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Sociologia dei processi culturali, Appunti di Sociologia Dei Processi Culturali

Appunti per sostenere l'esame di sociologia dei processi culturali con il prof. Fiorenzo Parziale. Gli appunti sono stati fatti con il libro + le lezioni

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 23/09/2022

chiaraaaaa512
chiaraaaaa512 🇮🇹

4.3

(3)

19 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Sociologia dei processi culturali e più Appunti in PDF di Sociologia Dei Processi Culturali solo su Docsity! Cap. 1-2 COS’E LA SOCIOLOGIA? È lo studio scientifico della società, di come funziona, di come viene costruita e come ci influenza, e dei fenomeni sociali utilizzando il metodo Razionale. Inoltre, la sociologia rivela le dinamiche di potere e il condizionamento sociale dell’agire umano. - Disciplina sviluppata nell’800 con la Rivoluzione industriale, quando le persone iniziano ad accorgersi del mutamento sociale: notano che la società stava cambiando rapidamente con il Capitalismo e con la crescita della classe Industriale.  iniziano a rendersi conto di come non esista un ordine divino ma sono gli uomini che modificano e costituiscono la società. L’uomo influenza la natura e la natura influenza l’uomo. Da questa consapevolezza oggi possiamo parlare di SENSO COMUNE  sviluppa il nostro modo di pensare che varia a seconda delle società. Noi non ragioniamo, agiamo in modo automatico e Giudichiamo costantemente anche involontariamente: infatti il senso comune ci porta ad accettare il mondo per quello che è, senza essere troppo riflessivi. È ciò che tutti sanno (i soggetti della società). Non c’è solo il giudizio ma c’è qualcosa che noi diamo per scontato: il senso comune ci fa sospendere il dubbio. I sociologi parlano di Epochè La capacità di guardare il mondo in maniera disincantata con la sospensione del dubbio e del giudizio, mettere tra parentesi: fermarsi e farsi delle domande e ragionare su ciò che i sociologi chiamano senso comune. Le Tipizzazioni e il fondo del senso comune Il senso comune funziona perché noi esseri umani ragioniamo seguendo degli schemi mentali (di classificazione) che abbiamo acquisito (creati dalle abitudini) e il sociologo Schutz ci parla di TIPIZZAZIONE che ci permette di comunicare ed essere più pratici senza spiegare o definire ogni concetto o cosa. La conoscenza viene acquisita in maniera diversa a seconda della società in cui viene inserita, infatti la tipizzazione non è universale. È grazie ai “tipi” che ci relazioniamo ed ogni persona parte da presupposti: schemi mentali che ci prefissiamo e che producono una struttura di aspettative  RUOLI sociali connessi a posizioni sociali. · Gli uomini costruiscono la società ma è la società che influenza i modi di agire dell’uomo. Non possiamo fare altrimenti in quanto la società si forma nella CULTURA attraverso la quale le persone acquisiscono un senso, una realtà. Infatti le persone hanno tutti un senso di responsabilità sociale perché ciò che accade alla società ricade su di noi. Il sociologo Mills ci parla dell’Immaginazione sociologica  la capacità di riflettere su noi stessi e di scoprire il condizionamento sociale delle nostre azioni e del nostro modo di pensare: è l’atteggiamento mentale che permette allo studioso di andare oltre alla propria mentalità, personalità e ambiente e comprendere meglio le strutture e le relazioni di una società. Per fare ciò abbiamo bisogno di: · Sensibilità storica · Sensibilità antropologica · Sensibilità critica Il sociologo Geertz ci dice che vedere noi stessi come ci vedono gli altri ci permette di realizzare che c’è un senso comune e non comune: questo ci porta ad un’apertura mentale che ci permette un giudizio oggettivo anche di noi stessi e ciò ci fa capire che l’uomo è un essere storico-sociale. COS’E LA CULTURA? È un concetto e una parola che utilizziamo tutti i giorni. Questa parola di uso comune può avere essenzialmente due significati contraddittori: 1. Concezione umanistica o classica  Con cultura di intende innanzitutto la CULTURA ALTA: quando pensiamo alle attività culturali immaginiamo: visite ai musei, leggere i libri oppure ascoltare musica classica. Quindi si può dire che cultura è un attributo della persona colta che ha conseguito un percorso più o meno lungo e impegnativo di formazione e educazione individuale. (Visione riduttiva perché la cultura non è solo la cultura alta, bensì essa è compresa nella cultura.) Rappresenta il vivere elevati, andando oltre la cultura base, ad esempio l’élite. Rispecchia le classi sociali più elevate, nella società umanistica di riflette questo tipo di cultura. Si arricchisce l’animo grazie anche al linguaggio elevato, l’uomo va oltre ai bisogni materiali. 2. Concezione antropologica o moderna  D’altra parte possiamo avere un uso di questa parola che per certi versi è opposto al primo: si potrebbe parlare di una CULTURA REGIONALE: fa riferimento agli abbigliamenti tradizionali, la cucina tipica, il dialetto e i manufatti e gli strumenti di vita quotidiana di un popolo. Termine che fa riferimento ai comportamenti, valori e stili di vita specifici di gruppi particolari all’interno di una società. Ma la cultura veniva vista dagli antropologi come qualcosa che era esterna all’uomo, come un qualcosa che opprimeva un popolo che si comportava allo stesso modo. I primi ad analizzare la cultura sono stati gli antropologi. Col tempo loro correggeranno il tiro, all’interno di un ernia possiamo avere più culture (es cultura dei giovani e degli anziani. Quindi non è qualcosa che apparitene ad un intero popolo ma ad un gruppo sociale, che hanno in comune. Possiamo dire che i due usi comuni attuali della nozione di cultura, si collocano in tappe diverse di una medesima evoluzione storica. Il concetto di “cultura” è rivelatore della storia culturale della società occidentale, perché un tempo di faceva fatica a tradurre questa parola in paesi al di fuori dell’occidente a causa del diverso modo di pensare o delle diverse forme di vita. · ETIMOLOGIA  L’etimologia rimanda alla cultura alta. Deriva dal latino “colere” = coltivare: usata dagli antichi romani per indicare il lavoro di coltivazione della terra e dei campi (Cicerone). La cultura, secondo questo significato, si trasferisce in modo figurato nell’animo umano: - Cultura come azione  Con l’educazione e la filosofia si può agire sull’animo umano trasformandolo da colto a incolto, nutrendolo e raffinandolo. Coltivare l’animo. - Cultura come condizione  Essere colto, ben educato e saper vivere VS essere maleducato non colto, animo gretto ecc. È proprio in questo senso figurato che il termine “cultura” ha contribuito a formare la concezione umanistica. Si diffonde nel XVIII secolo, e in questo periodo c’era la fiducia che l’educazione potesse migliorare e raffinare l’animo umano, purificare l’intelletto distogliendolo dall’errore e dai pregiudizi che lo ostacolano nel raggiungimento della verità. Valore universale con un potenziale formativo. animale simbolico (perché è in grado di dare un senso al mondo attraverso i simboli) e si esprima attraverso i simboli, e il primo simbolo dell’uomo è il linguaggio (la prima forma simbolica), che ci ha permesso di esprimere significati. Il linguaggio prende un simbolo, un suono e lo associa ad un significato, in maniera convenzionale. Sono proprio questi simboli che vincolano e ci permettono di dare un senso alla realtà e che portano gli uomini ad interrogarsi sul mondo  Geertz parla infatti di “espressione simbolica” a partire dal linguaggio. Sono queste forme simboliche che ci permettono di comunicare. Vergher e Luckman: L’uomo si è adattato all’ambiente nel quale vive però proprio per questa biologia flessibile ha ancora una parte generica ma è una parte residuale. C’è una seconda natura dell’uomo, da una parte c’è uno sviluppo biologico dall’altra uno sviluppo del linguaggio però serve qualcuno che lo supporta. Es il cane alcune cose le fa in automatico (scavare) non glielo ha insegnato nessuno poi impara altre cose grazie a noi quindi ha HA UN RAPPORTO CON IL MONDO IMMEDIATO. L’uomo invece ha un rapporto con il mondo MEDIATO, attraverso il linguaggio e i simboli. Nessuno ha insegnato all’uomo ad accendere il fuoco, l’ha scoperto grazie all’istinto e a vari tentativi. Con l’abitudine poi iniziano a eseguire un’insieme di azioni, è così nasce la cultura, poi si sviluppa in modo più complesso. Ecco perché senza uomo non c’è cultura. RAPPORTO SOCIETA’- CULTURA ( da vedere:odissea nello spazio) La società è prodotto delle interazioni sociali (comunicazione tra individui) e da queste nascono ruoli e posizioni sociali: un insieme di aspettative che si hanno su una persona in base alla sua posizione nella società, e ogni individuo può ricoprire più ruoli (es. figlio, studente, fratello ecc.) Questo insieme di ruoli produce la struttura sociale che si forma grazie alla comunicazione e all’interazione di più persone. Queste interazioni formano un vero e proprio sistema. La società, per fare tutto ciò, produce la Cultura  intesa come insieme di mappe mentali socialmente condivise: modelli di significati, gesti, linguaggi che l’uomo usa per comunicare. La cultura serve alla società per formarsi interamente: società e cultura sono interdipendenti. Quando cominciamo a fare ESPERIENZE, ci rendiamo conto di essere in grado di fare cose anche assieme agli altri tramite la simbologia, che ognuno di noi interpreta in modo diverso. Questa interazione sociale dà vita al LINGUAGGIO (primo prodotto della società) che permette di formare simboli e significati quindi una CULTURA. C’è però una cultura PRATICA, oggettiva (es. come si ripara una zattera) che crea delle mappe concettuali e delle routine. Ed è qualcosa che va al di là dell’individuo e influenza il modo di pensare. Si trasforma poi in cultura TESTUALE (cultura più ampia es religione, il diritto) che influenza di nuovo il nostro linguaggio. Quindi la cultura plasma di nuovo la società (L’uomo è produttore di se stesso). In mezzo a queste tre fasi c’è la dimensione simbolica. La cultura plasma il pensiero di una comunità, infatti è qualcosa di impersonale attraverso cui produciamo asserti di conoscenza: stessa cultura, stesso modo di pensare che può essere modificato attraverso la conoscenza. La cultura è considerata come un elemento centrale della società, e vi è la necessita di uno studio analitico della cultura con un approccio specificamente sociologico. CARATTERISTICHE DELLA CULTURA · Distinzione analitica società / cultura , particolarmente rilevante nella scuola francese (illuminismo). Civilizzation: Credevano in questa idea di cultura come civiltà. Idea della borghesia francese che si ribellava all’idea dell’aristocrazia. L’uomo universale è messo in discussione da Erder (Germania). Lo scontro culturale nascondeva un conflitto sociale Francia borghese vs nobiltà e Germania borghesia vs. Visioni evolute con il tempo e hanno portato a una cultura nazionalista (es Germania perde 1 gm) da questo scontro di cultura da una parte c’è un conflitto civile alla base dall’altra le idee culturali hanno avuto delle conseguenze a loro volta sociali. Società classe borghese che si oppone all’aristocrazia si oppone anche attraverso la cultura (idea di civilizzazione) Germania idem. Nascita l’idea di cultura come spirito nazionale.civilizzazione ha avuto come effetto i diritti universali dell’uomo (L umanità è una) può però giustificare · Differenziazione interna della cultura  non dovuta solo alla stratificazione interna dei diversi strati sociali, ma è anche data dall’importanza assunta dalla dimensione storica e temporale dei fenomeni culturali (Weber, Mannheim ed Elias). Quindi, si mette in luce la flessibilità, la differenziazione, l’indeterminatezza e il cambiamento che può derivare da fattori interni o esterni, di tipo economico, politico, relativo soprattutto agli scambi e alle relazioni che vanno oltre i confini stabiliti. Sarà la scuola francese a mettere in evidenza questa differenziazione e indeterminatezza tipico dei sistemi normativi delle società complesse, caratterizzate da valori individualisti, infatti Durkheim individua un’anomia nelle società moderne, ovvero una mancanza di regolamentazione che porta a un disordine culturale. · Capacità creativa e innovativa della cultura  rispetto alla tradizione. Weber utilizza il concetto di Carisma per spiegare l’origine di nuovi sistemi di idee. Nascono nuovi movimenti religiosi, ma anche politici e sociali dalla rottura con una tradizione preesistente e fanno riferimento all’autorità carismatica, la capacità di far presa sugli altri. · Importanza dell’interazione sociale  evidenziando la dialettica che si istaura tra gli individui. Caratteristica meno sviluppata nella tradizione sociologica e la più controversa. Caratteristica che si afferma con Mead, Simmel: danno inizio all’idea secondo cui gli individui vengono socializzati, ed è così che viene socialmente costruita la loro identità personale. Simmel, infatti, afferma che le norme sono una realtà con cui gli individui si confrontano e che sono anche in grado di modellare e interpretare. L’approccio sociologico allo studio della cultura si è affermato alla fine dell’800 e gli inizi del 900. Sarà il rapido sviluppo delle città, l’affermarsi di nuove religioni, l’urbanizzazione, i flussi migratori e la nuova società industriale ad attirare i sociologi sui nuovi termini. Le ricerche sul rapporto tra idee e struttura sociale, tipiche della sociologia classica, vengono meno. Dagli anni 30 agli anni 50 ci saranno molti contributi tra cui quello di Elias: rapporto tra processo di civilizzazione e cambiamento normativo. Merton: rapporto tra scienza e società, Znaniecki: ruolo sociale degli intellettuali, Granet: pensiero cinese ecc. PARSONS segue una prospettiva più teorica e astratta (rispetto a quella pragmatica della scuola di Chicago): quella dello struttral-funzionalismo. Questo approccio rappresenta il tentativo di elaborare una teoria generale dell’azione sociale, che aveva come obiettivo quello di costruire un quadro concettuale e teorico in grado di dare alla sociologia il riconoscimento di scienza autentica. Fino agli anni 20, Parsons, concepiva la cultura come insieme di costumi e abitudini acquisiti dall’uomo in quanto membro di una comunità sociale: con questa definizione si ricollega alla tradizione sociologia europea con Weber e Durkheim. Peterson ristringe l’ambito semantico del termine cultura evidenziando il suo carattere astratto, utile all’indagine, e non direttamente constatabile nella realtà. Ci sono due aspetti molto importanti dell’interpretazione che Parsons dà della cultura, a cui faranno riferimento molti sociologi successivi: 1. Carattere normativo della cultura  quell’insieme di costumi che favoriscono la sopravvivenza e il successo riproduttivo di un gruppo sociale. Questo aspetto normativo collega direttamente la cultura alle componenti motivazionali dell’azione, fornendo agli individui i criteri in base al quale orientare il proprio comportamento e dare un ordine e un significato all’esperienza. Per far sì che la cultura svolga questa funzione regolativa di bussola, necessita di un sistema di valori: formulare ipotesi e trovare indicatori in base ai quali ricostruire la struttura interna di questo sistema. 2. Necessità di mantenere distinte la cultura e la società  Parsons distingue 4 sottosistemi che intervengono nell’azione sociale, distinzione fatta in base alle loro funzioni: 1. La cultura = funzione della latenza: fornisce all’individuo la motivazione e il senso dell’azione attraverso i valori, le norme e le idee che apprendono e interiorizzano durante la socializzazione. Latenza perché la cultura non agisce, non è attiva e partecipa dall’esterno dell’azione fornendo l’orientamento. 2. Il sistema sociale = funzione dell’integrazione: fornisce le forme della coesione e della solidarietà 3. La personalità = funzione del conseguimento: mobilita le energie e le risorse per raggiungere scopi definiti. 4. L’organismo biologico = funzione dell’adattamento: stabilisce un rapporto con l’ambiente fisico, sia trasformando l’ambiente in base ai propri bisogni, sia adattandosi. Parsons dice che la proprietà centrale della cultura fa riferimento alla “gerarchia cibernetica” riferendosi alla teoria cibernetica  teoria secondo la quale le diverse parti di un sistema hanno diversi gradi di energia e di informazione: le parti con meno energia sono più ricche di informazione e viceversa, e sono quelle con più informazioni che controllano le parti con più energia. Quindi, in ogni sistema d’azione si stabiliscono una serie di controlli in maniera gerarchica: il sistema culturale si pone sul piano più alto in quanto è quello con più informazioni e meno energia, mentre sul piano più basso troviamo l’organismo biologico, con poche informazioni e molta energia, e in mezzo troviamo il sistema sociale e la personalità: quindi la cultura esercita un controllo su tutto, compreso il sistema psichico che controlla l’organismo. La cultura è sempre stata un tema centrale negli studi sociologici, ma non veniva mai considerata come un ambito di studio distinto dalla sociologia. È solo negli anni 70 che si forma la sociologia 1. Tra Universalismo e Particolarismo  Pensare in termini generali per un fatto più astratto che porta ad un trattamento ugualitario: atteggiamento che porta a trattare tutti allo stesso modo, valore diffuso in seguito al processo di modernizzazione. Il Particolarismo, si contrappone all’universalismo: evidenzia la diversità tra cose, animali e persone. Ad esempio, tratto le persone diversamente in base a come si comportano con me. Esempio: Il professore deve trattare gli alunni allo stesso modo tutti i suoi alunni (universalismo) ma c’è in aula il figlio di colui che gli ha salvato la vita (particolarismo). Quello che poi domina secondo Parsons è l’universalismo. 2. Tra Prestazione e Qualità: Q uando giudichiamo qualcuno per quello che fa e giudicare qualcuno per quello che è. Il valore della prestazione, come quello dell’universalismo, si è affermato con il processo di modernizzazione. Secondo Parsons come prevale l’universalismo qui prevale la qualità. 3. Tra Neutralità Affettiva e Affettività : ad esempio, il medico si fa coinvolgere emotivamente o si affida solo alle proprie qualità. In questo caso domina la neutralità, in quanto siamo una società molto burocratica. 4. Tra Specificità e Diffusione: ad esempio, il professore ha un ruolo specifico in quanto non ha nessuna autorità sui suoi alunni al di fuori del contesto universitario. Diffusione: sono le amicizie, la famiglia, tutti sono amici con tutti ecc. che influenzano la nostra vita in generale. Prevale la specificità sulla diffusione. · NORME  Sono asserti prescrittivi (rimanda sempre ad un dover’essere) che ci dicono COME ci si deve comportare non rimandano a ideali generali. Le norme di riferiscono a situazioni concrete. Rendono applicabili i valori come, ad esempio, l’onestà. Una norma può essere sia scritta che sociale, e la sua efficacia sociale dipende dalla presenza di una sanzione, che può essere negativa (una punizione per coloro che non rispettano un comportamento vietato) o positiva (premio in caso di conformità). Possono essere distinte.... Si presentano in maniera socialmente imperativa: come obbligo, imposizione da seguire. Le norme seguono dei valori: ad esempio, non buttare le cose per strada. Le norme sociali incidono sui nostri modi di fare, e variano a seconda delle culture: ciò che può essere accettabile in una cultura, potrebbe non esserlo in un’altra in quanto legate a valori: ad esempio non rubo non perché c’è scritto così ma perché altrimenti non verrei accettato dalla società, potrei essere isolato o disprezzato o per evitare una punizione. Oppure so che ci si saluta con una stretta di mano e non con i piedi. Le norme sono più facili da contraddire, ma una volta interiorizzati i valori è difficile andargli contro. Ad esempio, è Norma per i cristiani andare in chiesa, ma è diverso andare in chiesa perché si è interiorizzato quel valore. I valori hanno più efficacia delle norme perché vengono interiorizzate. Le norme di distinguono dalle massime di esperienza, che producono comportamenti sociali. Un’abitudine non è vincolata da nessun obbligo e quando non viene rispettata non produce nessun sentimento di vergogna o ansia, al contrario di ciò che accade se vengono violate le norme sociali. Il filosofo John Searle ha fatto la distinzione tra: - norme costitutive  definiscono una pratica che non esiste prima delle regole che la mettono in essere, ad esempio, le regole dei giochi. O ad esempio, il matrimonio è valido solo in presenza di un pubblico ufficiale. - norme regolative  regolano pratiche già esistenti. In base al contenuto esistono diversi tipi di norme: della moda, dell’etichetta, della morale, della religione, del diritto ecc. In base al grado di formalizzazione possiamo riconoscere le: - norme giuridiche  emanate dal potere legislativo, formulate in forma scritta. Si trovano a un massimo grado di formalizzazione - micro-rituali  livello minimo di formalizzazione, e corrispondono alle norme della morale quotidiana o dell’interazione sociale. Tra questi due poli possiamo trovare una varietà di norme come quelle deontologiche che definiscono specifiche etiche professionali e hanno un alto grado di formalizzazione, o l’etichetta: le buone maniere, implicite e non codificate. Per Elias, le norme incidono sui comportamenti degli individui di una società: con la diffusione della classe aristocratica, si introducono le buone maniere, l’igiene ecc. · CREDENZE  Asserti descrittivi sulla realta che ci forniscono gli schemi di classificazione della realtà. È un sistema che ci fa conoscere la realtà mediante asserti descrittivi: cos’è la realtà e come la interpreto. Indicano le convinzioni espresse da individui o gruppi, basate sulla verità, dati di fatto o su atti di fede. Con le credenze classifichiamo le cose nel mondo e incidono sul nostro modo di essere: ad esempio se credo negli extraterrestri posso scambiare un frisbee per un UFO. Thomas (scuoladi Chicago) ci dice che a una credenza considerata reale corrispondono eventi reali. Non sempre sono vere: infatti le credenze possono essere: - Fattuali  o proposizionali, credenze che corrispondono a fatti, asserti chiari che riguardano un evento. Ad esempio, “oggi pioverà”, e hanno un significato univoco - Rappresentazionali  o semi-proposizionali: credenze che corrispondono a idee più ambigue, ad esempio, Babbo Natale. Sono create dalla società nella quale viviamo e non possono avere un riscontro empirico. Possono avere diverse interpretazioni. Tutti gli esseri viventi sanno classificare e distinguere, l’uomo lo fa in maniera mediata tramite il linguaggio, di conseguenza dalla cultura a cui appartengono le credenze (dure a morire). Perché si affermano le credenze? Perché sono zattere che ci fanno uscire dall’incertezza; Se io credo in qualcosa e questo viene sconfessato c’è disorientamento. Le credenze incidono sulla nostra identità personale ed è difficile mettere in discussione le credenze perché hanno una base emotiva: ad esempio quando leggiamo l’oroscopo giornaliero, in qualche modo ci facciamo coinvolgere. Dissonanza cognitiva  È uno squilibrio che si crea quando c’è una diversità tra la realtà empirica e le nostre credenze (ad esempio, i negazionisti del corona virus). Quindi vi è un rifiuto è una giustificazione (a favore della credenza precedente). Spesso l’essere umano tende a mettere in discussione i fatti anziché la propria credenza, perché è come se si stesse mettendo in discussione la loro esistenza, come ad esempio, le Fake news. Inoltre, le credenze permettono di classificare e di organizzare la realtà, in base alla società in cui viviamo, ad esempio, il tempo reale e il tempo sociale (aria di Natale, aria di domenica): idea dei tempi legate alle proprie credenze. Oggi abbiamo una concezione di tempo lineare, ma nell’antichità c’era un’idea più circolare (tempo della vendemmia, del grano). Anche le norme si basano sulle nostre credenze che ci fanno conoscere e ci permettono di avere dei valori. Ad oggi, con i social network vengono a crearsi delle “Filter bubbles”: dove ci si incontra con persone che la pensano allo stesso modo, quando si trova chi la pensa in modo diverso, l’opinione si radicalizza è il più delle volte sfocia in odio. Ai rafforzano le nostre credenze (in rete si radicalizza la nostra credenza e se incontriamo una persona con un opinione diversa, la nostra si rafforza poiché ci sentiamo più sicuri). Di conseguenza nascono e si rafforzano anche le fake news dovuta anche alla scarsa informazione degli utenti. Le credenze si rafforzano con la pratica e con i riti. Es norma: i credenti devono andare a messa, siccome noi siamo siamo influenzati dalla socializzazione. Se viene meno il rito (andare a messa), il credo si indebolisce quindi i riti e la pratica rafforzano le credenze (questo avviene anche in rete). Le credenze influenzano i nostri schemi cognitivi. Sono molto legati ai valori tramite la dimensione cognitiva e legati alle norme (norma: asserto prescrittivi). Prendiamo una norma: “Non ci si può sposare tra cugini” per legge, questo perché nelle nostre credenze è parente solo il cugino di primo grado (poiché talvolta i parenti alla lontana nemmeno li conosciamo) però con i cugini di secondo grado ci si può sposare. Le norme sociali si fondano sulle credenze. · SIMBOLI  Il termine simbolo viene dal greco e vuol dire “metto insieme”. È un segno speciale che si trova all’interno dei segni, unisce significante (espressione iconica) e significato (ci possono essere più significati). I simboli permettono la comunicazione. Rimandano sia ad un significato latente (nascosto, profondo) che letterale. Es. Croce: significato letterale è “pezzo di legno”, quello latente “sacrificio di cristo” ecc... Possono essere convenzionali con significati materiali (alfabeto o note musicali) e analogici (bilancia simbolo di giustizia) con significati latenti e più nascosti. I simboli sono la parte più implicita e, secondo gli antropologi, anche la più importante della cultura. Non sono da confondere con i segnali in quanto hanno un significato più profondo. I simboli possono rinviare a norme, credenze e valori. Non vanno confusi neppure con i marchi, che hanno un carattere arbitrario e soggettivo, e possono anche avere una funzione di riconoscimento. I simboli hanno una funzione comunicativa e sociale, e hanno un carattere intersoggettivo: condivisi da un gruppo sociale. Ferdinand de Saussure ha definito la lingua come un sistema di segni che esprimo idee, considerandola la più importante tra questi insieme di segni: indica nella semiologia la scienza che studia i segni nell’ambito della vita sociale. Il sociologo George Herbert Mead evidenzia come i simboli siano necessari per la comunicazione ed è proprio attraverso il linguaggio che entriamo a far parte di una società, ad esempio, anche la danza è una forma simbolica che rimanda ad una comunicazione più profonda. Il filosofo francese Paul Ricoeur evidenzia come la cultura si basi su simboli che ci portano a pensare e a dare significati in base alle nostre interpretazioni. (es. la Minerva, statua della consapevolmente trasmessa. Molte norme e regole sociali quotidiane si collocano a livello implicito, come il linguaggio usato dalle persone quotidianamente. · Rapporto Valori e Comportamento  ci comportiamo in un certo modo dopo aver interiorizzato una serie di valori formando la nostra identità. È un rapporto indiretto. Ma nella società moderna non sempre l’identità di un individuo combacia con la sua cultura sociale, perché l’identità deriva dall’interpretazione soggettiva della cultura e anche perché gli individui sono influenzati da enti esterni; amici e famigliari che possono avere valori diversi. Si formeranno tre scuole di pensiero che riprendono i rapporti stretti tra antropologia e sociologia: 1. Sia nel senso che i lavori e i metodi della ricerca antropologica hanno influenzato studi su comunità urbane che potevano presentare analogie con la “società in scala ridotta” studiata dagli antropologi: strada ripresa dagli americani con la SCUOLA DI CHICAGO. 2. Sia nel senso in cui la sociologia elaborava la teoria in base alla quale sistematizzare i dati empirici forniti dall’antropologia: strada ripresa dalla SCUOLA FRANCESE 3. La SCUOLA TEDESCA, invece, si distacca dall’approccio antropologico interessandosi di più ai risultati della storia e dell’economia. LA SCUOLA DI CHICAGO È la prima scuola sociologica americana e nasce nei primi anni del ‘900. Si occupa principalmente dello studio della CULTURA. L’interesse dei sociologi statunitensi deriva dalla forte industrializzazione e il forte flusso migratorio a cui era sottoposta la città di Chicago durante questo periodo, e questi studiosi studiano proprio questo rapido cambiamento sociale: prima Chicago era una piccola cittadina di circa 5000 abitanti, ma intorno al 1890 diventa una metropoli di più di 1 milione di abitanti. · William Thomas e Znaniecki, “il contadino polacco in Europa e in America”, studiosi di origine polacca, analizzano la vita dei polacchi in America attraverso il metodo etnografico: basato sull’analisi del loro materiale autobiografico, su documenti personali, lettere o qualsiasi altro dato che permettesse di descrivere una loro situazione naturale: espressione di valori, rappresentazioni e credenze comuni. Analizzano il processo attraverso cui la cultura polacca incide sul modo in cui si inseriscono nella comunità di arrivo. Notano come il modo di agire dei migranti nei confronti degli altri, dipenda dalla loro cultura di provenienza: scoprono che i migranti si integrano basandosi sulla loro cultura di provenienza. Diventa fondamentale l’interpretazione che l’individuo dà alla situazione oggettiva in cui si trova, basandosi sulle sue radici culturali. Vedono il tentativo da parte degli immigrati polacchi di mantenere una propria identità culturale anche nello sforzo di integrazione nella società americana  Thomas ci dice che l’integrazione non avviene con l’imposizione della nuova cultura, ma avviene nel momento in cui l’immigrato non viene isolato, grazie ad altri migranti già presenti in America: nonostante ciò deve esserci un dialogo da entrambe le parti. La realtà sociale è quindi oggettiva ma può essere modificata in base all’interpretazione del soggetto e secondo le parole degli autori, la definisce secondo i propri schemi. Studio che dimostra l’importanza della cultura per un individuo. Nell’opera “Gli immigrati e l’America” Thomas mostra come le diversità degli immigrati non sono legate alle loro diversità biologiche innate di tipo raziali, bensì al loro specifico “patrimonio culturale”: insieme di valori e atteggiamenti che porta con sé. Teoria dell’uomo marginale  l’immigrato appena arrivato è un uomo marginale che perde riconoscimento dagli altri e da se stesso: perde il suo status in quanto non viene più riconosciuto per quello che era, è come se perdesse parte della sa identità. C’è anche una perdita culturale, cultura diversa rispetto al paese di origine e non sa più come comportarsi (es. era abituato a mangiare alle 18 ma ora si mangia alle 20), quindi è come se perdesse il senso del proprio sé. C’è un’incongruenza tra la cultura di provenienza e quella di arrivo. Questa è una concezione che riprende da: · Robert Park, influenzato dal sociologo tedesco Georg Simmel, analizza la città di Chicago individuando una diversità culturale. Park accentua principalmente la diversità degli stili di vita, modi di fare e di pensare che caratterizzavano specifici gruppi all’interno di un contesto urbano. Decide di applicare il metodo etnografico antropologico nello studio dei diversi quartieri che considera come vicinati  reti di relazioni sociali con propri sentimenti, tradizioni e anche una propria storia. Nell’analizzare il rapporto tra società e cultura, Park definisce la cultura, non come struttura, ma come processo, dando importanza alle relazioni faccia a faccia tra gli individui e le loro diverse interpretazioni. Park definisce il vicinato come una più piccola unità locale, una città nella città, e analizza come questi perdano la loro intimità nel momento in cui la rapidità e la facilità dei mezzi di comunicazione e di trasporto hanno consentito agli individui di spostarsi da una rete di relazione all’altra, e quindi di vivere contemporaneamente in più mondi diversi. Nonostante ciò restano comunque gruppi segregati che riproducono stretti legami di solidarietà in base alla loro etnia, classe sociale, mestiere ecc. Possiamo dire, quindi, che Park anticipa il concetto di “subcultura” che verrà coniato successivamente in questa scuola, intorno agli anni 40, in quanto evidenzia la differenziazione culturale dei sobborghi su base occupazionale, etnica ecc. Ma la diversità e la reputazione dei diversi quartieri segregati, potrebbe provocare dei pregiudizi (esempio, Torpignattara – Parioli). Park, con i suoi studi, propone una nuova immagine dei processi culturali che non segue più il modello in scala ridotta della tradizione antropologica: · I moderni mezzi di comunicazione e di trasporto urbano hanno generato l’estensione dell’organizzazione industriale e un incremento della mobilità delle persone che ora hanno una possibilità maggiore di confronto e scambio · Le relazioni primarie, faccia a faccia, vengono sostituite da quelle secondarie, ovvero quelle indirette che non implicano un rapporto fisico tra le persone. Questo, di conseguenza ha portato anche al cambio delle forme di controllo sociale: il pettegolezzo, che rappresentava la principale forma di trasmissione di informazione nei villaggi (più efficacie in quanto penetrava all’interno delle vite delle persone), ora viene sostituito dalla pubblica opinione creata dalla diffusione della stampa e della pubblicità. Questi studiosi notano anche che la città cambia continuamente: con l’arrivo di nuovi immigrati, quelli vecchi si spostano in aree migliori della città dando vita ad un processo di gentrificazione  quartiere popolare che diventa borghese: piò accadere perché, magari, persone importanti comprano case in quella zona e gli immobili aumentano di valore. Nonostante all’interno di una città ci siano diverse comunità, esiste anche l’identità complessiva dell’intera città. (romani diversi dai milanesi). Park analizza come: più si moltiplicano gli stimoli che bombardano gli individui, più questi diventano instabili e transitori generando effetti di estrema individualizzazione, tolleranza dell’eccentricità e di sovreccitamento psicologico, al centro dell’analisi di Simmel. Gli studiosi della scuola di Chicago fanno ricerche meno statistiche, osservando e analizzando direttamente sul campo immergendosi. Inoltre, per la prima volta mettono in luce il rapporto tra Identità e Cultura: concezione di sé e forme di riconoscimento sociale. Elementi connessi tra di loro. · I coniugi Robert e Helen Lynd indirizzeranno l’attenzione delle loro ricerche, non più alla vita della metropoli, ma ad una città americana di medie dimensioni: Middletown, che analizzano come la città media statunitense, attraverso una prospettiva simile a quella antropologica dello studio delle piccole tribù. Cercano di capire la cultura media americana andando a vivere lì. Notano un rapido cambiamento di questa città dovuto alla diffusione della comunicazione di massa, allo sviluppo tecnologico e alle grandi trasformazioni avvenute a livello economico e tecnico. Il risultato delle loro ricerche ha rilevato che questi cambiamenti non hanno portato ad un mutamento a livello culturale, al contrario la popolazione tendeva a resistere al nuovo ambiente accentuando il proprio conformismo: notano come lo stravolgimento delle loro norme abituali li ha portati a chiudersi e ad avere un atteggiamento conservatore. · George Herbert Mead, filosofo e psicologo della Scuola di Chicago, ha sviluppato la teoria complessa della socialità della mente e dell’identità, in cui l’aspetto simbolico della comunicazione umana viene messo in primo piano: afferma che l’identità di un soggetto è frutto della comunicazione, dell’interazione con gli altri mediante il linguaggio, ovvero i simboli. Questa sua prospettiva prende il nome di Interazionismo Simbolico  individua l’importanza dei simboli significativi: meccanismo attraverso il quale gli individui imparano ad assumere il ruolo degli altri e a divenire oggetto a sé stesso. Mead parla del “SE’” come l’autorappresentazione di un soggetto, influenzata da come gli altri lo vedono e che conosce attraverso l’interazione. Si riesce ad ottenere un sé solido quando siamo in grado di identificarci con una norma universale, con il modo di pensare di tutta la comunità. Secondo Mead, elaboriamo le loro rappresentazioni attraverso il “ME”  dico come sono in base a come mi vedono gli altri. E questa capacità di elaborazione è data dall’IO: ME + IO = SE. SCUOLA FRANCESE – Emile Durkheim per la società, affermando che il cambiamento da società meccanica ad organica comporta solo un cambiamento della dimensione simbolica. · La societ à meccanica era quella dei villaggi più semplici, (nelle quali c’è poca organizzazione del lavoro) lui pensa che se tutti fanno tutto, si producono delle credenze che sono condivise da tutti, tutti fanno le stesse cose. Società nelle quali tutti condividevano le stesse norme, valori e credenze e l’individualismo non si era ancora sviluppato: tutti compievano mestieri molto simili e le norme erano poche e accettate da tutti. I ruoli e le norme erano pochi e la differenziazione era minima e ciò portava le persone ad interiorizzare le norme e le credenze comuni e a rispettarle. Meccanica perché tutti facevano meccanicamente le stesse cose. L’ordine sociale si tiene insieme perché la divisione del lavoro è scarsa. Col tempo la società si è evoluta con la divisione del lavoro sociale: i valori si distinguono e aumentano le occupazioni. Piano piano, il surplus economico aumenta il benessere delle persone e le relazioni diventano più dense. Aumenta la differenziazione e anche le interazioni a distanza di conseguenza, perché no posso parlare con tutti. Il lavoro sociale serve alla società per sopravvivere. Con la società che diventa sempre più complessa aumenta la differenziazione: i valori, come la religione, non sono più tanto chiari e ognuno inizia ad interpretarli a modo proprio. L’individualismo è un fatto sociale frutto della divisione del lavoro perché la società con il passare del tempo é diventata più frammentata (si sono classi sociali diversi ad esempio) Durkheim si domanda sul perché allora questa società si tiene ancora in piedi (siamo nella 1 g.m). Scompare la società meccanica e diventa: · Societ à Organica  Ora la società si tiene in piedi grazie all’interdipendenza dei gruppi occupazionali, e secondo Durkheim sono proprio questi gruppi a doversi dare regole tra di loro. La mentalità cambia perché è cambiata la società. C’è una solidarietà che non dipende più dal fatto che ci sono nella società delle credenze comuni ma dal fatto che gli individui dipendono gli uni dagli altri, cooperano (es devo comprare la carne ho bisogno del macellaio, lui a sua volta ha bisogno di chi trasforma la carne ecc). La coscienza collettiva subisce una trasformazione sia nella forma che nel contenuto: 1. Forma  con la divisione del lavoro, la coscienza collettiva diminuisce in volume, intensità e grado, e di conseguenza diventa più debole e non è più in grado di uniformare i comportamenti individuali e di imporre un rigido controllo sociale: le regole e i modi di pensiero sono più generali, astratti e indeterminati e necessitano della riflessione individuale per applicarli a casi particolari 2. Contenuto  il contenuto della coscienza collettiva diventa sempre più secolarizzata, ovvero, meno definita da orientamenti religiosi e centrata su valori individualistici: questi vengono diffusi talmente tanto e diventano così rilevanti da formare una sorta di nuova religione laica che Durkheim chiama “ culto dell ’individuo” : l’individuo non è solo una componente della società, ma diventa un oggetto sacro per la società stessa: diventa un sistema di valori e credenze condivise da tutti. Per evidenziare il fatto che gli esseri umani collaborano anche in ciò che pensano, a cui danno valore e credono, Durkheim non ci parla di cultura, bensì di Rappresentazioni Collettive ovvero forme di classificazione, schemi mentali frutto della società. Sono forme di pensiero attraverso le quali gli individui interpretano la realtà. La società si basa su queste rappresentazioni e permettono agli individui di avere un pensiero collettivo, quindi possiamo dire che gli individui sono soggetti passivi formati dalla società. Le rappresentazioni collettive sono per Durkheim delle istituzioni sociali, infatti si distinguono dalle rappresentazioni individuali: stati mentali di natura psicologica relativamente autonome. Durkheim ci dice che esiste una parte non del tutto cosciente della rappresentazione che è esterna alla coscienza individuale ed è anche sentita come obbligatoria, che si impone, quindi, come costrittiva e vincolante. Esteriorità e obbligatorietà definiscono ciò che Durkheim chiama i Fatti Sociali  modi di pensare, sentire e agire esterni all’individuo caratterizzati da una fonte di autorità che lo oltrepassa. Non si basa sul singolo individuo, ma dalla dinamica che si viene a creare quando più individui si associano. · Durkheim crede che anche il SUICIDIO vada studiato come fatto sociale, in quanto nota come non dipenda dall’individuo, bensì dalle dinamiche sociali alle quali viene sottoposto l’individuo. Infatti, osserva come il tasso del suicidio varia a seconda delle società: in particolare nota come il suicidio aumenta nelle società in cui gli individui sono disgregati e c’è meno coesione, ad esempio nei paesi cattolici il tasso del suicidio è molto più basso poiché visto come un gesto di peccato e quindi c’è maggiore coesione. Durkheim individua tre diversi tipi di suicidio: Altruista (in nome di un principio generale, sacrifico la mia vita), Individualista (cause personali), Anomico (dovuto all’assenza di regolamentazione). Quindi per Durkheim e la scuola francese, le rappresentazioni collettivi hanno un ruolo centrale nella teoria sociologica: ne evidenziano il carattere cognitivo e morale e si introduce l’idea che i concetti e le idee operino in contesti sociali e sono il frutto di un’attività cooperativa. Si elabora l’idea secondo la quale le norme e le categorie mentali hanno bisogno di del sostegno dei rituali per diffondersi e mantenersi  inizia così l’analisi del rapporto tra struttura sociale e ordine concettuale: alla base della sociologia della conoscenza e della cultura successive. Secondo Durkheim, seguendo la tradizione positivista, solo in quanto fatti sociali, le rappresentazioni collettive, possono essere indagabili scientificamente. Inoltre, credeva che le credenze comuni a una società non contassero per il loro grado di verità, ma per il fatto di costruire un elemento ordinatore e regolativo del comportamento individuale. Per Durkheim, la società non esiste senza gli individui e neanche le rappresentazioni collettive esistono senza gli individui che le pensano. Evidenzia anche l’importanza dei simboli linguistici che permettono agli individui di comunicare e che hanno assunto un’oggettività ed esteriorità rispetto agli individui. Durkheim introduce un nuovo approccio allo studio delle credenze collettive, che applica in particolare alle credenze religiose primitive e verrà sviluppato anche da Mauss, che seguirà in particolare l’idea Durkheimiana, Granet (pensiero e religione cinesi) e Gernet (pensiero morale e giuridico della Grecia Antica) Le forme elementari della vita religiosa 1912  Nella società organica devono comunque esserci delle credenze. In quest’opera pone la prospettiva analitica nello studio della religione come fatto sociale: vuole capire il rapporto tra società e religione per comprendere perché essa è un fatto sociale (mantiene dunque la sua mentalità positivista). Decide di accantonare la statistica e inizia ad analizzare le società primitive (partendo dalla società meccanica quindi dove tutti fanno tutto), poiché erano le più semplici in quanto si concentravano sull’essenziale, e il secondario e il superfluo ancora non si erano affermati. Vuole sapere qual è la funzione sociale della religione e in particolare analizza le tribù australiane e degli indiani d’America con la religione Totemica: veneravano il Totem, gli individui si sentivano il discendenti di questo totem, poiché facevano tutti parte dello stesso clan (prima forma di associazione con regole e credenze comuni) e vedevano questo Totem come una divinità (attraverso la condivisione dei riti, durante essi si crea effervescenza collettiva in quanto tutti si sentono parte di qualcosa che va al di sopra di loro). Durkheim parla quindi di rappresentazioni collettive: quelle credenze comuni che ci danno schemi cognitive che ci servono al interpretare la realtà. Scopre che in quelle società gli individui venivano classificati in base a chi credeva e chi non. Arriva alla conclusione che la religione dunque è un fatto sociale che svolge una funzione. Il principale risultato delle ricerche di Durkheim è che nota che le religioni condividono la separazione tra il: - Sacro  Sono i luoghi, lo spazio e tempo in cui valgono le interdizioni (è il momento dei divieti). È uno spazio in cui ci si purifica, si riflette e si esce fuori dal peccato. Es. il tempio é per il sacro non è per il profano. - Profano  Ha a che fare con il lavoro di tutti i giorni, è lo spazio e il empo in cui fanno cose protette da questi divieti. È uno spazio in cui ci si sporca, si lavora. Analizza che gli individui si riunivano in un posto per fare insieme pratiche rituali: veneravano insieme il totem, ed era un momento in cui si purificavano e lo facevano in un luogo sacro che oggi corrisponde alla chiesa. La Religione nasce con questi rituali collettivi in cui gli individui si sentono un tutt’uno e provano un sentimento di Effervescenza Collettiva e da questa, secondo Durkheim, nascono le credenze e se già fossero esistite la avrebbe rafforzata. Afferma che la religione rafforza una società. Dice che le religioni sono frutto della sensazione di pressione sugli uomini: sentono degli obblighi morali e sentono che non possono fare ciò che vogliono realmente, perché la società fa pressione sull’individuo per far sì che cooperi al fine di sviluppare la società, ed è questa pressione che permette all’uomo di orientarsi: ordine morale e cognitivo. La religione è un fatto sociale che va spiegato con un altro fatto sociale. Questo fenomeno culturale plasma il pensiero della società ed è attraverso i simboli che emergono le rappresentazioni collettive. L’idea di Dio nasce dal fatto che gli uomini sentono dei vincoli, pressioni e non si sente libero completamente, sentivano di essere legati gli uni agli altri (nelle società primitive era così perché c’era la società meccanica). In realtà, secondo Durkheim questa pressione non è Dio ma è la società che ci vincola, ma noi non c’è lo possiamo spiegare perché non vediamo la società e quindi ci immaginiamo che ci sia una persona (Dio) al di sopra di noi. Quindi il culto di Dio non è altro che il culto della società. LA SCUOLA TEDESCA – Max Weber e Georg Simmel A differenza di quella francese e quella di Chicago, qui troviamo autori che condividono il loro pensiero senza formare una scuola vera e propria: non c’è un maestro e degli allievi. Si tratta di un gruppo di filosofi tedeschi legati al Neo-Kartismo e Storicismo. Da un lato riprendono gli studi di Kant —> ha dato vita all’evoluzione del campo filosofico e prova a trovare una mediazione tra le correnti di pensiero più empiristiche è l’impostazione idealista cioè quell’impostazione secondo la quale la realtà è conosciuta dall’uomo attraverso le sue categorie mentali e idee universali. Kant dice che l’uomo conosce attraverso l’esperienza, che è fondamentale. Esperienza insieme al dato empirico portano alla conoscenza. La scuola tedesca di fine 800 e i primi trent’anni del 900 si rifà di 2 correnti principali: insieme e che essa influenzava gli individui. Weber invece analizza come gli individui formano la società a partire dalle loro azioni. Azione sociale —> sono tutte le azioni degli uomini che hanno un senso, sono quelle a cui si interessano i sociologi. È dunque un’azione dotata di un senso che un individuo rivolge ad un altro. Queste azioni costruiscono la società. Un latra differenza tra scuola tedesca e la scuola francese è che per Weber sono le azioni sociali che condizionano la società mentre per Durkheim è la società che condiziona le azioni sociali. Questa definizione che lega la cultura al significato, ha un uso sia metodologico che sostantivo: 1. Metodologicamente indica come le scienze della cultura possono raggiungere una conoscenza oggettiva. L’impulso a conoscere è generato dai nostri valori, ed è in base a questi valori che lo scienziato sceglie il dato empirico dalla molteplicità della realtà, senza dargli una connotazione morale: prostituzione, religione e denaro sono tutti fenomeni sociali. 2. Ha anche un uso sostantivo applicandosi allo studio dell’operare concreto della cultura: agli individui la realtà si presenta come un contesto dotato di significato, questo perché sono gli individui ad attribuire significato alla realtà selezionando dalla massa indifferenziata e molteplice, ciò che per loro ha un valore. Ma per far si che un fatto sia in grado di influenzare e orientare l’azione dei soggetti deve avere connessioni di senso condivise o riconosciute come buone, giuste e vere. Per Weber il metodo storico sociale parte dall’osservazione del mondo da un punto di vista locale, perché siamo interessati a cosa stiamo osservando: c’è una visione oggettiva legata al periodo storico sociale che influenza il pensiero, infatti Weber si occupa principalmente dei problemi della società tedesca della sua attualità. Weber si occupa di individuare una scienza sociale che sia oggettiva  partendo dai nostri punti di vista, dobbiamo fare uno studio per comprendere se ciò che stiamo studiando è un fenomeno rilevante e culturalmente orientato, successivamente dobbiamo attribuirgli una motivazione di causa effetto. Tutto questo studio attraverso un metodo oggettivo e impersonale. L’opera di Weber può essere intesa come il tentativo di mostrare il ruolo cruciale delle credenze e dei valori nell’orientare il comportamento delle persone e quindi nell’influenzare il corso degli avvenimenti L’etica Protestante e lo spirito del Capitalismo  1904-1905 in quest’opera Weber cerca di capire o è la cultura possa avere un impatto sulla società e la relazione tra Etica Protestante e Capitalismo: analizza il ruolo attivo delle idee e le conseguenze sociali della cultura e come queste idee possono influire sull’organizzazione dell’assetto economico. Afferma che la tendenza alla ricerca del profitto, tipica del capitalismo moderno sia stata favorita dalla diffusione dell’etica religiosa del protestantesimo: Weber si interroga sull’origine del Capitalismo moderno e inizia dal dire che l’agire umano non è mosso da idee astratte ma Weber riprende l’idea di Marx (il materialismo storico) secondo la quale gli uomini agiscono sulla base dei loro interessi materiali e socioeconomici, ma si distanzia dalla sua visione assoluta e generalista di questo pensiero. Per Weber l’agire umano è condizionato non solo dagli interessi materiali ma anche dagli ideali che veicolano le immagini del mondo: come interpretiamo il mondo e definiscono meglio i nostri interessi e ci permettono di agire in una direzione anziché in un altra. Però secondo Weber le idee producono immagini del mondo e sono queste ultime che poi hanno spesso plasmato il modo in cui noi interpretiamo i nostri interessi e agiamo. La cultura attraverso queste immagini modifica la società. In questo libro Weber analizza i testi sacri e i .....? Da questo materiale arriva a studiare il comportamento tipico dei protestanti che influiscono sul capitalismo, studia l’associazione che c’è tra l’etica protestante e l’impatto che ha avuto sul capitalismo moderno. Caratteristiche del capitalismo: proprietà privata dei mezzi di produzione, il mercato del lavoro libero, si basa su burocrazie specializzate (esiste un’organizzazione metodica della vita). Com’è sorto il capitalismo? È un sistema economico che nel 1600 prende forma. Weber afferma che ci sono più fattori, Una delle principali differenze tra Weber e Durkheim riguarda proprio le idee: - In Durkheim le rappresentazioni collettive sono viste come un sistema chiuso e prodotti anonimi di forze e meccanismi sociali che operano alle spalle degli attori sociali, indipendentemente dalla loro conoscenza. - In Weber, invece, le concezioni del mondo e le idee hanno una loro logica e dinamica interna e sono creazioni degli individui e di gruppi sociali che molto spesso entrano in conflitto per l’affermazione delle proprie idee e della propria visione del mondo. · Weber ci dice che par capire il Capitalismo bisogna analizzare gli individui e le loro motivazioni individuali che hanno portato al capitalismo e uno di questi motivi è proprio il PROTESTANTESIMO  Ha dato vita al capitalismo. Nel 500 con la ribellione alla chiesa cristiana, alcuni sacerdoti tra cui Lutero, introducono il tema della predestinazione. (Protestanti e cattolici sono entrambi cristiani). Weber parte quindi dagli individui, dalla loro etica per capire la nascita del capitalismo. Calvino, successivamente, estremizza la visione di Lutero e di sviluppa così la Religione Protestante  credevano che ci potesse essere un dialogo diretto con Dio e davano molta importanza alla lettura della Bibbia diffondendo così l’alfabetismo. Weber pensa che il capitalismo si sia diffuso con la variante più tradizionalista dei Calvinisti Puritani Protestanti che credevano che gli uomini siano nati per soffrire e quindi bisognava comportarsi bene per non essere puniti. Uno dei motivi della nascita del capitalismo è l’etica protestante economica che parte dal tema della predestinazione, secondo la quale gli uomini possono essere o eletti/santi o dannati, indipendentemente dal comportamento e quindi non si può modificare il loro destino. Quindi per essere considerati santi, gli uomini dovevano solo glorificare Dio in tutti i modi, anche attraverso il loro lavoro (vocazione). In una società appena uscita dal medioevo (1500), l’interesse dei protestanti era quello di trovare un segno divino, conducendo una vita rigida ed organizzata, così il denaro guadagnato non andava speso inutilmente, ma venire reinvestito dando vita all’impresa capitalistica: basata su un’organizzazione realista del mercato e su un’analisi del mercato di lavoro. Questo sottolinea l’influenza dell’etica (della cultura) sullo sviluppo economico (della società), ma non è un condizionamento unidirezionale, bensì reciproco. Il fatto di aver messo in evidenza i fattori culturali della nascita del capitalismo non esclude la presenza di altre cause di tipo economico, politico o sociale. Secondo Weber l’etica protestante ha dato vita ad un ascetismo intramondano (concezione religiosa della glorificazione ma nel mondo) e controllo della propria condotta. ➔ Questo ha dato vita ad una RAZIONALIZZAZIONE ORGANIZZATA: condotta di vita rigida basata sul rispetto delle regole, dei doveri ecc. Quindi, i poveri che non erano in grado di fare tutto ciò erano considerati “dannati”, mentre i più ricchi gli “eletti” (oggi ad esempio la società americana). Questa razionalizzazione ha portato ad una serialità e meccanicità dell’agire economico- sociale: si è formata una Gabbia d’Acciaio che ha portato alla fine dello spirito capitalistico delle origini protestanti. Oggi, infatti, il capitalismo è solo consumismo, egocentrismo, edonismo ecc. portando ad un: RAZIONALISMO PRATICO  organizzazione della vita basata su regole precise: organizzazione metodica. Si formano le Burocrazie: divisione equa del lavoro basata su regole impersonali e sulla specializzazione delle persone, e il capitalismo si basa proprio su questa organizzazione burocratica. Il razionalismo è rafforzato con l’etica protestante, caratterizzata da regole rigide che vanno al di sopra di valori e delle idee personali formando quella gabbia d’acciaio che pone fine ai valori protestanti condivisi, dando maggiore importanza a necessità legate all’economia e al consumo. Il protestantesimo ha dato una visione più razionale della religione in quanto ha dato maggior peso all’azione concreta dell’uomo, ed è proprio questa razionalizzazione, secondo Weber, che caratterizza il passaggio da società più semplici a quelle più complesse, e tutto ciò ha portato alla crisi della religione. Il mondo moderno è caratterizzato dalla consapevolezza che i valori ultimi non sono giustificabili razionalmente, mentre nel medioevo i valori si spiegavano con la religione. Ora tutto è relativo e i valori si possono accettare solo secondo un atto irrazionale: la FEDE. Secondo Weber la razionalizzazione ha portato anche un cambiamento a livello teoretico: perché può essere intesa come un processo in cui l’uomo ha cercato di trovare spiegazioni più razionali della realtà, sulla base delle scoperte a cui vi è giunto. Ora prevale una visione teoretica del mondo sempre più laica. Un passo importante della razionalizzazione si ha con l’ebraismo Weber evidenzia come un cambiamento culturale abbia avuto un impatto sociale fondamentale, ma questo cambiamento può avere due spiegazioni in base al sociologo: 1. Spiegazione endogena  passaggio da un pensiero religioso ad uno filosofico per arrivare a quello positivista. Ci sono studiosi che ritengono che questo cambiamento sia dato dal cambiamento della struttura sociale. 2. Spiegazione esogena  la cultura cambia in base ad un cambiamento esterno alla società: ambito culturale, politico… Per Elias il gran peso che diamo all’intimità è dato da un cambiamento politico: con l’affermazione della classe borghese si sono sviluppate le buone maniere. 3. Religione come appartenenza senza credenza  intesa come questione di tradizione e di cultura: anche coloro che non credono si dichiarano religiosi come questione identificativa e ciò ha portato la religione a diventare una Questione di Stato. La globalizzazione ha aumentato la comunicazione tra le varie società, principalmente grazie agli scambi capitalistici  sistema che ha portato ad un’insicurezza sociale dovuta a questo assetto politico economico da cui molti si sentivano esclusi. Ed è in questo clima che si è formato il FONDAMENTALISMO  reinvenzione della religione. Viene attuato da gruppi marginale e semi marginali che hanno attuato atti di terrorismo, si sentono sopraffatti dalla società in cui vivono ed è la reazione più forte alla secolarizzazione: forma di estrema radicalizzazione della religione. GEORG SIMMEL  Di formazione eclettica: studia sociologia, psicologia ecc. E’ di origini ebraiche e per questo non è riuscito a fare carriera nonostante gli aiuti di Weber. Viene riscoperto intorno agli anni ’70 d diventerà uno dei sociologi più moderni. Riesce a cogliere la radicalizzazione dell’IO e propone una Sociologia Formale  La società è astratta e non esiste in sé, ma è un insieme di relazioni sociali. Evidenzia come la società sia caratterizzata dall’interazione tra gli individui, e in base alle relazioni che si formano, si hanno diverse società: - Gruppi primari  Relazioni intime tra gli individui - Gruppi secondari  Relazioni basate sulla sfera strumentale della necessità, Simmel nota come nella società moderna prevalgano i gruppi secondari rispetto a quelli primari e introduce il concetto di: Cerchia Sociale ambito in cui si forma la nostra identità. Queste cerchie hanno subito un cambiamento e infatti prima erano: - cerchie sociali concentriche = l’individuo poteva vivere all’interno di più cerche contemporaneamente. Quindi, c’era una grande cerchia con all’interno più cerchie più piccole, ad esempio, il falegname che fa parte di altri gruppi di falegnami. Ma con la modernità, queste cerchie diventano: - cerchie sociali parallele = più cerchie che però non vengono integrate tra di loro. Ad esempio, il figlio di un falegname che va a scuola con il figlio di un borghese. Questo ci ha permesso di fare più esperienze Simmel si rende conto di come l’individuo possa scegliere in che cerchia stare: si può saltare da un mondo all’altro. Sviluppa l’individualità e la centralità de: · IO Radicale  individualità che comporta una serie di conseguenze sia a livello sociale che psicologico. Simmel era fortemente influenzato da filosofi come Marx, Kierkegaard, Weber, Nietzsche ecc. Per Simmel la società è il congelarsi della vita in forme: istituzioni. Ma l’individuo è anche mosso dalle sue esperienze che vanno oltre a queste forme  l’individuo ha bisogno della società per avere un’identità, ma allo stesso tempo, questa viene vista come una gabbia a causa della pressione sociale. Nonostante ciò, l’individuo, ha la capacitò di scegliere e di prendere le distanze dalla società da cui si sente oppresso. Questa differenziazione sociale ha portato ad un individualismo e Simmel ne analizza l’aspetto sociologico, dovuto alla crescente divisione del lavoro. Simmel nella sua opera “La filosofia del denaro” (1900), si sofferma sul carattere simbolico del denaro nella cultura moderna che ha portato ad un processo di continua dematerializzazione della realtà. Il denaro con lo sviluppo dell’economia monetaria si è fortemente diffuso e ha cambiato natura: ora il mercato non si basa più sullo scambio, sul baratto, ma sulla moneta. Il denaro ora simboleggia la capacità di scambiare merci  tende a trasformarsi in un valore a se stesso. Se prima il valore della moneta era dato dal peso, ora le banconote sono più astratte e c’è solo un simbolo che ne indica il valore (10£ 20£ ecc.) Diventa un equivalente universale e si produce un’oggettivazione del valore, ciò che prima era un valore soggettivo, ora diventa una proprietà delle cose in quanto tali. Il mondo si caratterizza da strumenti sempre più astratti e l’uomo si basa sempre di più sull’intelletto che sulla ragione e Simmel ci parla di · Intellettualizzazione  Simmel nota come nel cambiamento da società antica a società moderna, le istituzioni hanno iniziato a basarsi sempre di più su concetti astratti. La mente umana si caratterizza da: - Intelletto = capacità di calcolo sulle relazioni (lo faccio o no? Come risolvo i problemi) - Ragione = Capacità di ragionare che risente delle emozioni. Nelle società antiche prevaleva la ragione all’intelletto: pochi stimoli ma intensi. Con la modernità e con il progresso, gli stimoli aumentano e l’uomo si trova in difficoltà, facendo prevalere l’intelletto sulla ragione portando all’intellettualizzazione (mi scelgo le amicizie in base alle necessità ecc.) Per Simmel la cultura moderna è diventata ipertrofica con un’espansione senza precedenti della cultura oggettiva  questo ha portato l’individuo a sentirsi frustrato in quanto non riesce più ad incorporare e fare propri i contenuti della cultura, non riesce a ritornare ad una cultura soggettiva. Situazione descritta come “tragedia della modernità” in quanto l’individuo vive una situazione contraddittoria  non può vivere né con, né senza questo mondo di oggetti culturali: l’individuo desidera l’oggettività ma eccede sempre le sue possibilità concrete di appropriazione. Nota che nella dialettica tra individuo e società, la società sovrasta l’individuo, realtà oggettiva sovrasta quella soggettiva. · Simmel ci parla dell’Uomo Blasé  tipico uomo metropolitano. Tra l’800 e il 900 molti uomini vivevano uno stile di vita molto Bohemien. Ma col tempo si sviluppa l’idea dell’uomo blasé che, avendo già fatto tutte le sue esperienze e avendo già visto tutto, vive la sua vita con noia perché ritiene la società scontata. Vive in superficie e si basa sui calcoli. Non si sorprende più ed è disincantato. Al contrario di chi, ad esempio, viene dalla campagna e vede la metropoli per la prima volta rimanendone incantato. Simmel analizza anche come nella società individualista, si formino istituzioni come la Moda: spinge all’individualità perché vogliamo distinguerci ma allo stesso tempo vogliamo imitare gli altri in quanto la società porta all’omologazione, e chi se ne distacca è ritenuto eccentrico, “mondano”, ed è così che si è affermata la moda. · Concezione di Eccedenza Culturale  attraverso i media riusciamo a vedere più vite e ad immaginare di viverne diverse. Abbiamo più opportunità ma sono comunque meno di quante ne immaginiamo · Ritardo culturale  espressione di come la cultura oggettiva sovrasta quella soggettiva, ad esempio, come colore che non sanno usare i computer. La realtà materiale è superiore, ma le capacità soggettive sono inferiori. C’è un rapporto deterministico  un fattore ne determina un altro. Weber non credeva che la società potesse determinare la cultura o viceversa, ma i fattori sociali possono influenzare quelli culturali e viceversa. KARL MANNHEIM  Elabora i fondamenti della sociologia della conoscenza o del sapere: intesa come parte di una più ampia della sociologia della cultura e doveva occuparsi del condizionamento sociale del pensiero e delle idee. Mannheim sviluppò la sua analisi concreta soprattutto in direzione dello studio delle ideologie politiche e delle credenze utopiche, ma non riuscì a chiarire attraverso quali meccanismi i sistemi conoscitivi fossero connessi alla struttura sociale. Nelle sue opere si può individuare una sorta di “riduzionismo sociologico” in cui le idee sono il riflesso della società e della storia, concezione ripresa dal suo maestro Alfred Weber, ma per Mannheim le idee devono essere comprese a partire dalle motivazioni degli individui inserite in strutture di senso. Secondo Merton, il concetto di prospettiva offerto da Mannheim, ha fornito un’importante dimensione sociologica alla teoria psicologica della Gestalt  viene messo in luce il carattere sociologico di formulare i problemi che è all’origine della forma e del contenuto della nostra percezione. Mannheim introduce un’importante concezione: l’ipotesi che non soltanto le credenze erronee o illusorie siano socialmente e storicamente condizionate, ma lo sia anche la scoperta della verità Cap. 3. Cultura e Struttura Sociale: La distinzione tra società e cultura è centrale per ogni analisi sociologica. La cultura fa riferimento alle proposizioni e rappresentazioni sulla natura, sull’uomo e sulla società e i loro rapporti. La società, invece, fa riferimento alla struttura delle relazioni sociali, dai piccoli gruppi fino allo stato- nazione e anche fino al sistema-mondo. Società e cultura sono indipendenti e ognuna è l’oggetto di studio di diverse discipline, ma nessuna dipenda dall’altra, bensì hanno un’influenza reciproca, nonostante ciò, spesso sono state considerate come unilaterali. Ad esempio, Durkheim concentrò le sue ricerche sull’azione sociale dei fenomeni culturali, mentre Weber avrebbe elaborato il senso opposto, ovvero il ruolo dei fattori culturali nel comportamento sociale. Nonostante questi autori abbiano enfatizzato un aspetto rispetto all’altro, non eliminano comunque l’importanza dell’altro. L’esigenza di separare il piano culturale da quello sociale ha un riscontro nello sviluppo sociale raggiunto dalla società moderna che crea nuovi livelli di autonomia e di specializzazione della cultura. Parsons afferma che con lo sviluppo della società moderna, la cultura si sia affermata progressivamente e uno dei fattori che l’ha resa stabile è stata la comparsa e la diffusione della Nella modernità ci sono stati contributi a favore dell’integrazione dei due approcci di ricerca: quantitativo e qualitativo e si è affermata una terza via chiamata mixed-methods reaserch, che incorpora o integra entrambi gli approcci. Per risolvere i problemi di tipo metodologico o tecnico sarà sufficiente utilizzare una tecnica di raccolta molto diffusa: l’intervista standardizzata rivolta a un campione rappresentativo di soggetti e sottoporli ad un’analisi statistica multivariata. Valori, norme e credenze sono fenomeni collettivi o rappresentazioni collettivi come diceva Durkheim, e misurarli con l’intervista standardizzata, che rileva i comportamenti e gli atteggiamenti individuali, è sembrato per molti autori inadeguato. E questo ha portato a formulare nuove ricerche usando metodologie diverse, raggiungendo risultati importanti e complementari. ➢ La ricerca empirica interculturale sui valori  analizza con metodi quantitativi le configurazioni di valori di diverse società occidentali e orientali. Attuata da Triandis che ritrova nelle società che analizza il contrasto tra due configurazioni di valori: l’individualismo e il collettivismo. Nota come queste configurazioni dipendono dall’organizzazione delle diverse componenti culturali. Distingue: - Individualismo orizzontale = persone indipendenti che mettono l’accento sull’identità. - Individualismo verticale = persone indipendente che danno il massimo valore alle differenze individuali. - Collettivismo orizzontale = persone interdipendenti che evidenziano la coesione sociale - Collettivismo verticale = persone che accettano le differenze ma hanno un forte senso del dovere e la tendenza a servire e sacrificarsi per il proprio gruppo (Giappone). Vantaggi dei metodi quantitativi tipo survey - La standardizzazione della rilevazione degli atteggiamenti consente di trasformare le informazioni in dati. - La possibilità di individuare le strutture latenti che portano a identificare le configurazioni complesse di valori. - Permettono di evidenziare le connessioni semantiche. ➢ Metodi qualitativi di analisi dei valori e delle credenze  i metodi di tipo survey possono presentare anche alcuni svantaggi ed è per questo che alcuni autori preferiscono l’utilizzo di tecniche qualitative: interviste discorsive, libere o l’utilizzo di nuovi metodi qualitativi come le narrazioni di episodi in grado di stimolare i giudizi dei soggetti e far emergere le loro scelte di valore. Si possono aggiungere anche i focus group che hanno lo scopo di favorire il dialogo e il confronto dei partecipanti di un gruppo. Questi metodi però sono inadatti all’analisi comparativa in quanto non consentono nessun tipo di generalizzazione statistica dei risultati. con la modernità si introducono i digital research: nuovi metodi che le scienze sociali hanno sviluppato con l’arrivo della società digitale. Attraverso la network analysis degli hashtag, gli studiosi ora sono in grado di individuare chi sono i principali opinion leaders sui social. Un metodo qualitativo molto utilizzato fin dalla scuola di Chicago, è il metodo etnografico. L’obiettivo della ricerca qualitativa è quello di spiegare il “perché” e il “come” di un fenomeno ➢ Etnografia e visual studies  tra le modalità di raccogliere i dati nella ricerca sociale è importante anche l’utilizzo dei materiali fotografici. In ambito sociologico, nella scuola di Chicago, si afferma la fotografia documentale sia per la sua rilevanza conoscitiva che pratica. Sarà Robert Lynd a offrire un importante contributo teorico e metodologico dei protocolli di documentazione fotografica, che ha suscitato poi un continuo interesse nei confronti dei metodi visuali. nel 1974 ci sarà una rivista dedicata ai visual studies. ➢ Metodo strutturale di interpretazione dei simboli  lo studio dei simboli rientra tra le metodologie quantitative. Sono studi che puntano a misurare i significati istituzionali rispetto a quelli individuali con l’obiettivo di ridurre complesse raccolte di dati culturali a più semplici e più facilmente strutture di significato. Per lo strutturalismo il significato è costituito da distinzioni sistematiche che differenziano tra loro parole, segni o suoni. L’analisi dei dati ottenuti da questo metodo di ricerca è per lo più un’analisi testuale. ➢ La ricerca genetica sull’evoluzione delle norme  si pone un problema di spiegazione, domandandosi perché un certo fenomeno si è evoluto fino a raggiungere la sua forma attuale. Si va a guardare al passato. Elias fa una ricerca sull’evoluzione delle norme dal medioevo all’Ottocento: le sue ricerche si basano principalmente su una documentazione storica e su dei trattati sulle buone maniere che offrono testimonianze sulla vita quotidiana. Con la diffusione delle buone maniere c’è stato un affinamento dei costumi e dei sentimenti e un processo di privatizzazioine che culmina nell’intimità della famiglia borghese. Cap. 7 La produzione di cultura e le industrie culturali e creative Dalla seconda metà degli anni ’80 tutti i paesi occidentali hanno assistito ad un cambiamento di prospettiva che valorizza la cultura e la creatività come fattori fondamentali per comprendere l’identità e lo sviluppo delle società. Il concetto di “industria culturale” si deve a due filosofi della scuola di Francoforte: Adorno e Horkheimer, che usano questo termine per indicare la riduzione della cultura in merce di consumo. Per i due autori questo significato è sovrapposto a quello di cultura di massa ed è strettamente legato al capitalismo. Ragionano sulla diffusione di prodotti culturali attraverso i mezzi di informazione come i messaggi pubblicitari radiofonici e sottolineano che la produzione di cultura favorisce solamente la riproduzione del capitale investito essendo direttamente finanziato dai produttori di grandi compagnie. La produzione dell’industria culturale toglie al soggetto le capacità di pensare autonomamente e ne annienta l’intera attività intellettiva, sostituendola con l’automatismo, la ripetitività e la standardizzazione. Hirsch definisce “sistema dell’industria culturale” tutto l’insieme delle organizzazioni che producono articoli culturali di massa come dischi, film, libri, programmi tv e radiofonici. In questo schema i MEDIA rappresentano un sottosistema tra gli altri. Tutti i sottosistemi costituiscono dei filtri per il passaggio successivo. E il pubblico viene a conoscenza del nuovo prodotto attraverso i media e questo produce due tipi di feedback 1. Il primo proviene dai media: recensioni ecc. 2. Il secondo dai consumatori: vendita dei biglietti, dischi ecc. Gli studi mostrano come le industrie cultuali nascano come attività che ha origine nella creatività, nelle capacità e talento individuali e hanno il potenziale di creare benessere attraverso la generazione e lo sfruttamento della proprietà intellettuale. I settori che rientrano nelle industrie culturali creative sono: fotografia, cinema, radio televisione, musica ecc. Santagata dice che l’industria culturale è una filiera caratterizzata da quattro fasi: 1. Selezione cruciale degli artisti e dei protagonisti della creatività 2. Operazione di creazione delle idee 3. Distribuzione 4. Consumo Stuart Hall ci dice che la produzione di beni creativi è spesso localizzata nelle aree urbane, perché nota come questi spazi urbani favoriscano una riflessione sugli usi di quegli spazi e dilla dinamica dello sviluppo della città. Ad esempio, Bansky uno degli artisti di strada più noti. Henry Jenkins introduce il paradigma della “cultura convergente”  secondo questa prospettiva, la convergenza non è un fenomeno solo tecnologico, ma coinvolge diversi attori: 1. I media con l’interconnessione delle piattaforme 2. I sistemi produttivi attraverso la globalizzazione dei mercati 3. Le culture e i processi migratori che mettono in contatto la cultura occidentale con quella orientale 4. Le narrazioni con lo sviluppo dello storytelling transmediale che favoriscono la trasmissione delle culture. I processi comunicativi La cultura circola nel mondo sociale mediante il Linguaggio che si basa sulla capacità degli uomini di utilizzare i simboli. È la principale forma di oggettivazione dell’espressività umana e ha la caratteristica di staccarsi dalle rappresentazioni soggettive e assegnare alle forme di esperienza suoni e segni che ogni volta le richiamano. Ma un simbolo non deve rimandare solo a un’esperienza, ma a un insieme di esperienze con caratteri talmente simili da essere classificabili nella stessa categoria. Linguaggio e pensiero sono sovrapponibili in quanto: - L’uso del linguaggio non è sempre di tipo concettuale, tramite quest’ultimo esprimiamo e comunichiamo emozioni, ricordi e sensazioni - Il pensiero si forma attraverso il nostro materiale linguistico, essendone il contenuto. Tra linguaggio e pensiero esiste, quindi, un complesso processo di interazione. Esistono molte forme linguistiche come, ad esempio, il linguaggio dei gesti dei sordomuti. Il linguaggio verbale è spesso accompagnato da segnali non verbali che possono consistere nella postura del corpo, nelle espressioni facciali, nei gesti, il tono della voce ecc., e spesso questi possono non essere intenzionali. I segnali del corpo non sono solo legati ad aspetti psicologici individuali, ma anche con gli Con la socializzazione la cultura viene trasmessa da una generazione all’altra, anche in modo non intenzionale attraverso, ad esempio, la vita quotidiana comune, l’adattamento. È attraverso la socializzazione che si forma · l’IDENTITA’ del singolo  a livello individuale è la capacità del soggetto di dare continuità alla propria persona: unire passato, presente e futuro. L’identità è una costruzione sociale e si costruisce stabilendo dei confini: cosa siamo e cosa non siamo, ed è una continua oscillazione tra: - identificazione  ci troviamo in una continua classificazione da parte della società: abbiamo dei ruoli, un nome ecc. classificazioni che interiorizziamo e che ci portano a provare un sentimento di appartenenza: appartengo ad un gruppo piuttosto che ad un altro. - Individuazione  sono consapevole del fatto di avere caratteristiche che mi rendono unica e diversa dagli altri. Potremmo non accettare alcune delle classificazioni che ci vengono imposte dalla società. L’identità ha tre funzioni: 1. Allocativa  piano sociale: identità frutto dei ruoli che ci vengono attribuiti e di ciò che abbiamo appreso. Questo cu porta a stabilire un confine 2. Integrativa  diamo unità alla nostra persona: siamo sempre gli stessi: sappiamo che siamo nel passato presente e futuro. C’è coerenza biografica 3. Selettiva  in base alla nostra identità scegliamo le nostre preferenze. Ci permette di avere criteri di valutazione, selezione. Esiste anche un’identità collettiva  attribuita ai gruppi, e permette agli individui di identificarsi. Ha una funzione allocativa, ma anche integrativa. Si basa su riti, simboli. È frutto di una costruzione storica, politica e culturale. L’identità collettiva può portare alla formazione di pregiudizi e stigma, portando alcuni individui alla marginalità e chi prova questa marginalità si può comportare in modi diversi: lo può accettare formando delle subculture (subalternità), interiorizzando la propria inferiorità e lo stigma. Oppure si possono ribellare e formare subculture che resistono e si ribellano a quella dominante. La società è formata da tanti individui, appartenenti a generazioni diverse. In ogni società l’individuo non nasce membro della società, quindi, in tutte le società, c’è l’esigenza di introdurre i nuovi arrivati alla vita sociale aiutandoli a diventare appieno membri della comunità sociale. Ci sono diversi livelli di complessità che caratterizzano il processo di socializzazione - Innanzitutto, questi viene visto come uno scambio intergenerazionale di modelli culturali - Coinvolge una pluralità di soggetti che interagiscono nel percorso di crescita dell’individuo, formando percorsi di socializzazione composita - Si configura come processo istituzionale in cui la famiglia e la scuola si intrecciano con altre agenzie della socializzazione informale - Infine, il processo di socializzazione, ha importanti conseguenze sul processo della formazione dell’identità dell’individuo. Tramite la socializzazione, l’individuo diventa un essere pienamente sociale, e si integra con un gruppo o con una comunità. Questo processo viene visto principalmente come apprendimento e appropriazione interiore dei significati e delle regole di una società. Si caratterizza, inoltre, come una forma di adattamento a strutture e relazioni nuove a cui l’individuo viene sottoposto durante tutto il corso della sua vita, e che arricchiscono le sue risorse cognitive già accumulate. Il processo di socializzazione è attraversato da due istanze contrapposte: 1. Da una parte c’è una forte spinta all’integrazione 2. Dall’altra deve porre le basi per “l’individuazione” del soggetto e del suo sviluppo personale. Berger e Luckmann hanno evidenziato questa visione dicotomica, mettendo in contrapposizione l’individuo e la società. Altri autori come Elias, propongono una visione processuale nello studio della socializzazione: individuo e società non distinte, ma strettamente interconnesse e il processo di individualizzazione ha un destino sociale. I primi due autori fanno una distinzione tra: - Socializzazione primaria  legata ai processi di acquisizione delle competenze di base durante l’infanzia, grazie soprattutto alla famiglia, fino all’età scolare. L’individuo impara ad instaurare le prime relazioni sociali. L’impronta della socializzazione durante questa fase è talmente profonda che sarà difficile cancellarla nella vita adulta. È nella famiglia che l’individuo apprende e rielabora modelli culturali, atteggiamenti e credenze. - Socializzazione secondaria  si riferisce al periodo successivo in cui si apprendono i ruoli legati alla scuola, al lavoro e all’acquisizione della piena cittadinanza. Questo processo di apprendimento culturale attraverso la socializzazione avviene da una generazione all’altra, garantendo la continuità del sistema dei valori di una società. La socializzazione è considerata un aspetto così centrale che in alcune società il suo compimento viene celebrato pubblicamente con dei riti di passaggio, molto importanti soprattutto nelle società tribali e spesso riguardavano prove molto dolorose, soprattutto per i maschi, che servivano a sottolineare l’importanza sociale dell’avvenimento e a stringere i legami in un gruppo. Riti che sottolineano l’importanza dei mutamenti di status dei membri in una società. Oggi sono ad esempio i balli del “debutto” al compimento dei 18 anni, l’addio al celibato ecc. Questo declino è dovuto sia dal cambiamento delle tradizioni sociali, sia dalla condizione assunta dalla gioventù di incertezza di ruoli e moratoria psicosociale. La crescita della differenziazione sociale ha portato all’istituzionalizzazione di specifiche agenzie di socializzazione: la FAMIGLIA e la SCUOLA con espliciti intenti educativi. Accanto a queste ci sono altre agenzie che contribuiscono nella socializzazione come la chiesa e l’esercito. La famiglia è la prima agenzia di socializzazione, ma nel tempo questo ha portato ad un cambiamento anche dei rapporti familiari. Oggi i genitori e i figli si confrontano e notano di avere orientamenti morali molto simili, così ha perso forza il modello centrato sull’autorità dei genitori. Un ruolo sempre più importante nelle nostre società è svolto dai gruppi di coetanei o gruppi dei pari che costituiscono uno tra i più importanti punti di riferimento sul piano cognitivo ed emozionale nella fase dell’adolescenza, contribuendo allo sviluppo di competenze sociali funzionali all’inserimento nel mondo adulto, alla formazione dell’autostima e del senso personale del sé. Anche i comportamenti conflittuali degli adolescenti con il mondo adulto aiutano a favorire lo sviluppo di capacità autonome. Nonostante la fase infantile e adolescenziale siano le più importanti per lo sviluppo cognitivo e morale dell’individuo, questo continua ad apprendere ruoli, norme e valori anche nella fase post-adolescenziale: l’individuo può passare attraverso posizioni e ambienti socialmente e geograficamente molto diversi, quindi la socializzazione diventa importante anche nelle successive fasi della vita. Lo psicologo sociale Erikson individua otto fasi separate della socializzazione, in ognuna delle quali l’individuo affronta una crisi o una sfida in particolare: le prime 5 corrispondono all’infanzia, mentre le ultime tre hanno a che fare con la vita adulta. Afferma che nella nostra società la vecchiaia è priva di valore, e l’esperienza degli anziani conta sempre di meno e questi svolgono ruoli sempre meno definiti. Così come anche la morte è un tabù, e la socializzazione alla vecchiaia e alla morte è parte integrante della socializzazione primaria del bambino che sa riconoscerle. Quando si parla dei processi che avvengono in età adulta, che comportano l’apprendimento di nuove norme, valori e la modificazione di ciò che viene appreso nella fase di socializzazione primaria, si parla di “risocializzazione”. Esperienze tipiche di questa fase sono, ad esempio, la conversione religiosa e la psicoterapia in cui vengono attivati tutti i processi di identificazione emotiva dell’infanzia. Diciamo che tutto ciò può portare al problema dei conflitti di socializzazione: Berger e Luckmann affermano che alcune crisi che avvengono dopo l’infanzia sono dovute dal fatto di dover riconoscere che il mondo dei propri genitori non è l’unico esistente, ma ha una collocazione sociale molto precisa. Un altro problema è quello dell’erosione delle tradizionali strutture gerarchiche che provoca un indebolimento delle fonti di autorità. Ciò è dovuto, secondo alcuni studiosi, dalla progressiva confusione dei ruoli nella famiglia moderna e all’indebolimento del sistema dei ruoli nella scuola. Studi hanno dimostrato che la struttura verticale dell’autorità viene sempre di più sostituita da un sistema di scambio fondato sulla negoziazione e la regolazione comunicativa in cui ha una maggiore importanza l’elaborazione individuale e riflessiva dell’individuo. Quindi possiamo dire che ci sono due prospettive differenti della socializzazione: 1. Socializzazione come condizionamento sociale  processo top-down: processo verticale in cui la società plasma l’individuo. Potrebbero esserci dei problemi in questo trasferimento di valori che causano delle “patologie” (criminalità ecc.) a quegli individui che non riescono ad interiorizzare i valori di una società 2. Socializzazione come interazione  idea di socializzazione come apprendimento sociale che permette l’interiorizzazione del messaggio che porta al cambiamento sociale. Il rapporto di potere esiste, ma c’è una forte capacità dell’attore di identificare e negoziare i valori. Come si diventa effettivamente membri di una società? Gli studiosi Linton e Kardiner avanzarono l’ipotesi dell’esistenza di una “personalità base” per ogni individuo, formata dalla sua progressiva incorporazione dei valori, atteggiamenti e modelli di comportamento della società di appartenenza: personalità-tipo frutto delle esperienze culturali. Secondo Zucker, l’istituzionalizzazione è un processo che garantisce la persistenza e la conservazione culturale indipendentemente dall’interiorizzazione o dal controllo sociale diretto attraverso sanzioni. Infatti, il patrimonio sociale di conoscenza, istituzionalizzato, fa parte della realtà oggettiva e può essere trasmesso in quanto tale. Può esserci un grado diverso di istituzionalizzazione: sono più istituzionalizzati gli atti riferibili ad attori sociali che hanno un ruolo specifico nella società, al contrario di quelli che hanno un’influenza di tipo personale che hanno un basso livello di oggettivazione e di esteriorità, quindi, un basso grado di istituzionalizzazione. In molti casi l’istituzionalizzazione non basta e si rende necessaria un’opera di giustificazione e di validazione delle forme culturali: la legittimazione designa questo processo di giustificazione e di spiegazione: è una sort di oggettivazione di secondo grado del significato. La legittimazione esplica un’integrazione a livello orizzontale: si tratta di dare un senso globale alle istituzioni parziali. La legittimazione ha un aspetto: - Cognitivo  spiega l’ordine istituzionale: dà validità cognitiva ai significati oggettivati - Valutativo  lo giustifica e dà dignità normativa ai suoi imperativi pratici. Fu Weber ad introdurre il concetto di legittimità nelle scienze sociali affermando che è proprio la legittimità quel processo che garantisce il rafforzamento, la stabilità e la permanenza di un ordinamento. Permette il passaggio da un ordinamento mantenuto sulla base di motivi razionali a un ordinamento di obbligatorietà. La massima integrazione avviene con gli universi simbolici che creano un ordine significativo in cui ogni fenomeno trova una sua collocazione. PROCESSI DI GLOBALIZZAZIONE CULTURALE La cultura si rinnova a ritmi sempre più veloci nella società moderna e alcuni sottosistemi si trasformano più velocemente di altri, come i valori morali. Il cambiamento culturale è legato a molteplici interpretazioni: - Sviluppo endogeno  all’interno dello stesso sistema culturale. Ci sono due esempi che lo spiegano: 1. La legge dei tre stadi di Comte = propone per la prima volta un modello evolutivo. Secondo Comte il pensiero umano si evolve seguendo tre fasi: quella teologica, metafisica e positiva. Questo indica un processo di cambiamento interno alla cultura occidentale. 2. Processo di disincantamento religioso di Weber = eliminazione degli elementi magici e l’affermarsi del potere della ragione. Inizia con l’affermarsi del monoteismo nel mondo religioso giuridico cristiano - Fattori esogeni  dovuto a fattori esterni alla cultura (economia, politica ecc.). molto importanti l’analisi di Marx sulla trasformazione dell’ideologia della borghesia nascente e quella di Merton sul ruolo del protestantesimo nello sviluppo della scienza moderna. Due esempi: 1. Affermarsi del processo di civilizzazione secondo Elias  in una sua opera, Elias, evidenzia come il processo di crescente monopolizzazione del potere favorisca cambiamenti importanti nei costumi e nella normativa sociale. La diffusione delle “buone maniere” dalle corti, c’è stato un forte cambiamento culturale nelle società di quel tempo. 2. Diffusione di valori postmaterialisti secondo Inglehart secondo Inglehart, i fattori economici agirebbero sulla gerarchia individuale dei bisogni: solo quando i bisogni primari della sopravvivenza e della sicurezza sono stati soddisfatti, possono farsi avanti quelli legati alla cultura, riconoscimento e all’autorealizzazione Tra i fattori di cambiamento culturale, si sente sempre di più parlare della GLOBALIZZAZIONE che indica tutti quei processi con una comune origine nel progresso tecnologico nel campo delle comunicazioni e dei trasporti. La globalizzazione segna l’avvento di un mondo sempre più interdipendente e interconnesso. La globalizzazione investe l’ambito economico, con la crescita delle imprese multinazionali, l’ambito politico con l’affermazione di istituzione transnazionali, ma anche l’ambito delle relazioni sociali e della cultura che sembrano, però, più incerti e sfuggenti. Lo sviluppo della globalizzazione è dato dalla maggiore e continua diffusione di un’industria di mercato e di prodotti culturali sempre più interconnesso e lo sviluppo dei media, delle tecnologie e dei mezzi di trasporto. Alcuni aspetti di questo cambiamento sono: · La dimensione globale del rischio ambientale  la sempre più rapida circolazione di informazioni, grazie ai media, ha diffuso la consapevolezza dell’impatto dell’uomo sulla natura. Il pubblico è sempre più interessato a problematiche come quella del riscaldamento globale, degli animali in via d’estinzione ecc. con la formazione di movimenti ecologisti e di difesa dell’ambiente che utilizzano come mezzo di diffusione la comunicazione attraverso i media digitali. · Il disancoramento dal territorio di relazioni sociali e culturali  queto aspetto sottolinea il fatto che i prodotti culturali sono trasmessi a grandi distanze dai contesti della loro produzione, sia spazialmente che temporalmente. Un fenomeno di questo tipo è quello delle comunità o quasi comunità virtuali che si formano a partire da un interesse comune e non sono legati con i confini nazionali. · Cultura globale e culture locali  con lo sviluppo delle tecnologie sofisticate dei mass media, l’ampliamento dei contatti tra le culture accelera sempre di più. La globalizzazione ha portato a due estremi: 1. Omologazione  costruzione di una cultura integrata sovranazionale accentuando unilateralmente la dimensione tecnica industriale della globalizzazione 2. Frammentazione culturale  l’emergere di tante culture locali, ognuna con la propria identità. Sono due aspetti che coesistono in quanto da una parte ci sono paesi che si omologano (l’americanizzazione, ad esempio, con la diffusione dei Fast Food) e dall’altra c’è l’esaltazione della propria specificità culturale (ad esempio, il km 0, e il cibo dei Fast food che cambia a seconda del paese). Ma non si possono contrapporre troppo locale e globale: innanzitutto perché i media non sono gli unici mezzi di trasmissione culturale, ci sono ancora l’interazione quotidiana faccia a faccia e la conversazione interpersonale, tipiche della vita locale. In secondo luogo, perché globale e locale si intrecciano in forme e modi molto diversificati. Ad esempio, con l’ampliamento del numero dei consumatori delle industrie culturali transnazionali, questi vengono rielaborati combinando, ad esempio, gli elementi stilistici di diversi tipi di musica, creando una musica transculturale senza far riferimento ad un preciso gruppo etnico, costituita dall’ibridazione di diversi gruppi culturali. La globalizzazione è un fenomeno presente fin dall’antichità, diffuso dai diversi flussi migratori che hanno messo in relazione le culture degli immigrati e quelle delle società riceventi. Gli antropologi adottano il termine di “acculturazione” per descrivere una situazione in cui una delle società coinvolte nel contatto è più potente dell’altra; come avveniva nei paesi colonizzati, in cui il colonizzatore imponeva la sua cultura a quella indigena. L’adattamento può avvenire anche senza costrizione, attraverso l’adattamento ai fini di sopravvivenza rispetto ad una realtà in mutamento. Si sta affermando a livello globale un fenomeno di contaminazione culturale su larga scala. Cap. 4 La differenziazione culturale nelle società moderne La differenziazione è il processo attraverso il quale le parti di una società acquisiscono nel tempo proprietà distinte, sulla base di caratteri rilevanti. All’interno di una stessa esperienza di vita possiamo adottare stili di consumo differenti, in base a parametri differenti (ad esempio, quando cambia il nostro reddito, cambia anche il nostro modo di consumo). La differenziazione sociale è intesa come un aumento di complessità, quindi, le società semplici, lineari, immutabili sono meno differenziate. La differenziazione può essere di due tipi: verticale: aumento di ricchezza verso l’alto, e orizzontale, e le società industriali complesse ci consentono di capire come queste differenze siano connesse. La differenziazione viene definita anche “pluralismo culturale”, ed è una ricchezza delle società industrializzate. Queste società sono caratterizzate da un’estrema mobilità geografica. Anche le reti digitali hanno consentito una elevata mobilità dell’informazione. Il pluralismo culturale, quindi, deriva da una società in cui gli individui non sono più statici, ma possono assumere posizioni e ruoli diversi nella società. Il pluralismo culturale consiste nella coesistenza di diversi sistemi simbolici, scarsamente correlati tra loro. C’è una pluralità tra valori diversi e contraddittori. Al pluralismo si associa una libertà di scelta. Con la società industriale, la società diventa sempre più mobile e instabile. Gellner sostiene che sono soprattutto le società preindustriali a creare differenziazioni culturali orizzontali. Nelle società industriali vengono, invece, rafforzate le linee divisorie tra nazioni. Quindi, afferma che la differenziazione era più forte nelle società antiche quando c’era l’aristocrazia, la plebe e afferma che con la modernità si è formata una omologazione culturale e dice che oggi le differenziazioni culturali sono molto più lievi. A questo si contrappone l’approccio marxista  afferma come il capitalismo abbia portato ad una maggiore differenziazione sociale e culturale Con il nazionalismo, che vede l’imposizione generale di una cultura superiore a una società in cui in precedenza culture inferiori dominavano la vita della maggioranza, ciò che ha creato l’idea di - L’esistenza di un certo numero di sogetti in posizione sociale simile e con problemi di adattamento affini - Lo stabilirsi di forme di interazione tra tali soggetti - L’esistenza di una discrepanza tra la situazione dei soggetti considerati e la totalità del sistema sociale. La subcultura contiene quindi elementi materiali e immateriali come norme, valori, simboli, credenze, stili di vita ecc. Conoscere le subculture è utili per conoscere i gruppi di consumatori. Le subculture non sono immutabili: ciò che prima veniva considerato subcultura, con il mutamento della società e dei suoi valori, può diventare parte della cultura mainstream. FENOMENO CRITICAL MASS  gruppi di persone in bicicletta che occupano le strade dove circolano le macchine. Fenomeno che nasce nelle grandi metropoli. É una pedalata urbana in città, che sfrutta la forza della massa per invadere le strade delle città e rivendicare una mobilità più sostenibile in bici, per rivendicare valori ecologisti. Nasce nei primi anni ’90 negli Stati Uniti, San Francisco, arriva in Italia a Milano. Si danno appuntamento la sera una volta alla settimana per invadere le strade. Caratteristiche di questa subcultura: ▪ non hanno un leader ▪ sono un gruppo informale senza regole; ▪ condivisione di una serie di valori, linguaggio e forte legame sociale. La scuola di Birmingham, negli anni ’70, si occuperà di studiare le subculture giovanili. • Mette insieme intellettuali nel Center for Contemporary Cultural Studies che studia i processi culturali adottando l’idea neomarxiana e di Gramsci ma in maniera diversa rispetto agli studiosi della scuola di Francoforte. Raymond Williams  dice che è importante le Condizioni Materiali che influenzano la cultura: società  cultura: la società influenza la cultura (idea marxiana). Williams mette in evidenza 2 aspetti 1. La cultura dominante è l’espressione della classe sociale dominante, però 2. La cultura può fornire le Armi della critica per cambiare la società e per liberare l’uomo dalle sue catene. Non è solo il sapere formalizzato ma è la cultura che può fornire queste armi  riprende l’idea dell’egemonia culturale di Gramsci per influire sul senso comune ed entrare nelle menti delle persone. Williams studia la classe operaia inglese: in cui i figli degli operai continuano a fare gli operai, infatti la cultura operaia in Inghilterra è molto forte. Ci dice che la cultura è una concezione di stare al mondo: i diversi gruppi sociali esprimono diversi modi di stare nel mondo, diversi stili di vita. Spesso la working class si oppone alla cultura dominante. La struttura socioeconomica influenza la cultura. Nell’influenzare la cultura, la struttura socioeconomica produce una sovrastruttura che porta ad accettare gli operai ad accettare la cultura dominante ma non completamente. Stuart Hall assieme a Williams, iniziano a studiare le Sub-Culture  frammentazione della cultura: pezzi della cultura generale. Può voler intendere anche la cultura di una classe subalterna. Questi studiosi saranno tra i primi a parlare di queste sub-culture, se ne erano occupati anche precedentemente gli studiosi della scuola di Chicago ma credevano fosse una cultura deviante e criminale riseptto a quella dominante. Ma questi studiosi ci dicono che la subcultura è un modo diverso di stare al mondo; notano che i figli degli operai degli anni 50 sono con un piede nella cultura borghese e con l’altro nella cultura operaia tradizionale: nascono nel periodo del boom economico e boom di nascite dopo la 2° guerra mondiale. Sono persone che da una parte sono orgogliosi della loro appartenenza alla classe operaia opponendosi ai figli di papa, ma allo stesso tempo non vogliono avere lo stesso destino dei genitori, aspirano alla vita dei borghesi ma senza le stesse possibilità dando vita ad una nuova subcultura introducendo nuovi modi di fare, vestirsi, farsi i capelli ecc. come i punk, gli emo ecc. che non hanno le stesse possibilità dei borghesi di vestirsi e quindi inventano un nuovo modo anti convenzionale di vestirsi, pettinarsi , parlare e diventano dei marcatori sociali: modi di fare punk in contrapposizione con i modi di fare borghese: forma di resistenza. Idea di trovare una strada al benessere diversa. Per gli studiosi della scuola di Birmingham la cultura è uno strumento rivoluzionario che indica stili di vita diversi che possono modificare la società capitalista: forte potenziale anticapitalista. Che hanno portato a stile di vita e di moda diversi. Cultura come “A whole way of life”. I Cultural Studies, mettono in evidenza la capacità creativa di queste diverse subculture. · Stuart Hall segue le orme di Williams studiano e riconoscono la cultura popolare, nonostante facciano parte della cultura borghese, perché sono l’esempio vivente dell’incrocio delle diverse culture in quanto originari della classe popolare: sono entrambi figli di operai. Provengono dalla classe popolare ma riescono ad essere docenti universitari entrando a far parte della media borghesia inglese senza rigettare il loro passato popolare. Evidenziano come si possano reinterpretare le culture e dare vite a subculture prevalenti: che esprimono una forma di resistenza. · Hall e Jefferson sottolineano che la subcultura è una soluzione di compromesso tra l’esigenza di essere autonomi e differenti dai genitori, quindi dalla cultura familiare, e quella di mantenere l’identificazione con questi e il loro sostegno. HEDIGE Analizza le subculture inglesi anni ’50-’70. Afferma che “gli oggetti sono portatori di significato in quanto esprimono lo stile delle culture” Analizza I Punk da un punto di vista politico=anarchici. • Vogliono distinguersi dall’eterogeneità di massa • Vengono da situazioni familiari difficili, o con un vissuto personale legato alle droghe. • Vivono di performance, ma anche di criminalità, furti, spaccio. (caratteristiche di devianza). Faddy Boys  Un’altra subcultura studiata da quest’università. ▪ subcultura che nasce. Londra fine anni ’40. ▪ Forte legame con la musica, il rock adì roll. ▪ Generazione del secondo dopoguerra, inquieta. ▪ Stile estetico ispirato ai dandy primi 900. ▪ Ribelli Altre subculture giovanili da menzionare: subcultura hip hop nata nelle comunità afroamericane e latine dei sobborghi di New York; prima metà anni ’70; caratteri distintivi  specifico stile di musica rap; una danza acrobatica break dance; i graffiti writing. I pantaloni larghi portati con il cavallo molto basso, scarpe da ginnastica. Subcultura trap anni duemila. È una deviazione dell’hip hop  nata negli ambienti degli spacciatori americani; non esiste nessuna via di uscita da questa situazione di frustrazione. Piattaforme come Youtube favoriscono invece un orientamento fortemente individualistico. Subcultura hipster formata dai giovani bianchi, appartenenti al ceto medio alto, residenti in aree urbane “gentrificate” (quartieri che trasformati da popolari a residenziali). Il nome hipster deriva dal movimento degli anni ’40 di appassionati del jazz  be bop. Esibiscono un atteggiamento snob, un particolare modo di vestirsi e di presentarsi; ideali anticonformisti. Le subculture sono un’espressione della vita urbana contemporanea. Studi hanno chiamato le molteplici subculture, “culture urbane” interesse aperto nell’ultimo decennio. CULTURA ALTA, CULTURA POPOLARE, CULTURA DI MASSA Un altro approccio della sociologia alla società industriale è stato quello di distinguere la cultura alta, la cultura di massa e la cultura popolare. • Dibattito che comincia negli anni Venti con l’arrivo del cinema e della radio. • Anche con il fascismo e il suo uso propagandistico dei nuovi mass media • Negli anni ’50 si afferma una propria industria della cultura, volta alla produzione e al consumo di massa. Questa distinzione tra cultura di élite e cultura popolare nasce dalla netta separazione tra società del passato e la società attuale. • Nella società preindustriale a una cultura alta, identificata soprattutto nell’arte, si affianca una cultura costituita da costui e tradizioni locali della vita quotidiana. • Il passaggio alla società industriale con la creazione di una produzione industriale di massa, produrrebbe degli effetti negativi sulla cultura popolare subisce una metamorfosi totale: passività, sottomissione alla logica del consumo, la standardizzazione e a superficialità. CULTURA DI MASSA  è la cultura popolare che è prodotta dalle tecniche industriali di massa e che è venduta al fine di ottenere un profitto pubblico di massa dei consumatori. Ha un carattere descrittivo e valutativo: - da un lato descrive le caratteristiche che la cultura assume quando emerge un “nuovo ordine della società” - dall’altro la considera negativamente come cultura degradata rispetto ad un modello ideale di “cultura elevata” propria dei ceti intellettuali. Si possono notare molte somiglianze tra la nozione di cultura di massa e quella di “semi cultura” proposta dalla scuola di Francoforte. · Gruppo di intellettuali che si riuniscono attorno alla scuola di Francoforte, consolidatosi nel 1923: intellettuali di matrice sociologica e filosofica: studiosi con una formazione Marxiana Si inizia a parlare di fruizione, in base alla subcultura delle persone. A proposito di fruizione possiamo riprendere gli studi che ci dicono che i messaggi vengono fruiti da un consumatore che ha un proprio mondo di riferimento: le ricezioni e reinterpretazioni sono diversi in base al sapere e agli interessi della persona che riceve il messaggio. Ricerca sulla serie tv “Dallas”, prodotto culturale di massa, è stato reinterpretato in maniera diversa in base alla religione dei diversi paesi: ebrei marocchini dicevano che era una serie tv sulla famiglia, avevano concentrato la loro attenzione alla famiglia. Gli ebrei russi hanno visto una critica del capitalismo (paese più individualista), negli stati uniti vedevano Dallas solo come un prodotto di intrattenimento. CI SONO DUE POSIZIONI IN QUESTO DIBATTITO: 1. Posizione di coloro che dicono che i prodotti culturali hanno messaggi forti e sono i consumatori, i fruitori che accettano passivamente i significati del prodotto (che sia un film, una canzone ecc.). gli studiosi mettono in evidenza ad esempio, un mucchio d’oro, le persone lo possono interpretare in maniera diversa 2. Posizione secondo la quale i consumatori sono liberi di dare la loro interpretazioni mentre sono i prodotti culturali ad essere deboli: es. un film non ha alcun significato ed è il pubblico a interpretarlo. Posizioni che dipendono dal passato degli individui. Si possono trovare due posizioni mediane: 1- Fiske che dice che esiste la produzione di massa, il capitalismo impone, ma per sopravvivere da un minimo di scelta, da diversi prodotti; quindi, in realtà il consumatore mette insieme i diversi prodotti e li reinterpreta: parla di supermercato culturale: gli ingredienti sono imposti ma siamo noi a metterli insieme diversamente a modo nostro con la nostra creatività. Non siamo totalmente liberi ma ci sono già dei prodotti stabiliti. 2- Umberto Eco dice che qualsiasi testo, in quanto tale, si rivolge ad un lettore tipo in base al genere. Il testo risente di ciò che pensa l’autore ma il lettore può dargli significati che vanno al di là di quello del lettore, filtra l’interpretazione e la reinterpreta a modo suo, sempre in base alla sua appartenenza ecc. Se vado su Facebook, il singolo consumatore utilizzerà e reinterpreterà i messaggi di Facebook in parte in maniera soggettiva ma sempre vincolato dalle imposizioni che attribuisce Facebook. FRUIZIONE Processo attraverso il quale gli individui reinterpretano il messaggio parzialmente in maniera soggettiva basandosi sul loro passato e sull’interpretazione che dà l’autore originario. C’è poi l’idea di una cultura di massa che presuppone una netta distinzione tra cultura alta e cultura popolare, non risponde all’esigenza dei ricercatori di analizzare i reciproci e persistenti rapporti tra cultura alta e cultura popolare. Tra questi vi erano gruppi di persone che fungevano da intermediari, persone semi istruite che mettevano in comunicazione la cultura dotta e quella popolare. Bourdieu dice che la cultura alta, quella ufficiale e quella tipica dell’alta borghesia, è una cultura con un perimetro costruito socialmente che porta a costruire barriere rispetto al resto della società che vive esperienze diverse. La cultura alta viene stabilita dalla classe con più potere, che la afferma come cultura dominante e ufficiale. Quindi c’è un rapporto di potere, di egemonia come direbbe Gramsci. Non è la pratica in sé ad essere superiore, ma dipende da chi la pratica. Ad esempio, Shakespeare prima era un autore popolare, letto dal popolo ma poi farà parte della cultura alta. Oppure il Jazz era un tipo di musica ascoltato dagli schiavi, così come il Blues, ma oggi è un genere per persone raffinate di classe. Questo avviene perché, le classi alte, per mantenere la loro reputazione alta, creano barriere praticando delle attività per l’élite. È un processo anche di imitazione che va dal basso verso l’alto, ma può avvenire anche il contrario. Un tempo il ceto popolare non riusciva a conseguire neppure il diploma e a maggior ragione quasi nessuno andava all’università, quindi c’era una barriera nei confronti del ceto borghese che invece aveva accesso alle università. Ma col tempo, il ceto popolare prende cose dalla cultura borghese e le rielabora, o viceversa. Esistono i mediatori culturali che fanno conoscere la cultura dal basso all’alto e dal basso all’alto: ad esempio, i cantastorie, persone del ceto popolare con un’educazione scarsa, ma che avevano accesso alla corte: prendevano le vicende di corte e le raccontavano poi al popolo, con un linguaggio più semplice per essere compresi. I mediatori culturali, quindi, permettono alle culture di conoscerne altre, che siano più basse o più alte. Oggi da una parte c’è l’appiattimento della cultura: come, ad esempio, l’università di oggi non è più come quella di un tempo. Ma allo stesso tempo, c’è stato un miglioramento, ad esempio, con la lingua: la democrazia moderna ha permesso a tutti gli italiani di parlare italiano e non i loro dialetti. I mediatori possono essere i Mass Media, i meticciati che si muovono da una cultura all’altra. Quindi, possiamo dire che la cultura alta e la cultura popolare cambiano nel tempo e ciò che sembra tipico di una cultura alta può diventare gradualmente patrimonio della cultura popolare e viceversa. I nuovi studi sulla cultura popolare, non solo hanno criticato l’uso del concetto di massa, ma ne hanno messo in luce i rapporti reciproci e le trasformazioni nei due sensi. Cultura documentata  insieme dei prodotti culturali che costituiscono una forma della cultura: cinema, radio, letteratura, musica ecc. KARL MARX – Classe e Coscienza di classe Le società complesse sono caratterizzate da una struttura sistematiche di disuguaglianze economiche e sociali. Queste disuguaglianze, nella società moderna, assumono il termine di classi. Nelle società tradizionali, invece, si fanno delle distinzioni sulla base di caratteristiche come il genere o la razza: · Il sistema delle caste in India  la società distingue i vari ceppi sociali gerarchicamente ordinandoli in inferiori e superiori. I ranghi sociali si definiscono su base religiosa definendoli gerarchicamente come puri/impuri. · Sistema dei ceti negli stati feudali, non è altro che una gerarchia che si basa sul valore del sangue Queste strutture tradizionali avevano una caratteristica comune: poiché le disuguaglianze tra le persone erano immodificabili, si sono sviluppati ampi e sofisticati sistemi di legittimazione religiosa dell’ordine e della gerarchia sociale, quest’ordine religioso comincia a sgretolarsi con l’industrializzazione e il capitalismo  emergono nuovi valori, in particolare, tutti gli esseri umani sono uguali: valore dell’uguaglianza. Questi nuovi ideali, valori si manifestano grazie anche a molte dottrine filosofiche. In particolare, Marx e il suo studio sulle classi sociali al centro della sua opera. Lui non parla mai di classi sociali direttamente. Le classi sociali hanno un fondamento, secondo Marx, eminentemente economico, in quanto dipendono dalle forme di proprietà e di controllo che caratterizzano le relazioni di produzione. Marx parla di due classi principali nella società capitalista: 1. La borghesia  i proprietari 2. Il proletariato  la forza lavoro. Sono i motori dello sviluppo storico in quanto, sarebbe grazie alla loro lotta e la loro vittoria che avverrebbe la sparizione della divisione per classi. Fa una distinzione tra: · Classe in sé  indica la collocazione oggettiva delle persone all’interno dei rapporti di produzione · Classe per sé  fa riferimento alla dimensione soggettiva, ossia alla presa di coscienza degli individui di appartenere a una comunità e di avere interessi e finalità comuni. Solo il passaggio dalla classe in sé alla classe per sé avrebbe costituito l’attore sociale in senso proprio, ovvero, una identità collettiva capace di mobilitare le proprie risorse per il raggiungimento delle proprie finalità. Marx nell’opera “18 Blu Majo” affronta il tema delle classi sociali e dice che la struttura socioeconomica è più complessa e non ci sono solo borghesi e operai: ci sono anche i contadini, i contadini autonomi, impiegati ecc. per Marx le vere classi sono gli industriali e gli operai che lavorano tutti nello stesso luogo. Nota come le industrie diventano sempre più grandi e pensano che la classe operaia si possa opporre perché, al contrario dei contadini, nella società capitalista gli operai comunicano e lavorano tutti nello stesso luogo e possono organizzarsi in quanto sono sia classe in sé che per sé. Possono produrre una intelligenza comune che possa formare una struttura sociale migliore di quella capitalistica. Nota come la classe operaia possa essere classe in sé perché possono sviluppare una identità collettiva. I contadini invece sono più individualisti perché sono legati al loro pezzo di terra e tutti i contadini erano separati tra loro e non si potevano organizzare. l’idea di lotta di classe si può ottenere solo se la classe in sé diventa classe per sé. Nella prefazione di “Per la critica dell’economia politica”, Marx parla di: · Struttura  la forza lavoro, quindi l’economia, che determina la: · Sovrastruttura  un riflesso dei rapporti economici sottostanti. Le classi sociali sottostanti, per Marx, riprodurrebbero una coscienza dominante della società, non ne svilupperebbero una r-propria. Esiste un rapporto tra “essere sociale” e la coscienza: la vita materiale influenza la coscienza sociale. È attraverso la pratica del lavoro che la coscienza può emergere a livello di classe. Ci sono due meccanismi particolarmente importanti: 1. L’omogeneità intera di una classe L’industrializzazione del cibo permette la rottura di queste gerarchie culinarie tra classi: la classe media si espande e i suoi “segreti” culinari vengono rivelati. · Ricerche di Bernstein sulle classi sociali e l’uso del linguaggio anni ’70  trattano del rapporto tra ordini simbolici e struttura sociale. Nel mondo attuale il sistema di classe ha influenzato la distribuzione sociale della conoscenza. Solo una piccola parte della popolazione arriva fino al livello dei metalinguaggi. La gran massa della popolazione è stata socializzata solo nelle operazioni legate al contesto. Ciò comporta due ordini: uno di tipo universalistico e l’altro particolaristico. Attraverso la socializzazione i bambini di classe operaia acquisiscono un codice ristretto che realizza significati dipendenti dal contesto. I figli di classe assumono un codice elaborato che al contrario del primo si basa su ruoli industrializzati, su significati espliciti e indipendenti dal contesto. Pierre Bourdieu è uno dei sociologi più importanti del 900. Innova l’analisi di Marx da cui è influenzato, anche da Durkheim da cui riprende l’idea di classe e riprende anche diversi spetti di Weber come la multidimensionalità. Riprende anche Karl Mannheim. Bourdieu dice che la sociologia non studia individui o gruppi sociali, ma studia RELAZIONI SOCIALI. Il suo approccio è un approccio relazionale, vuole evitare l’errore della reificazione: l’idea di scambiare i fenomeni sociali in cose, e ci parla, quindi, di relazioni. Ad esempio, l’operaio è tale perché si distingue dal borghese e viceversa: le loro identità sono date dalle differenze l’uno con l’altro. Il suo approccio è detto anche post-strutturalista, costruttivista: per dire che vuole applicare un approccio non completamente strutturalista né costruttivista - Vuole evitare lo strutturalismo: idea secondo cui la società è una struttura che influenza il modo di agire e pensare degli individui - Ma anche l’approccio costruttivista, secondo cui la società è una costruzione umana dovuta dalle loro interazioni. Il suo approccio tiene conto della dialettica tra individuo e società. Società come un insieme di relazioni tra AGENTI (attori sociali) che agiscono in base alle abitudini. Allo stesso tempo può avere momenti di riflessività. Agenti che interagiscono tra di loro che danno vita a relazioni sociali, e la società è il frutto della relazione tra la storia incorporata degli agenti, che incorporano la storia della loro famiglia: interiorizzano la tradizione dell’ambiente famigliare, e il modo in cui la storia si oggettiva nelle istituzioni e diventa esterna agli agenti. La società, secondo Bourdieu, si distingue in vari tipi di campi. Usa il concetto di campo perché immagina la società come un insieme di reti in cui ogni agente ha la sua posizione, ruolo. L’idea di campo si fa all’idea del campo magnetico basato su elementi in relazione tra di loro che si influenzano tra di loro. Così è la società e ogni campo ha delle regole di gioco e delle poste in gioco. Ad esempio, nell’ambito accademico la posta in gioco è il conseguimento della laurea, e per fare ciò, dobbiamo rispettare una serie di regole. Questo campo è un campo con una sua posta, i suoi agenti e anche il conflitto. All’interno del campo chi ha la posizione più avvantaggiata stabilisce le regole. Per capire come funzionano i fenomeni sociali, dobbiamo prima capire il campo di cui fa parte. Gli agenti agiscono: - In base alle loro risorse - In base alle loro disposizioni mentali: abitudini, modi di pensare, di essere e di agire che Bourdieu li racchiude nell’ambito dell’Habitus. Saper giocare significa imparare il senso pratico di quel campo. È un sapere pratico che si sviluppa nel tempo, altrimenti rimaniamo periferici. I nostri modi di pensare possono non essere adatti all’acquisizione delle poste in gioco, e così devo capire l’habitus e come funziona il campo: le relazioni. C’è un rapporto dialettico tra campo e habitus  devo modificare il mio habitus per allinearmi all’habitus del campo. L’habitus delle persone che agiscono in un campo può essere influenzato dal campo. Gli agenti, allo stesso tempo, impongono il loro habitus nel campo che modifica le proprie regole per adattarsi all’habitus delle persone. Ad esempio, nell’ambito musicale, la posta in gioca è vendere, fare concerti, avere successo ecc. Se il campo musicale di una società vedesse nuovi agenti che invadono quel campo è possibile che il campo musicale possa cambiare: cambiano regole, gusti ecc. Il campo è l’insieme di modelli di comportamenti che seguiamo: insieme di istituzioni. Bourdieu analizza, quindi, la storia incorporata degli agenti e la storia oggettivata delle istituzioni. I fatti sociali sono relazioni - Da un lato sono istituzioni esterne agli individui: campo - Dall’altra sono interne agli individui: fatto dall’interiorizzazione di queste strutture Bourdieu parla di incorporazione delle strutture sociali ed esprime un’idea della socializzazione che è un condizionamento, vicino all’idea di condizionamento di Parsons, ma è lontano dal suo concetto. Per Bourdieu la cultura è qualcosa di pratico, è incorporato a noi stessi: modo in cui mi vesto, parlo, agisco ecc. il mio modo di fare concreto, che si basa sulla mia storia culturale. L’habitus è il frutto di questa incorporazione. Bourdieu sviluppa l’analisi marxiana e dice che i modi di pensare degli individui risentono delle loro condizioni materiali in cui vivono. Bourdieu spiega come questo condizionamento operi e si possa modificare. HABITUS  dal latino che vuol dire “avere” o “abito”. Non è una cosa esterna, abbellimento, ma è un principio di fondo che caratterizza ogni individuo, che da coerenza ai nostri atteggiamenti e disposizioni nei confronti del mondo e degli altri. Nella nostra vita, quando interiorizziamo valori, norme e credenze partendo dalle tradizioni familiari, formiamo questi schemi forti che ci permettono di interpretare e di agire nella realtà. È un sistema durevole. Da quando siamo piccoli impariamo una serie di cose, cosa ci piace e no, cosa è giusto e no: sia in modo consapevole che inconsapevole. - MODO DI FARE + AZIONE È struttura sociale strutturata che si apprende nel mio corpo e configura il mio IO. Ma è anche struttura strutturante, che ci permette di agire. L’habitus è individuale ma, gli individui che vivono in un certo ambiente sociale simile, possono avere habitus simili ma comunque differenti e questa differenziazione può portare al conflitto perché siamo convinti che il nostromo habitus è quello giusto e universale. L’habitus si può cambiare  quando entro in un altro campo, il mio habitus si adatta a quel contesto e mi da un modo di fare e di essere adatto a quell’ambiente, diventa flessibile e si può addirittura cambiare in relazione ad agenti con habitus diversi. Da una parte, Bourdieu, ci parla del condizionamento mentale e sociale del nostro habitus, e allo stesso tempo ci dice che si può modificare. L’habitus deriva da un insieme di regolarità oggettiva, che dipende dalla posizione sociale in cui si trova un soggetto e quindi, dalla sua collocazione nel sistema di relazioni sociali. Isteresi dell’habitus  irrigidimento dell’habitus: lotta dell’individuo che agisce con una mentalità “vecchia”. Secondo Bourdieu, esempio, una persona nasce in una famiglia medio borghese, con certi modi di fare e di pensare, e fin da piccoli imparano, osservando, gli stessi modi di fare e pensare della propria famiglia e questo influenza il modo in cui si pone nella società e la socializzazione. Diversi habitus portano a criticare le persone che non condividono il loro, porta al conflitto. Parla spesso di SPAZIO SOCIALE insieme di relazioni, di conflitto e cooperazione, tra diversi campi sociali. Segna delle differenze relazionali. Ad esempio, non esiste la buona cucina e la cattiva cucina, ma la cattiva cucina è definita così da chi ha un habitus con una cucina più elaborata. Bourdieu fa una serie di indagini e nel 1979 pubblica “la critica sociale del gusto” = da un lato elabora le statistiche ufficiali sull’alimentazione e sui consumi dei francesi, dall’altra fa un questionario a Parigi e Lille. Arriva a costruire consumi e stili di vita dei francesi notando come questi risentono della stratificazione sociale. Bourdieu fa un’intervista a diverse persone e in base alle loro risposte analizza le relazioni tra le variabili. Colloca le diverse risposte in base alle loro posizioni nella società: spazio sociale. Analizza uno spazio sociale che può essere diviso in due capitali: - capitale economico  denota il livello di risorse materiali - capitale culturale  costituito dal grado di istruzione e di conoscenze personali acquisite nell’ambito scolastico, ma anche le conoscenze e le competenze acquisite nell’ambito familiare. divide la società in quattro parti - in alto: alto capitale economico - in basso: basso capitale economico - A sinistra alto capitale culturale - a destra basso capitale culturale. Mostra come nella classe medio-alta si possono individuare 3 diverse frazioni di classe 1. Industriali  più capitale economico che culturale 2. professionisti  via di mezzo 3. intellettuali  più capitale culturale che economico nota che in base alla composizione tra capitale economico e culturale si possono individuare le diverse classi. Partendo da qui analizza poi hobby e altri modi di fare ed essere. Bourdieu in questo studio ci mostra che la cultura è incorporata nel soggetto e il nostro habitus influenzano i nostri modi di fare ed essere. Ad esempio, il cameriere del bar lo riconosciamo subito e lo distinguiamo da quello del ristorante: chi ha sviluppato un modo di essere da cameriere non lo fa come un attore ma adotta un modo di quante generazioni ci siano state nella società: idea di dividere la società in base all’età e vedere come si è evoluta la società. Mannheim dice che i positivisti individuano un passaggio da una società all’altra di 20 anni. Dice che questa concezione è errata perché è statica: non si deve basare solo sul dato biologico. 2. Concezione romantica della generazione  ha il pregio di non quantificare, ma di ragionare su concezioni. Dice che ogni generazione ha uno spirito: quasi un’entità metafisica che accomuna un gruppo di persone. Rimane il problema, secondo Mannheim, dell’entità metafisica. Mannheim dice che dobbiamo tenere conto del fatto che le generazioni sono un insieme di individui che condividono lo stesso modo di pensare e fa la distinzione tra - Tempo sociale  come una società organizza oggettivamente il tempo. - Tempo interiore  come viviamo il tempo. Le persone della stessa generazione possono condividerlo Mannheim dice che per comprendere una generazione bisogna comprendere tre concetti, e dice che la collocazione generazionale è qualcosa di più generale del legame generazionale che è più generale dell’unità generazionale. 1. Collocazione generazionale  per comprendere la generazione, dobbiamo individuare il dato biologico, ma non solo. Quelli nati nello stesso periodo hanno una collocazione generazionale perché potenzialmente sono esposti agli stessi eventi, ad esempio, noi giovani viviamo alla nostra età la pandemia. Non vuol dire gruppo ma è una potenzialità. Ci sono eventi storici, sociali o culturali che ci segnano in un modo particolare, rispetto ad altre persone. Coloro che hanno la stessa collocazione generazionale possono avere lo stesso 2. Legame generazionale  persone che possono prendere o non prendere posizioni attive rispetto ad un evento. Quelli che prendono parte attiva, danno vita ad un legame generazionale: affrontano il problema, diversamente da coloro che vivono gli eventi passivamente e non creano un legame con quelli della loro generazione. All’interno di un legame generazionale possiamo avere una 3. Unità generazionale  persone con la stessa concezione del mondo. Steso modo di pensare. Per definire una generazione, quindi, dobbiamo fare riferimento a questi tre concetti, e si riferisce a persone con esperienze vissute simili. Le generazioni non hanno necessariamente lo stesso stile di vita. Le generazioni possono cambiare atteggiamento nel tempo, c’è un cambiamento culturale generale. Generazione ribelle di fine anni ’50  generazione caratterizzata da una particolare ostilità rispetto al sistema sociale. Non potevano rientrare nella categoria “subcultura”. Merton propone uno schema di interpretazione delle subculture. Le subculture devianti si collocherebbero tra gli “innovatori”: accettano il successo economico come valore ma scelgono strade devianti per raggiungerlo. Il problema della fase di ribellione consisteva, invece, nell’opposizione alle stesse mete culturali dominanti. Culture beat e industria culturale  agli inizi degli anni ’70 all’ondata ribelle si sostituisce una generazione nuove: propone propri modelli culturali basati su valori pacifisti, sul rifiuto della violenza e della competizione e del successo. La cultura beat sii diffonde in tutti i paesi capitalisti: l’industria culturale si impossessa subito di questa e la divulga diffondendola attraverso riviste rivolte ad un pubblico di giovani cercando di renderle universali. Generazione del 68  con la fine degli anni 70 nasce una nuova generazione che dà vita a movimenti politici radicali che sorgono prima nelle università, però poi si diffonde nel resto delle scuole per poi coinvolgere parte del mondo operaio. Generazione che va contro le gerarchie sociali e le ipocrisie presenti nella famiglia e nel mondo adulto. Portatrice di valori universali. Moratoria psicosociale  tesi di Erikson sulla gioventù: organizzata socialmente come fase a sé assestante. Periodo storico di “moratoria sociale”: una sorta di intervallo e di situazione di attesa in cui all’individuo è consentita una vasta esplorazione sociale libera da obblighi specifici. La gioventù viene vista come uno stadio in cui si possono sperimentare ruoli, stili di vita, senza che vengano richiesti impegni precisi. La gioventù rappresenta quella fase di ambiguità tipica della società attuale in cui si è disorientati, non si sa come muoversi, e permette il passaggio dall’infanzia alla vita adulta Gioventù = crisi d’identità  la fase della gioventù è vista come una casa di attesa e di esplorazione privato di punti di riferimento, a cui possono reagire opponendo una “identità negativa” cercando di essere tutto quello che la società dice loro di non essere. CULTURA E IDENTITA’ CULTURALE L’identità di un individuo dipende dalle diverse appartenenze sociali diffuse nella società moderna, legate alla classe sociale, al genere, all’età ecc. che parlano molto spesso di un linguaggio identitario. Ciò avviene per due ragioni: 1. La prima dipende dal fatto che l’identità personale è sempre anche sociale. Nella nostra vita quotidiana ci consideriamo membri i numerosi gruppi che possono anche essere molto diversi tra loro. Io, individuo, posso essere simultaneamente cittadino italiano, musicista, di religione cattolica. Ognuno di questi gruppi contribuisce a conferisci una specifica identità: nessuno di questi può essere considerato la nostra categoria. 2. Una seconda ragione che spiega lo stretto rapporto tra apparenze e identità, afferma che l’identità non riguarda solo gli individui, ma anche interi gruppi sociali he accentuano la propria differenza rispetto ad altri gruppi e favoriscono il sentimento di appartenenza dei singoli. Quando interi gruppi sociali e soggetti collettivi fondano il proprio riconoscimento e quello altrui sulla base delle proprie specificità di tipo culturale, allora si parla di identità culturale. Il termine “identità culturale” è, dunque, utilizzato per rendere conto delle diversità che nascono non dal genere e nemmeno da altri aspetti ascritti (come l’età), ma dal sentimento d’origine comune che occupa un determinato territorio e condivide una lingua e storia distinte. La nuova importanza assunta dalle differenze etnoculturali nel cuore dei paesi sviluppati dipende da due processi: 1. I grandi flussi migratori verso i paesi più sviluppati economicamente. Favorita dalla globalizzazione, l’immigrazione oggi coinvolge tutti i continenti. Nei casi in cui la diversità culturale nasce dai fenomeni migratori, si parla di paesi “polietnici”. Paesi come gli Stati Uniti, che sono stati i primi a sperimentare il fenomeno dell’immigrazione; si aspettavano un’assimilazione di norme, valori, linguaggio della propria cultura. Questo modello di assimilazione verrà abbandonato per lasciare spazio agli immigrati di conservare gli aspetti della propria cultura di origine, al fine di preservare la propria specificità culturale. 2. Il secondo processo riguarda le “minoranze culturali”  comunità all’interno di un determinato stato che si caratterizzano per usi linguistici e religiosi differenti dalla maggioranza. Sono gruppi con una storia alle spalle di assorbimento, attraverso la conquista e le colonizzazioni. Queste diversità sono spesso centro di potenziali conflitti. Per descrivere entrambi i tipi di diversità culturale (immigrazione e minoranze culturali) si usa l’espressione “società multiculturale” o “multietnica”. L’identificazione etnica può apparire, per determinate situazioni di emarginazione, il principale punto di riferimento per il proprio senso di appartenenza. CULTURA GENERE E CORPO Verso la fine degli anni 80 il corpo diventa uno degli ambiti di interesse delle scienze sociali. I comportamenti, la fisiologia dei corpi, sono l’esito di un insieme di processi attraverso i quali ciascuna società agisce sui corpi, costruendoli. Si parla di processi che contengono rappresentazioni sociali del corpo quasi sempre implicite, costruite e diffuse da attori sociali specializzati, che li trasformano negli unici modelli possibili e dotati di senso dagli attori, c’è una pervasiva zione sociale e culturale di indirizzamento verso certe pratiche di gestione del corpo. (fitness, cosmetici, chirurgia estetica ecc.) · BERGER E LUCKMANN  credono che gli esseri umani siano spinti per natura biologica a trovare soddisfazione sessuale e a cercare cibo, ma lasciato a sé, l’essere umano non è in grado di esitare l’attrazione sessuale e finirebbe per mangiare cibo che lo ucciderà. I processi sociali, e quindi la realtà sociale, determinano il funzionamento dei corpi e i suoi significati. · Modelli funzionalisti  in analogia con la biologia che parla del funzionamento dell’organismo grazie alle parti del corpo, ognuna necessaria per il funzionamento di questo. Allo stesso modo, le scienze sociali, intendono individuare la funzione che la cultura svolge nello stabilire e mantenere il sistema sociale. Idea di funzione della cultura: da una parte intesa come la capacità di soddisfare i bisogni fondamentali degli individui membri del gruppo; dall’altra si pensa che tale funzione si raggiunga, non attraverso il soddisfacimento dei bisogni individuali ma attraverso la conversazione della struttura sociale complessiva. I simboli sono indispensabili per il mantenimento dell’ordine sociale. Parsons segue la prospettiva teorica del funzionalismo, ma con il termine “struttural- funzionalismo” e cerca di stabilire una congruenza tra il sistema dei valori e la struttura sociale. Merton intende il termine “funzione” facendo una distinzione tra funzione manifesta e latente. Egli osserva che se l’effetto di un rituale non viene raggiunto, non significa che il rito non abbia prodotto alcun effetto, ma le sue funzioni possono essere latenti, ossia avere conseguenze oggettive non intenzionalmente volute, né ammesse (ad esempio, la danza della pioggia non produce pioggia ma la sua funzione latente è quella di riscaldare l’unità del gruppo) Obiezioni al modello funzionalista  trascura il significato che le azioni hanno per il soggetto: il soggetto semplicemente, assorbe passivamente la cultura del determinato contesto storico. · Modelli causalisti  insieme di teorie che hanno in comune l’idea che la cultura sia direttamente causata da processi che sfuggono alla coscienza degli individui che aderiscono a quella cultura. Queste cause possono essere di tipo psichico, economico, sociale o biologico. Pareto crede che la cultura non sia il prodotto della società, ma della psicologia individuale. Per lui gli uomini sono caratterizzati da stati affettivi, impulsivi e sentimentali che chiama “residui di natura psicologica”, vede gli individui come animali sociali. Questi residui producono credenze e valori: cultura come insieme di derivazioni: razionalizzazione a posteriori. Marx e Durkheim teorizzano che vi sia una relazione causale tra l’ordine sociale e l’ordine concettuale. Il “programma forte” della sociologia della conoscenza, sostiene che anche le conquiste delle scienze naturali non appartengono a un mondo puro delle idee, ma fanno parte della cultura e possono essere ricondotte nelle dimensioni sociali. Questo programma sostiene che gli stessi contenuti e le stesse procedure della scienza, siano condizionate da fattori sociali. Anni ’70  approccio della “produzione di cultura” sostiene la tesi che siano gli aspetti istituzionali e organizzativi a condizionare il contenuto dei prodotti culturali. Tra i fattori sociali vengono considerate le “catene decisionali” in base alle quali si arriva al prodotto finito. I prodotti culturali sono il risultato di conseguenze non intenzionali dell’attività produttiva: la cultura emerge dalla somma di tanti comportamenti organizzativi e si presenta come una sorta di “repertorio” di elementi scarsamente integrati. · Modelli strumentali  Il soggetto dell’azione è pensato come un individuo attivo che persegue consapevolmente i propri scopi. Il modello privilegia il calcolo strumentale. Le norme emergono come effetto di scelte razionali la cultura rappresenta la combinazione di tante scelte individuali. Le norme emergono per soddisfare alcune esigenze dell’attore sociale l’attore sociale aderisce ad una certa norma secondo un proprio INTERESSE. · Modelli interazionisti  Essi non danno la priorità al calcolo strumentalista MA il punto centrale riguarda l’interazione comunicativa tra individui impiegati in attività o pratiche situate a diversi livelli di complessità. Le norme sociali emergono dalla ripetizione di soluzioni a problemi ricorrenti di cui si è fatta esperienza nel passato. La cultura secondo questo modello si configura come un fondo di conoscenze condiviso intersoggettivamente. Come mette in luce l’interazionismo simbolico, possono esserci casi in cui gli individui possono avere interpretazioni contrastanti. In questo caso gli attori sociali devono negoziare una definizione della situazione su cui accordarsi. · Modelli strutturalisti  riguarda la cosiddetta “linguistica strutturale” ovvero l’analisi della struttura interna del linguaggio inteso come un sistema formale, una combinazione non aleatoria di segni. Levi-Strauss ritrova alla sua base la predisposizione generale della mente umana a pensare e a classificare le cose in termini di opposizioni binarie. Lo strutturalismo ha influenzato molti pensatori tra cui coloro che si considerano neo- strutturalisti = influenzati anche dall’idea marxista verso lo studio sul collegamento tra ordine del discoro e rapporti di potere nella società. In Francia si sviluppa la scuola marxista-strutturalista, che cerca di dimostrare che le “formazioni sociali”, come i sistemi fonetici, sono combinazioni strutturate di tratti distintivi. Questi diversi approcci sono utilizzati per studiare i sistemi culturali specifici. L’IDEOLOGIA COME SISTEMA CULTURALE Concetto che nasce quando nel XIX secolo le religioni cristiane in occidente entrano in competizione con altre fonti di legittimazione che pretendono si formare la vita su sistemi di idee e valori secolari. L’ideologia è un concetto secondo la quale la cultura rimanda ai rapporti di potere economici, politici e simbolici. Da un lato c’è il LINGUAGGIO che esercita un potere si di noi e ci porta a sottolineare alcuni elementi rispetto ad altri. Le società contemporanee sono fortemente differenziate: ci sono classi che hanno più potere rispetto ad altre. Chi ha il potere di governare e organizzare la società ha il compito di legittimare un ordine sociale. Ad esempio, secondo Weber il capitalismo non si sarebbe soffermato solo con la forza ma doveva avere dei valori condivisi da tutti, e qui entra in gioco l’ideologia. Bisogna tenere a freno il dubbio per avere opinioni diverse. Antoine DeStrutt De Tracy aveva l’idea di ideologia come studio delle idee: scienza della produzione delle idee. Ma daranno a questa definizione un’accezione negativa. Tra l’800 e il 900 si sofferma in maniera più concreta. Toynbee, storico inglese, ha definito il nazionalismo, liberalismo e comunismo. Parla delle ideologie post-cristiane che hanno laicizzato la religione e sono sostituti della religione in declino. Per Toynbee nella società moderna la religione viene sostituita da sapere più laici. Si pongono il problema di come legittimizzare queste istituzioni in quanto non poteva più essere legittimata dalla religione: cristianesimo dava senso a tutta la realtà: infatti il Papa aveva un forte potere e c’era uno scontro ideologico tra imperatore (visione più laica) e il Papa (visione religiosa). L’università nasce proprio da questo scontro. Quando nell’800 la borghesia inizia a prendere potere nasce questo problema. Quindi l’ideologia è: · Un sistema con un buon grado di coerenza interna · dà legittimità ai rapporti di potere in un gruppo sociale o società. · è prodotta dagli intellettuali che hanno più potere e per legittimare le classi dominanti producono un’ideologia che si diffonde anche nelle altre classi sociali. · Col tempo nascono anche delle contro ideologie che si basano su un insieme di valori e norme che puntavano alla visione scientifica: in quanto non c’è più la religione: ideologie come il nazionalismo, nazismo: idea del più forte che deve vincere, i manifesti nazisti dicono che esiste scientificamente la razza: gli intellettuali vanno alla ricerca della giustificazione scientificamente. Idea di ideologia non va confuso con l’idea di cultura. Nesso tra concetto di “potere” e “ideologia”  Il potere è un concetto chiave della sociologia e indica la capacità da parte di un individuo o di un gruppo di far valere i propri desideri e interessi anche di fronte alla resistenza altrui. Il potere è spesso accompagnato dalla violenza ma è anche accompagnato dallo sviluppo di idee che giustificano l’azione di chi lo detiene. Si ricorre perciò alla “legittimità”, concetto usato da Max Weber che sostiene che un potere diventa legittimo quando è capace di far accettare le proprie decisioni come ben fondate. L’ideologia = giustificazione del potere. Lhumann e la funzione di legittimazione svolta dall’ideologia  Egli la chiama “legittimazione ponderata”, per sottolineare che l’ideologia stabilisce una graduatoria tra i valori, delimitando così le conseguenze dell’azione che meritano di essere prese in considerazione e neutralizzando tutte le altre conseguenze. L’ideologia stabilisce un ordine integrando valori contraddittori (in chiesa si prega), e riduce la complessità del processo decisionale. Luhmann dice che le ideologie costituiscono la condizione dell’azione sociale. Ideologie e religioni politiche  Esempi opposti come il comunismo e il nazionalsocialismo, mantennero nella storia, caratteri mitico-religiosi che hanno spinto alcuni studiosi a parlare di “religioni-politiche” • la legittimazione in questo caso avrebbe l’effetto di “risacralizzare” il potere politico: “chiusura della politica su sé stessa”. • il nazionalsocialismo sulla base della teoria Etno-razziale di Volk, le tribù nordiche come le conquistatrici più potenti del loro secolo; veniva fondata la superiorità razziale del popolo tedesco: si affianca quella di una anti-razza, inferiore e maledetta. • Ideologia totalizzante ricostruita come “unità di senso” e interpretata come prodotto di una condizione di vita collettiva. Ma secondo lui è sbagliato pensare all’ideologia come errore psicologico. Mannheim dice che tutti gli individui hanno una visione implicita del mondo, tuttavia qualsiasi individuo agisce nella realtà in funzione della propria visione implicita che deriva dalla classe sociale di cui fanno parte: visione implicita che ci portano a comportarci in un certo modo: questa è ideologia per Mannheim: ognuno di noi ha una visione diversa del mondo in base alla propria collocazione sociale. L’ideologia fa parte del mondo e ce ne sono diverse: quella dominante deriva dalla classe dominante alla quale si contrappone un’ideologia di una classe in ascesa. Mannheim non parla solo di ideologia ma parla anche di generazioni: generazioni diverse fanno esperienze diverse e quindi hanno visioni e idee diverse rispetto al mondo: weltanschauung diversi. Quindi non è una distorsione del pensiero che va smascherata, come pensavano gli illuministi MA secondo Mannheim ci sono Weltanschauung diversi e impliciti e se si affermano si esplicitano e diventano ideologie dominanti: si chiede perché l’Europa stava diventando tutta nazista si domandava sulle ideologie dominanti. Idea controversa dell’intellettuale: persona neutrale che si distacca dagli interessi materiali e sono la sintesi: tuttavia non è la sintesi perfetta infatti ne esistono diversi di intellettuali: fortemente criticato. Società differenziata in gruppi sociali: ognuno con una visione implicita diverse (Weltanschauung) nello scontro le classi dominanti modificano la loro visione implicita che possa accontentare tutti ma che comunque rimanga legata alle loro idea. C’è una lotta sull’egemonia: sull’affermazione delle proprie idee. Si passa da un’ideologia di paradigma (ideologia che ci orientano che seguiamo in base alle nostre visioni implicite) a un’ideologia di sistema (ufficiale) quando la classe dominante soffermerà la propria ideologia sistema e diventerà quella dominante: ideologia filtrata in base alle classi sociali, quindi riformulano l’ideologia dominante in base alle loro idee implicite. Per fare questo passaggio una classe sociale deve avere delle risorse per potersi soffermare. Mannheim mette in evidenza come le diverse prospettive sul mondo che dipendono dall’appartenenza sociale non è posta sullo stesso piano, ma chi ha l’ideologia dominante ha più potere. Usa gli strumenti sociali come modo per svelare tutto ciò: attraverso una ricerca empirica e individua tre livelli o strati di significato: · significato obbiettivo; l’identificazione di un’azione · significato espressivo l’intenzione soggettiva dell’attore sociale. · significato documentario; connettere i singoli significati tra di loro e metterli in relazione con il principio dominante. Crede anche che gli intellettuali siano un gruppo specifico che hanno strumenti che gli permettono di rilevare le weltanschauung e analizzarle. In questa opera Mannheim dice che la ideologia ha una funzione conservatrice approvata dalle classi dominanti: chi condivide una ideologia ne è immersa e non offre alternative e quando l’ideologia dominante funziona, anche le altre classi tendono a aderirvi. Gruppi sociali diversi, weltanschauung diversi. Mannheim dice anche che l’ideologia dominante ha anche degli avversari che vogliono contrastare il potere economico politico e sociale di quella dominante. Sono classi in ascesa che cercano di andare contro alla weltanschauung dominante. Parla anche di utopia: usata dalla classe dominante per screditare le altre ideologie. La classe dominante crede talmente tanto alla propria visione che le altre sembrano eresia. L’utopia per Mannheim è una visione che può realizzarsi non è totalmente impossibile. Huxley dice che: “La dittatura perfetta avrà la sembianza di una democrazia, una prigione senza muri nella quale i prigionieri non sogneranno mai di fuggire. Un sistema di schiavitù dove grazie al consumo e al divertimento, gli schiavi ameranno la loro schiavitù.” Ci troviamo nel periodo in cui si diffonde il neoliberalismo: più si afferma il mercato meglio è e più si privatizzano le istituzioni e meglio è. Il neoliberismo esalta i diritti del consumatore, in contrasto con quelli del lavoratore, per esaltare l’impresa: per aumentare il profitto ha peggiorato le condizioni del lavoratore per migliorare quelle del consumatore e dell’impresa. L’ideologia tende a soffocare il dissenso: quando si sofferma una ideologia si assolutizza, non dà spazio ad altre ideologie. Infatti, Mannheim dice che accanto all’ideologia c’è l’utopia: una Weltanschauung che apre nuovi orizzonti. Ricoeur, filosofo del 900, ci dice che l’utopia è importante perché può contrastare l’ideologia: ma può assumere diverse forme: una sana e una patologica. Può essere il punto di vista per una nuova realtà(sana) oppure può essere evasione e fuga dalla realtà; secondo Ricoeur è una forma malata trovare una via di fuga nel divertimento, nella lussuria in quanto non si va contro l’ideologia che si vuole contrastare, al contrario è come se si stesse seguendo e questa per Ricoeur è un’utopia non realizzata. Se l’utopia si realizzasse però, non è più evasione e può essere una contro ideologia in quanto si concretizza e propone un cambiamento. Secondo Ricoeur L’essere umano vive in un mondo in cui Ideologia-Utopia è un circolo dal quale non possono mai uscire. Non esiste un unico modo di vita né un modo di vita totalitario. Affinché ci sono i rapporti di potere, le ideologie ci saranno sempre e sono importanti in quanto ci permettono di avere un’identità. Possiamo sconfiggere l’ideologia dominante solamente con l’utopia ma se non ho l’utopia devo accettare l’ideologia dominante. Eduardo Galeano ci dice che l’utopia sta all’orizzonte, mi avvicino di due passi e si allontana di due passi, ne faccio 10 e si allontana ancora di altri 10 passi, continuo a camminare ma non la raggiungo mai. Quindi l’utopia ci permette di camminare in avanti, ci permette di agire e di andare avanti. Ideologia e utopia forgiano la nostra identità. Secondo Geertz l’ideologia è una metafora che mobilita attori collettiva: modo di rappresentare la realtà attraverso un’immagine che mi riporta ad altro. Molti studiosi neo-marxiani riprendo l’idea di Geertz e la rielaborano richiamandosi a Gramsci. 5. GRAMSCI , fondatore del partito comunista: uno dei più studiati nei paesi anglosassoni. Gramsci è uno studioso marxista e dice che la cultura riprende i rapporti socioeconomici ma l’aspetto culturale è anche importante perché plasma la realtà. Muore in seguito ad essere incarcerato dai fascisti. In carcere riesce a scrivere su quaderni parlando del suo pensiero, andando a memoria senza nessun testo di riferimento. 33 quaderni raccolti in 6 volumi tra cui 1 quaderno che tratta dell’IDEOLOGIA ed è il primo a parlare di EGEMONIA: una classe mantiene il potere e lo mantiene non solo attraverso la forza economica, politica. Gramsci studia la storia italiana ed europea e dice che in qualsiasi epoca una classe si afferma solo se ha egemonia: se sa produrre senso comune, fa sì che gli altri accettino e ritengano buono e giusto il loro pensiero. Riuscì a fare un’analisi sul capitalismo: si tiene perché i capitalisti sono riusciti a creare classi medie che condividono quel pensiero e sono riusciti a schiacciare le altre classi. Nota anche il legame con Croce, e dice che se è vero che una classe per prendere potere ha bisogna di fare egemonia, deve avvalersi di Intellettuali. L’essere umano è contemporaneamente homo Faber: produttore di cose: tramite il lavoro si realizza e quando all’uomo viene tolto il lavoro si aliena: ciò succede quando gli uomini vengono trasformati in strumenti e non possono più realizzarsi; annientando la natura umana ma non viene annientato del tutto perché l’uomo è anche homo sapiens: è un essere intelligente che dà senso alla realtà. Il capitalismo ha diviso il corpo e la mente: ha diviso le persone che lavorano manualmente e gli intellettuali, politici ecc. Perché gli uomini non si ribellano? Perché c’è l’ideologia che si fa senso comune: se vivo in una società in cui si crede che più si guadagna e meglio è, in cui il profitto è legittimo ed è il fine ultimo non mi ribello a questo sistema, mi va bene e mi pongo come strumento di produzione. Gramsci dice gli operai prima producono, vengono pagati e quello che producono viene venduto ad un prezzo maggiore che va nelle tasche dell’imprenditore: ed è come se gli operai non avessero niente in quanto il loro prodotto va nelle tasche di qualcun altro. Il capitalismo secondo Gramsci funziona perché riesce a trasformare il senso del profitto in senso comune. Gramsci dice che il SENSO COMUNE contiene da una parte elementi dell’ideologia dominante, ma non solo è fatto anche da religione, folklore, tradizioni, valori ed altri elementi: queste ultime sono vecchie visioni delle classi dominanti del passato che ora non ci sono più. Gramsci quando analizza i contadini degli anni 30 dice: da una parte gli è stata inculcata che il padrone ha ragione e che la società si basa sul continuo accumulo del denaro, d’altra parte quando non sa qualcosa si rivolge a qualcuno che ne sa di più: si rivolge al prete di campagna: mediatore intellettuale tradizionale: modo che rende difficile che la classe operaia crei una contro ideologia. Ma al contrario di Mannheim non crede che ci sia solo un tipo di intellettuale: dice che esistono: 1. intellettuali tradizionali: che hanno una posizione agiata che rappresentano un passato feudatario che non sono però l’imprenditore ecc, ma formano il senso comune di quel piccolo paesino. 2. Poi ci sono gli intellettuali organici al capitale: addetti al marketing, giornalisti, economisti che dicono come fare impresa, intellettuali che sostengono l’idea capitalista. Gli intellettuali organici sono quelli che definiscono le finanze, le industrie ecc. 3. Ma secondo Gramsci bisogna creare una nuova classe di intellettuali organici di operai e contadini che contrastano gli intellettuali organici capitalisti, per questo Gramsci crede in un partito di intellettuali che sostengono la visione di contadini ed operai (comunismo) capace di intrecciare l’ideologia dominante capitalista con il vero senso di vita degli operai e dei contadini: per fare EGEMONIA. Parla di blocchi sociali: insieme di idee e gruppi sociali. Gli operai e contadini si devono unire in una nuova visione alternativa. Questo blocco sociale per Gramsci è il partito: un insieme di idee, questo è il nuovo gruppo di intellettuali organici. Gramsci ci fa vedere come il conflitto sociale si alimenti con il conflitto ideologico. 2. Identità sociale attuale  o identità personale è quella che mostriamo nel privato; quando non siamo soggetti al giudizio pubblico, nelle nostre mura domestiche che rappresenta il nostro sé essenziale, ciò che siamo veramente. Goffman inquadra lo stigma come il punto di frattura tra l’identità che la società si aspetta e un’identità attuale che non è accettata: completamente deviante. Lo stigma emerge quando la frattura tra le due identità è eccessiva e insanabile: quando l’interpretazione dell’identità del ruolo non è convincente, provocando sentimenti di vergogna e imbarazzo e deteriorando l’interazione sociale. Nel senso comune rientrano anche quelle modalità pragmatiche e contestuali dell’attribuzione di significato: i “rituali” del saluto, ad esempio. SENSO COMUNE PER LA SCUOLA FRANCESE  Durkheim dice che l’organizzazione sociale forma e rappresentazioni collettive: categorie della mente che ci fanno classificare la realtà, permettono l’organizzazione sociale e nasce per la combinazione di idee. Secondo i francesi la conoscenza non ha un’origine empirica legata alle percezioni naturali ed identica nei singoli individui, e si allontanano anche dalla visione kantiana (ragion pura e categorie a priori). La scuola francese afferma che la conoscenza si basa sull’interpretazione e i rapporti sociali: epoche diverse, modi di pensare diversi. Sostengono che siamo vincolati da categorie sociali e non solo da norme e valori. Per Durkheim è necessario un conformismo logico e morale. Afferma che la società e la conoscenza siano legate. Noi ci basiamo su categorie di conoscenza precise e tipiche della nostra società, ad esempio, giudichiamo gli indiani che fanno la danza della pioggia. L’idea che la razionalità si basi sull’analisi di cause ed effetti, rappresenta un prodotto storico- sociale sviluppatosi con Bacone nel 600, e gli studiosi della scuola francese evidenziano l’importanza di questi costrutti sociali. MEMORIA COLLETTIVA  Insieme dei quadri di pensiero, delle rappresentazioni dello spazio e del tempo, dei modi di classificare il mondo. Maurice Halbwachs (scuola francese) dice che la memoria individuale è fortemente influenzata dalla memoria collettiva di una società, che segna la nostra interpretazione di una società. Nelle società individualiste è più difficile che la memoria collettiva si soffermi, ma, nonostante ciò, è comunque presente. (ad esempio, la pandemia). La memoria di ciascun individuo è interamente una costruzione sociale: è il punto di intersezione di più flussi collettivi di memoria. L’idea di Halbwachs è che la memoria operi attraverso la ricostruzione e selezione del passato in funzione del presente. Ricordo  qualcosa di soggettivo e di estremamente individuale, ha a che fare con il campo semantico dei sentimenti. Implica una sorta di filtro: fa sì che alcune esperienze del passato rimangano nel tempo. A differenza della memoria è più individuale e affettivo. La memoria è strutturalmente selettiva: la mente per risparmiare energie cognitive, attua una selezione delle informazioni: non riusciamo ricordare tutto. TEMPO SPAZIO E PERSONA  concezioni che cambiano di società in società. Distinzione tra: - Tempo vissuto  soggettivo ed è influenzato dalle nostre emozioni. - Tempo sociale  influenza il tempo vissuto Anche le forme del pensiero sono prodotti storico-sociali, ad esempio, quello che può essere un pensiero astratto per gli europei può essere concreto per i cinesi, ciò dipende dal sapere condiviso da una società. Peter Berger e Thomas Luckmann in “The Construction of reality” descrivono la realtà come costruzione sociale e indicano la svolta linguistica sociologica. Affermano che la socializzazione si basa sul linguaggio: prodotto e produttore della società. La realtà si costruisce in tre momenti: 1. Esteriorizzazione  gli uomini sono dappertutto perché sono in grado di adattarsi ovunque. Grazie alla cultura ci adattiamo ancora meglio e attribuiamo significati alla realtà e, tramite l’interazione sociale e la comunicazione, creiamo il linguaggio e l’azione, quindi, il senso comune. È il processo di attribuzione di significato quando si forma la cultura. 2. Oggettivazione  tipizzazione, ripetizione e routine fanno sedimentare modelli di comportamento che diventano istituzioni: il senso comune nasce da questo processo di interiorizzazione. 3. Interiorizzazione  soggetto che interpreta soggettivamente. LA RELIGIONE COME SISTEMA CULTURALE Quando le credenze, i valori e i simboli sono integrati in un sistema in cui gli elementi sono connessi gli uni con gli altri si parla di “concezioni del mondo”. Quando un insieme di credenze, valori, simboli riguarda la natura degli esseri sovrumani si parla di religioni.  parlare di religione come sistema culturale significa identificare i suoi tratti distintivi: - La presenza di una struttura di significati espressi in dottrine oppure precetti o in simboli. - Inserisce la realtà e l’individuo in un ordine cosmico sacro - Ha un carattere pubblico acquisito nei processi sociali di apprendimento Dottrine precetti e simboli  Sono preposizioni teoriche elaborate in maniera esplicita come la dottrina Cristiana dell’onnipotenza di Dio. Sono espresse come verità obbligatorie. Le credenze si connettono a norme che danno delle indicazioni pratiche su come comportarsi nella vita: possono essere precetti o norme morali che prescrivono o vietano alcuni comportamenti generali. I simboli rappresentano oggetti o eventi dell’universo religioso: come la croce che è un simbolo della religione cristiana. Ordine cosmico e sacro  la religione connette il microcosmo al macrocosmo, inserendo l’individuo in un ordine universale Carattere pubblico  Il sistema religioso è pubblico: rappresentato da immagini e simboli che vengono acquisiti con l’apprendimento. L’educazione trasmette la storia della religione a un gruppo sociale. L’analisi della religione porta l’individuo a fare una suddivisione dei tipi di religione: · Il tipo primitivo  basato sull’azione creatrice di figure mitiche, umane e non umane. · Il tipo arcaico  basato su esseri mitici e potenti: gli Dei · Il tipo storico  stabilisce la separazione tra naturale e soprannaturale · Il tipo proto-moderno  stabilisce un rapporto diretto tra l’individuo e il soprannaturale · Il tipo moderno  accentua la responsabilità e la ricerca di un codice etico particolare. Max Weber considera le grandi religioni universali. L’immagine del mondo può essere: - Teocentrica  attribuibile alla tradizione occidentale basata sulla condizione di un Dio personale trascendente - Cosmo-centrica  attribuibile alla tradizione orientale, si fonda sulla concezione di un potere divino impersonale immanente. Sono due diversi modi di concepire il rapporto uomo/dio e di conseguenza due diversi modi di ricercare la salvezza: nella tradizione occidentale, l’uomo è visto come strumento di dio. Weber chiama questa concezione “ASCETISMO”. Nella tradizione orientale l’individuo non è concepito come uno strumento, ma come “vaso del divino”, ossia come contenitore della divinità, concezione che Weber chiama “MISTICISMO”. Quest’idea conferisce alle religioni asiatiche un carattere intellettualistico, mentre la tradizione occidentale presenta un’impronta etica verso l’universalismo della grazia. La religione è sempre connessa a Riti  pratiche volte a commemorare la ricorrenza id eventi mitici o di una storia sacra. La sociologia tratta la religione come un fenomeno sociale. L'approccio filosofico sostiene l'autonomia assoluta della religione  la religione non ha altro fondamento che l’esperienza individuale. Le indagini sociologiche mirano a individuare gli aspetti storicamente mutevoli della religione: le spiegazioni causali cercano di rendere conto degli aspetti culturali della religione riportandoli a condizioni sociali antecedenti, le spiegazioni funzionali si rifanno alle conseguenze di questi stessi aspetti per la società o per gli attori sociali. • Merton distingue: Le funzioni manifeste  fanno riferimento alle conseguenze oggettive che contribuiscono all’adattamento del sistema e sono riconosciute e ammesse dai membri del gruppo. Le funzioni latenti riguardano le conseguenze oggettive che non sono né volute né ammesse, ad esempio, la danza della pioggia. Problema di fondo della religione  cerca di dare una risposta all’ incongruenza tra il destino e il merito. Le possibili soluzioni sono rappresentate dalla dottrina della predestinazione, che interpreta il destino umano come conseguenza della volontà di Dio; e la dottrina indiana del KARMAN: lo interpreta come conseguenza di un meccanismo universale di retribuzione delle azioni umane che lega alla dottrina della compensazione delle azioni buone o cattive attraverso un tipo più onorevole o più vergognoso di rinascita. LA RELIGIONE NELLA SOCIETA’ MODERNA  La modernizzazione sottrae alla religione la predominanza che aveva nelle epoche passate, limitandone la sfera di influenza a un ambito specializzato. Ne "la divisione del lavoro sociale”, Durkheim descrive molto bene l’esito di questo Weber mette in primo piano, l’importanza che hanno i fattori culturali che hanno portato alla creazione del capitalismo: analizza l’etica protestante come un fattore culturale che ha influenzato la nascita del capitalismo. Senza l’etica protestante l’agire sociale avrebbe seguito altre strade. Weber cerca di dare una spiegazione all’influenza che quest’etica religiosa ha avuto sull’agire sociale: Identifica due diverse etiche economiche; si tratta dell’etica cattolica e dell’etica protestante: nata con lo scisma della riforma operata da Martin Lutero. Questa riforma porta una rottura tra l’etica cattolica e quella protestante in quanto Weber nota come vi sia una “affinità elettiva” tra l’etica protestante e la concezione della vita professionale laica. Individuazione di meccanismi psicologici specifici che generano un comportamento pratico a partire dalla credenza religiosa calvinista della predestinazione Ne “Le sette protestanti e lo spirito del capitalismo”, Weber sostiene che per l’etica religiosa il guadagno restava qualcosa di ostile e di cui vergognarsi e che poteva al massimo essere tollerato. Dai ceti borghesi cattolici il guadagno era sentito come qualcosa di immorale. Sarà poi Calvino con le sette religiose che si formano a partire dal suo insegnamento, che la rottura con il cattolicesimo si compie definitivamente. Calvino introduce la dottrina della predestinazione. secondo la quale dio ha salvato una parte dell’umanità e condannato alla dannazione eterna l’altra, senza che l’uomo possa modificare la sua situazione. (eletti e dannati). La predestinazione conduceva al fatalismo  bisognava individuare i segni di salvezza, quindi se si era eletti o dannati, in base al successo professionale= in questo modo l’individuo non accetta passivamente il suo destino, ma si attiva un meccanismo sociopsicologico che consentì di dedurre la scelta divina dal successo nel lavoro professionale, onestamente e metodicamente conseguito, in una condotta di vita che Weber chiama “ascesi laica”. Gli effetti della cultura sulla crescita economica: ricerche comparate Weber in “Sociologia della religione” svolge un’analisi comparata delle religioni universali per confermare la sua tesi dell’influenza del protestantesimo sullo sviluppo capitalistico. Mostra come le religioni della tradizione asiatica hanno ostacolato lo sviluppo del razionalismo economico tipico del capitalismo moderno, favorendo invece un’etica economica tradizionalistica: - Mancato sviluppo di una profezia etica: un profeta che emana i comandamenti che gli individui devono seguire per la salvezza - Nelle religioni orientali vi è la presenza di una profezia esemplare: non impone obblighi morali alle masse. Differenze tra etica confuciana e protestantesimo  confucianesimo come maggiore ostacolo alla formazione di un comportamento economico razionale e allo sviluppo di un’economia capitalistica. Il razionalismo confuciano si basa sulle regole del buon comportamento sociale per uomini di mondo colti, l’uomo ideale è il gentiluomo che adempiva ai doveri tramandati. Quest’etica vede un permanere di una religiosità magica che si esprimeva nel culto degli antenati e sulla devozione verso la famiglia. L’etica confuciana vede una solidarietà ristretta in cui la fiducia ha dei limiti. Questi limiti condizionano lo sviluppo economico che va oltre la cerchia ristretta. Fukuyama (1995) distingue tra società familistiche, dove dominano reti sociali ristrette all’ambito familiare e quindi cresce la competizione; e società caratterizzate da livelli di fiducia alti e che non hanno bisogno del supporto statale per le grandi imprese economiche vengono create spontaneamente. Fattori economici e fattori culturali  Inglehart ritiene importanti e complementari i fattori economici e quelli culturali per la variazione economica, fa un’analisi soffermandosi sui fattori culturali: · individua la Motivazione al successo come fattore culturale che influenza la crescita economica. L’ipotesi è dunque che: società diverse tendano a mettere l’accento su valori differenti nell’educare i propri figli e che tali valori siano in relazione con i rispettivi tassi di crescita. · Impiega anche un’analisi multivariata dei dati dove mette a confronto il peso netto che i fattori economici e quelli culturali hanno rispettivamente sullo sviluppo economico. Entrambi sono confermati: individua i valori postmaterialisti (difesa della natura e della vita) che si stanno diffondendo nelle società postmoderne, ma che presentano una correlazione negativa con la crescita economica. Gentrification  arriva dal vocabolario inglese “gentry” che indica la piccola nobiltà anglosassone composta da proprietari terrieri di fine 800. Indica un processo di riqualificazione urbanistica che investe principalmente le aree centrali delle grandi città del pianeta. Glass descrive una trasformazione innanzitutto abitativa quindi contribuendo a modificare la natura sociale del quartiere. È un mutamento all'interno di pressioni democratiche, economiche e politiche. Rappresenta un esempio di cambiamento valoriale e culturale che ha effetti sul comportamento degli individui. Trasformazione dei quartieri grazie a un intenso lavoro di riqualificazione delle abitazioni. Il miglioramento dei quartieri avviene all'insegna di una ritrovata qualità della vita di una maggiore vivibilità dello spazio urbano rispecchia gli orientamenti valoriali dei nuovi abitanti. I valori diventano la bussola per identificare sia gli oggetti di consumo sia le pratiche che li riguardano. Secondo Ley, il motore del cambiamento urbano sarebbero gli esponenti della medio-alta borghesia, portatori di valori alternativi che esaltano gli aspetti emozionali, estetici associati al culto dell’individualità. Idea della gentrification come reazione ai valori tradizionali. Stretta relazione tra gentrification e la creazione dei cosiddetti distretti creativi: musei, gallerie che attirano l’attenzione di una classe creative chic attratta da questa nuova atmosfera. IL RUOLO DEI SIMBOLI NEL CONSUMO E NELLA MODA I comportamenti di consumo sono stati in precedenza al centro degli interessi dell'economia Neoclassica. Il Modello economico neoclassico si basa sull’assunto che il consumatore agisca razionalmente e quindi sia capace di acquisire le informazioni necessarie sulla qualità e sui prezzi dei beni mettendoli a confronto. A un cambiamento dei prezzi il consumatore reagirà modificando i propri consumi. Vi è una sovranità del consumatore. Le preferenze di consumo sono per gli economisti dei dati da cui partire del tutto individuali. La nostra e considerata una società dei consumi materialistica e narcisista. Il consumatore è visto come un soggetto anonimo intorno al quale ruotano marketing e pubblicità. THORSTEIN VEBLEN  primo sociologo dei consumi = attività intesa come un agire sociale. “La teoria della classe agiata”  Libro che Veblen usa per descrivere la società americana e per descrivere i meccanismi di emulazione. Veblen dimostra come il comportamento di consumo degli individui dipenda fortemente dalla struttura economica e culturale della società. Struttura: la massima aspirazione degli individui  REPUTAZIONE e STIMA alla base di cui si trova la ricchezza. Il comportamento di consumo degli individui è fortemente dipendente dalla posizione sociale occupata: la classe con maggiori risorse economiche risultava quella che dimostrava di non aver bisogno di lavorare. CLASSE AGIATA = RUOLO DOMINANTE. Metodo d’indagine sociologica  attinge alla vita quotidiana; Si basa sull'osservazione diretta di cose e fatti familiari; Studia i beni di consumo: la nostra vita quotidiana =indicatore di status. Veblen osserva le piccole cose: fino a quel momento ciò che accadeva nelle mura domestiche non aveva nessun significato sociale, Veblen invece sottolinea questo suo interesse ai fatti familiari. PRIMA DI VEBLEN: Il comportamento del consumatore è razionale; Logica di massimizzazione dell'utile; Valutazione costi/benefici; Sussistenza e soddisfazione personale; CON VEBLEN  L'agire di consumo diventa un segno di distinzione di prestigio sociale; Il consumo indica analogie e differenze di status, posizione sociale e prestigio; Il confronto con Marx  gli fa coincidere le istruzioni con le proprietà e quindi la struttura sociale, mentre Veblen la colloca nella sovrastruttura. Dimensione culturale dei consumi  Veblen nota che la modalità attraverso cui diversi gruppi (la classe agiata) marcano la propria posizione nella gerarchia sociale, è attraverso comportamenti di consumo. La proprietà e la ricchezza diventano ostentazione e competizione punto. L'analisi del prestigio pecuniario si inquadra nell'ambito della stratificazione sociale punto CONCETTO DI CLASSE DI VEBLEN  Intrinsecamente legato a quello di occupazione: punto di vista della società di Veblen  le classi nobili caratterizzate da occupazioni improduttive mentre le classi ignobili da produzioni produttive. 1. Le occupazioni improduttive sono legate a un processo di ricchezza e sono dunque ONORIFICHE. Attività come la caccia, le corse dei cavalli… 2. Le occupazioni produttive, sono DEGRADANTI proprio perché non implicano il senso di ricchezza e quindi contraddistinguono le classi sociali superiori. (Tutto ciò che riguarda lavorare per produrre reddito) sono degradanti perché, nella società del tempo dimostrano di necessitare di lavorare per produrre reddito. Affacciarsi sulla scena sociale dei ceti industriali e borghesi. Meccanismo EMULATIVO che si esplica attraverso forme di consumo vistoso e competitivo.
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