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SOCIOLOGIA DEI CODICI CULTURALI - La bella e la bestia sintesi del libro, Sintesi del corso di Sociologia

Sintesi dell'intero libro con integrazione appunti

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 28/06/2022

Alessialosardo
Alessialosardo 🇮🇹

4.8

(13)

13 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica SOCIOLOGIA DEI CODICI CULTURALI - La bella e la bestia sintesi del libro e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! SOCIOLOGIA DEGLI ORDINI CULTURALI (6 CFU) PROLOGO - IL TIPO UMANO Schizzoanalisi I saggi raccolti nel libro compongono un insieme di studi, nell’accezione di studio come lavoro preparatorio, come tentativo per tentativi. Studio per un’opera a venire, qualcosa che sappia modificarsi o, al limite, arrestarsi: se non producesse una impropria assonanza, si potrebbe parlare di una “schizzoanalisi”. PARTE 1 - IL PROPRIO Corpo di Stato Vent’anni dopo la morte di Napoleone, il suo corpo è ancora una questione politica. La restituzione del suo corpo si ebbe solo nel maggio del 1840 quando il governo britannico acconsentì al “ritorno delle ceneri”. Così, il 12 maggio, il ministro dell’Interno monsieur Rémusat prende la parola alla Camera dei Deputati per annunciare che “il Re ha ordinato i mezzi per riceverlo degnamente sulla terra di Francia e per erigere a Napoleone la sua ultima tomba”. Furono tanti gli scritti sulla questione, ma ne emerge uno in particolare: una nota redatta da Victor Hugo. Nello scartafaccio, per l’anno 1840, figura una sola nota, dalla quale si apprende che Hugo presenzia all’arrivo del corteo funebre di Napoleone a Parigi e che, nel marzo e maggio successivi, torna sui luoghi della cerimonia, prima rivedendo il piazzale degli Invalidi e poi la cappella di San Girolamo, dove l’Imperatore era stato temporaneamente deposto. Si tratta di un vero e proprio reportage, ma la narrazione di Hugo si distingue da tutte le altre poichè estrae il senso e l’esperienza della partecipazione per i presenti, anche se non si limita alla descrizione, seppur articolata, dell’avvenimento, ma analizza la cerimonia e ne individua il principio di organizzazione in occultamento per esposizione. - l’elemento centrale è il carro, il quale trasporta un falso sarcofago: il vero feretro era stato deposto nel cavo del basamento. Il carro avrebbe dovuto avere solo otto cavalli, poichè così sono composti i carri imperiali, ma quello che trasportava Napoleone ne aveva sedici; - le statue che contornano il viale sembrano di marmo bianco, ma in realtà sono di gesso: l’intero allestimento ha l’aria di un melodramma, nulla è come sembra, si tratta solo di apparenza; - sul coperchio della cassa che conteneva l’Imperatore si leggeva “NAPOLEONE”, Hugo chiese di che metallo fossero le lettere e l’ebanista rispose che erano di bronzo, ma che in seguito sarebbero state dorate. La cerimonia si manifesta come segnatura di una monarchia decrepita e di un sistema che poggia su strutture instabili: ma, se il funerale di Napoleone è anche pompa funebre della Monarchia, allora si può leggere un funerale di Stato come calco di un regime. I padri della patria Queste note muovono dall’idea di ricostruire la sequenza dei funerali di Stato nell’Italia repubblicana. L’espressione “funerali di Stato” viene utilizzata in accezione ampia, in modo da poter comprendere anche le “esequie solenni”, disposte dalle singole amministrazioni. Nel settembre del 2009, una televisione trasmise le immagini della camera ardente di Mike Buongiorno, al quale erano state accordate le esequie di Stato. Vi è un paragone fra il quadro di 1 Magritte, Le balcon de Manet, e l’immagine del feretro del presentatore, infatti oggetto principale del quadro sono proprio le bare. La bara di Bongiorno era sormontata da un grande schermo su cui appariva la scritta “Allegria!”, riproduzione di un autografo scritto in corsivo dal conduttore. L’egittologo tedesco, Jan Assmann, pone una riflessione sull’iperbole funeraria rappresentata appunto dalla cultura egizia, la quale lo ha indotto a ritenere che merita di essere verificato se e in che modo il tema della morte costituisca uno di quei fatti sociali dal quale è possibile descrivere per intero una cultura. L’analisi di questa specifica forma di celebrazione della morte che sono le esequie di Stato risponde a un duplice invito: - uno, formulato da Jan Assmann, è rivolto alla fondazione di una “tanatologia culturale”; - l’altro, avanzato da Giorgio Agamben, è volto a non trascurare l’analisi sulle cerimonie e sulle liturgie di un sovrano che non sa scindersi dalla Gloria. L’unico tratto che accomuna indistintamente e rende comparabili i singoli episodi di funerali di Stato è l’insieme di processi sociali che si possono riassumere nella formula di “governo della memoria”: la procedura ha il solo scopo di creare una memoria collettiva, inoltre in ogni funerale di Stato vi è un ricordo che sta alla base. Nelle esequie di Stato non si scelgono corpi, ma valori: sono, però, specchio della politica. In ciò che resta di un funerale di Stato si può leggere l’ideologia di un governo. A suo modo, anche questa, per quanto post mortem, è una carica pubblica, conferita per nomina. In alcune città ogni tanto si discute ancora sulla denominazione di una strada o di una scuola. • Ad esempio, nel 2010, il plesso scolastico di Adro, nel bresciano, venne intitolato all’ideologo della Lega Nord, Gianfranco Miglio. Si pensi a quale evento di massa sono stati, nel 1964, i funerali di Togliatti, raccontati nelle pellicole di Pasolini e di Guttuso. Si pensi ancora alla folla che partecipò ai funerali di Enrico Berlinguer: quel 14 giugno l’Unità intitola la sua prima pagina “Tutti”. Nel 1804, con l’editto di Saint-Cloud, Napoleone vietò le inumazioni fuori dai cimiteri: è grazie ad una serie di tentativi di riforma se l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha fatto costruire per sè e per i suoi, ad Arcore, un mausoleo funebre. Lo stato etico I funerali di Stato - intesi spesso anche come discorso - sono diventati luoghi altamente polemici, luoghi di partecipazione e di confronto. Per la prima volta, anche soggetti che normalmente non hanno voce nel discorso pubblico legittimo hanno avuto accesso alla parola. Alcune di queste prese di parola sono diventate commemorazione e ricorrenza, come nel caso della strage di Bologna, nella quale persero la vita 85 persone. In casi come questo, la memoria ritorna per sedimentarsi come memoria collettiva. La storia repubblicana insegna che in questi momenti è convocato in giudizio lo Stato. I funerali di Stato sono, dunque, un tribunale della coscienza democratica del Paese. Infatti, lo Stato è chiamato a rispondere dei suoi comportamenti, della coerenza fra i principi formali e le condotte materiali: ciò che si chiede è uno Stato etico, nè incompetente nè connivente. Figure d’Italia Condizione per la concessione delle esequie di Stato è che sia prodotto uno sforzo superiore, dal riverbero positivo sulla nazione. 1. Innanzitutto, in base al primo comma dell’art. 1 sono a carico dello Stato le spese per i funerali del Presidente della Repubblica, del Presidente del Senato, del Presidente della Camera dei 2 - da un lato vive le condizioni di colui che possiede solo il proprio corpo, unica risorsa per sperare di migliorare le proprie condizioni; - dall’altro è immerso in una cultura che esalta continuamente le capacità e la voglia di successo del singolo individuo. Belli dentro Il prendersi cura di sè è una pratica che coinvolge il dentro e il fuori di un individuo, il benessere del corpo e quello della mente. L’idea che cambiando il corpo si possa migliorare la propria vita costituisce parte dell’immaginario comune: si sono moltiplicati i reality show televisivi nei quali si raccontano i mutamenti radicali di coloro che si sottopongono a interventi di chirurgia estetica. Come rileva Marzano, si è imposta una sorta di dittatura della bellezza, nella quale le industrie farmaceutiche e cosmetiche, stilisti e riviste di moda hanno trasformato il modo di guardare al corpo e i parametri per considerarlo accettabile. La palestra rappresenta il grado zero della modificazione corporea, quella più naturale, che, se associata a una sana ed equilibrata alimentazione, contribuisce a realizzare un corretto stile di vita. A partire dal XIX secolo, i saperi della medicina hanno considerato la bruttezza come una vera e propria patologia. Le forme fisiche devianti dall’ideale corporeo proporzionato venivano giudicate brutte e quindi operabili. Con la chirurgia, dunque, la bellezza smette di essere un dono per divenire un progetto. Spesso la funzione dell’intervento estetico è anche quella di far emergere una personalità che non si sente a proprio agio nel corpo dato per natura. Programmi come Extreme makeover mostrano quanto i protagonisti si sentano inadeguati e frustrati nei confronti dei loro corpi: la narrazione viene, infatti, costruita in modo da trasmettere l’infelicità di queste persone e il senso di rinascita ottenuto in seguito alla trasformazione. Come la chirurgia estetica, così anche la dieta e l’attività fisica diventano strumenti attraverso cui esercitare il controllo di sè e del proprio corpo. Nel 1774, Winkelmann getta le basi per il “razzismo estetico”, un insieme di teorie che discrimina popolazioni sulla base di un criterio estetico: comparazioni craniche e misurazioni facciali costituivano strumenti “scientifici” utili a emettere giudizi estetici e morali. Sembrerebbe, ad oggi, essere scoppiata una nuova guerra delle razze: belli vs brutti. PARTE III - L’IMPROPRIO LA STRATEGIA DELLA LUMACA: APPUNTI SULLA DISMISSIONE DEGLI OSPEDALI PSICHIATRICI GIUDIZIARI Gastropoda mollusca Che la follia sia una questione topologica è assodato da tempo: l’ultimo sfratto riguarda l’ospedale psichiatrico giudiziario. Viene intimato di sgomberare l’immobile entro il febbraio 2013. Il titolo esecutivo è dato dall’art.3 la cui rubrica recita Disposizioni per il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. - Il primo comma fissa il termine per il completamento del processo di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari come già previsto da una serie di altri atti normativi. 5 - Il quarto comma dispone che a decorrere dal 2013 le misure di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell’assegnazione a casa di cura e custodia siano eseguite esclusivamente all’interno di apposite strutture sanitarie. Quando nel 1978 la legge n. 833 istituisce il Servizio sanitario nazionale, il comparto della sanità penitenziaria rimane in capo all’amministrazione della Giustizia. Solo nel 1998 la legge n. 419 delega il Governo al riordino della medicina penitenziaria, tramite l’inserimento dei servizi di assistenza ai detenuti. Infine, la legge finanziaria del 2008 dispone il definitivo passaggio di funzioni, personale, beni e risorse della medicina penitenziaria al Servizio sanitario nazionale. L’art. 5 del decreto trasferisce le funzioni sanitarie degli ospedali psichiatrici giudiziari e delle case di cura e custodia alle Regioni e alle aziende sanitarie di riferimento. La Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia del Servizio sanitario nazionale, nel 2010 inizia ad interessarsi delle condizioni degli ospedali psichiatrici giudiziari, effettuando una serie di sopralluoghi nelle strutture. Dai resoconti delle sedute non emerge in modo palese che cosa abbia sollecitato l’estensione delle indagine in corso alle istituzioni psichiatrico-giudiziarie. Nel giugno del 2010, una delegazione della Commissione d’Inchiesta ispeziona gli ospedali psichiatrici giudiziari di Barcellona Pozzo di Gotto e di Aversa: probabilmente questo è dovuto all’attività del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani e degradanti. Dopo le prime ispezioni il tema diventa a tutti gli effetti un filone d’indagine della Commissione, con il succedersi di sopralluoghi e provvedimenti di sequestro di alcuni reparti degli Opg. A questi atti di indagine, la Commissione affianca un’azione di informazione e sensibilizzazione, anche tramite la realizzazione di un video che documenta i sopralluoghi nelle strutture. Il filmato raggiunge un pubblico molto ampio e rimbalza nei circuiti mediatici con la messa in onda nel corso della trasmissione di Rai 3 Presa diretta. È in questo contesto che diventa proponibile l’emendamento al cosiddetto “svuota carceri”: si tratta di un consenso fondato più sull’assenso che sulla partecipazione attorno a una critica morale più che politica. Si interviene materialmente sui luoghi perchè inadeguati dal punto di vista igienico e clinico-sanitario. Lo stesso Lombroso, fervido sostenitore dell’Istituzione in Italia dei manicomi criminali, non aveva difficoltà a scrivere che ve n’era in Aversa uno che potrebbe chiamarsi una immensa latrina. - Il definitivo superamento di cui si riconosce portatore l’art. 3-ter è una soluzione topica che si sostanzia in un intervento sull’allora forma degli Opg: la struttura di stampo carcerario e di impianto ottocentesco viene ridimensionata a favore di strutture dai volumi ridotti, a matrice sanitaria e regionale. Senza una riforma del codice penale, ogni modifica della forma istituzionale è ritenuta inutile se non peggiorativa: 1. inutile in quanto la serie di pronunce della Corte costituzionale, intervenute a partire dagli anni Ottanta, rende già possibile togliere autorità alla struttura; 2. peggiorativa perché potenzialmente pericolosa, dato che la proliferazione di microstrutture disseminate sul territorio, da un lato, per capienza e composizione, non sarebbe che una miniatura dell’ospedale psichiatrico-giudiziario, dall’altro, perchè la semplice disponibilità logistica indurrebbe in tentazione manicomiale, dato che nulla vieta alle Asl di utilizzare queste strutture come luoghi custodia di ultima istanza anche per soggetti esterni al circuito penale. In sostanza, vi è una contrapposizione tra modelli abolizionisti e modelli revisionisti: si tratta di posizioni consolidate che più volte, in periodo post-costituzionale, si sono affrontate con il 6 confronto fra il cosiddetto disegno di legge Corleone e la proposta a iniziativa del Consiglio regionale della Toscana, elaborato in collaborazione con la Regione Emilia Romagna e la Fondazione Michelucci. Ancora una volta ci si interroga su destino o strategia della lumaca, metafora dei luoghi di custodia fra Seicento e Settecento. L’estremo La trasformazione dell’Opg, di qualsiasi natura o portata sia, non può che essere indice di un’alterazione nella composizione delle forze che articolano questo specifico dispositivo di governo della pericolosità sociale. Un esempio: il 17 maggio 2012, quando l’arco parlamentare risulta intento a superare definitivamente l’arcaismo del manicomio criminale, la Commissione Affari sociali della Camera dei deputati adotta il testo base di una riforma delle legge 180, segnato da una netta aspirazione alla restaurazione manicomiale, se solo si pensa alla previsione di un trattamento necessario extraospedaliero prolungato, protraibile fino a dodici mesi. Il dato è che l’economia della paura, nel tempo, ha perfezionato e messo a disposizione il proprio arsenale di produzione e controllo del panico morale a settori sempre più vasti del Politico, basti pensare al fatto che persino i conti pubblici devono essere “risanati” e “messi in sicurezza”. L’ultimo decennio è caratterizzato da un’ipertrofia di rappresentazioni dell’individuo pericoloso, in tutte le sue nuances. Se la pericolosità sociale non mostra particolari segni di logoramento, allora è ancora in corso quel processo di biforcazione fra follia e malattia mentale e di disfacimento della stessa unità antropologica, individuato da Foucault. È il 1964 quando Foucault scrive che la malattia mentale senza dubbio alcuno, sta per entrare in uno spazio tecnico sempre meglio controllato: negli ospedali la farmacologia ha già trasformato le camerate degli agitati in grandi acquari tiepidi. L’improprio Un’antica storia ritiene la follia l’esperienza raccolta nello spazio graduato fra il polo della dementi e quello del furor, in funzione del tasso di pericolosità. In questa chiave, il manicomio si configura come il trattamento sociale che si pratica al superamento di una certa soglia di pericolo, indipendentemente dalla commissione di un reato. A lungo, manicomio civile e manicomio criminale resteranno in una zona di indistinzione. Il folle è colui che non possiede neanche se stesso: non si possiede, è posseduto, secondo una tradizione che permea la nostra storia dalla Grecia dell’età classica alle neuroscienze. L’improprio è anche l’infame, cioè quel soggetto reputato inaffidabile sul piano sociale e inattendibile in campo giudiziario: non è soggetto a cui si può dar credito perchè è sempre dubbia la sua capacità di saldare il proprio debito. PARTE IV - VENGHINO, SIGNORI VENGHINO. LO SPETTACOLO DEGLI ZOO UMANI Nel 2010 viene presentato a Cannes Venus Noir: il film racconta la storia della Venere ottentotta, una donna originaria del Sud Africa, esibita in Inghilterra e in Francia come fenomeno da baraccone e che divenne oggetto di studio per gli scienziati dell’epoca. La pellicola ha dato l’occasione per ripensare a un capitolo storico nel quale le esposizioni di uomini e donne extraeuropei divennero un fenomeno sociale, politico ed economico. Queste esposizioni vennero definite “zoo umani”: eventi 7
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