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Umberto Saba: La Poesia e la Vita, Dispense di Italiano

Una profonda analisi della vita e dell'opera poetica di umberto saba. Il poeta, nato in una città periferica, cerca di trovare una identità culturale attraverso la tradizione e la ricerca di forma. La lettura delle opere di nietzsche e freud ha una profonda influenza sulla sua produzione letteraria. La poesia di saba è caratterizzata da immagini di fanciulli, uccelli, angeli e nuvole, simboli di un mondo senza colpa e di innocente vitalità. Il documento include anche una dettagliata descrizione del canzoniere, una raccolta poetica organica che registra momenti significativi della sua biografia.

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 20/02/2024

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13 documenti

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Scarica Umberto Saba: La Poesia e la Vita e più Dispense in PDF di Italiano solo su Docsity! UMBERTO SABA Quello di Saba è un tradizionalismo profondamente radicato che non dipende dal diffuso clima di restaurazione dei primi anni Venti (il cosiddetto "ritorno all'ordine"), ma che trova la sua ragion d'essere nella ricerca di un'identità culturale per chi, come lui, era nato in una città periferica, crocevia di popoli diversi. Riscoprire i classici della letteratura significa per il poeta affermare la propria 'italianità, rivendicare con orgoglio le proprie origini, segnare un'appartenenza. Tuttavia, il suo tradizionalismo non è assoluto: come molti contemporanei, per esempio, Saba condanna i versi solo «appariscenti» e «clamorosi» di D'Annunzio, ma non nega del tutto il valore poetico della lirica dannunziana. Per Saba essere fedeli alla tradizione vuol dire prima di tutto attribuire grande importanza alla forma. La sua poesia vuole essere semplice ma elegante, e in questo egli si contrappone ai crepuscolari, che proponevano uno stile disadorno che avvicinava il dettato poetico alla prosa. In passato la critica ha spesso associato Saba ai poeti crepuscolari, ma si tratta di un accostamento sempre negato dallo stesso poeta e che, a un'analisi più attenta, si rivela impreciso. Nella poesia di Saba manca infatti l'ironia, di cui fa invece largo uso Guido Gozzano. Anche nella scelta del metro Saba è fedele agli schemi tradizionali, sonetto e canzone; in quest'ultima si serve di strofe con libera alternanza di endecasillabi e settenari (la cosiddetta "canzone libera leopardiana) Nella biografia di Saba è fondamentale la lettura, compiuta in tempi diversi, delle opere di tre autori destinati a lasciare profonde tracce anche nella sua produzione letteraria. Negli anni della Prima guerra mondiale il poeta legge “Sesso e carattere” del filosofo austriaco Otto Weininger. Questi aveva teorizzato la contrapposizione tra uomo e donna, maschile e femminile, identificando nella componente femminile l'elemento negativo. Secondo Weininger ogni individuo racchiude in sé un dissidio, esprimendo sia una componente maschile, sia una femminile: l'unica via di salvezza sarebbe dunque liberarsi di quest'ultima. La lettura di Sesso e carattere lo aiutò comunque a prendere consapevolezza delle proprie contraddizioni più profonde ed ebbe come conseguenza un progressivo distacco dalla figura materna, che tuttavia non fu mai definitivamente compiuto. Agli anni Dieci risale anche la lettura degli scritti di Friedrich Nietzsche. L'incontro con il filosofo tedesco rivela al poeta la possibilità di una visione dell'esistenza diversa e più positiva: egli è il «buon maestro», penetrante indagatore delle debolezze umane. Non è dunque il Nietzsche teorico del superuomo ad affascinare Saba, come succede in parte per D'Annunzio. L'incontro con le dottrine freudiane è più tardo: nel 1929 Saba si sottopone a una terapia psicanalitica, e nello stesso tempo legge i testi di Sigmund Freud. Come già Nietzsche, Freud gli insegna a guardare nelle profondità del proprio io, spingendolo a liberarsi di un'opprimente concezione della vita che gli deriva dalle proprie radici ebraiche e dalla rigida educazione materna. La lettura di Freud costituisce un momento di svolta nella biografia di Saba e, come una rivelazione, ha importanti riflessi nella sua opera: è la possibilità di andare alla radice delle proprie angosce, con la scoperta del valore fondativo dell'infanzia. Essa si incrocia con un'accentuata disposizione del poeta all'introspezione: non per nulla il critico Gianfranco Contini ha definito Saba «psicanalitico prima della psicanalisi». Alla radice della poesia sabiana è un intricato e irrisolto nodo di conflitti: tra figura materna e paterna, tra ebraismo (la religione della madre, intesa come soffocante costrizione) e cristianesimo (la religione del padre, interpretata come possibilità di un'esistenza gioiosa e spensierata), tra passato e presente, tra sé e gli altri, tra sentimento di estraneità e aspirazione a un'armoniosa partecipazione alla comunità umana. La contraddizione di fondo che coinvolge tutta l'opera di Saba si concretizza di volta in volta in immagini diverse, ma che appartengono a due aree semantiche fondamentali: la pesantezza e la leggerezza. La poesia di Saba è dunque popolata da fanciulli spensierati e vivaci, uccelli liberi di volare, angeli, nuvole, musica: sono tutti simboli di un mondo senza colpa e di innocente vitalità. Dietro queste immagini si scoprono i due opposti modelli di vita rappresentati dal padre e dalla madre: la poesia di Saba può essere interpretata come una continua tensione verso la leggerezza, caratteristica propria della figura paterna. Si tratta però di una leggerezza mai definitivamente raggiunta e sempre controbilanciata dall'attrazione esercitata dal fantasma materno, con il suo amore soffocante e la sua dolente austerità. IL CANZONIERE A partire dal 1913 Saba comincia a pensare alla sistemazione della propria produzione poetica in un unico libro organico. Nel canzoniere Saba registra momenti più significativi della sua biografia non scrivendo semplicemente un diario ma facendone un’opera letteraria. La poesia diventa così un modo per riflettere sulle proprie contraddizioni, ansie, inquietudini; dunque, per conoscere se stesso. il canzoniere esce una prima volta nel 1921 poi nel 1945. Esso è fin da subito per Saba “l’opera di tutta la mia vita”, attraverso la scrittura il poeta cerca di dare un senso alla propria esistenza. L’opera viene sottoposta a un interminabile processo variantistico di correzioni, tagli, riscritture, prima di essere inclusi nel canzoniere. La ricerca dell’espressione giusta e della collocazione più opportuna di una poesia nel racconto del canzoniere non è fine a se stessa ma è il modo che hai il poeta per interrogare la propria vita per giungere alla verità. Rivedere e risistemare continuamente le tessere della propria storia vuol dire far emergere significati rimasti nascosti. La poesia, dunque, anche un valore consolatorio e terapeutico. Il canzoniere è organizzato in tre volumi che corrispondono alle tre stagioni della sua vita. Le poesie sulla guerra, numerose nel primo canzoniere, vengono drasticamente ridotte. Sono interventi che il poeta tace perché obbediscono di volta in volta il tentativo di costruire un proprio il ritratto raccontare la propria vita e quindi di coglierne il senso. (Petrarca e Leopardi influenze maggiori) Ciò che importava a Saba era ribadire la fedeltà alla tradizione lirica più nobile, aldilà di ogni forma di estetismo. Nel primo canzoniere sono già presenti temi fondamentali di tutta l’opera: la memoria con la conseguente contrapposizione tra un presente doloroso e un passato sereno ma irrimediabilmente perduto; il contrasto tra sensi di colpa e spensieratezza; l’incapacità di godere pienamente della vita. La raccolta Il piccolo Berto nasce in seguito alla scoperta della psicanalisi da parte di Saba. È una tappa importante nel processo di conoscenza di sé perché il poeta dispone ora di un nuovo strumento per AMAI Componimento della sezione Mediterranee del Canzoniere, Amai è una dichiarazione di poetica, nella quale Saba ribadisce il proprio amore spassionato per le parole “trite”, ossia consunte, abusate e ormai rese quasi inutilizzabili dalla tradizione poetica. Al recupero di ciò che secoli di lirica sembra aver seppellito, c’è la reazione alle tendenze simboliste e decadenti proprie di tanta produzione coeva. Emblematica è la rima “fiore-amore”, forse la più banale, e proprio per questo la più difficile da rifunzionalizzare e caricare di nuovi significati. È una parola essenziale, quella che il poeta giudica più adatta a disvelare le più profonde verità che abitano l’animo umano. Contenuta nella sezione Mediterranee del Canzoniere, la breve lirica Amai è in effetti uno dei testi più noti e più importanti dell'intera produzione dello scrittore triestino. La poesia può essere innanzitutto considerata il manifesto poetico sabiano; l'autore, prendendo esplicitamente parola in prima persona nella quartina di apertura, spiega in maniera consapevole il fine delle sue scelte poetiche. Le "trite parole” sono sia una scelta di stile che di contenuto: la rima "fiore-amore" è la più banale cui si possa pensare, e per questo la più difficile da personalizzare e rendere originale. Ed è proprio questa la sfida di Saba, che reagisce contro la continua ricerca di nuove tecniche espressive, affermando come la vera scommessa sia quella di avvalersi della tradizione per esprimere concetti e verità nuove. La verità è secondo l'autore il fine ultimo della poesia, unico mezzo di cui l'uomo può avvalersi per scoprire i più reconditi segreti del cuore umano. E proprio questa verità deve essere espressa dal poeta nel modo più semplice e immediato possibile, senza nascondersi dietro a tecnicismi e scelte stilistiche eccessivamente sperimentalistiche. Con questa visione espressa chiaramente, Saba si pone decisamente controcorrente rispetto alle tendenze poetiche a lui contemporanee. Nell'ultima strofa - un distico - Saba compie il passaggio dal passato remoto “amai”, che caratterizza la prima parte del componimento, al presente “amo”, creando un senso di continuità e di coerenza. Così si rivolge al lettore, e gli esprime ammirazione e stima per il tentativo di appropriarsi della verità, spesso dolorosa come l'amore. ULISSE + CONFRONTO Le 27 poesie che compongono la sezione Mediterranee furono scritte da Saba tra il 1945 e il 1946. Ulisse occupa l’ultima posizione, nel segno di un open ended, di un destino aperto: il poeta, moderno ulissìde, vi ribadisce, infatti, il suo amore per la vita, che lo spinge a continuare la “navigazione” incurante dei porti, nonostante le insidie e i marosi della storia, animato da un indomabile spirito d’avventura. Si ricordi, a questo proposito, quali pericoli Saba aveva corso in anni recenti, durante la guerra e le deportazioni, e quanti spostamenti e cambi di domicilio aveva dovuto affrontare. Dato che Saba, nato in una città di mare e imbarcatosi, da giovane, come mozzo su una nave mercantile, era comprensibile che fosse indotto da questi avvenimenti a pensare a sé come a una sorta di novello Ulisse, costretto a errare lontano dalla città natale. Ulisse descrive un paesaggio tipicamente marino, fatto di onde e di maree, di coste, di isolotti, di alghe, di vele, di venti, di rotte, di porti e di fari. È tale, anzi, la compenetrazione del poeta in questo scenario acquatico, che l’immagine del viaggio per mare finisce per riassumere, agli occhi di Saba, l’idea stessa del proprio destino di uomo curioso ed errabondo, assetato di esperienze, avventurosamente aperto agli incanti e alle minacce della vita. La poesia si presta a una duplice lettura, letterale e allegorica. La prima prevale nella parte descrittiva iniziale, quella che si riferisce alla giovinezza del poeta ed è, coerentemente, evocata con i tempi verbali al passato a suggerire l’idea di una consuetudine, di osservazioni e pratiche divenute col tempo abituali. La seconda prende invece il sopravvento nella parte conclusiva, più riflessiva e sentenziosa, introdotta dall’avverbio di tempo oggi e coniugata al presente, a indicare una condizione. Gli isolotti, intorno a cui, di fatto, si focalizza l’intera descrizione paesaggistica e marinara, innescano subito un’interpretazione a chiave, perché si sottolinea di essi che a vederli, coperti come sono d’alghe, brillano al sole, ma che sono anche scivolosi e che, quando l’alta marea li sommerge o la notte li rende comunque invisibili, costituiscono una terribile insidia per i naviganti, costringendoli a tenere una rotta più sicura in mare aperto. Questi scogli a fior d’onda richiamano quelli, non meno seducenti e non meno pericolosi, su cui, nell’Odissea, indugiano le sirene attirando gli equipaggi delle navi. Saba intende dire che nel corso della nostra esistenza si susseguono tante conoscenze, tante circostanze e tante avventure, e che bisogna tenere in ogni caso gli occhi bene aperti, e scansarle, se necessario, perché magari sembrano allettanti, ma alla resa dei conti si possono rivelare anche rovinose. Benché la vita riservi infortuni e ferite più spesso che gioie e soddisfazioni, Saba non si stanca di andarle incontro, mosso da un doloroso amore. C’è tanto di foscoliano nel suo non domato spirito: un Foscolo, forse, meno combattivo, ma non meno inquieto e girovago, cui la sorte nega di rimettere piede in patria, diversamente dall’Ulisse omerico. Egli è un ulissìde moderno, sul modello del Baudelaire del Viaggio o del Girovago di Ungaretti, che «in nessuna / parte / di terra» si può «accasare». Saba non si riconosce nel modello petrarchesco della fine del viaggio, del ritorno della nave in porto. In lui si risente, semmai, l’inquietudine dell’Ulisse dantesco (e pascoliano), che non sa stare a casa, non sa invecchiare davanti al caminetto, dopo aver vissuto tante avventure, e si rimette in mare. ULISSE IN PASCOLI Il tema dominante dell’Ulisse di Pascoli è la ricerca del senso dell’esistenza. La passione del poeta per l’epica, lo spinge a rivisitare l’Odissea Omerica in una chiave prettamente moderna basata sulla concezione della vita contemporanea. Praticamente l’Ulisse che è incarnazione dell’uomo moderno, dopo aver fatto ritorno a Itaca dal suo lungo viaggio ripensa a quest’ultimo e gli sembra di avere un dilagante senso di incompletezza perché non è riuscito a fare luce sui suoi dubbi. Gli interrogativi tormentano l’eroe ormai stanco e maturo, che proiettato già verso la fine della sua vita si sente come l’uomo moderno, che non riuscendo a dare un’individualità al proprio essere si sente impotente, inerme, in balia del corso degli eventi. Incapace di restare fermo in questa posizione, Ulisse decide di riprendere il mare, ormai vecchio, per non abbandonarsi alle braccia dell’oblio. Infondo l’eroe decide solamente di non voler morire senza capire il significato della propria esistenza. Per Pascoli qualsiasi altro uomo giunto ad un certo momento della sua vita si pone la stessa domanda e non trovando risposta, si abbandona al corso degli eventi giungendo passivamente alla morte, unica certezza della vita. ULISSE PER D’ANNUNZIO La poesia è tratta da Maia, poema che trae spunto autobiografico dalla crociera del poeta in Grecia e nell'Egeo nei mesi di luglio e agosto del 1895 insieme ad alcuni amici. All'inizio incontra Ulisse che lo invita a compiere le stesse imprese che egli stesso ha compiuto. Ulisse diventa il simbolo della volontà di viaggiare, sperimentare e scoprire tutto ciò che era possibile conoscere, l’uomo o meglio l’eroe solitario, forte e instancabile, alla ricerca di nuove esperienze. Diventa inoltre simbolo dell’eroe del “navigare è necessario, non è necessario vivere”, ossia l’uomo che disprezza la vita rispetto alla necessità di navigazione vista come impresa eroica. A differenza di Pascoli, Gabriele D’Annunzio vede nell’eroe omerico il modello supremo che egli stesso vorrebbe incarnare. ULISSE PER SABA ‘’Ulisse’’ di Umberto Saba parla del percorso compiuto dall'autore durante la propria vita. Egli, proprio come l'eroe greco Ulisse, ha dovuto superare molti ostacoli, ma dentro di sé ha ancora il desiderio di conoscere e sperimentare. Secondo una versione del mito, Ulisse, giunto ormai vecchio in patria, sentì l'impulso di rimettersi in viaggio, per soddisfare la sua inesausta sete di conoscenza. Abbandonò perciò nuovamente l'isola natale e gli affetti familiari. Allo stesso modo, il poeta non desidera la quiete che può offrire una tranquilla vecchiaia e non si rassegna a una passiva attesa della morte. Come Ulisse, è animato da uno slancio giovanile e si sente destinato a nuove esperienze, anche se ciò significherà dover affrontare nuove prove e inquietudini. Per il poeta l’essere sempre in viaggio non costituisce una scelta di vita, ma una condizione inevitabile. Umberto Saba riconosce che solo in questo andare senza sosta egli può assaporare appieno la vita. MIO PADRE È STATO PER ME “L’ASSASSINO” La sezione del canzoniere è intitolata autobiografia, in 15 sonetti ripercorre la vita di Saba, dal pianto della madre abbandonata fino alla guerra. In questa lunga corona di testi Saba tenta un primo bilancio: spinto dalla necessità di guardarsi indietro di ripercorrere la propria storia, la ricerca di una verità ancora da svelare, egli cerca di fissare nella scrittura un autoritratto, indagando nella sfera più intima le radici delle proprie ossessioni. In questa narrazione mette a fuoco l’origine profonde del male che lo turba: il conflitto fra i suoi genitori, divisi da due modi opposti di concepire la vita. La novità maggiore consiste nella trasformazione di un sonetto in una storia più lunga, quella della vita del poeta, infatti, Saba si è servito del sonetto come di unità di base per scadere i tempi e i modi della propria narrazione. Il sonetto è organizzato perlopiù in distici, ha un ritmo facile e nel complesso subisce un radicale abbassamento di tono. Il sonetto presenta una struttura chiara. Nella prima quartina il figlio, ormai ventenne, scopre la vera figura paterna, che le parole della madre avevano descritto in modo ben diverso. Dopo questa rivelazione egli si riconosce in essa nella sua componente fanciullesca. Nella seconda quartina Saba descrive il padre emblema di gioia e libertà, nella terza si assiste al dramma: il contrasto insanabile tra le due figure genitoriali, l’abbandono, il rancore materno e il conflitto interiore del poeta. Agli occhi di Saba quello che la madre aveva descritto come l’assassino è in realtà un bambino, vive cioè con la spensieratezza e la libertà proprie di un ragazzo. La sua, dunque, è una figura positiva, infatti, egli è stato amato da più donne. Scoprire il padre significa per il poeta anche conoscere se stesso e infatti riconosce come componente di sé la leggerezza paterna che l’austera educazione materna aveva cercato di negare. Il sonetto segna così una tappa importante del proprio processo di conoscenza di se stesso e qui infatti che la figura paterna compare per la prima volta nel canzoniere è che il poeta guarda con consapevolezza alla radice delle proprie angosce. Padre e madre sono per il poeta due figure antitetiche per le visioni della vita inconciliabili: soffocante quella della madre, gioiosamente spensierata quella del padre. È il contrasto tra rinuncia e voglia di vivere destinata ad avvelenare l’esistenza del poeta e causa della sua perenne fragilità. L’impossibilità di una coesistenza efficacemente espressa da Saba con la similitudine del palloncino che sfugge di mano alla donna; allo stesso modo il padre si era affrancato dalle costrizioni e aveva avuto il coraggio di uno slancio liberatorio. Il dramma del poeta è quello di non riuscire a fare come il padre: egli non sarà capace di liberarsi definitivamente dell’educazione austera e dolente impartitagli dalla madre e continuerà a vivere in un’intima tensione. TEATRO DEGLI ARTIGIANELLI La lirica appartiene alla sezione 1944 (1944) e descrive una rappresentazione popolare nel Teatro degli Artigianelli, a Firenze. L’atmosfera è quella della riconquistata libertà dal nazismo. Il poeta,
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