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Sistemi politici comparati - Vassallo, Sintesi del corso di Scienza Politica

Riassunto del manuale, Vassallo, Sistemi politici comparati

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 30/09/2021

alessioricci996
alessioricci996 🇮🇹

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Scarica Sistemi politici comparati - Vassallo e più Sintesi del corso in PDF di Scienza Politica solo su Docsity! SISTEMI POLITICI COMPARATI CAPITOLO 1 POLITICA, REGIME, STATO , SISTEMA POLITICO La politica è: - Assunzione di decisioni politiche collettivamente vincolanti, prese da autorità pubbliche, rischiando di essere sanzionati qualora non vengono rispettate suddette decisioni - La collettività ha bisogno di istituzioni che garantiscono l’ordine interno e la difesa verso l'esterno - Una comunita politica è sottoposta ad uno specifiso regime politico - I regimi politici odierni sono caratterizzati da elementi derivanti dalla formazione degli stati nazionali - POLITOLOGI: cercano di spiegare i comportamenti degli attori politici e lo svolgimento dei processi ; essi studiano ideologie ed evoluzione dei processi di un partito - POLITICA: si svolge all'interno degli stati, tra gli stati e tra le istituzioni Vv STATO MODERNO (WEBER) : nasce in Europa tra il 1600 e 1800; si è affermata l'’dea della separazione dei poteri e distinzione tra politica, economia e religione; è contraddistinto da: - Definizione di confini territoriali - Identità nazionale che fissa un confine culturale - Neutralizzazione e sottomissione dei contropoteri (feudali, le corporazioni, le gerarchie ecclesiastiche e gli ordini religiosi) - Creazione di una burocrazia pubblica - Tutela della sovranità nazionale - Monopolio della imposizione legittima alle istituzioni pubbliche \V DEMOCRAZIA: si è affermata nell’ambito degli stati nazionali e con la globalizzazione gli stati non sono in grado di gestire i macro fenomeni socio-economici (migrazioni, crisi economiche e ambientali) Per analizzare lo scenario internazionale bisogna osservare e studiare ogni realtà politica interna; attenzione rivolta alle interazioni e ai processi che si svolgono all’interno dei sistemi politici; TEORIA GENERALE DEI SISTEMI (PARSONS): concepire la politica come un sistema, composta da elementi tra loro interdipendenti governata da logiche non sempre chiare --- vista come una BLACK BOX; la comunicazione tra sistema politico e società si svolge attraverso input e output: gli INPUT vengono da individui, movimenti e gruppi che agiscono nella società e consistono sia in domande rivolte alla politica, sia in sostegno offerto al regime o a specifici partiti/leader; gli attori politici filtrano le domande (GATEKEEPING), le aggregano in programmi di governo e le traducono in decisioni di politica pubblica (OUTPUT) Almond e Powell: ogni sistema politico svolge funzioni SISTEMICHE (socializzazione, reclutamento politico) e di PROCESSO (articolazione, aggregazioni di interesse) Vv FINALITA' E SETTORI DELLA SCIENZA POLITICA FILOSOFIA POLITICA: lavorano sulle teorie e concetti attraverso cui si possono giudicare la giustezza morale delle scelte pubbliche STORIA POLITICA: descrive singoli movimenti, partiti, personalità e fenomeni DIRITTO COSTITUZIONALE : studia il sistema delle norme leggere La politica consta di due dimensioni: POLITICS, lotta o competizione per accedere a posizioni di governo e il potere di prendere decisioni giuridicamente vincolanti; POLICY, esercizio dei poteri di governo per rispondere alle domande della società Vv COMPARAZIONE: per descrivere un singolo sistema politico democratico abbiamo bisogno di strumenti di classificazione e di misurazione; in molti casi prima di misurare dobbiamo classificare: - Quandole differenze sono di genere o specie, cioè ci imbattiamo in differenze date dalla presenza o dall'assenza di determinate caratteristiche particolarmente importanti ai fini dell’analisi ricorriamo a classificazioni; - Sesono digrado, bisogna trovare indicatori empirici codificabili che ci diano una misura affidabile dell'intensità con cui la caratteristica in questione si presenta in ciascuno dei casi che stiamo analizzando (idea di quanto i cittadini britannici siano propensi a partecipare alla vita politica rispetto ai cittadini di altri paesi) V !!non è sempre ovvio che sia preferibile classificare piuttosto che misurare; non sempre i due metodi si escludono a vicenda, la scelta dipende dai nostri interrogativi! La comparazione ci aiuta a spiegare i fenomeni osservati attraverso fattori che li influenzano con una certa regolarità. Gli scienziati politici tendono a riformulare quesiti in termini più generali, chiedendosi quali fattori ricorrenti o specifici influenzano la partecipazione politica, la democratizzazione, il numero dei partiti o la stabilità dei governi in un particolare caso; cercano di elaborare ipotesi scientifiche grazie a dei metodi leggere METODI DI CONTROLLO STORICO E STATISTICO Studiando in parallelo il decorso di un determinato processo in un certo numero di casi possiamo provare a identificare il meccanismo causale che lo ha generato o meglio riusciamo e identificare la logica comune che sorregge quel processo e gli specifici fattori che hanno invece generato esiti differenti da caso a caso; METODO STORICO: richiede uno studio approfondito di pochi casi condotto solitamente attraverso classificazioni, tipologie e ricostruzioni di tipo narrativo; es studio della formazione dei partiti politici di massa tra 800 e 900 spiegando quali circostanze hanno portato a questo fenomeno METODO STATISTICO: confrontando il modo in cui due o più fenomeni si sono svolti in molti paesi; metodo utile per verificare se e in che misura certi fattori o aspetti del sistema politico ne influenzano stabilmente altri, può portare sostegno empirico o confutare ipotesi circa le relazioni causali esistenti tra una o più VARIABILI INDIPENDENTI (i fattori che lo spiegano) e una specifica VARIABILE DIPENDENTE (il fenomeno da spiegare); questo metodo implica il ricorso a molti casi ma ci induce a concentrarci su poche variabili; es esiste una correlazione tra adozione di sistemi elettorali proporzionali e la frammentazione del sistema partitico. Vv STRUTTURE, CULTURA, CALCOLO RAZIONALE E ISTITUZIONI La politica comparata studia molti ambiti (movimenti sociali pacifici, colpi di stato, welfare state ecc..); cerca di affrontare con un approccio realistico ed empirico, questioni di fondo riguardanti il modo in cui è effettivamente distribuito il potere politico, chi ottiene cosa dalle scelte pubbliche, come si costituiscono i non tutti i candidati e le forze politiche che potrebbero riscuotere consenso sono ammessi al voto; non tutte le decisioni della maggioranza sono considerate accettabili------- Vv Anche le costituzioni liberali presentano vincoli simili: ci sono candidati non ammessi al voto e ideologie dichiarate fuori legge; sono stabiliti diritti inviolabili; l'esercizio di potere è sottoposto a limiti Ma tutto ciò è finalizzato a garantire l’effettività del processo democratico: - oltre aldiritto di voto, sono garantite le libertà civili fondamentali di opinione, parola, informazione, associazione, compresa la libertà di esprimere dissenso verso l'operato del governo - l’esercizio del potere di governo è sottoposto a controlli e contrappesi per impedire che possa essere usato per comprimere i diritti politici o le libertà civili R MISURARE LA DEMOCRAZIA Mentre le democrazie garantiscono il pluralismo politico, nelle autocrazie si afferma al potere una <<COALIZIONE DOMINANTE>> che esclude sistematicamente altri gruppi; invece che con elezioni libere la sostituzione dei governanti avviene per via ereditaria o per cooptazione, attraverso guerre, riv popolari, colpi di stato, elezioni truccate o non competitive. Nelle autocrazie i governanti ricorrono a diverse motivazioni per giustificare la loro pretesa di esercitare il potere senza o contro il libero consenso dei governati: si presentano come custodi di tradizioni ancestrali, di giuste dottrine; nei regimi autoritari la partecipazione spontanea dei cittadini e l'espressione del dissenso vengono scoraggiati, la popolazione viene incoraggiata all'adesione al regime; i diritti di libertà non sono garantiti. Vv Per misurare il grado di democraticità di un paese bisogna estrapolare da definizioni un elenco di requisiti e usarli come una sorta di checklist; Dahl per esempio ha stilato un elenco di <<garanzie costituzionali>> che i regimi democratici dovrebbero assicurare. 1972 indagine di Freedom House: svolta da un gruppo di analisti ed esperti che sono chiamati a rispondere a 10 domande relative alla garanzia/limitazione dei diritti politici e 15 domande relative alla garanzia/limitazione delle libertà civili; il primo blocco di domande riguarda la correttezza del processo elettorale; il secondo blocco riguarda la libertà di pensiero ed espressione; le risposte a ciascuna domanda espresse in punteggi che vanno da 0 (massima limitazione) a 4 (massima garanzia); i punteggi del primo e secondo vengono aggregati e ricodificati, invertendo la direzione, per ricavare due distinti punteggi complessivi per paese sulla limitazioni che vanno da 1 (massimo della garanzia) a 7 (minimo); facendo la media fra questi due si ottiene un punteggio finale che porta alla classificazione tra paesi liberi (da 1 a 2,5), parzialmente liberi (da 3 a 5), non liberi (5,5 a 7); Progetto Polity: assegnati due punteggi (da 0 a 10) a ciascun paese; il primo misura la presenza di alcune caratteristiche tipiche delle democrazie, mentre il secondo misura la presenza di caratteristiche tipoche delle autocrazie; sottraendo il secondo valore al primo si ottiene un punteggio unico che va da -10 a +10; un valore positivo indica che prevalgono caratteristiche democratiche, un valore negativo indica il contrario. Hadenius e Teorell hanno mostrato che si ottiene una misura più valida e affidabile del grado di democraticità di un paese, combinando i risultati delle due ricerche, riconducendoli a una stessa scala per calcolare un nuovo indice, per ogni anno e per ogni paese, dato dalla media tra i due (FH/Polity) LEGGERE TUTTO LO SVILUPPO DELLA DEMOCRAZIA NEL TEMPO Una periodizzazione ormai consolidata riguardo alla diffusione della democrazia è quella proposta da Huntington, il quale parla di ONDATE DI DEMOCRATIZZAZIONE E RIFLUSSI per indicare un fenomeno verificatosi più volte tra 800 e 900: c'è stato un aumento costante della quota dei paesi democratici dall'inizio dell’800 al 1920 (prima ondata) a cui è seguito un forte calo nel 1930 (primo riflusso); una seconda ondata si è avuta nel secondo dopoguerra con il ritorno delle democrazie nei paesi dell'Europa occidentale posti sotto l'influenza americana e con l'indipendenza delle loro ex colonie, in molti casi poi regredite verso regimi autoritari negli anni 50 e 60 (secondo riflusso); la terza ondata è iniziata a metà degli anni 70, ha coinvolto i paesi del Sud Europa (Spagna, Portogallo e Grecia), dell'America Latina (Venezuela, Brasile, Perù), ex colonie britanniche, e dopo il 1989 i paesi dell'ex blocco sovietico; non si è poi verificato un terzo riflusso. V LE DETERMINANTI ECONOMICHE E CULTURALI Due famiglie di ipotesi, per spiegare come in certi paesi la democrazia sia arrivata prima: 1°) la democrazia è favorita dallo sviluppo economico, in quanto esso rende le società più ricche e complesse; fine anni 50 Martin Lipset prende a riferimento da un lato i paesi europei e di lingua inglese, dall'altro paesi latinoamericani; aveva dimostrato come le democrazie stabili presentassero livelli di ricchezza, industrializzazione, urbanizzazione e istruzione più elevati rispetto alle democrazie instabili o alle dittature; aveva anche notato che se un rapido sviluppo economico crea forti diseguaglianze può portare alla radicalizzazione delle classi più svantaggiate e all'uso da parte di leader autoritari del loro malessere. V Adam Przeworski ha notato che le democrazie mostrano una maggiore capacità di sopravvivere nei paesi con: - Livelli più alti di reddito pro capite e di istruzione - Distribuzione della ricchezza meno diseguale - Dovenon c'è forza politica preponderante e si verificano alternanze più o meno ogni 5 anni - Doveè stata adottata la forma di governo parlamentare invece che presidenziale 2°) influenza dei fattori culturali e religiosi: secondo Weber l'autonomia individuale e la ricerca dell’autorealizzazione proprie della cultura moderna, alla base dello sviluppo capitalistico, furono favorite dallo scisma protestante e dalla diffusione dell'etica calvinista; Huntington ha sostenuto che l'espansione o il recesso della democrazia sono influenzate da specifiche predisposizioni di ciascuna civiltà, cioè i modi di pensare, concezione del rapporto tra gli individui e società; ha anche predetto che lo scontro tra civiltà potrebbe essere alla base di futuri conflitti globali: la cultura trasmessa attraverso la religione confuciana (Cina, Corea e Vietnam) inibisce l'affermarsi di una distinzione tra società e stato in quanto enfatizza l'importanza dell'autorità contro la libertà individuale; l’Islam incorpora una visione egualitaria con la democrazia ma tende a rifiutare ogni distinzione tra comunità religiosa e comunità politica, tra legge coranica e diritto; queste analisi indicano soltanto che la democrazia si è instaurata con maggiore frequenza nei paesi con una più alta percentuale di cattolici. La teoria della modernizzazione culturale proposta da Inglehart combina in un certo senso le due prospettive (economica e culturale); più che alla religione bisogna guardare alla diffusione in ciascun paese di valori che esaltano la libertà individuale, dalla diffusione di valori <<autoespressione>> o <<emancipativi>> ; questi valori sarebbero a loro volta promossi dallo sviluppo economico, dalla diffusione del benessere e dall’istruzione. _R FATTORI STORICI CONTINGENTI DELLE TRE ONDATE L'analisi statistica ci aiuta a verificare quali fattori promuovono la democrazia nel lungo termine, ma ciascuna delle tre ondate è anche frutto di una concatenazione di fattori economici, sociali e politici che può essere ricostruita solo attraverso l’analisi storica (pochi casi e molte variabili); ricerca svolta da Barrington Moore ebbe oggetto 6 paesi (uk, fr, usa, cina, giappo, india) e identificò i fattori che hanno portato i primi 3, al contrario degli altri, a superare la transizione da un'economia agricola a una industriale approdando stabilmente alla democrazia sin dalla PRIMA ONDATA; l'esito democratico possibile perché la monarchia e l'aristocrazia terriera si sono indebolite; la SECONDA ONDATA fu favorita soprattutto da fattori internazionali: la sconfitta nella seconda guerra mondiale dei paesi dell'Asse (Germania, Italia e Giappone) e dei loro alleati, l'indipendenza delle rispettive ex colonie, l'influenza americana sull'Europa occidentale; Huntington ha messo in evidenza 5 elementi alla base della TERZA ONDATA: 1. La forte e costante crescita economica degli anni '50 e '60, con la diffusione del benessere e dell'istruzione, aumentando l'autonomia della società civile e la domanda di diritti e libertà individuali 2. La successiva recessione economica iniziata con gli shock petroliferi della prima metà degli anni '70 e le connesse tensioni sociali portarono a una crisi di legittimazione dei regimi autoritari 3. Conil Concilio Vaticano Il (1962-1965) la dottrina della Chiesa subì un cambiamento e interiorizzò un giudizio positivo della democrazia e la libertà di coscienza, che fino ad allora erano state considerate con ostilità e sospetto 4. Anche le politiche degli altri principali attori internazionali cambiarono in senso favorevole alla democratizzazione: Carter con l'America Latina, e Reagan ripresero a sfidare i regimi comunisti; la parziale liberalizzazione avviata da Gorbacev nel 1986 alleggerì i vincoli dell’Unione Sovietica sui paesi satelliti 5. L'affermazione dei mezzi di comunicazione di massa a livello internazionale ha facilitato la rapida diffusione di casi esemplari in cui le transizioni alla democrazia hanno avuto rapidamente successo, stimolando le emulazioni e creando un effetto valanga R TIPI DI AUTOCRAZIE E MODALITÀ DI TRANSIZIONE 1°modo di classificare i regimi non democratici-----riferimento alla composizione della coalizione dominante: - Nelle MONARCHIE ASSOLUTE la trasmissione del potere avviene per via ereditaria; il fulcro della coalizione dominante è composto da una famiglia reale che deriva la sua legittimità a governare da tradizioni ancestrali spesso intessute di elementi religiosi; Weber li definisce regimi patrimoniali; si tratta della forma di governo autoritaria più diffusa nell'800 e oggi presente solo in Medio Oriente. - I REGIMIA PARTITO UNICO sono instaurati e sostenuti da movimenti politici organizzati che conquistano il potere ed escludono ufficialmente il pluralismo mettendo fuori legge i partiti avversari; sono sostenuti da una giustificazione ideologica e anche da un certo (iniziale) consenso popolare; sono entrati in scena solo all’inizio del 900 con le rivoluzioni comuniste (Russia e Cina) e l'avvento al potere di partiti fascisti (Italia e Germania) ma anche questa forma oggi è confinata in pochi paesi (Cina, Vietnam, Laos e Cuba) - I REGIMI MILITARI instaurati attraverso un colpo di stato e con una giustificazione di tipo tecnocratico; ebbero un picco a metà degli anni '70, soprattutto in America Latina, per poi declinare negli anni '90 finendo per riguardare quasi solo i paesi africani del Sud-Est asiatico (Congo, Thailandia, Birmania, Pakistan) - La forma autoritaria oggi prevalente è quella dei regimi a multipartitismo limitato, che è forse preferibile definire come autoritarismi elettorali o pseudo democrazie, cioè regimi che prevedono lo svolgimento di elezioni a cui sono ammessi più partiti che però non sono affatto libere; il partito di governo è in condizione di eliminare gli avversari e manipolare i risultati Questi sono i tipi PURI ---- nella realtà troviamo anche degli IBRIDI; tutti i tipi possono assumere inoltre la torsione di dittatura PERSONALE quando la coalizione dominante più che essere tenuta insieme dai legami organizzativi di partito o militari, ruota intorno a un singolo leader VB partecipazione tra i cittadini: ci sono poche persone impegnate con notevole intensità (attivisti), molte persone che si informano ma difficilmente prendono parte a iniziative pubbliche (spettatori), una quota crescente di persone che sono o si sentono completamente estranee alla sfera politica, perché la disprezzano o la ignorano (apatici) Ci sono diversi fattori che possono facilitarla; uno di questi fattori riguarda la dotazione di risorse individuali---secondo l'ipotesi della centralità sociale, le persone con maggiori competenze e reddito e con uno status sociale elevato tendono a intraprendere più spesso azioni politiche; un altro fattore è la socializzazione politica ---- l’imprinting assunto in questa fase, quando per la prima volta si è avuta la possibilità di avere un ruolo nella sfera pubblica, tende a rimanere anche nelle fasi successive della vita; uno dei motivi che disincentivano il coinvolgimento in azioni collettive è il timore che gli altri agiscano da free rider o tradiscano il gruppo per salvaguardare propri interessi individuali La partecipazione può essere favorita dalla cultura diffusa nel contesto in cui si vive e nella presenza di valori e norme condivise (capitale sociale); Altre ricerche hanno messo in evidenza l'impatto degli incentivi istituzionali, mostrando, ad esempio, che la partecipazione elettorale è più elevata in presenza di sistemi elettorali proporzionali quando ci sono molti candidati e partiti che si presentano alle elezioni, oppure quando la distanza tra i primi due candidati in un collegio nominale è ridotta; nel primo caso la partecipazione diventa più attraente perché ogni elettore ha l'opportunità di trovare un candidato o un partito nel quale riconoscersi, nel secondo perché ogni elettore sa che il suo voto piò essere decisivo; Un altro fattore è il senso di appartenenza, o di identificazione nei confronti di un determinato gruppo, di una categoria o di una classe sociale, di una nazione, comunità etnica o religiosa La partecipazione è promossa infine dalle sollecitazioni che gli individui ricevono da parte di organizzazioni; le persone meno inclini a partecipare possono essere spinte a farlo se le persone più impegnate mettono a disposizione dei primi un’infrastruttura organizzativa che abbassa i costi della partecipazione individuale, la rende potenzialmente efficace, crea un senso di appartenenza e identificazione, diffonde informazioni e forma competenze per il raggiungimento degli scopi comuni, offre gratificazioni e opportunità di acquisire ruoli a ciascun partecipante (esempio comitato per la pulizia del parco, creato da due amici che riescono a coinvolgere quasi tutti i residenti nello stesso quartiere); non tutte le organizzazioni perseguono scopi politici, ma tutte potrebbero intraprendere azioni che contribuiscono a influenzare le decisioni pubbliche e la competizione per accedere a ruoli di governo e potrebbero, quindi, diventare attori del sistema politico; Le organizzazioni possono essere divise in 3 grandi categorie: - Gruppi di pressione: cercano di influenzare uno o più decisori pubblici affinché adottino determinate scelte, senza però partecipare direttamente, con il proprio simbolo, alla competizione elettorale; questi gruppi di solito nascono per altri scopi, ad esempio la tutela dell’interessa di una determinata categoria professionale, la promoziono di attività sportive, ricreative o culturali - Movimenti: esercitano pressioni sul sistema politico, senza presentare la propria lista alle elezioni, ma al contrario dei gruppi non sono dotati di un’organizzazione stabile e strutturata; sono tenuti insieme da credenze condivise e una forte identità collettiva piuttosto che da una struttura gerarchica; danno spesso vita a forme di protesta non convenzionali, al limite e talvolta oltre i limiti della legalità; se i movimenti non si istituzionalizzano prima o poi declinano - Partiti: a) elaborano programmi di politica pubblica che li rendano riconoscibili agli occhi dei loro potenziali elettori b) selezionano candidati per le cariche pubbliche c) coordinano gli eletti sotto il proprio simbolo; queste sono funzioni che i partiti svolgono per definizione; qualsiasi partito, se vuole rimanere tale, deve impegnarsi a raccogliere voti popolari (vote seeking), per ottenere incarichi nelle istituzioni politiche (office seeking) e influenzare in questo modo le decisioni pubbliche (policy seeking) FRATTURE E FAMIGLIE POLITICHE Famiglie politiche, accomunate da riferimenti ideali o pregiudizi comuni (comunisti, socialisti, liberali, ecc.) e si rivolgono più o meno allo stesso tipo di elettorato; dove non lo si desume dalla denominazione, è possibile rilevarlo dai programmi e dall’adesione formale a organizzazioni politiche internazionali che coordinano i partiti con lo stesso orientamento ideologico; La teoria dei cleavages (fratture) elaborata dal politologo Rokkan, contribuisce a spiegare le somiglianze e le differenze; con il termine si intende un conflitto forte e prolungato che ha profonde radici nella struttura della società, un contrasto che crea una linea di divisione tra ampie categorie di persone e che quindi favorisce la formazione di identità collettive e reti organizzative reciprocamente contrapposte; i cleavages non producono automaticamente nuovi partiti, ma creano le condizioni per aggregare cittadini intorno a identità a interessi comuni che possono essere politicizzate se il contesto istituzionale o la struttura della competizione elettorale lo rendono possibile; Fratture di questo tipo si sono create in occasioni di due momenti della storia Europea che chiama giunture critiche: la formazione degli stati nazionali e la rivoluzione industriale Nell'800, nei paesi non completamente conquistati le élite che guidarono il processo di formazione degli stati nazionali avevano ingaggiato un conflitto con le popolazioni assorbite all’interno dei confini nazionali, soprattutto nei paesi in cui erano presenti comunità etniche o linguistiche minoritarie, gelose della propria autonomia (centro/periferia); le stesse élite si sono scontrate con la chiesa cattolica a cui avevano sottratto possedimenti e il monopolio dell'istruzione (stato/chiesa) Lo sviluppo della rivoluzione industriale aveva contrapposto gli interessi agrari delle campagne a quelli del nascente settore manifatturiero (città/campagna) e gli interessi della borghesia imprenditoriale a quelli degli operai salariati (capitale/lavoro) La frattura centro/periferia ha favorito la formazione di partiti etnoregionalisti, quella tra stato e chiesa ha favorito la formazione di partiti cristiano democratici, la frattura città e campagna la formazione di partiti a protezione degli interessi del mondo agricolo, sulla base del conflitto capitale e lavoro sono sorti il movimento operaio e i partiti socialisti; al momento dell'estensione del suffragio e della formazione dei partiti di massa, il conflitto più profondo era quello tra capitale e lavoro; in ogni paese europeo la classe operaia stava diventando la principale componente dell'elettorato e la sua condizione sociale costituiva il problema più acuto; le differenze tra i paesi dipendono dalla relativa profondità delle prime tre fratture e dal modo in cui esse si sono sovrapposte; ad esempio nei paesi in cui è stato più aspro il conflitto tra chiesa ed élite promotrici dello stato nazionale, l'impatto politico della fratture urbano/rurale è stato minore; quanto più profondi e persistenti si sono rivelati i conflitti tra lo stato e la chiesa cattolica tanto più frammentata è stata la rappresentanza della classe operaia; ulteriore giuntura critica costituita dalla rivoluzione russa del 1917: l'avvento al potere dei bolscevichi portò a una frattura, all'interno dei partiti operai europei, tra i socialisti (rimasti leali ai governi nella 1 WW) e i comunisti (fedeli alla Terza Internazionale)----tesi del congelamento, secondo la quale i contrasti decisivi all’interno dei sistemi politici europei si erano delineati già prima dell'estensione del suffragio e dell'entrata del proletario urbano e rurale; le identità politiche sull’appartenenza alla classe operaia o a una confessione religiosa si sono affievolite e si è assistito a un generale scongelamento degli elettorati--- elettori più mobili e meno identificati da uno specifico partito e quindi più disponibili a spostarsi da un partito all’altro: teoria della modernizza: culturale LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA DEI PARTITI | partiti si differenziano anche per la loro struttura organizzativa: - Quandoildiritto di voto era limitato, i candidati non avevano bisogno di sostegno di un organizzazione politica nazionale per competere ed essere eletti; si trattava di notabili (medici, avvocati, ecc.) che non facevano politica come loro attività principale e si rivolgevano a un piccolo numero di elettori appartenenti alla stessa classe sociale; i partiti d'élite ottocenteschi erano quindi poco più che coalizioni di candidati che si formavano e scomponevano in parlamento; - al momento dell’estensione del suffragio era chiara la necessità di creare organizzazioni politiche più strutturate, che avrebbero potuto efficacemente competere alle elezioni nazionali candidandosi a rappresentare le grandi masse di nuovi elettori; i partiti socialisti furono i primi a dotarsi di un’organizzazione capillare, ed erano definite come subculture, cioè comunità che non avevano solo un partito e un'ideologia di riferimento, ma anche propri sindacati, società cooperative, giornali, associazioni culturali e ricreative ---- i partiti burocratici di massa offrivano agli iscritti una visione del mondo e li educavano; offrivano anche un loro canale di ascesa sociale, promuovendo a ruoli pubblici di primo piano anche gli impiegati, operai e contadini ---- funzione di integrazione sociale non direttamente collegate alla sfera politica (reti di solidarietà e socializzazione primaria) - da metà degli anni '60 del secolo scorso, le classi di riferimento si sono disarticolate; la moltiplicazione delle fonti di informazione, il benessere e l'istruzione diffusi hanno resi i cittadini più indipendenti, più disposti a cambiare voto da un'elezione all'altra, più diffidenti verso le organizzazioni politiche ---- le subculture si sono disintegrate; gli elettori tendono a votare per un partito in base alle priorità che assegna a certi temi (occupazione, tasse, immigrazione, sicurezza, ecc.), al miglioramento/peggioramento della situazione economica mentre quel partito era al governo, ecc. | politologi hanno messo in evidenza la tendenza dei partiti burocratici di massa a trasformarsi in partiti elettorali, proponendo varie denominazioni: partiti pigliatutto, partito professionale elettorale, cartel party, presidenzializzazione dei partiti, partiti personali, partiti aperti. Le differenze che continuano a distinguerli riguardano la distribuzione del potere interno ---- riguardano la mappa del potere organizzativo e la conformazione della coalizione dominante (si intende l'insieme di attori che controllano le aree di incertezza vitali per l’organizzazione: scelta delle candidature, gestione dei finanziamenti, reclutamento dei funzionari, definizione e amministrazione delle regole interne, ecc.); la coalizione dominante di un partito può essere divisa e instabile se il controllo su questi aspetti è disperso. Quando la mappa del potere interno è molto articolata nessuno ha il controllo completo sulla linea del partito, il partito non riesce a tenere una precisa linea comune nelle istituzioni e non ne propone una agli elettori, ma si presenta con molte facce; al contrario, quando il controllo sulle aree di incertezza è concentrato in poche mani, il partito è in condizione di presentarsi all'esterno come un attore collettivo unitario e il leader ha una posizione di chiara preminenza. SISTEMI DI PARTITO - Votoin blocco: in alcuni casi abbastanza rari (Isole Mauritius) agli elettori viene data la possibilità di esprimere un numero di preferenze pari al numero di seggi da ricoprire; con la maggioranza relativa dei voti un partito può prendere in blocco tutti i seggi disponibili nel collegio - Doppio turno (Francia, Mongolia fino al 2004): è previsto un secondo turno di ballottaggio al quale sono ammessi solo i due candidati meglio piazzati al primo turno Nei sistemi proporzionali, di solito i collegi sono plurinominali (nello stesso territorio si assegnano più seggi); ci sono tecniche diverse anche per la ripartizione proporzionale dei seggi in base ai voti ricevuti da ciascuna lista. Le formule proporzionali possono essere divise in due famiglie: i metodi del divisore e i metodi del quoziente; i primi tendono a sovrarappresentare i partiti più grandi. La formula di Hondt prevede che i voti di ciascun partito vengano divisi per 1,2,3,4,5 e cosi via; in questo modo per ogni lista si ottiene una serie di quozienti di entità decrescente. A questo punto si assegnano i seggi disponibili, nell'ordine, alle liste che dispongono del quoziente non ancora utilizzato più alto. I metodi del quoziente, a parità di dimensioni del collegio, tendono a rispecchiare più fedelmente, nell’allocazione dei seggi, la proporzione di voti di ciascuna lista; nella formula del quoziente naturale il prezzo pieno in voti di un seggio è pari al numero dei voti validamente espressi in un determinato collegio, diviso il numero dei seggi che si devono assegnare in quello stesso collegio | sistemi misti contemplano un doppio canale: una parte dei seggi viene assegnata mediante una formula maggioritaria (solitamente in collegi uninominali) e un'altra con formula proporzionale (di solito mediante voto di lista); ci sono alcune varianti: una differenza è quella tra sistemi nei quali la seconda quota di seggi viene usata in modo da compensare completamente gli effetti della componente maggioritaria ottenendo la ripartizione complessiva sia proporzionale (sistemi misti-proporzionali) e i sistemi in cui le quote di seggi sono assegnate parallelamente oppure con meccanismi parziali di compensazione, tali per cui prevale la dimensione maggioritaria (misti-maggioritari) Vengono inclusi anche i sistemi proporzionali con premio di maggioranza adottati in Grecia e in Italia (nel 1953 e poi nel 2008); questi sistemi assegnano una quota preponderante di seggi su basi proporzionali ma ne assegnano in blocco una seconda, di dimensioni fisse o variabili, al partito che ha ottenuto più voti, quindi con formula maggioritaria GLI EFFETTI DEI SISTEMI ELETTORALI Essi influenzano il sistema partitico in due modi: - Attraverso gli effetti puramente meccanici della conversione dei voti in seggi - Attraverso il conseguente adattamento delle strategie dei candidati e dei partiti Il primo effetto meccanico è prodotto dalla soglia di sparramento, che è la percentuale di voti necessaria per ottenere almeno un seggio. Alcuni sistemi proporzionali prevedono la soglia legale di sparramento quando esiste una legge elettorale che stabilisce la quota minima di voti per ottenere la rappresentanza parlamentare. Tutti i sistemi elettorali hanno una soglia di sparramento implicita che è tanto più alta quanto più basso è il numero di seggi; meno sono i seggi più sarà alta la quota di sbarramento. Per evitare di non ottenere seggi in Parlamento, i politici si coordinano in modo da superare la soglia fissata dal sistema elettorale (“ strategic entry”) e gli elettori trascurano i candidati meno competitivi che non hanno chance nella competizione elettorale e si concentrano sulle figure più forti e più vicine alle loro preferenze (" strategic voting"). Questa è una delle ragioni per cui si attribuisce ai sistemi elettorali la responsabilità di fabbricare maggioranze, ossia di attribuire con regolarità la maggioranza assoluta dei seggi (secondo effetto meccanico) ai partiti più forti. + altri effetti che producono i sistemi elettorali sui partiti e sul sistema partitico sono sulle stesse strategie di partito. Dal momento che molti partiti, soprattutto quelli che sono consapevoli di non poter competerenelle elezioni, sono disincentivati a presentarsi alle elezioni e avviene in questo modo una frenata alla frammentazione. | partiti vincenti si coordinano in grandi coalizioni offrendo poche alternative agli elettori creando le condizioni per un sistema fondamentalmente bipartitico. L'altro effetto sui partiti è la competizione intrapartitica, cioè l'assegnazione dei seggi all'interno dei candidati di uno stesso partito. In alcuni casi è previsto che i seggi vengano assegnati alle personalità presenti nelle liste di quel partito ma così non si instaura una competizione. Oppure, come accade negli Stati Uniti, si organizzano le primarie per decidere quale personalità di un partito debba concorrere per la competizione elettorale ma in questo modo i costi crescono si instaurano reti clientelari, si mette a repentaglio la coesione organizzativa, aumenta la corruzione politica. In presenza di numerose e profonde fratture, si immagina un sistema partitico altamente frammentato e molto polarizzato; la frammentazione può essere frenata però dalla soglia di sbarramento e la polarità del sistema può essere regolata dalla capacità del sistema elettorale di fabbricare maggioranza favorendo la coalizione dei vari partiti. CAPITOLO 4 PARLAMENTI E GOVERNI I POTERI CONDIVISI, COALIZIONI, AGENDA SETTER E VETO PLAYERS Nei sistemi parlamentari, parlamento e governo emergono da un'unica catena rappresentativa: i cittadini eleggono i parlamentari; i parlamentari consentono l’entrata in carica del governo e possono in qualsiasi momento sfiduciarlo costringendolo alle dimissioni; Nei sistemi presidenziali, l'investitura dell'esecutivo è separata da quella del legislativo (la durata del capo del governo e dei parlamentari sono indipendenti); i presidenti non possono essere sfiduciati e costretti alle dimissioni neanche se la maggioranza dei parlamentari dissente del loro operato; I capi di governo dei regimi presidenziali (presidenti) di solito possono nominare in componenti dell'esecutivo, che dispongono di maggiore autonomia dei pri tri dei regimi parlamentari; in molti casi le costituzioni riconoscono loro anche poteri di intervento autonomi (politica estera e sicurezza), che nei regimi parlamentari richiedono una preventiva autorizzazione dalle assemblee legislative; | presidenti dispongono anche di poteri legislativi simili a quelli dei primi ministri (decreti di tipo regolamentare o decreti d'urgenza con valore di legge), e hanno in esclusiva il compito di avanzare proposte di legge su specifiche materie della costituzione; Sia nei sistemi presidenziali che parlamentari, l'azione dei governi e le decisioni delle assemblee legislative sono strettamente connesse per governare, sono spesso necessarie modifiche della legislazione esistente o nuove leggi Nei regimi parlamentari è strettamente necessario, affinché il governo resti in carica, che la maggioranza dei componenti dell'assemblea legislativa sia consenziente ----- diventa cruciale la funzione di coordinamento degli eletti svolta dai partiti politici; la coesione delle maggioranze e la stabilità dei governi dipendono strettamente dalla coesione organizzativa dei partiti. Quando un solo partito coeso controlla la maggioranza dei seggi in parlamento è scontato che sarà il leader di quel partito a guidare l'esecutivo (governo monopartitico); se nessun partito dispone da solo di una base parlamentare sufficiente a consentire l’entrata in carica del governo, si dovrà formare una coalizione tra due o più partiti per raggiungerla; sia il programma che la composizione dell'esecutivo saranno negoziati tra questi partiti (governo di coalizione) Mentre nei sistemi parlamentari il principale AGENDA SETTER (colui che stabilisce i temi, il contenuto delle proposte, in tutte le materie) è il governo, nei regimi presidenziali l'agenda legislativa può essere nelle mani di un partito o di un leader, che possono avere anche posizioni contrapposte a quelle del presidente (es. USA presidente repubblicano, camera e senato democratici). Esistono differenze nei vari funzionamenti del circuito governo-parlamento ---- gli studiosi cercano di identificare i fattori che creano queste differenze: per capire come si svolgono i processi decisionali non basta leggere le costituzioni o i regolamenti parlamentari, ma bisogna considerare gli obiettivi che gli attori politici perseguono - i componenti del governo e del parlamento sono politici appartenenti a partiti che mirano a raccogliere voti popolari per ottenere incarichi e influenzare le politiche pubbliche secondo i programmi esposti agli elettori; si può presumere che gli attori politici cercano di utilizzare tutte le opportunità offerte dalla posizione che occupano e dalle prerogative che gli attribuiscono le regole istituzionali per massimizzare questi obiettivi; possono farlo soprattutto se il loro consenso è strettamente necessario per l'approvazione delle leggi, e, nei sistemi parlamentari, per la formazione e la permanenza in carica del governo --- VETO PLAYERS: se il loro eventuale dissenso costituisce un veto insuperabile e impedisce che la decisione sia presa LE FUNZIONI DEI PARLAMENTI E L'IMPATTO DELLE SECONDE CAMERE I parlamenti hanno una natura assembleare (vale al loro interno il principio dimaggioranza), hanno una composizione pluralistica (conseguenza del principio che le elezioni sono libere e corrette, svolgono le loro funzioni in maniera permanente (le loro prerogative non possono essere sospese da altri organi); compiti di concedere e ritirare la fiducia al governo, approvare leggi e ratificare trattati internazionali; altri compiti - Possono destituire, attraverso la procedura di impeachment, il capo dello stato nel caso in cui si macchi di gravi reati (sia nei sistemi parlamentari che presidenziali) - Funzione di controllo sull'attività del governo attraverso indagini condotte da proprie commissioni e quesiti rivolti a componenti del governo i quali, di norma, hanno l'obbligo di rispondere su attività che stanno svolgendo --- Congresso americano, parlamento in cui questa funzione è svolta con maggiore continuità, attraverso il lavoro dello staff e le audizioni svolte con i capi dei dipartimenti governativi; Prime Minister's Question Time che si svolge alla Camera dei Comuni britannica, dalle 12 alle 12 e 30 di ogni mercoledì in cui la camera si attiva, e che è formalmente denominato <<domande a risposta orale>>; - Danno indicazioni al governo su come intervenire su determinate materie o specifici problemi (funzione di indirizzo) - Attraverso commissioni ad hoc svolgono inda; interesse pubblico - Nomine di alti organi dello stato e dell’amministrazione pubblica o conferma delle nomine conoscitive o inchieste su materie rilevanti di I regolamenti delle assemblee sono ispirati al principio di eguaglianza; tutti i parlamenti riconoscono l'esistenza di gruppi che si formano, di norma, tra i parlamentari eletti nello stesso partito; tutte le camere sono articolate in commissioni specializzate in materie --- le commissioni esaminano in via preliminare i documenti poi sottoposti all'esame dell'aula; possono ricevere dall'assemblea o dei regolamenti parlamentari una delega a svolgere funzioni di controllo, indagine, nomina e legislazione su singole materie; il potere di organizzare i lavori può essere concentrato nelle mani degli organi di presidenza dell'assemblea, di direzione dei gruppi e di presidenza delle commissioni. 4. Le fasi sopracitate si riferiscono ai casi dove il governo entra in funzione dopo aver ricevuto la fiducia del parlamento. In alcuni casi la fiducia può essere richiesta dal governo e la sua entrata in carica può essere impedita solo se i parlamentari contrari votano a maggioranza una mozione di sfiducia; in questo modo gli oppositori al governo possono costruire una coalizione e dare vita al parlamentarismo negativo, cioè la costituzione dei governi minoritari tollerata dalla maggioranza dei parlamentari. 5. In quasi tutti i Paesi la fiducia parlamentare è rivolta al solo Premier, che quindi nomina i ministri dopo essere entrato in carica e li può sostituire. In pochi Paesi (es. Italia), la fiducia è rivolta all'intero governo. Quindi il formatore deve indicare preventivamente i ministri e non ha il potere di revocarli. La fiducia individuale e il potere di nomina e revoca attenuano tuttavia la loro capacità negoziale. 6. In Francia, Olanda e Svezia i ministri non possono essere anche parlamentari. Vi è quindi incompatibilità dei ruoli parlamentari e di governo. 7. In alcuni dei paesi in cui è previsto un atto positivo di investitura del parlamento, è sufficiente che il premier riceva la maggioranza semplice dei voti. 8. Una volta entrato in carica, il governo può avere o no la facoltà di determinare la programmazione dei lavori parlamentari e dispongono di altri strumenti procedurali a difesa della loro iniziativa legislativa. 9. Nei casi di sfiducia costruttiva, il parlamento sfiducia il governo e deve votare la fiducia a un nuovo esecutivo in tempi brevi, altrimenti si tengono elezioni anticipate. 10. Il capo di governo può chiedere anche lo scioglimento anticipato della camera rispetto alla durata ordinaria del mandato oppure ottenerlo dopo aver subito una mozione di sfiducia costruttiva fallimentare. In questi casi, i parlamentari della maggioranza sanno che se sfidano il governo rischiano di doversi sottoporre a una nuova prova elettorale. LA LOGICA E | VINCOLI ELETTORALI DELLA POLITICA DI COALIZIONE Per studiare la logica e gli effetti della politica di coalizione, gli scienziati politici sono soliti classificare i governi in base all'ampiezza della base parlamentare che li sostiene e al numero di partiti che ne fanno parte; quanto al numero di partiti, vengono distinti i governi monopartitici dai governi di coalizione; rispetto all’ampiezza della base parlamentare, i governi vengono distinti a seconda che dispongano stabilmente del sostegno della maggioranza assoluta dei parlamentari oppure no. Possiamo quindi avere governi monopartitici maggioritari o minoritari. Oltre alle coali: ioni minoritarie, vengono distinte quelle in cui tutti i partiti sono strettamente necessari per raggiungere la maggioranza da quelle in cui almeno un partito non è numericamente necessario ---- se anche il partito in questione abbandonasse la coalizione, il governo continuerebbe ad avere il sostegno della maggioranza assoluta dei parlamentari ----- le prime sono chiamate coalizioni minime vincenti, le seconde coalizioni sovradimensionate. Nell’analisi dei singoli casi nazionali ci sono ulteriori 3 categorie: riprendendo un termine in uso in Germania: 1) Siparla di grandi coalizioni per riferirsi a quelle di cui entrano a far parte tutti i principali partiti e che si formano di solito in occasione di conffitti bellici, altre situazioni eccezionali o quando non esistono soluzioni alternative numericamente praticabili 2) Siparla di caretaker governments con riguardo a governi chiamati a gestire l’ordinaria ‘amministrazione durante brevi fasi di passaggio, di solito quando il governo precedente è entrato in crisi e si attende che venga stipulato un nuovo accordo di coalizione o si deve andare a elezioni anticipate 3) Oppuresi parla di governi tecnici quando per gestire fasi di transizione o crisi di particolarmente acute che richiedono una sospensione del conflitto politico, i partiti consentono l’entrata in carica del governo e lo sostengono in parlamento; il primo ministro viene scelto al di fuori della classe politica come figura super partes, o addirittura non esprimono nessun componente dell'esecutivo. quasi tutte le ricerche politologiche sulle coalizioni di governo sono riferite esclusivamente ai paesi con regimi parlamentari, perché nei regimi presidenziali la scelta del capo dell'esecutivo e la sua durata in carica non richiedono il sostegno della maggioranza parlamentare; in realtà (esempio brasiliano) se non c'è un partito predominante o un sistema bipartitico, anche nei regimi presidenziali gli aspiranti capi di governo tendono a costruire coalizioni a sostegno della propria candidatura; questo non può avvenire negli Usa perché anche quando il partito del presidente non ha la maggioranza in una o entrambe le camere non è in condizioni di stipulare accordi stabili con altre forze politiche, perché l’unico altro partito presente in parlamento è il suo diretto avversario; il governo diviso non può essere confuso con i governi di minoranza, né con la coabitazione; il governo di minoranza è un governo implicitamente sostenuto o tollerato dalla maggioranza dei componenti del legislativo in un regime parlamentare; in qualsiasi momento i parlamentari che non sostengono il parlamento potrebbero sfiduciarlo; con governo diviso, caratteristica del regime presidenziale, che prevede la maggioranza in una o entrambe le camere è nelle mani di parlamentari che hanno posizioni in contrasto con il presidente in camera e che non hanno il potere di sfiduciarlo. il caso della coabitazione, si ha quando in un regime semipresidenziale, si forma una maggioranza parlamentare opposta all'orientamento politico del presidente della Repubblica e quest'ultimo è costretto a nominare primo ministro il leader di quella maggioranza per condividere con lui le scelte politiche e per evitare la crisi politica. La formazione di coalizioni è dettata da diverse ragioni ma in caso di elezioni politiche la ragione prevalente è quella per cui un partito, da solo, non riesce a ottenere la maggioranza assoluta e cerca un'alleanza con un altro partito per massimizzare il numero degli incarichi governativi. Ci si attende che si formino coalizioni minime vincenti. Se la logica di accaparrarsi più incarichi possibile fosse realistica, ci si aspetterebbe la coalizione partiti distanti ideologicamente (nell'esempio comunisti + socialisti + conservatori). Ma se l'obiettivo fosse quello di influenzare la policy, i partiti cercherebbero di formare coalizioni con partiti ideologicamente vicini e, quindi, ci aspetteremmo magari socialisti e liberali (moderati) oppure includere i democristiani. Nell'insieme, le ipotesi considerate finora ci portano a ritenere che, di norma, si dovrebbero formare governi monopartitici maggioritari o coalizioni minime vincenti. La frammentazione è misurata con il già noto numero effettivo dei partiti parlamentari. Per misurare la durata media dei governi si considerano come interruzioni i casi in cui cambia il primo ministro, oppure cambiano i partiti che compongono la coalizione, oppure si tengono le elezioni per il parlamento. Possiamo ricavare un indizio sulla forza dei leader di governo dal numero di volte in cui sono stati sostituiti nel corso della stessa legislatura. Infine, consideriamo come un'<alternanza> il caso in cui il maggiore partito di governo viene sostituito da un partito che era all'opposizione. Assumendo che i partiti hanno obiettivi di policy divergenti, la frequenza con cui si verificano alternanze può essere considerato un indicatore di cambiamento/continuità negli indirizzi di politica pubblica. Può anche essere considerato un indicatore di contendibilità del governo, della misura in cui cioè la competizione elettorale, oltre ad essere libera e corretta, porta concretamente a una periodica e pacifica sostituzione dei governanti. - Nei sistemi a partito predominante un solo partito ha reali chance di ottenere i seggi parlamentari sufficienti per formare da solo il governo; - Nei sistemi bipartitici il leader del partito vincente assume la guida del governo e sceglie i ministri. Il gruppo parlamentare garantisce l'espressione della fiducia e sostegno alle iniziative legislative del governo. Il carisma del leader è la caratteristica per cui il partito lo ha scelto in quanto è ritenuto la personalità più adatta a vincere le elezioni. Motivi per cui Gran Bretagna, Spagna e Germania hanno stabilità di governo, alternanza dopo due o tre legislature. — situazione simile avviene nei sistemi a partito predominante dove governa un solo partito. La Svezia, che avrebbe bisogno di coalizzarsi per raggiungere la maggioranza assoluta, è caratterizzata da governi minoritari, mentre il Giappone, il cui partito predominante riuscirebbe a governare da solo, è caratterizzato da coalizioni sovradimensionate, dove il partito predominante si coalizza con un partito minore. - | sistemi multipartitici a dinamica bipolare sono in Francia della Quinta Repubblica, Polonia e Italia post 1994. | casi francese e italiano sono la dimostrazione che i partiti stipulino coalizioni sovradimensionate per strategie di entrata nella competizione elettorale (come in Giappone). Nei sistemi bipolari le alternanze sono più frequenti, i governi più instabili e i capi dell'esecutivo vengono sostituiti più spesso. In Italia e Polonia è avvenuto per i contrasti i partiti della stessa area politica. - Nei casi dei sistemi con un partito dominante, la legge elettorale non concede premi e non incentiva accordi preventivi tra i partiti. La dinamica della competizione non è né bipartitica né bipolare proprio in quanto esiste una forza politica che copre il centro del sistema, che non è abbastanza grande da governare da sola ma è grande a sufficienza per impedire che si formino coalizioni alla sua destra o alla sua sinistra da cui è esclusa. - Tra gli elementi caratteristici delle democrazie consociative si indica la creazione di grandi coalizioni al livello parlamentare e governativo; l'attribuzione di un veto di minoranza; la proporzionalità nella distribuzione degli incarichi a tutti i livelli; l'autonomia delle subculture nella gestione delle politiche pubbliche. CAPITOLO 5 MODELLI DI DEMOCRAZIE E RENDIMENTO La distinzione tra democraie e autoritarismi trova fondamento in una teoria normativa che considera i regimi democratici più rispettosi della dignità e della libertà di ogni essere umano, dunque preferibili ai regimi autoritati anche in quanto moralmente superiori; la democrazie prende molte forme: in che misura i diversi assetti politico-istituzionali garantiscono il controllo dei cittadini sugli eletti, consentono a governi e parlamenti di prendere decisioni efficaci, proteggono la stabilità del regime democratico; I FALSI PERICOLI DEL PRESIDENZIALISMO Una corrente di pensiero (Przewoski, Linz, Valanzuela) ritiene che il presidenzialismo esponga, più del parlamentarismo, le democrazie al rischio di regressioni autoritarie; questo avviene perché la doppia legittimazione democratica (separazione dei mandati) spinge i presidenti ad entrare in conflitto con il parlamento, mentre la rigidità del mandato presidenziale (durata fissa) tende a rendere il conflitto irrimediabile. Al contrario, i sistemi parlamentari sono più flessibili e favoriscono un reciproco adattamento tra le posizioni del leader di governo e quelle dei partiti rappresentati nell'assemblea legislativa. Mentre nei La presenza in parlamento di due partiti di peso equivalente ha consentito una regolare alternanza al governo e la sostanziale compattezza dei loro gruppi parlamentari ha permesso ai differenti esecutividi arrivare quasi sempre a fine legislatura; --- con l’aiuto di un sistema elettorale maggioritario puro e partiti relativamente disciplinati, le elezioni, normalmente, indicano chiaramente una maggioranza parlamentare sia un un primo ministro; il modello Westminister, quindi, produce governi stabili e monocolori, responsabili davanti al Parlamento e Il sistema costituzionale non ha condizionato la politica economica e sociale. Infatti il modello Westminster permette sia una politica interventista dello Stato nell'economia (laburisti del 1945 - 51) e sia una politica liberista (Thatcher - Major 1979 - 97). — il governo laburista del 1945 introdusse il cosiddetto Welfare State che stabiliva pensioni pubbliche, il sistema sanitario nazionale e nazionalizzò molti settori industriali come siderurgia, miniere e ferrovie. | conservatori, che succedettero ai laburisti, non apportarono grandi cambiamenti. La Thatcher, nel 1979, ridusse l'intervento statale nell'economia attraverso politiche di privatizzazione e tagli ai programmi di spesa pubblica Che il Regno Unito sia stato il primo paese europeo a fondare un welfare state universalistico e poi il primo ad adottare le ricette del neoliberismo economico e sociale non è casuale: il modello Westminister, che mette insieme da una parte un bipartitismo forte con alternanze frequenti e dall'altra una forte concentrazione dei poteri intorno alla leadership del governo centrale, permette di avviare grandi progetti ideologici e superare le resistenze dei contropoteri parlamentari ed extraparlamentari; PARTECIPAZIONE POLITICA E PARTITI: VECCHIE ETICHETTE, NUOVI CLEAVAGES e Nel primo dopoguerra, a seguito dell'estensione del suffragio, si instaurò un bipartitismo perfetto che vedeva schierati sulla scena politica il Partito conservatore e il Partito laburista che rappresentavano, rispettivamente, interessi di classe dei ceto medio - alti e dei ceti operai. Ci sono comunque altri conflitti all'interno della Gran Bretagna che con il tempo perdono importanza come i cleavages religiosi tra cattolici e protestanti, i cleavage territoriali tra Inghilterra e i Paesi celtici del Regno Unito (Irlanda, Scozia e Galles), i cleavages sul ruolo del Regno Unito nel processo di integrazione europea, i cleavages tra immigrati extraeuropei e popolazione locale. Il partito conservatore ha da sempre manifestato il suo euroscetticismo e si è unito a questa posizione anche l'Uk Indipendence Party (Ukip), differenziandosi dai partiti di sinistra che premono per la permanenza nell'Unione europea. Si vede come sia difficile per un sistema maggioritario simile rappresentare tutti i cambiamenti nella società britannica; il sistema elettorale maggioritario, infatti, rende molto difficile l'emergere di nuove forze politiche capaci di articolare le esigenze di un elettorato in mutamento; l’effetto del sistema elettorale è meno importante per quanto riguarda il cleavage territoriale: i partiti etnico-religiosi e nazionalisti in Irlanda del Nord, Scozia e Galles sono riusciti a far eleggere deputati al parlamento di Westminister; Ad eccezione dei partiti etnico - religiosi irlandesi e dei partiti nazionalisti scozzesi e gallesi che sono riusciti a farsi rappresentare in Parlamento, rimangono fuori dal Parlamento altri piccoli partiti il cui voto è più disperso a livello collegiale (il Bnp (British National Parthy) e i Verdi (Green Party) ottengono percentuali di voto rilevanti a livello collegiale ma non sufficienti a livello nazionale da permettere loro di accedere in Parlamento); perciò i due principali partiti, laburisti e conservatori, rimangono il perno del sistema partitico di Westminister; — I conservatori hanno una storia che risale al "700; questa frazione parlamentare era legata alla grande nobiltà terriera; si costituì come partito conservatore nel 1830. E' uno dei partiti più efficaci e stabili nel panorama europeo. Durante la fase di industrializzazione riuscì a integrare nel suo elettorato la classe imprenditoriale e, dopo la modernizzazione dell'assetto organizzativo, anche parte della classe operaia. Nonostante i consensi elettorali e la stabilità nei governi, la struttura partitica rimane abbastanza debole. Dopo la sconfitta nel 1997, nel 2001 e nel 2005, il partito ha dovuto affrontare l'esclusione degli iscritti dalla selezione dei candidati e del leader del partito e la separazione fra la struttura di base (le associazioni locali riunite nella National Union), l'apparato centrale (Conservative Central Office) e il partito parlamentare. Furono poi approvate delle riforme organizzative interne al partito e nuove procedure decisionali che coinvolgevano la base del partito (Fresh Future 1998): anche gli iscritti potevano votare l'elezione del leader e i candidati al Parlamento ---- queste elezioni hanno permesso la selezione di un leader più giovane come David Cameron nel 2010 in coalizione e 2015 in maggioranza assoluta; — I laburisti sono nati più recentemente rispetto ai conservatori; nacque nel 1900. Nacque grazie al movimento sindacale britannico creando così una dipendenza del partito dalle decisioni del movimento sindacale. All'inizio il Labour Party non aveva degli iscritti veri e propri ma solo degli iscritti indiretti che facevano parte di associazioni affiliate al partito. Quindi i sindacati fungono da mediatori tra iscritti e leadership del partito. Non è mai stato un movimento rivoluzionario ma si è sempre fatto portavoce di linee pragmatiche e riformiste; le dottrine marxiste hanno esercitato poca influenza sull'evoluzione ideologica del partito. Negli ultimi 25 anni, però, il ruolo dei sindacati si è ridimensionato e il partito sta diventando sempre più autonomo dalle direttive dei sindacati. — I liberaldemocratici, la terza forza politica del Paese, hanno una storia più antica dei laburisti poiché, prima della nascita del Labour Party, erano la principale forza d'opposizione ai conservatori. Con la nascita e l'espansione del Labour Party, i liberaldemocratici divennero una forza marginale nel sistema partitico britannico. Nel 1974 i liberali, come i nazionalisti gallesi e scozzesi, sfruttarono la crisi del bipartitismo conservatori - laburisti e aumentarono i loro consensi. Nel 1977 - 78 i liberali appoggiarono i laburisti ma la crisi interna di questi ultimi fu un'occasione di crescita per i liberali. Nel 1983 la fazione più moderata del Labour Party si coalizzò con i liberali fondando un Partito socialdemocratico; nel 2010 la sconfitta del Labour ha facilitato una svolta strategica dei liberaldemocratici, che hanno avuto l'opportunità di entrare al governo come partner di coalizione dei Conservatori --- l'esperienza ha avuto costi notevoli: alle elezioni del 2015 i liberali hanno perso circa 2/3 dei voti e 49 dei 57 seggi conquistati 5 anni prima; LA COMPETIZIONE ELETTORALE: IL DECLINO DEL BIPARTITISMO e Nonostante la presenza dei liberaldemocratici e di alcuni piccoli partiti, il sistema partitico britannico continua a funzionare con un sistema bipartitico con un sistema elettorale maggioritario. Questo non garantisce solo una certa stabilità di governo ma anche la non necessità di formare governi di coalizioni e appoggi esterni. Proprio il sistema elettorale a collegi uninominali, con un solo turno di votazione e formula plurality, favorisce i grandi partiti e penalizza i piccoli partiti non garantendo una piena rappresentanza dell'elettorato in Parlamento. Il crollo del partito neoconservatore e il riscatto dei liberaldemocratici hanno dimostrato la mancata identificazione tra posizione di classe e comportamento elettorale ma rimane incerto le preferenze dell'elettorato per le issues politiche: sembra che gli elettori votano in funzione della performance di partito di governo in termini di indicatori economici. Cioè gli elettori votano in base alle condizioni economiche della loro regione piuttosto che sulla base della loro posizione di classe (in Scozia e nel nord dell'Inghilterra i conservatori hanno ottenuto meno voti rispetto ai laburisti). — il bipartitismo sta declinando anche nelle elezioni di secondo ordine, dove non vige il sistema elettorale maggioritario. Il Labour ha perso consensi, hanno invece riguadagnato terreno i partiti nazionalisti, i verdi e i socialisti scozzesi (in Scozia). Le elezioni europee hanno visto la crescita dei Verdi e degli antieuropeisti. + una certa influenza è dovuta alle campagne elettorali dei partiti, che vedono l'impiego di tecniche avanzate di marketing politico dei due grandi partiti per accaparrarsi il voto degli elettori indipendenti. Questo meccanismo fu messo in moto dai conservatori, che non fu utilizzato dai laburisti; dopo la sconfitta degli anni '80 anche i laburisti avviarono costose campagne elettorali. Fondamentali nel finanziamento di queste campagne elettorali sono le aziende e i singoli imprenditori. Negli ultimi anni i partiti sono ricorsi a metodi di finanziamento poco chiari dal momento che l'iscrizione ai partiti è in calo IL GOVERNO: | POTERI DEL PRIMO MINISTRO ® Vi è un accentramento di potere nell'esecutivo e nella persona del Primo Ministro. Il sistema “ Cabinet Government” (il governo del gruppo ristretto dei principali ministri riuniti nel Consiglio dei Ministri- rinforza l'esecutivo e indebolisce il Parlamento. Nonostante negli ultimi anni si stia assistendo ad una presidenzializzazione dell'esecutivo, rimane al Parlamento il potere di esprimere e mandare a casa il governo con un semplice voto di maggioranza. Il quadro dei rapporti fra governo e parlamento è stato stabilito da un'evoluzione graduale del sistema monarchico predemocratico. Quest'evoluzione ha spostato la sovranità dalla corona al parlamento, senza però restringere i poteri formali del monarca. Questi poteri formali - la Royal Prerogative - vengono esercitati in pratica dal governo, dando all’esecutivo un ampio margine di autonomia rispetto al legislativo; per esempio il governo (capo delle forze armate) può autorizzare un'azione militare senza una previa votazione parlamentare; anche il potere di nomina delle più alte cariche dello stato spetta al monarca, e quindi al primo ministro, che può scegliere e rimuovere i ministri senza l'approvazione del parlamento. Tuttavia, la forte posizione del Cabinet, e soprattutto del primo ministro, è dovuta solo in parte al Royal Prerogative. E' pur vero che il parlamento ha poteri di controllo notevoli, soprattutto grazie alla semplicità delle procedure previste per esprimere la sfiducia al governo. Il parlamento governa attraverso la fusione di legislativo ed esecutivo. Questa fusione ha però due effetti contraddittori. Da una parte, la presenza massiccia dei membri del governo in parlamento può avere un forte effetto sulla capacità del governo di controllare la maggioranza parlamentare, oltre a garantire all'esecutivo i voti favorevoli di circa 1/6 dei deputati. Dall'altra, questa fusione implica logicamente anche la presenza di una buona parte dei parlamentari nell'esecutivo. In realtà, quindi, tutto dipende dalla coesione della maggioranza parlamentare. Il Cabinet Government, quindi, è in gran parte una conseguenza dell'evoluzione del sistema partitico. Il bipartitismo, sostenuto e accentuato dal sistema elettorale maggioritario, fornisce maggioranze parlamentari monopartitiche che sono molto più facili rispetto alle maggioranze di coalizioni presenti in altre democrazie parlamentari europee. Dal 1945 al 2005, infatti, solo 2 volte il partito più grande ai Comuni si è trovato senza una maggioranza sufficiente per governare. | partiti politici hanno leader riconosciuti e regole formali per la loro selezione e sostituzione. Il sistema elettorale, che sovrarappresenta i due partiti principali, <> normalmente ampie maggioranze. La formazione dei governi è quindi una conseguenza quasi meccanica dei risultati elettorali, favorendo l'impressione che il primo ministro abbia una legittimazione personale di tipo presidenziale. Dal punto di vista formale, le procedure di formazione del governo prevedono una partecipazione significativa del monarca. Quando un primo ministro perde le elezioni o viene sfiduciato dal suo partito, la convenzione vuole che presenti le dimissioni del monarca. Quest'ultimo, in qualità di capo dello stato, ha la responsabilità di selezionare il nuovo capo del governo, dovendo scegliere il leader del nuovo partito di maggioranza. Se nessun partito controlla la maggioranza dei seggi, allora il monarca deve scegliere il leader del partito che ha più probabilità di ottenere il sostegno di una maggioranza alla Camera dei comuni. In condizioni normali, il monarca ha il semplice compito di invitare a Buckingham Palace il leader del partito che ha vinto le elezioni per nominarlo primo ministro. Quest'ultimo si mette subito a lavoro per scegliere i ministri del nuovo governo seguendo la selezione già effettuata per lo shadow Cabinet. Solo in un secondo momento viene convocato il nuovo parlamento e il governo sottopone il suo programma legislativo per l'approvazione alla Camera dei comuni. spaccatura tra i due partiti principali che dibattevano sui i pro e i contro dell'ingresso inglese nello spazio europeo; in particolare il partito conservatore si mostrò particolarmente ostile ai processi di integrazione vera e propria dell'Unione europea. | rapporti con l'UE peggiorarono quando la destra antieuropeista costrinse Major, allora Primo Ministro, ad escludere il Regno Unito dall'unione monetaria e dall'Accordo sociale. Questa decisione venne considerata un boicottaggio dagli altri partner europei che vietarono in tutta Europa la vendita della carne bovina britannica in seguito al fenomeno della “mucca pazza”. Con il governo Blair di Labour del 1997 questo atteggiamento ostile nei confronti dell'UE scomparse e Tony Blair dichiarò di voler partecipare alla politica sociale europea e anche all'unione monetaria. | difficili con l'UE sono riconducibili anche all' euroscetticismo da parte dei cittadini britannici, che il più delle volte non conoscono i benefici che il loro Paese ha registrato con i negoziati dell'Unione europea e non conoscono le istituzioni europee e il loro funzionamento. Le riforme costituzionali che ha avviato il Regno Unito negli ultimi hanno ha permesso la creazione di nuove istituzioni di governo per Scozia, Galles e Irlanda del Nord. Sono stati adottati sistemi proporzionali a livello locale e a livello europeo, impensabile per la logica maggioritaria del governo centrale. Diciamo che il cambiamento che sta avvenendo in Gran Bretagna è contraddittorio perché, da una parte, la personalizzazione delle politica nei media e l'aumento delle risorse governative ha rafforzato il potere del Primo ministro e, dall'altra, la devolution ha portato a un decentramento della politica britannica. CONCLUSIONI: UN MODELLO CHE CAMBIA CAPITOLO 7 GERMANIA. LA REPUBBLICA DEL CANCELLIERE IL DISEGNO COSTITUZIONALE: DALLA LEZIONE DI WEIMAR ALLA RIUNIFICAZIONE La storia della Repubblica federale tedesca (Rft) viene solitamente considerata una storia di successo. Si tratta di un'interpretazione che da un lato tiene conto dei fallimenti (Weimar) e tragedie del passato (nazismo), dall'altro riflette i risultati conseguiti dalla Germania Ovest nella seconda metà del '900. La riunificazione tedesca può essere vista come il coronamento di questo successo politico. La riunificazione delle due Germanie costituisce l'esito di un lungo cammino, che era difficile prevedere all'indomani della seconda guerra mondiale. Nel 1949, la nascita della Repubblica federale a Ovest e della Repubblica democratica a Est sancivano formalmente la divisione del paese quale diretta conseguenza della guerra fredda, generando un'ulteriore fonte di insicurezza. Nella Germania Est veniva instaurato un regime a partito unico, mentre la Germania Ovest, con l'approvazione della Legge fondamentale nel 1949, furono gettate le basi di un nuovo ordinamento democratico che godeva di una limitata legittimazione popolare. Il Consiglio parlamentare si componeva dei rappresentanti delle assemblee delle 11 <<regioni occidentali>> (Lander) ed era stato investito del potere costituente direttamente dalle forze di occupazione alleate. La cultura politica della maggioranza della popolazione era all'epoca ancora impregnata dell'autoritarismo di derivazione prussiana che era ritenuto uno dei fattori che determinarono il crollo della Repubblica di Weimar. L'esperienza drammatica del nazionalsocialismo, la centralità della <<questione nazionale>> e soprattutto l'incombenza del bipolarismo internazionale abbiano profondamente condizionato sia l'affermazione che la successiva evoluzione della democrazia tedesca fino ai giorni nostri. Anche i contenuti della Legge fondamentale furono fortemente influenzati dalla cosiddetta <<lezione di Weimar>>. Due furono in particolare gli elementi dell'ordinamento politico-istituzionale weimariano che i costituenti di Bonn considerarono come fattori che avevano contribuito al crollo del sistema: - In primo luogo, la legge elettorale proporzionale pura, dal momento che questa aveva agevolato la formazione di maggioranze parlamentari instabili ed eterogenee così come l'ingresso e la successiva affermazione elettorale delle forze antisistema, con inevitabili ripercussioni negative sulla governabilità politica e la stabilità democratica; - In secondo luogo, gli ampi poteri del capo dello stato che avevano reso possibile la deriva istituzionale del parlamentarismo verso un sistema in cui i governi si trovavano svincolati da ogni legame con il parlamento. In questo contesto si situano sia il rafforzamento della posizione dell'esecutivo, in particolare quella del cancelliere, sia il tentativo di contenere la frammentazione del sistema partitico. Nel 1953 venne introdotta la clausola di sbarramento del 5% su base federale, mentre nel 1952 e nel 1956 vennero messi fuori legge i due partiti antisistema, il Partito d'impronta neonazista (Srp) e quello comunista (Kpd). | padri costituenti evitarono anche di riprodurre quelle forme di dualismo che erano state ritenute corresponsabili della deriva presidenziale e antidemocratica della Repubblica di Weimar, così assegnarono al parlamento una posizione centrale nel processo di legittimazione del potere politico e definendo per il Pdr un ruolo notarile. Inoltre, britannici e francesi attribuirono il potere costituente a un consiglio composto da delegati dei Lander affinché venisse rafforzato il federalismo. Infine, gli estensori del Grundgesetz (legge fondamentale) decisero di regolamentare le funzioni dei partiti politici e di codificare il nucleo costituzionale, un vero e proprio sistema di valori, che non può essere modificato. In base alla cd. clausola di eternità, sono sottratti al procedimento di revisione costituzionale sia i diritti fondamentali relativi alla dignità umana e ai diritti umani sanciti dall'art. 1, sia i principi basilari di struttura dello stato (repubblica, democrazia, stato federale, stato di diritto e stato sociale). L'altra limitazione della sovranità parlamentare è data dall'assegnazione della funzione di << custode della Costituzione>> alla Corte costituzionale federale, la quale col passare degli anni è stata chiamata a risolvere tutte le maggiori controversie sull’interpretazione del dettato costituzionale. Elevata durata media dei governi e l’esiguo numero di cancellieri che si sono succeduti nella storia della Rft, si può dire che l’obiettivo della stabilità di governo che si erano posti i costituenti sia stato raggiunto. Questa stabilità non è dovuta solo a questi principali dispositivi costituzionali per stabilizzare il racconto esecutivo-legislativo, ma anche ad effetti diversi da quelli immaginati dai padri costituenti ----- es. la sfiducia costruttiva: è il meccanismo incaricato a regolare la fine anticipata del rapporto fiduciario che prevede la possibilità di far cadere i governi solo in presenza di una sfiducia che indichi già il nuovo cancelliere (questo meccanismo è stato adottato ai danni di Brandt, nel 1972 e Schmidt, nel 1982). In entrambi i casi i mutamenti di coalizione hanno assunto l'aspetto di un vero complotto, con i partiti costretti a condurre trattative alle spalle del cancelliere, anche per evitare che quest’ultimo sciogliesse anticipatamente il Bundestag. Anche lo scioglimento anticipato è stato oggetto di un'evoluzione ed è diventato una sorta di potere semipresidenziale del cancelliere, condizionato solo all'approvazione del presidente federale. La mancata e/o diversa applicazione di alcuni strumenti del <<parlamentarismo razionalizzato>> tedesco s'inscrive all'interno di una più complessiva evoluzione maggioritaria della forma di governo, per cui anche in Germania, come nel Regno Unito e in Spagna, le elezioni hanno quasi sempre portato a un'investitura diretta del capo dell'esecutivo. Gli elettori si sono trovati quasi sempre nella condizione di determinare direttamente, con le loro scelte di voto, il prevalere di una delle due coalizioni alternative e del rispettivo candidato cancelliere. Il leader del governo, ha sviluppato a sua volta un rapporto di responsabilità sempre più diretto nei confronti degli elettori, il che gli ha permesso di acquisire una popolarità e un prestigio più significativi del proprio partito, di disporre di poteri più ampi di quelli previsti dalla costituzione e di beneficiare alle elezioni politiche del cosiddetto Kanzlerbonus, ossia quel plusvalore politico-elettorale che deriva dal fatto di essere già alla guida del governo. La stessa Legge fondamentali è stata oggetto di numerose modifiche (60 modifiche costituzionali) - in Germania il procedimento di revisione è piuttosto semplice, richiedendo l'assenso dei 2/3 dei membri del Bundestag e 2/3 del Bundesrat: - Modifica del 1968 - leggi d'emergenza adottate per far fronte al fenomeno terroristico tra anni 60 e 70) - Riforma ordinamento federale del 2006 (emendati 50 articoli): la maggior parte delle modifiche ha riguardato i rapporti tra la federazione e i Lander PARTECIPAZIONE POLITICA E PARTITI: TRA RIVOLUZIONE E CONTINUITÀ ® Nell'ambito del più ampio processo di democratizzazione della società tedesca nel secondo dopoguerra la partecipazione politica è aumentata; il numero degli iscritti ai principali partiti politici è aumentato; si assiste a un maggior coinvolgimento degli intellettuali nella vita politica; emergono nuove sensibilità politiche a favore della pace, dell'emancipazione femminile, dello sviluppo dei paesi più poveri. Il livello di partecipazione elettorale non ha subito incrementi significativi. Per quanto riguarda il periodo postriunificazione, fino al 1998 la partecipazione elettorale ha ripreso ad aumentare, per poi calare di nuovo in misura significativa negli ultimi anni. Nella parte orientale del paese l'astensionismo era accompagnato alla volatilità elettorale riconducibile alla minore familiarità dei cittadini dell'Est con le istituzioni democratiche e alla forte delusione per il mancato miglioramento delle condizioni di vita all'indomani della riunificazione tedesca. Nelle tornate elettorali del 2009 e del 2013 sono stati registrati i livelli più bassi di partecipazione al voto dal 1949. Il fenomeno di disaffezione dei cittadini nei confronti dei principali partiti tradizionali ha finora colpito tutte e tre le formazioni storiche del paese: i cristiano - democratici (Cdu e Csu), i socialdemocratici (Spd) e i liberali (Fdp). Nel 2013, la Fdp non è riuscita a superare lo sbarramento ed è rimasta fuori dal Bundestag dopo 64 anni. Eppure in passato cristiano-democratici, socialdemocratici e liberali si erano mostrati capaci di rispondere alla domanda di cambiamento che proveniva dalla società. La Cdu incoraggiò col passare degli anni un maggiore apertura nei confronti dell'elettorato laico, nell'ambito di un più ampio processo di modernizzazione del partito. La Spd, con il Congresso di Bad Godesberg del 1959, operò invece una vera e propria svolta ideologica. Infine, la Fdp, inizialmente schierata su posizioni conservatrici, ebbe poi un approccio liberista in ambito economico con la difesa di valori individualisti e libertari. Rispetto ad altri paesi dell'Europa occidentale (Italia o Francia) però, la crisi dei partiti tradizionali in Germania ha assunto dimensioni più limitate. Ancora nel 2009 Cdu/Csu, Spd e Fdp rappresentavano le tre principali forze politiche del paese. Questo risultato si spiega anche grazie al processo di unificazione che ha esteso le strutture politiche occidentali alla parte orientale del paese. Dal punto di vista programmatico, la principale divisione tra Cdu e Spd si articola attorno alla contrapposizione tra <<conservatori>> e <<modernizzatori>>: i primi tendono a mettere al centro del dibattito l'identità tradizionale del partito; i secondi danno priorità alla conquista del potere ponendosi come obiettivo principale la ricerca di una maggioranza elettorale oppure disponendosi a fare concessioni sul programma per governare insieme ad altri partiti. Queste due strategie dell'Spd sono stati evidenti nell'Spd del cancelliere Schroder, che dal 1998 al 2003 promosse l'adozione di riforme strutturali e di politiche improntate alla logica di mercato, sia nella Cdu della cancelliera Angela Merkel che dopo il 2005 si è data un programma di modernizzazione delle politiche sociali,ha fatto proprie tematiche ambientaliste e ha parzialmente abbandonato le tradizionali posizioni conservatrici sulla famiglia. Insieme ai liberali, cristiano-democratici e i socialdemocratici riflettono anche le storiche dimensioni di conflitto socioeconomica (Cdu/Csu e Fdp vs Spd) e religiosa (Spd e Fdp vs Cdu/Csu). La rilevanza di questi costituzionale del 2006, nel processo legislativo il consenso del Bundesrat era richiesto costituzionalmente più della metà delle leggi federali, incluse alcune decisioni-chiave. In situazioni di emergenza il Bundesrat può adirittura delegittimare il Bundestag, determinando l'approvazione di una proposta di legge. La camera dei Lander ha sviluppato un'importante funzione anche nel dualismo tra governo e opposizione, con la conseguenza che le decisioni di voto al Bundesrat sono state spesso orientate dalle direttive di partito più che dagli interessi peculiari regionali. Questa dinamica ha assunto un significato politico particolarmente rilevante soprattutto durante il secondo cancellierato Schroder (2002-05) quando i partiti dell'opposizione (cristiano-democratici e liberali) non si sono fatti scrupoli a condizionare e in molti casi a bloccare l'attività del governo federale attraverso il potere di veto della <<seconda camera>>. Il rischio di immobilismo decisionale è stato però quasi sempre scongiurato, soprattutto grazie al prevalere di strategie cooperative da parte delle principali forze politiche in sede di << Commissione di mediazione congiunta>>. Si tratta di un organo composto da 32 membri, cui viene affidata la risoluzione delle controversie tra Bundestag e Bundesrat. ISTITUZIONI POLITICHE TERRITORIALI: IL FEDERALISMO COOPERATIVO IN TRASFORMAZIONE La struttura del parlamento riflette l'articolazione federale dei poteri. Diversamente dalle due esperienze federali precedenti, la Bundesrepublik presenta una struttura statale fortemente decentralizzata, con le sue componenti (Lander) dotate di una propria identità statuale, nonché di ampie autonomie legislative, amministrative e giurisdizionali. Ciascun Land dispone di organi legislativi ed esecutivi propri e persino di una propria Costituzione. Si tratta per lo più di <<Costituzioni piene>, nel senso che disciplinano i vari aspetti relativi all'organizzazione e al funzionamento del Land; d'altra parte, sono vincolate al rispetto dei principi dello stato di diritto, democratico e repubblicano, ai sensi della Legge fondamentale. La forma di governo vigente in tutti i Lander è di tipo parlamentare; esistono tuttavia differenze significative rispetto al modello federale della Kanzlerdemokratie. Per quanto riguarda la ripartizione delle competenze tra il centro e la periferia, ai Lander viene formalmente riconosciuta un'iniziale competenza, laddove non sia espressamente prevista una potestà in favore del Bund. In particolare, la federazione ha una <<competenza esclusiva>> in materia di politica estera e difesa, la cittadinanza federale e politica monetaria e una <<competenza concorrente>> in materia di diritto civile e penale, assistenza sociale, tutela dell'ambiente, ricerca scientifica. In questi ultimi settori l'intervento della federazione è consentito, in linea di principio e sulla base del <<criterio di sussidiarietà>>, solo quando la potestà legislativa di un Land sia da ritenere inefficace nei confronti di un altro Land, dell'unità giuridica ed economica del Bund. Nella prassi, tuttavia, il Bund ha finito per estendere il controllo su gran parte della legislazione federale. Sui Lander ricade invece, salvo che per poche eccezioni, l'intera responsabilità per l'implementazione amministrativa delle leggi federali. Questa particolare divisione delle competenze tra centro e periferia è alla base di ciò che viene definito <<federalismo cooperativo>>. | Lander sono in larga misura autonomi su cultura, scuola, polizia, ordinamento dei comuni e delle circoscrizioni. In altri ambiti si limitano ad attuare le leggi federali. Ai Lander è stata riconosciuta la facoltà di legiferare in deroga alla disciplina federale in alcune materie. GRUPPI DI INTERESSE E BUROCRAZIE: IL MODELL DEUTSCHLAND E IL SUO RINNOVAMENTO In Germania, i principali gruppi di interesse <<associativi>> sono l'Associazione federale dell'industria tedesca e l'Associazione federale dei datori di lavoro, da una parte, e la Confederazione del lavoro dall'altra, i quali difendono rispettivamente gli interessi dell'impresa e quella dei lavoratori. I sindacati risultano tradizionalmente più vicini ai partiti collocati a sinistra e in particolare alla Spd, mentre gli imprenditori tendono a prediligere il dialogo con la Cdu e l'Fdp. Nel contesto della guerra fredda tutti gli attori della partecipazione politica della Rft maturarono relativamente presto la convenzione che fosse opportuno promuovere una politica di generale accettazione del sistema: pertanto i sindacati accettarono un'economia di libero mercato; gli imprenditori convennero, invece, sull'opportunità di garantire un robusto sistema di welfare e di riconoscere ai lavoratori determinati diritti contrattuali, di partecipazione e di gestione nelle aziende. Questo accordo tra le parti sociali fu alla base del cd. << modello Germania>>, un particolare modello di società e di sviluppo capace di creare consenso. Nonostante la crescente integrazione dei mercati finanziari internazionali, il sistema capitalistico tedesco detiene ancora oggi una sua specificità rispetto ai paesi anglosassoni o mediterranei. La ricerca del ‘compromesso a livello politico, sociale e istituzionale per assicurare la stabilità al sistema produttivo rappresenta un elemento distintivo del modello tedesco. Oltre che per la tutela del principio della concentrazione nell'ambito delle relazioni industriali e sindacali, il sistema tedesco si caratterizza per una relativa stabilità proprietaria, fondata sul controllo di grandi banche tedesche. Infine, il modello tedesco sostiene un severo ordinamento monetario, basato sua una concezione anti-inflazionista che affonda le sue origini teoriche nella dottrina ordoliberale. VINCOLI ESTERNI: LA POTENZA EUROPEA SEMIEGEMONICA E RILUTTANTE La Germania è il paese che più di ogni altro ha segnato la politica d'integrazione europea, subendola nelle prime fasi, plasmandola e beneficiandone nel lungo periodo. Sin dai suoi esordi la vicenda della costruzione europea risulta strettamente intrecciata con il tentativo delle principali potenze occidentali di cooptare la Germania Ovest all'interno di un sistema di sicurezza collettiva che consentisse la valorizzazione delle sue risorse nella lotta contro il comunismo internazionale e la prevenzione di una possibile risorgente minaccia tedesca. All'indomani della caduta del muro di Berlino, il 9 novembre 1989, si è posto nuovamente il problema di trovare una soluzione alla cd. <<questione tedesca>>, questa volta consistente nel timore che una Germania non più divisa, ma unita e potente sul continente, potesse perdere interesse per l'integrazione europea o addirittura costituire una minaccia per i suoi vicini. Per scongiurare tali scenari furono accelerate le trattative per la creazione di un'unione economica e monetaria, al fine di imbrigliare la Germania riunificata. Secondo la logica dello <<scambio geopolitico>>, in cambio del supporto degli altri paesi europei alla riunificazione i tedeschi si impegnavano a rinunciare alla loro sovranità in materia di politica monetaria attraverso la cd. <<europeizzazione del marco>>. Alla fine dei negoziati di Maastricht la Germania è comunque riuscita a imporre le sue preferenze, esportando le due caratteristiche principali del modello tedesco di banca centrale, l'indipendenza politica e l'orientamento anti-inflazionista, e soprattutto costringendo gli altri paesi membri a una disciplina di bilancio in vista della fase finale dell'unione monetaria. Nella gestione della crisi dell'eurozona, la più grande crisi europea dalla Grande Depressione del 1929, la Germania ha mostrato un'inedita assertività, opponendosi fermamente all'ipotesi di allentare i vincoli europei per consentire ai paesi più colpiti dalla crisi di fronteggiare la recessione economica. | precetti fondamentali della politica estera tedesca post-1945, che sono stati osservati anche dopo la riunificazione, si possono riassumere in tre grandi orientamenti: <<mai più>>, <<mai da soli>> e <<la politica prima della forza>>. Tali precetti segnalano una netta presa di distanza dalle logiche passate dello <<stato di potenza>>, al punto che il modello di comportamento della Germania in politica estera viene spesso descritto come <<potenza civile>>: una potenza che lavora per civilizzare le relazioni interstatali, ossia per trasformarle seguendo le direttive del multilateralismo, cooperazione e del diritto internazionale. Nella gestione della sicurezza internazionale a assunto il ruolo di paese-guida assunto durante la crisi dell'eurozona. La Germania viene inoltre guardata con sospetto da paesi come gli USA, per le relazioni strategiche con la Russia, la Cina, e con altri paesi <<emergenti>> (Brics). D'altra parte, alcune prese di posizione del governo guidato dalla Merkel, come quelle nei confronti del governo russo nel contesto della crisi Ucraina nel 2014 o a proposito della tragedia umanitaria dei profughi nel 2015, potrebbero essere il segnale di un salto di qualità della Germania nell'esercizio del suo ruolo di paese-guida in Europa, fin qui svolto prevalentemente in ambito economico e monetario. RENDIMENTO E STABILITÀ: TRA MODELLO MAGGIORITARIO E CONSENSUALE Per quanto tra le regioni ricche (dell'Ovest) e quelle più povere (dell'Est) esistano tuttora importanti disparità socioeconomiche, nei cittadini tedeschi occidentali e orientali si sta progressivamente sgretolando quel <<muro della testa>> che ha lungo impedito loro di pensarsi come parte di un'unica comunità politica. Il cancellierato di Angela Merkel, può essere considerato una tappa importante nell'ambito del processo di riunificazione politica e culturale della nazione. La stabilità è la caratteristica principale del sistema politico tedesco. Essa continua a trovare ampia espressione nei frequenti governi di legislatura e, più in generale, nell'elevata durata media dei governi e, infine, in un pluralismo partitico limitato. Il sistema politico tedesco è stato apprezzato soprattutto da quei paesi dell'Europa occidentale, prima, e orientale, poi, che si sono confrontate con i processi di transizione democratica. Nel contesto dell'Unione Europea la Germania è il paese che più di ogni altro ha credenziali per svolgere un ruolo di paese-guida: vanta tassi di crescita e di produttività tra i più alti in Europa, ha un grande surplus commerciale, imprese competitive, conti pubblici in ordine e un welfare state ancora relativamente generoso. Le due principali spiegazioni degli elevati rendimenti politici ed economici che sono generalmente riconosciuti alla Germania procedono entrambe da un'analisi del più ampio processo di policy making tedesco, che presenta sia strutture maggioritarie, tipiche di una <<democrazia competitiva>>, sia caratteristiche politico-istituzionali della <<democrazia consensuale>> CAPITOLO 8 FRANCIA LA NASCITA DELLA QUINTA REPUBBLICA A partire dagli eventi rivoluzionari dell’ 89, la Francia ha conosciuti un alta instabilità politico-istituzionale e diversi regimi, tra i quali ben 5 fasi repubblicane. La Quinta Repubblica nasce nel 1958; la costituzione del 1958 fu elaborata all’interno di una procedura controllata dall’esecutivo; l’ultimo parlamento della Quarta Repubblica votò l'investitura del generale de Gaulle a presidente del Consiglio Si era dimesso nel 1946 per i dissidi con la classe politica della Quarta Repubblica; richiamato per risolvere il problema algerino, de Gaulle fu investito di pieni poteri; una legge costituzionale attribuì al suo governo il compito di approntare una revisione generale della Costituzione nel 1946; de Gaulle creò un comitato interministeriale incaricato di redigere un progetto da sottoporre al governo, a un comitato consultivo e infine a referendum popolare. 2. rigidità ideologica; 3. incapacità di adattarsi alle regole del nuovo regime semipresidenziale. A partire dagli anni '80, all'estrema destra si è fatto spazio il Front National. Marine Le Pen ha orientato il Fn su posizioni laiche e liberali anche se non totalmente condivise all'interno del suo partito. Grazie alla leader, il Fn ha conosciuto un rinnovamento generazionale, oltre che un adattamento ideologico perseguendo la strategia di allontanamento dai caratteri estremisti. Comunque, socialisti e neogollisti rimangono i protagonisti del sistema partitico francese. Essi hanno conosciuto anche un processo di presidenzializzazione, ovvero il rafforzamento della figura del leader. LA COMPETIZIONE ELETTORALE: EROSIONE DAL CENTRO E CONSOLIDAMENTO DEL BIPOLARISMO La trasformazione del sistema partitico, tra IV e V Repubblica, è anche conseguenza delle leggi elettorali. Il sistema uninominale maggioritario a due turni ha contribuito a rendere bipolare la competizione. Ha forzato i partiti a ricercare a livello nazionale accordi elettorali, oppure a negoziare la reciproca desistenza al secondo turno a favore del candidato meglio posizionato al primo. Così sinistra la “disciplina repubblicana” ha consentito accordi al secondo turno tra socialisti e comunisti mentre a destra le candidature comuni al primo turno hanno rappresentato la regola. Le piccole forze politiche del centro non riusciranno mai a sviluppare alleanze nel quadro politico. Importante per la strutturazione bipolare del sistema partitico è stata l'elezione diretta del presidente della Repubblica che, consentendo l'accesso al secondo turno solo ai due candidati meglio piazzati nel primo, ha prodotto una strutturazione dei partiti. La formula maggioritaria ha contribuito a diminuire la frammentazione della rappresentanza. Nelle regioni, allo scopo di contrastare il problema dell'ingovernabilità, fu introdotto nel 1999 un sistema elettorale a due turni su liste regionali, con un premio di maggioranza pari a un quarto dei seggi per la lista che ottiene la maggioranza assoluta al primo turno o relativa al secondo, e la possibilità di accedere al secondo turno solo per le liste che hanno ottenuto il 10% dei voti. Negli anni '80/'90 si è verificata una parziale destrutturazione del sistema politico, con la comparsa di nuovi partiti (es. partito di centro, MoDem). IL GOVERNO Tra il ‘58-'81 (23 anni!) si sono susseguiti presidenti della Repubblica e coalizioni di governo di centrodestra. Questo “dominio della destra” ha contribuito a forgiare il dominio presidenziale e la dinamica tra presidenza ed esecutivo. e La prima alternanza presidenziale si verifica nel 1981 con Mitterand che rende poi possibile la prima alternanza al governo, a seguito dello scioglimento anticipato dell'Assemblea e la vittoria dei socialisti. Ciò nonostante, essi formarono poi una coalizione con i comunisti. e Il governo socialista cadde però nell’86 in seguito alla vittoria del centrodestra: cominciava così la prima coabitazione (terminò nell'88) venne poi rieletto Mitterand. e | governi socialisti che si susseguirono furono poi tutti di minoranza e riuscirono a sopravvivere grazie all'uso di meccanismi di parlamentarismo razionalizzato. ® Nel ‘93 si ebbe la seconda coabitazione con la vittoria ancora del centrodestra. e Nel 2002 viene eletto Chirac, centrodestra, terza coabitazione. e Nel 2007 venne eletto Sarkozy, fine coabitazione. e Nel 2012 tornò invece in carica un Presidente socialista (Hollande). La Costituzione prescrive che il Presidente nomini e ponga fine alle funzioni dei membri del governo su proposta del Primo ministro. In un contesto in cui entrambe le figure godono di forte autonomia nella scelta dei membri del governo, il loro peso relativo dipende dalla concordanza o meno delle maggioranze. Il presidente comunque mantiene il suo veto presidenziale. Nelle fasi di concordanza delle maggioranze, la direzione dell’azione di governo è prevalentemente nelle mani del presidente. Questo fenomeno si è rafforzato con la presidenza di Sarkozy, tanto che si è parlato di presidenza governante. Il Consiglio dei ministri, presieduto dal presidente della Repubblica, svolge diverse funzioni: ® Costituisce l'occasione per ricordare ai ministri l'appartenenza a una struttura collegiale. ® | ministri inoltre si trovano in una posizione subordinata rispetto al capo del governo. L'azione del presidente è resa efficace da una serie di formazioni interministeriali da lui convocate e presiedute. ® Ha anche la funzione di arbitro nei conflitti interministeriali. Per quanto riguarda i rapporti governo-esecutivo, la Francia costituisce un caso di quel processo di ridimensionamento del ruolo decisionale del Parlamento. La Costituzione ha introdotto anche un'innovazione, delimitando il dominio della legge. Essa infatti elenca le materie dove il Parlamento può legiferare. Nella politica francese risulta fondamentale il “vote bloqué”: su richiesta del governo, l'Assemblea si pronuncia sull'insieme di un testo o di una parte di esso con i soli emendamenti proposti o adottati dal governo, in pratica non può aggiungere emendamenti. Circa la questione di fiducia, in Francia essa è solo presunta. Dal 1966 la responsabilità del governo di fronte alla Camera bassa è divenuta, per prassi, una facoltà. Tale facoltà ha il vantaggio, per il governo privo di una sicura maggioranza, di potersi insediare in una situazione di fiducia presunta. Nel 2008 si è verificata un'ulteriore revisione costituzionale. Per quanto riguarda il rapporto tra i governi e i partiti che li sostengono, invece, la Francia della V Repubblica si avvicina al modello delle democrazie competitive. Durante la V Repubblica si è anche venuta a creare una forte sovrapposizione tra l'élite burocratica e la classe politica. Fondamentale è anche la presenza di alti funzionari all’interno dei vari organisi IL PARLAMENTO: UN BICAMERALISMO ASIMMETRICO E DISOMOGENEO Il bicameralismo francese è asimmetrico e disomogeneo: asimmetrico perché pur partecipando il Senato al processo legislativo, in caso di disaccordo è l'Assemblea nazionale che decide; inoltre solo un voto negativo dell'Assemblea costringe il governo a presentare le dimissioni Disomogeneo perché le due camere sono formate con modalità differenti: l'assemblea è eletta a suffragio universale mentre il senato è eletto indirettamente attraverso un collegio di grandi elettori scelti prevalentemente tra gli amministratori locali; rappresenta le collettività territoriali della Repubblica (l'equivalente funzionale dei senati federali). La revisione introdotta nel 2008 ha limitato la possibilità per il governo di introdurre la procedura accelerata che consente di intervenire non dopo due, ma dopo una sola lettura di entrambe le camere. La revisione costituzionale del 2008 ha toccato anche il Parlamento. Tra i suoi obiettivi vi era anche quello di riconoscere la funzione governante del presidente (obiettivo che però non è stato raggiunto). Per quanto riguarda il Parlamento, il Presidente per la riforma costituzionale aveva espresso la preoccupazione di creare un rapporto più equilibrato tra esso e l'esecutivo, fornendo alla Camera bassa maggiori possibilità di intervenire nell'iter decisionale. Circa gli strumenti della razionalizzazione essi sono limitati. La limitazione permette di approvare un progetto se il governo non da la sua sfiducia entro 24h. Il parlamento è stato rafforzato anche nella sua funzione di controllo, con l'introduzione di nuovi strumenti, come il suo coinvolgimento in ambiti dei quali era stato escluso, come le missioni militari all’estero e la costituzionalizzazione di commissioni parlamentari d'inchiesta che possono essere create in entrambe le camere per ottenere le informazioni necessarie per l'esercizio dei compiti di controllo; la riforma ha anche ampliato le competenze paerlamentari relative alla valutazione delle politiche pubbliche; a fronte di questi cambiamenti si è parlato di un riflusso del parlamentarismo razionalizzato. LE ISTITUZIONI POLITICHE TERRITORIALI Il sistema unitario francese ha conosciuto e sta conoscendo un processo di decentramento significativo. In Francia molti politici hanno l'abitudine di cumulare mandati locali e nazionali e nel 2014 questa pratica è stata limitata. Il processo di decentramento ha permesso a molti comuni un ampliamento delle competenze e la sopravvivenza di alcune istituzioni, come il consiglio comunale e il sindaco. | dipartimenti hanno ampliato i loro poteri. Il potere esecutivo è passato dal prefetto al presidente del consiglio generale. Le regioni sono dotate di proprie istituzioni di governo democraticamente elette. Sono sorte fratture riguardo proprio alla questione decentramento tra coloro che sono favorevoli al decentramento e coloro che vogliono mantenere una struttura unitaria: entrambi ne hanno guadagnato perché i primi sono riusciti ad ottenere discreti risultati a livello locale e regionale e i secondi ne hanno beneficiato perché hanno limitato il processo di decentramento. Sono sorte anche nuove città metropolitane e tutti i comuni sono stati obbligati ad aggregarsi in comunità di comuni o in un'aggiomerazione urbana o in una metropoli. Esse sono dotate di notevoli poteri sul sistema viario, sui trasporti scolastici e sulla promozione internazionale del territorio. Le competenze della comunità dei comuni riguardano i rifiuti e il turismo e dal 2020 riguarderanno la gestione dell'acqua e lo smaltimento dei rifiuti. ® Le regioni legiferano in materia di sviluppo economico, di gestione dei programmi europei, di formazione professionale, della gestione del territorio e dei trasporti. ® | dipartimenti legiferano in competenze relative al sostegno alle situazioni di difficoltà sociale e di aiuto tecnico a comuni e aggregazioni di comuni per l'espletamento delle loro competenze. Come in tutta Europa, anche in Francia ci sono movimenti di rivendicazione di un'autonomia basata su identità culturali dalla Rivoluzione francese per poi tornare negli anni '60-'70 (Corsica, Bretagna, Alsazia). I CARATTERI DEL POLICY MAKING Le decisioni importanti procedono dal Parlamento verso l'esecutivo e l'alta amministrazione. Infatti i protagonisti assoluti sono il Presidente, il primo ministro, il ministro delle Finanze. | vertici delle amministrazioni di settore intervengono qualora vengano coinvolte le materie di cui si occupano. Gli attori esterni della politica francese sono sindacati, organizzazioni professionali e patronali, associazioni, imprese pubbliche e private che instaurano relazioni con amministrazioni ed esecutivo. Le commissioni governative riuniscono funzionari e rappresentanti degli interessi privati per favorire un certo grado di concertazione con i gruppi di interesse. Spesso, i gruppi si relazionano con i ministri e alti funzionari per esercitare la loro influenza e ottenere risultati efficaci. Il vero potere risiede nelle mani del governo e dell'amministrazione che selezionano i gruppi con cui dialogare. Le relazioni con il Parlamento massa si affermarono quali protagonisti fondamentali della vita politica e fu definitivamente confermata la collocazione del paese nel campo analitico. Nel 1983 venne istituita una prima commissione parlamentare composta da componenti di entrambe le camere con il compito di elaborare una proposta di modifica del sistema elettorale e adattamenti della Costituzione. Mentre la transizione del regime fascista alla democrazia repubblicana fu guidata dalla classe dirigente dei partiti di massa, la transizione della Prima alla Seconda Repubblica avverrà contro di loro. Alla fine degli anni '80 il debito pubblico cominciò a crescere su se stesso, per effetto delle spese per interessi. Nel frattempo era cresciuto un movimento civico favorevole ai cambiamento della legge elettorale attraverso l'uso del referendum abrogativo, di cui assunse la leadership Mario Segni, un esponente di secondo piano della Dc. Le idee favorevoli all'affermazione del principio maggioritario divennero rapidamente popolari. Un primo referendum si svolse nel 1991 ed ebbe a oggetto la riduzione a uno dei voti di preferenza esprimibili per l'elezione dei deputati. Un secondo referendum, tenuto nel 1993, trasformò il sistema elettorale del Senato in un sistema plurality. | partiti che avevano fatto parte per tutti gli anni '80 della coalizione di governo (Dc, Psi, Psdi, Pri, PI) furono i più esposti alle indagini della magistratura. Mario Segni, la cui popolarità era divenuta notevolissima, costituì una sua formazione autonoma e creò con gli altri ex democristiani una coalizione di centro, dopo aver improvvisamente rinunciato al possibile ruolo di leader dello schieramento progressista. A partire dalle elezioni del 1994 si è avviato un processo di apprendimento da parte degli elettori e dei partiti che ha portato alla formazione di nuovi soggetti politici e all'affermarsi di una dinamica competitiva bipolare, con una serie di effetti a catena anche sulla modalità di formazione dei governi sul ruolo del parlamento, sui rapporti tra il governo centrale e gli enti territoriali, sullo stile del policy making. PARTECIPAZIONE POLITICA E PARTITI: DALLE SUBCULTURE AI LEADER Il formato del sistema partitico italiano del dopoguerra può essere spiegato con la lente della teoria rokkaniana dei <<CLEAVAGES>>. La rivoluzione russa del 1917 aveva creato una divisione all'interno della sinistra. Con il congresso di Livorno del 1921 uscì dal Partito socialista la componente leninista, che darà vita al Pci. Nel 1947 il Partito socialista perderà invece la componente guidata da Saragat, in polemica con la linea impressa al partito da Basso e Nenni, favorevoli a mantenere una unità di azione con il Pci. La mobilitazione politica dei cattolici, finalizzata a fronteggiare il nascente movimento socialista, ha invece reso molto meno netta che in altri paesi europei la corrispondenza tra orientamento politico e classe sociale. I comunisti disponevano della struttura di partito decisamente più coesa e disciplinata. Erano gli unici ad aver mantenuto stabilmente un'organizzazione clandestina in Italia durante il periodo fascista e avevano poi assunto la guida della lotta partigiana in ampie aree del Centro-Nord. Posero così le basi per la successiva affermazione nelle regioni un tempo parte dello stato pontificio. Costruito sul modello del partito leninista, il Pci negli anni '50 poteva contare su un'articolata rete di organizzazioni collaterali, attive nel campo sindacale, editoriale, culturale, ricreativo, su circa 2 mln di iscritti e su un corposo apparato burocratico professionale. La coesione della complessa macchina del partito era garantita dal principio del <<CENTRALISMO DEMOCRATICO>>, il quale implicava la scelta dei dirigenti per cooptazione, la riservatezza in merito alla diversità di posizioni individuali. Al contrario, tanto la Dc quando il Psi erano partiti articolati in correnti. La Dc era stata costituita nell'immediato dopoguerra principalmente grazie al sostegno delle organizzazioni cattoliche, le quali avevano potuto rafforzarsi durante il fascismo, al contrario di quasi tutte le altre forme associative, all'ombra dell'accordo tra la chiesa e il regime, e vennero poi mobilitate in vista delle elezioni del 1948. In quelle elezioni ebbero in particolare un ruolo molto importante i <<COMITATI CIVICI>>. Successivamente, la stessa Azione cattolica fornì molti quadri locali al partito attraverso le sue organizzazioni intellettuali, parte della classe dirigente. | dirigenti democristiani poterono però coltivare relazioni con una rete molto più articolata di interessi economici e sociali di associazioni amiche. Così avvenne ad esempio in agricoltura con la Coldiretti e nel settore pubblico con la Cisl e le Acli. Tale strategia era parte di un più ampio disegno, portato avanti da Fanfani, segretario del partito dal 1954 al 1959. Fanfani intendeva incrementare il numero degli iscritti e dare alla Dc una organizzazione ramificata, con associazioni collaterali simili a quelle del Pci. Ma mentre nel Nord si affermò un modello da partito di massa di stile socialdemocratico, nel Sud quella strategia di consolidamento organizzativo consistette nella sostituzione del tradizionale clientelismo dei notabili con un clientelismo di massa mediato dal partito. Una trasformazione piuttosto drastica fu invece promossa all'interno del Psi, all'inizio degli anni '80., sotto la guida di Craxi. Anche il Psi era sempre stato un partito molto frazionato, e anche quando Craci era stato eletto segretario, nel 1976, la sua corrente poteva fare affidamento solo sul 14% dei voti congressuali. AI momento della seconda rielezione, nel 1981, la sua corrente aveva inglobato invece il 70% del partito. Nei partiti laici minori (Pri, Pli, Psdi), date le loro dimensioni, la vita del partito era fondamentalmente giocata sul confronto tra poche personalità. Il Pri e il Pli, apertamente sostenuti da ambienti imprenditoriali, avevano una struttura organizzativa di tipo notabilare; il Psdi si era invece andato ritaglianfo una sua nicchia come difensore delle prestazioni pensionistiche e assistenziali. Il Msi, al contrario, soprattutto a partire dall'inizio degli anni '70, quando, sotto la direzione di Almirante, si propose come partito d'ordine, nettamente anticomunista e al tempo stesso critico delle degenerazioni clientelari della Dc. Venuti meno i partiti della Prima Repubblica, quasi nessuna tra le nuove formazioni politiche ha acquisito una struttura organizzativa stabile e una fisionomia indipendente dal leader-fondatore. Ma anche tra i partiti maggiori è prevalso lo stesso approccio. Il Movimento 5 Stelle, l'ultimo grande partito approdato in parlamento, è nato e si è affermato grazie alla peculiare capacità comunicativa di Beppe Grillo e sotto la direzione operativa di Casaleggio. Nella narrativa condivisa dai leader e dagli aderenti sono ricorrenti una radicale critica alle istituzioni non elettive, alle élite che le governano e all'establishment degli altri partiti, un'enfasi sulla partecipazione dal basso attraverso la rete secondo l'adagio <<UNO VALE UNO>> e sulla piena intercambiabilità dei ruoli in base al principio per cui qualunque cittadino onesto sarebbe in grado di esercitare le funzioni di rappresentanza. Tuttavia, anche dopo il successo registrato nelle elezioni del 2012-13 e la costituzione di un ampio gruppo parlamentare, sia la proprietà dell'uso del marchio, sia la definizione discrezionale delle regole di condotta inteme, sia le scelte strategiche rimangono in ultima istanza esclusivamente nelle mani dei fondatori o di un piccolo gruppo di dirigenti da essi cooptato. L'ascesa e il declino di una delle principali componenti del centrodestra è stata strettamente influenzata dalla parabola individuale di Silvio Berlusconi. Forza Italia, costituita inizialmente da funzionari delle imprese di sua proprietà, aveva come unità di base, al posto delle tradizionali sezioni, i <>. Gli iscritti avevano un ruolo di supporto alle attività del partito ma non hanno mai potuto partecipare alla formazione della classe dirigente in quanto quest'ultima era scelta per cooptazione degli organismi di vertice o nominata direttamente dal leader. Tra il 2009 e 2010 venne creato il Popolo della libertà dalla fusione di Fi, Alleanza nazionale e altri gruppi minori. Il violento confflitto che si sviluppò nel 2010 tra Berlusconi e l'ex leader di An, Gianfranco Fini, portò alla prima di una serie di scissioni. Nel 2013, preso atto che il progetto unitario era fallito, le attività del Pdl furono sospese. Ma mentre tra il 1994 e il 2001 il consenso per Forza Italia di era aggirato intorno al 20 e il 30% dei votanti, ora le intenzioni di voto registrate dai sondaggi superavano di poco il 10%. La Lega Nord era nata nel 1990 della Lega lombarda. Sotto la leadership iconica di Umberto Bossi si era fatta interprete di un violento risentimento verso la politica nazionale (Roma ladrona) e di un'identità territoriale elaborata a misura del suo insediamento elettorale (la Padania). E' riuscita così a costruire dal nulla una subcultura simile a quelle della Prima Repubblica, con una base di votanti identificati interclassista, una rete di quadri leali verso l'organizzazione, iscritti e sezioni, associazioni ricreative e sindacati collaterali. Anche la Lega non si è mai data un sistema di regole a presidio della sua democrazia interna. Bossi aveva convocato vari congressi per consacrare la sua linea e la sua leadership, ma non se ne enne nessuno tra il 2002 al 2012. Tuttavia, nel 2012, sull'onda degli scandali, fu ratificata per alzata dimano l'elezione di Roberto Maroni a segretario, allora candidato unico da parte dei delegati al congresso federale. L'anno successivo verrà invece eletto un nuovo segretario, Matteo Salvini, con il voto diretto degli iscritti, in contrapposizione al leader storico Bossi, che assumerà comunque la presidenza del partito. Il Partito democratico nasce tra il 2007 e il 2008 dalla confluenza tra le formazioni politiche che avevano dato in precedenza vita alla coalizione dell'Ulivo: i Democratici di sinistra, la Margherita e di forze minori. Il suo vero e proprio battesimo era avvenuto due anni prima , quando alle primarie aveva riscosso un inaspettato successo, con oltre 4 min di elettori che si erano riconosciuti nel candidato comune delle componenti riformiste (Romano Prodi). Il modello statutario e organizzativo del Pd è stato deliberatamente concepito per promuovere la formazione di leadership forti, rese però contendibili dall'apertura dei confini di partito a una doppia platea di aderenti. Veltroni, Bersani e Renzi hanno portato una serie di innovazione hanno favorito il ricambio della classe e ciò ha portato a un'alternanza tra leader di diverso orientamento. LA COMPETIZIONE ELETTORALE: DAL PROPORZIONALISMO Al SISTEMI MAJORITY ASSURING La frammentazione del sistema partitico era molto elevata nella Prima Repubblica e ha continuato a esserlo nella Seconda. Molti dei partiti precedentemente citati non sarebbero stati concepiti e non sarebbero comunque sopravvissuti se il sistema elettorale mantenuto fino al 1993 fosse stato più selettivo. Per l'elezione della Camera dei deputati il territorio nazionale era diviso in 32 circoscrizioni, a ciascuna delle quali era assegnato un numero di seggi proporzionale al numero dei residenti. Si andava da circoscrizioni relativamente piccole a cui erano assegnati 4 seggi ad altre molto grandi in cui se ne assegnavano più di 50. In pratica, il costo in voti di un seggio era pari, in prima battuta, al totale dei voti validi diviso il numero dei deputati da eleggere più due. | voti residui non utilizzati e i seggi non assegnati nelle varie circoscrizioni venivano riportati in un collegio unico nazionale all'interno del quale si procedeva a una nuova ripartizione. Per l'elezione del senato, invece, il sistema elettorale era apparentemente maggioritario; 238 seggi venivano assegnati in altrettanti collegi uninominali. Per vincere in un singolo collegio non bastava però né la maggioranza relativa né quella assoluta, ma occorreva ottenere il 65% dei voti, cosa che non accadeva quasi mai. Quindi, la ripartizione dei seggi avveniva con metodo proporzionale (formula d'Hondt), nell'ambito di circoscrizioni regionali, sulla base del totale dei voti ricevuti nella regione da ciascun partito. | sistemi elettorali non sortivano alcun effetto sulla competizione tra partiti ma piuttosto all'interno dei partiti poiché l'assegnazione dei seggi all'interno delle liste veniva attribuita in base al numero di preferenze ricevuto da ciascun candidato. AI Senato invece gli elettori potevano votare per i candidati dei collegi uninominali. Dopo aver ripartiti i seggi tra tutti i partiti, venivano quindi assegnati, all'interno di ciascuno di essi, ai candidati che avevano ottenuto la percentuale di voti più alta all'interno dei collegi uninominali. Anche al Senato la capacità dei singoli candidati di portare consensi era premiata, ma in misura meno evidente. La necessità di raccogliere voti di preferenza, entrando in competizione con altri candidati del proprio partito, costituiva certamente un notevole onere aggiuntivo per diventare deputato, ma costituiva al tempo al tempo stesso un'opportunità per dimostrare l'ampiezza del proprio seguito o per farsi largo all'inizio della carriera. Il sistema elettorale tendeva quindi ad accentuare sia la frammentazione del sistema partitico sia la scarsa coesione interna dei partiti di governo. | sistemi elettorali per i consigli regionali e comunali presentavano le L'Italia è caratterizzata da un BICAMERALISMO PERFETTO. Ogni proposta di legge deve essere approvata da Camera e Senato. Le commissioni permanenti, specializzate per materie, esaminano i progetti di legge. Dopo che la legge viene approvata dalla commissione, viene sottoposto a un ulteriore esame da parte dell'aula (in sede referente). La simmetria dei poteri tra le due camere offre ai gruppi che intendono opporsi a una certa proposta una possibilità più che doppia di bloccare o allungare il percorso della decisione legislativa, in quanto la minima modifica di un testo in una camera implica il successivo riesame da parte dell'altra. AI contrario, la possibilità di decentrare l'approvazione dei progetti di legge dall'aula alle commissioni consente di snellire i tempi del processo legislativo. La <<sede deliberante>> può essere però mantenuta solo nei casi in cui ci sia l'accordo di tutti i principali partiti. Nella Prima Repubblica, la capacità del governo di guidare l'attività del parlamento era limitata, per ragioni sia politiche sia istituzionali. Con l'avvento del sistema bipolare, l'equilibrio tra le due istituzioni si è notevolmente spostato a vantaggio dell'esecutivo anche se alcuni importanti cambiamenti in questa direzione erano già iniziati negli anni '80. Nel 1988 ci fu una ulteriore revisione dei regolamenti parlamentari. Al Senato venne drasticamente ridotto il ricorso al voto segreto e fu previsto che il calendario dei lavori fosse fissato tenendo conto delle priorità indicate dall'esecutivo. La decisione ultima sulla programmazione dei lavori continua a rimanere nelle mani della conferenza dei capigruppo. Alla Camera il cambiamento dei regolamenti è stato inizialmente meno incisivo. Solo nel 1990 si è data per la prima volta cittadinanza alle indicazioni del governo sull'agenda dei lavori. La revisione è stata poi completata nel 1997, prevedendo il contingentamento dei tempi. Ma mentre al Senato sono i capigruppo della maggioranza ad avere l'ultima parola, alla Camera è invece il presidente dell'assemblea a detenere la facoltà di assecondare o meno le preferenze del governo. Sin dall'inizio degli anni '80, tutti i governi hanno fatto un uso molto più frequente che in passato dei decreti legge. A partire dai primi anni '90, per aggredire il problema del debito pubblico e raggiungere i parametri fissati per l'entrata nell'euro, il governo ha poi iniziato a utilizzare in maniera molto più decisa anche altri strumenti. Innanzitutto, ha accresciuto il suo controllo sulla sessione di bilancio e sulle leggi collegate alla manovra annuale di finanza pubblica. In secondo luogo, alcune materie, a cominciare dell'organizzazione dei ministri, sono state delegificate, nel senso che non sono più disciplinate con leggi ma attraverso regolamenti emanati dall'esecutivo che non hanno bisogno dell'approvazione parlamentare. In terzo luogo, sugli argomenti che richiedono una disciplina più articolata e più complessa, i governi hanno fatto approvare sempre più spesso al parlamento ampie leggi di delegazione in modo da poter poi intervenire attraverso l'emanazione di decreti legislativi. Attraverso i maxiemendamenti viene proposta la completa o quasi completa riscrittura di un progetto di legge, eventualmente con integrazioni, mentre il testo è all'esame di una commissione o dell'aula. Con il maxiemendamento il governo di solito recepisce anche le sollecitazioni venute dai parlamentari che condivide. Quando viene posta la questione di fiducia su un articolo o un singolo emendamento, piccolo o grande, il parlamento deve esaminare in via prioritaria il testo proposto dal governo. Se il testo del governo viene approvato, si considerano respinti tutti i testi o gli emendamenti alternativi e quasi si azzerano gli spazi per l'ostruzionismo. Ponendo la questione di fiducia il governo mette in gioco la sua sopravvivenza, quindi anche i componenti dissenzienti della maggioranza sono spinti a votare a favore. La questione di fiducia consente peraltro a questi parlamentari dissenzienti di giustificarsi nei confronti del rispettivo pubblico di riferimento per aver dovuto votare, controvoglia, provvedimenti poco graditi. LE ISTITUZIONI POLITICHE TERRITORIALI: DAL DECENTRAMENTO POLITICAMENTE VINCOLATO AL RAFFORZAMENTO DELLE AUTONOMIE Mentre la Prima Repubblica è stata caratterizzata da una notevole dispersione del potere tra diversi attori nell'ambito del governo nazionale, presentava invece forte accentramento nei rapporti tra la politica nazionale e gli enti locali. All'avvio della fase repubblicana gli organi degli enti locali tornarono ad essere eletti dai cittadini e si riprese a discutere della istituzione delle regioni. Nell'ambito della Costituente furono soprattutto gli esponenti democristiani, repubblicani e azionisti a farsene paladini. AI contrario socialisti e comunisti erano contrari sulla base della teoria leninista sullo stato, la quale vedeva le autonomie territoriali come un possibile ostacolo a una trasformazione della società guidata dal centro. L'assetto definito dai costituenti prevedeva 14 regioni a statuto ordinario (Abruzzo e Molise verranno distinte con una legge) e 5 regioni dotate di uno speciale statuto di autonomia: Sicilia, Sardegna, TrentinoAlto Adige, Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia. L'articolazione territoriale dei poteri nella Prima Repubblica era insomma caratterizzata da un decentramento apparentemente ampio, ma di fatto fortemente vincolato al centro. Inoltre, con l'eccezione della zona rossa, dove il Pci poteva contare su una larga maggioranza relativa, e su tutti i gruppi consiliari disciplinati, anche i governi regionali e locali erano estremamente instabili. L'elezione diretta dei capi degli esecutivi ha reso soprattutto i sindaci e i presidenti di regione figure dotate una forte autonomia rispetto alla politica nazionale, altre a rafforzare la stabilità delle loro giunte. La ripartizione delle competenze legislative tra lo stato e le regioni è stata modificata nel 2001 con una riforma del Titolo V della Costituzione che ha ampliato le competenze regionali e prefigurato la possibilità anche per le regioni a statuto ordinario di chiedere forme speciali di autonomia. É stata inoltre parificata la posizione del governo centrale e dei governi regionali per quanto riguarda la loro facoltà di sollecitare il controllo di costituzionalità delle leggi (statali e regionali) da parte dell'Alta Corte. Sia le LEGGI BASSANINI del 1997 sia la riforma costituzionale del 2001 hanno rafforzato il ruolo delle sedi di concentrazione tra i governi nazionale, regionali e locali. Non si sono tuttavia rivelati sufficienti a prevenire i conflitti di attribuzione tra stato e regioni, che si sono quindi scaricati sulla Corte Costituzionale. I CARATTERI DEL POLICY MAKING: LA PARABOLA DEL GOVERNO DI PARTITO La complessità dei negoziati su cui si reggeva il processo decisionale, insieme alla diffusa colonizzazione politica delle istituzioni amministrative ha portato molti analisti a considerare quello italiano quello italiano come un policy making dominato dai partiti. | dirigenti di partito hanno effettivamente esercitato un notevole controllo sui contenuti delle politiche pubbliche negli anni '50 e '60. L'apice del potere fu raggiunto dalla Dc fanfaniana quando il partito non era ancora troppo frazionato e non aveva ancora significativi competitori all'interno del governo. Il potere della dirigenza democristiana era inoltre amplificato dal controllo su enti come Eni, Iri, Cassa per il Mezzogiorno, Consorzi di bonifica, Inacasa, creati o estesi in quegli anni e posti fuori dal controllo parlamentare. Successivamente, il ruolo dei dirigenti di partito nel policy making è rimasto rilevante. Essi hanno continuato a esercitare un penetrante <> e ad essere pienamente attivi nella spartizione delle spoglie. Le commissioni parlamentari erano la sede entro cui era più facile per i gruppi esercitare influenza sul processo decisionale. Le pressioni avvenivano tuttavia attraverso linee pratiche, data la tradizionale affiliazione a una delle subculture delle principali organizzazioni di rappresentanza degli interessi, a cominciare dalle tre maggiori organizzazioni sindacali: la Cisl; la Cgil; la Uil. con poche eccezioni, riforme incisive sono risultate praticabili solo quando esse potevano contare su un ampio consenso e quindi promettevano di distribuire benefici a fronte di costi poco visibili, almeno nel breve termine. Questa inclinazione distributiva ha poi avuto una ricaduta negativa molto evidente sulla finanza pubblica. I cambiamenti intervenuti all'inizio degli anni '90 sono stati sotto questo aspetto molto significativi, ma non si può dire che si siano stabilmente affermati nuovi modelli o uno stile uniforme di elaborazione delle politiche. Negli anni in cui è risultato più intenso lo sforzo per il risanamento finanziario, e cioè nella fase 1993-94 dei governi tecnici e poi in quella 1996-98, le parti sociali sono state rese corresponsabili e partecipi della strategia di risanamento attraverso la CONCENTRAZIONE. I RAPPORTI CON L’UNIONE EUROPEA: DA ANCORA DI SALVATAGGIO A OSTACOLO PER LA CRESCITA Sia le pressioni dei mercati finanziari internazionali, divenute alla fine degli anni '80 particolarmente cogenti anche per effetto della libera circolazione dei capitali, sia i vincoli esplicitamente posti dal trattato di Maastricht ai paesi interessati ad aderire all'area della moneta unica, costrinsero i governi italiani ad affrontare il problema del crescente debito pubblico. L'UE costituiva per i governanti anche una fonte di legittimazione. Gli italiani avevano infatti costantemente espresso nel dopoguerra, i livelli di fiducia nei confronti delle istituzioni europee tra i più elevati. L'Italia registrava uno tra i più bassi livelli di recepimento delle direttive comunitarie, un elevato numero di contestazioni da parte della Commissione e il più alto numero di condanne per inadempienza della Corte di giustizia europea, oltre a una bassissima capacità delle regioni del Sud ad accedere ai fondi comunitari. Solo alla fine degli anni '80 vennero istituiti un apposito dipartimento all'interno della presidenza del Consiglio e una speciale legge annuale, dotata di una corsia privilegiata in sede parlamentare. Il processo di integrazione comunitaria ha in questo modo favorito il rafforzamento del governo rispetto al parlamento e un maggiore coordinamento all'interno dell'esecutivo da parte del presidente del Consiglio. Alla fase degli anni '90 in cui l'Europa è stata vista soprattutto come una occasione positiva e un termine di riferimento per l'adattamento delle politiche pubbliche, ha fatto seguito una stagione con connotati molto diversi, nella quale le politiche di rigore finanziario vengono piuttosto considerate un ostacolo per la crescita. CONCLUSIONI Dopo mezzo secolo di stabile instabilità, di continue crisi senza nessuna alternanza, nelle aspettative dei promotori dei referendum elettorali dei primi anni '90, di molti analisti e attori politici, la transizione della Seconda Repubblica avrebbe dovuto dare all'Italia un sistema istituzionale più simile a quello di altre grandi democrazie. | sistemi elettorali adottati dal 1993 in poi hanno effettivamente promosso la riaggregazione in chiave bipolare del sistema partitico. Mentre al livello locale le aspettative riguardo alla stabilità degli esecutivi sono state ragionevolmente soddisfatte, al livello nazionale si sono verificate diverse crisi in corso di legislatura che hanno portato alla sostituzione del primo ministro <> agli elettori della coalizione vincente o allo scioglimento anticipato del parlamento. Inoltre. in tutte le elezioni svoltesi dal 1994 al 2018 i risultati hanno trasmesso un giudizio negativo sui governi della legislatura appena conclusa portando a un ribaltamento della maggioranza. Il permanere dell'instabilità e della scarsa efficacia dei governi sembra influenzata principalmente da tre fattori istituzionali: la frammentazione e la conflittualità interna delle principali coalizioni; l'assenza di norme costituzionali di <<razionalizzazione del parlamentarismo>> poste a tutela degli esecutivi; la schizofrenia dei premi differenziati tra Camera e Senato in presenza di poteri identici delle due camere. Riguardo al bicameralismo, gli stessi costituenti erano consapevoli di avere raggiunto un compromesso insoddisfacente. CAPITOLO 10 SPAGNA UNA RAPIDA CONVERSIONE ALLA DEMOCRAZIA Numero dei partiti rilevanti in Spagna: il numero effettivo di partiti (Nep) si può calcolare sia a livello elettorale che parlamentare; sotto il profilo comparato il livello di frammentazione della Spgna è tra i bassi d'Europa; Un indice ancora più diretto dei cambiamenti in atto del sistema partitico spagnolo è dato dall'andamento della somma dei voti dei due principali partiti (indice di bipartitismo), caratterizzato da un aumento dagli anni '70 fino a un calo nel 2015 (Ps-Psoe); che grazie alla selezione operata dal sistema elettorale Dagli anni '90 il sistema partitico spagnolo presenta tre partiti principali (Ap/Pp, Psoe, Pce/Iu) e altrettanti partiti regionali (Ciu, Pnv, Cc). Gli elettori spagnoli hanno mostrato una certa APERTURA E FLESSIBILITÀ nello scegliere nelle elezioni anche partiti diversi grazie al fenomeno della volatilità elettorale, che risulta più alto in Spagna rispetto ad altri Paesi europei. La sopravvivenza del SISTEMA BIPARTITICO è favorito da un SISTEMA ELETTORALE PROPORZIONALE con meccanismi selettivi e dis-rappresentativi. Il numero di rappresentanti che si possono eleggere nelle varie circoscrizioni varia da 1 a oltre 30. Il Congresso dei deputati viene eletto con il metodo d'Hondt, volto a sovrarappresentare i partiti grandi a discapito dei più piccoli con una soglia di sbarramento del 3% a livello circoscrizionale. Il Senato è eletto con un sistema maggioritario con voto limitato per garantire la rappresentanza delle minoranze. Nonostante il sistema elettorale del Congresso finisca per penalizzare i piccoli partiti, i partiti regionalisti e nazionalisti, i cui consensi sono concentrati in determinate circoscrizioni, vengono sovrarappresentati. | cittadini esprimono il loro voto su liste bloccate e, quindi, i cittadini possono esprimere un voto di preferenza per scegliere il loro candidato. | candidati del Senato si presentano con una lista aperta. CAPITOLO 11 POLONIA, IL SEMIPRESIDENZIALISMO ALTERNANTE LE RADICI E LE NUOVE ISTITUZIONI DELLA DEMOCRAZIA Nel PERIODO POSTSTALINISTA, la Polonia si è sempre mostrata più aperta rispetto agli altri Paesi del blocco sovietico alla partecipazione e meno repressiva, creando così le condizioni per l'organizzazione di gruppi e classi sociali in movimenti politici. In seguito al peggioramento della situazione economica interna, nel 1980 viene creato il SOLIDARNOSC, primo sindacato nazionale indipendente del blocco sovietico. Il Solidarnosc però si scioglie con le leggi marziali del 1981-83 con il conseguente arresto dei dirigenti. Nel 1988 nuovi scioperi spingono il governo socialista ad intavolare accordi e compromessi con l'opposizione e Solidarnosc risorge in veste di forza politica. Nel 1989 gli accordi della Tavola Rotonda tra governo comunista e Solidarnosc portano al ripristino di alcuni diritti politici fondamentali, come elezioni libere dove vince Solidarnosc. Con le elezioni del 1989 la Polonia conosce la democratizzazione, svolta in tre fasi; la prima adotta una forma di governo ibrida con un parlamento bicamerale eletto solo parzialmente democraticamente. La seconda fase coincide con l'adozione della Costituzione transitoria nel 1992, la quale introduce un sistema semipresidenziale che, in mancanza di una chiara ripartizione delle competenze in seno all'esecutivo duale, rende difficile i rapporti del Presidente eletto direttamente dal popolo con il governo e il Primo ministro. La terza fase coincide con l'adozione della Costituzione definitiva nel 1997, dove vi è una riduzione sostanziale dei poteri del Presidente e l'introduzione di elementi di razionalizzazione del parlamentarismo. PARTECIPAZIONE POLITICA E PARTITI: LINEE DI DIVISIONE MOBILI, PARTITI FRAGILI Le FRATTURE ROKKIANE nel sistema politico polacco sono molte, a partire dai sostenitori e oppositori dell'economia di mercato, dai sostenitori e opposizioni all'integrazione europea e all'adesione al Patto atlantico. C'è stata la formazione di TRE CAMPI POLITICI: 1) LIBERALE, favorevole all'economia di mercato, alla secolarizzazione dell'ordine sociale, all'individualismo, alla partecipazione politica e al cosmopolitismo 2) CRISTIANO-RAZIONALE, conservatore e anticomunista, favorevole alla cristianizzazione dell'ordine sociale ed a un ruolo attivo della Chiesa cattolica in politica ed economia 3) POSTCOMUNISTA, favorevole all'individualismo socioculturale, al laicismo e alla modernizzazione. La fluidità del sistema partitico polacco ha impedito l'identificazione in questi tre campi politici a causa della scissione e della fusione del centrodestra (i primi due campi politici). L'unico partito che potesse fondere questi due campi politici è l'Unione delle libertà (Uw) e il loro consolidamento porta il centrodestra alla vittoria elettorale nel 1997 ma la rottura tra le componenti cristiane e liberali provoca l'uscita del governo dell'Uw; la rottura era dovuta all'eterogeneità ideologica e alla rivalità tra fazioni. Nel 2005 l'Uw si è trasformato in Pd, Partito democratico. Dopo l'uscita dalla scena di Uw, sono sorti tre nuovi partiti di destra: Po (Piattaforma civica), il conservatore Pis (Legge e giustizia) e l'ultracattolico Lpr (Lega delle famiglie polacche). Il PO raccoglie i consensi delle fasce di popolazione più istruite. Il partito si dichiara a favore delle riforme economiche e a favore di una visione conservatrice in ambito sociale con un ruolo rilevante della Chiesa cattolica. Legge e giustizia è più radicale rispetto a Po richiamando spesso posizioni nazionaliste e religiose. Differisce da Po per l'interventismo statale in economia. La Lpr riunisce cattolici, nazionalisti e conservatori ostili all'integrazione nelle istituzioni occidentali e favorevoli all'intervento statale nell'economia e in ambito sociale. Passando al centrosinistra, l'Alleanza della sinistra democratica (SId), erede del Partito comunista, è apparsa fino al 2002 in grado di ricevere consensi grazie alle linee programmatiche rivolte ad ampi settori sociali. A causa degli scandali di corruzione, ha perso l'appoggio dell'opinione pubblica e alla sua scissione interna con la creazione di un nuovo partito di sinistra, la Socialdemocrazia polacca (Sdpl). Il PARTITO POPOLARE POLACCO (Psl) è un partito agrario con posizioni più centriste del SId e richiama valori cristiani e tradizionali. | partiti polacchi hanno problemi sulla loro istituzionalizzazione e di legami deboli con la base elettorale. Questa debolezza non è dovuta solo allo scarso seguito elettorale e alla radicalizzazione territoriale, ma anche all'instabilità e frazionismo interni. LA COMPETIZIONE ELETTORALE: FRAMMENTAZIONE E VOLATILITÀ La MANCANZA DI UNA SOGLIA DI SBARRAMENTO ha portato ad un'alta PROLIFERAZIONE DEI PARTITI. Per ridurre la frammentazione partitica, viene adottata nel 1993 una nuova legge elettorale con l'adozione della formula d'Hondt e di una soglia di sbarramento al 5% per partiti che si presentavano senza indicare collegamenti e all'8% per liste tra loro collegate. La nuova legge elettorale ha portato ad una riduzione del numero dei partiti e ha modificato le strategie degli attori politici, incentivandoli a coordinarsi per superare le soglie di rappresentanza. Dopo la vittoria del 1989, Solidarnosc si disarticola a causa delle tensioni interne. La sconfitta alle legislative del 1993 spinge le formazioni partitiche minori a considerare vantaggiosa l'unione in ampie coalizioni, come l'Aws e Uw, assicurandosi una rappresentanza parlamentare. Nel 1997 questa scelta risulta vincente dal momento che vincono le elezioni ma ancora divisioni interne e tensioni forti provocano la rottura della coalizione di governo con l'uscita di Uw dal governo nel 2000. Nel 2001 anche Aws fallisce non riuscendo a superare la soglia di rappresentanza. La vittoria del 1993 e del 2001 del partito postcomunista SId, che forma principalmente governi di coalizione. Altre vittorie si registrano nelle presidenziali del 1995 e del 2000 ma vengono sconfitti nel 2005. Da quel momento il partito registrerà un declino inarrestabile. Le ELEZIONI DEL 2005 segnano L'INIZIO DI UN CAMBIAMENTO NEL SISTEMA PARTITICO POLACCO CON UNA FASE DEL BIPOLARISMO nell'area di centrodestra erede di Solidarnosc. Il bipolarismo vede contrapposti il Pis e Po. Quindi, riepilogando, dal 1989 al 2005 vi è stata un'alternanza tra centrodestra e centrosinistra; dal 2005 abbiamo un'alternanza tra due partiti di centrodestra visto l'indebolimento di SId. Entrambi formano governi di coalizione: Pis con So e Lpr (2005-07) e Po con Psl (2007-15). Le elezioni del 2015 hanno conferito la vittoria a Pis che ha formato un governo monocolore di maggioranza. IL GOVERNO: LE EVOLUZIONI DEL SEMIPRESIDENZIALISMO La Polonia è stata contraddistinta da quattro periodi di COABITAZIONE: 1) Presidente di centrodestra, leader di Solidarnosc, e governo di SId e Psl (1993 - 95) 2) Presidente del SId e governo di Aws e Uw (1997 - 2000) 3) Presidente del Pis e governo di Po 4) Presidente del Pis con governo di Po. Pur avendo ridotto la discrezionalità, il Presidente possiede ancora spazi di manovra per esercitare un'influenza politica sull'attività di governo. | periodi di coabitazione, la frammentazione del sistema partitico e la non concomitanza delle elezioni presidenziali e parlamentari hanno impedito un allineamento tra maggioranza parlamentare, governo e Presidente della Repubblica. L'unica eccezione si è verificata con le elezioni del 2015 con la formazione di un governo monocolore in grado di cooperare con un Presidente espressione della stessa formazione politica. Gli incarichi ministeriali vengono distribuiti in modo proporzionale tra i partiti e la figura del Premier è un primus inter pares; il Primo ministro dirige l'attività di governo, ne determina l'agenda e il programma, definisce le competenze e le aree di attività dei singoli ministri, può annullare regolamenti ministeriali adottati da alti componenti del governo. IL PARLAMENTO: VERSO UNA PROGRESSIVA SUBORDINAZIONE AL GOVERNO? La Polonia si caratterizza per il suo BILAMERALISMO: Camera bassa, Sejm, formata da 460 deputati, e Senato, formato da 100 deputati. È un bicameralismo asimmetrico dal momento che il Sejm ha poteri più rilevanti (fiducia all'esecutivo, esame della legislazione sui cui è stato posto il veto presidenziale) ma lo scioglimento anticipato del Senato comporta lo scioglimento anche del Sejm. Ogni Camera ha il suo statuto, che prevede l'elezione del presidente, di un numero variabile di vicepresidenti. | lavori ruotano attorno al ruolo delle commissioni parlamentari, che possono essere permanenti o temporanee contribuiscono al processo legislativo, al controllo parlamentare sull'azione dell'esecutivo. Sulle materie più delicate e importanti (Finanza pubblica, Politica estera, Affari costituzionali, Bilancio) intervengono i partiti di maggioranza ed esse vengono assegnate ai politici esperti nei settori. Il law-making è caratterizzato da un policentrismo durante le prime fasi della transizione (I e Il legislatura) quando i governi non sono in grado di imporre la propria agenda politica e la frammentazione partitica è alta. La III e IV legislatura le proposte governative sono aumentate dal 48% al 65% mentre quelle parlamentari diminuiscono dal 50% al 34%. LE ISTITUZIONI POLITICHE TERRITORIALI: UN TIMIDO REGIONALISMO Con il GOVERNO SOCIALISTA la Polonia ha avuto un AUMENTO DI CENTRALIZZAZIONE, culminato nel 1975 con l'abolizione del livello provinciale e un aumento del numero delle regioni. Dal 1989 è avvenuto il La Costituzione americana stabiliva garanzie e limiti dell'esercizio del potere e un sistema federale in cui il potere era diviso, controllato e controbilanciato tra Stati e tra organi del governo nazionale: ® il Presidente, e un Congresso bicamerale rappresentativo degli Stati e del popolo, @ l'ordine giudiziario Per evitare che il potere si concentrasse nelle mani di un'unica istituzione, i padri fondatori decisero di dividere il potere costruendo comunque un assetto politico e costituzionale solido e flessibile con un governo forte. Quindi la scelta federalista apparve la più plausibile. Il sistema americano viene definito come un sistema di istituzioni separate che condividono una quota di potere. La flessibilità della Costituzione è stata possibile grazie alla legislazione del Congresso, alle pratiche presidenziali, all'interpretazione giudiziaria, agli usi e alle consuetudini. Non è stato raro nella storia americana che il Bill of Rights fosse stato modificato in alcune parti attraverso la sua riscrittura formale o attraverso l'interpretazione giudiziaria. PARTECIPAZIONE POLITICA E PARTITI: FRATTURE DEBOLI, VALORI COMUNI FORTI Sin dall'adozione del sistema federale, gli Stati che componevano l'area statunitense presentavano differenze di carattere sociale ed economico che sono state fondamentali per lo sviluppo dei diversi orientamenti politici. Negli Stati Uniti non hanno avuto grande influenza le fratture che hanno invece caratterizzato le democrazie europee. Gli interessi territoriali e la grande eterogeneità etnico - culturale non sono mai stati tanto profondi e rilevanti da portare alla formazione di partiti politici. Le differenze si sono sempre affievolite di fronte alla condivisione di valori, ad una forte identificazione con i principi costituzionali e ad un profondo senso di appartenenza alla comunità. L'unico conflitto rilevante che ha poi condotto ad una guerra è stata la contrapposizione tra Sud agricolo e schiavista e Nord industriale e antischiavista verso la metà dell'800, producendo la secessione di 11 stati. Gli Stati Uniti sono nati come una nazione di immigrati (Padri Pellegrini erano irlandesi) e continua ad essere un Paese d'immigrazione. AI momento della ratifica della Costituzione, gli Usa contavano meno di 4 milioni di abitanti e oggi contano 308 milioni di abitanti (2010). Le forti ondate migratorie sono state: 1. nel 1840-50 con l'arrivo di irlandesi e cattolici tedeschi, 2. nel 1861-65 con l'arrivo di inglesi e scandinavi, 3. nel 1890-1910 con l'arrivo di italiani, polacchi, ebrei, russi 4. dal 1960 con l'arrivo di ispanici e asiatici La differenza tra culture, tradizioni e lingue si sono materializzate anche nelle preferenze e negli orientamenti politici. v Gli afroamericani sembrano essere più propensi per il Partito democratico, v gli ispanici si differenziano tra loro per partecipazione, appartenenza politica ed ideologica, gli asiatici rimangono fedeli al Partito democratico. Le elezioni del 2004 hanno mostrato un'inversione di tendenza, dove ispanici e afroamericani di un'età compresa tra i 26 e i 35 anni votavano per i Repubblicani. Le elezioni del 2008 e del 2012 hanno confermato il trend tradizionale, secondo cui ispanici, afroamericani e asiatici preferiscono i democratici (favoriti anche dalla candidatura di Barack Obama). In ogni modo i diversi orientamenti e preferenze politiche tra le comunità culturali negli Usa non ostacolano la condivisione di valori, come il rispetto per la Costituzione, per la libertà individuale, per l'uguaglianza politica e per l'uguaglianza delle opportunità. Nonostante tutti questi valori siano i capisaldi nella cultura politica americana, è stata negata l'eguaglianza politica agli afroamericani, ai nativi e alle donne e permangono ancora discriminazioni riguardo alla razza, al sesso e all'appartenenza etnica. Anche lo stato indigente di molte famiglie, la malnutrizione di molti bambini e la negazione di accesso all'istruzione rendono gli Stati Uniti uno dei Paesi più disuguali al mondo. Gli americani sono però orgogliosi delle loro istituzioni politiche anche se l'affluenza alle urne è molto più bassa che in altri Paesi. C'è da dire che il tasso dell'affluenza alle urne dipende da molti fattori: 1) il diritto di voto non è concesso a persone condannate per reati gravi, internate in ospedali psichiatrici, detenute o prive di cittadinanza; 2) l'iscrizione alle liste elettorali è volontaria; 3) il voto è di martedì e questo disincentiva perché recarsi alle urne costa un giorno di lavoro; 4) i cittadini sono chiamati alle urne molto spesso (elezioni nazionali, statali, locali, primarie e referendum). Abbiamo detto che i partiti politici non si sono radicati in modo profondo come in Europa, MA questo non impedisce i cittadini americani di fare volontariato o di finanziare le campagne elettorale dei due principali personalità dei singoli candidati. I Repubblicani si dividono in due filoni: conservatori e tradizionali, favorevoli al minimo intervento dello Stato nell'economia, e i neoconservatori, favorevoli all'istituzionalizzazione dei loro valori morali e religiosi, a limitare l'accesso all'aborto, a promuovere le preghiere nelle scuole e a controllare la pornografia. Generalmente i repubblicani raccolgono consensi tra i ceti più elevati e più istruiti e negli Stati dell'Arizona, Utah e Kansas. I Democratici sono stati il punto di riferimento per i ceti più svantaggiati e discriminati. Sono favorevoli all'intervento dello Stato nell'economia, nel settore sociale, all'introduzione di regole che disciplinano l'attività dell'industria e che tutelano l'ambiente. Raccolgono consensi tra gli americani più poveri, tra le minoranze religiose, tra coloro che hanno più bassi di livelli di istruzione. Generalmente entrambi i partiti propongono politiche moderate e hanno leader moderati MA sono organizzazioni deboli a causa dell'erosione del clientelismo, dell'uso spregiudicato delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni e della concessione di appalti ai loro sostenitori. Hanno operato in un sistema di separazione di poteri di pesi e contrappesi che ha fortemente limitato la loro capacità di impadronirsi e dominare le istituzioni. Le decisioni importanti vengono prese direttamente dagli elettori nelle primarie o dalle assemblee degli attivisti di partito. LA COMPETIZIONE ELETTORALE: BIPARTITISMO E PERSONALIZZAZIONE La politica americana si è sempre distinta per il suo bipartitismo e l'alternanza. In un primo momento si scontravano jeffersoniani e federalisti, poi democratici - repubblicani e Whigs e oggi repubblicani e democratici. Anche nella guerra civile di secessione il Sud si identificava con l'orientamento democratico e il Nord con quello repubblicano; quando gli afroamericani hanno ottenuto diritti politici e sono diventati democratici, è avvenuto il riallineamento con il sostegno dei bianchi del Sud al Partito repubblicano. Il bipartitismo americano si spiega con l'impiego di sistemi elettorali con una logica plurality (maggioranza semplice) in collegi uninominali. È un sistema adoperato sia nelle cariche monocratiche di governo (Presidente, sindaci, governatori) sia per i componenti dell'assemblea legislativa (a livello federale e nei singoli stati).L'unica differenza è che i componenti dell'assemblea legislativa possono svolgere mandati a tempo indeterminato | primi non possono ricoprire il loro ruolo per di più di due mandati consecutivi. La logica bipartitica è favorita anche dalla revisione dei collegi elettorali e dall'aggiornamento della ripartizione dei seggi; operazioni che sono di competenza dei singoli Stati e che spesso sono oggetto di abusi di discrezionalità per favorire i candidati democratici o repubblicani (gerrymandering). | partiti minori non hanno mai rappresentato una minaccia per i due partiti dominanti: e Nel 1992 il Partito riformista, guidato da Perot, di matrice moderatamente conservatrice, tolse voti al candidato repubblicano Bush rendendo così più facile la vittoria per il democratico Clinton. e Nel 2000 il Partito verde, con candidato Nader, prese quei punti necessari da far vincere il repubblicano Bush, ledendo il democratico Al Gore. Le elezioni sono regolari; non importa se il Paese è in guerra o nel pieno di una crisi interna: la Camera viene eletta ogni due anni, un terzo del Senato ogni due anni e la Presidenza ogni 4 anni. Le elezioni americane sono precedute da lunghe e costose campagne elettorali di qualsiasi altra democrazia liberale. La scelta dei candidati avviene attraverso delle elezioni primarie regolate con leggi statali, che possono essere: ® chiuse, votano solo gli elettori registrati per quel partito (si tratta di un registro pubblico) ® aperte, nessuna registrazione, il voto è aperto a tutti i cittadini * semi-chiuse, come sopra, ma gli elettori indipendenti (non registrati) possono decidere di partecipare per un partito PRIMARIE Fin dall'inizio dell'800 i candidati presidenti sono scelti dai “boss” statali dei partiti riuniti n Conventions. A partire dagli anni Sessanta i delegati alle Conventions sono (in gran parte) eletti attraverso le primarie. Ciascun partito ha regole proprie, e anche fra Stato e Stato sono possibili differenze (primarie chiuse e aperte; i caucuses in lowa e Nevada) non si vota contemporaneamente in tutti gli Stati: le primarie iniziano circa 11 mesi prima delle elezioni e durano circa sei mesi. Primarie pro e contro: e Un processo lungo e costoso e Però permette di conoscere a fondo i diversi candidati (soprattutto gli outsiders) e | candidati minori si ritirano lungo il percorso, alcuni outsiders possono emergere e Gli Stati che votano per primi definiscono il quadro della competizione e questo provoca controversie fra gli Stati Nel 2008 Florida e Michigan vengono escluse dal conteggio dei delegati per aver anticipato la data delle primarie. La corsa per la presidenza si compone di quattro fasi: 1. La stagione informale precedente alle primarie, 2. La vera e propria stagione delle primarie che inizia da febbraio, prima dalle elezioni con il voto di New Hampshire e lowa, e dura fino a giugno che si conclude con le convenzioni nazionali dove viene nominato il vincitore e candidato alla presidenza per ogni partito, 3. La campagna elettorale testa a testa tra i candidati alla presidenza da settembre fino al momento delle elezioni (novembre), in questa fase cessano le spese elettorali dei candidati, il costo delle campagne viene finanziato attraverso fondi pubblici. 4. Le elezioni dove il collegio elettorale vota i candidati e il caduto che riceve il 50% dei voti vince, se non si raggiunge il 50% si va al ballottaggio e in fine vince quello con voti più alti. Gli elettori delle «primarie» sono tipicamente i militanti dei partiti o comunque coloro che si identificano maggiormente nei partiti, di Il vicepresidente degli Stati Uniti può presiedere le sessioni del Senato anche se, di norma, è il senatore anziano del partito di maggioranza (Senate majority leader), che organizza e mette in calendario le sedute, assegna i disegni di legge alle commissioni permanenti, coordina la linea politica del suo partito, nomina i membri delle commissioni speciali e sovrintende al funzionamento del Senato in modo da corrispondere alle attese e agli obiettivi del suo partito. La Camera dei rappresentanti era stata pensata come camera di rappresentanza popolare. Le differenze con il Senatori guardano poteri costituzionali, numero di membri, durata del mandato, diverso livelli di centralizzazione del potere e leadership, specializzazione, ricambio, importanza dell'anzianità, procedure. La camera ha 435 membri eletti ogni 2 anni per mandati che possono essere rinnovati. Secondo la Costituzione, tutti i distretti elettorali devono essere ridisegnati ogni 10 anni per riflettere i cambiamenti nella popolazione. La posizione più importante è quella di <SPEAKER DELLA CAMERA», eletto dai ranghi del partito di maggioranza. All'opposto del ruolo di presidente o speaker nei sistemi parlamentari, il cui compito consiste nell'assicurare un ordinato sconvolgimento ai dibattiti e il cui ruolo deve essere super partes, lo speaker della Camera è un dirigente politico investito di una carica istituzionale dotata di poteri considerevoli. I disegni di legge possono essere presentati indifferentemente in una delle due camere, con l'eccezione delle leggi tributarie e di spesa, che devono sempre essere presentate, in prima istanza, alla Camera. Il testo della Commissione viene portato in aula per la discussione plenaria, al termine della quale viene espresso un voto dell'intera assemblea. L'iter prosegue con la trasmissione all'altro ramo del Congresso, che segue le stesse fasi e cadenze. Se un disegno di legge è approvato nella medesima versione da entrambe le camere, viene inviato alla Casa Bianca. Se i testi sono stati emendati da una delle camere, si forma una commissione mista di deputati e senatori il cui compito sarà <RICONCILIARE> i testi difformi. Una volta raggiunto l'accordo, la versione di compromesso viene rimandata a entrambe le camere per il voto finale. Entro 10 giorni il presidente potrà firmare il disegno di legge e promulgare la legge oppure potrà apporre il veto. Nonostante lo scarso rilievo dei partiti, i gruppi parlamentari hanno un ruolo molto rilevante. All'inizio di ogni sessione congressuale, in ciascuna camera i gruppi politici convocano le rispettive assemblee per l'elezione dei propri dirigenti: il capo della maggioranza, della minoranza e i loro vice in aula. Le commissioni si occupano della maggior parte del lavoro. La Camera dei rappresentanti ha 21 commissioni permanenti, il Senato 20, mentre 4 sono congiunte. | sottocomitati sono 90. L'appartenenza alle commissioni deve essere ratificata dall'intero gruppo parlamentare. Alcune commissioni della Camera esercitano un potere considerevole e i membri anziani con un seggio sicuro tendono a gravitare intorno a esse. LE ISTITUZIONI POLITICHE TERRITORIALI: DALLA DOPPIA SOVRANITÀ AL FEDERALISMO COOPERATIVO Gli estensori della Costituzione furono molto attenti a definire i poteri degli stati e del governo nazionale. Erano a favore di un forte governo centrale, ma fecero degli stati un elemento vitale della macchina del governo. Oltre a stabilire l'eguale rappresentanza in Senato, la Costituzione ha affidato agli stati la responsabilità di stabilire le regole per le elezioni locali e nazionali. L'articolo 4 affronta la questione di chi dovrebbe prevalere in un eventuale conflitto di poteri. La risposta dei fondatori stabilisce che sono tre le fonti del diritto del paese: 1. la Costituzione; 2. le leggi federali, quando sono conformi alla Costituzione; 3. i trattati, che possono essere sottoscritti solo dal governo nazionale. | giudici furono istituiti a obbedire alla Costituzione. Il governo nazionale, però, deve operare all'interno delle aree delimitate dalla Costituzione e non può usurpare i diritti degli stati. Molte politiche federali sono giustificate sulla base dei poteri impliciti. Gli Stati Uniti si sono progressivamente allontanati dal sistema della doppia sovranità per abbracciare l'idea del federalismo cooperativo, in cui gli organi nazionali e quelli statali condividono la responsabilità della conduzione politica. I CARATTERI DEL POLICY MAKING: GOVERNO DIVISO, PRESSIONE DEI GRUPPI E CONTROLLO GIURISDIZIONALE Negli Usa i gruppi di interesse sono in particolare numerosi e molto attivi. Può trattarsi di gruppi con interessi non economici che tendono ad aggregarsi intorno a obiettivi intangibili e sono tenuti insieme da motivazioni di carattere morale. Le attività dei gruppi di interesse sono particolarmente efficaci nel condizionare il governo del paese. Il lobbismo di base implica il condizionamento dei politici attraverso la mobilitazione della loro base elettorale, mentre il lobbismo tradizionale si traduce nel condizionamento esercitato parlando direttamente con eletti e amministratori. Il ruolo dei tribunali è ugualmente pertinente e cruciale. La Corte Suprema può determinare se le leggi federali o statali sono conformi alla Costituzione. In caso contrario può annullarle. In America i tribunali possono anche modificare o correggere le politiche pubbliche, e possono a loro volta stabilire linee politiche: il che significa che le corti di giustizia possono fissare norme. Ci sono periodi in cui la politica negli USA sembra un anacronismo del XVIII secolo, il prodotto di un equilibrio di forze paralizzante fra potere esecutivo e legislativo, piuttosto che un sistema capace di governare in modo democratico ed efficiente. CONCLUSIONI Gli Usa sono ormai l'unica superpotenza militare. Non hanno le più grandi forze armate del mondo, ma hanno il più impotente arsenale. La politica estera degli USA aveva cominciato ad allontanarsi dalle questioni difensive e strategiche per concentrarsi sui temi dell'economia e del commercio. Poi, con l'attentato dell'11 settembre 2001, si sono presentati nuovi problemi e gli USA si sono ritrovati coinvolti in una nuova epoca di incertezza, in cui le minacce e le opportunità nascono da una moltitudine di nuove fonti di instabilità. Il ruolo di unica superpotenza mondiale che hanno assunto e il contesto critico entro cui si trovano oggi a esercitarlo hanno reso ancora più saliente che in passato il dibattito intorno alla qualità delle istituzioni politiche degli Usa. Si deve tenere conto di alcuni ulteriori problemi:1. la quota dei votanti e le procedure di registrazione complesse; 2. nella maggior parte degli stati i confini dei distretti elettorali sono decisi non da commissioni indipendenti; 3. il finanziamento pubblico delle elezioni. In questi primi anni del nuovo millennio gli USA affrontano un inedito dibattito circa la natura della politica. Devono anche fronteggiare numerosi bisogni interni e ridefinire il loro ruolo nel mondo, minacciato dal terrorismo globale. Anche i dipartimenti governativi e le burocrazie tentano attivamente di influenzare il policy making, solitamente all'interno dei cosiddetti <<triangoli di ferro>> o <<sottogoverni>>, relazioni stabili tra burocrazie, commissioni parlamentari e gruppi di interesse non governativi. CAPITOLO 12 BRASILE, IL PRESIDENZIALISMO DI COALIZIONE Nel 1964 il Brasile fu colpito da un golpe militare che instaurò un regime autoritario e che durò fino al 1985 quando fu eletto un Presidente civile. Questa data segna la transizione democratica del Brasile. Il caso brasiliano è l'esempio di come il processo di democratizzazione riesca maggiormente con transizioni dolci anziché con rotture violente; infatti le burocrazie militari furono costrette dalle pressioni sociali e sindacali a liberalizzare il Paese. Le ELEZIONI DEMOCRATICHE DEL 1985 affondano le radici circa 10 anni prima: nel 1974 il gruppo interno riformista all'esercito, “gruppo della Sorbona”, spinse verso la transizione democratica attraverso un'apertura lenta, graduale e sicura con il fine di affrontare la crisi economica e la sfiducia popolare. | buoni risultati economici, grazie al Piano nazionale di sviluppo predisposto dal governo, legittimarono il regime militare per un periodo di tempo. L'ASSETTO ISTITUZIONALE DELLA TRANSIZIONE DEMOCRATICA DEL 1985 ha risentito degli assetti del passato e si basa su un rapporto diretto e sul patronage; il rapporto diretto è favorito dal sistema elettorale con voto di preferenza e dal maggioritario per i governatori degli stati e il patronage rappresenta l'elargizione di favori o riconoscimenti dal patrono al cliente, ossia dal politico agli elettori. La Repubblica e la forma di governo presidenziale sono state confermate dal referendum costituzionale del 1993. PARTECIPAZIONE POLITICA E PARTITI: LA RAPPRESENTANZA PERSONALISTICA Ciò che divide i partiti politici brasiliani sono i PROGRAMMI E I CANDIDATI e le FRATTURE SOCIALI non hanno la stessa importanza come in Europa occidentale. Gli unici partiti che hanno un'ideologia molto forte sono il Partito comunista (Pcdob) e il Partito dei lavoratori (Pt). Il modello predominante di partito politico in Brasile è il partito catch-all. Anche la storia dei partiti politici è relativamente recente: ad eccezione del Pcdob e del Movimento democratico brasiliano (Mdb), la storia degli altri 20 partiti è riconducibile dopo il 1979 e la motivazione più accreditata è l'abolizione da parte del regime di altre forze politiche conducendo ad una scarsa o debole istituzionalizzazione del sistema partitico. La debolezza organizzativa è attribuibile anche all'adozione di pratiche clientelari da parte degli eletti, i quali ricorrono a un loro consenso personale. Il SISTEMA PARTITICO È MOLTO FRAMMENTATO a causa del sistema elettorale proporzionale per l'elezione del parlamento (Camera), mentre per le elezioni presidenziali il sistema bipolare è poco usato proprio per l'assenza di partiti nazionali coesi e, di conseguenza, i candidati di presidenza sono sempre espressione di coalizioni multipartitiche. | principali partiti sono: ® PT= di sinistra, con ideologia molto radicata e coesione molto forte. Disciplina di partito elevata e forte legami con i sindacati e movimenti sociali. Il Pt ha vinto le elezioni presidenziali nel 2002 e le ha rivinte ininterrottamente fino al 2014; PSDB = è un intermedio tra partito di sinistra e partito catch all, è orientato verso il centro sinistra con un'impostazione socialdemocratica. Secondo Mainwaring la FRAGILITÀ DEI PARTITI BRASILIANI sarebbe causata da quattro fattori concomitanti: 1) diseguaglianza sociale e povertà di ampie fasce della popolazione che ne inibisce e ne condiziona la partecipazione politica, subordinandola ad una negoziazione clientelare per la concessione di sussidi statali, 2) il peso rilevante dell'apparato burocratico statale rispetto alle istituzioni rappresentative con conseguente dipendenza dallo stato dei principali partiti, 3) combinazione di un presidenzialismo e di un sistema partitico frammentato, 4) deliberata opzione della classe dirigente di scegliere una legislazione elettorale che non promuove partiti nazionali strutturati. LA STRUTTURA DELLA COMPETIZIONE: INVESTITURA DIRETTA DEI LEADER E PROPORZIONALE In Brasile esistono forti differenze nel livello o nel tipo di sviluppo economico tra gli stati della federazione. Il governo federale ha sostenuto politiche perequative con l'obiettivo di contenere le disparità economiche e territoriali. Il SISTEMA ELETTORALE di preferenza incentiva la competizione intrapartitica e quella infrapartitica. Il voto di preferenza alimenta le reti clientelari tra elettori e rappresentanti. Le elezioni presidenziali e l'elezione di sindaci di municipi con più di 200.000 abitanti, invece, ricorrono a sistemi maggioritari a doppio turno, con ballottaggio tra i due candidati più votati. Il parlamento è bicamerale e il sistema elettorale varia per le due Camere. La Camera dei deputati di 513 membri è eletta con sistema proporzionale (formula del divisore d'Hondt) e il Senato federale di 81 membri utilizza la formula maggioritaria (plurality). La CAMERA DEI RAPPRESENTANTI conta 475 componenti in carica per 4 anni e con un sistema maggioritario misto. 295 seggi di 475 vengono assegnati in collegi uninominali mentre 180 sono assegnati con sistema proporzionale su liste bloccate. Gli elettori giapponesi dispongono di due voti: uno per il parlamentare nel collegio uninominale e uno per il partito preferito nella circoscrizione elettorale. Fino al 1993 in Giappone si utilizzava il voto singolo non trasferibile, che incentivava la competizione intrapartitica e portava i grandi partiti a schierare in una stessa circoscrizione più candidati in modo da ottenere la maggioranza nella camera dei rappresentanti. Quando il Partito liberaldemocratico perse il potere nel 1993, venne attribuita la responsabilità al sistema elettorale nonostante fosse chiaro che molti esponenti del partito fossero coinvolti in scandali politici. Dal 1994 la coalizione di Hosokawa fece approvare due riforme elettorali: la prima che modificava il sistema per l'elezione della Camera bassa (quello attuale) e la seconda modificò le regole di finanziamento delle campagne elettorali e introdusse il finanziamento pubblico ai partiti. Con le riforme, si riscontrò un'alternanza al potere e una certa attenzione delle campagne elettorali nei confronti delle politiche pubbliche. La Camera dei consiglieri è eletta con un sistema elettorale misto. Ci sono 242 componenti in carica per 6 anni. Di questi seggi, 146 sono distribuite tra 47 circoscrizioni plurinominali prefettizie con voto singolo trasferibile e gli altri 96 seggi sono distribuiti a livello nazionale in base ai voti ottenuti da liste di partito aperte. La durata della legislatura per la Camera alta è fissa e non può essere sciolta anticipatamente, come per la Camera bassa; i componenti sono soggetti a ricambio ogni 3 anni. IL GOVERNO: CONTINUITÀ POLITICA E COMPROMESSI Dal 1955 al 19983 il Ldp ha sempre formato GOVERNI MONOPARTITICI ma dopo la sconfitta del 1993 ha sempre formato governi di coalizione (dal 2003 ha stretto alleanza con il Komeito). Questo sodalizio con il Komeito permette al Ldp di ottenere seggi a livello urbano e al Komeito di ottenere seggi nei collegi plurinominali. | due partiti dipendono l'uno dall'altro per massimizzare i propri seggi. Il simbolo dello Stato e dell'unità del popolo, secondo l'art. 1 della Costituzione, è l'imperatore, che può emanare solo atti in materie statali definite dalla Costituzione. Il potere di governo è però nelle mani del Primo ministro e nel suo governo mentre l'imperatore ha un ruolo cerimoniale. Il Primo ministro, per rimanere in carica, deve ottenere la fiducia dal Parlamento; dopo l'elezione, il leader del partito che ha ottenuto il numero maggiore di seggi assume il ruolo di Primo ministro e, inoltre, non è previsto un voto di fiducia iniziale (“parlamentarismo negativo”). Il Primo ministro rimane in carica fino all'elezione successiva (se designa un partito diverso come vincitore) o fino alla mozione di sfiducia, votata dalla maggioranza dei parlamentari. La mozione di sfiducia, oltre ad essere un rischio per il governo, è anche un rischio per lo stesso parlamento perché esso rischia di essere sciolto (nella storia politica del Giappone la mozione di sfiducia è stata impiegata solo quattro volte, nel 1948, nel 1953, nel 1980 e nel 1993). IL PARLAMENTO: ASIMMETRIA E POTERE DI SCIOGLIMENTO La CAMERA DEI RAPPRESENTANTI ha il potere di approvare trattati e leggi di bilancio e di selezionare il Primo ministro. Come la Camera ha il potere di rimuovere il governo con una mozione di sfiducia, anche il Primo ministro ha il potere, previsto dalla Costituzione, di sciogliere la Camera e indire nuove elezioni. La CAMERA DEI CONSIGLIERI non può approvare mozioni di sfiducia m può approvare mozioni di censura contro la squadra di governo (anche se non sono vincolanti, nel senso che il Primo ministro o un ministro può anche non dimettersi); molte mozioni di censura sono state mosse dai partiti di opposizione negli ultimi tempi. Gran parte delle proposte di legge passano nelle commissioni e non in aula, che possono modificare, accantonare o bocciare una proposta e la loro composizione è determinata in proporzione alla forza dei partiti nella Camera. La Costituzione prevede che la Dieta (le due Camere) si riuniscano una volta l'anno; una sessione ordinaria inizia a gennaio e dura 150 giorni LE ISTITUZIONI POLITICHE TERRITORIALI: UN LIMITATO DECENTRAMENTO Lo STATO GIAPPONESE È FORTEMENTE ACCENTRATO con la presenza di giurisdizioni, conosciute come prefetture. Nel 1947 venne approvata la legge per l'autonomia locale, con la quale le 47 prefetture presenti sul territorio acquisirono maggiori poteri e vennero istituiti il governatorato e le assemblee prefettizie. 43 sono prefetture a cui si aggiungono 2 prefetture urbane (Osaka e Tokyo), 1 territorio (Hokkaido) e 1 metropoli (Tokyo). Ciascuna di queste aree è suddivisa a sua volta in municipalità e distretti, composti in paesi e villaggi. A livello locale, sono presenti un governatorato e un'assemblea legislativa unicamerale rinnovata una volta ogni 4 anni. | cittadini eleggono contemporaneamente gli organi della prefettura, il sindaco e le assemblee rappresentative di ogni città, paese o villaggio. Il sistema elettorale è il voto singolo non trasferibile per le assemblee e il modello istituzionale è di tipo presidenziale, nel senso che i mandati dei sindaci e dei governatori sono indipendenti dalle assemblee. LA DOTTRINA YOSHIDA. L'ARTICOLO 9 E I LIMITI ALL'USO DELLA FORZA L'ART. 9 DELLA COSTITUZIONE vieta l'impiego delle forze armate di terra, di mare e aeree, e la creazione di un esercito vero. | giapponesi possono solo impegnare risorse economiche per intervenire in politica internazionale non potendo inviare soldati sul terreno di guerra. Questo divieto, imposto al tempo del dopoguerra dalle forze occupanti, è stato oggetto di numerose polemiche e diatribe. Nel 1992 la Dieta approvò la Legge per la cooperazione internazionale alla pace che prevede l'uso della forza di autodifesa per partecipare alle missioni di pace delle Nazioni Unite. CAPITOLO 15 SUDAFRICA, LA DEMOCRAZIA DOPO L'APARTHEID IL DISEGNO COSTITUZIONALE: DALL'’ESECUTORE AL DIALOGO La STORIA POLITICA del Sudafrica è riassumibile in tre fasi: occupazione europea con un insediamento della Compagnia olandese delle Indie Orientali nella penisola del capi di Buona Speranza; creazione dell'Unione Sudafricana nel 1910 creò le fondamenta del nuovo stato; l'era del nuovo Sudafrica con alla guida Nelson Mandela. Il processo costituente del Sudafrica è stato complesso con l'adozione della Costituzione del 1993. PARTECIPAZIONE POLITICA E PARTITI: LA DIVERSITA' ETNICO-RAZZIALE E LA CENTRALITA' DELL'AFRICAN NATIONAL CONGRESS La SOCIETÀ SUDAFRICANA È ETEROGENEA a causa delle divisioni dei numerosi gruppi etnici e culturali. Prima dell'arrivo degli europei, la regione del Capo era abitata da una tribù khoisan e l'interno era abitato da popolazioni bantu. Gli europei si insediarono verso la metà del XVII secolo mantenendo una certa distanza culturale ed economica dalle popolazioni locali; si dava inizio al sistema dell'apartheid con una suddivisione in quattro gruppi razziali: bianchi, neri, asiatici o indiani e coloured (meticci). Ancora oggi esistono disparità socioeconomiche e una forte polarizzazione tra la minoranza bianca e la maggioranza nera. Il partito che si occupò di contrastare misure discriminatorie del governo è stato African National Congress, con a capo Nelson Mandela, che inizialmente adoperava mezzi moderati e non violenti ma, in presenza di dure repressioni da parte del regime, ricorse alla militarizzazione. Mandela e gli altri del partito furono incarcerati ma la lotta continuò fino a quando l'Anc non fu in grado di presentarsi alle elezioni come partito vero e proprio. L'ANC ha dimostrato di riuscire in modo sorprendente a mobilitare l'elettorato sudafricano, di raccogliere finanziamenti, di raccogliere iscrizioni al partito. Dalle scissioni e scontri dell'Anc sono nati altri partiti, come il Congress of the people e l'Economic Freedom Fighters. Tra i principali “nemici” politici dell'Anc ci sono: il National Party e il Democratic Party/Democratic Alliance (Dp/Da), formati da minoranza bianche (la seconda è anti-apartheid). Dopo le elezioni del 2014 il Da si è affermata come opposizione ufficiale al parlamento dell'Anc dal momento che assorbito anche l'elettorato del New Np. LA COMPETIZIONE ELETTORALE: SUPERMAGGIORANZE IN UN CONTESTO PROPORZIONALE L'ASSEMBLEA NAZIONALE viene eletta con un sistema proporzionale a liste bloccate senza la possibilità per gli elettori di esprimere preferenze per singoli candidati. Dei 400 seggi, 200 sono assegnati con liste regionali di partito e 200 sulla base di liste nazionali. Le regioni elettorali corrispondono alle province ed è la Commissione elettorale indipendente che definisce le circoscrizioni in base alle dimensioni demografiche. Ogni regione equivale ad una circoscrizione plurinominale: nel 2014 la circoscrizione del Nothern Cape contava fino a 5 deputati e il KwaZulu-Natal ne contava 40; ogni regione ha a disposizione una quota di seggi, assegnata attraverso la formula Droop. Il sistema sudafricano garantisce proporzionalità con una soglia implicita di accesso estremamente bassa. La competizione partitica del Sudafrica è riconducibile alla sua storia e alle elezioni democratiche del 1994. AI centro del sistema partitico c'è stabilmente l'Anc, che ottenne nel 1994 il 62,2% dei voti; dal 1994 al 2014 l'Anc ha sempre oscillato dal 62,1% al 69,7% dei voti, ad eccezione del 2007-09 quando ottenne il 74,2% per effetto della cooptazione di alcuni parlamentari dell'opposizione. Il SISTEMA PARTITICO SUDAFRICANO è definibile come un SISTEMA A PARTITO PREDOMINANTE, nel quale le elezioni sono servite come mezzo di legittimazione per la stessa forza politica. IL GOVERNO: DALL'ESECUTIVO DI UNITA' NAZIONALE AI GOVERNI MONOCOLORE DELL'ANC NEL 1994 MANDELA venne eletto Presidente che diede vita ad un governo di unità nazionale inclusivo di quei partiti non strettamente necessari al raggiungimento della maggioranza parlamentare. Quindi entrarono nell'esecutivo anche il Np e l'Inkatha Freedom Party. La Costituzione del 1996, che sarebbe entrata in vigore nel 1999, preservava il sistema proporzionale solo per l'Assemblea nazionale e un sistema avversariale nel contesto dell'esecutivo con la presenza di un leader all'opposizione all'interno del parlamento. Il Presidente era paragonabile alla figura del Primo ministro nei poteri e nelle funzioni: forma e guida l'esecutivo, nomina e licenzia discrezionalmente i ministri, resta responsabile di fronte al parlamento, rappresenta la Nazione, ratifica le leggi e può ricoprire il proprio ruolo per un massimo di due mandati quinquennali. Ciò che rende parlamentare il sistema sudafricano è il rapporto tra legislativo ed esecutivo visto che i parlamentari possono approvare a maggioranza una mozione di sfiducia nei confronti dell'esecutivo; la fiducia è implicitamente accordata al governo attraverso un'investitura parlamentare del solo Presidente, che si pone primo sopra ineguali. Il Presidente può continuare ad essere tale solo se non viene direttamente coinvolto nella mozione di sfiducia. NEL 2008 L'EMERGERE DI UNA NUOVA MAGGIORANZA ALL'INTERNO DELL'ANC ha portato il Presidente Mbeki a dimettersi a seguito della revoca del mandato da parte dell'esecutivo del partito anticipando il voto di sfiducia da parte dei parlamentari. Bisogna dire che le maggioranza ottenute all'interno dell'Anc e i metodi di controllo dei partiti sui propri rappresentanti eletti favoriscono stabilità di governi e presidenze. IL PARLAMENTO: UN BICAMERALISMO ASIMMETRICO E UNA DIALETTICA AVVERSARIALE DEBOLE Il Sudafrica ha un ASSETTO BICAMERALE: Assemblea nazionale (Camera bassa) con 400 componenti, eletti con sistema proporzionale per un mandato di 5 anni, e Consiglio nazionale delle province (Camera alta) con 90 componenti e rappresenta le regioni sudafricane. Il modello prevalente è quello federale dato che vi è rappresentanza paritaria tra le entità territoriali. | deputati di entrambe le Camere devono essere responsabili di fronte al loro partito piuttosto che di fronte all'elettorato: i componenti del Consiglio
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