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Sistemi sociali comparati - prof. Santoro , Dispense di Sistemi Costruttivi

Sistemi sociali comparati - prof. Santoro

Tipologia: Dispense

2022/2023

Caricato il 18/04/2024

nathan-trinidad
nathan-trinidad 🇮🇹

4 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Sistemi sociali comparati - prof. Santoro e più Dispense in PDF di Sistemi Costruttivi solo su Docsity! SOCI: GIA, | CONCETTI BASE l’essere umano è un essere sociale, questo è il punto di partenza della sociologia. Parte importante dello sviluppo umano è infatti l'interazione con gli altri, la socializzazione. L'assenza dell'interazione compromette lo sviluppo cognitivo. La natura sociale dell’essere umano si esprime attraverso un elemento peculiare, non comune alle altre specie: il linguaggio. Questo permette di esprimere, comunicare, raccontare e condividere concetti ed esperienze — un fenomeno moderno che ne è l’esplicitazione sono i social media. | concetti sono qualcosa di integrante nella cultura e sono acquisiti e trasmessi proprio grazie le interazioni. Le nostre esistenze sono dunque frutto di queste interazioni, un costante agire e reagire. Le relazioni si concatenano tra loro e creano: > Rete sociali: gruppo di individui connessi tra loro da diversi legami >» Gruppo sociale: insieme di persone in interazione tra loro con continuità, secondo schemi di azioni relativamente stabili, e dunque prevedibili Tutto ciò avviene in un contesto normativo, in cui norme anche non legislative, quindi consuetudini, dominano alla giornata, chiamato “contesto sociale”, o “società”. La sociologia si occupa principalmente di capire come gli individui partecipano e sono influenzati dalla società in cui convivono. Un insieme di norme societario riguarda solitamente un ruolo. In società tutti ricopriamo diversi ruoli, a seconda del contesto sociale. Ogni azione e reazioni crea e cambia i ruoli. Il contesto sociale è fondamentale, perché da questo partono le analisi della microsociologia, sul singolo individuo e le sue interazioni quotidiane con altri individui (al contrario della macrosociologia che si concentra sulle strutture che sorreggono la società) «quest’ultimo è il prodotto degli stimoli che ha subito fin da piccolo, che cambiano, chiaramente, a seconda dalla società, e quindi è il risultato della sovrapposizione che questi creano. Tuttavia, ci sono altri fattori che influenzano gli individui e ciò che gli accade, come i fattori psicologici, economici, ma anche circostanze casuali, che non derivano dall’individuo o da individui a lui prossimi (genitori, familiari, ecc.). Sostanzialmente si può giungere alla conclusione seguente: se il background di un individuo è agiato ed elevato, la possibilità di avere una vita culturalmente ed economicamente soddisfacente è più elevata — viceversa, sarà più bassa con un background meno elevato. Quindi per la sociologia è rilevante l'insieme del contesto sociale e storico, retrospettivo. > Prospettiva individuale: outcome spiegati in base alle caratteristiche, tratti, comportamenti (idiosincratici e non) individuali 3 Outcome significa “fenomeno finale”, è solitamente determinato da alcune cause. La sociologia identifica prima i risultati per poi risalire alle cause. Le cause possono essere ® Cause prossime: concettualmente vicine al risultato/fenomeno di interesse, sono spesso individuali e Cause ultime: i fattori più nascosti, strutturali, che producono le cause prossime, e quindi indirettamente il fenomeno > Prospettiva sociologica: tutto ciò che la sociologia definisce contesto sociale, che si somma alla prospettiva individuale Dai contesti sociali deriva l’importanza di due elementi: identità e categorie. L'identità non è unica, ma molteplice, per ogni individuo. Il loro sovrapporsi e intersecarsi costituiscono un altro tipo di contesto sociale. Un’identità è un'idea che noi e le persone che ci stanno intorno hanno circa chi siamo, ma anche i gruppi/categorie in cui ci identifichiamo o in cui gli altri ci collocano. Per esempio: il genere, la fase della vita, la religione, l'orientamento politico. L’IMMAGIAZIONE SOCIOLOGICA La sociologia corrisponde allo studio scientifico delle società. Essa ricerca e analizza patterns, ovvero trend ricorrenti, ma anche la modalità in cui i contesti sociali si formano, cambiano nel tempo, e come influenzano gli individui. Le due componenti cruciali sono, dunque: 1. L’interazione sociale: modalità per cui le persone interagiscono tra loro, modificando alcuni comportamenti. È governata da un insieme di costrutti sociali, quali: lingua, valori e norme, da cui: 2. La struttura sociale: riguarda il modo in cui le norme in questione diventano modelli durevoli e plasmano le conseguenti interazioni sociali, generando: • Gerarchie: insieme durevole di posizioni sociali che forniscono a individui e gruppi diversi status • Istituzioni: insieme alle norme, forniscono modelli su cui si basa l’esistenza quotidiana degli individui Include dunque gli assetti duraturi e regolari, differenziandosi dai processi sociali, che sono invece l’aspetto dinamico e il continuo cambiamento del mondo sociale. L’immaginazione sociologica (Mills) è dunque l’atteggiamento mentale che permette allo studioso di vedere oltre il proprio ambiente al fine di comprendere strutture e relazioni di una data società. È la capacità di connettere questioni private a problemi pubblici; la comprensione delle realtà intime del nostro io, in rapporto con le più vaste realtà sociali, e dunque la comprensione della realtà nel suo intero. Un esempio è lo studio dei fattori sociali legati a problematiche come l’obesità e il gender gap, quindi circostanze o comportamenti collettivi, per identificare trend condivisi, ovvero le cause e conseguenze sociali. Questa capacità è anche utile per sfuggire al senso comune, ovvero immagini o narrazioni comuni di fatti sociali o della società stessa, sostanzialmente degli schemi percettivi. Le caratteristiche delle categorie di senso comune: ➢ Valutative: mescolano giudizio morale e descrizione ➢ Errate: offrono spiegazioni unilaterali ➢ Parziali: confondono la spiegazione con ciò che si vuole spiegare LA NASCITA DELLA SOCIOLOGIA La nascita della disciplina in questione è da collegare al periodo delle tre grandi rivoluzioni che hanno dato avvio alla modernità, cambiando ciascuna un elemento della realtà: ➢ La Rivoluzione francese: rivoluzione politica (ampliamento funzioni dello stato moderno, quali la centralizzazione, burocratizzazione ecc.) ➢ La rivoluzione industriale: rivoluzione economica (affermazione di un’economia capitalista, formazione di una classe imprenditoriale e operaia) ➢ La rivoluzione scientifica: rivoluzione della ricerca (sviluppo della scienza in senso moderno, metodi delle scienze naturali applicati alle scienze sociali) → Altri fattori contribuenti: grandi scoperte scientifiche, fine dell’egemonia culturale del clero, maggiore mobilità sociale tra diversi strati della popolazione, mutamenti demografici L’insieme di queste tre ha provocato dinamismo, da cui è sorto il dominio della razionalità in ogni ambito, la cui conseguenza è stata la centralità dell’idea del progresso, e in termini ideologici, l’individualismo. Rispetto all’economia, la scienza politica, l’antropologia e la psicologia, le spiegazioni di questa scienza sono più ampie e generali – lavora inoltre con diverse unità di analisi, dai gruppi, alle istituzioni, alla società globale. La produzione del sistema capitalista porta alla merce, il cui valore d’uso si differenzia dal valore di scambio ➢ Valore d’uso: i bisogni che ogni merce è in grado di soddisfare ➢ Valore di scambio: implica una valutazione quantitativa dell’oggetto – generalmente, più è il tempo impiegato nella produzione, più questo si alza, e viceversa. Il commercio del bene da parte del proprietario porta alla creazione del plus-valore, ovvero il valore dello scambio che non viene restituito al proletario, ma rimane al produttore. Dal plusvalore del proprietario si crea quindi il pluslavoro non retribuito del proletario di cui si appropria il capitalista. Il plusvalore, quindi, non è altro che la base dello sfruttamento del proletario da parte del padrone. Il sistema capitalista è un sistema competitivo – questo significa che tutti i padroni sono in costante ricerca di nuovi mezzi di produzione per battere i concorrenti. Questo atteggiamento è la causa delle crisi cicliche del capitalismo: esso è l’unico sistema esposto al rischio di sovrapproduzione, oltre la capacità di assorbimento del mercato – contiene al suo interno il seme della distruzione di esso stesso. La sovrapproduzione, che causa impoverimento proletario, porta allo sviluppo di una dialettica tra i mezzi e le forze di produzione, a cui segue un’epoca di tensione che sfocia in una rivoluzione, lo scontro tra la nuova e la vecchia classe dominante. Grazie a questa rivoluzione, il proletariato si trasformerà da classe in sé a classe per sé. A questo punto, Marx termina la sua teoria, teorizzando una fase storica che avvicinerà a realizzarsi solamente con il comunismo staliniano: la dittatura del proletariato. EMILE DURKHEIM (1858 – 1917) Uno dei più importanti pensatori della disciplina in questione, Durkheim sostiene che una disciplina può dirsi scientifica “soltanto se il suo oggetto consiste in un ordine di fatti che le altre scienze non studiano”, includendo quindi la sociologia sotto questo ombrello. Secondo il sociologo, l’oggetto di studio della sociologia riguardava interamente lo studio dei fatti sociali, che non devono essere considerati fenomeni psicologici. → Non possono essere considerati psicologici, per il semplice fatto che non sono gli individui a formare la società tramite i loro pensieri o comportamenti, bensì il contrario. Durkheim percepisce la società come un essere vivente, che esiste a prescindere dagli individui che ne fanno parte, e influenza i loro comportamenti dall’esterno. Il fatto sociale è un elemento obiettivo, rispondente alle leggi (o forze) sociali, autonomo dalla psicologia o dalla biologia. Sono sostanzialmente prodotti dell’agire umano che persistono nel tempo. Un fatto sociale è elemento fondante della società, tanto quanto la morale. Essa è il collante della società, impone ordine sociale, agendo prima sugli individui tramite un ordine morale. → La morale è un insieme di norme a cui ciascun individuo è legato. Il vincolo delle norme funziona in due modi: agiscono dall’esterno, innescano sanzioni nel caso di infrazione della norma, ma anche dall’interno, perché l’individuo sente una spinta interiore a rispettarle grazie alla socializzazione. ❖ La divisione del lavoro sociale (1893) È un’opera incentrata sul cambiamento sociale, innescato dal concetto di solidarietà, che sta alla base di ogni forma sociale. Se la forma di solidarietà si evolve, avviene lo stesso con il cambiamento sociale. In quest’opera emergono altri elementi del pensiero sociologico di Durkheim, quali: ➢ La coscienza collettiva: l’insieme di credenze e dei sentimenti comuni alla media dei membri di una società. Questa si forma negli individui, ma allo stesso tempo è una dimensione distinta da essi, perché si evolve secondo leggi proprie. Varia a seconda del tipo di solidarietà presente nella società. La solidarietà può infatti essere: 1. Meccanica: tipica delle società premoderne, con poca differenziazione tra gli individui, in quanto l’individualità viene scoraggiata. La divisione del lavoro è minima, in quanto basata sulla somiglianza tra gli individui. La coscienza collettiva prevale su quella individuale. La penalità nel caso di infrazione di norme ha carattere espiativo. Forte controllo sociale. 2. Organica: tipica delle società moderne, in cui vige una grande differenziazione sociale, dove ogni individuo assolve uno specifico compito; ciò porta ad un’avanzata divisione sociale del lavoro, e alla poca estensione della coscienza collettiva, rispetto al culto dell’individuo. Il diritto penale ha carattere restitutivo. L’individuo è libero di agire. ➢ Anomia: significa, letteralmente, assenza di norma. Caratteristica delle società industriali, derivante dalla rapidità con cui si sono sviluppati i cambiamenti, che ha impedito la formazione di norme adeguate al loro funzionamento – le nuove condizioni richiedono nuove norme che ancora non si sono affermate. ❖ Il suicidio (1897) L’intento di quest’opera è studiare un fatto sociale, uno dei più rilevanti secondo Durkheim, in quanto riscontrabile in tutte le società, tramite altri fatti sociali (l’unico modo per studiare questo fenomeno è l’utilizzo di altri fenomeni derivanti dalla stessa fonte). L’oggetto della ricerca non è lo studio del suicidio individuale, ma il tasso di suicidi che si riscontra in una determinata società; il contesto storico non è rilevante, perché il tasso è stabile nel tempo nelle diverse società. Il sociologo confuta le principali spiegazioni sul suicidio, sostenendo che i tassi in questione non varino in presenza di: eventi climatici, malattie mentali, fattori ereditari, abuso di sostanze. Egli sostiene che l’esistenza sociale di un individuo è decisiva per stabilire il grado di probabilità di un suicidio. Dimostra che la differenza tra i tassi di suicidio dipende dalla religione, dalla posizione geografica, dallo status matrimoniale. Spiega queste differenze tramite: ➢ Livello di integrazione: indica il grado in cui una persona è integrata nella società. Se elevato: l’individuo è assorbito nelle dinamiche societarie. Se basso: l’individuo si allontana dalla società ù ➢ Regolazione sociale: è il grado di controllo che la società esercita sugli individui. Se elevato: l’individuo è oppresso. Se basso: siamo in una situazione di anomia. Durkheim si basa su questa differenziazione per evidenziare diverse tipologie di suicidio. Queste sono: ➢ Suicidio egoistico: mancanza di integrazione ➢ Suicidio altruistico: eccessiva integrazione, ci si sacrifica per il bene della collettività ➢ Suicidio anomico: mancanza di regolazione ➢ Suicidio fatalistico: si contrappone a quello anomico. Le norme sono talmente oppressive che l’individuo non può esprimersi. ❖ Le forme elementari della vita religiosa (1912) Durkheim studia la religione, ritenendola alla base di tutte le categorie del pensiero – dunque lo studio di quest’ultima può aiutarci a capire come la società si imponga all’individuo. Tutte le società sviluppano credenze e istituzioni religiose, o mettono in atto comportamenti che definiamo religiosi. → La religione è definita dal sociologo come un sistema unitario di credenze e pratiche relative alle cose sacre, che legano in esse un’unica comunità morale, chiamata chiesa, tutti coloro che le aderiscono. Dalla definizione delle credenze religiose, si formano due dimensioni: 1. Sacro: ispira e incute sentimenti ai credenti. Ha un valore morale. 2. Profano: indica tutto ciò che è mondano e terreno. Dalla dimensione religiosa scaturiscono i rituali, ovvero forme di azione sociale in grado di ricreare sentimenti di appartenenza e presentare degli oggetti che richiamano i dati sentimenti e simboleggiano tale appartenenza, oltre che l’elemento di moralità e immoralità e la caratteristica di essere specifici ad un determinato rituale. Un rituale ha diverse dimensioni, oltre alla presenza di un sentimento o emozione comune: ➢ Comporta una riunione fisica di un gruppo di persone; è la parte forse più importante, in quanto l’ampiezza del gruppo amplifica gli effetti rituali. ➢ Un comune focus di attenzione trai componenti del gruppo, che abbandonano le attività mondane per rivolgere la loro attenzione consapevolmente alla medesima cosa. MAX WEBER (1864-1920) L’operato di Weber comincia inserendosi in un dibattito molto sentito in Germania, tra il 1800 e il 1900, riguardo la metodologia delle scienze sociali, cercando dunque di identificarne la natura: ➢ L’approccio positivista: estendere e generalizzare il metodo delle scienze naturali in ogni campo della cultura, in modo da giungere a una conoscenza oggettiva della realtà sociale. ➢ L’approccio storicista tedesco: rivendica la distanza che separa la conoscenza storico-sociale (le scienze dello Spirito) da quella matematico-naturalistica (le scienze della natura). • Weber sostiene che si possa conoscere l’agire umano anche attraverso le motivazioni e non solo per mezzo dei comportamenti e si può giungere a delle generalizzazioni anche nel campo delle scienze umane A favore della sua teoria cerca di sviluppare una metodologia per lo studio di queste scienze, sostenendo: 1. L’autovalutatività delle scienze storico-sociali: essa conferisce oggettività alle discipline storico sociali, e impone allo scienziato di non formulare dei giudizi di valore, rispetto alla relazione ai valori 2. Conoscenza e realtà: le cause che generano un fenomeno sono molteplici, è impossibile cogliere i fenomeni nella loro totalità; dunque, la conoscenza è sempre parziale. Per spiegare le cause di un fenomeno sociale si possono solo mettere in evidenza alcuni fattori che, secondo il punto da cui muova la ricerca, hanno condizionato l’emergere della condizione studiata. 3. La sociologia come scienza comprendente: la scienza sociale deve concentrarsi sulla comprensione del senso che gli individui danno alle loro azioni. • Interpretazione e spiegazione sue dimensioni differenti e centrali nel lavoro dello studioso. All’interpretazione si arriva con l’empatia, alla spiegazione tramite l’osservazione empirica 4. Idealtipo: è una rappresentazione semplificata della realtà, una costruzione concettuale che non riproduce la realtà e non coincide con essa, ma serve come schema. Ha un uso strumentale, perché fornisce al ricercatore un metro di comparazione con casi reali. È il risultato dell’esasperazione di tratti tipici di un fenomeno e non è rintracciabile empiricamente nella sua purezza. Sviluppa poi il suo pensiero parlando di azione sociale. L’agire sociale è oggetto, secondo lo studioso, della sociologia comprendente o interpretativa. L’agire sociale è tale se dotato di senso. Il significato si realizza nella relazione e secondo le aspettative e gli orientamenti degli individui che sono in diverso modo coinvolti in quell’azione. Il senso si stabilisce in riferimento al senso dell’agire degli altri. Parla del processo di razionalizzazione, utile a spiegare a crescente intellettualizzazione e razionalizzazione non significa dunque una crescente conoscenza generale delle condizioni di vita alle quali si sottostà. Il processo di razionalizzazione: 1. Disincanto del mondo: eliminazione delle concezioni magiche, rifiuto delle superstizioni 2. Dominio della logica strumentale (azione razionale rispetto allo scopo) 3. Burocratizzazione crescente: burocrazia come nuova forma di controllo della società, individui intrappolati dalla “gabbia d’acciaio” della razionalità del capitalismo ovvero artefici del proprio comportamento ma anche simboli attraverso i quali trasmettono il significato di quel dato comportamento. → Il loro approccio alla società è bottom-up; sostengono che l’ordine sociale inizi e derivi dagli individui. Le interazioni quotidiane e individuali portano alle grandi strutture sociali, attribuendo loro un significato, diverso per ogni attore sociale. ❖ Neo-marxismo Sviluppa una teoria dello stato capitalista, cioè delle istituzioni della società capitalista, che protegge fermamente il profitto della classe capitalista sostenendo la crescita economica, implementando allo stesso tempo però delle politiche sociali di cui beneficiano le classi più povere. L’attenzione viene posta anche sulla dimensione globale del capitalismo, inteso come sistema economico tra paesi. → Questa particolare sfera d’azione del neomarxismo analizza come l’economia capitalista necessita espansione su scala globale, comporta relazioni internazionali tra attori di diversi paesi e porta alla globalizzazione • Lo studioso Wallerstein parla di “sistema-mondo capitalista”, analizzando la contrapposizione tra paesi ricchi e poveri Confrontandosi con la globalizzazione, lo sviluppo della teoria di Marx elabora una visione più complessa delle classi, ponendo l’attenzione sulla classe media in espansione, non prevista originariamente dal padre della teoria (da cui si coniano i termini: colletti bianchi, colletti blu) ❖ Teorie femministe Grazie a questa teoria, sviluppatasi in seguito agli anni ’60, si evidenzia per la prima volta la tendenza societaria a adottare una prospettiva maschile – permette di riflettere sulla nascita e lo sviluppo della patriarchia come sistema sociale, in cui le donne sono sistematicamente controllate dagli uomini e svalutate rispetto ad essi, a seconda del contesto sociale. Grazie all’opera “il secondo sesso” (Simone de Beauvoir, 1952), viene approfondita la questione, ponendo l’accento sulla distinzione tra sesso e genere. 1. Sesso: gli attributi biologici 2. Genere: non è necessità derivante dalla biologia, ma dal significato attribuito dalla società al sesso maschile e femminile, quindi un insieme di comportamenti, caratteristiche, valori, che una società attribuisce e si aspetta da u uomo o una donna • Il genere e la femminilità sarebbero quindi nient’altro che un costrutto sociale, le cui conseguenze sarebbero prettamente psicologiche, radicandosi nelle menti degli individui. ➢ Il femminismo marxista, post e anticoloniale, stabilisce, non solo che le donne borghesi e operaie dovrebbero avere gli stessi diritti degli uomini, ma anche gli stessi diritti tra loro, ma anche che la colonizzazione e il patriarcato sono strumenti gemelli dell’accumulazione del capitale, dominato generalmente da un individuo maschio, occidentale e bianco. ➢ Il femminismo intersezionale introduce negli anni ’80 il concetto di intersezionalità, che sostiene che gli elementi di discriminazione non siano mai unici ma concomitanti. La naturale natura dell’ineguaglianza, infatti, coinvolge: genere, “razza” e classe, INTERAZIONE SOCIALE Il sé, in sociologia, esprime il senso dell’identità e della posizione sociale, così come generato e riformulato attraverso l’interazione; è infatti acquisito dal singolo sulla base dell’opinione che altri hanno di lui, e la sovrapposizione di questi giudizi, in cui un singolo si può riconoscere o meno. Il paradigma interazionista, formulato e approfondito da Cooley e Mead, sostiene che dal sé individuale si passi al sé sociale, e viceversa. L’io/il sé si sviluppa solamente tramite l’esperienza sociale, fino a vedersi così come ci vedono gli altri, o come si pensa che gli altri ci percepiscano. Il sé ha però anche un lato fisico – senza l’aspetto sociale, si ha difficoltà a sopravvivere anche biologicamente. → L’io specchio o il sé specchio (sé riflesso): è il concetto che esprime la differenza tra gli esseri umani e gli animali, ovvero la capacità di interpretare la propria immagine allo specchio come se si fosse al posto di qualcun altro di esterno. Si assume il punto di vista degli altri in modo da avere nuovi strumenti per giudicare le proprie azioni, alla luce delle reazioni. ❖ George Mead (1863-1831) Importante contributo alla sociologia, la sua opera più famosa è “Mente, sé e società”, una raccolta dele sue lezioni curata da alcuni suoi studenti e pubblicata postuma. Quest’opera evidenzia alcuni elementi centrali del suo pensiero, riguardanti elementi dell’esperienza sociale, quali: l’interazione, i gesti e il linguaggio, il ruolo, la riflessività e le componenti del sé. ➢ Quando Mead parla di interazione, il suo studio si concentra su due tipi particolari: • Interazione non simbolica: è spontanea e immediata, senza interpretazione • Interazione simbolica: prevede un’attribuzione di significato all’azione propria e altrui. Comporta l’utilizzo di simboli, richiamati dai gesti. ➢ Linguaggio e gesti: 1. Il linguaggio consiste in un adeguamento al flusso locutorio altrui, al contesto, ed è socialmente stratificato. 2. I gesti sono atti che comunicano le intenzioni di chi li compie e la risposta che si aspettano dall’altro. È implicita la persona a cui il gesto è diretto, spesso l’intenzione è condivisa. Importante nella teoria di Mead anche la teoria del self – il self diventa sé stesso solo se capace di rispondere agli stimoli esterni dopo una riflessione (riflessività), sia durante che posteriore l’azione. Non potremmo perciò realizzarci senza il ruolo dell’altro. → Il ruolo dell’altro viene introdotto nel mondo dell’infanzia grazie al gioco: la situazione di play è la prima fase, disorganizzata, dove il bambino finge di essere qualcun altro. Le segue poi la fase di game, rappresentata dai giochi organizzati, che sono sintomo di un’organizzazione elevata. Implica quindi la formazione dell’altro generalizzato nella persona individuale. • Concezione dell’altro significativo, influente più che altro nei gruppi di riferimento. Su questa base l’individuo modifica il proprio comportamento in base ai modelli di ruolo che si trovano in questi gruppi. Le componenti del self sono: 1. Me: è l’aspetto sociale della personalità individuale, attraverso esso l’individuo si riconosce in un determinato ruolo – è la parte più controllata 2. Io: è la componente creativa, la risposta individuale alle situazioni e agli atteggiamenti degli altri. 3. Altro generalizzato: è il risultato dell’interiorizzazione dei ruoli sociali, i comportamenti e le norme che la comunità si aspetta da un individuo che ricopre un determinato ruolo. Queste regole possono essere informali o formali, ovvero implicite ed esplicite Dalla socializzazione nasce anche la cosiddetta teoria dell’etichettamento, da cui le devianze e i devianti qualora qualcuno se ne distacchi. La socializzazione è la sfera in qui il nostro me si riscontra con l’io degli altri. In generale però è tipica del patrimonio culturale, ovvero dell’insieme di valori, norme, conoscenze, linguaggi che consente alla società di esistere e di adattarsi all’ambiente esterno, modificandolo a propria volta. Dal patrimonio si sviluppano delle competenze che, se apprese, permettono di diventare membro competente di quella determinata società. ➢ Competenze sociali di base o socializzazione primaria: è un processo di durata limitata, generalmente l’età prescolare, in cui l’agenzia educativa è la famiglia – l’intera interazione si basa sul rapporto con le figure familiari. Garantisce: • Positività, perché l’ambiente è rassicurante e le relazioni sono cariche di affettività, causa la reciprocità del rapporto • Inevitabilità: il bambino non può esercitare influenze importanti sull’ambiente, ma adattarsi al mondo • Interiorizzazione del mondo sociale e delle sue norme • Progressiva astrazione dai ruoli e dagli atteggiamenti delle persone significative e una progressiva identificazione con ruoli e atteggiamenti in generali • Trasformazione di controlli e scopi sociali esterni in strutture interiori predefinite ➢ Competenze sociali specifiche o socializzazione secondaria: non ha un termine perché dalla vita scolare in avanti si sviluppa questo tipo – continuo abbandono di ruoli e assunzione di nuovi, quindi un continuo processo di adattamento. Garantisce: • Ri-socializzazione: si abbandonano alcune dinamiche del contesto precedente per altre • Acquisizione di competenze specifiche, per assumere ed esercitare ruoli adulti, nonostante la personalità di base assunta con la socializzazione primaria rimanga invariata ❖ Erving Goffman (1922-1982) Il sociologo si intromette nella discussione sull’interazione sociale, sostenendo che sia necessario individuare l’ordine dell’interazione. L’interazione sociale avrebbe, secondo Goffman, un ordine a sé stante, autonomo dal suo ambiente strutturale e psicologico, immanente a qualsiasi situazione di co-presenza, indipendentemente dalla sfera sociale in cui si colloca o dagli individui che vi partecipano. Lo studioso identifica dei veri e propri rituali che avvengono durante l’interazione; questi possono essere di: ➢ Deferenza: espressione di apprezzamento verso gli altri un determinato simbolo. Spesso più rituali di questo tipo sono collegati tra loro. La violazione di questi tipi di rituali provoca un’offesa all’onore una violazione dell’intimità dell’individuo. ➢ Contegno: si esprime in elementi come il modo di vestire o di muoversi, dimostra alla persona con cui relazioniamo che possediamo determinate qualità apprezzate societariamente, e dunque può servire a trasmettere un’immagine di noi stessi che reputiamo desiderabile. Il sé, secondo Goffman, è quindi un qualcosa di sacro, ma la sua natura dipende strettamente dall’interazione faccia a faccia con l’altro, poiché emerge nell’interazione. Ha un’esistenza discontinua, esclusivamente dipendente dalle situazioni relazionali → Il sé non è qualcosa di stabile e durevole nel tempo, ma il risultato prodotto, e riprodotto nel tempo, delle diverse interazioni della vita quotidiana. La profanazione del sé avviene quando si perpetrano dei comportamenti che indicano mancanza di rispetto nei confronti del self di un individuo, a cui seguono dei veri e propri rituali di riparazione che agiscano sulle violazioni dei territori. gerarchie, ecc., per diventare un membro competente di una determinata società. Senza la socializzazione, gli individui farebbero più fatica a comportarsi in modo appropriato. Le strutture sociali però non determinano del tutto l’azione individuale – gli individui hanno sempre margine di scelta e libertà. L’impatto relativo della struttura sociale in opposizione al libero arbitrio individuale si misura considerando i due fattori che più di tutti influenzano l’individuo: 1. Le strutture sociali che impongono dei limiti all’individuo 2. Le agenzie individuali che garantiscono la più totale libertà di scelta Da questi due estremi si riescono a considerare le strutture non come semplici limiti dell’azione, ma come elementi che la rendono possibile. Ogni volta che le nostre azioni individuali si adattano a norme ed istituzioni, non facciamo altro che perpetrare queste nel tempo. Dallo stabilirsi di una struttura sociale si generano di conseguenza dei gruppi di interesse che ottengono vantaggi e privilegi. È difficile che le strutture sociali cambino velocemente, per la teoria del path dependance. LA CULTURA Il concetto di cultura nasce con l’antropologia, a fine ‘800 (1871). Nelle società ci sono più culture. Antropologicamente parlando, le culture raggruppano popolazioni e gruppi umani, e si differenziano tra loro per ➢ Simboli: veicolano un significato e hanno un contenuto, ma sono distinte dal significato stesso. Ogni parola è un simbolo. Possono però anche essere azioni, comportamenti, immagini legati ad un contesto generale o specifico, e soprattutto possono essere espliciti (se tutti sono d’accordo sul significato) o impliciti (indiretti, ad interpretazione) ➢ Pratiche, valori e norme: partendo da valori e norme, passiamo alle credenze (l’aspetto più concreto dei valori), per poi arrivare alle pratiche, che esplicitano le credenze con comportamenti abituali e ricorrenti in un gruppo, la cui base sono le interazioni tra individui ➢ Forme di comunicazione: la comunicazione consiste in uno scambio di informazioni tra persone. Se la comunicazione diventa verbale, essa si esplicita tramite il linguaggio, un fattore universale culturale che influenza la cultura in cui viene utilizzato In senso sociologico, la cultura si definisce per livelli di cultura – alta, bassa, ricercata, il livello di istruzione, sono ciò che la sociologia considera cultura. In senso stretto, la cultura è un fenomeno collettivo, tipica di un gruppo sociale; diversi gruppi hanno diverse culture. È distinta e separata dalla natura dell’uomo – due individui possono essere uguali biologicamente ma avere culture diversissime tra loro. Tutte le culture hanno però in comune degli universali culturali. Una cultura è composta da: 1. Ciò che gli individui pensano 2. Ciò che gli individui fanno 3. I materiali che gli individui producono È dunque un elemento espressivo della vita umana nella sua totalità, in cui le espressioni possono essere viste come simboli che rimandano a qualcos’altro di più profondo. I significati che noi deriviamo dai simboli sono prodotti culturali, e sono dunque di interpretazione soggettiva. ❖ Cultura e media (di massa o meno) L’interesse dei sociologi nello studiare il linguaggio si è concentrato, nell’età contemporanea, sulla cosiddetta comunicazione di massa, diffusissima grazie a internet, gli old e i new media. I media sono ormai un sistema culturale, perché aiutano a diffondere notizie. Un esempio di media (old) è ad esempio il giornalismo, fonte di comunicazione culturale. Ci sono dei nuovi rischi legati a questi tipi di comunicazione, come il dominio o il framing, distorsioni sistematiche, la propaganda, causati spesso dalla concentrazione mediatica, le cui fasi sono: 1. Consolidamento: poche aziende concedono tanti canali mediatici 2. Conglomerazione, o sinergia: un’impresa inizia a controllare pi tipi di canali mediatici 3. Ipercommercializzazione: tramite il product placement si ottiene l’attenzione di più individui, con ad esempio pubblicità nelle strade, contenuti editoriali, diffusione mediatica, ecc. I media sono necessari per l’espansione e il rafforzamento della democrazia. Questa nuova comunicazione ha portato allo svilupparsi di nuovi tipi di culture, diversi tipi di affiliazione di gruppo. La cultura porta infatti a diversi tipi dello stile di gruppo. L’adesione ad uno stile di gruppo serve per i componenti del gruppo a comunicare tra loro. Per stile di gruppo si intende ciò che distingue persone dello stesso gruppo sociale: ➢ La cultura dominante: implica sistemi di significato e strumenti culturali ampiamente condivisi, si esprime nell’attività comuni a più gruppi • La cultura dominante si afferma tramite egemonia (Gramsci), processo in cui le classi dominanti producono e diffondono cultura che è loro favorevole. In ogni cultura dominante ci saranno sempre delle sottoculture o controculture – la cultura è un’arena di conflitti e lotte. Battaglie culturali diventano, se estremizzate, anche oggetto di conflitti politici. ➢ Subculture: tipiche di gruppi relativamente piccoli la cui affiliazione è basata su credenze, preferenze e pratiche distintive dalla cultura dominante ➢ Sottoculture: esprimono opposizione al potere politico ed economico con forme di resistenza attraverso rituali ➢ Controcultura: introdotto come termine sociologico nel 1960, incorporano elementi che si presentano o sono percepiti come radicalmente opposti alla cultura dominante (KKK) L’occidente ha con il tempo affermato la sua egemonia in diversi ambiti, tra cui quello culturale, dando l’avvio ad una lenta creazione della cultura globale. Tramite questa, si assume che concetti quali: cittadinanza, sviluppo economico e diritti umani si applichino ovunque e a tutti. ❖ Stato nazione e cultura nazionale Alla cultura globale, però, si contrappone fortemente quella che viene chiamata la cultura nazionale, da cui la sua estremizzazione, il nazionalismo. Le nazioni sono comunità immaginate. Nonostante questo, lo stato nazione è uno dei tipi di gruppo sociale più importante delle società contemporanee. La maggioranza della popolazione mondiale appartiene a uno stato nazione. Quest’ultimo ha origine, storicamente, da culture nazionali, quindi un insieme di simboli, valori e comunicazioni tipiche di una nazione. La cultura nazionale resta, anche dopo la nascita degli stati nazione, una delle sue componenti fondamentali. Sono reciprocamente la loro stessa causa e conseguenza. → Entrambi i concetti sono di fatto fenomeni storici, che non sono sempre esistiti nelle società umane e non hanno necessità naturale di esistere. Sono legati ad uno specifico contesto geografico e periodo storico (es: stati nazione occidentali e moderni) → Generano istituzioni nazionali che la incorporano la cultura nazionale e la riflettono, riproducendola. Queste hanno effetti fondamentali su circostanze, condizioni, comportamenti e risultati degli individui Nello stato nazione sono molto presenti i confini, sia fisicamente che simbolicamente. Alcuni confini simbolici sono, ad esempio, lo status socioeconomico e la moralità. ❖ Classe sociale, status e cultura La distinzione in classi sociali è una delle strutture sociali più importanti e universali nelle società occidentali, che sono proprio caratterizzate da questa stratificazione di classe. Tipiche delle classi sociali è la loro caratteristica di persistenza nel tempo. Le classi sono infatti entità materiali o immateriali trasmesse tra gli individui della stessa classe, nelle famiglie, o attraverso le generazioni. → Un esempio di entità materiale è il capitale economico, che viene mantenuta, o si cerca di mantenere all’interno di una famiglia, la cui proprietà è protetta legalmente. Il capitale economico della generazione precedente influenza positivamente la generazione successiva. Il capitale può anche però essere culturale, e corrisponde a istruzione, gusti, conoscenze e competenze culturali. È la capacità dell’individuo di dimostrare di avere queste qualità culturali, formate dalle diverse agenzie culturali nel corso della vita, trasformando il capitale culturale in una risorsa ma anche in elemento di distinzione tra classi. Le interazioni quotidiane normalmente svelano il livello di ricchezza, povere, status già dalla prima interazione. Ci sono infatti dei segnali culturali che possono fornirci queste informazioni, e rivelano anche le preferenze culturali di una persona, quelle che questa si può permettere di ottenere a seconda dello status. → Classe sociale e status sono una questione di: • Ricchezza economica e potere, che si esplicita in stratificazione sociale come divisione tra privilegiati o meno • Gusto, derivante dalla cultura, che si esplicita in stratificazione sociale come divisione tra gruppi di culture diverse. Queste ultime sono percepite a seconda del modo in cui ogni individuo esprime le sue pratiche (parlare, consumare cibo o elementi culturali, rapporto con le autorità, ecc.). ❖ Pierre Bourdieu, la cultura come forma di capitale di classe Tutto parte dal suo libro “la distinzione”, ovvero la distinzione da classi sociali, che si esplicita, dal suo punto di vista, meglio nella critica fondamentale sociale del gusto come elemento di distinzione tra le classi. Secondo Bourdieu, il capitale economico e culturale crea un habitus, da cui i gusti (le strategie di distinzione di classe), che si esplicitano nei consumi. L’habitus è quindi il risultato della socializzazione, che porta infatti alla creazione di una serie di schemi cognitivi e disposizioni, che arrivano a radicarsi nel corpo degli individui tanto da diventare una specie di seconda natura. → Insieme di schemi cognitivi e disposizioni che rappresentano il risultato dei vari processi di socializzazione attraverso cui passiamo nel corso di vita, e si radica nel nostro corpo al punto da diventare una specie di seconda natura. Si traduce in pratiche e routine per noi scontate e governa i nostri gusti e gli stili di vita. Le classi sociali sono quindi il gusto inteso come forma di distinzione sociale. Sono date dalla quantità di capitale economico, sociale e culturale posseduto e dalle loro combinazioni e varietà. Il punto non è tanto quali siano le specifiche preferenze di una determinata classe, ma piuttosto il sottolineare il fatto che le preferenze esprimono un’opposizione sistematica che differenzia tra loro le varie classi. → I gusti per certi stili di vita cambiano nel tempo e in funzione del contesto. Questa interpretazione relazionale e non sostanzialistica è data da un esame analitico della realtà Nelle interazioni quotidiane le persone mostrano agli altri possesso di maggiore o minore capitale culturale, che crea confini simbolici tra le persone. Tutti questi aspetti si sviluppano socialmente (a parte il sesso biologico) nel processo di socializzazione, grazie agli agenti che ne fanno parte. Questi sono genitori, gruppo dei pari, mass media (tramite pubblicità e film); tutti questi aumentano la polarizzazione di genere, causa la riproduzione di stereotipi e luoghi comuni, e questo alimenta da secoli un sistema in cui gli uomini hanno in modo sistematico più potere delle donne, creando un sistema di genere definito patriarcale. → Gli stereotipi sono un insieme di credenze, rappresentazioni ipersemplificate della realtà in un determinato momento socioculturale, tramite rigidità e fissità. → I media propongono e rafforzano gli stereotipi, con una funzione di socializzazione anticipatoria rispetto ai ruoli di genere. Con questo si intende dire che sviluppano un orientamento positivo verso norme o comportamenti di un gruppo di cui ancora non si fa parte. Questi permettono di rappresentare: • Il corpo femminile come oggetto oppure esaltazioni di stereotipi negativi e denigranti nei confronti del genere femminile • La donna come subordinata al potere dell’uomo Tutto ciò alimenta chiaramente la disuguaglianza sociale. Per disuguaglianza si intende un accesso differenziato di risorse e ricompense sociali; le disuguaglianze sono date anche dall’appartenenza di genere, classe, razza, età. Molte persone scusano la diffusa presenza delle discriminazioni di genere nel fatto “naturale”, ovvero le diversità biologiche. RAZZISMO E IMMIGRAZIONE La parola “razza”, in termini biologici, non ha alcun fondamento scientifico. Causa i fenomeni razzisti diffusi nello scorzo secolo, si è cessato di fare differenza tra il termine razza e il termine “etnia”. ➢ Max Weber sull’etnia: definiva i gruppi etnici come “raggruppamenti umani” che coltivano la condivisione soggettiva di avere una discendenza comune – non ha importanza se questo rispecchi un legame di sangue oggettivo. Questi raggruppamenti sono spesso rappresentati, secondo una visione esistenzialista ed essenzialista, da caratteristiche ereditarie, fondamentali, innate. ➢ W.E.B. Du Bois sulla razza: ha messo in discussione la tesi della natura biologica nella discriminazione razziale, analizzando principalmente il paesaggio americano, sostenendo che se i neri non lavoravano o avevano successo quanto i bianchi non era per una qualche inferiorità biologica, ma per il forte razzismo nella società americana. Questi sono i due punti di riferimento presi ancora oggi da tutti i sociologici, concludendo che le nostre classificazioni razziali sono basate sulle nostre credenze e percezioni. Nella sociologia contemporanea non ci sono criteri oggettivi che distinguono più razze, ma sono le nostre percezioni e il nostro modo d pensare e relazionarci agli altri che ci fanno classificare le persone in gruppi ritenuti omogenei – categorie, ovviamente, influenzate socialmente. Il termine razza indica un insieme di esseri umani che condividono alcune caratteristiche somatiche che sono il prodotto dell’adattamento dei gruppi umani all’ambiente in cui vivono. → Dal punto di vista biologico un concetto irrilevante perché le differenze genetiche tra individui di una stessa razza sono quantitativamente più rilevanti delle differenze genetiche tra individui di razze diverse → Dal punto di vista sociologico, uno strumento per giustificare e spiegare differenze di ordine morale, intellettuale e comportamentale, quindi per giustificare forme di disuguaglianza e dominio Sostanzialmente, la sociologia contemporanea conclude che non ci sono criteri oggettivi che consenti di isolare una presunta razza dall’altra. Sono solo le nostre percezioni e il nostro di pensare a classificare le persone in gruppi omogenei: 1. L’etnia sia un gruppo sociale a cui il sistema classificatorio attribuisce una discendenza comune basata sulla percezione di somiglianze culturali 2. La razza è un gruppo sociale a cui il sistema classificatorio attribuisce una discendenza comune sulla base della percezione di somiglianze fisiche considerate innate: • Data quindi da una concezione costruttivistica, secondo la quale le categorie concettuali utilizzate sono un processo di costruzione sociale, cioè di una percezione sociale diffusa, ma producono effetti tangibili (es: la segregazione) • Eliminare il termine razza significherebbe rendere ancora più invisibile il fenomeno del razzismo (studiosi postcoloniali) Da questi derivano due tipi di processi: 1. Processi di razzializzazione, che assegnano a determinati gruppi o collettività tutta una serie di caratteristiche immodificabili che creano e agevolano gerarchie e rapporti di potere/dominio, privilegi e discriminazioni 2. Processi di etnicizzazione: dispositivi che servono a escludere e separare da noi coloro che vengono percepiti come diversi, estranei o addirittura inferiori ❖ L’origine e la modernità del razzismo Le credenze razziste cominciano con l’espansione coloniale. Le dottrine razziste si fondano su una serie di credenze, come il fatto che ci siano una serie di caratteristiche e tratti mentali e morali comuni, e che queste si trasmettano per via ereditaria e siano quindi sostanzialmente immodificabili, e questa divisione sociale si riflette nell’umanità creando una gerarchia naturale che presuppone come lecito il dominio o lo sfruttamento. È un sistema secolare di dominio globale che gerarchizza l’umanità in gruppi superiori, considerati umani, e gruppi inferiori, sub umani, a cui si possono sottrarre beni e privilegi. → La modernità europea si basa materialmente e culturalmente sulla conquista e sullo sfruttamento di popoli e territori di altri continenti, fondando le rappresentazioni europee dell’alterità su razzismo e sessismo coloniali, precursori delle ideologie criminali o nazifasciste “Rischiamo di comportarci da razzisti ogni volta che ci crediamo minacciati nei nostri privilegi, nei nostri beni o nella nostra sicurezza (...). La paura aggressiva degli altri è sempre latente. Basta che le barriere, legali o morali, si attenuino, o che rinascano difficoltà economiche e minacce internazionali, perché la bestia nascosta in ognuno di noi mostri il muso (...)” - A. Memmi. Il razzismo continua nella modernità causa le grandi scoperte e le costanti migrazioni, che porta ad una struttura economica-produttiva dell’occidente, costruendo una giustificazione ideologica allo sfruttamento e al dominio. Barker parla di nuovo razzismo, passando dall’inferiorità biologica a quella culturale. Non si parla più di caratteristiche naturali del gruppo razzizzato, ma si enfatizzano le presunte differenze in termini di cultura, lingua, religione e tradizioni → La cultura è una nuova dimensione chiave per la strutturazione del razzismo chiave. I migranti non sono più percepiti come “inferiori” ma come “minacce all’omogeneità culturale”, a cui si contrappongono, appunto, la cultura e l’appartenenza culturale contro la contaminazione e ibridazione. Le espressioni del razzismo sono: 1. Pregiudizi: credenze, emozioni, atteggiamenti negativi che hanno per oggetto gruppi interi. Basati su informazioni soggettive, spesso inaccurate e su stereotipi, generalizzazioni semplificate a proposito di un certo gruppo 2. Discriminazione: azioni concrete che portano danno agli altri, che li svantaggiano sulla base della loro appartenenza ad un gruppo sociale. La discriminazione può essere individuale o istituzionale ❖ Le migrazioni Le migrazioni sono il processo attraverso cui gli individui si spostano da un luogo ad un altro. Per capire la migrazione è necessario comprendere le condizioni e le caratteristiche sia dei singoli migranti, sia del paese che lasciano che in quello a cui arrivano, prestando attenzione al contesto sociale. Le migrazioni sono conformi a modelli specifici, caratterizzati da un ordine e una forma precisi e coinvolgono certi popoli e luoghi molto più di altri. ➢ Le migrazioni volontarie sono determinate da scelte operate liberamente da individui che si muovono da un paese all’altro per migliorare le proprie condizioni di vita ➢ Le migrazioni forzate sono quelle in cui gli individui si spostano per fattori indipendenti dalla loro volontà (le guerre) Il rifugiato invece è una persona che si trova fuori del paese di cui è cittadino, temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, ecc. Nel corso degli ultimi decenni, le progressive limitazioni imposte dalla gran parte dei paesi europei alle migrazioni internazionali hanno ridotto, in maniera significativa, le possibilità di migrare legalmente verso l’Europa e di accedere alle procedure previste per il riconoscimento dello status di rifugiato. Ciò ha indotto un numero crescente di individui in fuga da situazioni di conflitto e da varie forme di persecuzione a ricorrere a canali irregolari di viaggio dai paesi di origine. Le persone si spostano, secondo i sociologi, mettendo a confronto il benessere che si perde e quello che si può potenzialmente guadagnare. Si distinguono due tipi di fenomeni: 1. I fattori di spinta – push: quelli che inducono le persone a lasciare il loro paese 2. I fattori di attrazione – pull: sono quelli che attraggono le persone a recarsi in un determinato paese Per la Commissione europea l’integrazione un processo bidirezionale permanente teso a garantire uguali opportunità e piena partecipazione degli immigrati nelle diverse sfere della società, senza rinunciare a convinzioni culturali, pratiche e comportamenti identitari, nei limiti del rispetto delle norme e dei principi fondamentali della società ospitante. Integrazione socioeconomica, politica e culturale non sempre vanno di pari passo. Esistono degli indicatori di integrazione, come lo status socioeconomico, la concentrazione spaziale, numero di matrimoni misti. DISUGUAGLIANZA E STRATIFICAZIONE SOCIALE Quando parliamo di diseguaglianza, ci sono due componenti da tenere in considerazione: 1. Diseguaglianza di risorse, la stratificazione sociale 2. Diseguaglianza di opportunità, la mobilità sociale La disuguaglianza deve essere studiata, tra le tante cose, per fornire dati sulle aspettative di vita, anche basandosi sulle risorse economiche (individuali, da cui il PIL in determinate regioni). Infatti, la diseguaglianza può avere forti effetti sulla salute perinatale e del neonato, venendo tramandata attraverso le generazioni. → La diseguaglianza dei redditi, ad esempio, è un elemento da tenere in considerazione. Per misurare la differenza tra le diseguaglianze si misura tramite l’indice di Gini con dati temporali differenti. LA FAMIGLIA È un’istituzione centrale in tutte le società, costituendo il primo e il più diretto contesto del nostro sviluppo fisico, emotivo e sociale. Il termine famiglia ha diversi significati a seconda dei contesti sociali in cui si cala. → In demografia, una famiglia è l’insieme di persone legate da vincoli biologici e/o giuridici che convivono in una stessa abitazione. → In antropologia, sono i semplici sistemi di parentela, ovvero i legami e confini sociali, definiti dalla biologia e dai costumi che stabiliscono chi è parente di chi. Si parla infatti di famiglia nucleare, multigenerazionale, estesa, polinucleare, tradizionale, poligama, monogenitoriale, ecc. → La sociologia definisce la famiglia come un’istituzione sociale. I criteri che stabiliscono chi sia o meno un membro della famiglia sono mutevoli e derivano da un determinato contesto storico-sociale. Alcuni criteri sono: la socializzazione dei nuovi dati, la differenziazione generazionale, la definizione legale o meno delle relazioni e quelle di cooperazione e solidarietà. Istituzionalmente parlando ci sono due tipi di definizioni: ➢ Famiglia anagrafica: insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, affiliazione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti e aventi dimora abituale nello stesso comune ➢ Famiglia di fatto: È la famiglia intesa come un insieme di persone dimoranti abitualmente nella stessa abitazione e legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi. Essa può differire dalla famiglia anagrafica come descritta nello stato di famiglia. Ci sono diversi tipi di analizzare le famiglie: 1. Prospettiva macro: distribuzione dei tipi di famiglia, che considera il tasso di fertilità, nuzialità o divorzio. 2. Prospettiva meso, relazionale: interazioni della famiglia, la divisione del lavoro, le relazioni intergenerazionali 3. Prospettiva micro, individuale: corso di vita individuale, stile di vita. Lo stile di vita familiare e il modo in cui viene concepito è in continuo cambiamento. Quello più drastico è avvenuto negli anni Sessanta, con il calo della nuzialità e l’aumento delle coppie di fatto, e dunque la separazione della sessualità dal matrimonio e le nascite fuori dal matrimonio, nonostante il calo della fecondità e la crescita dei divorzi. → Sono indicatori della pluralizzazione dei modelli familiari elementi come i cambiamenti della numerosità e composizione, la diffusione di forme di coabitazione oltre al matrimonio eterosessuale e le nuove forme di famiglia dopo questi esempi (es: famiglie ricomposte) Una famiglia può essere composta anche solo da un individuo. Nell’arco dei decenni, infatti, è progressivamente aumentato il numero delle famiglie unipersonali. Queste, almeno in Italia, riguardano soprattutto gli anziani, ma anche i giovani tra i 24 e i 30 anni causa la posticipazione della transizione alla vita adulta: risulta infatti più difficile stabilizzarsi economicamente, avere relazioni di coppia durature e avere figli. ❖ Il matrimonio, i figli e i divorzi Ci sono diversi modi di fare coppia e creare una famiglia ultimamente. Distinguiamo infatti: ➢ Matrimoni istituzionali: tipici dell’inizio del XX secolo, con la conseguente asimmetria della relazione tra generi, che spesso deriva da accordi tra famiglie per scopi patrimoniali. ➢ Matrimonio companionante: prende piede dalla metà del XX secolo ma anche prima. È caratterizzata dalla separazione tra ruoli e compiti tra i generi, e basata sull’amore e l’intimità dei coniugi. ➢ Matrimonio individualizzato o deistituzionalizzato: mette al primo posto l’importanza dell’autorealizzazione, alla felicità individuale. È tipica la fluidità dei ruoli familiari di genere, in cui gli individui si sentono meno vincolati alla coppia e alla conseguente istituzione. È cambiato anche il modo di concepire i figli, una legge del 2012 permette di riconoscere ed equiparare i figli “naturali”, nati fuori dal matrimonio, ai figli “legittimi”, nati all’interno del matrimonio. → L’ennesimo cambiamento è stato introdotto dalla legge sul divorzio, del 1970, emendata nel 2015 per la legge del divorzio semplificato. Lo stato legittima una determinata definizione di famiglia in modo esplicito ed implicito di fronte alla pluralità. La famiglia è dunque oggetto di conflitto: 1. La prospettiva della crisi della famiglia: i cambiamenti indeboliscono i valori della famiglia riguardanti le responsabilità familiari (vengono indeboliti ad esempio dal vivere con madri sole, che sembrerebbe avere effetti negativi sui bambini) 2. Prospettiva economica: cambiamenti indicatore di ristrutturazione economica della famiglia – non più uomo come provveditore ma famiglie con due redditi 3. Prospettiva di genere: ricerca di relazioni più egalitarie causa le ridefinizioni dei ruoli di genere. L’enfasi viene posta sul conflitto tra partecipazione al mercato del lavoro e gestione della cura della famiglia ❖ Famiglia e divisione del lavoro (di genere) La partecipazione delle donne al mercato è ancora influenzata dalle diverse fasi del corso di vita familiare, in particolare dalla presenza o meno di figli piccoli. In generale, questo determinato campo deve essere studiato da una prospettiva meso-sociologica. La conciliazione famiglia-lavoro si sostiene attraverso un pacchetto di politiche che verte su tre pilastri: 1. Il sostegno al reddito, che implica trasferimenti monetari per famiglie con figli e congedi ben pagati per genitori e lavoratori 2. Il sostegno al tempo: implica diritti a congedi o flessibilità oraria sui posti di lavoro 3. Il sostegno alla cura, attraverso servizi extra-familiari che si occupino dei bambini mentre i genitori lavorano. LA RELIGIONE La religione è da sempre oggetto della sociologia – Comte pensava che questa scienza avrebbe aiutato la costruzione di una moderna religione dell’umanità. → Viene intesa in modi diversi dai sociologi, ma in generale, la religione istituisce un confine simbolico tra persone, oggetti, momenti, luoghi (la dimensione del sacro) (Durkheim). La religione in quanto tale ricade sotto la definizione comune di ideologia, un insieme di idee che sono alla base degli obiettivi e aspettative degli individui. Considerando la religione in termini di soprannaturale, ma più che altro di sacro, i sociologi hanno riconoscono una forma di religione diffusa, la religione civile. Trasmette l’essenza di tutte le religioni, l’adorazione della comunità e società da cui provengono gli elementi culturali più importanti (es: le costituzioni). → La religione in senso più ampio non è definita da un insieme di dottrine, ma da comportamenti, credenze e coinvolgimento dei membri del gruppo studiato. Nonostante le religioni principali siano 5, i sociologi scelgono di analizzarle tutte nelle più piccole forme, e capire il perché di questo fenomeno da cui nascono ulteriori correnti, come quella del sincretismo religioso, il pluralismo, l’umanesimo laico e la religione invisibile. Tuttavia le religioni odierne non sono altro che le varianti moderne delle tradizioni religiose originarie, quali: ➢ Animismo: la tendenza religiosa ad attribuire ad effetti inanimati caratteristiche umane o animali. ➢ Paganesimo: nome derivante dalla diffusione del primo cristianesimo, sono quelle politeistiche o adoratrici di molti dei • Da cui modernamente le religioni neopagane, così come la Wicca. La religione può anche essere intesa come un’istituzione (motivo per cui viene presa in esame dalla sociologia) – pratiche strutturate e durevoli costituite intorno a regole o norme ben definite, seguite da gruppi o associazioni organizzate, guidati da specialisti del sacro che fondano tutto su credenze. Per questo è così importante la sua persuasività in ambito sociale, da cui il pensiero di molti sociologi, come Durkheim, che sosteneva che la religione fosse fondamentalmente un fatto sociale, collante per la vita sociale. Sotto ogni grande religione si sviluppano numerose correnti di pensiero, note come denominazioni, caratterizzate da alcuni elementi non comuni alla maggioranza degli aderenti della stessa religione. Nei paesi in cui la religione è di stato (monopolio della religione), la maggioranza delle persone crede in un’unica religione, nonostante il credo si differenzi individualmente. → È all’interno delle e tra le denominazioni che si combattono i grandi conflitti religiosi, suscitando il dissenso di congregazioni, i gruppi fondamentali dal punto di vista organizzativo religioso. → Sempre più comune la nascita delle chiese non-denominazionali, o mega chiese. ❖ La struttura sociale e la religione La maggior parte delle persone nasce dentro una confessione religiosa, se non societariamente, almeno quella dei genitori, la cui pressione sociale applicata impedisce, spesso, di cambiare religione. Paradossalmente, e al contrario di quello che diceva Durkheim, il sentimento di solidarietà, la pressione esercitata, la zona di residenza e lo stato sociale sono fattori che spesso portano al fenomeno chiamato “segregazione religiosa”, che impediscono ad un gruppo religioso di espandere i suoi confini includendo anche persone differenti dal gruppo originario o standard. Karl Marx definisce la religione come l’oppio dei popoli, legandola alle disuguaglianze e alla sofferenza umana. Vede la religione come un’illusione o un diversivo che attenua il dolore delle persone economicamente sfruttate, fornendogli un falso surrogato della lotta di classe per la loro liberazione. → Teorie più recenti hanno dato un’interpretazione differente di questa visione, sostenendo che le persone che partono da un livello di povertà sociale sono più insicure, anche se arricchitesi più tardi nella vita. Questo dimostra la disposizione a riservare alla religione un importante spazio nella propria vita dei cittadini più insicuri (religiosità) Importante il collegamento tra il sistema delle caste indù e la nascita e lo sviluppo di diverse religioni nel subcontinente indiano, poiché ogni casta sviluppa una sua religione. Weber definisce questo come una delle teodicee logicamente più coerenti mai inventate. Per teodicea si intende una spiegazione del perché persone buone siano colpite da eventi cattivi – la casta e la religione a cui si appartiene serve a redimersi per la prossima vita. ❖ La dimensione sociale delle religioni Recenti studi dimostrano che le donne, come categoria sociale, siano generalmente più religiose. In molti contesti, infatti restano ancora in svantaggio generale e sono spesso trattate come membri di seconda classe dalla maggior parte delle religioni riconosciute. È una delle prove più solide della psicologia della religione.
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