nei confronti del pianeta, minacciato, poiché a differenza di ciò che credeva Cartesio, la materia organica è sempre sul confine tra essere e non essere (la sua esistenza è minacciata dall’esterno), il che rappresenta una sfida. In questa fase di elaborazione Jonas scrive un famoso saggio: “Organismo e Libertà”, nel quale fa il punto su questi argomenti e dove per “libertà” si intende una dimensione non determinata, per sottolineare la grande avventura dell’essere e dell’organismo nella natura. 3a fase: dove va a mirare il principio di responsabilità, che rappresenta l’espressione più matura della sua azione morale? La finalità è quella di salvaguardare sé stesso e il pianeta, ben espressa in “Tecnica, Medicina ed Etica”, laddove Jonas capisce che la tecnica moderna e il progresso mettono a repentaglio la natura (organismi, ambiente, uomo, ecc…), la sopravvivenza e la dignità umana. In questa prospettiva Jonas immagina scenari possibili (ex: la clonazione per creare umanità e non la pecora dolly!, oppure casi di persone sofferenti) e si mette dalla loro parte, cercando di capire cosa potrebbe lederne i diritti. Infatti parla di diritto psicologico a sentirsi in un certo modo, e per i parenti e amici di una persona morente di diritto alla memoria, ovvero come si rapporta la nuova tecnologia rispetto a un’antichissima tradizione di sensibilità e coscienza esistenziale. Quindi in questo libro cerca di dare risposte a questi quesiti. LA BIOETICA LAICA IN ITALIA Come mai in Italia il diba�to bioe�co tra laici e religiosi è così forte più che negli altri paesi? (domanda d’esame) I ca�olici in Italia (sede del Va�cano) sono gli unici che hanno elaborato una concezione morale bioe�ca sistema�ca, poiché per primi hanno parlato di valori non negoziabili con durezza, suscitando delle reazioni altre�anto for� perché: 1) i cris�ani riforma� (protestan�, anglicani, luterani, calvinis�) non credono in una do�rina unificante rispe�o ai valori morali che discenda dall’interpretazione ufficiale del Vangelo, dato che sostengono il libero esame e negano al clero di porsi come mediatore tra le sacre scri�ure e i creden�; 2) perché il diba�to bioe�co per queste altre religioni ( islamismo, buddhismo, confucianesimo, ecc…) è stato più lento, quindi ancora molte di queste ques�oni restano da tra�are o sono in corso quindi il diba�to più maturo, cioè quello che porta a delle espressioni coeren�, si sta ancora svolgendo e si trova compiuto nei paesi in cui lo scontro è avvenuto solo tra laici e ca�olici. Il fondatore ideale della bioetica laica in Italia è ①Uberto Scarpelli, che si può considerare un autore contemporaneo, il quale ha dato alla bioetica laica in Italia la prima dimensione di carattere organico per affrontarne i vari problemi. Ci sono 2 punti che caratterizzano il suo pensiero: 1-Non cognitivismo è collegato all'idea di una etica senza Dio o senza verità nel senso che non si può fondare una morale sulla base di un sistema etico prescrittivo, cioè dogmatico. Allora che differenza c'è tra un sistema etico prescrittivo e un sistema etico descrittivo e valutativo? ciò che è prescrittivo è dato ex-ante, quindi ciò che deriva in qualche modo da un sistema di valori congelato intorno a una dogmatica (ex: i 10 comandamenti). Un’etica descrittiva e valutativa riguarda le situazioni che possono essere diverse e tende a trasmettere conoscenza rispetto ai fenomeni e a valutarli; predica che attraverso procedimenti logici e razionali si possa raggiungere la fede. Quindi il non cognitivismo implica una negazione del termine cognitivismo, che è quella dottrina di tipo gnoseologico, cioè conoscitivo, che parte dall'assunto che noi abbiamo razionalmente gli strumenti per accedere anche alle conoscenze più alte, ma Scarpelli dice che le cose divine non si possono conoscere, perché sono sottratte all' esperienza e quindi la dimensione religiosa non è cognitiva, in quanto vi si può accedere solo con la fede e non con la ragione. Dunque si chiede: ha un qualche senso fare derivare un sistema di norme che dovrebbe regolare il comportamento della società (dalla famiglia allo Stato)sulla base di convinzioni che non hanno un riscontro nella realtà? Scarpelli dice che chi è molto religioso assimila il sistema dei valori occidentali con il sistema cristiano, ma chi non è religioso si trova a dover accettare delle norme che provengono da una morale religiosa che non gli appartiene, perché la fede non può avere un ruolo di validazione. 2-Esistenzialismo perché è così importante nella definizione di un’etica? Perché la morale, secondo Scarpelli, deve fornire la risposta che il singolo dà alle domande che emergono dall’esistenza. Ciò significa che la morale deve essere umana quindi calibrata sull’uomo, con 20 tutti i suoi limiti e le sue fragilità, quindi l’esistenzialismo è la misura dell'uomo, che proviene dalla sua esperienza. Cosa c’è di laico in tutto ciò? 1. la morale umana, che ha come misura l’umano; 2. specificazione = il principio (trovato nel principilismo) secondo il quale ogni tipo di valore va contestualizzato, poiché ogni volta il singolo deve soppesare le massime e adattarle a quel determinato caso; 3. autonomia = ciascuno di noi nella sua esperienza particolare dovrebbe essere in grado di decidere da solo per quella sua specifica situazione. Quindi una decisione che si basa su questa prospettiva esistenzialistica implica due cose: 1. La scelta tra le diverse possibilità e 2. La scelta riguardo ai criteri attraverso i quali definire una condotta. Quella di Scarpelli è un’etica che privilegia la dimensione umana e motivi come l’autonomia, la tolleranza e l’assenza di danno. Per Scarpelli la bioetica è disporre liberamente di sé (etica senza verità), in quanto ogni singolo individuo nella sua autonomia deve assumersi le responsabilità delle conseguenze delle sue scelte morali. ①Eugenio Lecaldano: è idealmente l’allievo di Scarpelli, condivide molte sue idee ma una no! Egli parte da un principio diverso. Secondo quanto Lecaldano critica nel pensiero di Scarpelli la morale è arbitraria, non è cognitivista quindi non si parte dalla cognizione di un principio per sviluppare un senso morale, ma è esistenzialista, cioè ciascuno di noi può decidere in base alla propria interpretazione e quindi Lecaldano rintraccia in questa impostazione una arbitrarietà: se non c’è alcun modo di arrivare razionalmente a definire un sistema morale e se dall’altra parte il singolo è il solo che può decidere di sé, non sarà questa la fine dei sistemi morali e un inizio di un’arbitrarietà totale? Allora L. si allontana da Scarpelli e riprende un percorso più tradizionale, infatti il suo libro “Un’etica senza Dio” riassume questo taglio molto filosofico, perché egli ribatte da una parte a S. dall’ altra ai cattolici che è vero che non esiste una religione, un’eteronomia morale sulla quale si possa fondare il discorso bioetico, però non di meno il discorso bioetico può avere come fondamento autoritativo la tradizione filosofica. Ci sono stati dei filosofi che, non partendo da assunti religiosi, hanno fondato la morale su un'idea umana di giustizia che si raggiunge attraverso la ragione quindi per L. i padri della bioetica sono gli illuministi, ma non solo, in questa opera egli sceglie determinati testi per rivendicare la stessa autorevolezza delle tradizioni dei cattolici. Quali sono le critiche che i cattolici muovono verso i laici? 1)I cattolici non condividono l’idea di “straniero morale” perché considerano che accentuare l’idea di una diversità troppo forte tra gli individui ( in nome dell’etnia, o della religione) renda frammentario il dialogo fra gli uomini. I cattolici, infatti, pensano che vi sia una sola umanità, in relazione al fatto della creaturalità non si pongono il problema dell’etnia o della cultura, anche perché hanno una dimensione molto massimalistica, l’uomo è fisso nel tempo e nelle culture, ma vedono il rischio di incomunicabilità. Di fatto l’atteggiamento dei laici è antimissionario/ antipastorale: se i cattolici, a differenza dei riformati fanno prosilitismo (omelia), diffondono tramite la parola e il loro credo, il laico no, perché non ha un unico credo (tolleranza). Quindi per i cattolici troppe voci producono confusione, mentre per i laici c’è piena libertà. 2)I cattolici credono che attraverso la ragione si possa arrivare alla fede (cognitivista) e crede che la ragione posso costruire una morale universale e metafisicamente fondata, cosa che il laico non crede perché la ragione arriva a comprendere solo ed unicamente questioni di carattere umano. 3)I cattolici criticano la scissione laica tra pubblico e privato, ossia il fatto che la morale venga scissa in due momenti che creano ambiguità, ex: religione fatto intimo, cosa inaccettabile per i cattolici. 4)I cattolici accusano i laici di relativismo morale, cioè non avere un morale forte e fondata e di renderla troppo dipendente dal contesto storico, quindi non c’è una sola lettura delle cose, non ci sono dei principi inderogabili, ma tutto viene subordinato alla situazione. Ciò per una religione che sancisce un ordine definitivo delle cose è insostenibile. 21
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