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sociologia completo di tutto, Appunti di Sociologia Avanzata

sociologia appunti completi circa prima parte

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 28/06/2024

ciccio2123
ciccio2123 🇮🇹

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Scarica sociologia completo di tutto e più Appunti in PDF di Sociologia Avanzata solo su Docsity! SOCIOLOGIA II SEMESTRE ANTHONY GIDDENS E L’ANALISI DELLA MODERNITÀ RADICALE – cap 23 Si possono distinguere due grandi fasi del pensiero 1. Produzione di stampo maggiormente teorico-metodologico (in dialogo con i classici) con l’obiettivo di definire la prospettiva con cui lo sguardo sociologico si applica allo studio della vita sociale.tale produzione darà vita alla teoria della strutturazione. 2. Un’analisi applicata della modernità e della sua contemporaneità (modernità radicale) nei suoi tratti caratterizzanti e nelle sue espressioni più rilevanti per la vita quotidiana di individui, gruppi e istituzioni. secondo Giddens è fondamentale dotare l’analisi di una prospettiva storica per: - Collegare adeguatamente lavoro dei classici - Riconoscere come la realtà sia in costante trasformazione nasce da qui la connessione tra dialogo con i classici e studio della specifica realtà sociale definita in termini di modernità radicale La teoria della strutturazione La riflessione di Giddens nasce da un senso di inadeguatezza verso la teoria sociale di derivazione ottocentesca e novecentesca, in rapporto alle problematiche poste alle scienze sociali dalla vita contemporanea. Egli ritiene che occorra superare il dualismo attore/sistema (sfida del sovraindividuale: come spiegare nella sua genesi la relazione fra azione e struttura) che caratterizza tale tradizione e dotare l’analisi sociologica di una più appropriata ontologia sociale in cui teoria dell’azione, analisi istituzionale e osservazioni del cambiamento, concettualizzazione della rilevanza di tempo e spazio nella vita quotidiana si combinino per dare conto del modo in cui l’azione individuale si lega alle strutture sociali in un rapporto reciprocamente costitutivo. Giddens rifiuta ogni concezione evoluzionistica e finalistica dei sistemi sociali ma intende anche evitare opposti riduzionismi (oggettivismo dello strutturalismo e funzionalismo con visioni impersonali e soggettivismo) Nella teoria della strutturazione occupa un posto centrale alcuni concetti, tra loro connessi: azione, intenzionalità e riflessività, pratiche, routine e strutture. Nel corso della vita quotidiana ciascun individuo (nel corso delle molteplici interazioni relazioni in cui partecipa e delle azioni che intraprende) esprime intenzionalità e una competenza che traducono una delle sue caratteristiche fondamentali: la riflessività. La riflessività è centrale nella teorizzazione giddensiana e costituisce la più peculiarità degli attori sociali. L’intenzionalità si dispone su diversi livelli: coscienza pratica, coscienza discorsiva e inconscio. Coscienza: conoscenza delle regole delle pratiche che organizzano la vita sociale Coscienza pratica: un individuo mostra un saper fare in un dato contesto 1 Coscienza discorsiva: fornire una spiegazione consapevole articolata delle ragioni Inconscio: memoria di aspetti significativi che, tuttavia, per motivi traumatici rimangono uno stadio di latenza rispetto all’esercizio del monitoraggio riflessivo. La capacità soggettiva di monitoraggio su di sé e sugli altri con cui interagiamo si esercita attraverso le pratiche che quotidianamente ogni attore produce e riproduce. Tali pratiche danno luogo a routine che occupano un posto di rilievo nella teorizzazione di Giddens avendo implicazioni su entrambi i versanti (struttura e azione). Da un lato, esse lavorano nel senso della continuità della personalità dell’attore come elemento di rassicurazione psicologica, dall’altro danno consistente continuità alla dimensione socio-organizzativa della vita quotidiana, traducendo riproducendo modelli standardizzati di azione e, dunque, modelli istituzionali. L’attuazione e riproposizione delle pratiche e la reiterazione delle routine corrispondono alla riproduzione delle strutture sociali. Le strutture sociali costituiscono l’insieme delle regole delle risorse che sono state prodotte nel corso del tempo, nella loro virtualità e personalità e secondo Giddens necessitano sempre degli individui per poter essere attivate per mantenere validità. I processi di strutturazione ammettono dunque il cambiamento nell’azione si manifesta il potere di generarlo. Lo sguardo giddensiano sulla modernità radicale: i concetti per il lavoro sociologico Il primo passaggio fondamentale concerne la natura della società contemporanea: essere figlia della modernità di segno illuminista che si è dispiegata tra ottocento e novecento sulla base dei suoi principi costitutivi evolutivi quale la razionalizzazione, differenziazione e l’individualizzazione della vita sociale. Tali principi, agendo nel tempo e in profondità, portano dunque a una radicalizzazione della modernità che contraddistingue la sua fase matura (tarda modernità o appunto modernità radicale). La radicalizzazione si manifesta attraverso dinamiche di de- tradizionalizzazione delle scelte di perdita di rilevanza delle convenzioni sociali e procede in termini di un riordinamento riflessivo dei rapporti sociali (aprendo nuove modalità di regolazioni, più funzionali e meno situate, più per formative e meno socialmente persistenti): nella quotidianità ciò si traduce in un esercizio costante della scelta e diviene espressione del progetto riflessivo del sé (da cui l’espressione di modernità riflessiva), e che per l’individuo contemporaneo diviene una sorta di destino. Con questo sforzo riflessivo ciascun soggetto cerca di legare passato, presente e futuro in un’identità almeno stabile, per far fronte alla pluralizzazione delle opzioni e degli stili di vita. I concetti di tempo e spazio devono essere assunti come costitutivi dell’esperienza umana e una loro variazione influenza quindi la vita sociale: la progressiva disgiunzione tra spazio e luogo, il progressivo allontanamento del vincolo reciproco fra spazio e tempo, la progressiva standardizzazione del tempo sono caratteristiche della modernità radicale. Il progressivo svincolamento da rigidi confini di spazio tempo si combina con due ulteriori processi: - L’aumento della presenza e pervasività del denaro come emblema simbolico e medium della vita quotidiana - L’espansione dei sistemi esperti (sistemi elevata tecnologia codificazione, il cui funzionamento è al tempo stesso fondamentale per tanti accessibile a pochi). Ciò richiama 2 nell’interesse di tutti renderlo accettabile stabilendo così le condizioni per un costante dialogo. La modernità solida era l’epoca dell’impegno o del reciproco coinvolgimento dei governatori governati. Proprio dal concetto di spazio fisico e territorio si possono comprendere i cambiamenti della modernità avanzata, nata a seguito dei processi di globalizzazione. Globalizzazione: verso la liquidità La storia che inizia con la globalizzazione nasce dalla divergenza tra ciò che accade entro sfera politico-sociale la sfera economico-capitalista. La globalizzazione nasce in seguito a quello che Baumann definisce scisma tra il sistema economico il sistema di norme, tutele e garanzie che vigeva entro lo Stato-nazione. Tornando al concetto di spazio le imprese hanno intuito che il mercato, grazie alle reti digitali planetarie, poteva ora estendersi ben oltre la dimensione nazionale. Per via della mobilità il capitalismo fu in grado di tagliare la propria dipendenza dallo spazio, con due fondamentali conseguenze: - rapporto più disimpegnato con la forza lavoro - Puoi stendere le sue reti ben oltre i confini dello spazio nazionale che però era anche uno spazio armato dall’istituzioni nazionale-statali. Proprio per questo il capitalismo globalizzato si conquista uno spazio di manovra extra territoriale. Il potere reale (la forza di muovere davvero le cose) si sposta dalla politica all’economia con significative conseguenze per le persone che sono sempre più in balia di un capitalismo fuori controllo (precarietà, delocalizzazione, contratti a tempo determinato) uno Stato che non è in grado di porre vincoli sociali al dilagare delle logiche dell’economia è uno Stato che non è più in grado di provvedere nemmeno alla sicurezza dei cittadini. Baumann conclude così che la società si frammenta e al cittadino si sostituisce l’individuo (un soggetto totalmente privato). Ottengono più libertà ma devono provvedere da soli alla loro sicurezza. Dentro la società liquida: individui, consumatori, comunità Caratteristiche della società liquida: - Per i singoli si apre una serie di infinite possibilità realizzative che porta alla sperimentazione identitaria perché si è fuori dei modelli culturali, valoriali comportamentali fornite dall’istituzioni. Si cerca di moltiplicare al massimo il numero di esperienze che l’individuo può effettuare nell’arco della sua vita - Società dei consumi: il consumatore è alla costante ricerca di nuovi prodotti che va decisamente oltre la logica dei bisogni. Il mercato è divenuto quindi la sfera entro la quale le persone cercano risorse per costruire la propria identità e la propria felicità. La felicità si traduce quindi in un traguardo che si sposta con i corridori senza che nessuno riesca mai a tagliarlo. Una pratica che unisce ricerca di esperienze, costruzioni di sé, consumo, mobilità globale è per Bauman quella del turismo. La logica consumistica arriva anche a colonizzare la sfera delle relazioni. - In quanto società frammentata, la società liquida è caratterizzata da elevata incertezza: le conoscenze ricevute non sono più in grado di rendere il mondo comprensibile. E quelle nuove sono destinate a mutare rapidamente, costruire se stessi un processo che non ho mai fine 5 - Il peso della libertà, con l’insicurezza e la solitudine che comporta, lascia gli individui con una urgente voglia di comunità: si formano sono aggregati momentanei, chiamati da Bauman comunità grucce, senza l’agorà. - Le disuguaglianze semplificano: la sicurezza non è più garantita dalle istituzioni (in primis il welfare state), ognuno tiene la propria se può procurarselo autonomamente facendo affidamento sulle proprie risorse. Estrema conseguenza di questa situazione è rappresentata dal proliferare delle “ vite di scarto”. Mercificazione e globalizzazione tendono infatti a produrre innumerevoli rifiuti: non solo materiali ma anche vite, cioè categorie sociali di individui che non riescono a tenere il passo con gli standard e la società liquida (migranti, profughi) - Nasce un nuovo criterio di stratificazione sociale legato al differente rapporto nei confronti della mobilità. Abbiamo: la ricca élite mobile cosmopolita e agli antipodi una classe di persone che rimangono loro malgrado ancorati allo spazio (svantaggio perché nessuno ha il potere di migliorare i contesti locali), questo vale anche per chi ha lo spostamento obbligato e non come scelta personale. - La società liquida globale è quindi divisa in globale e territori locali (sempre più marginali nei processi decisionali). Mentre i nuovi poteri possono circolare liberamente lungo i primi, le istituzioni politiche si trovano forzata a gestire, senza efficace risorse, i problemi che gli stessi flussi creano a livello locale. Prospettive critiche Non ha fondato sui dati le sue argomentazioni, non da coordinate precise storico-geografica rispetto la stessa liquidità. Per quanto riguarda il consumo in realtà la società contemporanea a mostrato l’esistenza di forme solidali e responsabili di consumo. Il web potrebbe essere considerato uno strumento di costruzione di un’agorà baumaniana ULRICH BECK E LA SOCIETÀ GLOBALE – cap 26 Il pensiero Autori di riferimento: della tradizione tedesca, Marx, Weber, Adorno e Habermas La celebre distinzione che Beck propone tra modernità lineare (quella industriale) e modernità riflessiva (quella nata dalla diffusione globale del rischio) ripropongono in modo originale il tema weberiano del dominio moderno della cosiddetta razionalità formale Per quanto riguarda l’influenza habermasiana due sono quelle fondamentali da sottolineare: la ripresa critica del tema della razionalizzazione strumentale e il destino della modernità (prendi distanza come Habermas dalle teorie catastrofiche sul futuro della modernità) La società del rischio In questo saggio il sociologo descrive le forti discontinuità che a partire dagli anni 80 del XX secolo vengono a determinarsi in tutte le sfere della società. Quando parla di rischio si riferisce al formarsi di una nuova fase della modernità, dove tutti i termini tradizionali della prassi sociale sono messi radicalmente in discussione.in questo contesto, i rischi sono individuabili come l’esito del radicalizzarsi del processo di modernizzazione. La società 6 del rischio riguarda la crisi di tutte le realtà istituzionali che fungevano da regolatore della vita sociale moderna: il lavoro, la famiglia, la politica, la razionalità scientifica ecc. L’opera vuole infatti descrivere attraverso il nuovo modello concettuale diversi punti di crisi della società industriale (tra cui quello ecologico è oggi solo uno dei più evidenti) e di focalizzare, anche attraverso il recupero del pensiero critico, l’innovativo comporsi di una costellazione sociale emergente. La società moderna si fa riflessiva cioè si pone come oggetto della sua stessa riflessione evidenziando il fatto che “nella modernità avanzata la produzione sociale di ricchezza va sistematicamente di pari passo con la produzione sociale dei rischi“. I rischi sono - quelli che mettono in discussione la sopravvivenza del pianeta e quindi che coinvolgono trasversalmente tutti gli abitanti del pianeta - Quelli che si distribuiscono in maniera differenziata sulle diverse aree della società inaugurando una nuova logica di stratificazione sociale. la società del rischio può essere descritta attraverso cinque principali tesi introduttive: 1. I rischi prodotti nella tarda modernità comportano conseguenze spesso irreversibili, rimangono spesso indecifrabili causando una competizione tra saperi esperti e tra questi e i nuovi saperi sociali diffusi.il risultato è una molteplicità di differenti interpretazioni dei rischi e l’aprirsi di profonde crepe tra la razionalità scientifica e la razionalità sociale sul modo di leggere i nuovi e generalizzati potenziali di pericolo 2. Con il diffondersi dei rischi si formano nuove situazioni sociali disposizione a rischio e quindi nuove fasce deboli. Acquistano dimensioni planetarie ignorando i limiti delle frontiere degli Stati nazionali 3. I rischi sono funzionali allo sviluppo capitalistico, sono dei big business. 4. il sapere acquista una nuova rilevanza che deve essere sviluppata e impiegata per creare una nuova consapevolezza critica dei rischi 5. Nascerebbe così un nuovo potenziale politico delle catastrofe. La necessità di contrastare i nuovi rischi è il miglior stimolo possibile per una riorganizzazione dei poteri e delle competenze sociali. la società del rischio è dunque una realtà due facce, da un lato essa si caratterizza per l’auto produzione di inediti pericoli, ma dall’altro nasconde l’opportunità della creazione di un nuovo paradigma del mondo sociale che faccia della riflessività e della libertà crescente degli individui, il cuore della sua prassi politica. Per fare ciò serve una nuova forma di integrazione, transnazionale e pluralistica, capace di affrontare risolvere le necessità sociali della tarda modernità. Per comprendere la società del rischio bisogna approfondire termini di quel processo che accompagna il formarsi di una nuova società: il processo di individualizzazione. Il processo di individualizzazione È il fenomeno sociale fondamentale attraverso il quale prende forma la società del rischio. Questo fenomeno inquadrato attraverso tre diverse dimensione analitiche: 7 Anche con una lieve differenza lessicale i temi affrontati sono molto simili L’elemento che accomuna di più le analogie del modo di pensare è la globalizzazione porta una buona e una cattiva notizia: da inizio a processi opposti e validi contemporaneamente. - L’individuo riesce a spezzare alcuni vincoli che lo legavano al passato: siamo diventati più liberi (buona notizia) - ma proprio per questo siamo diventati anche molto più fragili (cattiva notizia) processo di individualizzazione (Giddens lo chiama in un altro modo). Dobbiamo fare affidamento solo su noi stessi e sulle nostre risorse problema della disuguaglianza. Globalizzazione: società in cui i ricchi diventano sempre più ricchi e poveri sempre più poveri. Perché l’individuo diventa più fragile? Le istituzioni non si prendono più cura dei cittadini. In tutti i temi trattati dai sociologi c’è una connotazione politica. Bauman dice che l’insicurezza deriva dalla nostra solitudine la solitudine del cittadino globale (sembra una contraddizione). La globalizzazione nasce come superamento dei confini li mette in discussione, rompe i confini innanzitutto di tipo politico. 9 novembre 1989 cade il muro di Berlino, si rompe un confine molto fisico. Oggi però non ci sembra lo stesso, ad esempio Trump che costruisce il muro al confine tra 10 Stati Uniti e Messico (tentativo fallito). Il confine Messico-Usa è lungo più di 3000 km e attraversa un territorio di per sé impervio • Attualmente il «muro» copre circa 1100 km • Di fatto Trump è riuscito a fare poco più che a rinforzare barriere già esistenti e discontinue, a parte 83km di muro «nuovo» su un totale di 700 km eretti dall’ammministrazione Trump (Il Post, 9 gennaio 2022) • Biden ha sospeso la costruzione del muro anche se ha riconvertito il denaro impiegato in spese prevalentemente militari (cfr. MicroMega, 27 luglio 2021) • I cantieri fermi sono mal sorvegliati e i materiali di costruzione, molto costosi, sono rimasti di fatto abbandonati anche perché difficilmente impiegabili in altre opere o riciclabili in modo sostenibile (Il Post, ibidem) Il termine globalizzazione è stato introdotto nel campo delle scienze sociali a partire dalla metà degli anni 80. Le interpretazioni di questo concetto sono molteplici, sia a secondo della disciplina da cui si osserva il fenomeno, sia all’interno stesso della sociologia. “Oggi nel mondo ci sono più di 70 muri di confine, dalla barriera ungherese contro i migranti, al filo spinato indiano, alla linea di confine tra Corea del Nord e Corea del Sud. Mai così tanti: la crescita del numero dei muri di confine è un fenomeno recente. Negli ultimi trent’anni il numero è quadruplicato, e negli ultimi cinque è cresciuto esponenzialmente.” ALTRI ESEMPI: le “enclaves” di Ceuta e Melilla, Brexit è finita la globalizzazione? Ci sono alcuni indizi di ciò ma ad esempio con la pandemia ci siamo resi conto che la globalizzazione non è così facile da fermare. Non è finita perché è qualcosa di molto complesso, non ha una faccia sola. Capire la globalizzazione ci richiede forzatamente di capire cosa c’era pima di questo cambiamento. - Durante la società pre-moderna c’era la comunità (piccole comunità rurali). - La configurazione della società durante la prima modernità è la società nazionale e lo stato-nazione, le società corrispondevano a ciò ma con la globalizzazione ora forse il concetto di società non esiste più (non esistono confini). 11 - Infine, con la seconda modernità si parla si società globale mondo/ pianeta. La prima modernità è l’epoca dello stato nazione. Lo stato nazione è stato il tentativo di ricostruire su scala più grande quello che è stato la piccola comunità. Gli strumenti di costruzione cambiano per la differenza di grandezza. Ciò ci serve a capire l’importanza delle istituzioni. Gli stati nazioni si poggiano su alcuni presupposti ovvero le istituzioni (scuola, cultura, confini, convivialità). Caratteristiche definitorie della società secondo Marsh (1967) - Un territorio delimitato - Reclutamento di nuovi membri (tramite riproduzione o immigrazione) - Cultura coesa identità - Sovranità e indipendenza politica le istituzioni politiche di uno stato a casa loro fanno quello che vogliono (sovranità territoriale) “istituzioni pedagoghe” Bauman CONFINI, APPARTENENZA, IDENTITÀ COLLETTIVA - Definizione di un dominio territoriale per l’esercizio del potere - Distinzione (territoriale) tra un «dentro» e un fuori; distinzione che può essere sorvegliata e presidiata militarmente - Definizione di un «NOI» che può essere formato e «coltivato» attraverso un grande lavoro sul piano «simbolico» per poter produrre il «demos» in cui riconoscersi Gran parte degli stati nazioni sono nati dall’alto, cioè in virtù di un potere/ istituzioni che hanno definito il confine della sua giurisdizione. I confini sono importante sia a livello micro (come si formano i gruppi), che su scala macro (popolazioni). Se pongo un confine forte, creo una direzione privilegiata all’interazione. È chiaramente più facile che interagiscano gli elementi che stanno al suo interno piuttosto che quelli che stanno all’esterno. Questo è il processo di definizione dell’ingroup/ outgroup. I confini permettono di imbrigliare spazio e tempo per lungo tempo le popolazioni condividono spazi e situazioni. L’obiettivo della formazione del gruppo è aumentare l’efficacia delle istituzioni grazie alla formazione di un “noi” collettivo su cui esercitare il potere. Se un insieme si riconosce come noi governato dalle istituzioni, il potere esercitato dalle istituzioni viene legittimato. 12 Gli Stati Nazione forniscono GARANZIE DI TIPO ECONOMICO. Dentro il container anche l’economia dello Stato Nazione è controllata e protetta. Era più facile far valere i diritti dei lavoratori e proteggere le proprie imprese dalla concorrenza. La globalizzazione nasce soprattutto come globalizzazione economica, apertura confini rispetto alle merci, capitale, lavoro. È ciò che ha minato sicurezza dell’economia e del lavoro. Si parla tanto di precarietà ai giorni d’oggi tanto da diventare un dato per scontato. Prima non vi era un regime di precarietà diffuso come adesso. Dentro il grande container degli Stati Nazione, esisteva il welfare state=insieme di garanzie, tutele, diritti, sussidi. Istituzioni, scuola, sanità pubblica erano garanzie che lo Stato dava ai cittadini. Sistema attraverso cui lo Stato si prendeva cura del cittadino dalla culla alla tomba. Welfare state era anche prodotto dalla tassazione, ovviamente non lo facevano gratuitamente ma si pensava comunque al benessere del cittadino LA FABBRICA DEL CAPITALISMO INDUSTRIALE Un «corpo solido» della prima modernità in cui imprenditori e lavoratori avevano bisogno (localmente) l’uno dell’altro. Fabbrica come esempio più evidente di quella che Bauman chiama «l’epoca del grande impegno» Henry Ford—> Fabbrica fordista= è l’incarnazione del container, emblema di ciò che chiama modernità solida, è un esempio del corpo solido della prima modernità. Una caratteristica fondamentale della fabbrica è che è come se fosse una città nella città, a partire dalle sue strutture materiali. È un luogo grande dove lavorano tante persone con dei confini. Ford aveva cura dei suoi operai. Era convinto dell’utilità di aumentare lo stipendio ai suoi dipendenti, era anche convinto che fosse giusto ascoltare ciò che i dipendenti avevano da dire e, se possibile, introdurre modifiche salariali, organizzative, per rendere migliore la vita dei propri operai.si nota l’impegno delle due parti, operaio, padrone, istituzioni e cittadini che, in un mondo così pesante, stavano vicini e condividevano quindi la stessa esperienza. Alla luce di questo, conviene andare d’accordo ed evitare il conflitto. La fabbrica è emblema di un luogo dove si dialoga, dove si dipende l’uno dall’altro. Sociologicamente, si parla di reciproca doppia contingenza, il fatto di dipendere l’uno dall’altro anche in modo forzato. Andiamo avanti insieme verso al meglio. Questo vale a livello generale. Stato Nazione a forma piramidale:  Oikos: popolo con esigenze private, attività economiche per sostenersi.  In cima, vi è l’ecclesia, il potere più istituzionale. Nella storia degli Stati Nazione è accaduto che tra le due istituzioni ve ne era una terza.  L’agorà che era ed è stato il luogo dove il potere pubblico si incontrava con i cittadini. Spazio del dialogo sociale e civile tra il potere e i cittadini; spazio di mediazione e traduzione. In tale epoca del doppio impegno, i cittadini potevano esprimere dimostranze non in maniera privata ma come pubblici cittadini attraverso organi, associazioni, mediazione che raccolgono istanze cittadini e li portano al potere. Innescandosi un dialogo, si cerca di realizzare riforme e provvedimenti che riescono a migliorare la vita dei cittadini stessi. Tale è il modello che rende sensata l’idea di 15 cittadino. Cittadino= il lato pubblico della persone che si impegna a favore di una causa collettiva e di un bene comune e, impegnandosi per un bene comune, dialoga con le istituzioni attraverso le rappresentanze. tale modello per funzionare necessita della fiducia nel dialogo e nelle istituzioni che hanno il potere di cambiare le cose. Accanto a questo, l’importanza del noi collettivo senza il quale vengono meno le cause pubbliche e l’importanza e la facoltà delle istituzioni di agire. Le istituzioni sono sovrane entro i confini del proprio territorio. Oggi si parla di sovranismo perché tale modello nella società globale non esiste più. Si pensa con nostalgia a tale modello. Durante modernità storica vi era un patto tra istituzioni e cittadini e ognuno ci guadagnava qualcosa. I cittadini guadagnavano ordine, società più sicura dove tutti si riconoscevano in un’identità e appartenenza con regole più precise. Il prezzo da pagare coincide con il cedere buona parte della nostra libertà individuale e buona parte delle nostre differenze individuali. Si rifà a Freud. Dentro il modello cittadinanza, è molto più importante la dimensione della collettività rispetto alle differenze che ci comprimono. I fatti sociali ci rendono infatti più simili. Bauman utilizza una metafora chimica: nei solidi le molecole sono compresse, non le vedi nel movimento singolo, sono vincolate l’una all’altra. Alla fine della globalizzazione, la transazione è diversa. Poi arriva globalizzazione, aumenta flussi merci persone, culture in modo simultaneo e interdipendenza con altri parti del pianeta. GLOBALIZZAZIONE Non società omologata ma una situazione in cui avvengono tali fenomeni: Globalizzazione: un insieme di processi in virtù dei quali a) aumentano in numero e in intensità gli scambi, le relazioni, i flussi e le interdipendenze tra le diverse aree del pianeta; b) si modifica il ruolo delle dimensioni spazio e tempo nel permettere, plasmare e orientare tali flussi e tali interdipendenze; c) si sviluppa una consapevolezza diffusa a livello planetario circa l’esistenza e la rilevanza di tali interdipendenze GLI EFFETTI DISGREGANTI DEL MERCATO ECONOMICO La globalizzazione inizia a livello economico. I primi flussi che diventano globali sono quelli economici. Quando gli Stati si sono accorti che il mercato stava diventando globale, gli Stati hanno liberalizzato, hanno passato all’economia i confini. Hanno aperto mercati internazionali e globali. Lo Stato era sovrano anche nella sua economia. Ora non è più così. Delocalizzazione= dei paesi vanno a produrre e cercare forza lavoro dove conviene di più. Globalizzazione come processo economico mette in moto altre forme di movimento: innanzitutto i capitali e poi le persone. Insieme alle persone si muovono anche le culture. A comandare, nel mondo globale non sono istituzioni politiche ma economiche. 16 Con la globalizzazione, l’avvento del mercato globale il potere passa dalle istituzioni politiche a quelle economiche, al mercato à Beck: subpolitica. La politica la fa chi in teoria dovrebbe stare sotto le istituzioni politiche. Altro aspetto. Passaggio politicaàeconomia e passaggio corpi intermedi àalla società civile. I cittadini devono quindi rivolgersi a qualcun altro e non le istituzioni. S-fiducia nei confronti istituzioni. MOBILITA’ NELLO SPAZIO, OLTRE TUTTI I CONFINI “Vite mobili” (J. Urry). Migrazioni, famiglie transnazionali, multiculturalismo La mobilità diviene uno dei tratti fondamentali della nostra esistenza. Mobilità tanto fisica quanto a livello virtuale. La globalizzazione ci rende mobili e, rendendoci mobili, ci sradica dai nostri contesti di partenza. Non solo perché ci fa spostare da un Paese all’altro ma anche perché divide le nostri personali più strette. Si muovono nostri sentimenti e dimensioni più private. TRANSNAZIONALISMO E COSMOPOLITISMO “BANALE” (BECK) Banale non significa ‘di poco conto’ ma inteso come ‘spontaneo’. Diventiamo cosmopoliti anche senza volerlo. Si tratta di una forza che sviluppa nel quotidiano in maniera ineluttabile. Si alimenta da sola e distrugge barriera. Ecco allora che le nostre città diventano spontaneamente cosmopolite e banali. Da un cosmopolitismo banale dovrebbe nascere cosmopolitismo riflesso e dunque pensato; un cosmopolitismo come istanza più politica ma non sempre questo avviene. La globalizzazione, proprio perché collega parti del mondo, ha portato ad una compressione spazio- temporale. Più che parlare di compressione sarebbe più opportuno parlare di una distorsione spazio- tempo. Il nostro concetto di distanza può assumere forme diverse in base a parametri diversi. Viviamo in una società in cui i vettori del nostro spostarci ridisegnano lo spazio segnando geografie diverse da quelle precedenti. Il nostro concetto di vicino-lontano nel tempo e nello spazio viene distorto. Il mondo si deforma. Non solo deformazione dello spazio legata alla raggiungibilità ma anche una possibilità eco. Lo spazio si deforma ma crea anche stratificazioni sociali tra chi è cittadino del mondo e chi rimane confinato in una dimensione locale. FLUSSI GLOBALI E TERRITORI LOCALI Tutto questo si riflette nello spazio urbano soprattutto delle città più attraversate dai flussi urbani. Centro- periferia. Anche una città può perdere la sua unità. Vi è una parte che vive sui tempi dei flussi globali del mercato e globalizzazione economica e altri legati al territorio che rischiano di essere dimenticati come affermato da Bauman. Città polarizzate tra quartieri generali del capitalismo e concretezza di periferie dove si concentrano anche flussi di immigrazione. Collettivi sempre più eterogenei, contraddittori e sfidanti dal punto di vista amministrazione e gestione. Il multiculturalismo ha relativizzato i nostri modelli culturali e valori. Globalizzazione è il momento che dal punto di vista culturale relativizza. La tradizione dei nostri modi di fare all’interno del container perde la rilevanza che aveva prima. Anche la religione ha perso la sua capacità di creare identità collettive e appartenenze. • Anche Dio è «a modo mio» • Primato della soggettività • Fede (così come cultura) «a menù» e «On demand» 17 - Abbiamo questa sensazione che il mondo sia un’infinità di possibilità di essere e di fare, la nostra vita va incontro a una diramazione infinita. (lo dice anche Bauman) Soggetto: costretto a navigare in un mondo di “possibili” tra i quali è condannato a scegliere Le biografie diventano come una playlist di (infinite) esperienze (soggettive individuali). Questa situazione può essere euforica, ma può anche creare sensazioni di smarrimento Tirannia del possibile (Anna Arendt): la tirannia sta nell’eccesso di possibilità che la società ci offre. Bauman: queste possibilità possono essere vissute in maniera libera e euforica, la qualità delle persone è equivalente al numero di esperienze che si fanno, oppure in maniera dispersiva e disorientante. Questa idea di fissità a cui si era arrivati alla società non piace più, non piace più la figura degli adulti (che hanno una vita fissa). Cambia quindi la concezione di adulto. Quando la vita cosmopolita diventa imperativa diventa stress, è uno stile di vita che non può essere sostenuto da tutti (magari per il ceto sociale). Più mettiamo recinti e facciamo esperienze diverse più ci individualizziamo e non riusciamo a mettere in comune. La nostra vita è incerta, non sapremo cosa faremo dopo, è fatta di scelte, la nostra razionalità diventa riflessività. Riflessività (Bauman, ma principalmente Giddens) La sua vita (del soggetto) non corre più su binari certi, definiti a priori ma si costruisce quasi giorno per giorno, scelta dopo scelta, con la sua riflessività, una sorta di continuo monitoraggio di sé stessi alla luce delle scelte effettuate. La riflessività è anche ciò che ci permette di costruire il senso delle nostre biografie. Un altro aspetto che ne consegue è il rischio (Beck parla dei nuovi rischi sociali) - Secondo Beck esistono anche rischi biografici, il fatto che le nostre vite sono più fragili. Tutto è frutto di una scelta contingente e ad ogni scelta si affronta il rischio di sbagliare. Una volta il rischio era “calcolato”, si sceglieva di rischiare (avventurandosi fuori dai limiti del “solito” oggi che siamo condannati a scegliere, il rischio è la norma). Se la biografia si costruisce individualmente passo passo, ad ogni passo ci esponiamo sempre a un rischio, spesso incalcolabile. Taleb (scrittore): il cigno nero, elemento di sorpresa che nel nostro mondo nasce con grande frequenza. Da cittadino a consumatore: il supermercato come metafora della vita individualizzata Bauman dice che siamo diventati tutti consumatori, non è che abbiamo solo il bisogno di riempirci di cose materiali (felicità dipende dal nostro consumo, non ci si sazia mai, è infinito), questa logica del supermercato vale anche per le relazioni. Oggettiviamo le nostre relazioni senza dare un valore personale. Bauman non considera il consumo sostenibile (consumerismo), lo ritiene poco rilevante. 20 Dopo la società Abbiamo perso appartenenze, ordine, sicurezza, legature, istituzioni Abbiamo guadagnato differenze, libertà, opzioni, soggettività (si mette più al centro l’io del noi) Cosa accade all’individuo con la globalizzazione Globalizzazione, il libro presenta tre approcci 1. Iperglobalista: positiva, legge la globalizzazione in chiave economica (espansione del benessere) (Levitt e Ohmae) 2. Visione scettica: 9/11 ha fatto domandare ad Huntington se le differenze di civiltà fossero evidenti, per lui si ,anzi, c’è proprio uno scontro tra civiltà. La globalizzazione o non esiste o è stata una breve parentesi (es. Huntington, Hirst, Rosenberg, Thompson). L’approccio scettico si declina in più visioni: c’è chi appunto pensa che sia solo una breve parentesi da collocarsi entro il 1989 (caduta del muro di Berlino) i 2001 (attacco alle torri gemelle), c’è chi nega l’esistenza di processi di globalizzazione o nega la loro importanza, cioè chi vede la globalizzazione non come un elemento di novità bensì come una intensificazione di dinamiche già presenti nella storia dell’uomo, infine gli autori sopra citati in particolare ritengono che non si possa parlare di colonizzazione per le varie differenze nelle aree geografiche del pianeta. 3. Visione trasformazionista della globalizzazione (Giddens, Beck, Bauman): in un mondo globale ci piace trovare piccole cose che raccontano di piccole cose. Anche detta visione post-scettica cerca di mediare tra le due opposte tesi di per globalizzazione e scettici. Vengono riconosciuti infatti aspetti che unificano l’esperienza umana livello planetario ma 21 anche aspetti che segnano la presenza di profonde fratture tra le diverse aree del pianeta. Per chi nega la globalizzazione a causa di tali fratture si può rispondere che in realtà la globalizzazione non significa la creazione di un unico Stato nazione di estensione planetaria, bensì che le nostre vite possono essere influenzate anche profondamente da eventi che accadono aldilà di questi stessi confini. Per chi dice che la globalizzazione non è un fenomeno realmente globale si può dire che invece ci sono fenomeni di cui tutti gli abitanti fanno esperienza (riscaldamento globale). Per chi invece sottolinea la continuità con il passato e nega la novità è importante sottolineare che l’umanità è sempre stata caratterizzata da dinamiche simili ma sviluppate in maniera diversa. Ulrich Beck sottolinea infatti come la presenza di rischi globalmente condivisi risulta quindi il principale fattore unificante dell’esperienza umana a livello mondiale. È un processo complesso e ambivalente La globalizzazione è un processo multi-dimensionale (globalizzazione economica, politica, culturale) ma anche ambivalente in quanto mix tra locale e globale (glocalizzazione), universale e particolare, omogeneizzazione e differenziazione. Il sovranismo torna perché ha paura del mix, dell’apertura della globalizzazione. Proprio per questa sua ambivalenza è difficile fare previsioni sullo sviluppo della società globale, anche perché è tale evoluzione dipenderà dall’esito di scelte prese dalle persone che abitano e abiteranno la nostra società. Le dimensioni della globalizzazione Per mostrare completamente come si manifesta la globalizzazione si fa riferimento a tre dimensioni: economica, politica, culturale. Bisogna però tenere a mente che queste tre aree sono fortemente interdipendenti ed è sbagliato considerare le ultime due una mera conseguenza della dimensione economica. 1. Globalizzazione economica: esempio di ciò è il fatto che una parte importante della produzione economica degli Stati contemporanei sia destinata all’esportazione o il fatto che esistano numerose imprese che suddividono la propria attività tra più paesi (per ridurre i costi e lavorare in paesi con meno tutele sindacali). Una crisi economica in un paese può avere ripercussioni su tutto il mondo (grande crisi del 2008). Esistono anche alcune istituzioni di carattere sovranazionale che cercano di regolare la vita economica livello globale (es. Banca Mondiale). 2. Globalizzazione politica: esempio di ciò è l’esistenza di organizzazioni istituzioni internazionali o globali che tentano di regolare la vita politica a livello sovranazionale (Nazioni Unite, Unione Europea, G7). Istituzioni che regolano attività internazionali (Unione Postale Universale). Esistono anche problemi che, globali per loro natura, trascendono le capacità di azione dei singoli Stati richiedendo strategie di azione altrettanto globali (es. Riscaldamento globale, diffusione di malattie, sfruttamento risorse naturali) 3. Globalizzazione culturale: prova di ciò è l’esistenza di prodotti culturali di consumo proposte conosciuti in ogni parte del mondo, così come l’esistenza di eventi globali. Testimonia ciò anche la nascita di prodotti culturali ibridi i luoghi in cui si sono incontrate culture diverse. Infine l’esistenza di valori che universalmente hanno importanza come la libertà. 22 - Modello della crescita: si pensa che la crescita sia infinita, senza limiti, invece di limiti ne avevano (pianeta). A noi oggi sembra scontato ma non lo è. Ibrido di natura e cultura: unire insieme questi due concetti per far sì che siano trattati dalla sociologia. (Fare un mix tra scienze sociale e scienze naturali) Multinaturalismo: dentro ogni cultura si definisce un’idea di natura, c’è una natura diversa Da natura a ambiente - Idea moderno-occidentale della natura con un forte imprinting nella scienza naturale e fisica. - Dall’altra parte abbiamo un’idea di natura viva, in cui l’uomo è immerso. Il paradigma ambientale è quello che ci fa individuare la relazione tra uomo e ambiente. Alcune tappe dell’ emergere della “questione climatica” nel XX secolo 1. Hiroshima, Nagasaki, (1945) L’umanità, con la tecnica che essa stessa ha costruito, è ormai in grado di auto-annientarsi (U. Beck) Abbiamo creato un sistema tecnologico con il quale riusciamo ad annientarsi, questo evento ne è la prova. Crea una coscienza planetaria, anche del fatto che siamo noi i nemici, non qualcosa di esterno. Questo evento mette l’opinione pubblica di fronte alla constatazione che scienza e tecnica hanno raggiunto la capacità di suscitare forze paragonabili a quelle dei più sconvolgenti fenomeni naturali.la scienza rivela l’ambivalenza di un sapere non solo creativo ma anche distruttivo. La natura appare quindi come qualcosa di cui prendersi cura. 2. Anni sessanta Il modello produttivo e il compromesso tra capitale e lavoro basato sulla promessa di una crescita continua vanno in crisi alla fine degli anni 60 con inflazione e conflitto sociale dilaganti. 3. Anni settanta La questione ambientale emerge intorno al 1970, anche se gli uomini hanno iniziato a modificare il pianeta fin dalle prime società stanziali. Da allora molte cose ecosistemi sono cambiati, crollati e quanto all’inquinamento dell’aria, esso coglieva la rivoluzione industriale i suoi effetti si sono palesati già nel XIX secolo. Nasce una nuova sensibilità culturale caratterizzata da una maggiore attenzione ai temi della vita quotidiana della vita, del pacifismo, del femminismo e della questione ambientale. Questa sensibilità si esprime nei “nuovi movimenti collettivi” (Melucci, sociologo) —> qualcuno li definisce culturali questi movimenti, prima i movimenti erano incentrati sul lavoro, sulla giustizia economica e sociale. - Maggiore visibilità effetti inquinanti delle industrie - Emergere dei valori post-materialisti, dare maggior importanza ovvero agli aspetti non economici (Inglehart, sociologo) 4. Stoccolma, 1972: primo summit ONU sull’ambiente 25 Seguito da programmi di ricerca internazionale l’avvio di politica organica riguardo 5. 1973: la prima emergenza energetica per ragioni geo-politiche (le conseguenze della “Guerra dei Kippur”, finisce perché intervengono le superpotenze ma c’è la crisi del petrolio perché i paesi orientali chiudono i rubinetti agli occidentali). Ci si rende conto che la crescita infinita è impossibile fisicamente. Le nuove generazioni si mostrano sensibile al tema del degrado ambientale e alimentano la crescita impetuosa di un nuovo movimento sociale: l’ecologismo. 6. 11 dicembre 1997: firmato il “protocollo di Kyoto” contro il riscaldamento globale (COP3) Entra però in vigore nel 2005 con scadenza nel 2012 Obiettivo: i paesi che lo sottoscrivono e ratificano si impegnò a ridurre le emissioni di gas serra del 5% (poi passato al 4,2%) rispetto alle quote del 1990. Per entrare in vigore era necessaria la ratifica di almeno 55 nazioni che insieme fossero responsabili del 55% delle emissioni mondiali di CO2 7. 16 dicembre 2015 “Accordo di Parigi” 8. 20 agosto 2018. Greta Thunberg “sciopera” (dalla scuola) da sola per la prima volta davanti al Parlamento di Svezia, a Stoccolma 15 marzo 2019: primo «Global Strike» per protestare contro il cambiamento climatico • Nasce ufficialmente il movimento Fridays For Future • Greta e il Movimento chiedono anzitutto maggiore impegno agli Stati per il rispetto di quanto sottoscritto nell’Accordo di Parigi Prima i movimenti erano incentrati sulla giustizia economica e sociale ora si parla di giustizia ambientale, climatica. Le questioni di giustizia sociale si intrecciano con le questioni di giustizia ambientale, alcune classi sociali subiscono questi cambiamenti più di altri, ora ci sono addirittura migranti climatici. La giustizia climatica e anche giustizia sociale e al riconoscimento di altri diritti 26 “L’ambientalismo senza lotta di classe è giardinaggio” Mettono insieme due rivendicazioni - ambientale - socio-economica (Riecheggia un po’ Marx—> è l’economia del sistema capitalistico che sfrutta il pianeta, Marx aveva colto solo quello che il capitalismo faceva alle persone, lo stesso è per l’ambiente però) Sostenibilità è un concetto di tipo relazionale, è un modello di sviluppo che tiene conto di tutte le dimensioni dell’essere umano per raggiungere complessivamente il benessere, senza rinunciare alla crescita. Bisogna rivedere le leggi dell’economia per far sì che il benessere non sia solo economico. Sostenibilità ha una visione olistica dello sviluppo—> significa che tutto è connesso. Essere olisti significa ricomporre il dualismo mente/corpo o quello che abbiamo separato. Il concetto di ambiente è nozione relazionale, è il luogo in cui tutti gli essere umani e non vivono insieme. Ecologia: termine che identifica lo studio dei rapporti tra organismi e processi biofisici circostanti. La nascita di questa disciplina del XIX secolo testimonia un cambio di prospettiva rispetto al passato. Un aumento di sensibilità verso le tematiche ecologiche si registra da quando si è iniziato a notare una trasformazione in senso “post-materialista” dei valori nelle società avanzate. tuttavia gli stili di vita delle società fluenti non sono cambiati anzi si sono diffusi globalmente. Inoltre molte scelte individuali sono sottoposte a vincoli sociali tecnici. Natura: nozione complessa, a volte è sinonimo della realtà materiale, altre volte contrapposta la cultura e i suoi prodotti, designa in ogni caso qualcosa di oggettivo. Latour preferisce parlare di collettivi se vogliamo evidenziare un nuovo paradigma perché con società ormai si indica solo il regno degli essere umani Crisi ecologica e mobilitazione ecologista spingono la sociologia occuparsi del tema. Emergono due filoni che riconducono la crisi e rispettivamente ragioni culturali e politiche. Paradigma dell’eccezionalismo umano (Catton e Dunlap) - Essere umano e natura sono separati (concezione dualistica) - Solo l’essere umano è dotato di intelligenza e «spiritualità» (è appunto un essere eccezionale - La natura è un semplice «oggetto», che funziona secondo leggi meccaniche - Grazie alle sue capacità «eccezionali» conosce le leggi della natura e la domina, come un semplice «oggetto» - Grazie alla sua intelligenza, che si esprime nel progresso tecnico-scientifico, è in grado di risolvere tutti i problemi presenti e futuri - L’uomo si sente quindi legittimato a trattare l’ambiente come un oggetto 27 Sondaggio realizzato dal 24 maggio all’8 giugno 2021 da IPSOS s.r.l. per Istituto G. Toniolo di studi superiori sulla popolazione italiana tra i 18 e i 34 anni. Il campione è composto da 2.019 casi, stratificato e casuale, rappresentativo dell’universo di riferimento per genere, per età (18-22 anni/23-25 anni/26-28 anni/29-31 anni/32-34 anni), area geografica (Nord- ovest/Nord-est/Centro/Sud + Isole), ampiezza comune residenza (sotto i 10.000/10.000- 30.000/30.000-100.000/100.000- 250.000/oltre 250.000), titolo di studio (Laureati/non laureati) e condizione lavorativa (Occupati/non occupati). LA SOCIALIZZAZIONE cap 31 (esser parte) La società è in continuo movimento in continua evoluzione, in cui le generazioni si passano il testimone, garantendo la continuità ma apportando anche cambiamenti. 30 Socializzazione è la società vista dal punto di vista dinamico. È un processo che mobilita tutte le componenti di quella che noi chiamiamo società in quel grande gioco che tutti quotidianamente giochiamo. Ha a che fare anche con l’essere più o meno sensibile a una tematica ed è il modo in cui ognuno sviluppa se stesso (ad esempio politicamente, religiosamente: se sei parecchio religioso probabilmente dietro c’è stato una forte socializzazione in quel senso). Il diavolo veste Prada: storia di conversione che finisce poi “male”. Conversione perché il protagonista cambia e cambia in un modo rispetto al quale fa fatica a riconoscersi. Ciò che ci fa vedere è il processo che chiamiamo socializzazione. Viene affrontata anche la questione del potere (Miranda), potere dato dal carisma ma che è portato alle estreme conseguenze. Si approccia ad entrare in un mondo che non conosce minimamente. La socializzazione è un processo di apprendimento, è una serie di situazioni all’interno alla quale apprendiamo qualcosa. Apprendiamo tutta una serie di elementi che ci servono per poter vivere in maniera efficacia e inclusa all’interno di un determinato contesto (nel caso del film: contesto lavorativo). È un caso di socializzazione secondaria quella che riguarda tutti gli ambiti più circoscritti a partire almeno dall’età scolastica (inizia quando si va a scuola e aumenta quando si diventa adulti perché aumentano le situazioni in cui inserirsi, anche la scuola è ambito di socializzazione secondaria). Imparare a stare nella società nel suo complesso è invece detta socializzazione primaria ed è principalmente a carico della famiglia. Nel film Andrea ha due figure a cui appoggiarsi: la prima assistente (sembra sottolineare le componenti di conflitto e di distanza tra le due in realtà) e Nigel che è più efficace nel richiamarla al fatto che per stare o in quel posto deve cambiare. Nella socializzazione si verifica anche un tipo di apprendimento che definiamo auto-apprendimento o apprendimento in situazione (non è conseguenza di momenti in cui ufficialmente si trasmettono le cose che servono a fare quel mestiere). Il processo di apprendimento può essere spontaneo o volontario e formalizzato o no. Socializzazione formale è quella che fa la scuola ad esempio, la socializzazione più informale è quella che avviene nelle situazioni. Non riguarda solo gli aspetti strettamente operativi (come fare un cosa), vieni socializzato anche alle caratteristiche dell’ambiente. Anche se può avvenire in un contesto altamente specifico può toccare altre componenti della nostra vita (es. lei lavora nella moda ma cambia tutto della sua vita). Un altro elemento che è conseguenza di questo fatto: le cose che apprendiamo se non c’è un processo formale, non è detto che siano il modo giusto di fare quelle cose, è il modo che impari perché hai vissuto in quell’ambiente (se cambi istituzioni cambi il modo). Lo “shock culturale” ora in realtà è molto diminuito, anche se ancora presente. Immagine di copertina: pranzo in famiglia all’italiana. È un’esperienza la quale siamo socializzati: sono solitamente i più giovani ad annoiarsi, perché è una situazione come la scuola in cui si chiede il rispetto di alcune regole e valori (c’è tanto apprendimento). La famiglia socializza ma siamo anche socializzati alla famiglia, c’è un dibattito su questa istituzione perché generazioni diverse sono state socializzate alla famiglia in maniera differente e nella nostra cultura si fa fatica a trasformare questo modello culturale a cui siamo stati socializzati per tanto tempo (dibattito sulle famiglie gay). Socializzazione significa anche cogliere gli elementi rituali che fanno parte della nostra vita quotidiana e sapervi partecipare nella maniera corretta. La socializzazione è il modo con cui la 31 società cerca di far ricevere alle nuove generazioni quelle regole e principi che servono per lo stare bene. La “trinità” di E. Morin: individuo, specie, società La natura complessa dell’identità umana necessita di un paradigma altrettanto complesso per studiarla.da qui nasce il paradosso: più conosciamo e meno comprendiamo l’essere umano. Ciò avviene perché le conoscenze che riguardano l’uomo non sono collegate tra loro, a causa degli specialisti e della frammentazione dei saperi. Sono le dimensioni della nostra identità complessa; anche la nostra sfera biologica concorre alla socializzazione e può (e deve) essere socializzata. Individuo, società, specie: ogni termine contiene l’altro. Portiamo dentro di noi la specie e la società cui apparteniamo, tuttavia così come l’individuo non si dissolve né nella specie, nè nella società che sono in lui come lui è in esse. Pur essendo irriducibilmente singolare, il soggetto individuale contiene il tutto della trinità umana. La socializzazione ha a che fare con la biologia anche perché si rende necessaria per il fatto che ogni giorno nuovi individui nascono e «bussano» alle porte della società. L’individuo umano è al 100% biologico e al 100% culturale. Per questa ragione, siamo identità multiplex, identità umane complesse. Pensati biologico/a: ricordiamoci conto che noi esseri umani abbiamo una componente biologica (abbiamo una parte animale) che ha a che fare con la socializzazione: - Siamo unici e apparteniamo alla collettività - La società è un elemento costitutivo dell’identità umana. - Per il fatto «biologico» per il quale continuamente vengono generati alla vita nuovi esseri umani che bussano alla porta della società. Ogni giorno nascono nuovi individui che bussano alla porta della società, si pone quindi la necessità di inserire un’educazione nuovi nati (possono essere socializzati in modo diverso perché ogni generazione ha situazione diverse= differenze generazionali). - Per il fatto che l’essere umano, biologicamente, è incompleto e non possiede geneticamente tutte le informazioni che gli servono per sopravvivere. Per questo grazie alla cultura rende abitabile il proprio mondo. Questo fa si che i «nuovi» esseri umani debbano apprendere ogni volta da capo come si sta in società. Quando nascono biologicamente sono incompleti e ci compliano solo attraverso la cultura—> la società è una costruzione culturale. Non hanno la consapevolezza di cosa significhi stare nella società quando nascono. Il confronto con le specie animali ci mostra la nostra incompletezza—> generiamo prole inetta, altri animali no per questo si ha bisogno della socializzazione, abbiamo bisogno di crescere nella società. - Per il fatto che dalla nostra componente biologica ci provengono tuttavia istinti, emozioni, pulsioni che devono essere controllate per poter vivere collettivamente. La socializzazione ha a che fare anche con questa forma di controllo (cfr. homo duplex di Durkheim ma anche Freud) - Opportunamente quindi Edgar Morin parla di trinità Individuo-Società-Specie. La nostra identità si costruisce dal dialogo tra queste tre dimensioni 32 - Siccome la socializzazione è un processo continuo, significa che non abbiano una volta per tutte quindi a volte è necessario anche risocializzarsi. La socializzazione ma ancora di più la risocializzazione non sono processi semplici, lineari a costo zero per la persona per il sistema sociale, ma sono l’essenza dell’identità multiplex della società complessa. ci sono inoltre casi estremi di risocializzazione, che coinvolgono quell’individuo che si trovano a dover accedere, spesso forzatamente contro la loro volontà, istituzioni totali come le carceri, gli ospedali psichiatrici, ecc. In tutti questi ambienti le persone vengono spogliate delle loro abitudini, delle loro routine, dei loro affetti e devono reinventarsi e adattarsi al nuovo contesto di vita. Durante le diverse fasi del corso di vita, gli individui hanno molteplici occasioni di socializzazione, formali e informali, secondo dei contesti e degli agenti socializzanti.a tal proposito è necessario distinguere due tipi di socializzazione, quella primaria e quella secondaria. Socializzazione primaria: prima infanzia (età pre-scolare, soprattutto a carico della famiglia). È la prima forma di socializzazione con cui l’individuo fa i conti e, probabilmente, anche la più importante. E tra le tante cose, la famiglia spesso agisce anche una socializzazione anticipatoria, ossia prepari figli e ruoli sociali futuri. Abbiamo assistito al passaggio da una famiglia allargata a nucleo familiare composto solamente da genitori e figli che da la responsabilità esclusivamente ai genitori di socializzare i figli. A ciò dobbiamo aggiungere una seconda trasformazione che ha riguardato in tempi più recenti la stessa famiglia nucleare. Sempre più sola nel far fronte ai compiti di cura educative dei figli, incontrato nuove sfide come la doppia carriera e le correlate difficoltà di conciliare famiglia lavoro. Inoltre, legami di coppia sono sempre più fragili e hanno portato alla formazione di famiglie monoparentali in molti casi. Ci sono poi le famiglie scomposte per motivi migratori. Evidente che la famiglia continua a svolgere un ruolo importante rispetto alla socializzazione primaria, senza nascondere che la complessità che la caratterizza spesso rende il processo meno lineare più faticoso sia per i genitori sia per i figli. Socializzazione secondaria: a partire dall’età scolare (e poi non si ferma più); la famiglia pian piano cede il passo ad altri agenti di socializzazione (gruppo dei pari, sempre più media fino al lavoro, associazioni, ecc...). Coinvolge agenti socializzanti formali e informali e si distingue dalla socializzazione primaria perché avviene prevalentemente al di fuori della famiglia, a partire dall’età scolare e prosegue per tutta la vita, prevalentemente in maniera graduale, informale, provvisoria e soprattutto volontaria. Durante l’infanzia, l’adolescenza e la prima giovinezza il gruppo dei pari è di fondamentale importanza per fare esperienza, anche in chiave anticipatoria, è un agente informale. I media (tradizionali e nuovi) svolgono un pervasiva e capillare ruolo di socializzazione informale, rappresentano dei canali informativi di interazione sociale notevoli. Ti permettono di frequentare i gruppi più o meno ampi su scala anche globale. Molto spesso questi gruppi esistono e si danno appuntamento te online sia off line: sono spazi ibridi. Più in generale tutte le istituzioni politiche, religiose, gli enti morali, associazioni con finalità culturali, ecologiche, sociali costituiscono potenziali agenti di socializzazione, anche se loro impatto è più ristretto rispetto a quello della scuola del gruppo dei pari e più legato alle singole biografie degli individui. Italia fenomeno della “famiglia lunga”: si diventa adulti cioè indipendenti dal punto di vista economico abitativo molto più tardi e spesso maniera incompleta. 35 La socializzazione è un percorso continuo che dura tutta la vita, proprio perché esiste quella secondaria. Più la società diventa complessa più la nostra socializzazione è chiamata in causa per farci imparare a stare in queste sfere eterogenee—> esistono competenze sociali. Questa distinzione è valida ma è anche da problematizzare, il nido è primario o secondario? Internet? L’ecologia mediale crea accelerazioni per quanto riguarda il processo di socializzazione. Cambia anche in base alla cultura. Socializzazione continua BRIM (1966, cit. in Smelser, 2005): distingue tra socializzazione infantile e socializzazione adulta (un altro modo per dire «primaria» e «secondaria») È un’altra distinzione diversa da primaria e secondaria Questi valori diventano quasi una seconda natura, si mettono in discussione ma sono fortemente radicati. Socializzazione come processo formale e/o informale In quanto forma di apprendimento nella quale impariamo a stare nella società in generale o in un ambito/gruppo più ristretto, definito e limitato, la socializzazione può essere FORMALE quando esiste: una esplicita progettualità e intenzionalità educativa una chiara distinzione tra socializzatore e «socializzando» un «mandato istituzionale» che investe una particolare agenzia del ruolo di socializzatrice (Besozzi, 2006). (Scuola). La scuola si è accreditata nel tempo come luogo fondamentale per la formazione integrale dei giovani, in cui apprendono i diversi saperi ma imparano anche a relazionarsi con pari e adulti diversi dei fratelli/sorella e i genitori. INFORMALE: Tutte le altre occasioni in cui frequentando persone, gruppi, contesti, organizzazioni apprendiamo in maniera spontanea e non strutturata risorse, regole, atteggiamenti e valori fondamentali per inserirci in un dato contesto. Non ci sono sessioni in cui ti si spiega cosa fare, ti “arrangi” Essendo la socializzazione un processo di apprendimento si sovrappone all’educazione, può essere formale e informale. La famiglia è un’agenzia formale perché il mandato educativo è esplicito. Le altre istituzioni le assegnano un mandato di tipo educativo. 36 Distinzione tra socializzando (giovani) e socializzatori (anziani). Anche la scuola è un’agenzia formale. Le agenzia informale sono ad esempio i gruppi pari e i media Socializzazione alla rovescia Se di solito la socializzazione prevede che sia la generazione adulta a socializzare le nuove generazioni, in questo caso avviene esattamente l’opposto. Friday for future, grande caso di mobilitazione. Es. tecnologia, cambiamento climatico. Risocializzazione (ri-apprendere regole, norme, valori di un contesto) Accade nell’ambito della socializzazione secondaria, ci troviamo posti nei fronte alla questione di cambiare ambito di vita dopo anni in un ambito. Risocializzazione significa ri-apprendere tutte quelle competenze che servono per vivere in quel contesto nuovo. Può essere sia l’ingresso in un mondo nuovo sia un dei valori dimenticati (vita durante il lockdown). Siamo portati a cambiare spesso ambito. In ambito lavorativo abbiamo imparato ad essere flessibili per essere sempre capaci a risocalizzarci (siamo più capaci ad adattarci, rende il cambiamento meno doloroso). - Quando si cambia modalità di lavoro - Quando si cambia lavoro - Quando si cambia azienda/ organizzazione - Quando sui esce da una istituzione totale - Andare a vivere all’estero Socializzazione anticipatoria: quando si cerca di assumere le caratteristiche comportamentali di un gruppo o categoria sociale del quale si aspira di far parte. Spesso in famiglia si pratica questo tipo di socializzazione per preparare i figli ai ruoli che assumeranno in futuro (genitori preoccupati per il futuro dei figli, può essere anche manipolatoria). Ambiti di socializzazione La socializzazione è in vari ambiti e dura tutta la vita, esiste la socializzazione: - Politica - Lavorativa - Religiosa - Alla vecchiaia —> non è facile né gradevole - A tutte le età in realtà c’è una socializzazione La politica e la religione erano definite le grandi appartenenze, nelle generazioni precedenti venivano acquisite automaticamente (dalla famiglia e dalla scuola). Le agenzie che prima orientavano quegli ambiti di vita ora non lo fanno più. La famiglia non educa alle regole ma all’affetto (non è più tanto formale). I marcatori di passaggio tra una età e l’altra non sono più così chiari. Socializzazione al genere 37 Trasmissione: il messaggio passa trasversalmente senza cambiare il contenuto (con l’atto di comunicativo il ricevente interpreta) MODELLO CONFLITTUALISTA • La socializzazione riproduce le diseguaglianze sociali e le divisioni tra gruppi (classi e ceti) • Le variabili ascritte giocano un ruolo fondamentale creando diverse condizioni di partenza (anche nell’istruzione, che quindi non ha sufficiente portata emancipativa) • Essere socializzati a un lavoro è sempre anche essere socializzati al livello di potere, prestigio e ricchezza che quel ruolo occupa all’interno della società Se la socializzazione forma la nostra personalità - Allora dura tutta la vita - E conferma (contro la socio-biologia) che l’essere umano è un essere strutturalmente aperto è indeterminato STATUS-RUOLI 40 Il ruolo è sempre collegato a uno status, sono collegati perché sono due facce della stessa medaglia. Status: posizione che occupo all’interno della società. Qualsiasi forma che può assumere la mia identità sociale. Possono essere formali o informali, socialmente centrali o meno. Queste posizioni possono essere ascritte (provenienza etnica, sessualità biologica, età) o acquisite (lavoro) A volte il confine tra status e ruolo non è chiarissimo: Smelser usa «musicista» sia rispetto allo status (in questo caso acquisito, prestazionale) e ruolo. Come distinguere? 1. Lo status indica chi è una persona (è immigrato, è adolescente, è anziano, è ingegnere, è musicista); definisce l’identità (sociale) 2. Ogni individuo può contemporaneamente avere più status per effetto della «pluricollocazione sociale», tipica delle società moderne 3. IL RUOLO indica cosa una persona è tenuta a fare dal momento che occupa quel determinato status o meglio, quello che gli altri, la società si aspettano da lui in termini di comportamento per il fatto di avere un particolare status. Esistono quindi aspettative socialmente legittime rispetto ai ruoli 4. Queste aspettative possono essere formalmente o informalmente giustificate: nel primo caso esistono norme e leggi che prevedono sanzioni positive o negative (a seconda che si segua o ci si allontani dal ruolo); nel secondo caso le sanzioni sono di altra natura 5. A ogni status corrispondono diversi ruoli (il loro insieme è detto «complesso di ruoli») Il ruolo è l’insieme di comportamenti, norme, atteggiamenti, prescrizioni, modi di essere e di fare che la società associa un particolare status. È la componente normativa dello status. Gli status che diventano formali sono quelli che la società ritiene più importanti e quindi vanno tutelati. Pluricollocazione sociale: avere più status contemporaneamente Simmel—> viviamo all’interno di più sfere Complesso di ruoli 41 Possono associarsi diversi ruoli, quindi diverse aspettative, che possono anche configgere tra loro (Esempio: alcuni ruoli associati allo status di musicista rock: più etichette discografiche) Alcune precisazioni sugli status e sulle loro “carriere” La deregolazione della socializzazione può portare conseguenze paradossali • Ci sono status che valgono prevalentemente a livello micro (in alcune situazioni limitate nello spazio e nel tempo) • Ci sono status che valgono a livello macro; che cioè si standardizzano e hanno valore più generale per tutta la società (in questo caso tendono anche a formalizzarsi) • E’ sempre la cultura di una società a stabilire quali status guadagnano centralità e quali rimangono periferici. • La società moderna ha sempre dato centralità agli status connessi al lavoro e alla famiglia; nella società contemporanea c’è invece molto più relativismo e contano maggiormente le situazioni (da Parsons a Goffman) • Uno status può comunque avere una «carriera» cioè passare da posizioni marginali a posizioni più centrali) • Per accorgerci della centralità di uno status basta osservare quanti elementi, materiali e immateriali di una società, sono legati a quello status. • Scegliere di identificarci maggiormente con uno status o con un altro è una decisione ad un tempo soggettivamente libera e socialmente vincolata Se la socializzazione forma la nostra personalità • Allora dura tutta la vita • E conferma (contro la socio-biologia) che l’essere umano è un essere strutturalmente «aperto» e indeterminato I tratti individuali si delineano nel quadro di un’appartenenza sociale; essa, a sua volta, non può prescindere dalla volontà degli individui di appropriarsi degli elementi fondamentali della cultura di appartenenza. Lo sviluppo della personalità avviene per fasi successive, prende forma delle interazioni che il soggetto ha con gli altri, con l’ambiente, dalle esperienze che realizza e dalla cultura di cui fa parte. Le teorie dello sviluppo della personalità 1. Le teorie del sé: Mead e Cooley Per Mead il sé è un processo continuo di dialogo tra le due parti di cui è composto ovvero l’io (la dimensione spontanea) e il me (gli altri così come Leo li percepisce). Grazie a questo dialogo il se apprende a vivere in società che l’autore chiama “altro generalizzato”. In questo percorso è fondamentale ruolo del gioco infantile, sia nella sua declinazione spontanea (play) sia in quella organizzata (Game). 42 Fare l’insegnante porta a sviluppare un certo linguaggio e mantenerlo e un determinato modo di fare (facilmente caricaturizzabile). Questo è sempre causa della socializzazione, adottano le regole del posto in cui stanno. La scuola è l’ambiente principale nella giovinezza. Il vissuto scolastico; fondamentale ma la sociologia dell’educazione studia gli aspetti più formali. La sociologia studia i vissuti ma quando studia la scuola la studia come se fosse un’istituzione—> sociologia dell’educazione. La socializzazione può essere formale o informale, la scuola è un luogo formale di socializzazione, quindi l’educazione è la socializzazione formale che avviene all’interno dell’istituzione scolastica. Due linee guida degli studi sociologici sull’educazione, che non si escludono a vicenda: - L’interesse antropologico-culturalista - Il focus su giustizia ed uguaglianza La persona come medium forma dell’educazione È evidente che la persona umana è il mezzo attraverso cui l’educazione si svolge. Quest’ultima è una relazione infatti tra soggetti educatori e educati, e tra le condizioni fondamentali della sua riuscita contano naturalmente le capacità e le disposizioni di entrambi. È anche chiaro che l’educazione mira a trasformare i soggetti educandi, cioè a suscitare nei bambini un certo numero di Stati fisici e mentali, intellettuali e morali, che la società desidera presenti in tutti i suoi membri (Durkheim). Secondo Durkheim dunque, i contenuti dell’educazione corrispondono all’esigenza della società di continuare a esistere e che alcune sue funzioni siano costantemente svolte. Durkheim ritiene infatti che tutti gli attributi propriamente umani abbiano origine nella società e siano in scritti nell’individuo attraverso il fatto sociale che è l’educazione. Non esisterebbe una natura umana, se non una base di istinti, su cui si innesta il nostro essere specificamente umani, cioè esseri sociali. La società che Durkheim vede sorgere con la modernizzazione europea richiede caratteristiche quali lo spirito di disciplina, l’attaccamento al gruppo sociale la tua anomia individuale (sono questi quindi i valori educativi centrali che la scuola deve trasmettere, oltre la capacità di svolgere alcuni ruoli professionali). In ultima analisi, la società e origine, il mezzo e il fine dell’educazione. Da queste considerazioni si può trarre una conclusione importante, nel modello durkheimiano, come successivamente in quelli che a esso si ispirano, educazione, istruzione e socializzazione coincidono. L’educazione è quella impartita dalle e nelle scuole, e i suoi mezzi, fini e contenuti sono in tutto sociali. Questo modo di interpretare la funzione formativa dell’educazione (la sovrapposizione) non va data per scontata. 1. L’educazione va oltre gli aspetti tecnici come l’alfabetizzazione l’apprendimento di nozioni 2. I processi educativi avvengono in vari ambienti sociali anche al di fuori delle scuole. in epoche, tipi di società e modelli teorici differenti tra i concetti di educazione, socializzazione istruzione stanno tra loro in differenti connessioni. Anche Weber osserva il cambiamento della società europea a cavallo tra ottocento novecento è una delle tendenze fondamentali che lo costituiscono è un processo di razionalizzazione e 45 individualizzazione. Weber inquadra questa idea in un’immagine storica dell’evoluzione delle culture educative che sarebbero passate dal soggetto carismatico all’ideale dell’uomo colto, fino allo specialista tipico del mondo a lui contemporaneo. Con questo, Weber introduce anche l’idea che la stratificazione sociale, le classi e i ceti abbiano interessi specifici che si rispecchiano nelle istituzioni educative. Rapporto scuola-società, in particolare rispetto ai seguenti aspetti (e al loro variare in base alle trasformazioni sociali e culturali) Tutti questi ambiti interessano alla sociologia Scuola: promuovere l’Uguaglianza di contro alle differenze ascritte Il progetto della modernità occidentale, di realizzare una società ispirata a libertà e uguaglianza, si rispecchiano nel compito che le società moderne idealmente attribuiscono ai sistemi educativi. Le scuole devono permettere che gli individui capaci e meritevoli possano raggiungere i gradi più alti degli studi e con questo aspirare poi a posizioni professionali e status sociale più elevati, indipendentemente dal fatto che le loro famiglie possiedono le risorse economiche, sociali e culturali per sostenerli. Questo è dunque la funzione egualitaria o di mobilità sociale che sistemi educativi dovrebbero svolgere. Nelle società liberal-democratiche di stampo occidentale, essa non consiste nel garantire tutti gli stessi risultati, ma nel mettere tutti sulla stessa linea di partenza, eliminando vantaggi e svantaggi ascrittivi, perché poi ognuno faccia liberamente la sua corsa nella vita (eguaglianza di opportunità). • Scuola: finalizzata a fornire conoscenze, competenze, valori e norme che riducano al minimo le differenze di partenza • La sua azione formativa, quindi, deve cercare, per quanto possibile, di annullare o contenere le differenze ASCRITTE 46 L’aspetto culturale entra a definire le relazioni nella scuola (es. pressione al digitale, le tendenze culturali della società penetrano nella scuola). La scuola un tempo era più tecnocratica e formava un certo tipo di competenze hard, ora si fa attenzione anche alla parte relazionale e soft. La scuola è doppiamente oggetto della sociologia: 1. Come mondo e ambito a sé 2. Tutto ciò che c’è dentro la scuola può variare in base a quello che c’è all’interno della società La sociologia dell’educazione studia il rapporto tra scuola e società, si possono vedere quindi come trasformazioni culturali più ampie abbiano effetto sulla scuola. Quando la scuola è capace di produrre uguaglianza (dovrebbero prevalere i ruoli acquisiti, una società completamente democratica deve essere una società in cui l’acquisività vinca sull’ascrizione perché i ruoli acquisiti potenzialmente possono essere appresi da tutti)? La scuola dovrebbe ridurre al minimo in partenza le differenza e in uscita restituisce persone diverse ma hanno pari possibilità di giocarcela nel gioco della vita. 47 Un pensiero critico dovrebbe sempre tenere conto del fatto che la valutazione non è mai neutro- oggettiva perché i criteri li sceglie chi sta ai vertici delle istituzioni. La società istituzionalizza ciò che riteniamo più prezioso, ma siamo sicuro che il modo in cui veniamo valutati sottolinei il valore che abbiamo acquisito in questo percorso. Aspetti strutturali sono un po’ carenti Il futuro dell’educazione e della scuola: alcune possibili direzioni: 1. Espansione della scolarizzazione: la scuola avrà sempre più un ruolo decisivo nella formazione degli individui 2. Esternalizzazione dell’istruzione: in questo caso si avrebbe invece una forte differenziazione degli attori e delle reti sociali che si auto organizzano per fornire risorse educative. Ciò significherebbe aumentare enormemente la possibilità di scelta di programmi contenuti. Le scuole pubbliche rimarrebbero come parte di rete complesse, giocando un ruolo parziale 3. Le scuole diventano terminali educativi: scuole manderebbero la maggior parte le proprie funzioni, mentre un ecosistema di risorse e possibilità educative che potrebbero attingere, in modo collaborativo. Questo scenario vedrebbe una grande flessibilità nello sperimentare 50 programmi e metodologie. Questo scenario modifica anche la professione dell’insegnante, che dovrebbe essere formato operare nel nuovo panorama e a collaborar intensamente con altre figure professionali. 4. De-istituzionalizzazione dell’istruzione: continuerà a fluire in maniera più liquida senza passare in maniera onnicomprensiva dalle istituzioni. Non è mai una cosa del tutto positiva perché le istituzioni sono importanti nel dare forma alla società (Durkehim). Quanto l’auto- apprendimento può fare concorrenza all’apprendimento istituzionalizzato (la nostra generazione è in grado di apprendere dai media digitali). Questo scenario aprirebbe l’opportunità di costruirsi i propri percorsi formativi del tutto personalizzati di farli certificare non grazia diplomi rilasciati dalle scuole, ma da agenti autonomi addirittura in automatico. lo scopo di prevedere esattamente quello che accadrà e sto per aiuta a capire quali sono i punti di tensioni, le tendenze in atto e dove potrebbero condurre. I temi cruciali sono i seguenti: - L’esplosione delle tecnologie per l’istruzione - L’eccesso di stimoli e la rapidità del cambiamento spinge a modificare curricula, programmi e metodi - Le reti tra attori dell’istruzione richiedono di essere messo in gioco collaborando più intensamente che in passato - La professione dell’insegnante si trasforma profondamente il moltiplicarsi degli attori nel campo educativo potrà risultare in reti cooperativi per sostenere lo sforzo delle potenzialità umane nella società ipercomplessa, ma potrà anche frammentare i processi educativi, privandoli di alcune delle funzioni fondamentali che ha avuto per la società storicamente note. Dimensioni dell’educazione: cultura, ordine sociale e potere La società globale in cui viviamo è caratterizzata da molteplici tendenze di lungo periodo, che influenzano profondamente processi educativi. Ci limitiamo ad alcuni cenni: - L’accelerazione sociale implica che le azioni di esperienze possibili e richieste in un determinato lasso di tempo aumentino continuamente. - La volatilità e l’incertezza crescenti rendono precari i progetti di vita, ma anche i canoni di ciò che si deve imparare, il sostegno che le istituzioni possono offrire alle persone nelle varie fasi della loro traiettoria biografica, i valori cui è possibile ispirarsi. - L’enorme sviluppo delle reti comunicative effetti non è ancora del tutto chiari sulla capacità delle persone di concentrarsi, di pensare, direzionarsi agli altri alle cose. questi trend lanciano sfide profonde alle istituzioni educative. In particolare la situazione comporta un eccesso di stimoli. La persona umana rischia di apparire inadeguata ad abitare una società del genere ed è spinto a migliorare ottimizzare se stessa per fornire prestazioni sempre più elevate. In linea generale, possiamo sottolineare che cambiano le capacità richieste le persone. Alle competenze di base si aggiungono sempre più la capacità di estrarre interpretare informazioni 51 delle fonti diverse ed imparare continuamente, cioè di imparare a imparare. Occorre specializzarsi inoltre in cui le competenze in cui gli esseri umani non possono essere sostituiti dalle tecnologie. Fini dell’educazione e persona umana Emerge l’esigenza di personalizzare l’educazione e l’istruzione. Questo però può significare due cose diverse: - L’idea è di offrire risorse educative che si adattino ai bisogni individuali, sempre meno standardizzati, e alle richieste che il mercato del lavoro rivolge le persone stesse e. L’esito è un potenziamento delle persone con sempre nuove competenze e conoscenze. - Mobilitare tutti gli aspetti della personalità, impedendo che le condizioni sociali corrodano il carattere e dotando le persone di competenze che aiutino navigare nella complessità attuale, resistendo allo stress, imparando a collaborare in ambienti sociali e culturali molto differenziati, e così via. LAVORO Il lavoro in prospettiva sociologica (cap 43) Marienthal. Sociography of an unemployed community è un testo fondamentale per la sociologia del lavoro, che presenta i risultati di un’indagine realizzata nel 1933 in una cittadina austriaca investita dalla disoccupazione. Quello che colpisce particolarmente l’intreccio fra povertà economica e povertà di senso che attraversa la comunità disoccupata. Il lavoro rappresenta una dimensione irrinunciabile della condizione umana ed è inscritto nelle orizzonte di senso che ci trasforma da soggetti in persone. Fine del lavoro? Due sociologi del lavoro: - Domenico de Masi: è stato uno dei primi studiosi a prendere in considerazione il tema del telelavoro (anche quando non c’erano ancora le tecnologie). - Jeremy Rifkin la fine del lavoro (1995): è un saggista più che un sociologo. Fa iù che altro previsioni Quando parlano della fine del lavoro intendono provocare, intendono la fine di un modo di lavorare. De Masi crede che si sarebbe sviluppato per essere sempre meno standardizzato e sempre più creativo, sempre meno fabbriche. De Masi è quindi abbastanza ottimista, profetizza l’inizio di un modo di lavoro più positivo. Secondo Rifkin, che è più pessimista, le tecnologie avrebbero ridotto il bisogno di lavoro, quindi qui letteralmente finisce il lavoro, perché non ci soni tantissimi lavoratori della conoscenza. Le tecnologie faranno tutto loro. Ma il problema di Rifkin è che cosa faranno tutte le persone che rimarranno escluse dal lavoro? Ci sarà una grande quota di popolazione che non sarà impiegata Piramide di Maslow—> indica i bisogni, alla base ci sono i bisogni materiali e poi desideri di realizzazione e auto espressione. Lavoro: valore e istituzione (o meglio, istituzione perché valore) L’idea centrale di Marx è che il lavoro sia fondamentalmente un valore perché mette in campo tutte le dimensioni dell’uomo, è un’attività di trasformazione che arricchisce e porta ad una maggiore 52 taylorismo e dare sempre più valore alla componente umana. Anti Taylor, ma non come Marx che ne è proprio l’antitesi. È stato chiamata do una fabbrica come consulente in un certo senso, il problema degli imprenditori è quello di alimentare la produttività. - L’approccio di Elton Mayo è in prospettiva manageriale (cioè vede le cose sostanzialmente dal punto di vista dei dirigenti) - Ma contrariamente a Taylor ritiene che il management debba tenere conto del fattore umano in modo più significativo, non per comprimerlo ma per valorizzarlo e metterlo a “servizio” della produzione stessa - Quello delle relazioni umane è un approccio psico-sociologico al lavoratore che parte dall’importanza dei significati attribuiti al lavoro - In particolare la Scuola delle relazioni umane sottolinea l’importanza della dimensione informale delle relazioni sociali tra lavoratori all’interno della fabbrica - Quando il «clima relazionale» è buono, anche la produzione migliora - Le teorie della Scuola delle relazioni umane si fondano sulla osservazione empirica dei - lavoratori in fabbrica - I luoghi di lavoro sono fatti di persone che si muovono guidate anche dei significati attribuiti al lavoro, e non unicamente a partire da ragioni economiche. - È un approccio criticato per non aver messo in discussione il carattere etero diretto del lavoro, quindi la struttura di potere alienante presente nell’industria e la parte che lavoratore riveste in essa. - Il lavoro in gruppo, che per la scuola delle relazioni umane una dimensione informale spontanea, diviene per certi versi una prescrizione secondo la prospettiva dell’approccio socio-tecnico, che si concentra sull’intreccio fra sistema sociale sistema tecnico dentro un’organizzazione intesa come sistema complesso, aperto interazioni con il proprio ambiente di appartenenza. Sono noti gli studi e gli esperimenti di Mayo su gruppi di lavoratori preso la Western Electric di Chicago (stabilimenti Hawthorne), iniziati nel 1928 su chiamata della stessa compagnia. Inizia a fare esperimenti per cambiare le condizioni lavorative e aumentare la produttività, gli esperimenti iniziano col modificare la luminosità, ma l’andamento non dimostrava che indipendente dal livello di illuminazione proposto gli operai osservati producevano di più. Chiesero quindi a Mayo di fare degli esperimenti per capire come aumentare la produttività e si rese conto che non era il miglioramento delle condizioni fisiche a produrre un miglioramento della produttività, migliorava perché dipendeva dal fatto che entrambi i gruppi sapevano di essere osservati da qualcuno. - Scopre quindi l’effetto Hawthorne Effetto Hawthorne Se un gruppo di lavoratori è consapevole che qualcuno li osserva mentre lavorano (e quindi in qualche modo si occupa o «preoccupa» di loro, allora tale gruppo aumenterà la propria produttività. La prima ipotesi di Mayo fu quella che essere osservati comunica attenzione e interesse, vengono studiati perché qualcuno vuole migliorare le loro condizioni. In realtà quell’effetto viene anche spiegato nella maniera opposta, ovvero siccome sono osservato mi comporto in un certo modo perché mi sento a disagio. Mayo viene spesso ricordato anche in chiave metodologica, la presenza dell’osservatore modifica inevitabilmente il campo di osservazione. La dimensione informale della situazione lavorativa conta tanto quanto la dimensione formale. L’organizzazione lavorativa è un contesto formalizzato, l’organizzazione in termini di ruolo serve a regolare le reciproche aspettative rendendo più facili le interazione. L’organizzazione è quello che rende il tutto una macchina. Però durante il lavoro si svolgono anche 55 attività informali, a partire dalle scoperte di Mayo si è capito quanto importante sia questo aspetto informale. Con il Taylorismo non si andava oltre le pause che la scienza consigliava. La condizione non dipende dall’ambiente ma dalla qualità delle relazioni umane—> importanza delle relazioni informali(percepiscono che qualcuno si preoccupi di loro). The Tavistock Institute of Human relations(1947) È quella scuola di pensiero che parte dal presupposto che le organizzazioni sono dimensioni socio-tecniche. Come punto centrale dell’organizzazione del lavoro pone il gruppo di piccole dimensioni, è caratterizzato da una retribuzione dei suoi componenti a partire dalle medesime condizioni contrattuali, la presenza di un iter formale che lo coordina, la possibilità di organizzare flessibilmente lavoro, di pianificare gli obiettivi e valutare i risultati. Non devo basarmi solo su quello che fanno le persone ma anche su tecnica e tecnologia. Porta avanti anche le intuizioni di Mayo, per il Tavistock Institute l’azienda deve farne criterio di impostazione dei suoi processi organizzativi, intuisce l’importanza del team work. Secondo Mayo avveniva tutto in maniera molto più spontanea. In ogni caso però deve esserci un’autorità riconosciuta. Ogni gruppo di lavoro deve avere un compito che ha un inizio, uno svolgimento e una fine perché si vuole scongiurare il rischio di alienazione dato dal lavoro in serie. Faccio una cosa specifica sempre, ma non così specifica da alienarmi. Le organizzazioni (lavorative) sono un intreccio inscindibile di elementi sociali (relazioni umane) ed elementi tecnici (macchinari e tecnologie) • Detto altrimenti sono sistemi sociotecnici, in cui le due dimensioni si modellano reciprocamente e co-evolvono • Nelle nostre analisi del lavoro, delle sue condizioni, della sua produttività, dobbiamo tendere conto anche delle relazioni tra umani e non-umani • Dentro le organizzazioni il lavoro andrebbe organizzato dividendo la forza lavoro in piccoli gruppi autonomi, guidati da un leader formale e dedicato a uno specifico compito in sé concluso e sensato, di modo che chi vi si dedica possa cogliere il senso di ciò che sta facendo (e non rischiare l’alienazione di cui parlava Marx) Come cambia il comportamento in base a soluzione tecniche (e tecnologie) diverse. LaTour parla anche di questo argomento: come cambiano le interazione per il fatto che si è rotto un chiudi porta? (è un suo saggio)- > si trovano soluzioni diverse. La Scuola francese del Traité de Sociologie du travail (Friedmann e Naville, 1961) - Approccio critico e non manageriale - Analizzano il lavoro anche fuori dall’industria - Analizzano il lavoro a partire dalla persona. Il lavoro e quindi una dimensione costitutiva della persona, del suo percorso di crescita, e non può essere ridimensionato fattore produttivo. Il lavoro è umano, abbiamo imparato che è reddito per il capitalismo. Dobbiamo avere una visione più ampia del lavoro e valutare il lavoro che facciamo alla luce di questa concezione ampia, solo così possiamo criticare. Il dato va guardato all’interno di una prospettiva più ampia, potrei anche scoprire che il dato è falso. (Rimette una dose marxista in questo dibattito) - Il lavoro nonostante il progresso è ancora la costante della vita umana in società - Per questo il lavoro è una dimensione costitutiva della persona Il lavoro è espressione della persona e per questo deve essere valorizzato nelle sue dimensioni: 56 1. Dimensione intellettuale: superando la distinzione tra lavoro operativo e pensiero direttivo 2. Dimensione morale: deve generare la stima di chi lo compie, promuovere la dignità della persona 3. Dimensione sociale: deve essere caratterizzato da una dimensione relazionale, identitaria e di utilità sociale La sociologia del lavoro in Italia - Simile a quella francese del Traité di Freudmann e Naville ma meno accademica (come la scuola francese guarda il lavoro dal punto di vista del lavoratore. È meno accademica perché prima di istituzionalizzarsi in ambito universitario, si radica nei luoghi di lavoro) - Si è infatti prodotta direttamente “sul campo” e negli ambienti lavorativi prima di istituzionalizzarsi in università - Ricordiamo l’esperienza di studio socio-lavorista sorta intorno alla fabbrica di Olivetti a Ivrea, fondata da Camillo Olivetti nel 1908 e portata al pieno successo dal figlio Adriano - Oggi Ivrea è stata riconosciuta patrimonio Unesco Parte da un’esperienza pilota: l’esperienza di studio socio-lavorista sorta intorno alla fabbrica di Olivetti a Ivrea, fondata da Camillo Olivetti nel 1908 e portata al pieno successo dal figlio Adriano. Olivetti inizia producendo macchine da scrivere (lettera 21 è il modello più famoso perché curavano anche il design). Hanno la convinzione che il lavoratore debba essere posto in un sistema capace di soddisfare i suoi bisogni. Per fare ciò non basta una buona fabbrica (buon ambiente lavorativo), serve un’intera comunità. È l’imprenditore che deve prendersi carico di ciò: inserirlo in una comunità capace di rispondere ai suoi bisogni (culturale, benessere). La fabbrica era frequentata da artisti e uomini di cultura che avevano il compito di soddisfare intellettualmente la fabbrica. La comunità sociale: riguarda anche i servizi, nasce una rete di asili, servizi sociali (welfare aziendale). L’operaio non svolge solo un compito ma è una persona che deve essere “coccolata”. Valorizza ogni persona. Esperienza dell’Olivetti si aggiunge anche i Quaderni Rossi. Villaggio Crespi: idea che si traduce in uno spazio (anche questo patrimonio UNESCO). La sua idea era abbastanza funzionalista, creare un villaggio in cui tutti vivono nei pressi per ottimizzare i tempi e faceva socializzare le persone. intorno alla fabbrica era nata una comunità anche se non valorizzava come Olivetti. Borgo Solomeo: Cucinelli si occupa del lusso e per produrre il Made in Italy servono secondo lui delle condizioni favorevoli a ciò. Chi si dedica alla produzione del lusso che rappresenta il Made in Italia debba essere circondato da bellezza. Ha creato un teatro, una scuola dei mestieri luoghi comunque legati alla cultura. Ristrutturato da B. Cucinelli (dal 1978) come emblema del suo «capitalismo umanistico». La scoperta della flessibilità (nella seconda metà del Novecento) Da Ford a Toyota: consolidamento del cosiddetto modello giapponese. Questa idea parte appunto in Giappone. Lo “spirito Toyota” consiste nell’immaginare e nell’implementare processi organizzativi finalizzati a produrre una impresa «zero sprechi» mediante due principi fondamentali: 1. Just in time: l’idea è quella di pensare all’inverso dal mercato per adeguare velocemente la produzione alle richieste, sincronizzare fornitori e impresa principale per rendere disponibili le componenti del processo produttivo nel tempo giusto e nella giusta quantità. 2. Auto-attivazione rispetto al mercato (pensare dal «basso» adeguando la produzione alle reali esigenze del mercato): rendere attive le macchine, così come lavoratori, che devono 57 lavorativa, che di fatto rappresenta l’impossibilità per la persona e dare seguito a un progetto di vita. Automatizzazione È un passaggio storico, variegato a seconda degli ambiti nei quali si è diffusa, caratterizzata dalla sostituzione di lavoro umano attraverso le macchine a funzionamento automatico. L’automazione è finalizzata anche a garantire integrazione controllo, implica competenze nuove specialistiche e produce un primo segnale di polarizzazione fra lavoratori altamente qualificati, legati alla progettazione, controllo e manutenzione dei processi automatici e altri che di fatto sono controllati esclusi dall’automazione dei processi lavorativi. L’automazione ha generato nello stesso tempo dinamiche di downgrading o upgrading, riferibili alle specifiche modalità attraverso le quali è stata inserita dentro disegni complessivi di organizzazione del lavoro. Digitalizzazione: le conseguenze che non ti aspettavi. Neo-taylorizzazione I rider: controllati costantemente. Taylorismo dal basso—> anche chi lavora vuole l’efficienza, i lavoratori sviluppano forme di auto taylorismo, volendo ottimizzare il loro lavoro (nel caso del delivery, la bicicletta). Il cambiamento del lavoro e i processi in atto Alcuni passaggi:  Dalla standardizzazione alla de-standardizzazione. Di prodotti e dei processi produttivi, con una continua ricerca di flessibilizzazione del lavoro in tutte le sue componenti.  Da un’idea di lavoratore passivo, a un’idea di lavoratore attivo, coinvolto nei processi organizzativi, disponibile a cambiare attività lavorativa, rinnovare le competenze.  Da una uniformità o una diversificazione del lavoro dentro un’organizzazione modulare, scomponibile ricomponibile secondo un complesso disegno a rete, che implica una strategia di frammentazione del lavoro è una diversificazione delle condizioni lavorative per forma contrattuale e delimitazione spazio-temporale. quello cui stiamo assistendo il consolidarsi di una società dei lavori, un’eterogeneità della composizione sociale del lavoro, riferibile al diversificarsi delle forme contrattuali, i contenuti, delle modalità, degli spazi e tempi di lavoro. Tutto ciò è stato favorito dalla migrazione. Anche il sistema di creazione del valore economico è mutato. L’accelerazione dei processi sociali si lega alla frammentazione modularizzazione del lavoro, quindi è una continua scomposizione e ricomposizione dei processi secondo un modello organizzativo rete, che legano gli autonomi, ciascuna portatore di competenze distintive. E cultura del lavoro e qualità della vita lavorativa Per comprendere i cambiamenti in atto nel lavoro, è interessante porre attenzione a due grandi temi della sociologia del lavoro: la cultura del lavoro e la qualità della vita lavorativa. Senso e significato del lavoro Senso: è una dimensione personale, in parte inconoscibile, e la relazione profonda fra senso e significato va intesa come passaggio dal livello originario, che resta incommensurabile, a livello di mediazione simbolica. Quella componente di senso che riusciamo a cogliere espressa attraverso significato, costituito dalla persona nelle relazioni Inter soggettive. Il passaggio dal senso al significato implica quindi un’elaborazione sociale, un processo di significazione condivisa, che rende segni il significato elemento oggettivato di mediazione culturale, in grado di facilitare la comunicazione e la comprensione fra le persone all’interno delle relazioni. 60 L’insieme dei significati attribuiti al lavoro compone il contenitore più ampio della cultura del lavoro, che influenza la costruzione dei significati. La cultura costituisce un insieme di idee, credenze, modi di pensare che caratterizzano una fase storica e accomunano differenziano persone e gruppi sociali. La cultura è anche conoscenza pratica. Pandemia, trasformazioni del lavoro e qualità della vita Come il lavoro incide sulla complessiva qualità della vita? Lo studio della qualità della vita lavorativa in Italia è una tradizione che parte dalla seconda metà del secolo scorso e nel corso degli anni ha subito varie divisioni.in sintesi, la qualità della vita lavorativa è studiabile a partire da un quadro teorico e analitico che associa la qualità del lavoro e la qualità del rapporto fra lavoro e vita. Traduce nell’osservare la relazione che corre fra: - L’organizzazione del lavoro, quindi i processi i modelli organizzativi, e l’organizzazione sociale del lavoro che influenza direttamente modelli processi organizzativi il rapporto fra loro e vita - I bisogni espressi inespressi, i significati attribuiti al lavoro e le aspirazioni. Questa relazione può essere analizzata affrontando una serie di dimensioni: - dimensione economica - Dimensione economica che riguarda il benessere e l’impegno psicofisico - La dimensione dell’ambiente sociale - La dimensione del riconoscimento - La dimensione della complessità riguarda l’impegno richiesto nei contenuti dell’attività lavorativa, la crescita professionale, l’accumulo di esperienza lavorativa - La dimensione dell’autonomia - La dimensione del controllo riguarda la possibilità di influenzare le decisioni relativamente agli aspetti organizzativi del lavoro e anche alle strategie dell’organizzazione di appartenenza - La dimensione della conciliazione fra lavoro e vita riguarda la relazione fra spazi-tempi- obiettivi-compiti di lavoro e di vita - La dimensione politica riguarda la partecipazione sociale Smart working/Remote working: lo Smart in realtà ripensa completamente l’organizzazione lavorativo, quello che molti invece hanno vissuto è in realtà il lavoro da remoto. Great Resignation (grandi dimissioni): grande mole di persone che hanno deciso di smarcarsi dalla propria professione. 61 Quiet Quitting: uscire in silenzio, mollare silenziosamente. È un cambiamento di atteggiamento nei confronti del proprio lavoro. South working: esperienza principalmente Italiana. Lavorare da remoto per le aziende del Nord/ Impatto positivo SW durante l’emergenza sanitaria: - Per il 39% è migliorato il work life balance: il lavoro ci segue ovunque eppure con lo smart working alcune persone dichiarano di essersi gestite meglio - il 35% si sente più efficace (capacità di produrre risultati) - • il 38% si sente più efficiente (capacità di essere efficaci usando il minor numeto di - risorse) nello svolgimento della sua mansione - per il 32% è cresciuta la fiducia fra manager e collaboratori - Per p il 31% è cresciuta la comunicazione fra colleghi. - Sono aumentati gli spazi di comunicazione In realtà è una esperienza ambivalente: non si può giudicare in maniera uniforme. Molte persone non riuscivano invece a staccare dal lavoro, erano sempre operativi Great Reisgnation USA Molte persone si sono licenziate anche senza avere progetti o altre offerte di lavoro, i motivi individuati sono principalmente: La cultura retiring (pensionamento) • Relocation (trasferimento in altri luoghi di residenza) • Reconsideration (ripensamento; fattori di qualità della vita, work- life balance) • Reshuffling (rimescolamento; cambiamenti del mercato del lavoro nel post- pandemia) • Reluctance (riluttanza a tornare in ufficio, smart working come «diritto acquisito) Quiet Quitting Qualcuno dice che è l’ultima fase delle grandi dimissioni, ma in questo caso è diverso: significa lavorare meno e quindi sviluppare un atteggiamento diverso rispetto al proprio lavoro. Non si fa nulla di più rispetto a quello che viene richiesto, né sopra né oltre è quindi lo slogan. Non ha a che fare con l’atteggiamento dei lavoratori, ma è un problema di management. Zaid Khan, ingegnere informatico 26enne di New York, posta un video «on quiet quitting» su TikTok che diventa virale e diffonde questo termine, coniato pochi mesi prima dal coach e influencer Bian Creely. «Paula Allen, Global Leader e Vice-Presidente Senior di Ricerca e Wellbeing a LifeWorks, indica i seguenti aspetti come segni evidenti e concreti del quiet quitting:  Rifiutare attività o progetti al di fuori dalla propria job description; 62 Questo modo di intendere la cultura caratterizza perse con il pensiero occidentale e rimane dominante fino al seicento. Nel seicento le cose iniziano a cambiare perché il progressivo accumularsi di narrazioni di viaggio proveniente da esploratori e missionari rende evidente e la verità gli usi e costumi che caratterizzano le diverse popolazioni.con l’ingresso sulla scena delle altre culture il quadro si complica, e progressivamente si delineano due modi differenti di pensare la cultura: 1. Matthew Arnold (1822-1888; pedagogista, poeta, UK) Cultura come «conoscenza di ciò che di meglio è stato pensato e conosciuto nel mondo» (Arnold, 1869, cit. in Bichi, p. 413). La cultura è lo studio della perfezione. La parola chiave è meglio perché dire meglio significa adottare un approccio valutativo, legato a precisi criteri di giudizio, dunque, in questa prospettiva tutte quelle società che rientrano in determinati stili, che seguono determinati modelli (che nel caso di Arnold sono ovviamente quelli dell’Occidente), possiedono cultura, mentre dove si hanno nostri modelli differenti bisogna affermare che non ci sia cultura. Cultura è solo la «cultura alta», cioè i prodotti dell’arte, della letteratura, della musica (oggi diciamo ‘classica’) Insomma: le opere dell’ingegno e dello spirito dell’uomo concepito: I. Come individuale [vs. collettivo o sociale] II. Come essere «superiore» e spirituale [di contro a un uomo in carne ed ossa] III. Come «disinteressato» [la pura arte, la pura cultura, senza nessun altro fine] Sembra tautologico, ma la cultura è quella che contraddistingue “uomini e donne di cultura” La cultura e le opere che vi appartengono sono il “luogo” in cui si mette all’opera e si rivela la parte più alta dell’essere umano, i suoi valori, la sua essenza più nobile. La cultura in quanto è il meglio prodotto dallo spirito umani, è a sua volta il nutrimento dello spirito dell’uomo, cioè ha una forte valenza formativo-pedagogica. L’assoluto se si è più religioso sono le divinità, se siamo più laici è un principio primo che è comunque l’essenza dell’uomo. L’artista ha un collegamento diretto con l’assoluto, parla per conto dell’assoluto. Ciò che rientra nella cerchia della cultura è considerato sacro perché viene appunto dall’assoluto. La cultura e l’arte custodite Louvre, la Porta dei Leoni—> è un luogo protetto. Si protegge la sacralità della cultura alta ad esempio all’interno dei musei. Il contributo dell’antropologia: l’incontro con la differenza. Dalla cultura alle culture; dallo spirito alla vita quotidiana. Malinowski è riconosciuto come primo antropologo—> osserva la cultura da un punto di vista diverso rispetto a come osserva la nostra cultura. L’antropologia ha un effetto relativizzante (relativismo di tipo culturale) ci fa capire che siamo diversi, non siamo tutti fatti allo stesso modo. Aiuta ad uscire dall’etnocentrismo, la sociologia ha potuto prendere un nuovo modo più ampio di considerare la cultura. La cultura è il luogo in cui l’uomo si manifesta. 65 2. Tylor: Verso una definizione antropologica (e poi sociologica) della cultura “La cultura è quell’insieme complesso che include il sapere, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e ogni altra competenza e abitudine acquista dall’uomo in quanto membro di una società.” (Tylor, 1871, cit. in Bichi, a cura di, p. 413) È una visione meno valutativa rispetto a quella di Arnold e il recinto si amplia. La sociologia può quindi iniziare a studiare la cultura senza entrare nell’ambito umanista, occupandosene a modo suo. Nascono quindi due circuiti diversi.  Una definizione più ampia e inclusiva della cultura, intesa tutto ciò che costituisce un «prodotto» dell’essere umano, dal pensiero, alle abitudini, agli oggetti materiali.  L’essere umano produce cultura per la sua stessa sopravvivenza, perché gli consente di mettere ordine e stabilità nel proprio mondo, attribuendo un senso alle sue esperienze, creando contesti stabili di interazione, organizzando il mondo con regole e rituali  Se definita in questo modo, all’interno della cultura, ciò che non è «alto» ricade comunque entro la sfera della cultura  Da un lato la cultura è per tutti, e non solo di élite, dall’altra qualcosa che caratterizza tutte le società, e non solo quello occidentali. Nei primi anni del ‘900 nascono altri prodotti e altre espressioni estetiche, si capisce che c’è altro oltre a quello che prima era considerato sacro. Inizia ad affacciarsi sulla scena sociale l’industria culturale, cioè un ambito della produzione che ha come ambito non la produzione di beni che soddisfano i bisogni primari ma un’industria che produce forme estetiche e contenuti culturali. Teoria della cultura: tre radici Non è mai semplice definire il momento storico e le figure con cui è una disciplina il suo inizio, ma ci sono tre nomi che in questo campo emergono con sufficiente chiarezza: Marx, Durkheim, Weber Durkheim e il funzionalismo Come Marx adotta uno sguardo macro, ma mentre Marx al centro dell’analisi poi nel conflitto che attraverso il sistema, di tale sistema lo sguardo durkheimiano considererà maggiormente gli aspetti di equilibrio. Coscienza collettiva: insieme delle credenze e dei sentimenti comuni alla media dei membri di una società. L’individui lasciati a se stessi costituiscono fattori potenzialmente distruttivi dell’ordine su cui si fonda la società. Ma nella società si sviluppano processi di trasmissione e attraverso cui gli individui che la compongono adottano il sistema di valori e regole di comportamento che sostengono l’ordine al suo interno, sviluppando la coscienza collettiva.la cultura di una società è proprio quell’insieme di rappresentazioni, valori, norme, credenze e simboli che forniscono la materia prima della coesione al suo interno, dando all’individuo indicazioni in merito ai fini da perseguire e mezzi da adottare. Questo processo di trasmissione culturale sarà poi affiancato da un processo di controllo costituito da ricompense e sanzioni. A volte comunque questa trasmissione culturale non si sviluppa secondo i piani e il risultato l’emergere di situazioni di anomia e di disordine sociale, secondo Durkheim tale situazione sono solo temporanea, e la società tramite processi di educazione, riforma e controllo riesce poi sempre ristabilire un equilibrio generale. La prospettiva aperta da Durkheim avrà molteplici sviluppi, ma uno dei più rilevanti per l’analisi culturale e quella funzionalista e sistemico di Parsons. Weber e le teorie dell’attore e dell’interazione 66 A differenza di Marx e Durkheim, Weber ragiona sui processi culturali a partire non dalla società considerata nel suo insieme bensì dall’agire dell’individuo al suo interno. Come Marx i focus sul rapporto tra economia e cultura, ma diverso è il modo di intendere il rapporto. Weber muove sue argomentazioni a partire da una riflessione sull’origine del capitalismo occidentale moderno: il desiderio insaziabile di accrescimento di ricchezze e peculiarità dello spirito capitalistico; perché è questa la mentalità che emerge proprio a partire dal 500 in alcuni specifici contesti nazionali del centro-Nord Europa? in quei territori in quel periodo storico si era diffusa la dottrina calvinista, che pone al centro del rapporto essere umano-Dio il principio di predestinazione, ovvero la credenza secondo la quale il destino ultra terreno dell’individuo è predeterminato dal volere divino indipendente dalle azioni del singolo. tale destino è ignoto al singolo individuo, tuttavia questi alla possibilità di intuire il proprio destino ultra terreno sulla base di alcuni segnali terreni, il principale di questo segnale è successo economico.un altro principio della fede calvinista è il principio di sobrietà e di parsimonia, che condanna l’uso del denaro per motivi futili. l’effetto complessivo dell’intreccio tra questi due principi è un propulsore importante dell’imprenditorialità secondo i principi del capitalismo moderno. Per Weber sono i processi culturali a influenzare quelli economici, o comunque c’è reciproca influenza. La prospettiva di Weber avrà molteplici sviluppi nel campo dell’analisi culturale, dall’interazionismo simbolico (Mead, Blumer, Goffman), alla fenomenologia (Schütz), alla teoria della scelta razionale.ciò che accomuna questi approcci sarà proprio l’attenzione per i significati che l’individui attribuiscono al loro agire e alla realtà che li circonda. Marx e la teoria critica Nell’analisi del sistema sociale, Marx distingue tra struttura e sovrastruttura: la prima è costituita da forze produttive e rapporti di produzione; la seconda consiste nel complesso dell’istituzioni, delle organizzazioni, delle relazioni sociali dei modelli di pensiero esterni al campo economico.nel mondo di produzione capitalistico la classe borghese, possedendo capitale economico, possiede anche potere, sia strutturali sia sovrastrutturale; e mirando ad aumentare il proprio capitale, da un lato sfrutta il lavoro della classe proletaria, dall’altro diffonde in questa classe modelli culturali che legittimano questo aspetto, presentandolo come il migliore o almeno come l’unico possibile. In questo senso la cultura dominante in una società rispecchia l’interessi della classe dominante e quindi la sovrastruttura rispecchia la struttura. Secondo Marx questo sistema non è destinato a durare per sempre per due motivi: - Uno strutturale: il collasso del capitalismo per le sue contraddizioni interne - Uno sovrastrutturale la progressiva presa di coscienza da parte di un numero crescente di lavoratori La strada aperta da Marx ed Engels nell’analisi della cultura successivamente ha avuto molteplici sviluppi, ma due di questi sono particolarmente interessanti: quello della Scuola di Francoforte e quello degli studi culturali (Hoggart e Hall attraverso la rilettura di Gramsci) La “scuola critica” di Francoforte (Scuola di Francoforte) Scuola di Francoforte, prima vera scuola dei mezzi di comunicazione. Forniscono uno studio sistematico dell’industria culturale. Recuperano un po’ la visione valutativa di Arnold, non possono considerare proprio tutto arte quindi di fronte a questo irrompere di prodotti culturali bisogna chiedersi se sono tutti sullo stesso piano. Per la scuola di Francoforte la risposta è no Influenza: Marx e Weber (specialmente Marcuse è più ispirato a Weber) Dialettica dell’illuminismo: libro in cui viene rappresentato il loro pensiero Adorno, Benjamin, Marcuse, Horckheimer 67 - Opera d’arte: fa riferimento alla cultura alta in questo caso, l’opera d’arte però vive nell’epoca della sua riproducibilità tecnica e questo ha conseguenze trasformative anche sulla cultura alta. Mentre gli altri autori vivono nell’ideale di proteggere la cultura alta. Benjamin invece sa che non si può avere questo atteggiamento. Aveva in mente principalmente la fotografia quando scriveva, si riproducono tecnologicamente le immagini. La riproducibilità tecnica è per Benjamin la perdita di aura. Le tecnologie della riproducibilità tecnica rendono fruibile l’arte in maniera imprevista. L’aura è quell’alone di sacralità che viene perso perché diventano facilmente accessibili, se riproduciamo tecnicamente tutto le opere d’arte diventano quotidiane e perdono l’aura. Stiamo andando in contro a un sistema culturale che avrà come caratteristica quello di avere difficoltà nel distinguere cultura alta dalla cultura bassa. Non si hanno più punti di riferimento e si fa fatica a definire cosa è alto e cosa è basso. Marcuse è il più weberiano perché prendere la sua riflessione sulla razionalità e lo applica al discorso della tecnica—> iper-razionalizzazione. Anche Adorno e H dicono che non c’è più spazio per il pensiero critico, non è possibile immaginare un diverso da quello che esiste e quindi non si può più criticare. Siamo dentro una cappa tecnocratica che ci impedisce di giudicare. Secondo Benjamin:  La riproducibilità tecnica priva l’opera d’arte (alta) della sua AURA ovvero della sua sacralità  L’aura contornava l’opera d’arte in quanto unica, in quanto originale e irripetibile e quindi di difficile accesso pubblico  La riproducibilità tecnica rende «ovvia», quotidiana e ubiqua l’opera d’arte (alta), ci si può accedere ovunque e vi può accedere chiunque  Nell’epoca della riproducibilità tecnica, sembra quindi sparire anche la distinzione tra originale e copia, che era il fondamento dell’esistenza dell’aura  Tutte le forme estetiche, nell’epoca della riproducibilità tecnica, finiscono nel «tritacarne» dell’industria culturale e diviene sempre meno possibile separare arte/cultura alta da arte/cultura di massa (bassa), opera d’arte da prodotto culturale realizzato per fini commerciali Inizia quella che verrà in seguito definita «commodification of culture»: tutto è soggetto di profitto, anche l’arte. Le opere di arte prima di essere tecnicamente riproducibili erano uniche perché difficilmente raggiungibili. Oggi queste forme estetiche alte e sacre fanno parte della nostra quotidianità. Noi fruitori di culture diventiamo blasè rispetto alla cultura alta perché perde il suo mistero e la sua unicità. Abbiamo l’idea che ogni opera possa essere messa su un supporto e quindi che sia riproducibile. Ci sono in giro moltissime copie dello stesso oggetto, ne esiste uno più autentico degli altri? Benjamin studiando il cinema capisce che questo modo di fruire dell’industria culturale avrebbe potuto avere un principio rivoluzionario. Poteva aiutare con la democratizzazione. Cambia l’ingaggio con l’opera d’arte, sempre studiando il cinema legge nella violenza del montaggio lo shock di un perdono che attraversa la strada, l’esperienza estetica è quindi un urto e avere quindi la capacità di svegliare le persone. Benjamin è stato il primo a capire che il tratto principale del soggetto moderno sia la distrazione, tutto ciò che culturalmente riceveremo, lo riceveremo nella distrazione. Coglie questo processo a livello intellettuale, ma questo mix tra contenuto di massa e contenuti alti diventa oggetto di riflessione e produzione. 70 Pop art: Andy Warhol era un grande conoscitore della realtà e di come si sarebbe evoluta l’industria culturale. Abbazia di San Giorgio, Isola di San Giorgio, Venezia, presso Fondazione Cini. Nozze di Cana, Paolo Veronese, 1562. Riprodotto con tecnica digitale in maniera identica, non è una copia è il secondo originale. L’aura non si perde per forza facendo delle copie, a volte si espande e si divide. La costruzione dei modelli culturali I modelli culturali vengono trasmessi tramite il processo di socializzazione in dinamiche molteplici e complesse, proprio come gli attori coinvolti. Produzione e trasmissione culturale facendo riferimento a due casi più specifici ma in qualche modo paradigmatici: quello dell’industria culturale e quello dei piccoli gruppi Industria culturale: modello di Hirsch (1972) È l'insieme delle organizzazioni che mettono sul mercato prodotti culturali di massa - nella forma per esempio di libri, film, album musicali - i quali sono caratterizzati da tre tratti principali: 1. incertezza della domanda 2. tecnologia di produzione relativamente economica 3. eccedenza di aspiranti creatori Obiettivo dell'industria culturale è il guadagno, dunque è fondamentale scegliere i prodotti che si può ipotizzare troveranno maggiore favore da parte dei consumatori, degli acquirenti. Filtri: 1. Eccedono gli autori 2. Gli agenti devono promuovere presso le organizzazioni 3. Pubblicizzare sui media Implementa attraverso una serie di attori un processo di produzione scandito in fasi, che consiste nella produzione di un prodotto culturale. In questo processo ci sono dei veri è proprio filtri prima di arrivare alla circolazione dei prodotti culturali. Esempio: scrittore che scrive un romanzo, ha un progetto ma finché lo tieni nel cassetto non serve a nulla, va presentato a chi sa trasformarlo in un prodotto culturale, l’editore deve scegliere quindi tra i tanti aspiranti (in eccedenza): primo filtro. Nel primo filtro si incontrano gli agenti e i “talent scout” ovvero selezionatori che fanno parte di organizzazioni (es, casa editrice), se l’agente crede nel progetto si passa alla produzione: secondo filtro. Nel secondo filtro si mette in circolazione il prodotto e si incontrano i “commerciali” delle organizzazione per persuadere i media a prendere in considerazione l’idea di orientare alla società quel prodotto. Il terzo filtro avviene con la circolazione: sono i gatekeepers, decidono se il prodotto 71 può effettivamente accedere alla messa in onda/ circolazione sui media. Il modello di Hirsch è famoso perché: 1. è a imbuto rovesciato, cioè è pensato al contrario, va ad ampliarsi al contrario. 2. Ha capito che da un passaggio all’altro ci sono degli attori preposti che fanno un lavoro di selezione. I gatekeepers sono probabilmente i più importanti, sono loro che decidono di cosa si parla sui media di tipo broadcasting (media che hanno un elevato potere, tanto da essere asimmetrici con il pubblico). 3. Evidenzia la mancanza di feedback, anche se in questo ambito sarebbe importantissimo (una volta che capisco che un prodotto funziona lo produco serialmente). Alcuni indicatori che possono essere interpretati come feedback sono: - la presenza sui media - Vendite - Misurare il numero di spettatori (auditel, è comunque un dato statistico). L’offerta condiziona il tipo di dato che vado a raccogliere (pochi programmi, si guarda solo quello) Ci dicono veramente quanti il prodotto funzioni o meno. L’acquisto del prodotto da parte dei consumatori non è l'ultima tappa del percorso. Ogni organizzazione dell’industria culturale, nel momento in cui deve decidere su quale nuovo prodotto puntare non ne conosce a priori le vendite: tuttavia informazioni importanti in merito le può derivare da due fonti, da due feedback provenienti dai prodotti già presenti sul mercato: il primo consiste nella risposta dei media, e dunque nelle recensioni che tali libri hanno avuto; il secondo consiste nella risposta dei consumatori, e dunque nelle vendite dei diversi libri che sono già stati pubblicati. Con questi due ultimi elementi si completa lo schema. Naturalmente da quando Hirsch ha proposto questo schema molto è cambiato nel campo dell'industria culturale e dei media, e tuttavia nel complesso esso continua a rimanere un efficace strumento di analisi. Nell’industria culturale contemporanea e nell’ecologia mediale di oggi sono più complesse, se il sistema ufficiale di media non ritiene che il prodotto sia valido di passare il gatekeeping, posso andare in rete. La rete è un mondo da scalare: i nani possono diventare giganti dall’oggi al domani. Fenomeno della coda lunga: viene chiamato così dagli studiosi il fenomeno per cui si crea una visibilità in rete. Nel mondo della rete nulla è introvabile, quindi può succedere che dalla coda lunga si arrivi nel picco da un giorno all’altro. Gli influencer sono personaggi che uniscono tutte le figure dell’industria culturale, sono i gatekeepers per eccellenza e lo fanno in maniera evidente. La produzione di cultura a livello micro: il ruolo delle interazioni della vita quotidiana Che ruolo esiste tra le due cose? Modello di Fine: 72 prosegue nel corso della nostra esistenza e nessuno con certezza sa cosa ne sarà di noi, poche cose accadono con certezza. Il termine corso di vita pone l'attenzione sulla continuità e l'interdipendenza tra le esperienze che ogni individuo attraversa lungo l'arco della vita, così come sul fatto che i percorsi personali possono essere compresi sino in fondo solo se vengono intesi come l'esito di un processo più ampio «di accumulo e di integrazione di esperienza» il quale abbraccia tanto il livello individuale, quanto quello sociale. La vita si vive andando avanti ma la su capisce guardando indietro: in ogni caso sbagliamo. L’esistenza del corso della vita: 1. Vivere significa compiere una serie di esperienze (che sono nostre) e attraversare una serie di esperienze che dipendono in parte dalle nostre caratteristiche individuali e personali, in parte dalla società, dalla cultura in cui viviamo e da come questa ci viene socializzata. 2. L’età è sicuramente biologica, ma possiede quindi anche una dimensione sociale. Parliamo pertanto di età biologica e di età sociale. Il fatto di essere bambino, adolescente, adulto non ha significati solo dal punto di vista biologico ma comporta anche dei modi di vivere che sono diversi nel modo sociale di vivere. Questa dimensione esiste perché la società e la cultura in cui viviamo ci prescrivono determinati compiti, ci rende idonei a fruire determinati contenuti culturali, gli da aspettative che hanno a che fare con i nostri ruoli. 3. L’età sociale può essere definita come l’insieme dei ruoli e delle aspettative (che devono tradursi in chance di vita) che la società ha nei confronti degli individui (quindi anche diritti e doveri che questi hanno verso la società) in virtù dell’età (biologica) che essi hanno. 4. L’accoppiamento tra le età biologiche e le età sociali “deciso” entro ogni società e ogni cultura stabilisce tipo, significato, numero, durata delle fasi in cui tale corso si può articolare. Il riferimento da cui dobbiamo partire è l'età. In sociologia, quest'ultima è intesa come un particolare status ascritto che agisce da fattore di organizzazione e controllo sociale. Definizione età «L’età è un tempo socialmente regolato che implica un complesso sistema di norme e sanzioni attraverso le quali ogni società stabilisce cosa l’individuo – a seconda della posizione che occupa nella struttura di età – può e deve fare e cosa non gli è concesso: indica dunque la necessità di compiere alcune azioni o assolvere a determinati ruoli, prescrivendone altri (Bichi, a cura di, p. 493) In altre parole, tutte le culture prevedono un insieme di norme (formali informali) che attribuiscono agli individui appartenenti allo stesso strato di età determinati diritti e doveri, particolari aspettative di comportamento e la possibilità o l’obbligo di partecipare alle attività di specificheistituzioni. Le fasi del corso di vita Secondo la rappresentazione che affonda le radici nell’antichità, il corso della vita può essere scandito in fasi, ciascuna delle quali presenta un’articolazione di ruoli aspettative omogenee al proprio interno e differenziata nel passaggio da una fase all’altra. Nelle società accidentali contemporanei, l’età adulta costituisce la fase centrale del corso della vita, in cui si è chiamati, in famiglia, nel lavoro, nelle comunità di appartenenza, ricoprire ruoli e compiti definiti e stabili, così come a maturare un senso di responsabilità verso le altre generazioni. La sua struttura interna può essere a sua volta articolata in momenti successivi, ognuno dei quali dipende tanto dalle scelte della persona, quanto dagli eventi che segnano le nostre vite richiedono adattamenti continuità talvolta imprevedibili. 75 La frase seguente quella indicata come vecchiaia, una condizione di vita che in ampi strati delle società premoderne godeva, a differenza di quanto accade oggi, di un elevato prestigio e potere. In tempi recenti, anche in virtù dell’accresciuta speranza di vita, si è consolidata una distinzione tra la terza età e la quarta età. Laddove nella quarta età predominano situazioni di dipendenza dagli altri, nella terza età, invece, si manifesta una pluralità di ‘culture dell'invecchiare'. Grazie al miglioramento delle condizioni di salute, tali culture sono spesso caratterizzate da un inedito dinamismo nelle attività, nelle relazioni, nei processi di mobilità e negli stili di vita, che permette agli anziani di assolvere anche a ruoli di supporto nella riproduzione sociale. Tamara Hareven ha sostenuto che la 'scoperta' delle età si realizza quando queste sono percepite come un problema per l'integrazione sociale. In tale direzione, influenti studiosi hanno evidenziato come le fasi del corso della vita che precedono l'ingresso nell'età adulta - ovvero, la gioventù e l'infanzia - siano il risultato dei processi che hanno contraddistinto, in momenti successivi, la modernità La gioventù è generalmente intesa come un periodo di esplorazione e di maturazione della persona, durante il quale si apprendono i ruoli sociali e si compiono le scelte che porteranno all'ingresso nella vita adulta. L’infanzia è la prima fase del corso della vita ovvero quella in cui si delineano il processo di socializzazione e l’acquisizione delle competenze linguistiche, cognitive e sociali della persona.con la modernità, nei suoi confronti è progressivamente maturato un sentimento di “cura“ e “preoccupazione“, cui si associa l’idea di dover riconoscere i bambini prerogative diritti specifici, anzitutto quello all’educazione e alla sicurezza. non si può trascurare però il fatto che è una quota significativa di bambini e bambini vivono in condizioni di povertà materiale educativa, tanto in Occidente, quanto soprattutto nelle aree più marginali e periferiche del mondo. A fronte di ciò, negli ultimi decenni è stata sviluppata una prospettiva sociologica che, nel contrastare le teorie deterministica, intendi i bambini come attori agenti sociali, ovvero come persone complete competenti delle quali valorizzare le capacità creative. Il corso della vita è destinato ad evolvere, abbiamo inserito nuove tappe nel corso della vita e altre hanno cambiato la loro durata. A partire da questo modello di base e tenendo conto del dibattito scientifico interdisciplinare, anche in sociologia si è consolidato il riferimento a fasi del corso della vita 'intermedie': anzitutto l'adolescenza, concetto che in origine era prerogativa della letteratura psicologica; poi, come abbiamo detto, la distinzione tra terza e quarta età; ma si pensi, pure, al successo di categorie quali 'giovane adulto' o di emerging adulthood, così come alla scomposizione delle fasi in cui sono organizzate l'età adulta e la vecchiaia. 76 Identificare in modo sempre più puntuale nuove fasi certamente aiuta a comprendere la complessità cui è sottoposto il corso della vita nella contemporaneità. Tuttavia, un'eccessiva frammentazione e scomposizione di quelle stesse fasi rischia di svuotare di senso la continuità che sottende le esperienze vissute dalla persona. Inoltre, è necessario ricordare che la suddivisione, la sequenza e l'organizzazione delle fasi del corso della vita sono anzitutto da intendersi come il risultato di un processo di costruzione sociale, e sono dunque in continua trasformazione. Concetti connessi a quelli di corso di vita Generalmente una coorte raggruppa i nati nei 12 mesi dello stesso anno solare: la coorte del 1975 comprende tutti i nati dal 1.1.1975 al 31.12.1975). Successione delle coorti: in una data società, gli individui nati in uno stesso periodo, crescendo e invecchiando percorrono insieme una sequenza strutturata di ruoli (Bichi, a cura di, p. 493). Così, nello stesso momento storico, troviamo coorti diverse, le quali attraversano fasi successive della propria vita e definiscono strategie biografiche che possono essere differenti da quelle delle coorti precedenti, così come disomogenee all'interno della stessa coorte. Processi di mutamento sociale: capaci di determinare profonde trasformazioni in tale sequenza: nelle differenti società ed epoche storiche emergono e si sedimentano forme di organizzazione dei ruoli connessi alle età del tutto diversificate. Vale a dire che i diritti, i doveri e, più in generale, i modelli di comportamento ai quali una persona deve attenersi in virtù della sua collocazione anagrafica sono potenzialmente aperti a continue trasformazioni (Ryder, 1965). Strati o classi di età: aggregati di individui di età simili; si formano per lo più per finalità di ricerca (ma il ricercatore li sceglie in modo coerente alle fasi del corso di vita). Si indicano per intervalli di età: 14-18enni, 19-24enni etc. Generazioni: una generazione è «qualcosa di più» di una coorte o di una classe di età. Essa indica lo «specifico socio-culturale» di un insieme di persone cresciute nello stesso arco temporale che «sperimentano nei loro primi anni formativi e anche in seguito, le medesime influenze dominanti» e reagiscono in maniera unitaria (K. Mannheim, in Bichi, a cura di, p. 403). Una generazione si definisce in base all’anno di nascita, ma è più ampia della coorte. Di solito si indica con espressioni come «i nati tra il 1982 e il 2000»). Una generazione oggi comprende i nati entro periodi di circa 15 anni. Ogni collocazione generazionale può, dinanzi a un'accelerazione del ritmo del mutamento, favorire la riorganizzazione dei modelli culturali di una determinata società. Esempio: Generazione dei Millennial: In quanto «generazione» comprende i nati tra il 1982 e il 2000 Cioè le coorti che vanno dal 1982 al 2000 Durante il loro crescere, i Millennials attraversano diverse classi d’età: 0-10, 11-13, 14-18, 19-34 ecc. fino alla terza/quarta età Mentre attraversano le varie «classi di età», le generazioni possono sovrapporsi (oggi ad esempio i «giovani» comprendono persone appartenenti alla generazione Millennials e Zeta) 77 Alcuni dati che dimostrano che questi marcatori non sono più netti e per questo si sono cambiate le durate delle fasi 80 Riti di passaggio – Van Gennep L'organizazione del corso della vita e delle fasi in cui è strutturato assume una determinata valenza simbolica e culturale. Da un lato, rappresenta una mappa di significato capace di dare senso e guidare le traiettorie individuali, dall’altro sostiene e rafforza i processi di riconoscimento, tanto a livello orizzontale (o intragenerazionale), quanto a livello verticale (o intergenerazionale). I riti di passaggio sanciscono all’interno di una comunità il fatto che un membro o un gruppo di membri abbia compiuto un passaggio. Spesso attraverso una prova si decide se si può arrivare al livello successivo, ti esponi a un rischio e lasci alle spalle la tua condizione precedente. Abbiamo perso i marcatori di passaggio ma abbiamo perso anche la capacità di celebrarli con riti. 81 Nelle società premoderne e tribali scandivano e celebravano il passaggio dei marcatori che sancivano i passaggi dei marcatori pubblicamente più rilevanti La loro struttura liturgica simbolizzava appunto un «passaggio» da una condizione (status) sociale a un altro Secondo gli studi di dell’antropologo Van Gennep, tale struttura era organizzata in tre fasi:  Separazione: la persona abbandona la posizione precedente  Margine o liminale: avviene il passaggio dallo stadio di partenza a quello di arrivo  Riaggregazione: si realizza il rientro in società e nel nuovo sistema di norme I riti assolvono al compito comune di evidenziare e di drammatizzare l'importanza del momento, ma allo stesso tempo di attenuare l'angoscia del nuovo, della sospensione, della trasformazione. Perché si è perso? Funzionavano in una società che scandivano le cose in maniera netta. Nella società contemporanea il valore simbolico e culturale dei riti di passaggio è in rapido declino: alcuni non sono più praticati; altri, lungo evidenti processi di desacralizzazione e privatizzazione hanno visto la loro funzione sociale fortemente ridimensionata. I rituali contemporanei non sono più capace di segnare quindi in modo netto i confini culturali tra i diversi fase della vita. Piuttosto, sembra quasi delinearsi una sorta di confusione tra l’età, in virtù della quale i ruoli adulti tendono ad assumere modelli giovanilistici, e quelli giovanili si protraggono sempre più a lungo nel tempo. Corso della vita, disuguaglianze e differenze Le disuguaglianze e le differenze assumono un ruolo determinante rispetto al corso della vita, sia se si considera il modo in cui esse incidono sulle articolazioni interne a ciascuna coorte, sia quando si osservano le relazioni tra le età. Partiamo dal primo aspetto. Senza trascurare la dimensione normativa, fondamentale nella definizione delle fasi del corso della vita, l'esperienza quotidiana ci racconta come la loro organizzazione assuma forme eterogenee a seconda della collocazione sociale e delle caratteristiche personali. Possiamo anzitutto evidenziare come il corso della vita di uomini e donne sia scandito, in più occasioni, da eventi e lungo calendari distinti: si pensi al fatto che, per tanto tempo, le vite dei giovani uomini sono state segnate dall'obbligo di leva; oppure a come tra le donne l'età media al matrimonio, al primo figlio e al pensionamento sia mediamente inferiore rispetto a quella degli uomini; infine, alle modalità attraverso cui la doppia presenza incide in modo peculiare sull'organizzazione delle fasi della vita delle donne. Analoghe considerazioni possono farsi a proposito della stratificazione sociale. Prendiamo in esame un caso emblematico. La ricerca sociale ha dimostrato come i modelli di transizione all'età adulta tipici di quanti sono collocati negli strati sociali inferiori presentino caratteri differenti da quelli di coloro che occupano gli strati superiori: tra i primi, la transizione ha un' ampiezza relativamente più breve e si fonda spesso sulla concomitanza tra ingresso nel mercato del lavoro e creazione di una nuova famiglia; tra i secondi prevale, invece, la tendenza a prolungare la fase della giovinezza e al differimento delle scelte relative alla transizione familiare. D'altra parte, per proporre ancora alcuni riferimenti, si può pensare all'influenza delle molteplici forme di disabilità sulla costruzione biografica dei singoli e delle famiglie; all'importanza del capitale culturale quale risorsa che abilita la possibilità di sperimentare traiettoria tipiche, soprattutto nella transizione alla vita adulta; oppure ruolo svolto dei territori locali, intesi come contesti che delineano e attribuiscono ad attivare il sistema dell’opportunità di esposizione delle persone. Per quanto riguarda il come si sedimentano le disuguaglianze tra di diversità, notiamo che gli anziani e, soprattutto, i giovani sono maggiormente penalizzati nell’accesso a determinati beni, 82
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