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Società e sociologia: il ruolo dei teorici Weber, Durkheim e Goffman, Appunti di Sociologia

Una panoramica delle teorie di Max Weber, Emile Durkheim e Erving Goffman sulla società e il suo sviluppo. Weber introdusse il concetto di 'schema concettuale' per comprendere il flusso complesso e caotico dei fenomeni sociali. Durkheim studiò i sistemi organizzatori della vita sociale e i loro effetti sugli individui. Goffman analizzò gli aspetti trascurati, come la vita sociale di persone marginali come pazienti mentali, carcerati e delinquenti. utile per chi studia sociologia, in particolare le teorie di Weber, Durkheim e Goffman.

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 16/01/2022

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Scarica Società e sociologia: il ruolo dei teorici Weber, Durkheim e Goffman e più Appunti in PDF di Sociologia solo su Docsity! SOCIOLOGIA GENERALE Sociologia significa discorso sulla società. È un discorso però che va delimitato rispetto al modo in cui spesso si usa il termine “società”. Società in sociologia — # società in senso generale Società umana: grande varietà di soggetti e grandi forme di conflittualità # società animali (api, lupi. Organizzazioni sociali con mutamento limitato. .): vita sociale. Come ci si può spiegare questa differenza? - Filosofo antropologo tedesco Arnold Gehlen [libro “l’uomo”] Principale differenza tra società umane e animali: tutti gli animali sono dotati di un apparato istintuale ben definito; hanno forme di specializzazione molto chiare (es. vista spaziale, fiuto top, ecc.) e sono molto presto capaci di affrontare la vita da soli, guidati dal proprio forte istinto. L'uomo, invece, ha bisogno di un periodo lunghissimo per essere veramente indipendente. Min. 10 anni, ma oggi ancora di più. Per questo Gehlen sostiene che noi siamo dei <parti prematuri>, cioè siamo messi al mondo che non siamo ancora pronti, per questo ci serve aiuto per così tanto tempo. Questo modifica la società, crea un'organizzazione sociale più stretta, che non significa “perfettamente organizzata” come alveari o formiche; non c'è un codice che ci dice come dobbiamo vivere. Essere dei parti prematuri ci pone una sfida ancora più radicale: organizzare la vita sociale aldilà del nostro apparato istintuale, perché esso non è abbastanza sviluppato per farcela da solo. Siamo esseri caratterizzati dalla privazione, non abbiamo le caratterizzazioni specifiche degli altri animali. Effettivamente i nostri antenati si avvicinano alla nostra condizione nel momento in cui smettono di andare a 4 zampe. Non sappiamo di preciso perché questo accade, solo ipotesi. [Spiega ipotesi evoluzione: trippone fotonico! Assumiamo posizione eretta -> arti anteriori diventano braccia -> pollice opponibile -> sminuzziamo il cibo -> no more big mascella -> spazio per il cervello per crescere -> MA... posizione eretta: utero diventa più piccolo. Nasciamo perché non possiamo crescere più, o non ci passiamo più! Magari è troppo presto? C'è bisogno dell'intervento della generazione precedente per crescere e tirarci insieme] questo fa sì che i legami sociali siano più stretti. Necessaria divisione del lavoro (perché madri si occupino dei piccoli), ecc. Nel caso degli esseri umani c'è una mancanza di specializzazione che è sia un limite che un vantaggio, perché è sostituita da una forte PLASTICITÀ: sappiamo adattarci. Non abbiamo artigli, ma sappiamo costruire coltelli; non abbiamo la super vista, ma sappiamo costruire gli occhiali; ecc. Sappiamo creare protesi sostitutive, costruire noi stessi, siamo gli unici capaci di adattarsi a qualunque clima. Questa capacità è il tratto caratteristico della nostra specie ed è una capacità CULTURALE. Se la differenza cruciale tra le società animali e umane consiste nel fatto che quelle umane sono culturali (plasticità, ecc.), allora si pone il problema di comprendere in che maniera si produce questa cultura. Da dove viene questa plasticità? Abbiamo indicazioni importanti che vengono dalla sociologia e da altre discipline. First of all: non diciamo cazzate di intelligenza superiore degli uomini. Ok il nostro cervello è più avanti, ma non sopravvalutiamoci: la differenza tra noi e gli scimpanzé è del 2% di DNA. Non si tratta solo di materia grigia fisica, perché siamo lì; ci dev'essere qualcos'altro. George Herbert Mead, grande studioso di psicologia e sociologia (USA, fine ‘800 inizio ‘900): se noi vogliamo cercare qual è l'elemento che spieghi il percorso particolare della specie umana dobbiamo pensare al LINGUAGGIO. È una cosa molto particolare; è il vero motore che produce la cultura. Dobbiamo analizzarlo in maniera diversa dalle altre forme di comunicazione, diversa dai delfini o altro; la loro è una comunicazione organizzata sulla base di un repertorio definito sul piano istintuale che permette di trasmettere informazioni importanti sulla vita/sopravvivenza degli animali. Non è paragonabile alla plasticità e ricchezza di un linguaggio strutturato grammaticalmente, con una struttura sintattica, con una capacità di tematizzare sé stesso a livello meta linguistico (tipo comunicare sulla comunicazione). Questa raffinatezza è ciò che spiega la capacità del linguaggio di creare cultura. Michael Tomasello, grande psicologo e paleontologo americano. Ha fatto studi sul comportamento di scimmie e scimpanzé, paragonandolo a quello dei bambini in età pre-linguistica. Utile per capire dove sta la linea di demarcazione tra le società animali e umane. Approccio empirico + grande consapevolezza di problemi di natura teorica. [Suggerito: “L'origine della Comunicazione Umana”). Teoria molto originale basato sul fatto che la comunicazione umana ha una qualità di fondo diversa: si basa su una peculiare propensione alla cooperazione che troviamo soltanto negli uomini. Si potrebbe dire “beh ma gli animali cooperano, guarda i lupi, le formiche, ecc.” Ciò che però Tomaselli vuole sottolineare è che nel caso della comunicazione umana abbiamo una capacità di fornirci informazioni che va ben oltre i riflessi di comportamento istintuali che organizzano l'agire di gruppo degli altri animali. Per spiegare questa capacità di cooperazione, T. va a indagare un livello di comunicazione + profondo del linguaggio: il gesticolare. È un'attività comunicativa che si presenta come qualcosa di più basilare, intuitiva. È universale per gli uomini. Anche le scimmie gesticolano; la differenza è che gesticolano per indicare i propri bisogni, noi con un intento cooperativo. Esperimento + celebre di Tomasello: “il dito puntato”. Se puntiamo il dito, la cosa + spontanea è che il nostro interlocutore (qualsiasi umano) guardi cosa indichiamo. È una cosa intrinseca, anche i bambini. Se si indica qualcosa a un animale, non capirà cosa vogliamo indicare. La scimmia guarda il dito. Questo significa che quando additiamo qualcosa, creiamo una situazione cooperativa. Chiediamo all’interlocutore di metterci in relazione per concepire un progetto comune. [Esperimento della banana] Questa è la specificità della comunicazione umana che si produce in questa dimensione originaria del gesticolare, ancora prima di parlare. Orientamento solidale della comunicazione umana. Molti animali sono capaci di cooperazione e solidarietà, ma su una base empatica. C'è una base di affetto, che fa sì che l'animale si immedesimi nella situazione dell'altro soggetto e cerchi di aiutare. [Esperimento delle scatole] [Esperimento del sale] [Esperimento del capo di cattivo umore]. Cosa ci dicono gli ultimi due: la nostra comunicazione è di tipo intersoggettivo basata sulla condivisione gratuita di informazioni per noi rilevanti. Quando imparo/scopro una cosa, la dico a tutti gli altri. Scimpanzé chiusi in una gabbia di egocentrismo; cervello non così male. Differenza: le nostre intelligenze individuali, tramite la comunicazione segnaletica e linguistica, vengono messe insieme, socializzate. Si crea un incredibile patrimonio di conoscenze, saperi, abilità, regole, orientamenti condivisi che hanno una realtà particolare. Non sono cose che stanno solo dentro il nostro cervello. Pensiamo alle leggi; es. ho un problema con l'affitto, vado da un avvocato e gli chiedo di passarmi un sapere che c'è già. Il sapere accumulato da generazioni e generazioni rappresenta qualcosa disponibile per tutti ed è il nostro elemento di forza. Questa cultura che scaturisce dalla comunicazione è qualcosa di peculiare; la cultura umana è come una memoria esterna. Quando nasciamo non sappiamo niente, e l'acculturazione è un processo faticoso e acquisiamo solo una minima parte di questo enorme patrimonio di conoscenze che abbiamo a disposizione. La cultura (come insieme dei saperi) è come un enorme falò e l'umanità ci è seduta intorno. Ogni generazione deve coltivarla, preservarla, ma essa sta fuori di noi, non lo padroneggiamo completamente. Ok, però tutto molto astratto. Nel corso della nostra esistenza sono esistite società molto diverse tra loro, quindi è necessario distinguere tra i principali tipi di organizzazione sociale che si possono riscontrare nella storia dell’uomo: società arcaiche, tradizionali e moderne. Sono distribuite nel tempo in maniera molto diseguale. Homo Sapiens esiste (con caratteristiche anatomiche uguali a noi) da 50.000/100.000 anni fa (dipende da di che studioso ti fidi). SOCIETÀ ARCAICHE, che si formano con la comparsa dell’homo Sapiens, da sempre a 10.000 anni fa. Sono organizzate in maniera molto semplice, sulla base di una scarsa divisione del lavoro su base sessuale. Attività sostanzialmente ridotta a caccia e raccolta frutta/cibo. Cacciatori / raccoglitori. Società organizzate in piccoli gruppi di 8-10 famiglie (banda); no incesto, quindi scambi di donne con le altre bande. Gruppi di più bande: tribù. Dimensioni sempre limitate (tipo 500 persone), linguaggio comune, usanze comuni, antenato di tipo immaginario comune (?). Si spostano continuamente in un territorio seguendo animali e frutti. Non hanno una propria struttura autonomamente costruita. L'organizzazione coincide con i legami di parentela (SOCIETÀ PARENTALI). Organizzazione sociale vista come un fatto naturale, così come i legami parentali, e quindi 2 più p meno contemporaneamente nella storia dell'uomo. Nota che tra l’800 e il 200 a.C. (periodo breve per la storia dell'homo sapiens) compaiono figure per molti versi simili: Confucio in Cina, Buddha in India, Zarathustra in Persia, i Profeti in Palestina e i filosofi nell’Antica Grecia. Le correnti nate da queste persone hanno in comune un tratto fondamentale: segnano il superamento delle credenze magiche. Con questi personaggi, il mondo entra in una fase completamente nuova della storia. È vero che la filosofia greca è diversa dalla religione, ma ha la stessa funzione emancipatrice nei confronti delle credenze magiche. Qual è la particolarità di queste figure? Questi iniziano ad andare per il mondo raccontando la loro visione, presentandosi come profeti chiamati da Dio che hanno ricevuto il compito di spiegare all'umanità cosa sia il vero Dio. Una differenza tra le credenze magiche e la figura di divinità raccontata dai profeti e trascritta nella Bibbia è l'assoluta trascendenza del Dio degli ebrei. Dio è una figura del tutto estranea al mondo, che sta in un altro mondo. Questo pensare per la prima volta la dimensione della trascendenza ha delle conseguenze importanti, rivoluzionarie. Jaspers quando parla di questa fase usa l’espressione “epoca assiale” per dare un'idea della profondità culturale dirompente che si verifica in tutte queste culture [assiale = come se l'asse attorno al quale gira la Terra si fosse spostato]. Possiamo dire che la magia è un tipo di credenza che ha una sua peculiare di immanenza (=tutto è appiattito dentro al mondo. La magia è una fora tra altre forze, che noi possiamo usare per cercare di ottenere dei risultati, però ci sono altre forze magiche che possono entrare in conflitto con quelle dalla nostra parte). Tutti i bambini attraversano una fase in cui credono e vogliono credere alla magia. Ci sono dei sociologi che sostengono che ognuno di noi nel proprio sviluppo biografico ripercorre a gran velocità le trasformazioni che l’intera società ha percorso in centinaia di migliaia di anni. L'aspetto profondamente rivoluzionario che riscontriamo con l'avvento della religione al posto della magia è che il Dio trascendente è un Dio che - proprio perché sta fuori dal mondo - vuole organizzare le cose in modo diverso d come sta il mondo e ritiene che il mondo vada cambiato, che non vada bene abbandonandolo a sé stesso. Quindi il profeta che si fa portavoce della parola di Dio vede per la prima volta nella storia il mondo in una prospettiva esterna al mondo. In questo modo, noi vediamo noi stessi dall'esterno; superiamo una sorta di egocentrismo basilare che troviamo sempre nelle società con credenze magiche. È la differenza tra il mondo di qua, pieno di sofferenza, malattia, dolore e quello di là, di Dio, perfetto, la concezione di un mondo doppio, che comporta l'uscita dall'egocentrismo e la creazione di coppie concettuali che strutturano la nostra mente in maniera completamente nuova; distinzione tra: aldiquà-aldilà; spirito-materia; essere-dover essere; cause-effetto; natura-cultura; soggetto-oggetto. Prima erano società dove l’intero mondo era un sistema confusivo, in cui legami di tipo causale o fisico si confondevano con considerazioni morali, influenze di tipo imprecisato, a big mess, privo di struttura cognitiva precisa. Un'altra conseguenza della trasformazione in società assiale riguarda il modo di concepire i rapporti politici e di potere. Alcuni teorici sostengono che una delle caratteristiche della cultura occidentale (che nasce ad Atene e a Gerusalemme) è che comincia a diventare concepibile la critica sociale, la critica dell'esistente. [Mi sono un po’ persa... Nella storia di Mosè (?) si percepisce l’idea di rivoluzione per la prima volta nella storia (di cui si abbiano tracce)]. Questa dimensione critica del potere e della politica si ritrova ben rappresentata nella figura del profeta. | diversi profeti di Israele hanno una caratteristica particolare: mentre i sacerdoti sono amministratori della religione in posizione subordinata nei confronti dei potenti (i sovrani o i capi clan), i profeti sono l'opposto. Sono uomini che raccontano la parola di Dio, sono al di fuori delle istituzioni, e sono gli unici (e i primi) che hanno questo coraggio, pur essendo inermi, privi di soldi, sono gli unici che hanno il coraggio di muovere critiche al sovrano. Prima, nel mono immanente basato sulle credenze magiche e sui rapporti di forza, non esisteva il principio di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, quindi di pensare una critica dell'esistente anche sena la fora militare o economica per esprimerla. Ultimo aspetto di questa rivoluzione dell’epoca assiale: nascita della libertà e dell’eguaglianza (sul piano cognitivo). = si concepisce per la prima volta che la vita possa essere organizzata sulla base di singoli che sono liberi nel loro agire e uguali in termini di diritti e doveri nei confronti degli altri. Quest’idea, che costituisce la nostra identità anche se ancora oggi non è realizzata, nasce in contesti diversi (Grecia - base della democrazia; Israele - unico Dio, tutti uguali di fronte a Dio, che chiama ciascun singolo a obbedire alla propria legge, e ciascun singolo è libero di obbedire o meno). Back to società tradizionali [mini recap - agricoltura, allevamento, sovrano, struttura statale]: in questa lunga fase, la forza principale, l'elemento di innovazione è il potere politico-amministrativo. Perché “tradizionali”? Problema di legittimazione. Da una parte, religione potere di legittimazione, dall'altra, spinte critiche e ribelli delle idee egualitarie della religione. SOCIETÀ MODERNE Quando nascono le società moderne: questione controversa. Abbiamo diverse date, tutte con una loro giustificazione; storia too complex. Mettiamo insieme i contributi delle varie scienze. Storia: 1942 (Scoperta dell'America) Economisti, sociologi: seconda metà 1600-inizio 1700 Prima Rivoluzione Industriale (quando si afferma l'economia capitalista). Modernità culturale: 1700 (Illuminismo - nuovo modo di vedere la realtà e consapevolezza di questa novità) Molto importante per: nelle società moderne rappresentate dal pensiero degli illuministi, l'autorità della tradizione viene meno. Hubbermust (?): “mentre le società tradizionali si legittimavano sulla base del passato, quelle moderne sono strutturalmente utopiche, perché si possono legittimare unicamente sulla base di ciò che vogliono diventare”. Modernità politica: due possibilità -> 1648 (Pace di Westfalia). Fine della Guerra dei trent'anni; le principali potenze europee si scontrano in Germania per far valere le proprie credenze religiose. Guerra terribile e sanguinosa; Germania messa male, popolazione dimezzata, economia a pezzi. La Pace di Westfalia fu stipulata per sfinimento; con questa Pace nasce lo Stato Moderno religiosamente neutrale. Società tradizionali: integrazione ETICA (= tutto è proibito tranne ciò che è espressamente previsto dalla tradizione. Vita minuziosamente regolata dalla tradizione. Anticonformismo considerato reato.) [MI SONO PERSA DI BRUTTO 23:00]. 1789 (Rivoluzione Francese). Le principali idee dell'illuminismo vengono messe in pratica, istituzionalizzate. Si mette in moto una straordinaria dinamica di mutamento politico che non smetterà mai più. La sovranità non appartiene più a un sovrano investito secondo il volere di Dio, ma è il popolo stesso che prende in mano il proprio destino e si definisce come l’unico, vero, legittimo sovrano. Si afferma anche il principio della divisione dei poteri (esecutivo, legislativo, giudiziario). CARATTERISTICHE STRUTTURALI SOCIETÀ MODERNE: per la prima volta, la sfera economica diventa il battistrada dell'evoluzione sociale, l'elemento trainante. Nella stagione delle società arcaiche, la sfera economica era importante, ma non era il centro della vita, era la dimensione del sacrale. Nelle società tradizionali l'economia aveva un ruolo importante, ma il centro era negli aspetti politico e amministrativo. [Aneddoto: dai diari degli esploratori portoghesi. Dopo scoperta America, esplorano coste Africa: nuove scoperte geografiche, nuove risorse da sfruttare con la forza. Quando si rifornivano in Africa, scambiavano cagatine con cibo acqua ecc. Tranne in un caso: i portoghesi approdano in una rada nella costa del Mozambico e invece di essere accolti con meraviglia e venerazione, gli indigeni gli fanno capire che si stupiscono che le navi siano così piccole e raccontano di come una volta altri “spiriti” vennero con navi grandi tipo il doppio. Dopo anni si è capito studiando la storia della Cina; nel 1500 avevano costruito una grande flotta per esplorare tutto il mondo. Erano tecnologicamente superiori. Perché sta storia? Questa flotta era costruita con finalità politiche, non economiche. Dovevano girare il mondo e portare la grandezza dell'imperatore. Il successore dell’imperatore poi la smantella per problemi economici. | portoghesi invece avevano già una mentalità mercantile; pur con una tecnologia inferiore, le loro imprese erano + sostenibili nel tempo perché avevano un contenuto economico, dovevano portare profitto. -> ad una certa, tra le grandi civiltà sviluppate in tutto il mondo in maniera contemporanea, con l'avvento della modernità capitalistica, l'Europa inizia a correre di brutto; tasso di sviluppo economico impressionante, non paragonabile con altri. Società caratterizzate da una produzione di plusvalore che non ha paragoni con le società precedenti. Per la prima volta, ci sono delle crisi della sovrapproduzione. Il problema delle società tradizionali di legittimare le diseguaglianze si pone in maniera molto più radicale in quelle moderne perché l'assetto di queste società capitaliste è egualitario; dopo la rivoluzione francese, non si può più dire che è giusto che ci siano diseguaglianze. 6 Carattere di incessante trasformazione tipico delle società moderne. Attività economica, spontaneità della vita sociale, culturale. Non smette mai di correre e trasformarsi. Weber: “nelle società pre-moderne, il mondo era un ciclo naturale, continuo e stabile, per cui un personaggio come Abramo morì vecchissimo, sazio della vita. Oggi non si muore più sazi, ma stanchi della vita, perché, in questa trasformazione continua, noi abbiamo una spinta infinita che non ci lascia respiro. Problema drammatico a livello sociale: il sistema capitalista moderno è costruito in modo d creare crisi sempre nuove e nuove patologie sociali, squilibri sempre nuovi che producono ricchezza, ma anche diseguaglianza, sofferenza, dolore. Questo elemento di continua crisi che caratterizza la modernità capitalistica è un problema che spiega in qualche modo la nascita della stessa sociologia. È una scienza molto recente, nasce all’inizio dell'Ottocento. Perché nasce se prima non si era sentita la necessità di una scienza della società? Costante sforzo di adattamento a un mondo che non lascia respiro. Le patologie sociali prodotte da questo rimo incessante fanno sì che alcune persone particolarmente acute attorno all’inizio dell'Ottocento pensassero che la società dovesse essere studiata in modo metodico, sistematico; così nasce la sociologia. La nascita non è dovuta solo alla necessità di capire i mutamenti sociali, non è un interesse puramente scientifico. La rivoluzione francese ha lasciato tracce profondissime, ancora per noi, ma per quelli che vissero 10-20 anni dopo, continuava ad essere il faro che illuminava la vita. La rivoluzione, con le sue promesse di emancipazione e con gli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità, aveva influenzato profondamente la cultura di inizio ‘800. Tutte le persone di cultura di quell'epoca consideravano quasi scontato che gli ideali della rivoluzione fossero lo sfondo indiscusso della cultura di quell'epoca. Bisogna anche dire però che dopo le delusioni politiche legate all'esito drammatico della Rivoluzione si afferma anche un progressivo mutamento di percezione di quello che può essere il futuro; mentre nella fase prima e durante la rivoluzione c'era questa spinta verso una trasformazione radicale della società, con i primi dell'800 ha un ruolo crescente il pensiero positivista (=scienza elemento fondamentale vita sociale). Questa forte affermazione della mentalità scientifica conduce ad uno spostamento delle aspettative nei confronti della vita sociale. I abbandona lo schema rivoluzionario traumatico della Rivoluzione Francese e si abbraccia una concezione che stempera nel tempo l’idea di mutamento e la considera da un punto di vista scientifico come qualcosa che lentamente porterà ad un progresso graduale e continuo della società. Fa parte di questa concezione positivista anche una specie di impoverimento degli ideali della RF; con l'avvento della fase positivistica, diventa più importante vedere nello sviluppo di scienza, economia e tecnologia l'aspetto fondamentale del progresso, invece della realizzazione degli ideali di emancipazione dell'umanità. In questo contesto, si forma colui il quale è considerato il primo esponente della sociologia, il “fondatore”: August Comte. È stato lui a chiamarla “sociologia”. Seguiva Saint-Simon che sosteneva che la promessa di felicità, di emancipazione contenuta nella RF i trasforma in una prospettiva in cui il benessere collettivo non viene da questi ideali di emancipazione, ma dallo sviluppo di scienza, tecnica, economia. Se un governo si fosse affidato a ingegneri, tecnici, ecc. si sarebbe sviluppato rapidamente e tutti avrebbero potuto vivere meglio. Sviluppa anche dei progetti utopici; aveva concepito l'idea di costruire un canale che separasse l'Africa dall'Asia, il canale di Suez. Comte è profondamente influenzato dalla sua formazione nella scuola di San Simon, ma la sa posizione rispetto alla società è molto più raffinata. L'idea fondamentale di Comte è che ci sia uno sviluppo della società in cui è possibile ricostruire una evoluzione della società in tutti i suoi ambi. Concezione di Comte sui tre stadi della conoscenza: nella società si sono succeduti 3 stadi: (1) teologico - conoscenza basata su magia e religione [non vedeva tanta differenza tra le due, le riteneva entrambe pure superstizioni prive di valore]; (2) metafisico - filosofia, conoscenza astratta [la forma più sviluppata di conoscenza]; (3) positivo - scienze positive. C. fa una proposta interessante di suddivisione delle scienze sulla base del momento in cui questa scienze giungono a maturazione; dietro questo pensiero c'è l’idea che la storia tenda sempre verso il progresso. L'osservazione che fa Comte è sensata; osserva il periodo in cui nascono le varie scienze. La prima forma di sapere che acquista una sistematicità tale da poter essere chiamata scientifica è la matematica. Seguono altre scienze che si sviluppano secondo lo schema della vicinanza alla cosa più complessa che c'è: l'uomo. Le prima scienze che giungono a maturazione sono quelle di più lontane dall'uomo (matematica, poi astronomia, poi fisica, poi biologia, infine sociologia. E tipo la psicologia? C. credeva che tutto ciò che aveva a che fare con i nostri pensieri fosse non scientifico, una forma di ciarlataneria. Immagina come ulteriore sviluppo della sociologia una scienza neurologica capace di spiegare in maniera strettamente scientifica come funziona il nostro cervello. Comte pensava che il progresso non si limitasse soltanto alle scienze naturali, riteneva che anche la cultura avesse un suo progresso, riteneva che l'Europa fosse 7 Intuizione di fondo: il segreto di una società è il tipo di cultura politica, cioè il livello dimaturazione democrazia di un Paese. T ammira proprio questo degli USA: la capacità di organizzare l’intera vita del Paese in maniera democratica. Ma questo fino a che punto ci aiuta? Cioè, se un Paese non ha questa cultura democratica, come si crea? Risposta di T: più democrazia. Crazy! L'idea è: quando ci sono delle pratiche istituzionali che fanno sì che tutti siano chiamati a partecipare alla vita democratica, eco che questa palestra di vita democratica fa diventare le persone più democratiche, creando la cultura della democrazia [spirito di partecipazione]. Un altro punto che T. sottolinea spesso è quello dei diritti. Non basta la partecipazione democratica; es. ad Atene esercitavano la democrazia, ma in un modo in cui la partecipazione alla vita democratica non comportava la tutela di alcuni diritti. Invece per T. la tutela dei diritti individuali è fondamentale per le democrazie moderne; “i diritti sono la virtù degli Stati” [=i diritti che lo Stato riconosce]. Devono essere diritti esigibili, non solo sulla carta. Questo era un aspetto importante della democrazia americana già all’inizio dell'800, mentre in Europa c'era ancora il dominio di re, principi, clero, nobili che soffocava le istanze democratiche dei popoli. Un altro punto sono i vantaggi dell’ assetto federale degli USA; dice che uno stato federale distribuisce i poteri nella maniera ottimale, perché il governo centrale ha tutti i poteri che riguardano questioni generali (esercito, battere moneta, politica estera); poi quante più decisioni possibili devono essere delegate alle realtà locali (singoli Stati, città, quartieri), che è il luogo dove si esercita la democrazia e dove le persone sanno meglio di tutti, del governo centrale, quali siano i problemi. T. fa un'osservazione interessante: se ci sono problemi, es. albero caduto in strada, in Francia si aspetta che il governo di Parigi mandi a togliere l'albero, negli USA la gente della città vicina va ad aiutare e si tira su l'albero [=amministrazione centrale non può avere la stessa velocità di risposta delle istituzioni democratiche decentrate federali. Mi son persa un secondino]. T. parla di partecipazione cittadina, vita associazioni per la difesa degli animali, contro l’uso dell'alcool, ecc. Robert Bella dice: “molte di queste associazioni spontanee che nascevano negli USA erano sostenute dal lavoro delle donne”; siccome le donne al tempo non lavoravano, si dedicavano ad attività di associazionismo, filantropia, volontariato. Questo finisce dopo la WW2, quando l’occupazione si estende a tutti, la donne cominciano a lavorare e non hanno più il tempo di prima. Viene un po’ meno questa struttura di associazionismo spontaneo che per T. era così importante. Ci sono tanti altri punti: libertà di stampa, autonomia dei tribunali... tanti aspetti che T. esalta parlando della democrazia americana. Due punti particolarmente importanti perché gli unici due critici; sono problemi che vede con grande anticipo, che si presenteranno come problemi seri ma allora richiedevano un'intuizione politica straordinaria. (1) Rischio di una tirannia della maggioranza, cioè: quando in una democrazia esistono delle minoranze che non hanno la possibilità di diventare maggioranza, c'è il rischio che la maggioranza finisce con l’esercitare una tirannia legittimata democraticamente ma ugualmente inaccettabile perché riproduce l'oppressione delle minoranze. Es. neri in USA. (2) Bramosia di ricchezza. Molto interessante, perché riguarda l'anima profonda dell’America; gli USA sono stati il luogo dove i padri pellegrini hanno costruito liberamente e democraticamente il luogo di eguaglianza (ecc.) che volevano, ma è stata anche, con l'incredibile ricchezza naturale, con le opportunità di ascesa economica, il luogo dove era possibile l'ascesa sociale. Dove persone appena arrivate che non avevano nulla potevano fare fortuna: il Paese delle Opportunità. Questa promessa di riscatto economico, che è uno degli ingredienti del Sogno Americano, nasconde un rischio secondo T: che il desiderio di arricchirsi (e la possibilità di farlo) finisca per diventare la principale preoccupazione degli americani. La critica è molto semplice: il rischio è che quando gli americani si occupano dei loro affari, perdano di vista l'affare più importante: la partecipazione alla vita democratica. E qui T mostra il fatto che ciascun singolo può provare ad arricchirsi, ma questo è potuto avvenire negli USA perché esistevano delle condizioni di libertà democratica e di uguaglianza delle opportunità, se non delle ricchezze. Quando questo quadro democratico finisce col perdere peso, quando si fa strada un processo di erosione dei valori democratici e rimane solo la lotta per arricchirsi, il rischio è che, proprio perché la democrazia è il terreno che nutre tutto il resto, può deperire un Paese, anche economicamente, perché mancano queste premesse democratiche (-> lo stiamo vedendo adeso con gli USA). Ma tipo la Cina si è sviluppata economicamente di brutto ultimamente senza la democrazia. Ma attenzione: all’inizio, quando si tratta di tirarsi fuori da una situazione di miseria plurisecolare, è facile sviluppare l'economia; nel momento in cui si raggiunge un certo livello, diventa difficile continuare a garantire uno sviluppo economico senza che siano garantite le libertà e i diritti individuali e forme di partecipazioni individuali. Alla lunga, un Paese non può che non essere democratico, o lo sviluppo di esso si ferma. 10 MARX Autore di importanza fondamentale. 3 riferimenti principali della sociologia: Marx, Weber, Durkheim. Di questi, M è il più noto e quello che storicamente ha svolto un ruolo incomparabilmente più importante. È stato importante non solo nel pensiero. Era un grande teorico della società, ma politicamente il suo pensiero ha avuto una risonanza che non ha pari, solo i grandi profeti dell'antichità hanno qualcosa di paragonabile. Il pensiero di M è riuscito a mobilitare le passioni, le coscienze, le energie utopiche di centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo. Nasce nel 1818 a Trier (?) Germania Ovest, vicino a Lussemburgo e Belgio, in una famiglia borghese di cultura ebraica. Viene avviato agli studi di giurisprudenza per continuare l’attività del padre, ma dopo un anno abbandona e si butta nella filosofia. Diventa seguace del pensiero di Hegel, che però rivede. La sua storia in qualche modo corrisponde con quella del movimento operaio internazionale. Spesso viene considerato come il capostipite di una grande stagione di lotte sociali e per il rinnovamento politico degli Stati europei e del mondo; se prendiamo in considerazione la sua figura però ci rendiamo conto che sì è stato l’iniziatore di diversi Marxismi, ma talmente tanti e diversi che Marx finì per dire che lui non era marxista [le sue idee furono sviluppate in tante direzioni diverse]. Marx è però anche un rappresentante della sua epoca, in cui le promesse di emancipazione, libertà, giustizia della rivoluzione francese continuavano ad essere presenti nelle élite intellettuali di tutta Europa; la rivoluzione francese e americana facevano arte del patrimonio culturale delle élite europee e tutti pensavano che questa esperienza rivoluzionaria si sarebbe dovuta tradurre nuovamente in fatti politici dopo il parziale fallimento della rivoluzione francese. Marx è figlio del suo tempo, nel senso che tutti gli intellettuali del suo tempo pensavano che si sarebbe dovuto cambiare il mondo; la grande differenza tra Marx e gli altri che avevano pensieri utopici è il legame stretto con le forme di organizzazione autonoma del movimento operaio. Questo lo deve al suo amico di vita Friedrich Engels, il quale esercita un'influenza importante su M. Era figlio di un industriale tedesco che aveva delle fabbriche in UK, cosa che gli assicurava un certo sostegno economico, infatti sostenne M ogni volta che era in disagio economico. Ma soprattutto E aveva fatto l’esperienza di conoscere il mondo operaio da vicino, attraverso le fabbriche del padre, e questo viene trasmesso a Marx e si crea una consapevolezza non solo della teoria emancipativa di riscatto dell'umanità e degli strati sociali più sfruttati che sta alla base del pensiero di M, ma anche una consapevolezza della necessità di collegarsi politicamente con le organizzazioni del movimento operaio. Questo fa sì che a un certo punto della storia europea, mentre prima c'erano moltissime correnti disparate di pensiero sociale, a una certa il marxismo diventa il principale riferimento del movimento operaio internazionale. Pensiamo solo al Manifesto del Partito Comunista, che è destinato agli operai e che ancora oggi è fondamentali per noi tutti. COS BRO VAI PIANO CAZZ. Per comprendere bene Marx, precisazione biografica: fino al 1848 pensava seriamente che in Europa ci sarebbe stata una rivoluzione (così come tanti altri). Tutti gli scritti fino a quell’anno sono scritti con una forte speranza, una dimensione operativa politica che è spesso riconoscibile in questi scritti. Poi avviene che nel '48 i moti rivoluzionari divampano in tutta Europa: partono in gennaio da Palermo e si diffondono in tutto il continente, soprattutto Parigi. Esperienza imponente che dava anche la misura di quanto fossero fondate le aspettative degli intellettuali del tempo. Il 48 è una cesura fondamentale per il pensiero e la vita di M perché si rende conto che la prospettiva di un mutamento rivoluzionario della società non è una prospettiva all'ordine del giorno, ma qualcosa che lui non farà in tempo a vedere. Già aveva dovuto lasciare la Germania, perché i suoi scritti avevano fatto incazzare la polizia prussiana. Dopo il fallimento del 48 scappa di nuovo da (Belgio o Francia?) a Londra, dove vivrà il resto della sua vita in povertà, dedicato solo allo studio; due figli muoiono di malattia perché erano poveri. Aveva anche sperato di emigrare negli USA; scriveva per alcune riviste socialiste americane, ma non riuscì mai. Muore a Londra nel 1883. Nella seconda fase, M è una persona diversa; quando pubblica il primo volume del Capitale, decide di spedire la prima copia in dono a Charles Darwin. L'evoluzione è al centro del pensiero della seconda fase, come trasformazioni lente e lunghe che porteranno ad un nuovo tipo di società. PRIMA FASE: pregnanza filosofica particolare; influenzato profondamente da Hegel e da Feuerbach. Hegel importante perché M riprende il concetto centrale della dialettica; nel caso di Marx, la dialettica è un tentativo di definire il movimento del pensiero. M aveva un'impostazione idealistica, pensava che in ultima istanza il pensiero 11 fosse la forza motrice della storia. Hegel cercava di darne una rappresentazione con la dialettica (tesi-antitesi- sintesi). Cercare di immaginare la dialettica come uno sforzo di comprendere l'intelligenza e il pensiero nel suo dipanarsi, nel suo svilupparsi. È difficile perché nel momento in cui lo pensiamo siamo già oltre la sua formazione. Il pensiero ci sfugge, è sempre un passo più avanti di quanto possiamo definire. Nel caso della dialettica, forse l'esempio più calzante è l'idea della riflessione: quando riflettiamo su qualcosa, mettiamo in campo un procedimento che Hegel con gli strumenti del suo tempo chiamava “dialettico”. Es. con la psicoanalisi si comprende qualcosa di sé e ci si libera di patologie; tipo persona con fobia, il procedimento terapeutico è una forma i riflessione che viene messa in atto on l’aiuto dello psicanalista. La dialettica in qualche modo aiuta: tesi=io; antitesi=fobia; sintesi=psicanalisi, trovare cause, triggers, si libera del “nodo” e si supera la fobia. La cosa che ci limita viene compreso e ce ne si riappropria. Questo schema dialettico, Feuerbach decide di capovolgerlo: “H ha una concezione idealistica, pensa che lo spirito sia la cosa più importante nel mondo, ma alla base di tutto sta la materia, la nostra corporeità”. Approccio materialistico. F: “noi siamo ciò che mangiamo”, lo dice per sottolineare l'importanza delle cose fisiche nel capire la realtà. M rende proprio questo pensiero ma lo critica e sviluppa. M: “alla base di tutto non sta la materia di F, c'è una cosa ancora precedente: il nostro trasformare il mondo con la nostra attività”. Il punto di partenza con cui comprendere la vita è l’attività economica, quella che ci consente di assicurarsi ciò che è necessario per vivere. L materia di per sé non ci permette di vivere; es. agricoltura, non natura da sola, ma la modifichiamo e modelliamo. Una critica che fa a F per proporre la sua forma di materialismo è l’es. degli alberi di ciliegio che in primavera rendono bello il paesaggio della campagna tedesca. Cosa c'è di più naturale? M: beh i ciliegi sono il risultato di legami commerciali con il Giappone, prima era solo lì e poi sono stati importati. Alla fine ciò che conta è il modo in cui l’uomo lavora e trasforma il mondo: materialismo storico. Riprende la dialettica ma è un tipo diverso; invece che movimento dello spirito, del pensiero, M utilizza la dialettica per spiegare dei processi sociali del mondo lavorativo. Es. attività lavoratore in fabbrica: nel processo produttivo, il lavoratore (tesi) produce delle merci, che sono degli oggetti che il lavoratore trova davanti a sé dopo averli prodotti (antitesi). Questo progetto di oggettivazione (creazione di oggetti) è il risultato di un processo di alienazione: produciamo qualcosa di altro da noi, che sta fuori da noi. H: l'alienazione si può superare con una presa di coscienza “so che l'ho fatto io”. M invece dice che non è sufficiente rendersi conto nel pensiero che l'abbiamo fatto noi; in un'economia capitalistica è vero che i lavoratori producono merci, che fanno loro, la sera rimangono lì e sono altro da loro. | lavoratori devono riuscire a riappropriarsi del prodotto del loro lavoro, ci vuole un cambiamento del modo di produzione capitalistico che fa sì che non sia più il capitalista padrone di ciò che il lavoratore ha prodotto. Materialismo storico: M distingue struttura (ciò che ha a che fare con la vita economica, col nostro modo di assicurarci la sopravvivenza producendo i beni di cui abbiamo bisogno) e sovrastruttura (cultura: letteratura, diritto, arte, religione, scienza, estetica... ciò che non ha a che fare con il mondo della produzione). M: la sovrastruttura DIPENDE dalla struttura; ovvio che sono interdipendenti, ma in ultima analisi è determinante la struttura. “Non è la coscienza a determinare l'essere sociale, ma è l'essere sociale a determinare la coscienza”. Significa che abbiamo certe preferenze, un certo modo di vedere il mondo perché siamo italiani nati nella città x in una determinata classe sociale, ecc. Es. ci piace la pizza perché siamo italiani, non è che la mia coscienza dice “mi piace la pizza, mangiamola”. M dà anche indicazioni sul modo in cui la storia si sviluppa: successione di modi di produzione diversi, cioè come si trasforma la vita economica. 3 fasi: (1) produzione schiavistica (2) produzione feudale (3) produzione capitalistica. In tutte queste fasi, il vero motore della storia è il conflitto di classe: (1) schiavi vs padroni, (2) signori feudali vs servi gleba (3) capitalisti vs proletari (= persone che hanno solo la prole, no altre proprietà e per vivere bisogno di lavorare per i capitalisti). Tensione continua; la storia è fatta di lotte di classe che trasformano il mondo passando per diversi modi di produzione (epoche storiche) (classe sociale in ascesa VS classe dominante in decadenza). Ideologia: M dice occhio a non confonderlo con il concetto di idea. L'ideologia, secondo M (che è l'uso + preciso che si è affermato), è un modo distorto di illustrare il mondo che è funzionale agli interessi della classe dominante. Non significa che sia una cosa del tutto falsa; è di solito un modo di vedere le cose in cui ci sono elementi indubbi di verità, ma anche cose che ci fanno vedere il mondo in modo falsato, nascondendo gli aspetti che possono andare contro l'interesse della classe dominante. M: “uno schiavo negro è un uomo con la pelle nera” è una frase ideologica. Perché? È vero, che c'è di sbagliato? Che quando lo diciamo, diciamo la verità ma 12 tutti i settori dell'economia e ci saranno pochissimi capitalisti con tantissima ricchezza e tutti gli altri in povertà o quasi, in quel momento la classe dei lavoratori (=tutti i on capitalisti) si arriverà ad una situa in cui ci si renderà che questo enorme capitale accumulato dai pochi capitalisti, il frutto del lavoro di generazioni e generazioni di cui si sono appropriati, ci sarà una trasformazione sociale: i lavoratori si accorgeranno che la ricchezza dei pochi è in realtà una ricchezza sociale e ci sarà un rivolgimento sociale e ci si renderà conto che ci si può appropriare di questa ricchezza e si passerà da un società capitalista ad una socialista, in cui i capitalisti verranno espropriati della propria ricchezza che diventerà proprietà dello Stato, quindi di tutti. BOOM, BABY! 22/10/2020 Marx e l'utopia comunista = visione del futuro che M disegna e che fa vedere come l'esito probabile della nostra storia in base alle contraddizioni interne al sistema capitalista che prima o poi dovranno portare ad un suo superamento. Questa concezione utopica, che viene spesso poco considerata, è estremamente importante. La capacità di entusiasmare così tante persone in tutto il mondo (Russia, Cina, Cuba, Africa ? tutti i Paesi europei con un partito comunista...) non deriva dall'analisi sociologica della società, ma da un SOGNO, dalla prospettiva di liberazione ed emancipazione dell'umanità dalle catene millenarie dell’oppressione. Idea di umanità di liberi ed eguali che noi stesi possiamo costruire tramite il nostro agire politico. Quindi [legge della caduta tendenziale ecc. -> monopolio in tutti i campi, ecc. Oxfan ha calcolato che l'1% della popolazione mondiale possiede più ricchezze del restante 99%]. La previsione di M è semplice: quando così poche persone possiedono così tanta ricchezza, è normale che prima o poi il 99% si ribelli. DUH. Secondo M: prima si arriverà ad uno Stato socialista che si approprierà delle ricchezze di sti magnati dell'industria iper mega ricchi, POI si arriverà NECESSARIAMENTE ad una società comunista. Attenzione: distinzione tra i paesi comunisti oggi e quelli vecchi (tipo unione sovietica), quando i partiti che governavano si chiamavano comunisti ma non c'entravano un cazzo con gli ideali veri del comunismo. Per M il comunismo è una società di liberi produttori associati, di persone che lavorano (=danno alla società) in base a quello che hanno la capacità di fare e ottengono dalla società tutto quello di cui hanno bisogno. Sistema che può essere paragonato ad una famiglia (funzionale): se ho fame apro il frigo e mangio, indipendentemente da quanti soldi metto; ciascuno fa la sua parte e ciascuno ottiene ciò di cui ha bisogno. Idea di società senza classi. No more capitalisti, proletari, ma tutti produttori che cooperano per prendersi cura del bene comune. Idea molto bella e nobile, non ha nulla della dimensione autoritaria e dittatoriale che vi si associa solitamente. M diceva che quando si instaurerà la società comunista, l'umanità uscirà dalla sua preistoria fatta di sangue, violenza, oppressione ed entrerà nella sua vera storia. “Col comunismo si esce dal regno della necessità, dove siamo costretti a lavorare/vivere in condizioni che non abbiamo scelto, ed entriamo nello stato della libertà”. E questa società libera è così pacificata che verranno meno anche tutte le istituzioni che sono servite finora a regolare i conflitti: Stato, polizia, denaro. Non saranno più necessari perché saremo tutti una grande famiglia in armonia. Alcune previsioni di M si sono avverate: sempre meno capitalisti e + verso i monopoli, sempre + concentrazione di ricchezza. Non si è avverato: divisione della gente tra pochi straricchi e tanti strapoveri. Why? Aveva sottovalutato la possibilità della politica di compensare queste differenze ed attutire un po' gli effetti del capitalismo. È vero che pochi detengono tanta ricchezza, ma - tranne l'Africa - non è vero che tutti gli altri sono in miseria, grazie ai meccanismi di parziale ridistribuzione della ricchezza: non siamo in una situazione pre-rivoluzionaria. Un altro aspetto non considerato: la funzione di redistribuzione che viene minimamente garantita dagli Stati potrebbe essere rafforzata moltissimo. Es. Stati Uniti, Unione Europea decidono di imporre tasse pesanti sui grandi patrimoni e ci sarebbero moltissimi miliardi che potrebbero essere spesi per migliorare la vita di tutti; così avremmo una società still capitalista, ma non così diseguale. È ciò che hanno fatto i partiti social democratici in Europa nella seconda metà del XX secolo. Nella situa attuale ci sono molto fattori preoccupanti che sembrano dare ragione a M; ora, con la globalizzazione del capitalismo, c'è un rafforzamento del potere del capitale e un indebolimento degli stati democratici; i grandi soggetti capitalisti si sono trovati in grande vantaggio rispetto agli stati, perché possono operare internationally mentre gli stati solo su se stessi. È possibile che questo si corregga nei prossimi anni, perché il sistema globale continua a creare crisi di ogni tipo (economiche, climatiche, sanitarie) che inducono molte perone a pensare che la politica democratica (I cittadini) devono creare istituzioni più forti 15 (es. istituzioni UE, forte soggetto politico europeo) capace di tenere testa ai soggetti economici transnazionali e di imporre loro le loro preferenze. Es. se l’Italia dice “voi non ci pagate le tasse, non vi diamo accesso al mercato” sei tipo ok vabbeh ma se te lo dice l'EUROPE è un'altra storia. DURKHEIM Importante x sociologia, bla bla, uno dei fondatori della disciplina, bla bla. Uno dei due grandi capiscuola della teoria sociale (l’altro è Max Weber). D: per comprendere la società, bisogna partire dalla sua organizzazione funzionale (CORRENTE FUNZIONALISTA / della teoria dei sistemi). Non ha soltanto contribuito a creare una scuola di pensiero, ma anche a forgiare il vocabolario della sociologia. Brevi cenni biografici: figlio di un rabbino. Nasce in Francia Est nel 1858. Tipico rappresentante della cultura francese, figlio della rivoluzione. Dedica tutta la sua vita a comprendere i meccanismi che presiedono all’organizzazione della vita sociale. Contrapposizione: Marx vede nella lotta tra classi il motore della storia, conflitto=elemento vitale di sviluppo della società; D studia il conflitto come un problema, società è un insieme coeso e quando sorgono dei conflitti, rappresentano il problema da analizzare. Quindi: cosa tiene unita la società? D è il primo professore di sociologia. Vive molto a Parigi dove fonda una scuola di sociologia. Era un deciso difensore della democrazia francese. Viene associato con l'affare Dreyfus; a Parigi alcuni uomini di cultura (tra cui D; capeggiati da Zola) mettono in discussione il processo, scrivono articoli, ecc.: si vede in azione x la 1 volta l'influenza dell'opinione pubblica. L'esercito accusa questi intellettuali di essere nemici della nazione e loro scrivono un manifesto e lo pubblicano sul giornale; non erano persone direttamente politiche e decidono di chiamarsi “intellettuali” e il manifesto si chiama “manifesto degli intellettuali”. Anche gli studenti si mettono al sostegno di Dreyfus (manifestazioni, lettere, manifesti...) fastforward: riaperto il processo, beccato il vero colpevole, scagionato Dreyfus. È il trionfo della partecipazione democratica e della forza dell'opinione pubblica. Teoria di D Si distingue per l'approccio funzionalistico (ripreso da Comte): ogni volta che si considera un problema sociale (es. studiamo l'università italiana), il sociologo non deve chiedersi cos'è in sé (es. l’uni), qual è la natura profonda, l'essenza dell'oggetto studiato, ma qual è la sua FUNZIONE. Un corollario importante di questo approccio è che quando consideriamo un'entità come la società, bisogna sempre considerare che un insieme è sempre più della somma delle parti che lo compongono. Anche Hegel ne aveva la chiara consapevolezza; diceva “ci sono persone che non vedono il bosco a causa degli alberi. D era un importante rappresentante della corrente positivistica, che riteneva - sulla scia di Comte - che la sociologia dovesse costituirsi come disciplina scientifica prendendo a modello le discipline positive (modello della fisica). D era un po’ diffidente nei confronti per es. della psicologia, riteneva che non avesse quello statuto di scientificità che deriva dalle scienze naturali. L'operazione scientifica che D porta a termine è quella di dare una risposta scientifica simile a quelle dei grandi scienziati della fisica ad una domanda sociologica, cioè “Cosa tiene unita la società?” / “Come è possibile la società?” Critica del contrattualismo Cosa tiene unita la società? LA MORALE. Risposta approssimativa; rispondere in maniera approfondita sarà il lavoro della vita di D. Concetto importanti: - FATTO SOCIALE: D cerca di articolare un'intuizione di fondo che attraversa tutto il suo pensiero. Le regole, obbligazioni morali che orientano il nostro agire non sono state inventate da noi; sono esterne a noi e tutte insieme creano quel tessuto di legame sociale che spiega il modo in cui la società è tenuta insieme. | fatti sociali sono queste regole che presiedono ai legami sociali. Es. tutte le volte che parliamo usiamo le regole di un linguaggio che esisteva prima di noi ed esisterà dopo, o ogni volta che paghiamo qualcosa usiamo un sistema economico che esisteva prima ed esisterà dopo. | fatti sociali hanno secondo Durkheim due caratteristiche peculiari: (1) esistono indipendentemente da noi; (2) esercitano una forza coercitiva nei nostri confronti, che dipende dal fatto che la non applicazione di queste regole comporta delle sanzioni. Per D i fatti sociali sono l'oggetto della sociologia. 16 - ANOMIA: dal greco “nomos” (“norma”) vuol dire “mancanza di norme condivise” (che normalmente assicurano l’unità della società. È l'opposto della coesione sociale. D si occupa di ciò che tiene insieme la società, ma per farlo deve anche dire cosa mette a dura prova l’unità della società. L'anomia si manifesta quando l’unità della società è messa a repentaglio, quando alcuni ambiti della società non hanno più l’unità che dovrebbero avere. Nel suo libro + importante (“La divisione del lavoro sociale”) prova a definire cosa tiene unita la società. Facciamo una premessa critica: D diventa un famoso studioso sociale perché fa una critica di un approccio contrattualistico molto diffuso all'epoca in UK. Questo approccio ci dice che la società deve essere concepita come il risultato di un contratto: dei singoli si mettono insieme e decidono come organizzare la società. Hobbes (Il leviatano) = in una situa priva di società, tutti gli uomini sono il lotta tra di loro. La vita tra gli uomini era una guerra continua tutti contro tutti; tutti soffrono e tutti sono attanagliati dalla paura: “Homo Homini Lupus”. Ogni uomo per gli altri uomini è un lupo. Per superare questa condizione di guerra e paura continua, H dice gli uomini si mettono d'accordo, stipulano un contratto sociale e decidono di cedere del tutto qualsiasi strumento di difesa (armi, violenza, potere) ad un sovrano (il leviatano). Si tratta di un contratto sociale del tutto diseguale, tutto il potere è nelle mani del sovrano. Qual è il beneficio? Quando il monopolio del potere, dell'esercizio della violenza, ecc. è solo nelle mani del sovrano, tutti i cittadini possono dormire tranquilli. Questa concezione della società viene criticata aspramente da D: come fai a dire che la società è il risultato di un contratto? | singoli non preesistono la società, non sono mai potuti esistere senza la società. Del resto, stipulare un contratto significa attingere ad una risorsa sociale e bisogna avere fiducia nel fatto che ci siano altre istituzioni sociali (tribunale, polizia) che si assicurino che il contratto sia rispettato da tutti. L'Homo Homini Lupis quindi non regge: (1) il lupo è un animale molto sociale; (2) è contraddittoria l’idea di usare un contratto per generare la società, perché la società rende possibile l’esistenza del contratto. D capovolge la posizione contrattualista e sottolinea il fatto che alla base della vita sociale ci deve essere una fiducia, un elemento di coesione di fondo che D chiama SOLIDARIETÀ. La società a solidarietà meccanica Solidarietà per D very important. Scrive “la divisione sociale del lavoro” nella prima fase (giovanile). La solidarietà tiene insieme la società; ma la società non è sempre la stessa, è cambiata nella storia, e per questa nel libro distingue due tipi di solidarietà: MECCANICA e ORGANICA. D riflette sostanzialmente sulla particolarità della società moderna e su come si sia differenziata dalle altre. Nel linguaggio D la distinzione tra società (1) pre- moderne e (2) moderne è presentata nella forma di solidarietà (1) meccanica e (2) organica. Per D è centrale l'aspetto della complessità sociale; la teoria di D dice che le società umane diventano sempre più complesse, e questo comporta anche una trasformazione molto profonda del modo in cui si svolge la vita sociale. Le società a solidarietà meccanica sono in particolare quelle con strutture molto semplici, di scarse dimensioni, in cui esiste una scarsa divisione del lavoro, come nelle società arcaiche. In queste società il legame di solidarietà tra i membri è particolarmente forte; al punto che ciascun singolo concepisce sé stesso solo in funzione della società di cui fa parte. Nelle società a solidarietà meccanica, la vita del singolo è inserita all’interno della vita della comunità e le finalità del singolo sono subordinate alle finalità della società. Poiché il singolo non ha degli spazi di progettazione della sua vita e non esiste una forte individualità, ecco che il singolo pensa a se stesso soltanto in funzione del resto della società. Il singolo non appartiene a se stesso, ma considera se stesso come proprietà della comunità/famiglia di appartenenza. Esso può avere interessi particolari/ perseguire obiettivi personali, ma la sua vita è subordinata agli interessi collettivi della propria comunità. Come se un membro della famiglia fosse pronto a sacrificarsi per il bene della famiglia; questo è perché non si può parlare di una vera e propria individualità in senso moderno nella società a solidarietà meccanica. “i singoli non appartengono a se stessi, ma alle comunità di cui fanno parte”. Tema che emerge: individuo. Per D l'individualizzazione è una tendenza che si sviluppa molto lentamente soltanto in società +complesse (solidarietà organica). L'individuo in senso stretto ancora non esiste nelle società a solidarietà meccanica; esistono dei sinoli che non hanno ancora la dimensione dell’autonomia individuale. Ciascun singolo è una piccola rotellina di un grande ingranaggio che è la società a cui appartiene; e queste rotelle sono tutte uguali e in un certo senso intercambiabili (hence solidarietà “meccanica”). In questo tipo di società, dove c'è una forte coesione sociale, anche le sanzioni, le pene per i comportamenti devianti dono delle pene molto dure; la punizione quando un singolo si comporta in maniera diversa da quanto è prescritto dalla 17 lavorativa che continua anche dopo il pensionamento, mentre gli uomini no e da pensionati si trovano quasi soli, se poi muore anche la moglie ciaone. C) STATO -> discorso un po’ più complesso. Come si individua la capacità dello Stato di legare a sé le persone? Esiste davvero? D ha un'idea geniale: confronta i tassi di un Paese in periodo di pace e in periodo di guerra. Surprise: tassi molto bassi durante la guerra. D dice che quando un Paese è in guerra, c'è una mobilitazione di tutti contro il nemico e anche le persone con minori legami di coesione col resto della società si sentono chiamate a contribuire alla difesa della patria. Tutto ciò ricordiamoci che è 120 anni fa, le guerre erano più frequenti e diverse. Ma qualcosa di simile possiamo trovarlo indirettamente nella nostra esperienza; si potrebbe guardare se ci sono stati cambiamenti nei tassi di suicidio nel periodo di quasi guerra, di mobilitazione generale a NY dopo l'attacco alle Torri Gemelle. Quello che è accaduto dopo è stato molto interessante: NY si è sentita in guerra e c’è stata una mobilitazione straordinaria dei cittadini per aiutare le forze dell'ordine, i vigili del fuoco, le persone in difficoltà, ecc. Potrebbe essere che ci sia un tasso di suicidi minore nel periodo dopo l'attacco. Per noi è un po' diverso, abbiamo una doppia cittadinanza, siamo italiani ed europei (es. passaporto). 2. ALTRUISTICO Molto diverso da quello egoistico. Si tratta di un tipo di suicidio che nelle nostre società è quasi inesistente, ma era + presente nelle società semplici, con un basso tasso di divisione del lavoro (società a solidarietà meccanica, scarsa individualizzazione). Il suicidio altruistico è quello delle persone che sacrificano la propria vita per altre [Salvo da Quisto (?) carabiniere; durante l'occupazione tedesca dei soldati tedeschi furono uccisi dai partigiani e l'esercito tedesco fa un ultimatum: se non salta fuori il colpevole, uccidiamo 10 civili x ogni soldato e Salvo si costituisce anche se non era stato lui]. Suicidio altruistico obbligatorio >® obbligo sociale a suicidarsi. Es: antico Egitto, quando faraone moriva, tutta la servitù di doveva uccidere per seguire il faraone nell'aldilà e servirlo. Società con poca individualizzazione, la persone coincide con la sua funzione sociale [servo del faraone non è servo 8 ore al giorno, è solo servo, nient'altro. Morto il faraone, no more ragione di vivere]. Es 2: guerrieri danesi antichi (pre-romani) che quando invecchiavano consideravano un disonore morire nel proprio letto, allora partivano e andavano a morire. Es 3: eschimesi a una certa si allontanano e muoiono nella neve (?). Why? Tipo di società che non si può permettere di curare tanti anziani, allora si uccidono. Non è del tutto altruistico; sono gli altri che si aspettano che tu lo faccia. Es 4: in India (quando arrivano gli inglesi) quando moriva un uomo, la moglie doveva uccidersi, bruciare insieme alla bara. Qui vediamo che “altruistico” va inteso come obbligo sociale. Questo esempio deriva dal fatto che la vita sociale delle donne è deviata dal marito, allora da sola non ha ragione di esistere. Ancora oggi nella Sicilia centrale (vicino a Enna) quando una donna diventa vedova si chiama una “donna cattiva”, non come malvagia, ma come dal latino “captiva”, “prigioniera” della casa. C'è ancora quest'idea che la vita sociale della donna passa dal marito e senza marito è tagliata fuori. In india gli inglesi non riuscivano ad estirpare la cosa, vietano anche il suicidio delle vedove ma non funziona. Quindi: se il suicidio egoistico succede perché il singolo si sente slegato dalla società, il suicidio altruistico è il contrario, avviene perché il singolo è troppo legato alla società. 3. ANOMICO “Anomia” = mancanza di norme condivise [vedi prima]. Il suicidio anomico risulta quindi da una mancanza o da una scarsità di norme condivise. Per molti versi è simile al suicidio egoistico, ma con un'importante differenza: suicidio egoistico -> persona si trova lontana dalla società (tipo alla deriva); suicidio anomico -> contrario. L'individuo rimane sempre lo stesso, ma la società si trasforma così rapidamente che il singolo non trova + nella società un riscontro. Questo lo mette in una condizione di crisi, si sente un pesce fuor d’acqua, non si riconosce più nel proprio mondo e questo conduce al suicidio. Si verifica quindi quando c'è un cambiamento rapido della società; i più tengono il passo, alcuni no e si trovano spaesati in quello che prima era stato il proprio mondo. Es: crisi economica molto grave e le condizioni si fanno + difficili. Es: sviluppo economico importante, tutti stanno meglio ma alcuni no, non riescono ad adattarsi. Es come si trova a vivere un cinese anziano che ha vissuto questa trasformazione fotonica della Cina degli ultimi 30 anni. Alcune persone sono rimaste legate alla Cina povera, rurale; sono sicuramente in difficoltà, non riconoscono più il Paese in cui hanno formato la propria identità. Es 20 Germania est crolla ed è inglobata nella Germania Ovest; overnight, uno stato non esiste più e diventa un altro. Leggi, tradizioni, cultura diversi. Non tutti sono riusciti a seguire questa transizione facilmente, soprattutto i + anziani. TRE SUICIDI: LEGGERE E STUDIARE PER L'ESAME (pagine sul syllabus) D propone 2 strumenti per creare + coesione sociale e diminuire i suicidi: (1) rafforzare il ruolo dell'educazione; maggior ruolo all'educazione civica, spiegare l’importanza delle istituzioni di una società libera, democratica, con principi di tolleranza e solidarietà, e quanto questo possa far sentire le persone apprezzate dalla società e diminuire le condizioni che portano al suicidio. (2) [secondo il prof palesemente sbagliata - <<anche i grandi geni prendono delle cantonate>>] re istituire le corporazioni, cioè delle forme di aggregazioni medioevali, dove le persone di un certo mestiere si ritrovavano; come delle grandi famiglie di persone che facevano lo stesso lavoro. Ma è sbagliata, le società moderne sono molto più grandi di quelle medioevali, immagina la corporazione dei produttori di automobili. Ci andrebbero insieme l'operaio della catena di montaggio e la famiglia Agnelli; i conflitti sociali sono tali che è impensabile creare una grande famiglia di quelli che producono automobili o cose del genere. Proposta che fu fatta anche dal fascismo nel tentativo di smorzare le lotte di classe, di far credere che i conflitti tra ricchi e poveri, capitalisti e proletari potessero essere risolti considerandosi tutti una grande famiglia. Irrealizzabile. TONNIES Ci spostiamo in Germania, dove si crea (fine ‘800, inizio ‘900 - late rispetto a Fr) una sociologia autonoma che per certi versi si riallaccia al pensiero di Marx, ma è diverso rispetto alla teoria Marxiana. Principale rappresentante: Weber. Ma prima seguiamo i riferimenti del libro a 2 sociologi tedeschi più o meno contemporanei di W che hanno dato un contributo originale e importante alla costruzione di questa tradizione sociologica tedesca. Ferdinand Tonnies: studioso della società, appartiene a questo gruppo dei fondatori della sociologia tedesca. Non può essere considerato un “grande” sociologo, ma viene ricordato per un suo testo: “Comunità e Società”. Concetto di fondo che T introduce: distinzione tra comunità e società. È un modo ancora oggi utile per individuare la differenza tra una società complessa come quella di oggi e le forme di aggregazione pre-moderne, più limitate, meno ampie. T vive in un periodo in cui la Germania si trasforma molto rapidamente; il processo di unificazione della Germania va avanti molto rapidamente ad opera della Prussia. [Germania e Ita “nazioni attardate” perché raggiunto unità tardi rispetto ad altri]. T è un osservatore del processo che porta i piccoli staterelli un po' indietro che erano la Germania, la loro conquista da parte della Prussia e la rapidissima trasformazione della Germania in una grande potenza industriale. T rappresenta questa trasformazione con questa coppia concettuale: (1) comunità = vita in comune di persone che si trovano in un contesto di dimensioni limitate, con scarsi scambi di tipo commerciale con l'esterno; un mondo piccolo, angusto, dove le principali relazioni sono tra persone che si conoscono, con un legame affettivo. Forte condivisione di valori e tradizioni comuni che fanno di questa comunità qualcosa che va quasi nella direzione di un'appartenenza famigliare. Tipo piccoli paesini sperduti in Italia, tipo Morcone alta. Quando invece pensiamo a Italia, Germania, USA, grandi stati contemporanei, si parla di (2) società = rapporti completamente diversi; il legame da persona a persona diventa secondario, i rapporti sono regolati da norme generali, anonime e la stessa vita sociale è anonima, perché si svolge tra persone che svolgono funzioni e che non si conoscono ed entrano in rapporto tra di loro in modi non specifici. Insieme di persone che vivono in orizzonti molto più ampi; sono centrali gli scambi economici; la vita è + impersonale, c'è un dimensione di anonimato che prevale sui rapporti personali. Es. università. Peggio ora con il covid. Però non è che oggi non esistono più comunità; ci sono, anche all'interno di grandi città; un gruppo religioso, o un partito politico o un gruppo di parenti che si vedono regolarmente e sono una comunità. Come l’OMG. Ci sono tanti tipi di comunità, ma il quadro complessivo è quello di un società anonima, con una distanza maggiore tra le persone. SIMMEL Coetaneo di Weber, ma con un percorso diverso. W viene riconosciuto subito come personaggio importante, mentro S viene discriminato perché ebreo. Per tutta la vita non riuscì ad ottenere una cattedra universitaria e solo negli ultimi anni della sua vita ne ottiene una, ma a Strasburgo (territorio tedesco) (fine anni '10) che però era una realtà molto provinciale. S non è un vero classico della sociologia perché non ha una propria teoria ben strutturata 21 da cui resulta una scuola di pensiero (al contrario di Durkheim o Weber). S si accorse e disse che la sua eredità alla sociologia sarebbe stata “in denaro contante”; la differenza rispetto a lasciare terreni o immobili è che quando erediti una casa o un terreno si dice “ah questo prima era il terreno di ciccio”, quando erediti dei soldi nessuno si ricorda “eh quelli erano i soldi di ciccio”. S ha analizzato con molta cura tanti aspetti della vita sociale, ma in maniera non sistematica. Quindi molti di quelli che sono venuti dopo hanno ripreso degli spunti qua e là ma non sono diventati “simmeliani” in senso stretto. Bisogna aggiungere anche una circostanza storica: con l'avvento del nazismo si verifica una catastrofe per la sociologia; essendo una disciplina di analisi critica della società era vista molto negativamente dai nazisti. Questi quindi uccidono i sociologi, tranne i pochi che riescono a scappare in USA. Caduto il regime nazista, in Europa non c’era più la sociologia, non c'erano più suoi rappresentanti. Così la prima generazione di sociologi dopo la guerra che ricostruiscono la disciplina si trovano in una situazione strana; vanno in USA per studiare. Lì, uno dei personaggi più importanti era Parsons, di enorme influenza. Egli aveva diffuso la sociologia negli USA importando il pensiero di D e W. P era un pensatore molto ordinato, speculativo; aveva poca simpatia per S, lo considerava un minore, e ok è un po’ un minore, ma P non lo caga proprio. Così i giovani sociologi post WW2 che vanno in USA, tramite questa scuola di P scoprono W e D, ma non S. Per lungo tempo in Europa c'è una specie di eclissi del pensiero simmeliano, e solo dagli anni ‘70/'80 c'è una lenta riscoperta del suo pensiero. S ha un'impostazione “opposta” a quella di D, che vedeva la società come un insieme di “fatti sociali” che influivano sugli individui (concezione positivista-funzionalista). Per S invece il punto di partenza non sono questi fatti sociali che stanno sopra di noi e influiscono su di noi; S parte dal basso, dal modo in cui le persone agiscono e interagiscono. L'agire (= modo in cui le persone interagiscono tra di loro) è alla base. Pensiero importante: <<wexelvirkum>> (?) = “azione reciproca” o “effetto di reciprocità”. Indica il fatto che noi quando facciamo delle cose, provochiamo tutta una seria di reazioni e siamo a nostra volta influenzati dal modo in cui gli altri reagiscono alle nostre azioni. Es. prof in classe vede tanti comportamenti, gli studenti vedono che il prof vede allora fanno così e allora prof fa cosà, ecc. Secondo S questo è la base della società; la società è un fluire continuo di azioni e controazioni, risposte e controrisposte, ogni cosa che facciamo ha conseguenze di vario tipo di cui magari non ci accorgiamo neanche... un fluire incontrollabile, un pulsare continuo della vita che passa attraverso il nostro agire. Però per S con questo non si esaurisce la vita sociale. Bisogna aggiungere un altro elemento: il <<fergeseschantul>> (???) = “socializzazione” o “diventare sociale” o “sociazione”. Significa che questo fiume di vita che si trasmette nelle azioni non è sempre così imprevedibile, perché in questo fluire continuo ci sono delle azioni che si cristallizzano, che con il passare del tempo si fermano e diventano sempre più una specie di canone usato da tutti. Es. modi di salutarsi, ci sono delle forme canoniche divenute fisse. Si aggiungono al fluire anarchico e confuso della nostra vita perché sono utili; se abbiamo un repertorio di limitato di salutarci è una cristallizzazione di azioni che rende più semplice salutarci, senza dover trovare un modo nuovo ogni volta. Sono due poli della vita sociale: 1 (la base di tutto) in cui tutto fluisce e le nostre azioni sono imprevedibili. L'altro dove le nostre azioni sono prevedibili perché sono strutturate in maniera chiara. S ha anche un'idea secondo la quale c'è una sorta di analogia di fondo tra lo scambio economico mediato dal denaro e l’astrazione di pensiero. È stata anche ripresa da altri, ma ora è consolidatamente sbagliata: il nostro pensiero è una forma di astrazione ma anche il denaro. È un equivalente che ci consente nella sua forma astratta di confrontare cose che sono tra di loro diverse. È vero che il pensiero è astratto, ma non c'è un processo di astrazione dalla realtà come per il denaro. Pensiero = forma sviluppata di pensiero intersoggettivo - wtf. Tema importante nella teoria di S ma meno importante perché non ha retto agli sviluppi scientifici successivi. 29/10 Tema + ricordato: metropoli. Trattato da S in una conferenza pubblicata poi in un libretto “le metropoli e la vita dello spirito”. Fa vedere un aspetto della vita prima trascurato; nella metropoli vediamo condensate tutte le caratteristiche principali della società moderna. Qui si sviluppano in maniera estremamente evidente quelle caratteristiche di vita convulsa, accelerata, così diversa da quella tradizionalmente condotta per secoli prima del capitalismo. S dice che le persone che popolano la metropoli (principalmente le grandi metropoli occidentali, ma soprattutto Berlino, dove viveva) sono caratterizzate dal fatto di avere un atteggiamento nei confronti degli eventi che accadono intorno a loro piuttosto distaccato. S lo chiama “uomo blasé”; atteggiamento di indifferenza; tutti gli stimoli intellettuali, cognitivi, emotivi che lo bombarda sono respinti, tenuti lontani. Why? S dice che l'U B 22 sia difficile che in un Paese ci sia un gruppo di persone che riesce a comandare su tutti gli altri facendo leva solo sulla potenza. Es. Bielorussia, vediamo quanto reggono; Iran. Potere (Herrschaft) -> tipo di organizzazione del dominio politico basato su un certo grado di legittimazione, che vuol dire che la popolazione, bene o male, accetta l'autorità di chi comanda. W individua anche i tipi ideali di legittimazione del potere: - Tradizionale . . LIBRO pag.142 - Carismatico - Razional-legale -> procedure di tipo legislativo basate sulla promulgazione di leggi 25 L’ETICA PROTESTANTE PREMESSA Si cerca di comprendere come è nata la modernità capitalistica e perché sia nata in Europa. In poco tempo l'Europa è gettata avanti anni luce rispetto al resto del mondo. MARX = cerca gli elementi di classe che hanno fatto nascere la società capitalista; ne Il Capitale, libro 1, cap. 24, spiega come in UK (primo paese capitalismo in grande scala) ci siano una serie di fattori basati sul desiderio di ricchezza [...).. WEBER però ha delle aggiunte fondamentali: sì interessi economici illustrati da M innegabili, ma per parlare di una modernità capitalistica che continua a riprodursi nel tempo secondo la modalità capitalistica, abbiamo bisogno di un’altra spiegazione; la cerca nella religione. Si chiede (nel 1904), come mai all’interno dell'Europa ci sono paesi che si sono sviluppati di più capitalisticamente (UK, olanda, paesi nord Europa, Svizzera e solo alcune parti della Germania - e poi USA). Questi paesi sono protestanti (evidenza geografica). In questo testo W usa questo dato solo come punto di partenza, vuole spiegare perché il protestantesimo, nelle sue varie ramificazioni, sembra essere un ingrediente così importante per i paesi più capitalisticamente sviluppati. La teoria è che l'etica protestante (=la condotta di vita che viene richiesta ai credenti dalle varie chiese protestanti) è un tipo di condotta che sembra fatta apposta per facilitare lo sviluppo di un'economia capitalista. È questa “affinità elettiva” (cit. Goethe) che consente al capitalismo di svilupparsi di più. Per spiegare questa tesi, W tira in ballo delle considerazioni teologiche. Quadro storico: Lutero era un monaco che viveva in una cittadina all'estrema periferia dell'Europa, Wittenberg, 50 km a sud di Berlino, al tempo era sperdutissimo. Inizio 1500. L aveva deciso di fare il suo pellegrinaggio a Roma (tutti i monaci dovevano) a piedi. Per L è uno shock, viene da una realtà periferica, rurale. Rimane sconvolto dalla corruzione dilagante della città. Gli appare come una specie di Gomorra, dove domina il denaro e la corruzione e î vertici della chiesa sono parte di questa corruzione. Tornato a Wittenberg, L inizia a scrivere contro la Chiesa. Most hatred: vendita delle indulgenze. Allora scrive le 95 tesi, che sono condannate come eretiche e L viene chiamato a revocare queste tesi, altrimenti sarebbe diventato Fogelfreit (?), ovvero nemico della Chiesa e ogni buon cattolico avrebbe dovuto ucciderlo. WTF. Ma L rivendica la propria posizione, riesce a scappare (non come Giordano Bruno e altri) e si nasconde in un castello della Turingia, dove traduce la bibbia in tedesco e inizia a formare una propria chiesa in PROTESTA a quella cattolica. Non riconosce la struttura gerarchica della chiesa cattolica (no papa). No confessione, no potere del sacerdote di dare l'assoluzione perché peccatore anche lui. Problema teologico: se non c'è più una gerarchia ecclesiastica che mi dica se sono in grazia di Dio o no, o come posso riparare ai miei peccati, si crea una situazione di grande insicurezza e incertezza. E allora come si valuta la propria posizione? Nel dialogo interiore, nel rapporto diretto con Dio tramite la lettura della Bibbia. A W interessa la soluzione trovata dai calvinisti. [Calvino monaco francese stabilito a Ginevra. Calvinismo importante perché si diffonde in fretta in Europa, soprattutto in Scozia, dove diverse correnti si differenziano dal calvinismo (puritani, quaccheri, battisti, anabattisti, ecc.) e questi diventeranno i padri pellegrini che colonizzeranno il Nord America.] = “ha poco senso per noi, esseri insignificanti di fronte a dio, pensare che con le nostre azioni possiamo influenzare la volontà di Dio. Se invece di 2 preghiere ne diciamo 100 o accendiamo un cero, è irrilevante di fronte alla grandezza di Dio.” -> no santi. Dio sapeva già quello che avremmo fatto prima che nascessimo e ci ha già assegnato il nostro destino alla nascita: dottrina della PREDESTINAZIONE. C'è anche l’idea dellOimperscrutabilità del volere di Dio; nessuno può dirci a cosa siamo destinati. Questa dottrina viene presto annacquata. Calvinisti: è vero che è già deciso, è vero che non possiamo saperlo, ma esistono dei segni premonitori che ci possono fare intuire, sperare di essere tra coloro che saranno salvati. Quali sono? “Dio fa ricchi gli uomini che ama”. Si costruisce questa dottrina secondo la quale chi ha fortuna economica probabilmente andrà in paradiso (no certezza). Questa dottrina dei segni è importante perché in un certo senso ribalta le conseguenze della predestinazione, perché se ci fosse solo quella si direbbe “beh se Dio ha già deciso, posso anche essere un assassino, perché ha già deciso” (fatalismo). Così invece i fedeli, nell’ansia di cercare i segni per la speranza di andare un giorno in paradiso, si affannano ad accumulare ricchezza, perché quello era il segno che forse Dio lo voleva in paradiso. W non è molto interessato all'aspetto teologico, ma a quello economico. Nota che l’accumulazione di ricchezza dei protestanti è diversa da quelle di tutte le altre persone con basic bramosia di denaro. Perché la bramosia spinge le persone ad accumulare anche in maniera violenta, ecc. e poi questo denaro la gente se lo gode, lo spende. Nel caso dei protestanti è diverso: accumulare ricchezza deve essere solo per dimostrare di essere 26 persone pie, infatti deve essere fatto in maniera onesta, attraverso il lavoro. Per avere una conferma ancora più plausibile dell’appartenenza alla schiera degli eletti, il protestante deve accumulare e non spendere. Si mette in moto quindi una condotta di vita particolare e di per sé estremamente improbabile; questo è un comportamento ideale per lo sviluppo del capitalismo, perché si crea/accumula il capitale iniziale che viene poi reinvestito. Tutti i buoni calvinisti che adottano una condotta di questo genere e riescono anche a migliorare la propria situazione possono pensare di far parte della schiera degli eletti destinati al paradiso. Così abbiamo un atteggiamento nei confronti del lavoro estremamente positivo, che W chiama “acesi intramondana”, cioè quando una persona dedica tutta sé stessa ad una cosa da fare, che non ha molto a che fare con il benessere materiale o la ricchezza. La figura tipica dell’asceta è tipo San Francesco, un giovane di famiglia ricca con immense possibilità e si spoglia di tutto, rinuncia alla ricchezza e alla famiglia e dedica la sua vita a predicare la parola di Dio. W però lo definirebbe un asceta “extramondano”, perché di ritira dal mondo, non ha lavoro o famiglia, ecc. Nella tradizione cattolica, l'asceta/il santo è sempre povero, mentre per i protestanti è il contrario: dedica tutto sé stesso alla realizzazione di questi segni, ma questo suo sforzo di arricchirsi non è in conflitto con la vita normale. Il buon protestante lavora molto, si forma una famiglia, sta dentro il mondo come tutti gli altri; è un asceta perché produce ricchezza di cui non gode: asceta intramondano. Imprenditore protestante -> funzionale al capitalismo, produce ricchezza che non consuma ma che reinveste Lavoratore protestante -> il suo orgoglio consiste nel svolgere il proprio lavoro nel modo migliore; anche lui è good for capitalismo ® Centralità del lavoro per l'etica protestante “Lavoro” = beruf. W dice che ha la stessa radice di “berufung”, “vocazione” è [pag.134] W dice che anche se la religione non è più così centrale oggi come lo era nel 1500/1600, bisogna dire che il protestantesimo è un po’ diventato un modo di vivere che riguarda un po’ tutti, anche i non protestanti. Questa attenzione ad alcuni aspetti materiali (lavoro, accumulazione del denaro) non valgono più solo per i protestati, ma è diventata una preoccupazione principale un po’ per tutti, è come se fossimo tutti diventati un po’ protestanti. W: “Se questa attenzione per i beni materiali era, per i primi protestanti, una specie di mantello sottile che potevano togliersi in qualunque momento, oggi è diventata una gabbia d'acciaio, dalla quale non si può fuggire” * cura per il denaro = mantello che potevano togliersi perché non gli interessava il denaro in sé, ma il segno che sarebbero andati in paradiso. Oggi, preoccupazione per il denaro forte per tutti, ma senza le motivazioni protestanti, come se fossimo tutti prigionieri della ricerca del denaro, in una specie di prigione mentale di un mondo materialistico che ci impone di vivere soltanto per comprare il frigo nuovo o la camicia con la firma. E così si perdono di vista quelle domande rispetto al senso della vita che erano così importanti per i primi protestanti. Noi siamo più stupidi perché vediamo la nostra vita finalizzata solo all'accumulare denaro e non ci occupiamo di costruire il senso della nostra vita. W cita Nietzsche, dice che siamo come gli “ultimi uomini”, che erano personaggi meschini, che vivevano solo accontentandosi delle briciole della vita, un paio di scarpe in più, ecc. mentre il chiedersi “cosa voglio fare io della mia vita?” e le domande importanti vengono così dimenticate. W dice che arriviamo osì ad una società fatta di “specialisti senza spirito e edonisti senza cuore” (persone specializzate a fare cose ma che non hanno alcuna dimensione morale, oppure persone che pensano solo a godersi la vita, ma non hanno un cuore). Cioè un mondo impoverito in termini materialistici [?]. Considerazioni conclusive sulla teoria di W Pensatore complesso, pieno di stimoli e interessi di varia natura. Muore per la spagnola e lascia a metà molti lavori, difficile ricostruire e comprendere bene il filo, le varie direzioni in cui si muoveva la sua ricerca. Con gli anni, molti studiosi hanno trovato un accordo sulle direttrici di ricerca che W aveva cominciato a sviluppare prima di morire. Il problema che cerca di sviluppare dopo aver scritto “l'etica protestante” è questo: Con l'etica, W illustra una serie di motivi per confermare la sua tesi secondo la quale la modernità capitalistica europea e questa storia così particolare di sviluppo incredibile degli ultimi 500 anni (da quando nasce il protestantesimo) è stata causata anche dal protestantesimo. W col tempo comincia a rendersi conto che questa tesi è insufficiente, va ampliata e completata da altri aspetti -> teoria della razionalizzazione = esplosione di progresso scientifico-economico-tecnologico avvenuta con il protestantesimo in Europa è possibile perché il protestantesimo trova nella cultura europea gli elementi che lo 27 [Piccolo inciso sulla filosofia. Secondo una ricostruzione che dobbiamo soprattutto Herbert Schnedelbach, possiamo suddividere la storia della filosofia in 3 grani fasi: (1) paradigma ontologico. Domina un modo di vedere le cose, implicito e condiviso, un PARADIGMA, che dice che la filosofia, che a quel tempo era l’unico sapere, voleva comprendere il mondo così com'è. Si pensava che il filosofo dovesse e potesse comprendere la realtà come se avesse uno sguardo dall'alto che permette di comprendere tutto, la realtà per quello che effettivamente è. (2) da Cartesio: paradigma gnoseologico /mentalistico. È una critica del paradigma precedente, i filosofi diventano più raffinati e smaliziati; “come possiamo pensare di conoscere il mondo come oggettivamente è?” Prima, dobbiamo chiederci come può il pensiero comprendere la realtà fisica. Il soggetto conoscente si chiede come fa a conoscere il soggetto: concezione razionalistica - tutto viene dal soggetto e l'oggetto è solo uno specie di schermo in cui noi vediamo le cose; concezione empirista - tutti gli stimoli vengono dalla realtà esterna e noi siamo solo dei recettori. (3) paradigma linguistico: dagli inizi del ‘900, la filosofia e le scienze sociali diventano ancora più consapevoli dei propri limiti e si chiedono: è vero il paradigma gnoseologico, il centro della riflessione non è più la realtà oggettuale, ma la mente. Però prima ancora di chiederci come la mente conosce il mondo, dobbiamo chiederci come funziona la comunicazione linguistica, perché essa è la premessa per il pensiero, per l’attività della mente. Es. gli animali non riescono a sviluppare le capacità mentali come noi perché non hanno il linguaggio, o almeno non complesso come il nostro [remember Tomasello, prime lezioni]. Mead è il primo ad avere questa grande intuizione che riguarda la specificità del linguaggio umano. M dice che c'è un errore nel nostro modo tradizionale di concepire la comunicazione intersoggettiva (tra A e B), perché la percepiamo in questo modo: esiste una coscienza A e una B, e A spedisce un messaggio a B, che lo recepisce e risponde mandando un altro messaggio, ecc. M fa notare una cosa importante: questo modello di comunicazione presuppone che ci siano delle coscienze che esistono prima del linguaggio, e questo è sbagliato. Prima di parlare, non abbiamo una vera coscienza, e questo si capisce osservando i neonati. In età prelinguistica, hanno una coscienza come ce l'hanno gli animali (es. bambino con mal di pancia piange come cane con la coda schiacciata). Manca ciò che Mead chiama la coscienza di sé (prima di lui si chiamava “autocoscienza”), cioè io so che sono io che ora sto avendo questo tipo di dolore e mi chiedo perché. Questo è un livello di riflessione e consapevolezza che riusciamo ad acquisire soltanto perché abbiamo il linguaggio; questo non è per M un semplice strumento di comunicazione come i pacchi postali. Nasce in questo modo: immaginiamo una situazione originaria in cui i nostri antenati avevano un tipo di interazione tra di loro rudimentale e non avevano consapevolezza di sé. Cosa succede - e perché - quando compare l'homo sapiens con la sua capacità di parlare? Secondo M probabilmente i nostri antenati, che vivevano in tribù primitive di pre-uomini (o ominidi), nel corso della vita sociale hanno creato dei contenuti linguistici condivisi. Per es. un fulmine incendia un albero e fa un’esclamazione [noi riusciamo ad emettere suoni molto diversi per via delle nostre corde vocali particolarmente sviluppate], che potrebbe quindi essere il suono “fuoco”. Non ha l’idea di “adesso dico fuoco”, ma gli altri vedono che lui emette questo suono nel contesto dell'albero incendiato e condividono questo significato socialmente, si ricordano che quando si è incendiato l'albero quella persona ha emesso il suono “fuoco”. Così nasce il significato condiviso. Sono processi lunghissimi. Quando i primi homo sapiens dispongono di un tot di significati condivisi (es. “corri” o “fame”) nasce un repertorio di suoni con significato condiviso, e questo ha una conseguenza enorme, perché significa che quando una persona all’interno di questo gruppo usa uno di questi termini sa che lui lo usa e gli altri lo ascoltano e gli danno lo stesso significato che gli dà lui. Il linguaggio è quindi lo strumento che fa nascere la società umana, attraverso dei contenuti sociali comuni a tutti. M fa una differenza: due cani che litigano si scambiano degli stimoli che non padroneggiano, fanno cose in base all'istinto; due pugili, invece, può fare per es. una finta, che significa che non solo agisce come gli animali, ma può prevedere come reagirà l’altro pugile. Questo perché il linguaggio ci fa prevedere cosa farà l’altro, es. se dico a qualcuno che è uno stupido, so che avrà una reazione ostile, perché “stupido” ha un significato condiviso. Questo corrisponde a ciò che la tradizione filosofica aveva chiamato “autoriflessione”, senza mai riuscire a spiegarla. Così diventiamo soggetti autocoscienti. Prima di M, la riflessione sulla società partiva sempre dalla premessa che prima ci sono gli individui, con i loro pensieri che poi dovranno trovare il modo di trasmettere in parole ad altri. Con M si capovolge completamente questa concezione; prima esiste la comunicazione, i rapporti, l'interazione, poi da queste nasce - anche attraverso l'acquisizione del linguaggio - l'autocoscienza. | soggetti nascono grazie alla comunicazione. Nella concezione di M 30 quest’intuizione si coniuga con altri elementi [sul libro non sono molto spiegati]. Idea del self, del sé, che coniuga lio e il me [pag.160]. IO = insieme delle cose che facciamo in maniera irriflessa, senza pensarci. ME = risposta che diamo rispetto a tutte le aspettative di comportamento che le altre persone hanno nei nostri confronti. Per es. ci sono delle regole sociali che strutturano e organizzano la nostra vita; il prof che registra una lezione è parte del suo “me”, perché corrisponde ad un'aspettativa di comportamento precisa, di noi studenti nei suoi confronti, come del rettore, degli altri prof, ecc. Parte del self “conformista”. Poi c'è il momento dell’“io”, tipo se in alcuni momenti non gli viene una parola, o gli viene in mente un esempio particolarmente efficace, o tutto ciò che fa parte della categoria dell'imprevisto. Questa distinzione è collegata al fatto che abbiamo un comportamento legato a delle regole implicite che abbiamo costruito con fatica nel corso di migliaia di anni e che dobbiamo soddisfare, altrimenti veniamo considerati negativamente dagli altri. Ma distinzione importante, tra “play” e “game”: PLAY = es. se palleggio con una palla mi diverto a palleggiare, o un neonato che si diverte agitando un gioco con una campanella, o un gatto che gioca con un gomitolo di lana. Viene spontaneo, senza pensarci troppo; attività irriflesse. GAME = gioco sottoposto a regole precise, e nessun gatto o scimpanzé potrebbe farlo, perché le regole le conosciamo solo noi, il nostro linguaggio ci permette di comprenderle. Il “me” è la parte di noi che ci dice che c'è una regola e tutti gli altri si aspettano che tu la conosci e rispetti (parte conformista). Il SELF però funziona in maniera anche autonoma rispetto alle altre persone. Quando sono da solo, so che ci sono dei comportamenti che devo fare, anche se nessuno mi sta guardando. Es. se sono nel deserto da solo e incontro una persona disidratata, le do da bere, anche se non c'è nessuno che mi dice di farlo, è come se ci fossero. Non serve che ci siano gli altri perché io agisca come vogliono loro: “altro generalizzato”, come una forma di controllo. Meccanismo simile al “super io” di Freud. SOCIOLOGIA ITALIANA Inizio ‘900. No sociologi di grande rilievo in Italia; gli unici due portatori di contributo importante sono Pareto e Gramsci. Introduzione sul clima in Italia in cui inizia la riflessione sociologica Particolare attenzione alle teorie delle élite [non Gramsci]: diffuse all’inizio del XX sec, sono delle teorie ciniche che ritengono che la democrazia sia una finzione dietro la quale ci sono dei gruppi di potere che hanno sempre l'ultima parola. Il più vicino a questa teoria è Gaetano Mosca, che sosteneva che delle élite ben organizzate avevano la possibilità di prevalere sulle maggioranze. Un altro teorico di queste élite è Roberto Michels, sociologo italo-tedesco. Dopo un'esperienza nel partito social democratico tedesco si era reso conto che all’interno di una grande organizzazione si formano delle élite, che hanno una loro persistenza e riescono a controllare il partito. Qui élite significa più “oligarchia”, Michels enuncia la legge di ferro dell’oligarchia: c'è sempre una differenza tra gli interessi del gruppo dirigente di una grande organizzazione e gli interessi della base. Alla fine prevale il gruppo dirigente, anche se di numero inferiore. La differenza è che chi sta nella base ha una presenza inferiore, perché non è quella la loro vita, mentre per i gruppi dirigenti è la vita. Fanno di tutto per perpetuare la loro posizione di potere ed ecco che si creano le differenze di esigenze. Es. in Italia è facile vedere scissioni in piccoli partiti, ma è difficile riunirli, perché anche se gli elettori di questi sarebbero d'accordo, tutti i piccoli gruppi dirigenti dei parti dovrebbero scendere a compromessi. Da questo Michels perde la speranza nella democrazia, tanto che si avvicina anche al fascismo. Ci sono però dei modi di contrastare questa cosa, es. elezioni primarie. Più significativo del gruppo: PARETO Era un importante economista, ma poi ritiene di dover cercare qualcosa di più completo per capire i comportamenti delle persone. L'economia si basa sull'idea che le persone si muovono nella società seguendo i propri interessi economici in modo razionale. P si convince che alla base della nostra vita ci sono invece delle spinte irrazionali. Cerca di generare una teoria sociologica generale che ci dica quali sono le costanti del comportamento umano in ogni luogo e in ogni tempo di tipo irrazionale. Per farlo, adotta un procedimento “ad esclusione”: va a vedere tutti i comportamenti e gli aspetti della vita sociale riconducibili ad una tradizione, ad un 31 luogo, ad una collocazione culturale. Tutto ciò che è dipendente da un certo luogo o tempo (e che quindi cambia, è transitorio) è eliminato. Alla fine rimane ciò che P chiama “residui”, che però non sono cose secondarie. Sono importantissimi, perché è ciò che non cambiano nel tempo, sono le cose fisse, i comportamenti irrazionali, emotivi che troviamo in tutte le società, in tutti i luoghi e in tutti i tempi. Sono di 6 tipi: istinto alla combinazione, persistenza deli aggregati (gruppi), bisogno di manifestare i propri sentimenti, socialità, difesa dell’integrità della propria persona, sessualità [pag.165]. a partire da questi, si creano delle costruzioni più razionali, le “derivazioni”, cioè le grandi costruzioni dell’uomo (es. di tipo ideologico) in cui l'uomo ritiene di darsi delle spiegazioni di tipo razionale del mondo. Queste derivazioni sono elementi che possono perdurare nel tempo anche a lungo, come il cristianesimo, o l'ideologia marxista. Però sono cose che nascono e muoiono, fanno parte della storia e variano, non persistono in ogni tempo e luogo come i residui. P sviluppa poi una concezione della politica elitaria: dietro la facciata della democrazia ci sono dei gruppi di potere che come dei burattinai controllano un po’ la vita politica di ogni paese; ci sono i “leoni”, conservatori, hanno molta forza e sono spesso al potere, ma sono un po’ stupidi e si trovano in difficoltà davanti alle sfide o alle innovazioni, e allora subentrano le “volpi”, capaci di affrontare le innovazioni, intelligenti, furbe, per noi sarebbero i gruppi di élite di sinistra, ma sono deboli e alla lunga non reggono. È una concezione un po’ troppo basata sull'idea che alla fine conta solo il potere e le idee in fondo contano poco. Questa è la sostanza di quest'idea piuttosto riduttiva della vita politica e sociale che hanno questi teorici italiani delle élite. Non è un caso che questo quadro teorico si sviluppa in una fase in cui in Italia si afferma il fascismo, dittatura che ha comportato anche l'uccisione o incarcerazione degli opponenti politici, censura, smantellamento del sistema democratico e dei sindacati, abbassamento dei salari, accrescimento del potere dei capitalismo, sviluppo di un'economia orientata alla guerra, e poi la seconda guerra mondiale. Si chiude così la fase del pensiero delle élite. GRAMSCI Di per sé non è un sociologo in tempo stretto, è stato soprattutto un uomo politico, dirigente del partito socialista; nel 1921 dopo la scissione è stato uno dei fondatori del partito comunista italiano e del giornale del pc “l’unità”. Fu incarcerato causa dalla dittatura fascista e, impossibilitato a fare politica, si dedica agli studi (ciò che era autorizzato a studiare, obv non il marxismo). | fascisti però sono stupidi, bastava non comparisse il nome di Marx nel titolo e facevano passare i libri; quindi poteva leggere Hegel e le fonti del marxismo, insomma. G riesce a sviluppare un tipo di teoria che rimane marxista, ma in maniera innovativa, non dogmatica, perché attinge a testi non direttamente riconducibili al marxismo. G è marxista, ma attribuisce particolare importanza alla cultura; un po' come Weber, corregge il discorso di Marx cercando di evidenziare l’importanza di altri fattori, soprattutto culturali. | “Quaderni dal carcere”, dove prendeva gli appunti, sono stati pubblicati postumi e sono un'opera di straordinaria potenza analitica. Ancora oggi, G è uno tra gli autori italiani + citati a livello internazionale, soprattutto per il concetto di “egemonia”. Nel libro ci sono 3 concetti importanti [vedi libro]: - Fordismo [pag.170] - Società civile [pag.172] - Egemonia culturale [pag. 171] Con G si chiude il capitolo del pensiero sociologico italiano del XX sec. Ora ci sarebbe il capitolo su Vienna, con Freud e Mannheim, ma noi lo balziamo e lo studiamo per conto nostro. Yeeeeeeeee!!! SCUOLA DI FRANCOFORTE - pag.191 Luogo di riflessione sociologica così importante da rappresentare l'esempio di ricerca sociologica più noto e influente del XX sec (escludendo Weber e Durkheim i primi anni). = istituto per la ricerca sociale, indipendente dall'università, fondato nel 1923. Perché nasce? Nella Germania della prima metà del XX sec c'era forte antisemitismo che, prima di sfociare nel regime nazista e lo sterminio sistematico degli ebrei, faceva sì che studiosi - anche brillanti - ebrei fossero tenuti fuori dai canali ufficiali delle università (es. Simmel, Freud...). Seguendo un'intuizione di Horkheimer, il gruppo doveva presentarsi come gruppo di studio interdisciplinare; H sapeva che la ricerca di teoria della società come quella di Marx non si fermava nei confini di una disciplina (infatti Marx era filosofo, sociologo, ecc.). H & friends la chiamavano “teoria critica” perché voleva criticare il capitalismo 32 tutti i mali, di tutte le disgrazie della società. È comodo, piuttosto che cercare la complessità della vita sociale o prendersela con quelli che sono veramente potenti. Oggi, in Europa il capro espiatorio per eccellenza sono i profughi, gli immigrati; oggi, in Italia arrivano 10/30 mila all'anno, una percentuale irrisoria rispetto alle dimensioni di un Paese come il nostro, e quello che rappresentano in termini di spese è meno che briciole. Ma il profugo diventa la causa di tutti i mali: corruzione, inefficienze, diseguaglianze, ingiustizie che ci attanagliano da tanto tempo diventano tutte colpa dei profughi. Il capro espiatorio è usato da un leader politico come Hitler per canalizzare tutte le frustrazioni contro il gruppo più indifeso. Ma i francofortesi si chiedono, perché la classe operaia che si è trovata i sindacati chiusi e i salari diminuiti, invece di prendersela con Hitler e Mussolini se la prende con gli ebrei o gli stranieri? Qui c'è un tentativo di spiegazione interessante di A e H: il capo politico che le persone in condizioni di classe inferiori si rendono conto essere un nemico, se appare come un capo politico estremamente potente, contro il quale non è possibile lottare perché sicuramente si perderà, si attiva il meccanismo psicologico/psicanalitico di identificazione con l'aggressore; si comincia a pensare che forse è così per il bene di tutti, forse non è così cattivo come sembra. Si verifica quindi il sollievo un po' illusorio di identificarsi con la figura di questa persona super potente e quindi di godere di riflesso dei suoi successi. Quindi con il dittatore che mi fa vivere peggio, ma poi vince la guerra, io che mi identifico con lui godo di riflesso di questa sua forza e immagine di potenza. Sulla base di questo, sviluppano la teoria della PERSONALITÀ AUTORITARIA. Non è una personalità forte, ma la personalità debole, che si sente tanto debole da doversi affidare al potere del dittatore di turno; che viene attratta dal fascino della forza altrui e che si identifica con questa forza del dittatore o del politico populista perché in questo modo ha un riflesso indiretto di gratificazione. E quando il dittatore o il populista gli dice che tutti i mali del mondo sono colpa degli ebrei o degli immigrati, lui si sente autorizzato a prendersela con loro e riesce anche a scaricare questa aggressività repressa che viene dalla sua condizione subordinata nella vita di tutti i giorni. È una persona debole con i forti e forte con i deboli, È una chiave di lettura delle dinamiche della politica che va ben oltre la teoria di Marx. Spiegano per quale motivo il discorso di Marx che diceva che le persone sfruttate si ribelleranno ai padroni non ha funzionato, ma anzi si ritrovano a sostenere i loro oppressori. - Ripresa e critica della teoria di Weber e soprattutto razionalizzazione, che rappresenta la sfida principale mossa al marxismo [pag.198] Nel 1943, quando sotto questo shock delle notizie dell'Olocausto che venivano dall'Europa A e H scrivono La dialettica dell'Illuminismo, c'è una svolta nel loro pensiero. Se prima avevamo ancora un modello di teoria critica che cercava di riformare l'impianto complessivo della teoria di Marx, rendendolo più raffinato alla luce delle conoscenze scientifiche del tempo e grazie ad una collaborazione interdisciplinare aveva ancora quest'idea di analisi critica della società ma basata su studi di natura empirica; con La Dialettica dell'Illuminismo si verifica una svolta profonda, perché corrisponde con una presa di distanza dagli studi sociologici, empirici, dall'analisi di singoli aspetti della vita sociale. Ci si stacca da questa dimensione di studio empirico e ci si dedica ad una ricostruzione sostanzialmente filosofica dell'intero percorso della storia dell'umanità; in un certo senso, seguono più il percorso weberiano di ricerca di una storia di sviluppo della razionalità. E non si tratta di uno sviluppo che porta ad una sempre maggiore razionalità, il problema è che nella versione di A e H gli aspetti critici, di analisi spietata del dramma dello sviluppo della razionalità vengono illustrati in maniera molto efficace. Questo libro viene pubblicato per la 1 volta con ritardo dopo la guerra nel 1947 da un editore olandese perché la Germania è distrutta ma ancora in mano ad una gerarchia accademica complice del nazismo and it's DA BOMB. Influenza in maniera profondissima non solo la sociologia e la filosofia dell'epoca, ma l’intera cultura europea dei primi decenni del dopoguerra. Diventa la bussola di moltissimi intellettuali di quegli anni. Nel libro c'è la ripresa di una distinzione tra ragione e intelletto, nota nella tradizione filosofica tedesca, dove l'intelletto è l’attività calcolatrice, mentre la ragione è una facoltà più ampia, non si tratta solo di saper calcolare bene mezzi e fini come nel caso dell'intelletto, ma anche di riuscire a sviluppare delle visioni del bene, del giuso e dell’ingiusto, di questioni anche di natura morale. Nel caso della Dialettica vediamo come l'intelletto, la facoltà calcolatrice, si sviluppa sempre di più. Col passare dei secoli, la nostra capacità di calcolo prende il sopravvento sopra ogni altra cosa. Il problema è che questa capacità razionale secondo A e H nasce ai primordi dell'umanità come un tentativo di reagire alla paura che i nostri antenati avevano nei confronti degli elementi della natura, delle forze che dominavano la loro natura, le loro paure; di fronte a tutto questo, nei secoli si sviluppa una 35 razionalità che A e H chiamano “razionalità del dominio”, cioè nata per liberare l'uomo dalla paura e renderlo padrone del mondo. Il problema è che nel momento in cui sviluppiamo sempre più la capacità di dominare il mondo, di assoggettarlo a noi, ci rendiamo conto che, alla fine, questa razionalità tecnico-scientifica, che viene chiamata razionalità dell'intelletto (Weber direbbe dell'agire razionale rispetto allo scopo) ci sfugge di mano. A e H riprendono agire oggettivo e soggettivo di Simmel, la cosa dell’apprendista stregone che mette in moto dei processi che non riesce a controllare e lo rielaborano nella forma di una razionalità che, nel momento in cui si autonomizza, finisce col dominare non solo la natura esterna, ma anche l'uomo stesso. Passaggio fondamentale di A e Hi: l'uomo, in fondo, è anch'esso una parte della natura. Nel momento in cui rimane solo la nostra razionalità, che non è più ragione (che era anche la capacità di esercitare la critica, di distinguere il giusto dall’ingiusto), ci rendiamo conto che anche noi risultiamo dominati da questa ragione, perché anche noi siamo natura, “natura interna”. Alla fine di questo processo ci troviamo a vivere in un mondo completamente illuminato dal sapere e dalle conoscenze (“illuminismo” nel titolo non riguarda tanto il periodo storico, ma è una traduzione infelice di “Aufklerung” (?), “conoscenza tramite l'intelletto”, il mondo non ha più segreti per noi; attraverso il sapere abbiamo eliminato tutte le tenebre, le mancanze di conoscenze che avevano i nostri antenati. Il mondo è ai nostri piedi, controllato dalla razionalità del dominio); ma questa luce è sinistra, inquietante, perché finisce col controllare anche noi stessi. CONTENUTO - gran parte della fortuna di questo libro consiste nel fatto che la tesi weberiana della razionalizzazione viene presentata nella forma di un racconto; H e A prendono in mano un testo fondamentale della cultura occidentale, l'Odissea, e ne riprendono in mano i vari episodi, presentandola come una metafora della storia dell’uomo. Ulisse non è un guerriero particolarmente forte, la sua caratteristica è l'astuzia; e questa è l'intelletto, l'agire razionale rispetto allo scopo. Ulisse è presentato come l'eroe di questo tipo di razionalità che si afferma nella storia dell'umanità e nel viaggio di Ulisse le tappe rappresentano le tappe del processo di civilizzazione dell'uomo. Es. Tappa dei Lotofagi (???): fase dei cacciatori-raccoglitori, in cui c'era di tutto disponibile subito. Era una fase con molti limiti, il progresso umano era molto lento, e per questo U lascia i lotofagi e va avanti. Questo carattere contraddittorio e autodistruttivo del processo di razionalizzazione si mostra nella maniera più evidente attraverso un'interpretazione geniale dell'episodio in cui Ulisse deve attraversare lo stretto di Messina, passando tra gli cogli di Scilla (Calabria) e Cariddi (Sicilia). Nella loro interpretazione, le sirene rappresentano il richiamo struggente della natura, della dimensione sensuale della vita, delle pulsioni, della dimensione emotiva che sta alla base della nostra vita. Ulisse, con la sua astuzia, rappresenta l'intelletto che si impone contro la dimensione della natura. Ma qui Ulisse riesce a sopravvivere a questi pericoli della natura, ma il prezzo che deve pagare per farlo è di dover reprimere la sua dimensione sensuale, emotiva (che lo spingerebbe a correre verso le Sirene). Qui Ulisse incarna tutta la storia della Dialettica Dell’Illuminismo; incarna il modo in cui si afferma una razionalità che finisce con il dominare il mondo, ci allontana dai pericoli della natura, ma nello stesso momento reprime la nostra dimensione “creaturiale”. Il nostro trionfo come genere umano passa attraverso la repressione della nostra natura interna. C'è da fare una distinzione tra Ulisse e i suoi marinai: Ulisse si trova nella posizione privilegiata, come capitano, di poter almeno sentire questo richiamo irresistibile delle sirene. Il richiamo della natura senza diventare vittima della natura è interpretato da H e A come una metafora dell’arte. Cioè quella cosa che ci avvicina alla dimensione pulsionale e repressa della nostra vita e ci consente di accostarci ad essa essere troppo minacciati da essa. | suoi marinai si trovano invece in un alta situazione: rappresentano la classe oppressa, coloro che non possono neanche godersi in questa maniera il canto delle sirene. Con le orecchie tappate, devono solo pensare a remare, a lavorare, senza nemmeno questa gratificazione indiretta di Ulisse. Dopo la Dialettica, la scuola cambia. L'ottimismo, l’idea di riprendere la prospettiva utopica di Marx si spostano in un terreno lontano dalla realizzabilità politica. Ora, vediamo pervenire la scuola di Francoforte ad un atteggiamento di sostanziale rassegnazione nei confronti delle dinamiche autodistruttive del mondo. L'idea che la ragione nasce per emancipare l’uomo dalla paura e poi alla fine nella fase di più alta realizzazione di questa ragione divenuta ormai solo razionalizzazione, solo puro calcolo, diventa uno strumento di dominio esterno E interno, finisce con il rendere meno credibile l'orizzonte utopico, la fiducia in un futuro migliore tipici di Marx. I francofortesi continuano a considerare critico il loro ruolo, perché il loro sforzo è di continuare a individuare quali sono gli elementi di dominio e di potere insiti nella vita della società contemporanea. Questa critica diventa 36 estremamente faticosa e priva di un approdo credibile, perché nel momento in cui l’intera ragione viene soppiantata dall’intelletto e tutta la razionalità diventa razionalità del dominio, ecco che qualsiasi tipo di attività razionale, anche quella di critica che svolgono gli stessi francofortesi, non può che avere anche una dimensione di dominio. È quindi una posizione contraddittoria, aporetica, per cui il teorico cerca di criticare la società, ma nel momento in cui cerca di formulare la critica, essa stessa, in quanto razionale, riproduce anche una dimensione di dominio. Quindi la prospettiva di una società migliore da costruire, il progetto di un socialismo in cui l’uomo possa vivere in giustizia e libertà si allontanano di molto. La tensione di fondo tra classe operaia e capitalisti si allarga in una dimensione più ampia: lo scontro ora è tra razionalità tecnico-scientifica orientata al dominio vs la natura (esterna e interna a noi) dominata. In questa nuova contrapposizione di fondo si perde lo spazio per una prospettiva utopica come quella di Marx; la tensione di fondo è costante, irrisolvibile. Questo conflitto trova una possibile e indiretta via d'uscita, nel pensiero di Adorno, non più nella forza e nel ruolo del proletariato come soggetto della rivoluzione, ma nell'arte, che è un modo per avvicinarsi alla natura senza farle quella violenza che viene da un approccio razionale (=di dominio). Questo modo di concepire una sorta di emancipazione estetica è molto meno sviluppata e attraente rispetto a quella che offriva il pensiero di Marx. A e H nel dopoguerra diventano gli esponenti di questa intelligenza proveniente dalla tradizione marxista che però si trova confrontata con una teoria aporetica e disperata. Disperazione intellettuale, legata al fatto che la prospettiva utopica di Marx viene meno. Ci sono dei motivi anche più profondi in questa critica a Marx; nella sua visione, la società socialista / comunista avrebbe sviluppato ancora di più le capacità produttive, e avrebbe quindi sviluppato ancora di più la razionalità. Ma se, per Marx, razionalità e forze produttive erano sinonimi di progresso ed emancipazione degli uomini, per A e H sono dei concetti legati inevitabilmente alla dimensione del dominio. Il messaggio conclusivo dei teorici francofortesi è quindi un continuo pungolo di critica dell'esistente, senza però poter offrire una vera prospettiva di emancipazione e senza nemmeno sapere chi possa fare propria quest'idea di un'emancipazione legata a un rapporto non di dominio nei confronti della natura. Per questo, in un suo scritto, A definisce la sua teoria critica come una messaggio in una bottiglia; l'immagine è quella dei teorici critici come dei naufraghi della civiltà. Dopo la seconda guerra mondiale, l'Olocausto, la distruzione dell'Europa nel baratro del nazismo, il fallimento dell'esperienza sovietica che finisce in una dittatura sanguinaria, dopo anche il modello americano di asservimento dell’uomo alle esigenze del capitale, A e H vedono il processo di sviluppo della storia dell'uomo come una grande storia regressiva. Per questo i francofortesi si considerano dei superstiti di questa umanità che ha naufragato e, dalla loro isola deserta, scrivono questa teoria come un messaggio nella teoria che affidano al mare, senza sapere se mai qualcuno la leggerà o potrà farne uso. Pessimismo much, uh? Da questa sorta di vicolo cieco teorico, disperazione intellettuale, la scuola di Francoforte tenterà di uscire nella seconda generazione, con il pensiero di Jurgen Habermas. > È ancora vivo e considerato da molti il più importante sociologo in vita. In un certo senso si sottrae a questo vicolo cieco contestando, con una ricerca molto approfondita basata su considerazioni filosofiche, ricerche, ecc., l'idea di fondo su cui si basa la Dialettica dell'illuminismo (che razionalità e dominio siano due facce dello stesso fenomeno e che quindi il pensiero sia inevitabilmente legato al dominio), sulla base di una svolta linguistica che riprende molto elementi della riflessione di Mead. Habermas dimostra che il linguaggio è la base della razionalità, di una razionalità che non è affatto basata sul dominio. La comunicazione linguistica è anzi una forma di intersoggettività in cui l'elemento fondamentale è la ricerca della comprensione reciproca. Ci sono naturalmente anche nel linguaggio elementi conflittuali, ma la funzione fondamentale dal punto di vista antropologico è prima di tutto quella di comprendersi, di intendersi. Questo compito non è equiparabile all'idea di razionalità / pensiero che coincide con il dominio. Da qui, Habermas riapre l'orizzonte utopico marxista che era stato chiuso dai francofortesi e cerca di riproporre dei percorsi di emancipazione dell'umanità vicini a quelli di Marx; per Habermas però non c'è tanto l’idea di superamento del capitalismo ecc., perché dice che non si può dire come sarà il futuro. Trova soltanto un metodo: l'emancipazione dell'umanità passa necessariamente attraverso una sempre maggiore democratizzazione della vita sociale e politica. La democrazia è lo strumento con cui le persone, comunicando e parlando, si scambiano delle informazioni, lottano per posizioni politiche diverse e alla fine vengono fuori delle proposte o soluzioni che possono portare a dei progressi, ad una vita più umana, dignitosa, emancipata rispetto al passato. Le conquiste legate alle lotte del movimento operaio, lo 37 dell’uomo. Siamo gli unici animali normativi, senza non potremmo sviluppare una società complessa come la nostra). Parsons sviluppa tutta una serie di intuizioni, di motivi teorici che troviamo nella tradizione del pragmatismo americano e in particolare in Mead, come il discorso sulla normatività prosegue quello di Mead sulla differenza tra “game” e “play”. P ha poi un suo schema della società in cui dice che la società è composta di persone, di un sistema sociale e di una dimensione culturale. In questo modo, noi disponiamo degli elementi che secondo P sono necessari perché possa funzionare, aver luogo la vita sociale. P_ha una forte pretesa di elaborazione teorica della sociologia, paragonabile a Durkheim e Weber per quanto riguarda la densità e l'importanza del suo lavoro teorico, e si chiede, rifacendosi anche alla teoria di Pareto, quali siano le funzioni generali indispensabili che devono essere soddisfatte necessariamente da tutte le società, in tutti i luoghi e in tutti i tempi (pretesa simile a quella dei residui paretiani). Ne individua 4, riassunte dalla parola AGIL (pag.222): - Adattamento all'ambiente esterno -> gli uomini per poter vivere hanno bisogno di lavorare (coltivare la terra, costruire oggetti, ecc.), cioè trasformare il mondo per assicurarsi la propria sopravvivenza (noi la chiamiamo economia). - Goal (obiettivo, fine) -> ogni società si deve dare degli obiettivi condivisi, collettivi; cioè la politica. Gli uomini che vivono in società cercano di convincersi, trascinarsi, ecc. per delle finalità che sono collettive, politiche. - Integrazione sociale -> religione, diritto, cultura sono ambiti necessari per conservare l’unità della società (vedi Durkheim). - Conservazione di modelli (/schemi) di comportamento Latenti (=non consapevoli): modi di fare che impariamo nella nostra infanzia da chi ci sta intorno nei processi di socializzazione primaria, non studiandole, ma grazie all’imitazione. Queste 4 funzioni insieme sono il minimo indispensabile perché si possa parlare di società che si riproducono, che continuano ad esistere, a vivere negli anni senza distruggersi. P non è solo un teorico della società in generale, ma anche uno studioso della modernità; come tutti i grandi sociologi, si occupa del problema di come si sia sviluppata una società moderna, ma lo fa a modo suo con delle sue modalità. Lez. 10 Altra cosa importante di P: come studia la famiglia. Nella sua concezione ha un ruolo importante la psicanalisi. P riprende dal modello freudiano del super-io l'idea che la famiglia sia un'agenzia di interiorizzazione delle norme sociali, cioè la funzione della famiglia, come un sottosistema del sistema società è di fare in modo che le norme sociali, attraverso il comportamento e la vita dei bambini con i genitori, siano trasmesse alle nuove generazioni. Socializzazione significa quindi trasmissione implicita di modelli e norme di comportamento attraverso il processo di educazione dei bambini. Questo ruolo della famiglia (educazione dei bambini) è abbastanza generalizzabile, lo troviamo praticamente in tutte le società, ma le modalità sono molto diverse, perché nelle società pre-moderna la famiglia aveva una funzione economica importante ed era una unità produttiva (agricoltura, attività artigianali di famiglia); era anche il principale se non unico sistema di assistenza sociale. Con le società moderna cambia il quadro: molte funzioni vengono fatte proprie dalla società, le donne lavorano e non sono più dipendenti economicamente dai mariti, alcune forme di aiuto vengono dallo stato e non più dalla famiglia (sussidio, sistema sanitario, ecc.), così la famiglia si specializza in una cosa sola: il compito di essere il luogo in cui si manifestano gli affetti. Questo corrisponde anche al luogo in cui si trasmettono le norme, in cui si socializzano le persone attraverso questi rapporti affettivi. Si afferma quindi la società NUCLEARE, non più composta da tante persone che vivono in un casolare, ma da piccola famiglia della città moderna in cui vivono padre, madre e figli (in un numero limitato). In questa piccola famiglia, i genitori hanno ruoli ben definiti: il padre è il leader economico e la madre è la leader espressiva. P è uno fra i primi a notare che nella famiglia americana degli anni '50 e poi in tutto il mondo occidentale si afferma una forte tendenza alla psicologizzazione dei rapporti; se un bambino si comporta male, non si prende a mazzate, ma ci si parla e si prova a capire cosa non va. Variabili strutturali - quando P parla delle modalità in cui le società si modernizzano, ritiene che in questo percorso ci siano dei passaggi obbligati, dei bivi che si pongono in maniera simile a tutte le società e possono portare ad un tipo di modernità piuttosto che ad un altro. Queste alternative che si pongono sono (pag. 226): particolarismo vs universalismo, diffusione vs specificità, ascrizione vs acquisizione, affettività vs neutralità affettiva, orientamenti agli interessi collettivi vs orientamento agli interessi privati. Sociologia fenomenologica - ALFRED SCHUTZ [pag. 245] 40 Sociologo tedesco che per motivi politici è costretto durante il nazismo a lasciare la Germania e a trasferirsi in USA, dove sviluppa il proprio approccio sociologico, che può essere considerato una sintesi tra Epmund Husser (???) e Max Weber. Alla base di questa sintesi c'è una nozione del mondo della vita: è una realtà che per noi rappresenta qualcosa di sostanzialmente ignoto che noi conosciamo soltanto un po’ alla volta, ma che non posiamo mai esaurire nella sua incredibile varietà. È un'idea ragionevole: quanto infinite sono le cose del mondo che potremmo sapere e non sapremo mai; le discipline ecc., ma anche i saperi impliciti che non ci renderemo mai neanche conto di sapere (es. se apro una porta qualsiasi ho la certezza che dietro di essa non ci sia un burrone di 50m, ma che continui il pavimento), che non sappiamo di sapere, ma che applichiamo continuamente. Di volta in volta, quando voglio conoscere questo mondo di conoscenze implicite, lo faccio sempre da un punto di vista particolare, che significa che Non sto nel mondo semplicemente; proprio perché conosco il mondo sempre da un certo punto di vista, in un certo senso me lo costruisco sulla base degli schemi conoscitivi che utilizzo per tirar fuori una parte di quelle infinite cose che stanno nel mondo. [<- parte fenomenologica che riguarda Husser (???). Weber ->] l'operazione fondamentale di S è di riprendere il concetto di “tipo ideale”; S sostiene che l'operazione di “tipizzare” non la fa soltanto il sociologo, ma ciascuno di noi opera delle tipizzazioni nella nostra vita. Questo significa che ci sono delle sequenze di comportamenti tipiche, che succedono sempre: es. se vado al bar e prendo un caffè, non è che mi chiedo cosa devo fare ora, come mi devo comportare davanti a questo che mi dà il caffè; so che si prende il caffè, si paga e si va via, o a volte il contrario. Questo è un grande sollievo per noi, perché significa che non dobbiamo ogni volta stare a riflettere su cosa è giusto fare. S mette in risalto questo aspetto del sapere implicito; si svolge prevalentemente nella vita quotidiana, nelle piccole azioni di tutti i giorni, con cui noi alleggeriamo la nostra vita dando tutta una serie di cose per scontate, perché sappiamo già che funzionano in un certo modo. La vita quotidiana procede in maniera “oleata”, senza intoppi, perché sappiamo già cos'è. Che questo non sia una cosa scontata lo osserviamo dal comportamento degli stranieri; non sanno come ci si muove all'interno di una certa realtà; ci sono differenze tra le società, e sono sottili, però ci fanno capire che non si può dare tutto per scontato. Lo straniero ci aiuta a capire quanto le nostre azioni siano costruite, tutti questi modi di comportarsi che a noi sembrano ovvi e che invece sono delle costruzioni sociali, cose che con il passare del tempo abbiamo reso routine e date per scontate, anche se in realtà non lo sono. MERTON [pag.234] Era un allievo di Parsons e ne riprende il parte la posizione; viene ricordato perché contribuisce a ridimensionare la pretesa teorica della sociologia. M dice che ci sono sociologi convinti di dire cose importanti ma non sono tanto sicuri che siano vere e ci sono sociologi che dicono cose vere ma non sono sicuri che siano vere. Significa: c'è chi ha un approccio sociologico di grande portata, ma non può essere sicuro che ogni parte del proprio discorso sia scientificamente fondato; e c'è chi produce dei modelli molto accurati, fondati su una ricerca empirica approfondita, su questioni però così microscopiche che finiscono con l'essere irrilevanti. M cerca di indicare una via di mezzo, dicendo che la sua preferenza va a quelle che chiama “teorie di medio raggio”, cioè che da una parte sono con una certa pretesa teorica di sistematicità, ma che non intendono abbracciare l’intera società, mentre dall'altra parte c'è un tentativo di prendere le distanze dalla ricerca microscopica su cose di scarso rilievo sociologico. C'è anche una ripresa del funzionalismo di Parsons, che però ha per M un significato un po’ diverso: M usa lo strumento della funzione per l’analisi sociologica, ma non considera il funzionalismo come la chiave di volta per comprendere l'intera società. Un aspetto che M sviluppa in maniera interessante, riprendendo delle posizioni in parte già contenuti nei testi di Weblen (???) è la distinzione tra “funzioni manifeste” e “funzioni latenti” [spiegate a pag.235]. Il concetto di funzione viene considerato sulla base di diversi punti di vista, e comunque iene ridimensionata da M rispetto a P, perché dice che non sempre delle funzioni che per determinate persone esistono e hanno un senso, lo hanno anche per altri. Un altro contributo della teoria di M è quello della deprivazione relativa; significa che il senso di non avere abbastanza, di non essere considerato in maniera sufficientemente prestigiosa, o di subire qualche torto, non ha tanto che fare con ciò di cui veramente possiamo avere bisogno, ma si commisura sempre al rapporto che abbiamo con le persone con cui ci paragoniamo. Per es. se viviamo in un Paese molto povero, avere una bici è considerato super power; se ci troviamo in un Paese molto più ricco, come l’Italia, per noi può avere una certa importanza la possibilità di dire che mi posso permettere la Panda, mentre il mio collega può comprarsi la Mercedes. Uno che viene da un mondo in cui ci sono solo le bici, 41 non capisce; a che gli serve la macchina di lusso, in fondo deve solo andare al lavoro e a fare la spesa... ma siccome ciascuna persona si confronta con gli altri che sono simile ad essa, il tipo con la Panda si sente deprivato. Dipende sempre dalla posizione in cui ci si trova. Anche sul concetto di devianza utilizzato a partire dai contributi di Durkheim, M propone una precisazione importante: ci sono diversi tipi di persone che possono avere degli atteggiamenti non conformi alle regole, ma su diversi livelli, e questo dipende dal fatto che si può essere devianti rispetto ai fini o rispetto ai mezzi. M individua 4 categorie: - Gli “innovatori” - accettano dei fini condivisi, ma non accettano i mezzi per raggiungerl discussione il quado della finalità, ma cercano dei mezzi più efficaci. - ll “ritualisti”, che non condividono i fini, ma sono conformi rispetto ai mezzi: continuano a fare le cose che fanno tutti, ma le considerano più come dei rituali che come cose finalizzate a dei fini condivisi, perché non li condividono. - 1 “rinunciatari”, che rifiutano sia i mezzi che i fini. - I “ribelli”, che rifiutano mezzi e fini, ma lottano per affermare nuovi mezzi e nuovi fini. M ha scritto tantissimo, rispetto non allo sforzo di costruire una teoria complessiva, ma rispetto a questioni circoscritte. Un altro contributo riguarda il rapporto tra scena e società: si dice spesso che le nuove scoperte scientifiche / tecnologiche cambiano la società [es. cellulare]. Ma a M interessa un'altra cosa: il modo in cui la società influenza la scienza. Ci sono delle forme di vita sociale, degli aspetti della cultura di una società, che possono essere più o meno favorevoli allo sviluppo di una attività scientifica. Per es. se guardiamo l'orientamento a dedicarsi a questione scientifiche, vediamo che molti degli scienziati di maggiore importanza, es. i primi Nobel, vengono da famiglie protestanti. Perché sono più intelligenti? No, ma evidentemente, con quest’orientamento alla riflessione, con la cosa di leggere la bibbia ogni giorno e di rifletterci, interrogarsi, cercare di capire cosa della lettura fatta possa essere applicato alla condotta, è una palestra di riflessione continua che viene dall’auto- interrogazione che può essere un presupposto che può essere usato in età adulta, es. in campo scientifico. O per es. l'abitudine al dubbio necessaria per la scienza è più facilmente adottata da chi è cresciuto nel contesto di una società democratica, rispetto ad un regime autoritario. Quindi: la scienza è un'istituzione sociale. Non si può parlare di scienza senza vederla immersa nel quadro sociale. Questo è il motivo per cui in certi Paesi ci sono tanti scienziati e in altri pochissimi, perché le condizioni possono essere più o meno favorevoli allo sviluppo della scienza. non mettono in ERVIN GOFFMAN [pag.262] Personaggio molto importante, perché studia la sociologia analizzando alcuni aspetti che fino ad allora erano rimasti trascurati; ha una sensibilità particolare nei confronti delle persone svantaggiate, che vengono escluse dalla vita sociale o considerate ai margini di essa, come pazzi, carcerati, delinquenti, e cerca di comprendere quali siano i meccanismi che fanno sì che queste persone si trovino sospinte in questi vicoli ciechi della società, quindi cercando di sviluppare una vicinanza umana, una comprensione generosa nei confronti di queste persone che di solito sono invece tenute alla larga e discriminate da noi. È un discorso complesso che riguarda il periodo degli anni '70, in cui nasce quest’attenzione alle persone escluse; pensiamo all’anti-psichiatria, Basaglia (???) fa un lavoro importantissimo in Italia che farà scuola anche nel resto del mondo, perché si rende conto che le persone che vengono chiuse in un manicomio spesso non lo meritano, e che anzi peggiorano a causa del manicomio e propone dei trattamenti diversi, più umani, più capaci di migliorare la vita di queste persone. Nello stesso periodo c'è anche Fucò (???), che fa un lavoro importante sul carcere, dal titolo “sorvegliare e punire”, in cui si studia la condizione dei carcerati, facendo vedere come spesso sia il carcere a far diventare una persona molto più criminale di quanto lo siano all’inizio. Uscì anche in quei tempi la canzone dei Beatles “the fool on the hill”, in cui si esprime anche in maniera artistica questo nuovo sforzo di comprensione di cos'è un pazzo. G ha un approccio chiamato “drammaturgico”, perché analizza il ruolo delle persone nella vita sociale vedendole come degli attori, cioè persone che nella vita sociale interpretano un ruolo allo stesso modo di un attore. C'è nella vita una scena in cui dobbiamo comportarci in un determinato modo, ma c'è anche poi un retroscena in cui fai cose diverse. Ma in realtà ciò che facciamo è sempre legato a una determinata funzione, ad una specie di ruolo teatrale che noi acquisiamo. G fa giocare l’intera analisi della vita sociale su questa tensione tra scena e retroscena e poi tra ruoli diversi che si succedono nella vita delle persone. Questa scena è importante perché 42 illimitato del mondo cambia con la società del rischio. B dice che dopo la fine della seconda guerra mondiale comincia a farsi strada la consapevolezza che noi abbiamo un solo mondo, che le sue risorse sono limitate e che l'uso sproporzionato di queste risorse può creare in noi tutta una serie di problemi di salute, di peggioramento della nostra qualità della vita. “Oggi cominciamo a vivere in una seconda modernità, non più lineare, ma riflessiva”; vuol dire che è un modernità che riflette, per es. sul fatto che stiamo distruggendo le foreste che assorbono la C02 che produciamo con le macchine, con il riscaldamento delle case, ecc. Si comincia a riflettere sulle conseguenze, sui riflessi negativi della modernità, che riguardano questo rischio di autodistruzione dei fondamenti ecologici che hanno sempre reso possibile la nostra vita. Abbiamo quindi un problema molto importante e fondamentale che viene messo a fuoco da B. Abbiamo a che fare con una situazione difficile da ricostruire; B ci racconta che già negli anni '80 a Monaco di Baviera è stato analizzato il latte di alcune mamme che vivevano a Monaco e vi hanno trovato la diossina. È una cosa molto inquietante, ma non sappiamo in modo specifico da dove viene; abbiamo l'obbligo di interrogarci su tutte le sostanze che vengono prodotte nella società del rischio. Oppure ci sono dei pinguini del Polo Sud che hanno nel proprio sangue del DDT. B ci dice che noi, quando sentiamo queste notizie abbiamo una reazione evidente che mette in moto una certa etica implicita, cioè noi abbiamo un modello implicito di come vogliamo vivere ed è abbastanza condiviso da tutti; chi vuole vivere in un mondo pieno di veleni? C'è un implicito rifiuto di questa condizione di rischio costante a cui siamo sottoposti, ma questo ovviamente non è sufficiente, perché i rischi agiscono in maniera subdola e non è così facile ripercorrere la catena delle responsabilità. B è anche il primo teorica della globalizzazione perché è il primo che si rende conto che i confini degli Stati nazionali non possono fare nulla contro i rischi e ci sono purtroppo anche interessi economici che si oppongono alle proteste contro questi rischi, dicendo che non si può provare che sia una certa centrale a carbone a provocare la malattia respiratoria di quel bambino. Giocando sul problema della non dimostrabilità diretta dei rapporti di causa ed effetto, le imprese continuano a produrre e a intossicarci con limitazioni molto blande. Qualche sforzo è stato fatto; per es. l'UE ha introdotto il principio della “precauzione”, che dice che se un'industria emette delle sostanze chimiche di cui non abbiamo la certezza che possano essere dannose, non sta a noi cittadini dimostrare che quelle sostanze sono veramente nocive; è l'impresa che ha l'onere di provare che non lo sono. Questo è stato un enorme passo avanti che ci mette in una condizione di maggiore sicurezza rispetto ad altri Paesi. Potremmo dire con B che ci sono due tipi di razionalità che si scontrano nella società del rischio: la razionalità economica (es. il modo migliore per avere energia è di costruire una centrale nucleare nel centro di Milano, perché è dove si consuma più energia) e la razionalità sociale (es. abbiamo degli standard di qualità da difendere). Questi standard sociali sono relativamente elevati e per es. in Cina non vengono rispettati. Chernobyl è chiusa a tutti e lo sarà per sempre. È successo che della gente ci è entrata illegalmente e ha preso tutti i metalli dalle case, le macchine, ecc. che erano stati abbandonati e li ha venduti in Cina. Lì li hanno usati per costruire oggetti poi esportati in tutto il mondo, oggetti contenenti metalli radioattivi. Questo è quello che B chiama “effetto boomerang”; noi, che siamo le parti più avanzate del sistema capitalistico, abbiamo creato una serie di regole per cui le cose più sporche, le produzioni peggiori stanno altrove, non in Europa o USA. Però poi dal resto del mondo ci tornano indietro proprio queste cose che cerchiamo di tenere lontane. Per es. il the prodotto in Sri Lanka ed importato in Europa, il “Silom” (?), ai tempi di B conteneva tanto DDT (vietato in Europa). C'è questa dimensione in cui B dice che i rischi sono democratici, perché non fano differenza tra ricchi e poveri e colpiscono tutti. Quando arriva una nube radioattiva, non c'è nulla da fare, si ammalano tutti; allo stesso tempo però in questi rischi la dimensione di classe ha un certo peso, perché noi abbiamo imparato a produrre tutta una serie di prodotti biologici (cibo bio, mobili senza formaldeide, indumenti biologici, ecc.). Quindi le persone che hanno il denaro e la cultura per rendersi conto di questi pericoli comprano le cose biologiche; quelli che hanno meno soldi sono più esposti al rischio. La seconda parte del capitolo sul rischio riguarda la scienza e il ruolo degli esperti, a cui B rivolge una critica acutissima. Gli esperti sarebbero quelli che vengono chiamati in TV quando ci sono dei rischi incombenti, per es. adesso ci sono i virologi. Davanti questo pericolo così evidente, i virologi sono tutti preoccupati di metterci in guardia e di dirci cosa fare e cosa non fare. Queste sono le indicazioni degli esperti; certe volte però ci sono degli esperti (in altre questioni) pagati dalle industrie, dipendono dagli interessi delle industrie. B li chiama “esperti di corte”, perché hanno la funzione di tranquillizzare le persone anche quando non ci sarebbe motivo di essere 45 tranquillizzati. C'è poi un discorso più strutturale che riguarda il modo in cui ci si pone nei confronti dei veleni che ci circondano. Una parte riguarda i valori massimi consentiti: per es. un veleno come l’arsenico è consentito nell'acqua minerale, perché in natura c'è, perché è inevitabile... allora si fissa un valore massimo che l’acqua può contenere. A volte è inevitabile che sia così, ma altre volte ci sono dei prodotti industriali che non dovrebbero esistere del tutto, e invece che farli eliminare, si mette una soglia di veleno consentita. Questo è sbagliato dal punto di vista di principio, perché se ci sono dei valori massimi consentiti significa che lo stato consente alle ditte di avvelenare un po’; inoltre, B fa una critica molto efficace del modo in cui si fissano queste soglie e porta l'esempio della diossina (la chiama “il veleno di Seveso”). Il problema è capire se nei prodotti alimentari che utilizziamo è consentito che ci sia la diossina? Non dovrebbe esserci in ogni caso, ma i legislatori consentono che ci sia una piccola quantità di diossina oltre la quale non si può andare e B si chiede come si fa a stabilire questa soglia massima oltre la quale la diossina diventa pericolosa? Fa una ricerca e intanto B vuole capire qual è il senso di queste soglie massime di tossicità di diossina in un prodotto; si tratta di una tossicità che riguarda l'uomo, ma cos'è l'uomo? C'è differenza obv tra un adulto in una grande città come Milano o un neonato nella stessa città, ecc. Già per questo le soglie massime non dovrebbero valere, ma poi come si stabilisce questa soglia? Si fanno esperimenti sugli animali e cosa risulta? Le cose più incredibili: prendendo un topolino bianco c'è una certa resistenza alla diossina prima di ammalarsi, ma se prendi che so un criceto, è 10.000 volte più resistente, ecc. Quindi alla fine non abbiamo dei valori seri, scientifici, per poter dire quale sia la soglia giusta; e guardando la letteratura scientifica, B scopre che questi valori vengono fissati “sulla base dell'esperienza”. Noi, che dovremmo fissare dei valori scientifici a difesa delle persone rispetto ai possibili danni alla salute, per evitare che ci siano questi danni non possiamo fare altro che riferirci all'esperienza, cioè i danni che ci sono già stati; un discorso veramente da brividi. INDIVIDUALIZZAZIONE: per prima cosa bisogna cercare di capire perché B, parlando di società del rischio, si occupa dell'individualizzazione. La concezione di B dell'individuo si basa sull’assunto che noi viviamo in una società che segna la fine dell'appartenenza ai grandi gruppi; cioè, fino alla metà del XX sec, tutto il mondo ha vissuto in un contesto di appartenenza a gruppi, le persone definivano la propria identità in base alla propria appartenenza sociale, culturale, religiosa, politica, di genere. Quest'identità collettiva viene sempre meno. Oggi, i percorsi biografici non sono più standard, per cui il figlio di un falegname di Piacenza sapeva che sarebbe stato un falegname a Piacenza, o che una persona in una famiglia di tradizione socialista sarà socialista, ecc. La conseguenza di tutto questo, per la società del rischio, è che noi sempre di più abbiamo dei percorsi biografici anomali; ci sono molti percorsi strani che si intrecciano in cui il singolo non trova più facilmente un altro che abbia avuto la stessa biografia standard, perché non esistono più. E le singole persone si sentono “affrancate” dalla stretta appartenenza ad una determinata tradizione o ad un certo gruppo collettivo, e questo da una parte crea un grande senso di libertà, ma dall'altra diventa anche un motivo di smarrimento, isolamento, sofferenza. Anche perché, in questa società individualizzata, ci sono tante cose che accadono per motivi sociali, ma che non si riconoscono più come dovute a motivi sociali; per es. la disoccupazione. Nella prima metà del XX sec, se uno era disoccupato lo era perché quella era la situazione, perché c'era tanta disoccupazione. Oggi questo aspetto conta di meno: si sa che in una crisi c'è tanta disoccupazione, ma, nonostante questo, il singolo è portato a credere che sia colpa sua se è disoccupato, è perché è incapace. Questo è gravissimo, perché significa che le tensioni sociali che prima si traducevano in manifestazioni, proteste, impegno politico, ora si traducono in sofferenze individuali, come patologie, sofferenze, senso di inadeguatezza, problemi psicologici. Cosa c'etra tutto ciò con il rischio: in una società in cui le persone si sentono parte di gruppi più ampi che svolgono una funzione protettiva, non c'è una grande consapevolezza del rischio, perché c'è qualcuno sopra di me che si preoccupa per me (es. Stato, Chiesa, partito, sindacato...) quindi ci si rimette alle strutture di cui si fa parte. Invece, nelle società individualizzate il singolo sa che non c'è nessuno che ci proteggerà dai rischi; certo, lo Stato fa qualcosa, il sistema sanitario, ci sono associazioni, ecc. ma alla fine dai rischi dobbiamo proteggerci da soli, e questo acuisce il senso di drammaticità del rischio. Quindi, la società del rischio non è una società dove ci sono tanti pericoli, perché se questi pericoli non vengono percepiti come una cosa che ci turba, ci crea dei problemi, non vengono visti come rischi. Per es. la società che ha la situazione peggiore per i rischi nucleari (centrali nucleari che funzionano male, scorie nucleari, ecc.) è la Russia. C'è una zona dell’artico nella penisola di Cola, vicino alla città di Arcangelo (?), dove ci sono tanti sommergibili atomici russi affondati con i loro motori nucleari; è una bomba ecologica pazzesca che prima o poi 46 esploderà, ma nessuno ci pensa, perché lo Stato lo farà. Ci sono pericoli ambientali che non vengono percepiti dai cittadini come pericoli per i cittadini, ma per lo Stato. Qui in Occidente, invece, abbiamo questa consapevolezza che i rischi dipendono da noi: dobbiamo essere noi a limitare i pericoli. | pericoli, quando vengono percepiti come delle cose che riguardano noi, diventano rischi. Per es. nel mondo occidentale il numero di assicurazioni stipulate è altissimo, perché la gente si rende conto che bisogna proteggersi in qualche modo dai rischi. ® Quanto più una società è individualizzata, tanto maggiore sarà la percezione dei rischi. Le società non individualizzate possono avere molti pericoli, come in Russia, ma essi non vengono percepiti come così drammatici, quindi non sono società del rischio. Lo stesso vale per il Brasile, dove ci sono dei rischi ecologici enormi, ma la percezione non è così forte come sarebbe per noi. Aspetto paradossale: nelle società non individualizzate, ci sono meno conflitti familiari. Se i matrimoni sono combinati, si sa che si deve fare così e bona; se invece cerchi l’anima gemella ecc., non è detto che poi un rapporto vada bene. CONCLUSIONI: B in un certo seno ha segnato nella società critica contemporanea un punto di passaggio importante, perché fino agli anni '80 il tenore complessivo dei discorsi della sociologia si riferiva ad una critica del sistema in generale, si parlava di “sistema capitalistico” o di “sistema” come qualcosa di oppressivo, che finiva con il rappresentare un'istanza di limitazione della libertà delle persone. Era un modo di vedere il mondo che derivava dall'esperienza drammatica delle dittature nazi-fasci che avevano portato alla WW2; c'era quindi l’idea di un regime totalitario che poteva ripresentarsi sempre di nuovo e che rappresentava una terribile istanza repressiva nei confronti della libertà dei singoli cittadini. Il movimento studentesco del '68 e tutta la fase di protesta sociale che segue sono ancora influenzati da quest'idea che andava compreso, criticato, abbattuto a seconda delle varie posizioni. B si rende conto che, al giorno d'oggi, non si può più mettere al centro di una società critica l’idea di un sistema organico, ben organizzato, che ci opprime; il problema è quello di una “irresponsabilità organizzata”, cioè ci troviamo in un mondo in cui il sistema proprio non c'è più. O per lo meno ci sono delle forme di autoregolazione del mercato, si è attribuito al mercato un peso una libertà incredibile e il mercato struttura la vita sulla base di esigenze, di considerazioni economiche di breve raggio, sulla base di interessi immediati o di breve durata, l'orizzonte di pianificazione riguarda il guadagno dei prossimi uno o due anni, tutti guardano al proprio interesse immediato e non esiste più un'istanza politica forte capace di imporsi sulle esigenze del mercato internazionale globalizzato e finiamo col trovarci in questa posizione che B aveva definito di irresponsabilità organizzata. Questa rappresenta forse oggi un pericolo mortale per la società mondiale; in questo senso B ci lascia un'eredità davvero difficile da gestire, ma si tratta di cose vere. Noi in questo mondo di irresponsabilità organizzata, dove ciascuno pensa solo al proprio piccolo interesse - e questo vale anche per gli stati, non solo per gli attori economici, perché gli Stati non hanno la forza di coordinare la politica globale - noi abbiamo quella che potremmo chiamare una situazione apocalittica fatta di 4 elementi che giustificano una grande preoccupazione per il nostro futuro. 4 pericoli che potremmo paragonare ai 4 cavalieri dell’apocalisse [in ordine crescente di gravità]: 1. IRRESPONSABILITÀ ORGANIZZATA - riguarda anche la pandemia; ognuno cerca di trovare delle soluzioni nel proprio ambito cittadino o regionale, non esiste un coordinamento nazionale, non solo in Italia. Non esiste neanche un vero coordinamento europeo, perché non esiste la capacità, la cultura, l'abitudine di prendere decisioni di ampia portata. 2. INSTABILITÀ FINANZIARIA - noi viviamo in un mondo in cui nella globalizzazione abbiamo dei grandi attori economici che hanno quantità immense di denaro e con esso fanno degli investimenti a volte estremamente pericolosi e non ci sono istituzioni o nessuno che, a livello mondiale, possa disciplinare questi investimenti sempre più rischiosi. Sono cose che possono sembrare lontane, ma in realtà sono concretissime, perché la crisi del 2008 e che va avanti ancora oggi ha creato in Italia tanti problemi economici, tanta disoccupazione, tanto impoverimento delle famiglie, cose che ci toccano direttamente. 3. INSTABILITÀ POLITICA - in un mondo globalizzato, dove ci sono questi grandi soggetti economici, multinazionali ma anche singole persone, ditte che operano in tutti i mercati del pianeta, che sono molto più potenti, influenti e ricche di tanti Stati [es. ci sono persone che ogni anno hanno un giro d'affari maggiore di quello del Portogallo - wtf], l'economia pesa più della politica. Quindi c'è un declino della politica, perché agisce a livello nazionale, gli stati nazionali sono troppo piccoli per poter intraprendere una lotta con questi giganti dell'economia globale e quindi la politica finisce per essere subordinata alle esigenze del capitale 47
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