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Teoria Funzionalista della Società: Ruoli, Valori e Socializzazione, Dispense di Sociologia Delle Organizzazioni

Ruoli socialiStratificazione socialeTeoria del funzionalismoTeoria volontaristica dell’azione socialeSocializzazione

La teoria funzionalista della società, che cerca la convergenza tra il funzionamento sociale e i desideri e orientamenti dei soggetti. Viene discusso come gli individui aderiscono a valori e norme in una società moderna, il ruolo della cultura e la teoria volontaristica dell'azione sociale di talcott parsons. Inoltre, vengono presentate critiche al funzionalismo di merton e la distinzione tra funzione latente e manifesta.

Cosa imparerai

  • Quali sono i ruoli sociali e come influenzano l'agire degli individui?
  • Che cosa cerca il funzionalismo nella sociologia?
  • Quali sono le teorie di Talcott Parsons e Robert Merton sul funzionalismo?
  • Quali sono le caratteristiche di una società evoluta secondo Parsons?
  • Quali sono le differenze tra la teoria volontaristica dell’azione sociale di Parsons e le teorie utilitaristiche?

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 19/01/2019

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Scarica Teoria Funzionalista della Società: Ruoli, Valori e Socializzazione e più Dispense in PDF di Sociologia Delle Organizzazioni solo su Docsity! Sociologia I pensieri di Durkheim circa la coesione sociale convergono nelle teorie funzionaliste che si sviluppano negli USA tra gli anni ’30 e ’60 dell’900. In particolare, il funzionalismo cerca i meccanismi che creano una convergenza tra funzionamento della società e orientamenti e desideri dei soggetti. Questi meccanismi sono assicurati dal fatto che gli individui seguono e scelgono le norme e i valori poiché li hanno interiorizzati e non perché sono stati loro imposti. La corrente funzionalista in sociologia crede che qualsiasi elemento osservabile all’interno della società si spiega in quanto contribuisce alla sopravvivenza e al mantenimento del sistema (idea per cui se qualcosa esiste, è perché serve a qualcosa). Il funzionalismo nasce nelle università statunitensi di Harvard e della Columbia e si afferma come terza via rispetto alle teorie strutturali e dell’azione. Nella società contemporanea, un individuo aderisce volontariamente a valori e norme vigenti in un certo contesto solo se la società riesce ad integrarlo in essa e solo se egli è socializzato a diversi ruoli. Sono i ruoli sociali che ogni individuo riveste a fornirlo di valori e norme da seguire e ad indirizzare la sua azione sociale. I ruoli, inoltre, forniscono motivazione, gratificazione e remunerazione all’individuo. Per creare un’adeguata corrispondenza tra orientamenti individuali ed esigenze di funzionamento della società si ricorre alla cultura intesa come insieme di norme, valori, modi di dire, fare e pensare propri di una certa società. (Es.: Il desiderio di maternità nasce dall’orientamento personale dell’individuo a generare e risponde all’esigenza della società di riproduzione e aumento demografico). Il concetto di cultura o di patrimonio culturale nelle teorie funzionaliste è ben diverso dal concetto di essere istruiti. La cultura è un attributo della società e comprende gli artefatti, i beni, i processi tecnici, le idee, le abitudini e i valori che vengono trasmessi socialmente (cit. Malinowski). La cultura, quindi, contiene tutte le informazioni che danno impulso e direzione agli altri sistemi e che, insieme a questi ultimi, assicurano la sopravvivenza del sistema. Più in generale, secondo Parsons la cultura è un insieme coerente e definito di modi di fare, pensare ed agire condivisi e appresi entro una collettività e poi trasmessi da una generazione all’altra. Sono elementi del patrimonio culturale: 1. I costrutti conoscitivi (idee e valori). 2. Le emozioni accettate e attese in certe situazioni. 3. I simboli. 4. Gli stili di vita. 5. I modi di relazione sociale (saluti, gestualità, …). 6. Gli stili artistici. 7. Il linguaggio (vedi ipotesi della Relatività linguistica di Sapir secondo la quale ogni lingua seleziona e articola solo la porzione del mondo rilevante per gli usi e i costumi previsti nella cultura a cui la lingua appartiene). Parsons enuncia la teoria volontaristica dell’azione sociale secondo la quale gli individui, nel loro agire sociale, aderiscono soggettivamente e volontariamente alle norme e ai valori propri della società in cui vivono. Egli crede che l’umanità sia capace di “stare insieme” grazie al riconoscimento e all’interiorizzazione di valori e norme comuni. Autori di riferimento per questa teoria sono Weber, Durkheim, Pareto e Marshall. La teoria volontaristica, che concilia esigenze funzionali del sistema ed orientamenti soggettivi degli individui, si oppone alle teorie utilitaristiche. Nelle società moderne si collocano e si motivano gli individui all’interno della società attraverso la stratificazione sociale ovvero il sistema che distribuisci i ruoli agli individui in base alle loro capacità. È importante sottolineare che i primi due obiettivi riguardano il rapporto e lo scambio con l’ambiente esterno, mentre gli altri due riguardano il rapporto interno al sistema sociale. Alle varie funzioni corrispondono istituzioni diverse, anche se è possibile che molte istituzioni svolgano una pluralità di funzioni (multifunzionalità). Merton. Merton, allievo e critico di Parsons, è il teorico del funzionalismo relativo che si inserisce nel paradigma del neo-funzionalismo. Nella sua opera Teoria e struttura sociale del 1949, Merton sostiene che il lavoro del sociologo sia quello di descrivere accuratamente i contesti sociali che osserva, evidenziandone le componenti e le collocazioni interne a questi. Merton compone una critica accurata al funzionalismo, definito da lui “assoluto”, di Parsons. 1. Il postulato circa l’unità funzionale di Parsons ovvero la credenza che tutte le parti cooperino alla sopravvivenza del tutto non può essere applicata a società complesse, ma solo a società semplici (Es.: la religione non è di per sé un fattore di integrazione, poiché può essere fonte di conflitto in un’altra società). 2. Il postulato circa il funzionalismo universale di Parsons ovvero la credenza che tutte le parti abbiano una funzione positiva per l’adattamento del sistema non è pienamente vero poiché ogni sistema sociale racchiude in sé tensioni nate dal mancato adempimento di certi fini e scopi da parte delle strutture preposte a farli. Merton continua sostenendo che addirittura alcune strutture possono divenire disfunzionali ovvero produrre conseguenze che riducono il grado di adattamento del sistema (Es.: conflitti e tensioni che nascono dal mancato o dal ritardatario adempimento dei compiti della sanità pubblica). 3. Il postulato dell’indispensabilità funzionale di Parsons ovvero la credenza che solo determinate istituzioni specializzate possano soddisfare certi requisiti di funzionamento del sistema non è condiviso da Merton poiché egli sostiene che si possa dire che una funzione è indispensabile, ma non che debba essere svolta esclusivamente da un’istituzione specifica. Inoltre, Merton propone la distinzione tra funzione latente e funzione manifesta. La funzione manifesta è quella intesa e riconosciuta dal sistema in riferimento al soddisfacimento di un certo bisogno, mentre quella latente non è né intesa né riconosciuta dal sistema. Il sociologo, grazie a questa distinzione, può slegarsi da giudizi meramente tecnici, politici o moralisti durante la sua osservazione e valutazione di un fenomeno. La funzione latente tiene conto delle motivazioni che sono sempre ben distinte dalle conseguenze oggettive. (Es.: In un caso di furto il giudice guarderà alla funzione manifesta e in base a questa deciderà una pena, mentre il sociologo guarderà alla funzione latente e si interrogherà sui motivi che hanno portato al furto, perché è avvenuto in quel dato contesto sociale, …). (Es.: Un uomo compra un auto di lusso non tanto per le sue alte prestazioni meccaniche, funzione manifesta, ma per segnalare la sua elevata collocazione sociale, funzione latente. -Teoria del consumo vistoso di Veblen-). Ancora Merton definisce il concetto di tensione strutturale come incoerenza tra opportunità fornite agli individui dalla struttura sociale e valori o mete indicati come preferibili e desiderabili dal modello culturale della società in questione (—> Teoria della devianza di Merton). (Es.: Sogni dei Ragazzi di Vita di Pasolini). Merton definisce il concetto di meccanismo come un dispositivo ricostruibile attraverso ipotesi sul concreto funzionamento di una determinata struttura. Esempio di meccanismo è il meccanismo dell’attaccamento che ha duplice significato. Da una parte, l’attaccamento del bambino alla madre che caratterizza il processo di socializzazione primaria, dall’altra parte l’attaccamento alla famiglia o ad un contesto sociale riconosciuto espone meno l’individuo alla criminalità (cfr. teoria della devianza). La teoria di medio raggio di Merton si caratterizzata per la possibilità di controllare empiricamente, all’interno di un osservatorio limitato di fenomeni e comportamenti, ciò a cui ci si riferisce. Essa si contrappone alle teorie generali ed onnicomprensive e si caratterizza per essere l’unione tra teoria e ricerca empirica. Le teorie di medio raggio utilizzano astrazioni abbastanza vicine ai dati da permetterne la verifica empirica. Inoltre, esse parlano di aspetti circoscritti dei fenomeni sociali. Esempi di teorie di medio raggio sono la teoria della privazione relativa, quella dei gruppi di riferimento e quella della tensione strutturale. Secondo la teoria della privazione relativa, gli individui prendono come base di valutazione e giudizio di sé non la propria situazione, ma le prestazioni degli altri. (Es.: ragazzo arriva a casa e dice: “mamma ho preso 5, ma tutti gli altri hanno preso 3”. Egli, così facendo, valuta il suo risultato, scadente, confrontandolo con quello degli altri e lo rende un buon risultato agli occhi dei genitori). Integrazione del capitolo 5. Valori. I valori possono apparire come orientamenti dai quali discendono i fini delle azioni umane, i valori sono i fini ultimi dell’azione. Ancora, i valori possono indicare un dover essere ovvero qualcosa a cui si aspira. Per gli scienziati sociali, i valori sono i fatti sociali che orientano l’agire degli individui ed essi sono il frutto di un processo che porta l’individuo a scegliere tra più possibilità d’azione. Esistono valori universalmente condivisi e valori particolari ovvero condivisi solo da alcuni. Esempi di valori universali sono il valore della pace, della vita, dell’uguaglianza,… Nella nostra società è presente un pluralismo di valori e questi sono organizzati in un sistema di valori che vede la presenza di una scala gerarchica. Come sostiene Parsons, le società “stanno insieme” perché legate da sistemi di valori integrati, coerenti e condivisi tra gli individui. Tuttavia, è possibile che un individuo davanti ad una scelta si trovi di fronte ad un dilemma etico dato dal fatto che due valori sono in contrasto tra loro. Integrazione del capitolo 6. La socializzazione. La socializzazione indica il processo con il quale i nuovi nati diventano membri della società. Tramite questo processo, i nuovi nati apprendono il patrimonio culturale di quella società di cui fanno parte valori, norme, atteggiamenti, conoscenze, capacità e linguaggi che consentono alla società di esistere. Esistono due livelli di patrimonio culturale. Il livello che concerne le competenze sociali di base e che si acquisisce tramite il processo di socializzazione primaria e il livello che concerne le competenze sociali specifiche che permettono agli individui di svolgere ruoli particolari all’interno della società e si acquisisce tramite il processo di socializzazione secondaria. Il processo di socializzazione primaria vede come agente della socializzazione, ovvero responsabile del processo di socializzazione, la madre del bambino. Ella soddisfa i bisogni del bimbo e stabilisce delle regole che formano le basi per aspettative reciproche di comportamento (es.: stabilire le ore dell’allattamento o del sonno). L’applicazione di regole comporta un premio per un comportamento conforme ed una punizione per un comportamento difforme. È importante sottolineare il concetto di altro generalizzato con il quale si intende quel processo tramite il quale il bimbo applica i comportamenti e le regole imparate dalla madre anche nei suoi rapporti con gli individui esterni alla famiglia (processo di decentramento secondo Piaget). La formazione dell’identità personale si forma in parallelo alla scoperta del mondo sociale. Questa si forma tramite l’identificazione come simile agli altri e tramite l’individuazione come distinto dagli altri. Inoltre, ogni individuo ricopre una pluralità di ruoli rispetto a ciò che è in famiglia, al lavoro, nei rapporti amicali, nello sport, … L’insieme dei ruoli svolti da un individuo è definito role-set e questo è soggetto a mutamento continuo durante l’arco della vita. Gli agenti della socializzazione secondaria sono la scuola, il gruppo dei pari, il mondo del lavoro ed i mezzi di comunicazione di massa. Rispetto a questi ultimi, non è raro che sorgano dei conflitti di socializzazione poiché diffondono modelli e valori spesso contrastanti con quelli diffusi dalle altre agenzie (es.: modelli proposti dalla TV). Inoltre, è interessante notare come l’individuo diventi agente attivo della propria socializzazione secondaria attraverso le scelte che compie.
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