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Il testo letterario e le relazioni intertestuali: analisi critica, Slide di Letterature comparate

Questo slide presenta una analisi del concetto di testo letterario, spiegando come è più di un semplice 'fatto' o 'dato', ma un processo complesso e dialogico. descritto come un dialogo intersoggettivo, un processo comunicativo a più attori che genera alias, doppi e mutazioni. La relazione intertestualità tra testi è anche esplorata, con la citazione, rimandi e nascondimento di testi l'uno all'altro. anche la nozione di genere e i modi letterari, e come queste categorie orientano la produzione, ricezione e classificazione dei testi.

Tipologia: Slide

2020/2021

Caricato il 02/05/2022

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Scarica Il testo letterario e le relazioni intertestuali: analisi critica e più Slide in PDF di Letterature comparate solo su Docsity! Slide 2 – IL TESTO, IL MONDO, I FERRI DEL MESTIERE CRITICO Capitolo III – Il testo letterario La prima domanda da cui parte il III capitolo del manuale di B. è solo apparentemente semplice: cos’è un testo? E cos’è un testo letterario? Siamo abituati a considerare il testo come un “fatto”, un “dato”, ma a ben guardare è qualcosa di più complesso, di materiale e insieme immateriale, che cambia nel tempo e continua a cambiare sotto i nostri occhi, come “la filologia dei mezzi” ci spiega. Il testo è dunque tanto un elemento oggettivo quanto un processo che si struttura attraverso giochi di significazione, di apertura e chiusura di senso, come – tra altri – ci spiegano Roland Barthes, o ancora gli esperimenti meta-poetici dell’Oulipo francese. Il testo è dunque – per usare la teoria dialogica di Michail Bachtin – un dialogo intersoggettivo, un processo comunicativo a più attori. Come ci insegna la “teoria della ricezione” ogni testo scritto genera dunque una quantità di alias, di doppi, di mutazioni e diffrazioni. Ogni testo ha il suo doppio; e siamo noi a crearlo, leggendo, interpretando, appassionandoci o disilludendoci. Tra gli scrittori contemporanei che hanno più riflettuto sul rapporto tra testo e mondo c’è sicuramente Italo Calvino. Bertoni ci invita ad attraversare alcune delle migliori pagine, narrative e critiche, dello scrittore italiano (pp. 150 e sgg.) alla ricerca del rapporto tra mondo scritto e mondo non scritto. Questa riflessione ci riporta a quella fondamentale tendenza della critica e della teoria letterarie che si occupano di analizzare il “contesto” (sociale, economico, politico, culturale) entro il quale si struttura un’opera: la cosiddetta critica estrinseca, di cui abbiamo già parlato (leggete con attenzione gli esempi fatti da Bertoni, con grandi critici quali Auerbach, Goldmann, Lukàcs). In conclusione, attraverso Jameson, Lotman, Calvino, arriviamo a una conclusione possibile. Il testo è “un modello finito di un mondo infinito”; un modello che abbiamo necessità di creare e usare per affrontare l’infinità angosciosa e strabiliante del mondo non scritto, della realtà che ci circonda… Un altro livello del rapporto tra testo e mondo è l’idea, antica e insieme moderna, del testo come mondo (idea compresa nella definizione lotmaniana di testo come “un modello finito di un mondo infinito”). Da questa riflessione scaturisce un dibattito oggi molto vitale, non solo nella critica letteraria, ma anche nella filosofia, nella linguistica e nelle scienze umane, con collegamenti anche in scienze come fisica o matematica: la cosiddetta “teoria dei mondi possibili”, di cui Thomas Pavel è tra i principali teorici. Il mondo possibile è quella funzione della produzione mentale e culturale che si frappone tra testo e mondo e li mette in collegamento. La prerogativa di un fictional world e di un testo finzionale è dunque quella di “essere esistente senza esistere” (p. 168), di sviluppare uno pseudo-referente (p. 166). Questa operazione è antichissima, è alle origini della nostra specie in quanto specie narrativa, come ben esprime una parabola del grande scrittore russo Vladimir Nabokov (pp. 169-170). Oppure, per usare le parole di uno dei più grandi romanzieri degli ultimi decenni, lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa in “La verità delle menzogne”: “Quando leggiamo romanzi non siamo solo ciò che siamo abitualmente, ma anche le creature di magia dentro le quali il romanziere ci trasferisce. Il trasferimento è una metamorfosi: la cella asfissiante che è la nostra vita reale si apre e ne usciamo per essere altri. Sogno lucido, fantasia incarnata, la finzione ci completa, noi, creature mutilate cui è stata imposta l’atroce dicotomia di possedere una sola vita e i desideri e le fantasie di desiderarne mille. Lo spazio tra la nostra vita reale e i desideri e le fantasie per cui la si vuole più ricca e diversa è quello che occupano le finzioni.” L’ultimo filone di riflessione sul testo si occupa della relazione di un testo con gli altri testi, ovvero della relazione di intertestualità nella quale ogni testo, in particolare un testo letterario, nasce e si sviluppa. I testi infatti si citano, si rimandano l’un altro, si nascondono l’uno dentro l’altro, con un complesso sistema di “relazioni intertestuali”, di “ipotesti” (testi di partenza) e “ipertesti” (testi d’arrivo). Questo schema è stato ampliato e arricchito dal critico Gerard Genette (pp. 183-184). Facciamo un esempio concreto di intertestualità. Questo è l’incipit di un bellissimo romanzo storico e amoroso ambientato nella Sicilia del Settecento dello scrittore siciliano Vincenzo Consolo, dal titolo Retablo (1987): Rosalia. Rosa e lia. Rosa che ha inebriato, rosa che ha confuso, rosa che ha sventato, rosa che ha roso, il mio cervello s’è mangiato. Rosa che non è rosa, rosa che è datura, gelsomino, bàlico e viola; rosa che è pomelia, magnolia, zàgara e cardenia. (…) Rosa che punto m’ha, ahi!, con la sua spina velenosa in su nel cuore. Lia che m’ha liato la vita come il cedro o la lumia il dente, liana di tormento, catena di bagno sempiterno, libame oppioso, licore affatturato, letale pozione, lilio dell’inferno che credei divino, lima che sordamente mi corrose l’ossa, limaccia che m’invischiò nelle sue spire, lingua che m’attassò come angue che guizza dal pietrame, lioparda imperiosa, lippo dell’alma mia, liquame nero, pece dov’affogai, ahi!, per mia dannazione. Adesso confrontate questo incipit con quello di Lolita (1955) di Nabokov, che trovate a p. 101 del testo di Bertoni… Cosa pensate di questa relazione di intertestualità? Dato che la cosa mi tocca da vicino, ve ne racconto la storia… Lo studio delle relazioni intertestuali, come spiega la studiosa Marina Polacco, ci abitua a guardare il sistema entro il quale il testo si muove e la dialettica di tradizione e innovazione che spinge ogni atto linguistico. Insomma, per dirla con Gadda, “la parola convocata sotto penna non è vergine mai”, è un “dialogo” tra presente e passato, tra presenza e assenza (argomenta Bachtin); insomma, come ricorda Barthes, in qualche misura “ogni testo è un intertesto”. Oggi la relazione intertestuale si muove anche tra media diversi; parliamo infatti di “intermedialità” (pensate, solo per fare l’esempio più facile, al rapporto tra letteratura e cinema…). Alla fine di questo capitolo, alcuni esercizi: 1) Individua un Incipit di un’opera letteraria (poetica, narrativa, teatrale) e descrivi che mondo questa inaugura e perché è particolarmente significativo? 2) Individua una relazione di intertestualità tra due celebri testi e commentala. 3) Sapresti individuare delle relazioni intermediali rilevanti tra la letteratura di ieri e le arti di oggi e in generale tra arte e letteratura? La terza lettura è forse la più difficile. Bertoni legge e analizza un testo meta-letterario, che pone al centro la riflessione sul rapporto tra testo e mondo, sul testo come mondo possibile e sul testo come intertesto; parlo del “giallo filologico” Fuoco pallido (1962) di V. Nabokov. Anche questa volta vi chiedo di leggere questa sezione e se avete delle difficoltà segnalarmele. Partiremo da queste nella prossima lezione.
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