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SOCIOLOGIA DEI NEW MEDIA - Stella, Riva, Scarcelli, Drusian, Schemi e mappe concettuali di Sociologia Dei Media

Riassunto di tutti i 7 capitoli: 1. media vecchi, new media e cultura digitale 2. modelli e teorie della comunicazione mediata 3. forme e linguaggi dei nuovi media 4. media digitali tra identità, interazioni e gestione del self 5. i nuovi media tra disuguaglianze e competenze 6. partecipazione e politica dei new media 7. studiare internet e con internet

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

In vendita dal 15/02/2023

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Scarica SOCIOLOGIA DEI NEW MEDIA - Stella, Riva, Scarcelli, Drusian e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Sociologia Dei Media solo su Docsity! Stella, Riva, Scarcelli, Drusian SOCIOLOGIA DEI NEW MEDIA 1 MEDIA VECCHI, NEW MEDIA E CULTURA DIGITALE Prendere in considerazione i nuovi media da una prospettiva che evidenzia il loro essere novità può essere utile per comprendere in cosa consiste la rottura che essi esercitano nei riguardi del passato e quali siano le effettive trasformazioni che introducono nel nostro mondo. i new media sono davvero nuovi? Le innovazioni tecnologiche che definiscono la novità dei nuovi media non sono così recenti: il primo sito web ufficiale è nato il 6 aprile del 1991 al CERN di Ginevra, ma le originarie applicazioni di internet risalgono a circa vent’anni prima, quando ARPANET collega quattro campus americani (1969). Il web ha una lunga gestazione tra USA ed Europa e per 30 anno il prototipo è a disposizione di pochi che lavorano dentro determinate istituzioni o sono appassionati. I new media diventano tali a prtire dal momento in cui la loro diffusione raggiunge dimensioni di massa, vale a dire intorno al 2000, quando si ha un boom straordinario di connessioni e di risorse commerciali. MCLUHAN ricorda che ogni nuovo mezzo di comunicazione tende a riassumere in sé molte delle funzioni assolte dai media precedenti, ma ciò non è ancora sufficiente per dire che i nuovi media sostituiscano interamente i vecchi, soprattutto se immaginiamo che la sostituzione comporti la scomparsa degli uni a vantaggio degli altri [→ SOSTITUZIONE: se un medium diventa tecnologicamente egemone assorbendo gli altri, occorre vedere se e come trasforma anche i linguaggi specifici di ciascuno]. Bisogna distinguere tre diverse questioni: 1. I supporti → il fatto che i computer esistano e che consentono una serie di operazioni tecniche, non vuol dire che tutti coloro che li utilizzano sappiano connettersi e navigare allo stesso modo o nel modo più adeguato alle potenzialità permesse. 2. L’organizzazione dei linguaggi e dei contenuti ↓ 3. Gli accessi e la produzione → Modalità, organizzazioni, linguaggi, spazi e produzioni riprendono i vecchi media perché i nuovi sono una loro continuazione. Sono tre prospettive diverse attraverso le quali si può guardare alla novità dei new media, tenendo distinte funzioni e conseguenze di ciasuna. Si producono insieme, si condizionano a vicenda, ma non è detto che al progredire dell’una, corrisponda il progredire delle altre con la stessa velocità. I nuovi media sono un’invenzione straordinaria ma non costituiscono l’incarnazione di un futuro radioso datto di democrazia diretta e intelligenza collettiva. alcune caratteristiche della novità dei nuovi media La novità dei nuovi media non si traduce in una sostituzione ma in un affiancamento, a volte in una convergenza con i media tradizionali. La radio non ha fatto sparire i televisione, portando i quotidiani in digitale si sono allargati i confini della consultazione che il lettore può fare delle diverse pagine. Allo stesso modo, la televisione non ha ucciso il cinema, l’ha solo assorbito in parte con i serial o fiction, allo stesso modo il cinema produce film con un occhio alla possibilità di poterli trasmettere in tv. → è in questi casi che si parla di prosumer, quando l’utilizzatore del web non si limita a un consumo passivo dei contenuti di siti e blog ma partecipa attivamente alla loro produzione (producer + consumer). Ma uno strumento potente di vigilanza democratica può trasformarsi in un dispositivo kafkiano che mette in discussione vicende storiche elementari, il potere di mostrare diventa un fondamento della difesa dei diritti civili (→ teorie complottiste). In conclusione, nuovo non vuol dire migliore e neppure utilizzato al massimo del suo potenziale. Dobbiamo ricordare che ogni medium è lento nel venir riconosciuto per le sue particolarità (→ McLuhan), ci adattiamo a esso usandolo come siamo abituati a utilizzare i vecchi media, quindi ne capiamo la novità dopo. la cultura di massa Quello di cultura di massa è un vecchio concetto molto importante negli studi dei media. Di questo, dobbiamo notare tre questioni: 1. LA NASCITA DELLA SOCIETÀ DI MASSA → le società occidentali iniziano a diventare di massa quando alcuni importanti cambiamenti toccano gli strati medio-bassi delle loro popolazioni, ad esempio in quei luoghi dove masse di contadini entrano a far parte dei sistemi produttivi industriali. Le fabbriche trasformano la produzione, che anch’essa diventa di massa, e trasformano la politica dei paesi, portando a partiti politici di massa. I mezzi di comunicazione di massa si sovrappongonoa a questi cambiamenti, ne aumentano gli effetti e contribuiscono a creare un patrimonio di conoscenze collettive, che verrà chiamato cultura di massa. Per ultimo si aggiunge Internet, che permette a grandi strati di popolazione di connettersi tra loro, che crederanno di avere maggiore libertà e democrazia. Connettersi offre l’oppotunità di sottrarsi al destino della massificazione (in parte) perché sul web si costruiscono comunità e gruppi dove gli utenti possono “rifugiarsi”. VAN DIJK spiega alcune caratteristiche del termine massa: • Siamo sempre meno davanti a una massa indivisa, questa si sta dividendo in componenti di massa diffuse. • La massa è meno anonima • La possibilità di interazione permette alla massa di essere meno passiva • La massa si identifica meno di quanto accadesse in passato, appaiono nuovi tipi di comunità • La massa è sempre meno frazionata definitivamente 2. IL SIGNIFICATO DELLA CULTURA DI MASSA → la prima caratteristica della cultura di massa è inserirsi nella tradizionale distinzione tra cultura colta e cultura popolare. I media vecchi, soprattutto la tv, sono i contenitori di rappresentazioni della realtà semplificate e stereotipate, di divulgazione e intrattenimento. Ora l’importanza della cultura di massa risiede nel costituire un’alternativa alla cultura colta e a quella popolare, di cui rappresenta una cultura che sostituisce le due ma è una loro combinazione. BOURDIEU parla di ALLODOXIA CULTURALE, che rende il piccolo borghese una vittima. È un falso giudizio legato allo scambio di una cosa per un’altra, o meglio alla confusione del significato che ogni cosa possiede nel proprio contesto. BERGER e LUCKMANN definiscono CONOSCENZA quella che si dovrebbe possedere per orientarsi nel mondo con una certa familiarità → riconoscere quale domanda porre e quali risposte prendere in considerazione sono abilità che servono per muoversi all’interno della rete: bisogna conoscere come si usa Internet per evitare di essere sue vittime e cadere nella cultura di massa, cioè a soluzioni già preconfezionate. L’accesso alla rete per diverse persone non corrisponde a una effettiva emancipazione da stereotipi di linguaggi e contenuti dei vecchi media, ciò tende a riprodurre un’immagine dei consumatori più vicini allo standard tradizionale delle audience televisive, quindi con richiami alle modalità comunicative della cultura di massa. Ciò significa che ciò che pensiamo possa cambiare, in realtà rimane identico a se stesso. Seguendo BENNATO, riteniamo che la nostra attenzione non debba porsi sui mrzzi di sé e sulla novità tecnica che li connota, ma sulle persone fruitrici e destinatarie. C’è da capire a chi il medium fornisca delle effettive opportunità di crescita culturale e a chi invece spacci risorse fintamente innovative che continuano a collocarlo sui gradini più bassi/medi della scala sociale. 3. LA DISTINZIONE TRA APOCALITTICI E INTEGRATI → dagli anni 40/50 del 900 si è prodotta una spaccatura tra i ricercatori: gli integrati sono coloro che credono che i mezzi di comunicazione elettronici abbiano contribuito a democratizzare e a distribuire i saperi, le pratiche e le conoscenze tradizionali delle élite verso la popolazione generale grazie alla diffusione di massa a prezzi contenuti. Gli apocalittici credevano che i media allora nuovi abbiano rappresentato una diversa forma di oppressione simbolica che toglieva libertà di scelta e autonomia alle persone di basso ceto e poco acculturate, perché la produzione industriale di cultura finiva per terminare le risorse simboliche e linguistiche stereotipate e semplici. a. Per gli integrati, la cultura di massa era una risorsa positiva che collaborava a dividere tra molti ciò che in passato era solo di pochi; b. Per gli apocalittici, la cultura di massa era uno strumento con cui pochi continuavano a ingannare grandi gruppi di individui. la cultura digitale Usiamo il termine cultura digitale per riferirci a un altro tipo di cultura specifica che investe l’uso del web e dei dispositivi tecnologici, intendendo anche l’insieme delle trasformazioni che riguardano sia l’agire collettivo sia quello individuale. Nuovi saperi pratici e ambienti (reali e virtuali) vengono appresi, accolgono l’innovazione creando una rapisa diffusione geografica e sociale. Tutti i cambiamenti che avvengono nella società non sono solo tecnologici e non producono solo conseguenze culturali, tutto ciò che succede all’economia o alla politica – dalla fine nostre capacità di riflessione su noi stessi. Il tipo di comunicazione che sperimentiamo è la connessione: mndiamo messaggi digitali di cui aspettiamo una risposta, il nostro interlocutore nel frattempo starà facendo altro → secondo Turkle perdiamo l’attenzione dell’interlocutore nei nostri confronti e viceversa: una conversazione richiede impegno e attenzione ed è grazie all’interazione che impariamo a riflettere su noi stessi, le tecnologie mobili ci connettono ma non ci permettono di prestare attenzione all’altro. L’amicizia sui social network è illusoria, si basa sulla fantasia di essere sempre ascoltati, di ricevere sempre attenzione e di non essere mai soli (→ insieme ma soli, è un libro della Turkle). Le nostre relazioni sono più complesse e l’estrema semplicità delle amicizie da social network ce ne fanno perdere il senso fino a non reggere più la capacità di stare soli, bisogna recuperare le abilità legate alla solitudine, disconnettersi per reimparare a riflettere su se stessi. manuel castells: la società delle reti CASTELLS è uno dei maggiori esperti della società dell’informazione. Con la trilogia The Information Age: Economy, Society and Culture ha posto importanti basi per lo studio dei processi di trasformazione sociale che stanno cambiando il mondo. nel primo volume Castells descrive lo sviluppo e el conseguenze di tre processi nati tra la fine degli anni 60 e i primi 70: 1. La rivoluzione tecnologica delle ICT 2. La crisi del capitalismo tradizionale e dello statalismo comnista 3. La nascita di nuovi movimenti popolari (es. femminismo, ambientalismo) La combinazione dei tre processi ha generato una nuova struttura sociale (→ la società dell’informazione), una nuova economia (→ l’economia informazionale), una nuova cultura (→ la virtualità reale). A unire i tre processi è la logica a rete: il potere non è più concentrato nelle istituzioni (→ lo Stato), nelle organizzazioni (→ l’industria capitalista) o nei controllori simbolici (→ religione, media) ma è diffuso nelle reti globali che circolano e cambiano. La network society è una società che, dall’impostazione verticale delle burocrazie dello Stato e delle sue componenti, si trasforma in un’organizzazione a rete, flessibile, che sa adattarsi con più facilità alle nuove circostanze grazie all’infrastruttura tecnologica su cui è basata. Per Castells, le reti costituiscono la nuova morfologia sociale delle nostre società: la contemporaneità è costruita intorno a flussi e a un tempo senza tempo, proprio grazie alle tecnologie digitali che rendono possibile una comunicazione in tempo reale o in forma asincrona. Economia, capitalismo, lavoro, Stato, cultura, città sono cose sempre più informazionali. → Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono alla radice delle nuove fonti di produttività, di organizzazione e di formazione della società attuale. Anche la socialità cambia e passa in rete, dalla comunità si passa ai network, nel senso che le società contemporanee guardano a modelli di relazioni non più uniformi. Castells parla di nuovo paradigma della tecnologia dell’informazione, basato sull’interconnessione e in cui le tecnologie sono parte integrante dell’intra attività umana. Il vero problema non è l’inclusione nella società in rete ma l’esclusione, che porta a miseria, abbandono, insicurezza, violenza politica, criminalità, etc. L’evoluzione delle tecnologie della comunicazione ha introdotto nuovi attori e conenuti nell’organizzazine sociale, autonomi rispetto ai centri del potere tradizionale e in grado di ridisegnare i rapporti di forza in uno scenario in cui il potere principale resta sempre quello della comunicazione. il concetto di mass self-comunication si riferisce a quella sorta di comunicazione di massa individuale che, in contrapposizione ai grandi network della comunicazione globale e commerciale, dà la possibilità ai movimenti sociali di intervenire con efficacia nella comunicazione. jan van dijk e le leggi della network society A coniare il termine network society fu JAN VAN DIJK, quando pubblicò un saggio in cui argomentava le caratteristiche di una società che intesseva reti sociali e reti massmediali. Van Dijk ha ampliato il concetto cercando di affrontare gli aspetti sociali più rilevanti. La network society vine defiita come una forma di società che organizza sempre di più le sue relazioni a partire da reti di media destinate gradualmente a integrare le reti sociali della comunicazione faccia a faccia. Le reti sociali e mediali danno forma alla rincipale modalità di organizzazione e alle più importanti strutture della società, ma non sono l’interà sostanza della società (come pensava Castells). La prima conclusione che van Dijk trae è che: la società moderna sta diventando una network society parallelamente al suo divenire una information society. Le reti mediali e la comunicazione mediata non sostituiscono le reti sociali o la comunicazione faccia a faccia, ma sono co loro e tra loro integrate e intrecciate in modo da creare un’unica ecologia fisica e mediale che unisce l’incontro e la mediazione. L’autore arriva a formulare sette leggi del web: 1. Network articulation → una struttura di relazioni si fa avanti a spese dell’indipendenza delle unità collegate. La struttura a rete pervade l’intera società, a tutti i livelli. Ci sono due corollari a questa prima legge: a. Le strutture a rete non sono necessità naturali, ma si trovano in un rapporto dialettico con gli altri elementi sociali. b. Gli effetti delle strutture a rete sulla società non sono unidirezionali ma hanno una struttura duale. Tutte le applicazioni dei nuovi media sono caratterizzate da una combinazione di estensione e riduzione di scala: l’estensione si esplica in processi di nazionalizzazione e internazionalizzazione, le riduzioni in ambienti di vita e lavoro più piccoli (→ dualità della rete). 2. The law of network externality → le reti producono effetti sulle persone e sulle cose che sono esterne alla rete. C’è un impulso alla connessione e una spinta alla standardizzazione. 3. The law of network extension → sostiene che in un breve periodo una rete diventa talmente estesa che intermediari o mediatori diventano necessari per far funzionare tutto ciò che vi si trova. 4. The law of small worlds → le reti aumentano la connessione tra persone, organizzazioni e società gli individui possono entrare in contatto in poco tempo e ovunque. È qui, però, che si innesca il digital divide, cioè non tutti i cittadini del mondo hanno le stesse possibilità di accesso alla rete. Comunque sia ciò innesca l’effetto contagio, le notizie si diffondono rapidamente. 5. The law of the limits to attention on the web → internet è dominato da poche grandi compagnie, però è possibile trovare infinite piccole fonti mediali. Le reti si caratterizzano per la tendenza all’estensione e alla riduzione di scala, che portano a fenomeni di concentrazione e frammentazione per cui si assiste sia ad una nuova coesione sociale sia alla diffusione di tante subculture. 6. The power law → si rispecchia nella Googlearchy, quelle fonti che risultano già in testa alla lista dei risultati sul motore di ricerca diventano ancora più popolari, causando concentrazione e diseguaglianza tra le fonti. 7. Trend amplifiers → i nuovi media intensificano le tendenze già presenti e rinforzano le relazioni sociali esistenti nella società contemporanea. Infine, van Dijk parla di network individualization: gli ambienti di vita e di lavoro diventano sempre più piccoli e allo stesso tempo la varietà della divisione del lavoro, delle comunicazioni interpersonali e dei mass media si amplifica. henry jenkins e la cultura convergente JENKINS è uno studioso della cultura contemporanea di cui definisce caratteristiche specifiche in termini di media literacy. Secondo lui, è dai fan che bisogna iniziare perché sono sempre stati i pionieri delle nuove tecnologie, non si accontentano dei prodotti offerti dalle diverse industrie e si appropriano dei contenuti facendoli vivere in altre forme di produzione culturale (fan-zine, meeting, etc). La fandom è il risultato dell’equilibrio tra fascinazione e frustrazione: se il contenuto mediatico non ci avesse affascinato, non ci saremmo lasciati coinvolgere, e se non ci avesse frustrati a qualche livello, non avremmo avuto lo stimolo per riscriverlo o rifarlo. È cambiata la visibilità della fan culture oggi, la rete amplifica enormemente i prodotti dal basso. Dopo, lo studioso riflette sulla relazione tra convergenza mediatica e cultura partecipativa. Con convergenza si intende il flusso dei contenuti su più piattaforme, la cooperazione tra più settori dell’industria dei media e il migrare del pubblico alla ricerca continua di nuove esperienze di intrattenimento. Si tratta di un processo di cambiamento culturale che investe tutto il sistema dei media e tutta la società. L’espressione cultura partecipativa si riferisce all’emergere di nuovi ruoli per produttori e consumatori, che interagiscono tra loro e creano nuovi prodotti culturali. si creano, peò, contrasti tra produttori mainstream, ostili ai cambiamenti, e consumatori che devono attivarsi per operare le riappropriazioni culturali, scontrandosi con le industrie. Digitalizzazione, convergenza mediatica e cultura partecipativa fanno emergere la cultura convergente. Idee e cultura si diffondono dall’alto verso il basso, vengono prodotte su larga scala dai media e poi riappropriate dai diversi pubblici e rivolte verso l’esterno attraverso l’elaborazione culturale. Alcune idee nascono dal basso e poi entrano nei canali commerciali quando suscitano l’interesse dei media. Nuovi e vecchi media si toccano e produttori e consumatori interafiscono in modi imprevedibili. barry wellman: internet, vita quotidiana e individualismo reticolare WELLMAN è uno studioso statunitense che ha diretto il NetLab, un centro di studi attivo a livello mondiale per lavori sulla rete. È uno dei primi sociologi a essersi interessato al rapporto tra internet e la cita quotidiana. Nel libro The Internet in everyday life, l’autore si è concentrato sull’utilizzo del web da parte degli utenti per ciò che riguarda le relazioni interpersonali, i mutamenti delle dinamiche di interazione umana, le connessioni tra Internet e il capitale sociale. Per lui: • Lo scambio immediato di grosse quantità di dati è facilitato da una larghezza di banda sempre più ampia • La connessione con le reti amicali, familiari, lavorative è potenzialmente continua • L’interazione è più ricca rispetto a quella meramente testuale poiché vi è una maggiore personalizzazione dei contenuti dei messaggi da parte degli utenti • La comunicazione è sganciata in misura maggiore dal luogo grazie ai sistemi wireless • La connettività diventa sempre più globalizzata a fronte di un digital divide che sta diminuendo Un contributo rilevante di Wellman è stata l’analisi delle reti sociali all’interno di Internet. Descrive la rete sociale come un insieme di nodi socialmente rilevanti connessi tra di loro da uno o pià rapporti. Analizzare un network significa definire quali sono i nodi da includere nello studio che si intende fare, ciò si traduce in un’altra problematica che riguarda la natura stessa di internet. Wellman definisce alcuni principi guida riguardanti la social netowrk analysis: o gli analisti delle reti sociali devono stare attenti alle relazioni tra i singoli nodi piuttosto che ai loro attributi o devono trattare le reti come gruppi mutualmente esclusivi, ricordandosi che tendono a intersecarsi tra loro o non bisogna dimenticare che i diversi nodi dentro la rete hanno diverso peso per le relazioni che hanno con altri componenti del network o la natura della relazione tra due nodi dipende anche dalla relazione che ognuno dei due ha con altre reti I rapporti sociali che si sviluppano anche grazie al contributo del web sono il frutto dell’intersezione di molte reti e delle influenze tra i loro differenti nodi. Ogni individuo diventa parte integrante della rete essendone un nodo e contribuendo alla sua stessa sopravvivenza. Wellman sviluppa il concetto di networked individualism o di individualized networking: in internet gli individui possono fare parte di differenti network scegliendo autonomamente a quali di quste reti appartenere in base ai loro interessi. I cambiamenti sociali e tecnologici consentono ai soggetti un ulteriore mezzo per creare rapporti che vanno a integrarsi con la vita wuotidiana piuttosto che porsi come alternativa a essa. La rete non è la fautrice del netowrked individualism, ma è una piattaforma grazie alla quale questo modello raggiunge la sua massima espressione. sonia livingstone, internet studies e giovani LIVINGSTONE è considerata il principale punto di riferimento teorico e metodologico sulle ricerche in internet che hanno come protagonisti i minori. All’inizio della sua carriera, la sua attenzione era rivolta agli audience studies, poi svolta verso internet e giovani negli anni 90. Parte dalla riflessione su cosa siano i nuovi media e cosa significa studiarli, possibile solo utilizzando un approccio interdisciplinare. I nuovi media sono formati e danno forma alla società in modo ricombinatorio, quindi i sistemi dei new media sono il prodotto di una continua ibridazione tra le tecnologie esistenti e le innovazioni in reti tecniche e istituzionali interconnesse. La Livingstone ha un’idea di network vicina a quella di Castells, il network dei network è costituita da connessioni ampie e multiple fatte di nodi. I nuovi media sono ubiqui, nel senso che riguardano tutti quei contesti in cui vengono utilizzate le ICT, non è possibile sottrarvisi. Ne evidenzia, però, l’INTERATTIVITÀ, cioè il fatto che oggi gli individui possono creare, condividere contenuti e interagire con altri in modi impossibili con i media tradizionali. Secondo Livingstone, i rischi per i minori online ci sono sempre. Sottolinea una distanza marcata rispetto a chi ha evocato l’esistenza di una internet generation fatta di giovani “naturalmente” esperti di nuovi media, sono chiamati nativi digitali. Essere giovani non dà automaticamente una maggiore dimestichezza con le nuove tecnologie, c’è chi non sa nemmeno cosa sia internet e chi ha competenze scarse. Usare internet non è semplice percè richiede pratica ed esperienza. Dare molta fiducia ai giovani sull’uso di internet solo per la loro età, significa delegittimare il loro diritto ad aver epolitiche pubbliche di intervento che li sostengano e accompagnino nel percorso di acquisizione delle competenze fondamentali dell’uso dei nuovi media. È necessario rivolgere ai giovani uno sguardo più equilibrato capace di considerarli in base alle loro effettive capacità e conoscenze, e bisogna anche valutare il modo in cui le tecnologie sono costruite per capire i meccanismi e interessi istituzionali che ci sono dietro. net criticism: geert lovink CARR ha iniziato le sue critiche agli anizi degli anni 2000 prendendo di mira le tecnologie dell’informazione, secondo lui destinate a perdere sempre più importanza strategica per le aziende data la loro diffusione e quindi la loro normalità che accomuna tutti. Dal 2008 Carr porta avanti una critica cognitiva alla rete, sostenendo l’idea che internet sia 1. Distinguiamo tra a. MULTIMEDIALITÀ ONLINE → riguarda i siti web, fruibili grazie ad una connsessione internet. b. MULTIMEDIALITÀ OFFLINE → è propria dei prodotti editoriali fissati su supporti come cd-rom e dvd, fruibili autonomamente. 2. Distinguiamo tra a. MULTIMEDIALITÀ INTERATTIVA → la possibilità di partecipazione dell’utente alla costruzione della comunicazione b. IPERMEDIALITÀ → organizzazione associativa delle informazioni di diversa origine mediale ipertestualità Con ipertesto digitale si intende un insieme di materiali multimediali che sono connessi tra loro attraverso collegamenti (hyperlink) e consentono all’utente una consultazione non sequenziale e non preordinata. Saper navigare vuol dire saper interagire con un modello ipertestuale con cui l'utente può costruire il suo percorso di lettura e consultazione. BUSH è un tecnologo del MIT che teorizzò negli anni 30 un macchianrio (Memex) che potesse contare vari documenti a disposizione dell’utente, che poteva anche inserire commenti e note personali. Non fu mai realizzato ma la sua fu un’idea duratura, negli anni 60 NELSON ed ENGELBART fondano il progetto Xanadu, che doveva diventare un archivio mondiale di documenti, immagini e video collegato da una rete di computer e gestito grazie a un’interfaccia dell’utente, che poteva muoversi attraverso una molte enorme di dati senza aver paura di perdersi. Era questa l’idea di ipertesto, dove veniva esaltata la lettura non sequenziale e favorita la libertà dell’utente, che poteva sempre capire la possibilità di capire dove fosse arrivato. L’ipertesto scardina il concetto tradizionale di testo, fisso, chiuso e sequenziale. Il significato è costruito anche dal lettore, e l’oggetto ipertestuale è la realizzazione delle utopie che vedono nella rete la possibilità di creare una connessione infinita tra intelligenze. Uno dei due principali esponenti, PIERRE LÉVY aggiunge al termine ipertesto: • il principio di metamorfosi → continua rinegoziazione di ogni elemento della rete ipertestuale da parte di tutti gli attori coinvolti • l’organizzazione frattale → un nodo pu essere costruito a sua volta da una rete e così via • l’esteriorità → la mancanza di un’unità organica e quindi la sua variabilità dipendente da un esterno indeterminato • la topologia → negli ipertesti tutto funziona secondo il principio di prossimità e vicinanza • la mancanza di centro → la continua mobilità di diversi centri Grazie a queste caratteristiche la metafora dell’ipertesto diventa per lo studioso il punto di partenza ello sviluppo della sua teoria di INTELLIGENZA COLLETTIVA, definita come intelligena distribuita ovunque, continuamente valorizzata, coordinata in tempo reale, che porta a una mobilitazione effettiva delle competenze. Nella rete l’individuo è solo cervello che entra in contatto con altri cervelli, con cui comunica nel senso che mette in comunione saperi e pensieri. L’intelligenza collettiva è tale perché aumenta la conoscenza di un pubblico sempre più vasto, sono conoscenze condivise, negoziate, reinterpretate e coordinate. Il secondo esponente, DERRICK DE KERKHOVE, teorizza l’INTELLIGENZA CONNETTIVA: insiste sulla continuità tra menti e macchine, tra computer e cervelli, che messi in connessione funzionano in modo sempre più simbiotici. Nella rete, menti e computer diventano reciprocamente ancoa più intelligenti. interattività Nella nostra esperienza quotidiana, è interattiva quella tecnologia digitale che interagisce con noi. Secondo la definizione di JENSEN, l’interattività è la misura della potenziale facoltà dei media di lasciare che l’utente eserciti un’influenza sul contenuto o sulla forma della comunicazione mediata. I media si possono posizionare su tre livelli di interattività: 1. INTERATTIVITÀ SELETTIVA → definisce la facoltà dell’utente di scegliere un contenuto 2. INTERATTIVITÀ CONVERSAZIONALE → riferita alla possibilità dell’utente di produrre e inserire informazioni 3. INTERATTIVITÀ REGISTRATIVA → riguarda la capacità del sistema di adattarsi alle informazioni inserite dell’utente Gli elementi principali di un medium interattivo sono: • VELOCITÀ → il tempo di risposta del sistema all’input dell’utente, la cui massima realizzazione è l’alterazione in tempo reale, immediata, dell’ambiente mediato da parte dell’azione dell’utente. • GAMMA → fa riferimento al numero di elementi dell’ambiente mediato che l’utente può manipolare e quanto. Si parla anche di tasso di interattività, che indica quanti cambiamenti possono essere atuati nell’ambiente mediato. • CONTROLLO → il modo in cui le azioni umane sono connesse a quelle dell’ambiente mediato. Può essere: ▪ Arbitrario, in cui la relazione tra un comando e la sua esecuzione è frutto di una scelta ▪ Naturale, in cui posso ottenere effetti dati dall’esecuzione dell’azione L’interattività mette al centro l’utente, che non è più solo ma diventa parte attiva del processo comunicativo. personalizzazione La tendenza alla personalizzazione si ritrova anche nei media tradizionali, non si tratta di una caratteristica intrinseca solo ai media digitali. Gli elementi principali che definiscono il processo di personalizzazione sono: 1. La crescente adattabilità dei prodotti alle scelte dell’utente 2. La flessibilità dei tempi e degli spazi del consumo mediale 3. Lo sviluppo di azioni di bricolage sui media La personalizzazione dei contenuti porta l’utente a selezionare materiali preesistenti e costruire un prodotto su misura. Le scelte dell’utente seguono una logica pull, dove si aggiungono anche i suggerimnti del sistema elaborati sulla base del profilo dell’utento stesso grazie a cookie o log file, che invece seguono una logica push. La personalizzazione di tempo e spazio vede i consumi mediali non più vincolati ai tempi di produzione e distribuzione, né agli spazi in cui sono collocati i supporti o le tecnologie tradizionalmente peviste per la fruizione mediale. Gli elementi prncipali sono costituiti dall’offerta a disposizione dlell’utente e dai sistemi tecnologici che gli permettono di fruire i contenuti in modo svincolato da tempo e spazio. I media nomdi sono quei dispositivi portatili e wireless che ci permettono di essere collegati ovunque ci troviamo: stiamo arrivando alla realizzazione del computer ubiquo per cui ogni oggetto della nostra vita quotidiana diventerà smart. La personalizzazione della produzione è la diffusione di pratiche di consumo e produzione mediale parallele a quelle delle industrie culturali. Ci sono due aspetti da considerare: o la manipolazione dei prodotti mediali, che si traduce nella combinazione di elementi offerti e si spinge all’appropriazione vera a propria (→ file sharing). o le interfacce grafiche interattive, la portabilità delle tecnologie, l’abbassamento dei prezzi e la diffusione di software progettati in base allo user centered design hanno reso le tecnologie facili da usare e alla portata di tutti. Si deve tenere presente che da un lato si assiste sempre di più alla produzione mediale e culturale da parte di soggetti esterni o marginali rispetto alle industrie culturali, che poi ne vengono assorbiti. Da un altro lato la diffusione di smartphone ha portarto l’utente ad essere PROSUMER: è la crasi di producer e consumer, il fenomeno per il quale chiunque sia dotato di un dispositivo digitale diventa un potenziale produttore di contenuti mediali. dalla crossmedialità al web collaborativo L’avanzata del web 2.0, del web sociale che sollecita la partecipazione dell’utente e la personalizzazione dei contenuti, amplia l’idea di convergenza multimediale, definita sempre più come CROSSMEDIALITÀ: i contenuti vengono prodotti ovunque ci sia un medium digitale e una connessione a internet, e poi diffusi trasversalmente su svariate piattaforme web. YouTube (→ broadcast yourself è il motto), è centrale nella riflessione dei prosumer perché permette a chiunque di caricare video di qualsiasi tipo. È un elemento della crossmedialità perché fornisce una piattaforma facilmente utilizzabile e rappresenta un immenso repertorio a cui attingono anche i media tradizionali → lo user generated content è la chiave di molte piattaforme. Esistono diverse forme di partecipazione: • WEB SOCIALE, indica tutte quelle paittaforme presenti in internet che permettono di intragire o socializzare utilizzando le tecnologie. • WEB COLLABORATIVO, che offre agli utenti continue possibilità di interazione, di partecipare, di collaborazione (→ es. sistemi di rating come TripAdvisor). Le piattaforme di mashup permettono di aggregare informazioni che provengono da fonti diverse (→ Google Maps, consente agli utenti di inserire elementie aggiungere info per rendere le mappe interattive e personalizzate). Ne deriva una libertà rispetto alle logiche delle industrie culturali, ma secondo alcuni questa libertà si allarga anche ai processi di partecipazione politica e si ritroverebbe nelle forme di cittadinanza attiva. KEEN denuncia l’impoverimento generale derivato dalla produzione di contenuti da parte di non esperti. I dilettanti che improvvisano user generated content sottraggono valore ai contenuti culturali, professionali e imprenditoriali. LARNIER critica il totalitarismo cibernetico, si scontra con l’idea che tutto sia digitale. I computer sono solo macchine e la vita umana non può essere ridotta alla sola dimensione digitale: la cultura digitale è una riduzione della cultura umanistica. Il web collaborativo annullerebbe le singolarità a favore di un indistinto comunitarismo con tendenze al cinismo. un caso di studio: i wiki e wikipedia I software wiki hanno come caratteristica principale quella di permettere agli utenti registrati di apportare velocemente modifiche a materiali pubblicati online direttamente dal browser utilizato, senza quindi usare linguaggi di programmazione specifici. I documenti possono essere modificati da chiunque. Il sistema mantiene memoria dei cambiamenti in modo che sia possibile ritornare alle versioni precedenti. L’idea alla base della creazione di contenuti da parte degli utenti in modo collaborativo. È possibile farlo in forma anonima in alcuni wiki, come WikiLeaks. Ma il wiki più famoso è Wikipedia, nata nel 2001 ed è pubblicata in 285 lingue, è tra i 10 siti più consultati al mondo, con milioni di visitatori ogni giorno e contiene più di 45 milioni di voci. È una enciclopedia multilingue, collaborativa, online e gratuita: i contenuti sono consultabili pubblicamente senza limitazioni e costi, sono anche replicabili a patto di seguire le indicazioni della licenza Creaive Commons. È collaborativa nel senso che si basa sui contributi dei volontari che ne scrivono o modificano le varie voci. La dimensione collettiva della produzione della conoscenza ne fa una vera e propria comunità in cui i partecipanti condividono i CINQUE PILASTRI (valori) del progetto. Wikipedia: 1. È UN’ENCICLOPEDIA → escluse definizioni da dizionario, discussioni, propaganda, autobiografie, saggi promozionali etc. 2. HA UN PUNTO DI VISTA NEUTRALE → ogni voce deve riportare le diverse posizioni e teorie cercando di usare un linguaggio imparziale 3. È LIBERA → la licenza adottata assicura l libera diffusione e chiunque può modificare o creare voci, a patto di essere iscritto alla comunità 4. HA UN CODICE DI CONDOTTA → si chiama wikiquette e regola le interazioni tra i membri della comunità 5. NON HA REGOLE FISSE → “l’unica” regola è non essere timido nel partecipare alla creazione delle voci. I danni che si possono fare vengono contenuti. L’accuratezza delle voci di Wikipedia è risultata alta nelle ricerche, che ne hanno garantito l’equiparabilità con altre enciclopedie generaliste, ferma restando la possibilità di errori e vandalismi. L’elemento della variabilità delle voci è un altro elemento di valutazione del sito. La scienza è molto presente ma vi sono settori sovradimensionati, probabilmente perché corrispondono agli interessi maggiori degli utenti. Alcune voci possono dipendere dal creatore che ne monopolizza gli aggiornamenti, altre voci risentono del fan effect (→ create da un appassionato). Infine, la versione inglese è molto più ricca delle altre sia in termini di pagine sia in termini di completezza. Il problema principale di Wikipedia risiede nel fatto di presentare un punto di vista occidentale e anglocentrico, ma rimane un progeto sofisticato, globale e riuscito di web collaboativo. La libertà: l’etica hacker e l’open source Già agli esordi della diffusione di internet e del suo sviluppo orientato allo sfruttamento accademico o commerciale gli HACKER storici si sono dedicati all’appropriazione della rete con altre finalità, soprattutto anticommerciali e a volte politiche. La CULTURA HACKER vede nella conoscenza libera, aperta e collettiva i pilastri su cui costruire la società futura. Sono stati proprio gli hacker a porre attenzioni a questioni come la privacy, l’accessibilità, la vulnerabilità dei sistemi ma soprattutto all’idea che l’informazione e la conoscenza debbano essere di tutti e non in mano a pochi colossi informatici e commerciali. Una delle colonne portanti della loro etica è il FREE SOFTWARE, espressione che indica la libertà del software (→ libero ma non per forza gratis). Un programma è un software libero se gli utenti godono dlele quattro libertà fondamentali, enunciate da STALLMAN, fondatore della Free Software Foundation: • LIBERTÀ 0 → eseguire il programma per qualsiasi scopo • LIBERTÀ 1 → studiare come funziona il programma e modificarlo per adattarlo alle proprie necessità la componente fisica. La distinzione tra online e offline descrive l’interazione con lo scopo di capire se è mediata dal computer o si riferisce a situazioni di compresenza fisica. Sono due le grandi visioni che si sono contrapposte nel dibattito sui media digitali: da un lato troviamo chi afferma che i digital media rappresentano un mondo sociale totalmente sganciato dalla vita reale quotidiana, dall’altro lato vi è chi sostiene che i nuovi media possono avere un effetto dirompente sulla socialità e le sue forme. Ricerche degli anni 90 hanno mostrato come coloro che utilizzano internet tendono ad avere reti sociali più ampie e differenziate rispetto a chi non usa tecnologie digitali. L’utilizzo di Internet non allontana gli individui dallo spazio pubblico ma si è rivelato un fatto che arricchisce il capitale sociale delle persone. interazioni e media digitali, alcune letture teoriche TÖNNIES distingue: • COMUNITÀ → regole informali ma condivise – il gruppo precede l’individuo – norme molto forti; • SOCIETÀ → maggiore equilibrio tra autonomia individuale e norme sociali – meno senso di identificazione con la collettività – forme di interazione meno opprimenti e più fredde – livelli di solitudine più alti. WELMAN parla di NETWORK INDIVIDUALISM, con cui intende il mutamento del legame sociale che in precedenza si basava sulla vicinanza fisica tra le persone, ora sono i media ad essere i catalizzatori ell’individualismo basato sulle reti. Con i media digitali questo legame cambia, svincolano i soggetti dal luogo di appartenenza e mettono al centro della connessione sociale l’individuo, non la società. Questo cambiamento è connesso al processo di disgregazione delle comunità premoderne iniziato con l’industrializzazione. I tipi di relazioni sono solitamente omofili. GRANOVETTER distingue: ➢ Legami deboli → conoscenti, amici non stretti (→ sono più importanti dei forti per accedere a informazioni e potenziali posizioni lavorative di proprio interesse) ➢ Legami forti → familiari e amici stretti Con VIRTUAL TOGETHERNESS, BAKARDJIEVA vuole dire che la socialità online può assumere altre forme oltre quella comunitaria. Bisogna distinguere tra un uso del web che prevede l’interazione con gli altri e il consumo in modo isolato di beni e servizi che la rete mette a disposizione. La sociologa distingue diversi modelli di relazione sociale digitale: 1. INFOSUMER → chi usa i media digitali semplicemente per cercare informazioni, spesso l’individuo qui è un lurker, cioè non partecipa alla vita sociale svolta dagli altri membri INSTRUMENTAL RELATIONS → internet è fonte di informazione ma c’è più interesse a interagire con altri membri della comunità 2. PUBLIC AND IDEAS IN VIRTUAL PUBLIC SPHERE → la rete è un luogo di raccolta di informazioni ma anche di scambio e confronto con le idee degli altri, stabilendo con loro una sorta di relazione 3. CHATTER → la socievolezza non ha confini, non c’è il modello informativo razionalistico, internet si usa solo per condividere qualcosa con altri utenti 4. COMMUNITARIAN → la rete è una fonte di sostegno sociale offerto dalla comunità, che permette ai singoli di identificarsi con essa ed elaborare un sentimento di appartenenza DANAH BOYD definisce gli utenti dei media digitali e dei social media come PUBBLICI CONNESSI. I legami dei gruppi sono spesso effimeri e più deboli rispetto a quelli tradizionali e la comunicazione avviene con il pubblico che circonda chi comunica e con il quale si creano opinioni e informazioni comuni. Nella rete oggi c’è una crescente disponibilità di user generated content che assumono quattro specifiche caratteristiche: 1. PERSISTENZA → ciò che si esprime online è automaticamente registrato e archiviato 2. REPLICABILITÀ → i contenuti possono essere facilmente duplicati 3. SCALABILITÀ → la visibilità potenziale dei contenuti nei pubblici connessi è molto grande 4. RICERCABILITÀ → nei pubblici connessi si può avere accesso ai contenuti mediante un sistema di ricerca Queste quattro proprietà danno vita a tre dinamiche della società in rete: ➢ Le audience sono invisibili → non tutti i pubblici sono visibili quando un utente crea i suoi contenuti, e allo stesso tempo i pubblici non sono sempre compresenti ➢ Mancano i confini spaziali, sociali e temporali che rendono complicato mantenere distinti i contesti sociali ➢ Opacità dei confini tra pubblico e privato, che perdono la loro specificità in favore di una nuova maiera di intendere i due spazi non più tanto distinti i social media WEB 2.0 è un termine inventato nel 2005 da O’REILLY, non ha una definizione precisa ma a esso sono collegati diversi concetti, come l’architettura della partecipazione e il coinvolgimento di un numero più alto pssibile di utenti e l’intelligenza collettiva (→ cioè un comportamento collettivo dato d’ll'aggregazione di intelligenze di vari individui e gruppi sociali permessa dalle tecnologie). Con il termine SOCIAL MEDIA si intende la componente comunicativa delle nuove piattaforme, enfatizzando il loro ruolo nella mediazione oltre che quello di tecnologie informatiche dedite alla mera gestione delle informazioni. Ogni media sociale ha caratteristiche proprie. Poi ci sono i SOCIAL NETWORK SITES, al cui interno troviamo i BLOG, tra le piattaforme più antiche pensate per comunicare ed essere utilizzate da un pubblico ampio e diffuso, sono i primi ad aver inserito alcune tecnologie riprese in futuro in altri servizi del web 2.0 (→ es. FEED RSS, i primi tipi di feed, cioè flussi di informazioni formattati in modo da essere interoperabili e interscambiabili tra diverse applicazioni o piattaforme. Di solito sono utilizzati per dare agli utenti una serie di contenuti che sono aggiornati frequentemente). I blog sono siti internet i cui contenuti sono gestiti dall’utente e sono formati da post, cioè contenuti che vengono organizzati all’interno della pagina web in ordine cronologico, i lettori possono commentare i diversi post. BLOOD distingue: 1. LOG-STYLE → breve diario in cui viene raccontata la propria vita privata 2. FILTER-STYLE → parla del mondo esterno e fornisce link che permettono approfondire diversi temi 3. NOTEBOOK-STYLE → ci sono più interessi del blogger, ha uno stile più narrativo e tratta solitamente di un tema specifico I blog si possono classificare anche in altri modi in base alle caratteristiche, ad esempio si possono catalogare in base alla quantità di autori che scrivono un post, oppure in base agli scopi e i potenziali pubblici. I SOCIAL NETWORK SITES sono definiti da BOYD ed ELLISON come servizi web che hanno una natura e una nomenclatura che possono variare da sito a sito e permettono agli individui di: o Creare un profilo pubblico o semipubblico con un sistema che ha i propri vincoli o Costruire una lista di altri utenti con cui si possono condividere le connessioni o Guardare e scorrere la lista contatti e le loro azioni attraverso la piattaforma Si può dire che i siti si diffondono nel 2000 e si distinguono tra loro per gli scopi e le modalità offerte agli utenti, che organizzano i diversi gruppi di cui fanno parte tramite i diversi social media. Anche qui possiamo parlare di convergenza, perché con i siti si può passare dalla comunicazione sincrona permessa dalla chat a forme di interazione differenti come la condivisione di contenuti propri e di altri (es. foto, video). I social network sites sono gestiti da aziende private, che guadagnano grazie alle informazioni fornite dagli utenti e alle pubblicità. Qui rientra il MECCANISMO DI PROFILAZIONE, con cui i SNS possono inserire adv affini agli interessi e stili di vita dell’utente. Gli utilizzatori dei SNS possono essere suddivisi in: 1. ALPHA SOCIALISERS → usano i siti per flirtare, incontrare nuove persone e divertirsi 2. ATTENTION SEEKERS → chi cerca attenzioni e commenti da parte di altri utenti 3. FOLLOWERS → soggetti che vogliono monitorare le attività dei pari 4. FAITHFULS → utenti che li usano per irprendere contatti con vecchie conoscenze 5. FUNCTIONALS → minoranza che usa i sns per scopi ben precisi I non utilizzatori dei SNS possono essere suddivisi in: 1. PREOCCUPATI DELLA SICUREZZA ONLINE → temono la circolazione all’interno de web e dei loro dati privati 2. INESPERTI A LIVELLO TECNICO → poco avvezzi a internet e il computer 3. CHI RIFIUTA IDEOLOGICAMENTE L’UTILIZZO → perché non ha interesse e vede i siti come spreco di tempo Le funzioni che assolvono i SNS sono più di natura relazionale, perché vengono usate molto all’interno delle cerchie amicali già definite e stabili per evitare l’allontanamento da queste e per entrare in nuove cerchie. Le relazioni che si intessono in internet diventano più intense e radicate, in quanto più vicine alle relazioni offline. social media e gestione del self Tutto ciò porta ad una riflessione sull’uso della rete come palcoscenico, che porta gli utenti a ridefinire la loro facciata costantemente per evitare l’esclusione sociale o sanzioni simboliche. La perdita della faccia (GOFFMAN) è la disgregazione di quella maschera che ne tempo riusciamo a costruire e che utilizziamo abilmente nelle differenti situazioni. I social media diventano strumenti grazie ai quali RIELABORARE IL Sé, ma sono una delle differenti possibili esperienze relazionali che la vita quotidiana propone. Entrare in contatto con gli altri vuol dire accedere a un ambiente comunicativo coinvolgente e può rivelarsi molto intimo. La mediazione digitale permette una maggiore protezione che può sfruttare la VISUAL ANONYMITY, cioè quella condizione in cui la presenza fisica della sorgente del messaggio non è presente. La si usa per superare le barriere connesse alla timidezza e all’imbarazzo, ma permette anche una continua negoziazione dell’avvicinamento e della presa di distanza dall’altro. Queste piattaforme del web 2.0 danno modo a ogni utente di decidere cosa mostrare e a chi, sono piattaforme che se usate consapevolmente aiutano a gestire le relazioni distinguendole secondo l’importanza che ciascuno dà a ognuna. Anche la REPUTAZIONE PERSONALE può passare per i social media, nascono anche nuove forme per gestirla. All’interno dei social media i differenti membri acquisiscono una reputazione in base a ciò che pubblicano sulle proprie bacheche, in relazione a quello che pensano i pubblici di riferimento o che viene dettato dai valori condivisi. Più sarò citato, più la mia reputazione aumenterà. Sono anche sistemi come i like che misurano in qualche modo il grado di riconoscimento degli altri soggetti. In alcuni casi la reputazione dei singoli utenti viene calcolata da specifici algoritmi all’interno di alcune piattaforme che permettono a chi le utilizza di innalzare il proprio status. Pensando al tema della PRIVACY all’interno dei social media, possiamo notare una crepa nella dimensione privata. Riportare in rete tante info private rendendole pubbliche fa rivalutare il rapporto tra le due dimensioni, però ciò porta due ordini di problemi: da una parte quelli connessi all’uso dei nostri dati da parte delle grandi aziende (→ DOSSIERAGGIO DIGITALE), da un’altra parte l’accesso da parte dei singoli alle informazioni private. Le tecnologie informatiche possono incrementare le minacce alla privacy a causa della mancata percezione spaziale dei confini dei diversi pubblici, per la persistenza delle informazioni e la facilità con la quale si può accedervi. BARNES descrive come PARADOSSO DELLA PRIVACY quando gli adolescenti all’interno dei social media tendono a dare maggiori informazioni su di sé per aumentare l’intimita dei rapporti sociali, ma allo stesso tempo vorrebbero avere un controllo maggiore sui dati che si inseriscono in queste piattaforme. Descriversi bene e dare tante informazioni su se stessi in un social media può voler dire esporsi maggiormente ma anche mostrarsi per gestire meglio il SELFBRANDING. L’intera discussione sulla privacy porta al controllo della divisione tra pubblico e privato, che si modifica e mette in discussione gli spazi di ribalta e retroscena e i pubblici di riferimento. BOCCIA ARTIERI parla di INTIMITÀ DIGITALE, uno stato in cui si possono vivere forti condivisioni emotive senza che siano un preludio alla capacità di dare vita a relazioni profonde. È uno stato nuovo di sperimentazione della relazioni, in cui si produce un vicinato digitale senza necessità di profondità relazionale. C’è una continua tensione tra pratiche di esibizione e forme d’intimità, che si traduce in un legame tra spazi online e offline, all’interno di un frame complessivo che trova nella realtà le sue pratiche, rappresentazioni e conseguenze. 5 I NUOVI MEDIA TRA DISUGUAGLIANZE E COMPETENZE i media digitali: chi è dentro e chi è fuori Nelle prime teorizzazioni sul ruolo dei media digitali e di Internet, si prospettavano grandi potenzialità di sviluppo, sia individuale sia sociale, infatti presero il nome di TECHNOLOGIES OF FREEDOM (DE SOLA POOL) per la possibilità di accedere a una società dell’informazione globale e priva di barriere spaziali, capace di annullare i tradizionali vincoli al perseguimento di interessi e obiettivi dell’individuo, che poteva finalmente essere libero. I media sono stati collocati in un frame di partecipazione, democrazia, libertà o rivoluzione. La sensazione diffusa era di essere agli albori di una nuova tappa dell’evoluzione sociale, con aspettative sempre più crescenti anche oper organismi istituzionali, che vedevano le tecnologie digitali come una strada da perseguire per colmare il divario tra aree più o meno industrializzate del mondo. L’essere fuori o dentro la rete per fruire delle sue immense risorse, fa nascere la discussione sul DIGITAL DIVIDE, cioè sul DIVARIO ESISTENTE TRA COLORO CHE HANNO O MENO ACCESSO ALLE NUOVE TECNOLOGIE INFORMATIVE E DELLA COMUNICAZIONE. Ci sono persone che per ragioni di inaccessibilità si trovano esclusi dall’uso della rete: Internet è potenzialmente disponibile per ogni individuo in ogni angolo del globo ma praticamente continua a non essere distribuito equamente tra le diverse e vaste aree geografiche. Castells dice che l’accesso da solo non risolve il problema, ma è un prerequisito per superare la diseguaglianza in una società in cui le funzioni e i gruppi sociali dominanti sono sempre più organizzati intorno a internet. La network ➢ STRATIFICAZIONE → ritiene che il divario d’accesso si inserisca in una struttura sociale già caratterizzata da disuguaglianze in termini di capitali economici, sociali e culturali posseduti dagli individui e dai gruppi, e che le tecnologie accentuino tali preesistenti disuguaglianze. o La diffusione della tecnologia si intreccerà con una realtà sociale già ineguale e caratterizzata da ampi livelli di disuguaglianza he difficilmente si autolivelleranno. o Dalla stratificazione si opera la distinzione tra PRODOTTO e SERVIZIO: l’acquisto di una tecnologia come prodotto richiede un importante ma unico investimento iniziale di risorse, l’adozione di un servizio richiede il pagamento di un canone o di una tariffa a consumo, ripetuta nel tempo per poter usufruire del servizio stesso. Sul lungo periodo nascono i KNOWLEDGE GAP: a parità di motivazioni, gli status socio-economici e culturali, il livello di istruzione, le abilità comunicative, le informazioni già possedute e i tipi di media di cui si dispone influiscono sulla capacità e velocità di acquisizione delleinformazioni. Sono un insieme di fattori rispetto ai quali i media permettono di migliorare la propria posizione cognitiva di partenza o di peggiorarla, rispetto quindi a una forbice sociale che si riproduce o si allarga ulteriormente. È lo spazio perfetto per la creazione dell’EFFETTO SAN MATTEO (MERTON), che sottolinea come i vantaggi iniziali garantiscano ulteriori privilegi, secondo la logica del rich get richer: chi ha maggiore familiarità e dimestichezza con le tecnologie informatiche e ha già esperienza nell’uso di Internet riuscirà a sfruttare prima e meglio le opportunità che la rete offre, graziie ad una più consapevole e articolata capacità d’uso e di ricerca. i divari nell’uso di internet Le opportunità che i nuovi media mettono a disposizione degli utenti sono molteplici ma il loro sfruttamento non è scontato e dipende da molte risorse, sia personali sia sociali. Definire il digital divide come un continuum di disuguaglianze nell’accesso, nell’utilizzo e nei benefici che gli attori traggono dall’uso delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione significa che ci si deve concentrare sulla seconda dimensione principale del divario digitale, cioè quella relativa alle forme di utilizzo dei media digitali: • FREQUENZA → lo sviluppo dlle capacità tecniche e cognitive utili al fine di utilizzare proficuamente la rete dipende dal potervi accedere spesso. • MODALITÀ D’USO → dipendono dalle variabilità socio-culturali e demografiche, le categorie più usate sono svago, studio e lavoro. • ATTIVITÀ SVOLTE → chi utilizza la rete con regolarità, magari quotidianamente, acquisirà un’esperienza tale da renderlo consapevole nelle scelte e attività svolte. competenze e literacy Per usare i dispositivi tecnologici abbiamo bisogno di: ✓ COMPETENZE OPERAZIONALI → per usare i dispositivi tecnlogici e i software più comuni, ✓ COMPETENZE INFORMAZIONALI l→ cercare, selezionare e processare le informazioni ✓ COMPETENZE STRATEGICHE → usare le tecnologie più giuste an base agli scopi da perseguire ✓ COMPETENZE CRITICHE → selezionare e valutare le risorse disponibili. → quest’insieme di abilità competenze e risorse si chiama MEDIA LITERACY, e servono per utilizzare efficamente le nuove tecnoligie dell’informazione e della comunicazione. ↓ Le competenze richieste per operare efficacemente con le nuove tecnologie, secondo WARSCHAUER, si dividono in quattro insiemi di competenze: 1. COMPUTER LITERACY → conoscenze minime di hardware – sofware – sistema operativo – navigazione 2. INFORMATION LITERACY → competenze funzionali alla gestione delle informazioni ricavate dalla rete 3. MULTIMEDIA LITERACY → saper gestire, comprendere e produrre un ambiente multimediale in cui i vari codici e linguaggi interagiscono continuamente 4. COMPUTER-MEDIATED COMMUNICATION LITERACY → insieme di competenze che servono per comunicare negli ambienti informali dei social network. HARGITTAI propone una suddivisione più articolata che spiega le diverse sfumature delle competenze/incompetenze che possono essere diffuse tra gli individui: • Elaborazione di modalità sicure ed efficaci di comunicazione con gli altri • Capacità di contribuire alle discussioni di gruppo, condividendone i contenuti • Conoscenza e uso di specifici strumenti • Conoscenza di ciò che è disponibile online • Abilità nel trovare contenuti • Efficienza nella navigazione • Abilità nell’accesso alle fonti e credibilità dei messaggi • Competenze rispetto alla privacy online • Competenze rispetto a questioni di sicurezza • Capacità di richiesta di assistenza • Adattare e personalizzare le informazioni Il modello di Hargittai pone più domande che risposte: quali parametri si possono utilizzare per definire il grado di sicurezza ed efficacia della comunicazione? cosa significa contribuire a un grippo di discussione? Come valutare effettivamente l’attendibilità di una fonte? L’approccio della SOCIAL LITERACY pone la discussione sui liveli di alfabetizzazione e competenza posseduta dagli individui, che non può prescindere dalla considerazione su quale sia il ruolo delle patiche sociali nella risoluzione dei problemi che l’individuo deve affrontare. 6 partecipazione e politica dei new media le nuove tecnologie sono democratiche? DE KERCKHOVE dice che l’eccezionalità della rete dal punto di vista delle potenzialità offerte e dal punto di vista della capacità evolutiva che promtette, risiede nel conferire alle persone il controllo sulla parola e sul linguaggio, in qualità sia di produttori, sia di diffusori di idee e proposte, grazie alla velocità, istantaneità e simultaneità dei messaggi prodotti. È internet il luogo in cui individui, gruppi, comunità, istituzioni e società intere possono dar vita a network che si integrano, modificano, sfaldano e ricompongono continuamente. I nuovi media pongono rilevanti questioni per quanto riguarda la virtualizzazione della politica. La CITTADINANZA DIGITALE è un’insieme di opportunità, offerte dalle nuove tecnologie, per rivitalizzare la relazione tra istituzioni e cittadini, in modo che loro siano più inclusi nella vita politica e partecipino con continuità, condividendo la responsabilità delle scelte e della gestione della cosa pubblica. Il problema nell’analisi del ruolo che i new media ricoprono nei processi politici sta nel non farsi confondere dalla MITIZZAZIONE della democrazia elettronica, che tende a far prevalere l’idea che Internet costituisca un mondo di uguali, in cui vige la libertà di espressione, svincolaato dalle appartenenze ideologiche, culturali o geografiche. Due dimensioni che concorrono all’apertura democratica dei sistemi politici e amministrativi sono la propensione all’introduzione/adozione dei nuovi media da parte delle élite politiche per incentivare la partecipazione dei cittadini e la capacità/volontà dei cittadini stessi di incrementare i propri livelli di partecipazione ai processi politici e decisionali. Anche se si pensa che i new media possano condurre alla risoluzione di alcuni problemi ed è aumentato l’uso di Internet, solo una parte delle persone accede effettivamente alle risorse online di partecipazione (individui scolarizzati, estrazione sociale medio-alta etc). la sfera pubblica digitale Gran parte della politica contemporanea somiglia ad un prodotto da vendere in un mercato dove l’elettore appare come un cliente che deve scegliere una marca, non come un cittadino con il diritto di essere informato e messo nelle condizioni di poter partecipare. I media tradizionali tendono: • sia ad una SPETTACOLARIZZAZIONE dei contenuti, dei temi e dei personaggi politici • sia ad una PERSONALIZZAZIONE della proposta politica, in quanto la politica di oggi non è dominata da ruoli ma dalle personalità dei rappresentanti → vi è desiderio di conoscere la vita privata dei politici per sentire che fanno parte della comunità e sono “persone come le altre”. o Ciò porta alla VETRINIZZAZIONE, che vede i media trasformarsi in un palcoscenico dove esibire la propria privacy. Per i politici, la rete ha rappresentato un ulteriore modo per esporre il proprio prodotto. Con MEDIATIZZAZIONE si intende l’introduzione di tecnologie della comunicazione nell’inerazione sociale e nella riproduzione culturale tra individui, gruppi e istituzioni. Il termine può essere anche inteso come un insieme di effetti derivanti dalla diffusione dei nuovi media elettronici/digitali che trasforma il pianeta in un villaggio globale. HABERMAS parla di SFERA PUBBLICA: un luogo dove si forma l’opinione pubblica attraverso la discussione di temi di interesse pubblico tra privati individui, per negoziare assieme le regole di vita comune. I new media danno modo a un numero sempre maggiore di individui e gruppi di partecipare direttamente alla produzione di saperi, informazioni e conoscenze, aumentando il grado di PLURALISMO delle società contemporanee. I nuovi media permettono la diversificazione delle fonti di informazione, dando modo agli individui di avere accesso a tante fonti. DAHLGREN dice che la sfera pubblica si è CYBER-TRASFORMATA, cioè può essere guidata dagli interessi di gruppi di utenti che sorvegliano la democrazia, le stampe e le strutture professionali legate a gruppi di potere. La sfera pubblica tradizionale si caratterizzava per dei PROCESSI DI INTERMEDIAZIONE tra pubblico e conoscenza socialmente accettati. La diffusa disponibilità di strumenti per comunicare ha reso possibile la nascita di fenomeni di produzione e distribuzione delle news inediti, gestiti da giornalisti non professionisti e attraverso canali alternativi ai media mainstream → PROCESSO DI DISINTERMEDIAZIONE. Il CITIZEN JOURNALISM vede la partecipazione attiva dei lettori, grazie alla natura interattiva dei nuovi media e alla possibilità di collaborazione offerta dalla rete, che permette di pubblicare notizie e commenti accessibili ad altri utenti, senza dover essere professionisti dell’informazione e senza avere accesso alle testate giornalistiche. Sono tutti strumenti e pratiche che hanno modificato il modo di produrre informazione nell’era mediale attuale, in cui i confini tra media nuovi e tradizionali sono sempre più incerti e ibridi: emergono canali criteri di sselezione delle notizie che possono discutere il ruolo di GATEKEEPING, non più attuati da strumenti di comunicazione broadcast ma distribuiti tra gli utenti, in modo che possano valutare e pubblicare notizie e informazioni secondo parametri differenti. Emergono notizie e contenuti che sono rilevanti per il dibattito pubblico ma nascono fuori dai canali ufficiali della comunicazione di massa: si passa dalla democrazia dei partiti alla democrazia del pubblico, dove prevale la costruzione di un legame diretto politico e comunicativo tra leadership e cittadini. Il web tende a polarizzare il dibattito entro aree di discussione circoscritte omogenee, creando rischi di cyper- balcanizzazione, che vedono le comunità della rete selezionare i propri membri, verificando la condivisione di opinioni e interesse. L’effetto è la costituzione di circuiti autoreferenziali in cui gli argomenti sono coltivati più che dibattuti, messi al riparo dalle obiezioni anziché discussi, dove ciascuno cerca solo le informazioni che corrispondono al proprio pensiero e interagisce solo con chi la pensa come lui → si rafforzano le idee tramite una logica di OMOFILIA (→ IL SIMILE CERCA IL SIMILE). I nuovi media sembrano garantire ai cittadini inclusività e universalità: favoiscono la comunicazione orizzontale e una libertà di espressione per individui, gruppi e istituzioni che non hanno precedenti nella storia e il dibattito politico è aperto a tutte le opinioni. la partecipazione politica in rete BENNET crede che il modo più ovvio ma anche banale di considerare la relazione tra new media e politica è il ritenere le nuove tecnologie solo come strumenti di informazione e organizzazione della mobilitazione politica. La cultura politica e l’idea di democrazia vengono trasformati dalle nuove possibilità del comunicare. Se fino agli anni 80 predominava la dimensione pubblica, ora è rilevante quella privata, incentrata sull’autoaffermazione e sul consumo. Il coinvolgimento degli individui alla vita pubblica si orienta in base alle promesse di raggiungimento di fini privati, personali, sradicando l’identità basata sulla classe o gruppo di appartenenza. È così che iniziano a cambiare le forme di partecipazione, da tradizionali (→ es. votare, interessarsi, discutere) a non convenzionali (→ manifestare, lobbying, boicottare). La relazione tra uso di Internet e partecipazione politica è positiva: a un più intenso uso dei nuovi media corrisponde una maggiore propensione al coinvolgimento civico. Vi sono autori che sostengono che sia la rete a stimolare la partecipazione politica, aggiungendosi a fattori che già la predispongono. Altri studiosi credono che i nuovi media influiscano negativamente sull’attività politica, altri ancora affermano che non c’è un effetto diretto tra internet e partecipazione. Nell’utilizzo della rete da parte dei cittadini per scopi politici, dobbiamo considerare i media digitali come una variabile dipendente, cioè valutare quali sono i fattori che incidono sul loro utilizzo e le condizioni entro cui le nuove tecnologie possono costituire utili canali di informazione e partecipazione. Ciò significa considerare i motivi per cui gli individui partecipano o meno alla vita politica: se non si impegnano è perché non possono, non vogliono o nessuno gliel’ha chiesto. considerare la rete in quanto luogo, identificandola con il termine ciberspazio (→ uno spazio capace di contenere o ospitare pratiche e culture proprie di Internet). La divulgazione giornalistica specializzata ha iniziato a descrivere la rete in quanto luogo, ciò ha portato a cambiare l’approccio metodologico, che si è spostato alla ricerca etnografica. Si ibridano tipi di indagini che derivanti dalle analisi giornalistiche e quelli di matrice sociologica e antropologica. Pensare alla rete come luogo ha portato a dibattere sull’opposizione online/offline focalizzando l’interesse della ricerca su ciò che accadeva nel primo. La terza fase degli Internet Studies coincide con la diffusione delle tecnologie telematiche negli ambienti domestici, con l’affermazione del web 2.0 o partecipativo, ricco di user generated content e piattaforme user oriented, con l’espansione di Internet mobile che slega l’utilizzo della rete da uffici e abitazioni, con nuovi usi del medium connesso. L’uso di Internet entra a pieno titolo nella vita quotidiana di molto individui e va a partedere quella magia che c’era nell’immaginario collettivo. Cambia anche la prospettiva dei ricercatori, che iniziano a interessarsi alle modalità con le quali gli attori sociali includono Internet nel quotidiano e non più al di fuori. L’interesse ora è come i diversi soggetti usano Internet. i questionari online Il QUESTIONARIO è uno strumento di rilevazione composto di domande strutturate, prevalentemente chiuse e con risposte precodificate. Nella versione classica, è stampato su carta e compilato dall’intervistatore o dall’intervistato stesso, che per rispondere seleziona le modalità di risposta presenti. Segue la fase di inserimento delle rispsote in una matrice di dati e l’elaborazione statistica che permette l’interpretazione degli stessi. I questionari elettronici sono detti E-QUESTIONNAIRE e si suddividono in due categorie: quelli inviati attraverso la posta elettronica e quelli compilati attraverso un’apposita pagina web. Inviare file eseguibili attraverso le e-mail e porre il questionario all’interno del corpo del messaggio di posta elettronica sono tecniche in gran parte superate grazie all’utilizzo della CAWI (Computer Assisted Web Interview), che permette la compilazione del questionario via web. I questionari possono essere realizzati, pubblicati su Internet e analizzati tramite software/applicazioni specifiche. Il questionario online è: • Può offrire multimedialità e dinamicità • Permette una gestione più semplice • L’anonimato è più preservato dai questionari web-based, che richiedono strumenti pensati apposta • È uno strumento economico Lo svantaggio è che il questionario online può essere compilato solo con un dispositivo connesso alla rete e non è possibile scaricarlo per rispondere offline. le interviste online Le interviste vanno distinte in base alla standardizzazione delle domande e delle risposte, il ruolo del ricercatore e la focalizzazione su uno o più argomenti. L’intervista online si utilizza quando è necessario contattare quei soggetti difficilmente raggiungibili per questioni connesse alle distanze geografiche o altre problematiche. Per quanto riguarda la distanza spaziale, è importante il setting di intervista perché pr l’intervistato è più facile rispondere a domande davanti al pc in un contesto familiare, che crea un senso di sicurezza e protezione che può essere utile anche per i temi affrontati. L’impossibilità da parte dell’intervistato di cogliere alcuni segnali nonv erbali dell’intervistatore può faciloitare i soggetti più timidi ed essere d’aiuto per argomenti più delicati da affrontare. La rete permette anche l’anonimato visivo, aiuta una deindividualizzazione che favorisce la self-dislosure, cioè una maggiore apertura rispetto ai temi più particolari. Il non vedersi, però, porta ad avere un’idea stereotipata di chi abbiamo davanti, ma è un atteggiamento inconscio. Le interviste online sono convenienti anche dal punto di vista economico, ma non bisogna dimenticare che dobbiamo avere le competenze relative all’uso del mezzo. Possiamo anche riscontrare problemi con l’attenzione dell’intervistato, che può distrarsi quanto vuole facendo altro durante l’intervista. L’intervista faccia a faccia, proprio grazie alla condivisione dlelo spazio e del tempo, permette ai due interlocutori di scabiarsi tutti i messggi non verbali che completano la comunicazione. Le interviste individualoi via chat si svolgono all’interno di una chatroom in cui intervistatore e intervistato comunicano digitando sulla tastiera di un computer. Si possono mantenere anonimi i partecipanti ma è necessaria la condividione del tempo, per questo viene usata per dialoghi brevi. Chi partecipa deve essere breve. Le interviste individuali via e-mail si caratterizzano per l’asincronicità, che può dilatare i tempi dell’intervista. Chi prende parte all0intervista non è costretto a rispondere subito, nel frattempo il ricercatore può meditare altre domande. Il range temporale solitamente seguito è quello delle 2-3 settimane, dopo la disponibilità degli intervistati viene meno e le risposte sono meno ricche. L’uso della videoconferenza è il più vicino all’intervista tradizionale, ma a volte gli intervistati potrebbero rifiutarsi di installare il software che gli permetterà di collegarsi in video. i focus group online Il focus group è una tecnica di raccolta del materiale empirico che si basa su un piccolo gruppo di persone, composto solitamente da 6-8 partecipanti, supportati da uno o più moderatori, parlano tra di loro affrontando un determinato argomento inerente all’oggetto di ricerca. Il vantaggio è che si pososno coinvolgere più persone con esperienze diverse e dirette con il tema. Il focus group online offre due vantaggi: la convenienza, in quanto i focus group permettono di ottenere la presenza di partecipanti anche lontani territorialmente e impegnati professionalmente, in alcuni casi aumentano la velocità con cui finire un progetto; l’interazione tra i partecipanti, in quanto si produce una quantità di idee maggiore rispetto all’intervista singola. I focus group digitali possono essere condotti in due modi: 1. In sessione sincrona i partecipanti prendono aprte alla discussione nello stesso momento dalle loro postazioni, possono essere utilizzate chat room o simili. Per preservare l’anonimato può essere utile che i partecipanti creino account di proposito. 2. In sessione asincrona l’interazione si basa su piattaforme come i forum o le email, i partecipanti possojno leggere i messaggi e i commenti degli altri contribuendo poi al dibattito con le proprie opinioni. Questa autonomia, però, può tradursi in una partecipazione sporadica e frammentaria che produce un’interazione discontinua. Questo tipo di focus hanno anche il supporto di materiali su cui i partecipanti possono riflettere e dare un feedback ragionato (es. foto, video etc) l’etnografia della rete ETNOGRAFIA WEB-BASED è un termine che include tecniche di ricerca e oggetti di analisi differenti ma simili. Sono un riadattemtno delle vecchie tecniche, sono state modificate per essere riadattate al web. Le tecniche da utilizzare si scelgono in base alla visione che si ha di internet: c’è chi lo vede come qualcosa da studiare in quanto cultura di sé e si studia ciò che la rete può mostrarci, e chi vede il web come un artefatto culturale che viene prodotto socialmente, quindi ci si interessa sulle pratiche ed elementi che non si esplicitano solo nell’online. Esistono tre approcci in base al campo di ricerca: 1. Soggetti che interagiscono esclusivamente in rete → l’etnografo ha solo ocntatti online con il gruppo da studiare, si concentra su ciò che viene detto/fatto in un social network, blog, etc. Sono analisi basate sulle interazioni tra gruppi: ogni soggetto ha un nickname che lo renderà irriconoscibile e probabilmente non avrà contatti con altri utenti al di fuori. Un esempio sono i massive multiplayer online role-playing game. 2. Soggetti che interagiscono dentro e fuori la rete → situazioni in cui i contatti tra gli utenti avvengono sia tramite CMC sia faccia a faccia. I contatti non avvengono solo nel social network ma sono l’unione tra interazioni mediate e in compresenza. 3. Soggetti che interagiscono esclusivamente fuori dal web → l’etnografo si interessa alle pratiche di uso o consumo delle tecnologie della comunicazione. Sono studi che si concentrano su ciò che accade attorno agli artefatti tecnologici. La costruzione del campo di ricerca è un’attività che viene fatta pian piano considerando le risorse a disposizione e le caratteristiche del gruppo/fenomeno da studiare. L’etnografia classica prevede tre modalità di osservazione in cui l’etnografo può rivelare la sua presenza e ruolo al gruppo che sta osservando (→ osservazione palese), solo a parte di esso (→ osservazione semi-celata) o nascondere i suoi intenti di ricerca (→ osservazione celata). ricavare i dati dalla rete Quello dei dataset detti BIG DATA è uno dei cambiamenti più importanti nel panorama della conoscenza e della ricerca sociale. Con il termine si intendono dei dataset di una grandezza che va oltre la capacità dei software comunemente usati per raccogliere, gestire ed elaborare i dati in un arco di tempo ragionevole. I big data hanno tre caratteristiche: 1. VOLUME → ci sono grosse wuantità di dataset non gestibili con i database tradizionali 2. VELOCITÀ → i dati affluiscono e devono essere processati molto velocemente o in tempo reale 3. VARIETÀ → i dati hanno natura eterogenea Lavorare con i big data significa estrapolare i dati dal dataset, poi c’è l’analisi che può essere declinata a seconda della domanda di ricerca che ci poniamo e che porta con sé chiavi di lettura diverse. Per raccogliere le risposte, soprattutto nel caso delle analisi di contenuto dove bisogna conteggiare parole/frasi, si usano le API capaci di tradurre in forma grafica le tendenze analizzate. Il vero cambiamento portato dai big data nelle scienze sociali non riguarda solo la quantità di dati a cui si può avere accesso ma anche un cambiamento epistemologico ed etico. Ciò che regge la ricerca sociale è proprio l’interpretazione dei dati, che dipendono sempre dal contesto e non si intende solo quello situazionale della ricerca ma anche quello storico, politico e culturale nel quale vive l’argomento studiato. In questo caso, non sempre più grande vuol dire migliore, non è detto che i Big Data riescano sempre a trovare la soluzione alla scelta tra l’estensione e la profondità dei dati: non c’è una maniera giusta e uguale per tutti di fare ricerca, ci sono solo tecniche migliori per una determinata ricerca. I dati possono anche generare un divide all’interno del mondo della ricerca, che dipende dall’accesso al dataset e dalla cappacità di estrapolazione e analisi dei dati. Infine, sorge l’etica della ricerca: un punto che deve restare fermo nello studio del ricercatore, che non si deve far distrarre dal fatto che i dati siano maggiormente accessibili.
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