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Sistema Informativo Aziendale e Contabilità Direzionale, Appunti di Controllo di Gestione

Il ruolo del sistema informativo aziendale nella presa di decisioni e la classificazione dei sistemi informativi aziendali. Inoltre, si approfondisce la contabilità direzionale, il controllo di gestione e i sotto-sistemi della contabilità direzionale. Si analizzano la contabilità generale, la contabilità analitica, la contabilità previsionale e l'analisi degli scostamenti e reporting.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 14/01/2022

KossiPat
KossiPat 🇮🇹

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Scarica Sistema Informativo Aziendale e Contabilità Direzionale e più Appunti in PDF di Controllo di Gestione solo su Docsity! SISTEMA INFORMATIVO AZIENDALE L'attività direzionale consiste nel prendere decisioni (i manager, gli imprenditori e le persone collocate a vari livelli nella struttura organizzativa devono prendere decisioni). Si parla di decisioni prese con autonomia decisionale, la quale inevitabilmente comporta responsabilità (poiché le decisioni vincolano l'azienda). Per poter prendere decisioni c'è bisogno di avere a disposizione determinate informazioni, relative al determinato problema/situazione. Queste informazioni devono essere raccolte in modo strutturato in un sistema informativo che risponda agli scopi conoscitivi dei manager e alle condizioni di contesto in cui opera l'azienda (ossia ai fattori ambientali interni ed esterni). Il sistema informativo aziendale non è ovviamente solo il software, ma l’insieme delle persone e delle procedure e dei software, necessari per elaborare un dato ed ottenere un output. Il sistema informativo è quell'insieme di flussi informativi, prodotti per esigenze interne ed esterne, che si ottengono mediante l'utilizzo di procedure, metodologie, mezzi tecnici e persone utili a raccogliere ed elaborare dati grezzi per trasformarli in informazioni rilevanti. | sistemi informativi (che spesso coincidono con i software gestionali) producono informazioni rivolte soprattutto ai manager (all’interno dell'azienda), ma utili anche all’esterno dell'azienda. | sistemi informativi aziendali si possono classificare in base a diversi criteri: - al livello gerarchico dell'attività supportata (SI per le attività operative e SI per le attività direzionali); - all'area funzionale interessata (SI per la funzione di contabilità e SI per la gestione delle vendite/clienti); - al singolo processo aziendale o all'attività critica svolta (SI per gestione tesoreria e SI per gestione buste paga); ANALISI DEI COSTI E CONTABILITÀ DIREZIONALE Uno dei primi e più importanti scopi conoscitivi a cui si ambisce è sicuramente la conoscenza dei costi per effettuare scelte economiche razionali (ossia che minimizzano i costi). Misurare e analizzare i costi significa capire, misurare ed analizzare i costi aziendali per poterli ridurre. Il manager deve fare scelte efficienti. L'analisi dei costi rappresenta il cuore della contabilità direzionale (in particolare attraverso la Contabilità Analitica). La contabilità direzionale infatti, si suddivide in sotto-sistemi informativi contabili: Co.Ge e Bilancio; Contabilità Analitica; Contabilità Previsionale (budget); Analisi degli Scostamenti e Reporting Direzionale. Dalla contabilità generale si raccolgono i costi sostenuti e si vanno ad elaborare attraverso la contabilità analitica. La contabilità previsionale e il reporting solitamente non sono presenti nelle piccole aziende. La contabilità direzionale si può quindi definire come un sistema finalizzato a rilevare, organizzare e interpretare le informazioni economico-finanziarie (anche se oggi si tendono ad integrare anche informazioni non finanziarie) utili a governare l’impresa (ossia per prendere decisioni di gestione e non decisioni strategiche). CONTROLLO DI GESTIONE La contabilità direzionale è la struttura tecnico-contabile di supporto al controllo di gestione (il controllo di gestione è dunque più ampio, e contiene la contabilità direzionale). Il controllo di gestione è il sistema attraverso il quale il management cerca di utilizzare in modo efficace ed efficiente le risorse e guidare il comportamento del personale al fine di conseguire gli obiettivi aziendali (ossia spingere le persone ad agire in un certo modo). Il controllo di gestione supporta quindi una duplice funzione: funzione di guida della gestione (conoscenza) e funzione coercitiva (responsabilizzazione). Per quanto riguarda la funzione di conoscenza si ha l'esigenza di informazioni per prendere decisioni migliori con cui: - supportare decisioni operative (concedo uno sconto? mi rivolgo ad un altro fornitore?) - programmare l’impiego futuro di risorse (lancio una nuova linea di prodotti?) - controllare livelli di efficienza ed efficacia operativa (sto spendendo di più del previsto? ci sono stati molti scarti nella produzione?) - valorizzare adeguatamente alcune poste di bilancio; Per quanto riguarda la funzione di responsabilizzazione si ha l'esigenza di informazioni per: - assegnare a singoli responsabili obiettivi specifici di carattere economico (ridurre costo di produzione del 10%) - individuare le leve economiche manovrabili (quali obiettivi posso dare e quali no) - valutare le prestazioni dei responsabili (quanti degli obiettivi economici assegnati sono stati raggiunti?) ed alimentare sistemi incentivanti. Il controllo di gestione si basa sulla definizione di obiettivi e comportamenti e sul confronto periodico tra quanto realizzato e quanto programmato, che consente di evidenziare gli scostamenti e formulare un giudizio (meccanismo di feedback), per correggere i propri comportamenti, o modificare gli obiettivi. CONTABILITÀ GENERALE E CONTABILITÀ ANALITICA Analizziamo i sotto-sistemi della contabilità direzionale: - Contabilità generale (Co.Ge.): è l'insieme di tutte quelle scritture sistematiche (partita doppia) e cronologiche (in ordine di data), trascritte nei libri contabili (libro mastro e libro giornale), finalizzate alla redazione del Bilancio d'esercizio (SP, CE, Nota Integrativa, Rendiconto Finanziario); la Co.Ge. ha una finalità informativa verso gli stakeholders (verso l'esterno); - Contabilità analitica: elabora informazioni relative a specifici oggetti (ad es. solo specifici prodotti, o specifiche aree aziendali o funzioni) al fine di determinare il consumo (ed il costo dell'uso) di risorse impiegate per produrre un prodotto o per svolgere quelle attività e per determinare, in certi casi, la profittabilità di un'attività o prodotto; spesso identifica solo i costi a consuntivo; ha finalità diverse rispetto alla Co.Ge. in quanto serve soprattutto ai manager per prendere decisioni (verso l'interno); vengono considerati solo costi e ricavi della gestione caratteristica dell'azienda; non è obbligatoria; - Contabilità previsionale (budgeting): basata sul sistema di budgeting, identifica i costi preventivi (prima della loro manifestazione); questi costi vengono raccolti in un documento chiamato budget; si conclude con un bilancio preventivo; - Analisi scostamenti e reporting (gap analysis): sottosistema che sintetizza e confronta le informazioni prodotte dagli altri sotto-sistemi della contabilità direzionale (di norma confronto tra risultati a consuntivo e risultati a preventivo) al fine di produrre dei report attraverso i quali comunicare verso l'alta direzione i risultati raggiunti, gli eventuali scostamenti ed identificarne le cause; La contabilità analitica segue il fabbisogno informativo (è flessibile), a differenza della Co.Ge. la quale ha delle finalità standard stabilite per legge. Inoltre in Co.Ge. si rileva il costo nel momento in cui si ha la manifestazione finanziaria (o numeraria), mentre nella contabilità analitica nel momento in cui si ha l'utilizzazione effettiva (ossia alla contabilità analitica non interessa la manifestazione finanziaria). La contabilità generale produce informazioni e dati utili per la Co.A., e viceversa. COSTI ELEMENTARI E COSTI DI PRODUZIONE La Co.A. cerca di misurare il consumo dei fattori produttivi e attribuirli a degli oggetti (prodotti o reparti): in pratica cerca di determinare come si formano i costi. Attraverso la Co.A. si identifica cosa serve per realizzare quel bene o per far funzionare quel reparto (quali fattori produttivi necessari per creare quell’output) e poi si determina quanto di questi fattori occorre consumare (determinando i costi elementari). Per produrre il bene Y mi serve il fattore A, il fattore B e il fattore C. Il costo di A va moltiplicato per la quantità A generando il costo elementare, il costo di B per la quantità B e così via anche per gli altri. L'elaborazione di tutti questi costi elementari determina il costo di produzione (che è diverso dal costo di acquisto). | costi elementari possono essere misurati in modo oggettivo (attraverso l'osservazione quantitativa), o attraverso processi di stima (i costi non sono osservabili direttamente poiché non scaturiscono da scambi monetari compiuti, per cui vengono stimati, ossia ipotizzati, e verificati a posteriori, come ad es. ratei e accantonamenti) e congetture (i costi non sono noti, né misurabili a posteriori, pertanto la loro determinazione è ipotetica, come ad es. l'’ammortamento di un macchinario è una congettura non verificabile sulla quota annuale di consumo). Dall'analisi dei costi è possibile: valutare l'efficienza aziendale; supportare le decisioni di convenienza economica; supportare il sistema di controllo di gestione; determinare alcuni valori da inserire in bilancio (ad es. valutare le rimanenze di magazzino, costruzioni in economia, commesse non ultimate - anche se quest’ultima finalità è stata criticata poiché Co.Ge. e Co.A costruiscono i costi in modalità differenti e quindi ci possono essere distorsioni tra i 2 sistemi). OGGETTI DI COSTO E CLASSIFICAZIONE DEI COSTI Gli oggetti di costo possono essere: il costo di un prodotto, il costo di un'unità produttiva, o di una funzione aziendale, di un cliente, ecc. Per arrivare a stimare i costi di questi oggetti di costo occorre, in primis, fare 2 cose: - classificare i costi ovvero suddividerli in gruppi sulla base di specifici criteri ritenuti utili rispetto allo scopo conoscitivo (ad es. se lo scopo è effettuare il controllo di gestione diventa importante distinguere i costi controllabili da quelli che appartengono alla classe dei non controllabili); - raggruppare e sommare alcune classi di costo in modo da ottenere configurazioni di costo significativi (aggregati) per l'assunzione di decisioni aziendali (ad es. se lo scopo è determinare il prezzo di vendita diventa importante conoscere il costo pieno che somma tutti i costi sostenuti per la realizzazione del bene e non solo il costo primo che considera solo i costi di fabbricazione di un certo tipo). Esistono 2 macro categorie di configurazioni di costo: - costo pieno: (0 completo) sommiamo tanti costi - ci serve per determinare il prezzo di un bene; - costo parziale: solo i costi relativi ad alcuni fattori; Altre classificazioni: - costi variabili: variano al variare del volume di attività (o del cost driver, ossia della determinante di costo considerata); - costi fissi: non variano al variare del cost driver; tipicamente i costi fissi sono anche costi indiretti ed anche costi comuni; - costi misti: (nanno un andamento ibrido; e possono essere a scalini oppure semi-variabile). Oppure: - costi diretti: sono imputabili direttamente all’oggetto perchè quel fattore produttivo è sostenuto in via esclusiva per quell'oggetto e è possibile determinarne il consumo unitario (ad es. materie prime, lavorazione c/terzi) calcolato come Q consumata x C. medio di acquisto del fattore; - costi indiretti: si imputano indirettamente all'oggetto owero mediante un processo di ripartizione (ossia occorre trovare un elemento di collegamento che esprime il nesso di causalità del consumo del fattore produttivo) perchè quel fattore produttivo è usato per produrre più oggetti contemporaneamente (ad es. c. di amministrazione) o alternativamente (es. ammortamento macchinari). La distinzione tra costo diretto ed indiretto dipende dall'oggetto di costo. Esiste anche la distinzione tra costi speciali e costi comuni (i costi comuni sono sempre costi indiretti; di norma i costi speciali sono costi diretti in ragione della loro relazione di esclusività rispetto al prodotto). La distinzione tra c. diretto e indiretto può dipendere non solo da un legame funzionale ma anche in base alla praticità (a seconda della convenienza economica e della fattibilità della tecnica di calcolo, i costi speciali possono essere attributi all'oggetto di costo sia in modo diretto che indiretto). Molti costi diretti sono anche costi variabili, ma non vale sempre: la distinzione diretto/indiretto dipende dalla nostra scelta contabile, mentre la distinzione fisso/variabile dipende dal comportamento economico dei costi. ACTIVITY BASED COSTING (ABC) Il sistema ABC dice che le risorse (i fattori produttivi) non sono consumate dai centri di costo, ma sono consumate dalle attività, e le attività sono trasversali rispetto ai centri. Il moderno contesto suggerisce di ricorrere a sistema di misurazione dei costi che meglio comprenda/rifletta come funziona un'azienda: modello della catena del valore. Se le attività sono cruciali, dobbiamo capire quante e che tipo di attività sono svolte, il costo sostenuto per svolgere l’attività e generare valore per il cliente, e l'efficienza nello svolgere le attività. Creiamo un sistema ABC il cui assunto è che i prodotti, i servizi, i clienti, consumano le attività del processo produttivo, e queste ultime, utilizzando i vari fattori produttivi, generano i costi. Il funzionamento si basa sull’identificazione dei cost driver (activity e resource). | costi delle risorse sono attribuiti alle attività in base a resource cost driver. | costi delle attività sono attribuiti agli oggetti in base agli activity cost driver. Le fasi per implementare un sistema ABC sono: - Identificazione delle attività svolte per ottenere un output (creare mappa delle attività); un'attività è un insieme di operazioni elementari finalizzate alla realizzazione di un certo output; le attività si esprimono solitamente attraverso un verbo; le attività non coincidono con le unità organizzative (spesso coincidono con processi); per ogni attività dev'essere utile e possibile misurare il consumo di risorse; spesso è utile in questa fase attraverso un approccio bottom-up (ossia chiedere alle persone cosa fanno); 2 attività devono essere considerate distinte se rappresentano una % significativa dei costi aziendali; 2 attività vanno considerate come unica se hanno in comune stesso output e stessi input; - Attribuzione dei costi dei fattori produttivi alle attività mediante opportuni resource cost driver che esprimono la quantità di fattori consumati per svolgere le attività; per fare ciò è necessario definire i parametri/determinanti (i resource cost driver appunto), che misurino l’impiego di risorse da parte delle attività ovvero che identificano le cause di variabilità dei costi; devono essere semplici da misurare (ad es. numero di persone impegnate, superfice occupata, ecc.); - Imputazione dei costi delle attività agli oggetti di costo mediante opportuni activity cost driver che esprimono la frequenza e l'intensità della domanda di attività da parte dei singoli oggetti; occorre identificare l'oggetto finale (prodotto, cliente, ecc), e definire i fattori (gli activity cost driver appunto), che generano la domanda o il consumo di attività da parte di un oggetto di costo; la scelta degli activity cost driver dev essere fatta in funzione della specifica realtà aziendale e delle singole attività in essa identificate; la scelta degli activity cost driver dev essere fatta considerando le possibili distorsioni sul risultato finale che possono causare (preferire driver che misurano la frequenza e la durata e non driver volumetrici); L’ABC porta a determinare con più precisione il costo di prodotto. PRODUZIONE SU COMMESSA E PER PROCESSO Produrre su commessa significa produrre su ordine del cliente, e quell’ordine ha carattere di unicità (costi e tempistiche molto alte). La produzione su commessa genera un modello di calcolo dei costi basato sull'ordine del cliente appunto (Job Order Cost System) che evidenzia il costo della commessa. Molto simile (ma non identica) alla produzione su commessa è la produzione per lotti (tanti prodotti tutti uguali, es. un modello di televisore). La produzione in serie (tanti beni tutti identici) e la produzione a flusso (produco in continuazione un bene, es. petrolio) sono invece produzioni per processo. Il costo della produzione a flusso si determina attraverso il Process Cost System. Con il Job Order Cost System ci si riferisce ad un oggetto definito fisicamente e nello spazio. Il c. di commessa è identificabile, a fine commessa, come la somma di tutte le voci di costo elementari (è un costo specifico). | c. diretti nella produzione su commessa sono facilmente individuabili attraverso alcuni documenti fondamentali quali il modulo prelievo materiali, il cartellino dei tempi, la scheda di commessa. Allocare i c. indiretti di commessa è invece più complesso perché va determinato il coefficiente di allocazione (CDA) = C. indiretti / unità tot. base di allocazione. La scelta della base di allocazione segue le regole che già conosciamo (ove possibile evitare basi volumetriche). Il CDA può essere calcolato su valori effettivi (CDA effettivo = C. indiretto effettivo / unità tot. effettive della base di ripartizione) o stimati (CDA stimato = C. indiretto stimato / unità tot. stimate della base di ripartizione). Il CDA effettivo lo calcolo solo a fine commessa. Nel caso di produzione per lotti, occorre ricordarsi di dividere la somma dei costi ottenuta per il numero di prodotti del lotto (per avere il c. del singolo prodotto). Se ci si riferisce ad un flusso di prodotti uguali (Process Cost System), non è possibile identificare il singolo oggetto di costo. Il calcolo del costo di prodotto può essere fatto solo per astrazione e si calcola indirettamente come il risultato del totale dei costi di processo nel periodo diviso il numero di quantità prodotte nel periodo (è un costo medio). Per arrivare a questo occorre prima accumulare i costi ai singoli reparti, per poi fare la media. Produzione per processo significa produzione a flusso (prodotti non distinguibili) o in serie (tanti beni tutti identici). La produzione per processo è diversa dalla produzione congiunta (quest'ultima significa che la medesima produzione genera necessariamente e simultaneamente pi ù prodotti/output a causa del tipo di materia prima usata e/o del processo di trasformazione continuo, come la lavorazione del grano ed altre materie prime, industria lattiero-casearia, ecc.). La distinzione è importante perchè nel primo caso il problema è determinare i costi di reparto per unità prodotta, mentre nel caso di produzione congiunta il problema da risolvere è come allocare al meglio dei costi comuni. Determinare il costo unitario specifico di un prodotto, è praticamente impossibile o troppo costoso, quindi calcoliamo il Costo Unitario Medio di Prodotto (somma dei costi di trasformazione sostenuti nei diversi reparti di produzione per ottenere una certa quantità di output finale). Il costo medio di reparto è dato dal totale dei costi di reparto (M.P. + MOD + C. Generali di Produzione) / Totale Unità Prodotte nel Periodo nel Reparto. Il costo unitario medio di prodotto si può meglio definire come la media di tutti i c. industriali (o di trasformazione) sostenuti nei diversi reparti di produzione, ponderata sulla base del volume di produzione transitato per il medesimo reparto. | problemi sono dati dal fatto che spesso in ogni reparto si trovano semilavorati o scarti o rimanenze iniziali/finali. Inoltre i fattori produttivi non hanno lo stesso assorbimento dei costi dei fattori produttivi. Per risolvere queste 2 problematiche occorre utilizzare la tecnica delle Unità Equivalenti di Produzione ossia le unità di prodotto finito che potrebbero essere ottenute a fronte della quantità di fattore produttivo immesso (devo trovare a quanti prodotti finiti equivale il determinato semilavorato, ecc.). Questi i passaggi logici: - Misurazione delle unità di prodotti finiti, semilavorati e scarti per reparto e della relativa percentuale di avanzamento; UEP = numero di unità (di P.Fin. o R.Fin. o Scarti) * % di avanzamento del processo; - Stima delle unità equivalenti per fattore produttivo; UEP = numero di unità * % utilizzo del fattore; - Determinazione del costo per unità equivalente: C. unitario medio (di fattore) = C. fattore/UEP complessive (di fattore); - Valorizzazione di prodotti finiti e semi-lavorati in Co.Ge.; Se sommiamo i costi unitari medi di ogni fattore otteniamo il costo unitario medio di reparto (cioè il costo di un prodotto finito che è transitato nel reparto ed ha consumato i vari fattori). Utilizziamo il metodo della media ponderata (MEP). COSTI DI PRODOTTO NEI PROCESSI CONGIUNTI Con il termine produzione congiunta si intende un processo produttivo che da luogo a 2 o più prodotti, i quali fino ad un certo momento non possono essere separati (cioè la produzione utilizza materie prime, manodopera, ecc. comuni, ma fino ad un determinato momento determinato split off, non posso dividere i costi del prodotto A dai costi di B). La produzione è congiunta perché genera necessariamente e simultaneamente 2 o più prodotti. Il problema non è similare a quello dei costi comuni, i quali devono poi essere ribaltati sui differenti prodotti (nel caso dei costi congiunti non riesco a identificarli e separarli). | vari prodotti differenziati si potrebbero produrre separatamente, ma si preferisce organizzare la produzione in modo congiunto perché così si risparmia sui costi (economie di scala) e si evitano sprechi (produrre su piattaforme diverse costa di più e richiede più tempo). Da sottolineare che i prodotti congiunti solo nella fase di vendita (ossia venduti insieme ma prodotti differenti: es. rasoi e lamette), non generano problemi di calcolo dei costi, perché i costi di produzione sono diversi (e i costi di vendita sono comuni e non congiunti). È possibile individuare 2 differenti scenari: - prodotti congiunti in senso stretto: i quali presentano valori di vendita comparabili (ad esempio latte e ricotta che piùo meno hanno valori similari); - prodotti principali e sotto-prodotti: i quali presentano valori di vendita non comparabili, cioè completamente sbilanciati (ad esempio latte scremato e formaggio stagionato); in questo contesto il prodotto più costoso è detto principale, l’altro sotto- prodotto; Analizzando il caso di prodotti principali e sotto-prodotti è possibile adottare una tra le seguenti metodologie di allocazione dei costi: 1) tutti i costi congiunti sono attribuiti al prodotto principale (quindi nessun addebito sui prodotti secondari; questa scelta anche perché nel caso in cui venissero addebitati anche sul prodotto secondario questo non sarebbe conveniente); 2a) i costi congiunti sono ripartiti tra i 2 prodotti (principale e secondario) al netto del valore di vendita dei sotto-prodotti (ossia per coerenza al prodotto secondario vengono addebitati costi pari al valore dei suoi ricavi: la parte di costi congiunti che attribuisco al prodotto principale, è pari al totale dei costi congiunti meno i ricavi, ossia prezzo di vendita per quantità, del sotto-prodotto); 2b) i costi congiunti sono ripartiti tra i 2 prodotti (principale e secondario) al netto del valore di vendita dei sotto-prodotti, meno i costi dopo il punto di split off (ossia al prodotto secondario vengono addebitati costi pari al valore dei suoi ricavi meno i costi dopo lo split off: la parte di costi congiunti che attribuisco al prodotto principale, è pari al totale dei costi congiunti meno i ricavi del sotto-prodotto a cui sono stati tolti i costi post split off); Se il prezzo di vendita del sotto-prodotto è poco significativo rispetto a quello del prodotto principale, scegliamo il primo criterio; nel caso in cui invece il prezzo del sotto-prodotto è significativo rispetto a quello del prodotto principale, allora si giustificano gli altri metodi. Analizzando il caso di prodotti congiunti in senso stretto, è possibile adottare una tra le seguenti metodologie di allocazione dei costi: 1) metodo basato sulle quantità prodotte (ossia i costi congiunti vengono ripartiti in base ai volumi di produzione, ipotizzando che ogni unità prodotta assorbe la stessa quantità di costo); 2) metodo del valore di vendita (i costi congiunti vengono ripartiti in base ai ricavi di vendita, ipotizzando che più alto è il prezzo di vendita di un prodotto, maggiore è la capacità di assorbire costi); 3) metodo del valore netto di vendita al punto di split off (i costi congiunti vengono ripartiti in base ai ricavi di vendita al netto dei costi delle lavorazioni successive allo split off); ovviamente si applica solo se ci sono costi post split off; COSTI STANDARD E ANALISI SCOSTAMENTI | costi standard ci servono per alimentare i budget per l'esercizio successivo. Sono costi ideali o teorici. | costi standard possono essere definiti come costi che rappresentano dei parametri-obiettivi (ossia dei risultati da realizzare), che vengono calcolati dal management, dai tecnici della produzione e dal controller, in base alle capacità tecniche aziendali (non guarda cosa si è fatto in passato, ma guarda il risultato massimo che è possibile ottenere dato un certo livello di capacità produttiva). | costi standard misurano i costi dei fattori produttivi che mi aspetto di consumare per il futuro. Il controllo di gestione si basa sul confronto periodico tra costi effettivi (Costo Unitario Effettivo: Actual Cost) e costi previsionali (Costo Unitario Previsionale: Standard Cost). Analisi degli scostamenti (o analisi delle varianze): se costi effettivi > costi standard, allora si ha una varianza sfavorevole; se costi effettivi < costi standard, allora si ha una varianza favorevole. | costi standard (target, obiettivi), sono costi che motivano il personale. Essi servono anche per alimentare la redazione dei budget (un budget è un programma di gestione aziendale, ossia un to do, tradotto in termini economico-finanziari, che guida il personale verso obiettivi annuali), per programmare le risorse da acquisire, per controllare le performance (gap analysis). Inoltre servono per valorizzare le rimanenze di prodotti finiti; per ridurre e semplificare le registrazioni contabili; per determinare il prezzo di vendita e prendere altre decisioni. | costi standard possono essere calcolati in diversi modi. Posso o prendere il costo teorico puro (calcolati a condizioni operative ideali) o posso decidere di optare per costi teorici rettificati (che già tengono conto delle problematiche fisiologiche e delle inefficienze che sono presenti nel contesto produttivo). Il costo teorico è sempre più basso del costo rettificato (o pratico). Un costo standard può non essere un costo stimato, e viceversa. Un costo stimato non è preceduto da un'accurata analisi dei processi, perché è frutto di una stima soggettiva. Quindi esso non rappresenta una relazione input-output ben definita. Spesso essi sono definiti a livello complessivo. | costi standard invece, sono identificati prima di tutto a livello unitario, ed esprimono obiettivi di efficienza basati su relazioni input-output e sono basati su un'analisi rigorosa dei processi aziendali. Spesso nei budget si trovano sia i costi standard che i costi stimati. | costi standard sono normalmente riportati nella distinta base. Essa contiene la quantità standard di ciascun input di materiale necessario alla fabbricazione di un'unità di output. Il costo standard delle materie prime deriva dalla distinta base per stimare la quantità di materie prime, e dall'ufficio acquisti per stimare il prezzo di acquisto standard. Il costo standard della MOD è dato dal sistema dei tempi dato dalla distinta base moltiplicato dal costo orario. | costi indiretti invece si calcolano in maniera diversa (i costi generali variabili, dati da parametri tecnici; i costi generali fissi dati da conoscenze pregresse). La stima dei costi standard per le materie prime è una misurazione oggettiva: Costo materie prime (formulazione dello standard fisico della risorsa necessaria per produrre un'unità di output) moltiplicato per il costo/prezzo di acquisto unitario (formulazione dello standard monetario). La quantità standard di materie prime non sempre coincide con la reale quantità di materie prime che poi finisce nel prodotto finito. Scarti, residui, sfridi, fanno si che serve più quantità di materia prima da immettere nel processo produttivo rispetto a quella poi contenuta nel prodotto finito. Quantità standard = specifiche di output / (1 - % di materiale improduttivo). Il profittogramma rappresenta l'andamento del reddito d'esercizio (0 profitto) rispetto al volume di produzione, data una certa struttura di costi aziendali. Il profittogramma evidenzia il concetto di margine di sicurezza MS (graficamente è la distanza tra la quantità di break even e quantità programmata): è lo spazio entro cui mi posso muovere prima di registrare una perdita. L’MS (in percentuale) si esprime dal rapporto tra la differenza tra quantità effettive (o di budget) e quantità BEP, diviso le quantità effettive (o di budget). L'effetto di leva operativa misura la variazione percentuale che subisce il reddito operativo come conseguenza di una variazione percentuale nei volumi o nei ricavi di vendita. Esso si misura come rapporto tra la differenza tra reddito target e reddito di break even diviso reddito target, a sua volta diviso la differenza tra quantità target e quantità di breakeven diviso quantità target: (ARO/RO) / (AQ/Q). Tutto dipende dalla struttura dei costi. Più alta è la leva, maggiore è il rischio. Una formula alternativa: GdL = (mdc x Q) / (mdc x Q) - CFT. Consente di determinare il grado di leva operativa in un punto. DECISIONI OPERATIVE ED ANALISI DIFFERENZIALE L'attività di management consiste nel prendere decisioni. Occorre: - definire il problema e l'ambito decisionale; - identificare le possibili alternative; - misurare i risultati economici attesi da ciascuna alternativa; - identificare effetti di tipo qualitativo e intangibile; - confronta le alternative per identificare quella che consente di raggiungere meglio gli obiettivi; - Implementare; - monitorare gli effetti; Il controller lavora a supporto del management. Per quanto riguarda l'aspetto decisionale, non tutte le decisioni sono uguali (occorre distinguere le decisioni operative da quelle strategiche). Occorre applicare i principi dell'analisi differenziale. Identificare gli elementi del profitto rilevanti per valutare la convenienza di una decisione; identificare il costo-opportunità di una decisione; apprendere le logiche di valutazione di convenienza economica comparata in condizioni di certezza (ossia quando le informazioni sono disponibili, è possibile individuare un paniere completo di alternative, sono disponibili algoritmi di calcolo dei risultati attesi), di incertezza e di rischio. Una decisione operativa è una decisione che non richiede un impegno permanente di risorse (decisioni reversibili). Prendono come riferimento un orizzonte temporale di breve periodo, e l'enfasi è sull’efficiente impiego dell'assetto delle risorse disponibili, dati i vincoli di capacità e risorse definiti. La convenienza economica è valutata sulla base di valori reddituali (ignorando valore finanziario del tempo e il rischio). Le decisioni strategiche invece richiedono un impegno permanente di risorse (decisioni irreversibili). Prendono come riferimento un orizzonte temporale di medio e lungo periodo, e l'enfasi è sulla definizione dell'assetto delle risorse strategiche. La convenienza economica è valutata sulla base di valori finanziari (flussi di cassa attualizzati). Per le decisioni operative si utilizzano sistemi a costi variabili per orientare le scelte (costi variabili e MDC). Per le decisioni strategiche si utilizzano valori finanziari (VAN, TIR, tempo medio di rientro). L'analisi differenziale a supporto delle decisioni operative si fonda sull’identificazione degli elementi del profitto rilevanti (non sono mai rilevanti le informazioni passate o storiche; sono rilevanti le informazioni eliminabili o incrementali oppure differenziali) per valutare la convenienza della particolare decisione oggetto di analisi e valutazione. Esistono 5 decisioni che si possono prendere in condizioni di certezza: - convenienza economica ad eliminare o aggiungere un segmento; Introdurre un nuovo segmento risulta conveniente, dal punto di vista economico, se tale segmento genera un risultato economico positivo, in termini di margine a copertura dei costi variabili e fissi specifici incrementali, e contribuisce, di conseguenza, all'incremento del risultato operativo aziendale. Per quanto riguarda l'eliminazione di un segmento, occorre confrontare il margine di contribuzione che verrà perso con l'eliminazione del segmento coi costi che potranno essere risparmiati (eliminabili). - convenienza ad accettare un ordine speciale; Si riferisce alla vendita di un prodotto al cliente a condizioni particolari. In primis va verificata la fattibilità tecnica (ossia se esiste capacità produttiva inutilizzata impiegabile per evadere l'ordine). Poi va considerata la convenienza economica. Si può calcolare la quantità di equiconvenienza (una quantità al di sotto della quale ho un peggioramento: si calcola dividendo CF incrementali e MDC unitario). - convenienza tra produzione interna (make) ed acquisto da un fornitore esterno (buy); Si tratta di decisioni relative alla produzione interna piuttosto che al suo acquisto esterno (produzione interna senza investimenti strutturali, altrimenti sarebbe una decisione strategica). Il punto di equiconvenienza (break even make or buy) si ha quando i costi totali rilevanti esterni (CTE = Pux Q) sono uguali ai costi totali rilevanti interni (CTI = CF ril.+ CVu x Q). L'analisi make or buy è impostata secondo un approccio di breve termine. - convenienza ad effettuare lavorazioni successive; Tali decisioni, tipiche di un'azienda con processi produttivi integrati (produzione congiunta), si riferiscono alla convenienza tra la vendita immediata di un semilavorato, che ha raggiunto una fase intermedia di lavorazione, oppure la continuazione della sua lavorazione all’interno per trasformarlo in un altro prodotto. La convenienza relativa dei 2 tipi di decisioni va valutata considerando i ricavi e i costi incrementali della fase di lavorazione successiva. La convenienza ad effettuare lavorazioni successive deve essere valutata comparando il ricavo incrementale generato dalla lavorazione successiva, dato dalla differenza tra il valore di vendita del prodotto dopo la trasformazione successiva e il suo valore al punto di separazione, coi costi incrementali della fase di lavorazione successiva (costi variabili, costi rilevanti). Il beneficio è la differenza tra ricavi incrementali e costi incrementali (i costi congiunti non sono rilevanti). - decisioni in merito all'impiego di risorse scarse; Quando alcune risorse (capacità produttiva, manodopera, materie prime) impiegate nel processo produttivo sono disponibili in quantità limitata, rispetto alle necessità, sono definite scarse. Queste rappresentano un vincolo ai programmi aziendali. In presenza di risorse scarse (ad es. in termini di capacità produttiva), non sono rilevanti i costi fissi, in quanto il loro ammontare non varia al variare del mix di produzione e vendita, essendo la capacità produttiva scarsa e, quindi, comunque saturata. Il problema è utilizzare tale capacità per realizzare il mix di produzione che massimizza il reddito operativo aziendale, in quanto impiega al meglio la risorsa vincolo. A volte si è in situazioni di rischio o di incertezza e non siamo nelle condizioni di certezza appena analizzate. In tali situazioni si utilizzano criteri diversi. Situazioni di rischio: - Criterio del valore atteso (1-individuazione degli eventi e assegnazione a ciascuno di questi, di una probabilità; 2-calcolo del valore atteso di ciascuna alternativa decisionale, in termini di margine di contribuzione medio ponderato; 3-scelta dell’alternativa alla quale corrisponde il valore atteso maggiore). Situazioni di incertezza: - Criterio del maxmin (porta a preferire l'alternativa che ha il profitto più alto tra i profitti peggiori). - Criterio del maximax (porta a preferire l'alternativa che ha il profitto più alto tra i profitti maggiori). - Criterio del sacrificio/costo opportunità (porta a scegliere l'alternativa che minimizza il costo opportunità, o sacrificio). | margini di contribuzione li trovo nella matrice dei payoff (che considera i payoff, o margini incrementali di ciascuna combinazione).
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