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Siro Ferrone la commedia dell'arte, Appunti di Storia del Teatro e dello Spettacolo

riassunto del saggio per esame storia del teatro medievale e rinascimentale prof Pagnini

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 13/06/2023

mylva
mylva 🇮🇹

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Scarica Siro Ferrone la commedia dell'arte e più Appunti in PDF di Storia del Teatro e dello Spettacolo solo su Docsity! 1 EXTRA 2 FERRONE 1. FERRONE: IL METODO COMPOSITIVO DELLA COMMEDIA DELL’ARTE L’autore definisce la Commedia dell'Arte un fenomeno teatrale suggestivo ma sfuggente. La commedia “improvvisata” non è un genere come tanti altri, una composizione scenica da affiancare alla tragedia, alla pastorale, al dramma musicale, alla farsa o alla commedia letteraria, perché la sua natura non è affatto semplice ma spettacolare. La Commedia dell'Arte non è il teatro dei professionisti, dal momento che molti dei suoi attori e autori non erano professionisti; molti comici illustri vivevano infatti grazie a rendite, altri alternavano la recitazione ad altri mestieri. Ferrone definisce le caratteristiche della Commedia dell'Arte basandosi sui modi e ai metodi di composizione e di produzione e ricorda che la Commedia dell'Arte è stata impermeabile ai cambiamenti storici, politici e di pensiero, che invece hanno influenzato altre forme letterarie e artistiche. La Commedia dell’Arte ha conservato i suoi metodi di produzione almeno per quattrocento anni, cominciando ad appassire tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, a causa delle tecniche di comunicazione più veloci, l'ammodernamento degli impianti, le nuove tecnologie, e a causa all'affermarsi del teatro di regia e della pedagogia teatrale. È stata soprattutto la stampa collegata allo spettacolo a spostare la Commedia dell'Arte alla periferia del lo spettacolo, ma essa ha continuato a resistere mantenendo intatte le sue caratteristiche. Il tavolino arriva sempre in ritardo Il tavolo dello scrittore è il punto di vista da cui si osserva il processo di produzione dello spettacolo, che quindi è il risultato di un percorso che va dal tavolino verso il palcoscenico e viceversa. Questi passaggi rendono più grande il testo scritto, che usa il palcoscenico come un rodaggio, per arrivare allo scopo finale, la biblioteca. Alcuni pensano che si possa fare a meno del tavolino, perché il teatro lo fanno gli attori con l'aiuto del regista, senza il bisogno di una scrittura. Per la Commedia dell'Arte il “tavolo” arriva tardi, quando lo spettacolo è già in uno stato avanzato; la scrittura su carta segue la messa in scena ed è quindi un punto d'arrivo e non di partenza. I comici avevano un minimo copione (canovaccio, scenario, fabula), ma il copione vero e proprio della Commedia dell'Arte è un sunto della pratica verbale, delle abitudini dei singoli attori, della tradizione dei singoli 2 ruoli e delle esperienze pratiche della compagnia, ma soprattutto di una tradizione collettiva. La Commedia dell'Arte somiglia più alla pratica di bottega dei pittori medievali, piuttosto che alla pratica inventiva degli artisti moderni e contemporanei. I copioni della Commedia dell'Arte sono prima di tutto trascrizioni della tradizione, delle consuetudini. I testi stampati dai comici-autori devono essere “ripuliti” delle aggiunte letterarie (stucchi) inserite per piacere ai letterati, o per rendere leggibili parti di scena altrimenti impossibili da spiegare su carta. Alcune azioni possono essere spiegate solo a voce, con la recitazione. Le aggiunte creano problemi allo studioso della Commedia dell'Arte, che usa i testi conservati ma deve saperne trarre il vero copione. Lo spettacolo è una risposta La Commedia dell'Arte è drammaturgia di risposta: i suoi attori-autori non hanno un progetto stabilito da proporre allo spettatore, ma rispondono alle sue aspettative. Essi devono sapere anticipare cosa lo spettatore preferisca, devono intuire, immaginare, prevedere. L'attore della Commedia dell'Arte è un interprete del suo passato, ma è anche mimetico nei confronti del presente. Quindi il suo compito non facile, non è illustrare fedelmente un testo proveniente dal tavolino del drammaturgo, ma assecondare l’aspettativa dello spettatore. Gli strumenti con cui l'attore riesce a incontrare le aspettative del pubblico appartengono alla sfera dell'intelligenza emotiva. Tra l’intuizione delle richieste del pubblico e la risposta dell’attore si colloca lo spettacolo. Nel nostro secolo, la massificazione del pubblico e l'industrializzazione del lavoro attorico hanno trasformato il processo di produzione in un meccanismo ripetitivo e meccanico e schematico: il teatro di intrattenimento. Per diversi secoli prima però la produzione si è basata sulla costruzione di personaggi e di ruoli destinati a creare un accordo tra creatori e spettatori. In questo modo è nato, tra gli altri, il personaggio di Arlecchino. 5 I fratelli Martinelli adottarono il loro dialetto, il mantovano, ricco di sfumature venete, emiliane, lombarde, e che in scena si arricchiva di parole latine, francesi e spagnole, dando vita a un insieme di fonemi perfetto per esprimere ragionamenti assurdi più che a comunicare contenuti. Tristano era ormai un ottimo candidato al trono di re dei diavoli, o dei pazzi o degli spettri, ma il suo titolo doveva essere riconosciuto. Occorrevano altre prove a dimostrazione della sua eccezionale natura di uomo-diavolo. Egli sviluppò le sue doti naturali, come l'elasticità delle pose atletiche, facilitata dalla scelta del costume: egli cercò una specie di tuta aderente, che disegnasse il corpo atletico, svelasse i moti dei muscoli, la tensione dei nervi, la torsione degli arti, il profilo della schiena. Ma accentuò i colori dei suoi stracci e li moltiplicò, anche questo in omaggio all'abito dei giullari della tradizione francese. Fabbricato su richiesta dei suoi detrattori, Arlecchino diventò il più importante e più significativo attore della comunità teatrale italiana in Parigi, e anche il simbolo stesso del mecenatismo di Enrico e Caterina. Chi avesse voluto denunciare gli sprechi della corte, la sconvenienza e la negromanzia senza attaccare in modo esplicito la corona, trovò in Arlecchino un perfetto capro espiatorio. Ma in questo modo il pubblico vide in lui l'affascinante simbolo della diversità, l'incarnazione di un mito. Il personaggio di Arlecchino non nacque solo come risposta a questa domanda ma fu anche figlio della satira e delle allusioni politiche. Arlecchino infatti farciva la sua recita con improvvisazioni su vicende della cronaca quotidiana, molto gradite dal pubblico. Le allusioni politiche, nascoste ma intuibili, funzionavano come un’aggiunta di pubblicità e gli attori erano testimonial involontari di pensieri ideologici. Spesso Arlecchino, il suo collega Agnan Sarat e i buffoni di Enrico III, Chicot e Sibilot, erano stati chiamati a fare da controfigure satiriche a personaggi della politica contemporanea. Chicot e Sibilot erano personaggi dietro ai quali si nascondevano, rispettivamente, il re di Navarra e il duca di Guisa. 6 Il ruolo è mobile La parte di Arlecchino fu il frutto di un gioco combinatorio e aveva una combinazione precisa: doveva essere acrobata, un po' scemo, capace più di agire che di parlare, e doveva stabilire un rapporto d'intesa emotiva con il pubblico francese. Il pubblico capiva Arlecchino mentre faticava a capire gli intrecci amorosi, più vincolati a testi letterari complessi. Nella Commedia dell’Arte i ruoli sono assegnati, agli attori vengono fornite già le coordinate entro le quali si può interpretare un personaggio con un testo. La drammaturgia della Commedia dell'Arte non può allontanarsi da questo sistema di parti e ruoli. Ma al rispetto dei ruoli è affiancato il principio opposto, di trasgressione e tradimento, per poter sopravvivere e mantenere vitalità. Nasce quindi un’Arte dinamica che prende forza dagli schemi della tradizione e dai modelli espressivi proposti da attori di nuova generazione. Quando i cambiamenti sociali sono maggiori, il confronto tra nuovo e tradizione si fa più acuto, fino a diventare un conflitto, in cui gli attori producono nuove energie creative. Lo spettacolo subisce una metamorfosi: attori e attrici passano da un ruolo abituale a uno nuovo, personaggi che rivelano nuovi lati. La trasformazione del personaggio. Il caso di Brighella In questa commedia emerge il personaggio del vecchio zio Fabrizio, spiantato e misero ma deciso a sembrare ricco e potente, alle prese con una nipote senza dote da maritare. Invece di dare la parte a un interprete specializzato nel ruolo del “vecchio”, a impersonare quella figura fu chiamato un primo zanni, cioè un Brighella. Nella compagnia del teatro San Luca di Venezia, Brighella era interpretato dal bolognese Antonio Martelli, un uomo con un grosso naso che aveva gran successo tra il popolo veneziano. Goldoni sfruttò la sua popolarità prendendo in prestito i tratti salienti del suo abituale repertorio brighellesco ne “Il servitore di due padroni”, come si evidenzia nella scena del fricandò, il tipico piatto francese. 7 Il dialogo tra Brighella e Truffaldino mostra i tipici monologhi, sproloqui e le tirate del repertorio tradizionale di Brighella, cuoco fantasioso, strampalato e vaneggiante. Il brano tratta di un menu, un progetto gastronomico elaborato in collaborazione con Truffaldino ne Il servitore di due padroni: BRIGHELLA Nella prima portada ghe daremo la zuppa, la frittura, el lesso e un fricandò. TRUFFALDINO Tre piatti li cognosso; el quarto no so cossa che el sia. BRIGHELLA Un piatto alla franzesa, un intingolo, una buona vivanda. TRUFFALDINO Benissimo la prima portada va ben; alla segonda. BRIGHELLA La segonda ghe daremo l'arrosto, l'insalata, un pezzo de carne pastizzada e un bodin. TRUFFALDINO Anca qua gh'è un piatto che no cognosso; coss'è sto budellin? BRIGHELLA Ho dito un bodin, un piatto all’inglese, una cossa bona. Una simile filastrocca gastronomica si ripete quando Brighella-Fabrizio dialoga con un’altra spalla, Succianespole al posto di Truffaldino. Qui il fricandò riappare come un “arnese del mestiere”. FABRIZIO Lo sai fare il pasticcio di maccheroni? SUCCIANESPOLE Gnor sì. FABRIZIO Un fricandò alla francese? SUCCIANESPOLE Gnor sì. FABRIZIO Una zuppa coll'erbuccie? SUCCIANESPOLE Gnor sì. FABRIZIO Colle polpettine? SUCCIANESPOLE Gnor sì. FABRIZIO E coi fegatelli arrostiti? SUCCIANESPOLE Gnor sì. Fabrizio, prima di essere lo spiantato zio, per Goldoni, i suoi attori e il suo pubblico, è l'ennesimo Brighella, il cuoco che comunica con la lingua della cucina. Con i termini culinari egli si sente vivo e amato in un mondo che in realtà lo considera inutile. Martelli, con la complicità di Goldoni, realizzò un Brighella trasformista, maniaco collezionista come l’antiquario Pantalone, padre nobile, padrone illuminato, esperto di legge. Martelli era celebre non solo per il ruolo di Brighella; era anche noto per la facilità cui si calava nei panni di personaggi molto diversi tra loro. Era un vero caratterista, la sua bravura consisteva nel fare “il vecchio in una scena, e in un'altra il giovane, senza cambiare personaggio; anzi, spesso, nella stessa scena”. 10 Solo una minima parte dell’universo comico professionale (i buffoni solitari, gli artigiani senesi napoletani fiorentini e pavani, i ballerini e i ciarlatani) si rifugiò nelle compagnie professionali. Altri rimasero da soli, poiché l’attore per sua natura è conservatore e conformista, difende il suo sapere professionale perché è il suo unico bene, e lo difende dalle innovazioni che possono metterlo in pericolo. Furono soprattutto gli attori che recitavano da poco tempo a legarsi alle compagnie, soprattutto i più giovani. LE ATTRICI L’avvento delle attrici sul palcoscenico fu determinato dal discioglimento dei ceti aristocratici d’inizio secolo. Il teatro fu il rifugio di molte meretrices honestae, poetesse, cantanti, cortigiane, che avevano lavorato nelle corti (romana e padane) e, dopo la crisi di queste e l’imporsi della Controriforma, cercavano un luogo per salvare la loro identità sociale e la loro arte. Furono queste attrici, insieme ai giovani attori, ad avvicinare il mondo del recitare a quello dello scrivere. A questo fenomeno si aggiunse l’arrivo di molti ciarlatani e venditori ambulanti, spinti a rifugiarsi nelle «fraternal compagnie» per fuggire alla repressione dei governi locali nei confronti dei vagabondi e della censura ecclesiastica nei confronti dei falsificatori di finte reliquie, dei falsi mendicanti, dei falsi storpi. Essi seppero adattare l’arte del falso alla finzione teatrale. Gli attori si dettero un’organizzazione che col tempo avrebbe vinto le censure degli accademici. Le corti ammettevano eccezioni alla regola che voleva la recitazione cortigiana affidata solo ai dilettanti e non ai professionisti, come nel caso della compagnia i “Gelosi” nella recita dell’Aminta di Torquato Tasso, ne “La Zingana” di Giancarli e ne “La pazzia di Isabella”al Teatro degli Uffizi. I ruoli canonici di una compagnia professionistica, ricavati dai documenti d’epoca e dai canovacci, sono vecchi, innamorati, servi, capitano, e corrispondono al genere “commedia” anche se le parti potevano facilmente essere adattate alla pastorale e alla tragedia. Gli attori si costituirono in compagnie creando un genere capace di funzionare per tutte le forme di teatro in voga. A Ferrara prevaleva la pastorale, a Firenze una separazione del repertorio comico da quello cortigiano, a Parigi un maggior riguardo per la vocazione buffonesca. Chi entrava in commedia entrava in compagnia, e sopravviva. Per entrare in commedia si doveva trasformare il proprio linguaggio, la seconda pelle dei comici, 11 che, prima dell’avvento della commedia, si conservava fino alla morte. Il dilemma degli attori fu trasformare il mestiere ricevuto dalla tradizione per essere accolti dagli altri oppure scomparire nel nulla conservando l’antico. Molti preferirono la trasformazione alla ripetizione. Non era facile per l’attore rimanere in Compagnia, anche per la concorrenza. Questo spiega le vicende alterne delle troupes italiane, le scissioni, le fusioni, le fughe di attori. In questo periodo i ruoli si moltiplicarono intorno a quelli base: i vecchi si sdoppiarono in almeno due maschere (il Dottore e il Magnifico), lo zanni si scisse nelle due varanti dell’acrobata e dell’intrigante, gli innamorati formarono coppie, alcuni innamorati si autopromossero Capitani. Per questo c’era bisogno di un attore non necessariamente comico, ma dotato di organizzazione, che riuscisse a connettere gli uomini e i ruoli nel Continuum dello spettacolo. Un vero organizzatore che disciplinasse gli attori, la loro successione in scena anche con modifiche dell’ultimo momento, che sostituisse le assenze e le perdite. Tenere insieme i diversi comici significava garantire la completezza del cast previsto dalla commedia. Ogni commediante che lasciava la compagnia, o vi entrava, provocava effetti immediati non solo nell’organizzazione, ma anche nella natura della fabula che si sarebbe dovuto rappresentare. La Fabula infatti era costruita come incrocio di parti e cambiando o perdendo uno solo dei suoi elementi costitutivi, essa doveva a sua volta cambiare per non alterare l’equilibrio della rappresentazione. Per questo motivo il capocomico, che prima era solo organizzatore della compagnia, divenne anche drammaturgo, continuamente alle prese con le variazioni del canovaccio. Il canovaccio era dunque il risultato di combinazioni delle possibilità offerte dalla cornice della commedia. Il drammaturgo, ex capocomico-organizzatore, era il manager che guidava gli attori ad adeguarsi ai nuovi ruoli. Furono promossi al rango di autore figure storiche come Francesco Andreini, Flaminio Scala, Pier Maria Cecchini e Giovan Battista Andreini. Le favole che essi organizzarono scaturirono da varie necessità, una necessità a priori, cioè lo schema della commedia con le sue parti prestabilite, e da variabili legate agli eventi di cronaca e alla geografia (spostamenti oi attori di volta in volta disponibili). La drammaturgia, il canovaccio, il testo non scritto, furono il risultato di un’opera paziente di adeguamento alla necessità. 12 LA STAMPA Per avere la prima edizione a stampa di un canovaccio bisogna aspettare il 1602, anche se in precedenza erano circolati dei manoscritti, in mano ai comici delle compagnie più affermate. Oltre ad essi numerose scalette e lettere che i comici si scambiarono frequentemente e che sono state conservate negli archivi di Milano, Mantova, Firenze e Napoli. Furono conservati anche i canovacci dei comici “Gelosi”, dopo essere stati sottoposti a censura. La stampa fu il mezzo più autorevole a disposizione degli attori per valorizzare il ruolo o la parte che sceglievano per sé. Il libro teatrale ebbe un valore simbolico, pari a quello della carta moneta che garantiva agli spettatori le qualità professionali della compagnia. Tra il 1583 e il 1588 apparve la collana editoriale dei comici Confidenti, che fecero una tournée in Francia dal 1584, e contemporaneamente furono stampate dallo stesso editore, L’Angelier, una pastorale di Bartolomeo Rossi (La Fiammella) e una commedia (Angelica) di Fabrizio de’ Fornaris, detto Capitan Coccodrillo, comico dei “Confidenti”. La Fiammella è del 1584, l’Angelica del 1585, ed entrambe erano dedicate al duca di Joyeuse, intermediario del re Enrico III nella preparazione della tournée. Dello stesso 1585 è un’opera sulle gesta di Arlecchino, stampata dall’attore italiano Tristano Martinelli che interpretava Arlecchino e si tratta del Pamphlet con cui l’attore replicava a un uomo che gli aveva dato del ruffiano. Il documento è interessante perché mostra il cast della compagnia in Parigi, suggerendo la presenza del celebre attore. Il fratello di Tristano, Drusiano, aveva sposato la prima donna dei «Confidenti», Angelica Alberghini. È proprio il suo nome a dare il titolo alla commedia del Capitan Coccodrillo ed è sempre lei uno dei personaggi principali dell’Alchimista, commedia di un altro Confidente, Bernardino Lombardi. L’editoria aspirava a raggiungere un rango superiore usando il modello letterario come leva. Quindi i testi non rispecchiano esattamente la cultura drammaturgica ma sono stati deformati adattandosi al decoro della corte che li commissionava. Addirittura il comico Adriano Valerini si esibì in bella prosa, in rime e in una tragedia, Afrodite), usando un metodo letterario.
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