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Sociologia dei processi culturali e comunicativi per secondo parziale, Dispense di Sociologia Dei Processi Culturali

Dispensa integrante slide, appunti e riassunti del libro "innovazione sociale" di Moralli M., parte del libro "confine liquido" di Musarò P., capitolo 5 di "sociologia della cultura" di Griswold e un articolo del professore Musarò "Pandemia, infodemia, fobocrazia"

Tipologia: Dispense

2020/2021

In vendita dal 19/03/2022

Ilariabaiocch
Ilariabaiocch 🇮🇹

4.7

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Scarica Sociologia dei processi culturali e comunicativi per secondo parziale e più Dispense in PDF di Sociologia Dei Processi Culturali solo su Docsity! CAPITOLO 5 GRISWOLD La costruzione culturale dei problemi sociali I problemi sociali e la questione dell’oggettività: la situazione in questione è reale, può essere identificata, oggettivamente misurata e praticamente tutti saranno d'accordo che essa è in effetti un problema una volta che la conoscono.  Esempio malattia sessualmente trasmesse (MST): identificare come malattia che si diffonda attraverso un contatto sessuale. Non c’è alcuna chiara linea di confine che distingue le MST da altre forme di malattie; la linea è il risultato di una decisione sociale. I problemi sociali non sono sempre chiari e semplici. Essi sono costruzioni (Loseke 1999) e come tali sono essi stessi degli oggetti culturali.È solo quando una situazione ha significato per uno specifico gruppo di persone, e questo significato è negativo, che essa può essere definita come un problema sociale.  Loseke chiama “claims-makers” i produttori di questi oggetti culturali: attori significativi legittimati a sollevare problemi socialmente rilevanti. Questi oggetti culturali vengono interpretati dal «pubblico interessato ad essi: se i ricevitori accettando la definizione dei produttori abbiamo una questione sociale, se si mobilitano per agire, abbiamo un movimento sociale.  La costruzione di un’identità collettiva La costruzione di un problema sociale dipende dalla precedente costruzione di un’identità collettiva (un «noi»). Le persone possono facilmente cambiare la propria appartenenza di gruppo, le cause che sostengono, le persone con cui passano il tempo. Con più sforzo, possono cambiare i propri legami religiosi o istituzionali, l'aspetto fisico, l'occupazione, con uno sforzo ancora maggiore, possono cambiare la propria cittadinanza o le proprie caratteristiche sessuali. Il «popolo italiano». Alberto Melucci (1989): ha affermato che le identità collettive non sono una condizione (un dato oggettivo) ma un processo, sono soggette a interpretazione da parte di chi vi si riconosce. Costruzione delle identità collettive e problema del riconoscimento. Per comprendere meglio l'identità collettiva come costruzione piuttosto che come dato oggettivo, consideriamo il caso della razza ed etnia. America: Melting Pot, crogiolo di razze, mentre le differenze etniche e razziali si sarebbero sciolte in un'entità Americana integrata. Fuori dagli Stati Uniti, sebbene il mondo non venisse visto come un grande crogiolo di razze, la teoria della modernizzazione sosteneva l'idea del Villaggio Globale di mcluhan, in cui la tecnologia mediale avrebbe interconnesso tutta l'umanità. Negli anni 60 il quadro sociale mutò drammaticamente: negli Stati Uniti, il movimento dei diritti civili portò la mancata assimilazione degli afroamericani al cuore della coscienza americana. Poco dopo, altri gruppi etnici presero a rivendicare l'orgoglio etnico. La rivendicazione culturale, basata sull'etnia, sulla razza, sulla regione, lingua, è facile che persista per diverse ragioni: - la sua espressione attraverso oggetti culturali e psicologicamente soddisfacente è spesso a basso costo - Questa rivendicazione impegna i leader intellettuali del gruppo etnico o razziale che hanno interesse alla sua perpetuazione.  -I leader politici trovano facile e conveniente appellarsi a sentimenti di appartenenza etnica nella loro caccia al voto  Esempio: delle identità etniche come oggetti culturali. L’etnia è un oggetto culturale con diversi creatori e diversi ricevitori che costruiscono significati differenti. Le appartenenze etniche e razziali sembrano naturali, una questione genetica, ma ancora una volta, i sociologi hanno osservato che entrambe sono costruzioni culturali.  Le espressioni culturali dell'etnicità sono spesso esempi di invenzione della tradizione e non di antichi rituali. L'etnia e la razza sono costrutti artificiali, il prodotto di contingenze storiche. Allo stesso tempo, esse esercitano un’enorme influenza motivazionale, instillando fiere lealtà ed altrettante fiere inimicizie. Gli stati e i gruppi sociali eterogenei sono così obbligati a trovare modi per riconoscere e perfino celebrare la diversità culturale costruendo al contempo una cultura comune, di cui i diversi gruppi etnici o razziali sono subculture.  Il nostro corpo è un oggetto culturale che ha caratteristiche etniche che creatori diversi usano per comunicare con diversi pubblici.  La costruzione dei problemi sociali I fattori che influenzano la costruzione dei problemi sociali sono molteplici. Un punto cruciale è il grado in cui i problemi sociali sono culturalmente costruiti. Nella costruzione di un problema sociale sono attivi interessi molto diversi ed entrano in gioco soluzioni molto diverse. E per ogni problema sociale visto come oggetto culturale esiste un diverso pubblico atteso. Questo ci porta a riflettere sul processo di framing e sul ruolo dei media nella costruzione dei problemi sociali.  La costruzione dei problemi sociali (e il ruolo dei media) La maggior parte di noi è in grado di stilare una lista di problemi sociali urgenti. Le forme che assumono questi problemi sono specifiche di ogni cultura e società.  Tutti riconosciamo che alcuni oggetti culturali servono a focalizzare l’attenzione su problemi sociali.  Creare noie I sistemi culturali trasformano oggetti e eventi in oggetti culturali con significati specifici ad ogni cultura. Il mondo è pieno di eventi paurosi, tragedie private, deprivazioni persistenti e su larga scala. A volte la sofferenza umana che “capita” viene trasformata da mero accadimento in oggetto culturale significativo. Quando si compie questa trasformazione diventa possibile per gli individui cercare soluzioni.  Dal fatto all’evento al problema sociale Innanzitutto consideriamo come i fatti si trasformino in oggetti culturali. La creazione di un oggetto culturale è simile alla creazione di un evento.  Dal fatto, all’evento, al tema (problema sociale) Come i fatti si trasformano in notizie. Come i fatti si trasformano in oggetti culturali. I problemi sociali e le soluzioni proposte tendono ad esprimere un comodo adattamento alle idee e alle istituzioni della società in cui essi si sviluppano. Il problema sociale della guida in stato di ebrezza in USA: la cultura americana sottolinea la colpa individuale. Pertanto una tragedia come un incidente fatale deve avere qualche colpa individuale, imputarlo al sistema non è una soluzione americana. L’ubriachezza è peccaminosa in 2 modi: l’individuo ha preso una cattiva decisione e ha perso la sua capacità di controllare se stesso, il proprio corpo, la propria auto.Ubriaco assassino. Diversa definizione del problema in Nigeria: i nigeriani non delineano gli autisti, i pedoni o le auto come il problema sociale. Per essi il problema è la strada, luogo di pericolo e eccitazione La «gravidanza adolescenziale» in USA: Pochi americani trovano problematica la gravidanza di una donna diciannovenne con un marito che lavora. Tuttavia gli Usa si focalizzano più sul problema della gravidanza adolescenziale che non i bambini poveri o la limitata disponibilità alla contraccezione.   La carriera di un problema sociale Se i problemi culturali sono culturalmente definiti, è ragionevole attendersi che essi aumentino e calino in popolarità nel corso del tempo. Possiamo immaginare un’arena pubblica entro la quale competono diverse situazioni per essere definite e riconosciute come problemi sociali (Hilgartner, Bosk 1988). Una competizione che si realizza su due piani/ forme: 1. Nella definizione o nel «framing» di uno stesso problema (si tratta di un problema di autisti ubriachi o di sovra-utilizzo dell’auto privata?); 2. Nella rilevanza (salienza) nell’attenzione delle istituzioni preposte a intervenire per risolvere/mitigare il problema/ nella cattura dell’attenzione delle istituzioni le cui risorse o capacità di azione sono limitate. I vincitori di questa competizione acquisiscono lo status di problemi sociali ampiamente riconosciuti. saranno possibili, e quelle che non sono state ancora immaginate per come il problema è stato costruito. MEDIA,CONFINI E DIRITTI UMANI Cos’è un confine? Come ne facciamo esperienza? Come cambiano i confini? In che modo attraversiamo i confini o ne siamo attraversati? Come la sua rappresentazione influisce nella costruzione del noi e dell’altro?  Che rapporto esiste tra gestione, fisica e simbolica, dei confini e diritti umani?  Quale idea di confine e di umanità ci offre la copertura mediatica di ciò che avviene lungo i confini?  Quali linguaggi possono essere in grado di sfidare queste rappresentazioni e promuovere nuovi immaginari sociali sul confine e sulla gestione della convivenza interculturale?  Confine e frontiera > confine (border) storicamente rimanda all’idea della spazialità in lineare caratteristica dello stato moderno, una concezione centralizzata del potere politico che presuppone la divisione geometrica del territorio in unità uniche, localizzate, indipendenti e irriducibili… > frontiera (frontier) esprime l’idea di una spazialità politica aperta, un fronte mobile caratterizzato dall’indistinzione. I confini sono:   strumenti calibrati per gestire i passaggi di persone, denaro, oggetti, etc.  luoghi in cui si verificano turbolenze e conflitti legati alle dinamiche capitalistiche globali,  fatti sociali con una dimensione spaziale. I confini assumono diverse forme, e ogni persona, ogni gruppo sociale, ne fa esperienza in modo proprio.  I confini risultano necessari per i processi cognitivi: consentono di stabilire le gerarchie concettuali che organizzano il movimento stesso del pensiero. Il confine come METODO: punto di vista privilegiato sull’insieme dei processi globali …ci sfida a immaginare e praticare una politica del confine, dall’interno dei processi di trasformazione che stanno investendo ed erodendo le categorie e le istituzioni che hanno articolato la politica moderna – dallo stato alla cittadinanza. Pensare contemporaneamente la dimensione interna e la dimensione esterna della politica – inventare nuove forme di convivenza sociale e politica per intervenire efficacemente laddove la violenza del confine si manifesta nel modo più letale e a costruire nuove spazialità politiche come base per l’innovazione democratica nella stessa dimensione locale e nazionale.  I CONFINI NON ESISTONO, EPPURE UCCIDONO.  CHI E PERCHÈ? Si potranno abolire i confini?  Difficile dirlo.  Ma certamente una politica del confine può puntare ad abolirne alcuni, a trasformarne altri da barriere in ponti, e più in generale a fare spazio attorno a essi per la libertà di movimento, per l’incontro e per molteplici attraversamenti.  confine come linea La storia del confine come linea (un’invenzione della modernità europea)  tutt’altro che “formale” ha una funzione costitutiva rispetto allo stato (nonchè al “popolo” che lo abita e alla cittadinanza che ne stabilisce i diritti).  La storia dell’istituto del confine lineare si intreccia con la storia dell’espansione coloniale europea – con la continua apertura di spazi di frontiera (al cui interno la conquista ha assunto spesso la forma del genocidio delle popolazioni native), con la geografia proteiforme del dominio imperiale e infine con i confini tracciati con squadra e matita tra la Conferenza di Berlino del 1884-1885 e l’accordo Sykes-Picot.  Accordo Sykes - Picot L’accordo Sykes-Picot, ufficialmente Accordo sull’Asia Minore, tra i governi del Regno Unito e della Francia, definiva le rispettive sfere di influenza nel Medio Oriente in seguito alla sconfitta dell’Impero Ottomano nella Prima guerra mondiale. I suoi autori erano il colonnello Sir Tatton Benvenuto Mark Sykes, 6th Baronet, viaggiatore, consigliere diplomatico inglese, membro del partito conservatore e Francois Marie Denis Georges Picot, avvocato e diplomatico francese. L’accordo dei ladri coloniali, come fu definito da Lenin, fu rivelato al mondo da Lev Trockij con un articolo sull’“Izvestija” pubblicato il 24 novembre 1917.  I bolscevichi avevano trovato il documento negli archivi dello zar Nicola II subito dopo la rivoluzione e volevano che tutti sapessero quali erano i piani di spartizione dell’Impero Ottomano decisi dalle grandi potenze, o meglio da Gran Bretagna e Francia con il consenso interessato della Russia.  Due anni prima, nel 1915, nel corso di una riunione del Gabinetto di guerra a Londra il diplomatico Mark Sykes aveva pronunciato una frase divenuta storica: Tirare una linea diritta dalla seconda K di Akko alla seconda K di Kirkuk. Ossia da San Giovanni d’Acri a nord di Haifa, oggi Israele, al cuore dell’Iraq.  La dichiarazione Balfour. Il 2 novembre 1917, con la solita ambiguità che caratterizzava la politica imperiale, l’allora ministro degli Esteri britannico Arthur Balfour aveva scritto una lettera ufficiale a Lord Rothschild, principale rappresentante della comunità ebraica inglese, e referente del movimento sionista, con la quale il governo britannico affermava di guardare con favore alla creazione di un focolare ebraico in Palestina. 1948 > Creazione stato di Israele > conflitto israelo-palestinese > 1967 l’aviazione israeliana lanciò un attacco a sorpresa contro l’aviazione egiziana, annientandola quasi completamente a terra. Fu l’inizio della Guerra dei sei giorni tra Israele da una parte ed Egitto, Siria e Giordania dall’altra. Con la sua vittoria Israele si trovò “padrone” di Gerusalemme Est e della Cisgiordania di cui, poco dopo, cominciò la colonizzazione… Londra nel 1921 per premiare l’alleato Hussein sceriffo della Mecca creò per i suoi figli l’Emirato di Transgiordania e il Regno di Iraq, e affidarono al capo beduino Ibn Saud l’immenso territorio che, con il suo nome, sarebbe diventata l’Arabia Saudita. A Damasco l’esercito francese schiacciò i rivoltosi arabi; contro i curdi in Iraq l’aviazione britannica effettuò il lancio di gas tossici caldeggiato dal ministro della difesa Churchill. E così inventarono il Medio Oriente, oggi più devastato di ieri, che vediamo sulle cartine geografiche. Gli abitanti della regione erano visti come pedine. A Londra o Parigi o Mosca si prestava poca attenzione ai movimenti politici laici e islamici con i quali le popolazioni locali cercavano di affrancarsi dal dominio straniero… Ultimatum del presidente americano Bush dopo l’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein: ‘L’America e il mondo tracciarono una linea nella sabbia. Abbiamo dichiarato che l’aggressione contro il Kuwait non sarà tollerata’.  Progetto panarabo: unico stato islamico arabo-sunnita in tutta la regione, senza le frontiere imposte cento anni fa. In un suo discorso del 2012, il leader del movimento terrorista salafita Abu Bakr al-Baghdadi, lanciò la sua sfida-promessa: ‘Avrete uno stato e un califfato dove arabi e non arabi, bianchi e neri, genti dell’Est e dell’Ovest saranno tutti fratelli’.  E con un chiaro riferimento a Sykes-Picot proclamò: 'Lo Stato Islamico non riconosce nè confini fittizi nè altre cittadinanze all’infuori dell’islam’.  Egemonia clinica e politica del paradigma securitario: difendere i propri confini, innalzare barriere di fronte all’ingovernabile, inspessire il proprio scudo protettivo  La tentazione del muro percorre ancora, dopo la stagione terribile dei totalitarismi novecenteschi, l’Occidente: dagli Stati Uniti di Trump all’Ungheria di Orban passando dalla Brexit inglese. Questa tentazione non è solo politica, ma si radica nelle pulsioni primarie dell’umano. L’uomo, infatti, non è solo anelito alla libertà, tensione verso l’aperto, passione per il viaggio, nomadismo, erranza, ma è anche, primariamente, passione per le radici, il suolo, la frontiera.  (M. Recalcati - in “la Repubblica” del 30 novembre 2019) L’umano può mostrare paradossalmente di amare di più le catene della libertà. (Spinoza)  Il simbolo del muro è ritornato protagonista nella vita collettiva. La frontiera tende a militarizzarsi, a perdere la sua funzione di scambio e di comunicazione per irrigidirsi in una identità carapacica. Dopo l’ebbrezza sconsiderata della pulsione neoliberale che ha negato ogni senso del limite dissolvendo l’autorità simbolico-carismatica del padre e con essa ogni sentimento identitario del confine, si assiste oggi a un ritorno prepotente della spinta securitaria della pulsione che pone nella difesa del confine, o, meglio, nel confine stesso, il suo inedito oggetto libidico… Ma il muro può essere solo una raffigurazione patologica del confine perché in esso il confine come luogo poroso (di transito e di scambio), lascia il posto alla barriera segregativa, al porto chiuso.  Sta accadendo nella vita collettiva come in quella individuale.  Affiorano nuove malattie psichiche, soprattutto tra le nuove generazioni, che condividono la caratteristica del ritiro, della introversione libidica, della sconnessione dai legami, del ripiegamento depressivo, della fobia sociale.  “nuove melanconie”: una sofferenza che ha come tratto fondamentale il dominio della pulsione securitaria su quella erotica, della chiusura sull’apertura, della difesa sullo scambio. Una melanconia senza senso di colpa, senza delirio morale, senza autoflagellazione del soggetto sotto i colpi di una legge spietata; una nuova melanconia che suffraga la spinta della vita ad uscire dalla vita, a rifiutare la contaminazione inevitabile e necessaria della vita. Riflessione sul bisogno del confine e della sua difesa: quanto siamo disposti a contrabbandare la nostra felicità in cambio della nostra sicurezza? Per quali ragioni?  La lista Costruzione del confine culturale di un problema sociale che cambiano nel tempo. Esempi: l'isteria e l’ansia La rappresentazione del confine può cambiare: attraversamento del confine e morti (necropolitica).  -Può essere rappresentato in maniera statistica. L'artista turca Cannetoglu ha usato un elenco chiamato united for intercultural action dove incidono i nomi delle persone morte cercando di superare dei confini, stampando l’elenco e affiggendolo nei luoghi pubblici. È soggetta a discussione. Questa stessa lista quando è stata affissa nella biennale di Liverpool è stata imbrattata scrivendo contro i rifugiati.  Elenco delle 34.361 persone morte dal 1993 a oggi mentre cercavano di arrivare in Europa.  Viene aggiornato ogni anno United for intercultural action, un network europeo di organizzazioni antirazziste. Banu Cennetoğlu, artista turca, ha scoperto la lista nel 2002 e da allora ha deciso di impegnarsi per la sua disseminazione.  -Un altro tipo di rappresentazioni possono essere fotografiche: foto bambino morto in spiaggia: foto ripresa in giornali e media. Moto di denuncia e indignazione in seguito alla pubblicazione della foto. Diventata icona perchè: è un bambino,solo, sembra un oggetto portato a terra, bambino bianco vestito all’occidentale, uno di noi non nella dicotomia tra noi e l’altro, il diverso, il nero ma uno di noi. Sembra dormire. Il mediterraneo diventa non solo un luogo geografico ma un immaginario relativo del rapporto tra noi e l’altro.  Bourdieu: potere performativo dell’immagine di enunciare il mondo, di costruirlo, di dargli significato e quindi spingono noi all’azione.  Informare e creare empatia: cosa proviamo di fronte alla rappresentazione?  Il mediterraneo rientra nei muri europei.  Questi muri sono spesso categorie cognitive, interpretazioni che abbiamo a volte in modo inconscio. Il muro è anche un simbolo che riguarda la nostra difesa dei confini. Modi attraverso cui rappresentiamo oggetti, eventi. Migrazione e asilo: fenomeno che si presta moltissimo a distorsioni: gap tra realtà (dati statistici,numeri,...) e la loro percezione, Spesso le leggi si basano più sulle percezioni degli elettori che sulle ricerche e dati statistici (gap tra realtà statistica e la percezione che c’è di questo fenomeno). Spesso il gap dipende dall’orientamento politico delle persone (elettori), dal grado di istruzione, all’area geografica (più a sud che a nord mentre la realtà è il contrario). Quando parliamo di leggi che fa il governo, le leggi sono il risultato delle attitudini dei policy makers, delle loro percezioni, dall’altra parte ci sono media, associazioni, movimenti di protesta,... La brexit è anche frutto di campagne. es Faraj che mostra orde di migranti.  Quali sono i paesi che ospitano il numero più elevato di rifugiati?  La maggior parte tendono a restare vicino casa, in paesi non europei.  Passiamo dall’essere gli angeli, eroi del mare da identificare come coloro che fanno la stessa cosa come taxi del mare: gettare dubbi, discredito su chi fa nel mediterraneo ciò che prima faceva lo stato italiano. Diventano coloro che vanno lì perché hanno interessi.  Codice di condotta imposto alle ONG che impone una serie di controlli, ma poi con l’aiuto dei media il discredito nei confronti di queste ONG diventa accusa.  Con gli accordi con la Libia nel 2017 Vengono a diminuire sbarchi verso l’italia: Stoppare le partenze non aiutare, salvare le vite. Il Medi/terraneo è un confine: non solo luogo geografico, ma immaginario mutevole che contribuisce a influenzare la percezione dell’altro. Il muro Mediterraneo rappresenta simbolicamente una funzione che in realtà non esercita, appare come gli altri muri ‘una performance teatrale e spettacolarizzata del potere, una performance che rispecchia il potere produttivo del confine, ovvero i ruolo strategico che esso gioca come fabrica mundi, la sua capacità di costruire il mondo. Lo spettacolo del confine nel media-mondo. Il potere di costruire il dato attraverso l’enunciazione, di far vedere e di far credere, di confermare o di trasformare la visione del mondo e, in questo modo, l’azione sul mondo, potere quasi magico (Bourdieu, 2003, p.126). Migrazione fenomeno storico/naturale, la cui definizione è politica!   L'Europa del 2019 ha muri lunghi più di 6 volte quello di Berlino (30 anni dal 1989) Basti pensare alle barriere delle città di Ceuta e Melilla che dividono la Spagna dal Marocco, o quelle che dividono la Turchia dalla Grecia e dalla Bulgaria. Altri muri di protezione dei confini si trovano fra Ungheria, Serbia e Croazia e interessano la rotta balcanica dei migranti; Calais, in Francia, dove i migranti cercano di raggiungere l’Inghilterra. A est, invece, Lituania, Lettonia ed Estonia hanno innalzato barriere sul confine con la Russia sempre a scopo protettivo. Più che in muri propriamente detti, consistono soprattutto in operazioni di monitoraggio e pattugliamento, come quelle che avvengono lungo i 4750 chilometri dei confini del Mar Mediterraneo. In questo caso si tratta di agenti di frontiera e di sofisticate strumentazioni tecnologiche che sono volte a impedire l’arrivo delle persone all’interno dell’Europa. “Le vere barriere alla migrazione contemporanea sono rappresentate dalla vasta gamma di tecnologie come i sistemi radar, i droni, le telecamere di sorveglianza” spiega il report. E poi ci sono le società IT e di sicurezza che si sono impegnate a sviluppare, gestire, espandere e mantenere i sistemi dell’Ue che monitorano la circolazione delle persone. Ne sono un esempio il Sis II (Sistema d’informazione Schengen) e l’Ees (che controlla l’entrata e l’uscita) Necessità di andare oltre l’invasione come figura retorica della frontiera (“spettacolo del confine”) ..e accogliere i migranti come S/oggetti di SCONFINATE STORIE DI FRONTIERA   Come cambia la percezione  Lo scarto è maggiore tra coloro che si definiscono di centrodestra o di destra, scende invece al di sotto della media nazionale tra coloro che si considerano di centrosinistra o di sinistra. Anche gli intervistati di sinistra, tuttavia, ritengono che gli immigrati in Italia siano più del doppio di quelli realmente presenti. L’orientamento politico non è l’unico fattore che fa variare la distanza tra realtà e percezione. Un altro elemento da considerare è il grado di istruzione. «Per chi non è andato oltre la scuola dell’obbligo — rivela il rapporto — l’immigrazione in Italia supera il 28%, mentre tra i laureati la stima si riduce di oltre 10 punti, attestandosi al 17,9». I dati variano anche in base all’area geografica di appartenenza. Nel Nord Italia il livello di immigrazione è stimato dagli intervistati al 20% circa, mentre al Sud arriva a superare il 27. «Questo — evidenziano dall’Istituto Cattaneo — è particolarmente significativo perché contrasta completamente con la realtà». Nel Mezzogiorno, infatti, gli immigrati sono meno del 5% della popolazione, mentre nelle regioni settentrionali sono circa il 10. La distorsione dipende anche dal fatto che «i dati a disposizione dell’opinione pubblica sono spesso frammentari e presentati in maniera partigiana». ARTICOLO PROFESSORE COVID  https://openmigration.org/idee/pandemia-infodemia-fobocrazia-quel-nemico-invisibile-che- ha-spento-e-riacceso-le-luci-sugli-invisibili/ Come i confini sono stati trattati e come abbiamo vissuto i confini durante l’epoca covid? Rischio di fobocrazia (gestione del potere con la paura). Ricerca: monitoraggio dei primi 3 mesi di pandemia per vedere come il fenomeno della migrazione sia stato trattato dai maggiori media italiani. Come il tema è stato trattato, quali parole associate,immagini associate, modalità,... Costruzione culturale del problema sociale. il problema sociale viene costruito culturalmente.Quando si parla di un fenomeno di qualsiasi tipo se usiamo parole distorte fuorviamo la comprensione degli eventi,emozioni, le decisioni che ne conseguono,..  A quelle emozioni corrispondono determinati atteggiamenti, decisioni e azioni. A seconda del nostro ruolo si trasformano in politiche e quindi hanno una ricaduta sulle persone.  Ricerca dell’osservatorio di Pavia che analizza il come comunicano i media main stream relativamente a tantissimi argomenti. L’associazione carta di roma si occupa della parte etica e deontologica del giornalismo quindi fa un monitoraggio quotidiano annuale di come i giornalisti riportano determinati elementi e un codice deontologico sottoscritto dall’ordine dei giornalisti per impegnarsi ad usare parole appropriate→ l’uso di certe parole apre immaginari diversi, ordini giuridici diversi. (Smuggler: viene pagato per portarmi da una parte all’altra, azione criminale contro uno stato è diverso dal trafficker: costringe con la violenza di fare qualcosa che non voglio: andare nella barca, prostituirmi,.. azione contro la persona umana). Carta di roma: come negli ultimi 10 anni il tema della migrazione trattato dai media la rappresentazione è sempre stata quella di crisi infinita, endemica. Incornicia un fenomeno strutturale, politico all’interno di un dibattito relativo alla crisi. Questo tipo di rappresentazione spesso riduce l’altro in un doppio frame:   securitario: problema di ordine pubblico, politiche di repressione o controllo  umanitario: vittima, disperato, scampa alla tragedia, viene spettacolarizzato come oggetto del nostro aiuto, portatore di sofferenza Il frame è all’interno di una crisi, relativo alle rappresentazioni di noi in relazione a loro: noi vittime dell’invasione o noi che aiutiamo, ma in entrambi i casi c’è una rappresentazione riduttiva dell’altro. Provoca un gap a livello di percezione tra la realtà statistica, i dati e la percezione che noi abbiamo. In Italia vi è un divario enorme tra la percezione mediatica e quella reale.   che tipo di crisi? Il covid-19 ha profondamente cambiato le nostre vite. Causando enormi sofferenze umane e sfidando le fondamenta più basilari del Benessere sociale. Alcuni settori della società si sono paralizzati mentre altri si sono trasformati. Questa pandemia sta condizionando le relazioni sociali, la fiducia,il lavoro e le entrate della gente. Oltre agli effetti immediati sulla salute, il lavoro e gli stipendi, questa pandemia sta incrementando le ansie e le preoccupazioni andando a condizionare i legami sociali, la fiducia nelle persone e nelle istituzioni, la loro sicurezza e il loro senso di appartenenza. Non solo una crisi di salute ma le sue implicazioni sono molto più ampie.  Il non-vero Realtà alternative / bugie: il virus è: -una bufala -una cospirazione politica -contenuto -unico nella storia -non peggiore di un’influenza stagionale -sono sufficienti i dispositivi di protezione individuale e i test Il non vero non solo è ciò che è falso, ma una resistenza a ciò che è vero “resistenza al sapere” (john Mack) Pensiero magico: sperare che il virus vada via; se ci comportiamo come se non ci fosse sparirà.  Coronavirus: rappresentazioni e strategie discorsive. Cina durante il capodanno cinese. In Italia sono iniziate discriminazioni nei confronti dei cinesi. Nel giro di un mese il covid è arrivato in italia, primo paese europeo. Tutti i pregiudizi nei confronti dei cinesi sono andati su di noi: gli untori sono diventati gli italiani.  -Guerra al coronavirus: Macron  -nemico invisibile, proteggere la cittadinanza americana, sospende l’immigrazione negli USA: Trump (afferma il non vero) - “abbiamo tutto sotto controllo. È una persona che viene dalla cina, e abbiamo tutto sotto controllo. Andrà tutto bene” 22 gennaio - saremo presto a sole 5 persone. Potremmo essere a solo una o due persone nel prossimo breve periodo. Per questo siamo stati molto fortunati” 26 febbraio - Sparirà. Un giorno come miracolo sparirà" 27 febbraio - “Penso solo che questo sia qualcosa .. che non pensi possa mai accadere. È un imprevisto, un problema venuto fuori dal nulla” 6 marzo - Il coronavirus “ha sorpreso il mondo “ 9 marzo - “Lo vedrei come qualcosa che ha sorpreso il mondo intero… Non c’è mai stato nulla di simile nella storia. Non c’è mai stato e nessuno ha mai visto qualcosa del genere” 19 marzo  Il pensiero magico di Trump  “una storia di grande successo” 29 aprile  “abbiamo fatto un lavoro eccellente” dando come voto al proprio lavoro di contenimento del virus “un 10” 30 aprile  “abbiamo fatto un fantastico lavoro” 1 maggio  “stiamo riaprendo il paese. È questo che stiamo facendo. E ve lo dirò, il mondo intero è emozionato nel vederci perchè noi stiamo in testa al mondo “ 5 maggio  “per quelle persone che hanno perso qualcuno… niente può succedere che possa riampiazzarlo.. Da un punto di vista economico, puramente economico, penso che il potenziale del prossimo anno sarà uno dei migliori anni che abbiamo mai avuto “ 6 maggio  “In tutto il paese, i numeri stanno scendendo rapidamente “ 11 maggio Unico obiettivo di difendersi dentro paese, case. Distanziamento sociale dà l’idea di qualcosa che disgrega la società: lessico di guerra ha riprodotto in maniera distorta un’opposizione noi-loro. Ha fatto sì che ogni cosa venisse narrata in termini bellici. Infermieri sono diventati eroi, le vittime di questo periodo, i gel piuttosto che le terapie intensive sono diventate armi, gli ospedali sono diventate trincee, siamo al fronte: visione muscolare di amico-nemico: la comunità che si fa sempre più chiusa, diventa immunus, isolata, differente al resto. Questa rappresentazione ha contribuito ad aumentare l’aggressività sociale: ciaccia all’untore con confini sempre più ristretti. Primi provvedimenti: chiudere i confini nazionali (poco effetto).  Lo stato si ritrova all’interno di contraddizioni: le merci si muovono ma le persone subiscono confini. Emergere barriere ripropone i confini: lo stato c’è e può difendere il proprio territorio. I confini si sono ristretti sempre di più: chiudere i porti perché i migranti potevano diventare untori. Chiusura all’interno degli stati nazionali: regioni, città, confini all’epidermide.  Clima di paura e aggressività durante i lock-down: picchiati perché usciti di casa. Bollettino di guerra ogni giorno alle 18 con conferenza stampa per commentare i numeri. Comunicazione fredda, spersonalizzante e che poi quando hanno fatto vedere altre immagini (acqua pulita, infermiera sfinita) ha riprodotto nuovamente la tematica della guerra. Stranieri=portatori di malattie= untore che viene da fuori e porta pericolo, malattie. Conferma le politiche di chiusura. Il covid nei primi 2 mesi ha reso invisibili la politica di immigrazioni, dall’altra parte è tornata sulle cronache perché vi sono state nuovamente chiusure (le navi quarantena).  Disparità generazionale: chi è morto all’inizio erano ultra anziani ma chi ha pagato di più sono stati i giovani, più penalizzati.  Paura che diventa forza costitutiva del sociale, diventa non solo un’emozione personale ma una forza, tensione diffusa nell’ambiente. Ansia: non si sa più da dove venga (come la paura) e come affrontarla. Paura che è stata strumentalizzata, ha esasperato certi processi che riguardano il distanziamento da certe persone e il sospetto.  Anche le migrazioni sono state dipinte e trattate in termine di pratiche e politiche come un’emergenza e abbiano focalizzato l’attenzione sul problema dell’immigrazione nonostante sia statica, invariata negli ultimi anni. Negli ultimi anni sono più gli italiani che emigrano verso l’estero che non quelli che immigrano in italia. A certe rappresentazioni corrispondono certi atteggiamenti e come spesso si trasformino in pratiche politiche. Il coronavirus o comunque un virus fa parte di una normalità ecologica ma quello che è successo è che questa pandemia ha completamente messo in tilt/standby il sistema economico, politico e sociale. Politiche e pratiche messe in atto. La rappresentazione di ciò è stata: nemico invisibile, amico-nemico, guerra,... Anche questo è un frame: cornice all’interno della quale viene rappresentato questo problema sociale.  Con l’arrivo del covid è stato subito trattato e raccontato come una crisi che è andata a soppiantare un’altra crisi:migrazione. Ha cambiato le nostre vite, è andato a sfidare le fondamenta del nostro benessere al punto da andare a paralizzare completamente certi settori, ha modificato abitudini, Il concetto di sicurezza viene ridotto alla sua visione negativa: sicurezza come controllo, repressione.  Spettacolo del confine. Problema di tutto ciò è che rischia di oscurare una serie di scelte politiche, strategie strutturali di disuguaglianze che sono già sistemiche ben prima dell’emergenza covid. Il rischio è che queste emergenze (covid, cambiamento climatico) vengano strumentalizzate come concetti ombrello che vanno a coprire, legittimare altre problematiche che sono strutturali: disuguaglianza economica, sociale.  Il covid può fare rispecchiare ancora di più queste problematiche.   Vittime e capro espiatorio Il covid ha avuto un drastico impatto sulla migrazione e la mobilità in tutto il mondo, e per estensione il modo in cui pensiamo e parliamo della migrazione. In questo tempo di crisi, la fiducia e la sicurezza pubblica sono diventati preoccupazioni pubbliche e hanno incorporato la retorica polarizzata attorno alla migrazione che abbiamo visto emergere negli anni recenti. Retorica polarizzante provoca una visibilità della vittima di un certo tipo. La morte diventa una sorta di strumento di potere biopolitico: regime di potere necropolitico (achille Mbembe)  Il collegamento tra la migrazione e la malattia (paura dell’infezione) ha portato a misure di sicurezza più rigide Il 7 aprile, il governo italiano ha dichiarato lo stato di emergenza e ha firmato un decreto legislativo che ha chiuso i porti per l’intera durata dello stato di emergenza. Sottolineando “lo straordinario caso di necessità e urgenza”, il decreto ha stabilito che “ i porti italiani non possono garantire i requisiti richiesti per essere classificati e definiti come un posto sicuro”, inoltre chiudere i porti alle navi di salvataggio dei migranti delle ONG. La misura è stata giustificata da un lato politicamente, con la propaganda e il bisogno di proteggere la salute pubblica; dall’altro lato legalmente, con la dichiarazione dello stato di emergenza.  Regolarizzazione di braccia o di esseri umani? Nella seconda parte della pandemia, i migranti sono ritornati visibili attraverso il bisogno del sistema di lavoro nell'agricoltura e la conseguente politica di regolarizzazione introdotta per i migranti che lavoravano nell’economia informale. La dicotomia visibilità/invisibilità appare ancora una volta essenziale per esaminare l’approvazione del decreto legislativo n 34 del 19 maggio, che ha permesso la regolarizzazione per immigrati invisibili e senza documento, considerati lavoratori essenziali che sono o sono stati assunti come lavoratori nel settore dell’agricoltura. La regolarizzazione è stata incorniciata in una maniera utilitaria:  dai sindacati per la mancanza di forza lavoro  da attivisti solidali e dalle ONG per il bisogno di proteggere la salute individuale e pubblica. Anche se la regolarizzazione dei migranti è stata cruciale per contare le vulnerabilità dei migranti al contagio e proteggere la salute pubblica e personale, è stata principalmente interpretata in una maniera utilitaristica per superare la potenziale carenza di manodopera italiana. Come conseguenza, sembra come un'opportunità mancata per proteggere realmente i diritti sociali e civili dei migranti e per migliorare le loro condizioni di vita. Il covid può essere considerato come un indicatore di ingiustizia sociale. Evidenzia la mobility (in)justice governando la possibilità delle persone di muoversi, dove il turismo e la migrazione sono diventate facce della stessa medaglia. Il virus regnante ha coperto il dibattito minimo che esisteva sui corridori umanitari per girare i riflettori su corridori turistici e verdi per il settore dell’agricoltura. “Funzione specchio” che il fenomeno migratorio esercita, la sua abilità di rivelare “le più profonde contraddizioni della società, la sua organizzazione politica e le sue relazioni con le altre società” (Sayad 1999)  C’è una chance di spostarsi nella direzione opposta? Come già diceva Kant nel 1795 in “per la pace perpetua”, siamo tutti parte di un pianeta finito, per questo dobbiamo rimpiazzare l’ospitalità come una priorità e come la prima regola etica per l’umanità. La mobility justice ci richiede non solo di vedere le nostre vite come indipendenti con i movimenti di altre persone, ma anche per abbracciare una solidarietà senza confini, per portare avanti la responsabilità collettiva dal momento che noi tutti dobbiamo mantenerci al sicuro l’un l’altro e per vedere la nostra mobilità collettiva e (im)mobilità come una parte integrante di essa.  Diritto di respirare: the right to breath All’interno di una visione ecologica, il virus che toglie il respiro al corpo, non è molto diverso dal virus che toglie respiro dal corpo sociale o ecologico. Corpo sociale: i can’t breath del black lives matter: sistema punitivo di giustizia che è modellato in un certo modo.  Idea del cambiamento climatico, dell’idea che noi siamo sulla terra non dominatori della natura o delle bestie ma con, grazie la natura, con le altre bestie come i virus che hanno diritto di vivere sulla terra tanto quanto noi. Right to breath: modo di ripensare il rapporto tra umani e terra, umani e non umani e ripensare la giustizia, la nostra convivenza andando oltre l’orizzonte che abbiamo dato per scontato. Non solo una giustizia biologica o sociale ma planetaria.   Non abbiamo imparato come morire Non abbiamo mai imparato a vivere con tutte le specie viventi e non ci siamo mai preoccupati del danno che noi come umani causiamo sui polmoni della terra e sul suo corpo. La nostra paura di morire ci spinge a cercare nuove forme di sicurezza.  La gestione del terrore: la sicurezza vuole spogliare della nostra stessa morte. La sicurezza ha un patto ideato in opposizione alla morte, che è precisamente il perchè è diventata la base della sovranità.  La nostra liberazione da una teologia di perpetua sicurezza è stata usata per rafforzare  il nostro credere in una politica di sicurezza, nella norma di stato di sicurezza alla quale piace rassicurarci che può prendere il posto di dio, mentre sappiamo che quel compito è impossibile. La cosa che lo stato moderno può e ci garantisce è la perpetua insicurezza dell’ordine capitalistico. Permettendo alle nostre paure di dominare il mondo ci spingerebbe a una moltitudine di misure di sicurezza fabbricate e ci distrarrebbe dall’imparare come morire.  Genere umano e la biosfera sono un tutt’uno. Da sola l’umanità non ha futuro Siamo in grado di riscoprire che ognuno di noi appartiene alla stessa specie, che noi tutti abbiamo un collegamento invisibile con tutte le vite? Riscoprire la comunità- o meglio le cose in comune- è l’unico modo per superare la paura. Per sopravvivere, dobbiamo ritornare a tutte le cose viventi- inclusa la biosfera- lo spazio e l’energia di cui hanno bisogno. Quello di cui abbiamo bisogno è una cessazione volontaria, una cosciente e completamente consensuale interruzione. Senza la quale non ci sarà nessun domani. Dobbiamo concepire il respirare oltre il suo aspetto puramente biologico Necessità di rivedere alcune cose:  idea di gestire la paura della morte: fa parte della vita. La vita ha senso perchè siamo destinati a morire. L’idea della morte oggi è stata espunta, non c’è più la morte, i morti non si vedono più, sono portati via. La morte la vediamo nelle fiction. Unica certezza è che moriremo, meta che ci accomuna a tutti  idea di essere parte di una biosfera: si l’umanità ma non c’è solo quella. Non c’è un’umanità che deve prevalere, bisogna ripensarci come parte di un tutto. Siamo abituati a studiare solo gli umani ma noi siamo parte di un tutto. Abbiamo creato confini anche tra i settori disciplinari come se fossimo separati.  È il diritto di respirare un programma completamente politico di cambiamento sociale? No, ma delinea un nuovo orizzonte di resistenza che inizia con il corpo umano come un sito di sofferenza biologica e sociale per re-immaginare il linguaggio della politica. Attraverso problemi: austerità neoliberare, razzismo strutturale, necropolitica geopolitica del confine. Attraverso confini: invece di radicare divisioni nazioanli, lavorare attraverso confini Attraverso specie: non solo giustizia biologica e sociale ma anche planetaria. CONFINE LIQUIDO Pierluigi Musarò  Lo spettacolo caleidoscopico attorno al muro Mediterraneo. Il campo di battaglia umanitario e mediatico. Conosciamo la storia di Samia grazie a Abdi Bile, ex atleta somalo, ignoto in Occidente, ma un eroe per i suoi connazionali che ricordano ancora con emozione la medaglia d’oro nei 1500 metri ai mondiali di Roma del 1987. Era il 2012, Bile celebra il trionfo di Mo Farah (atleta britannico di origine somala) alle Olimpiadi di Londra e davanti a una platea riunita a Mogadiscio per ascoltare i membri del Comitato olimpico nazionale dice: «Siamo felici per Mo, è il nostro orgoglio, ma non dimentichiamo Samia. Sapete che fine ha fatto Samia Yusuf Omar? La ragazza è morta… morta per raggiungere l’Occidente. Aveva preso una carretta del mare che dalla Libia l’avrebbe dovuta portare in Italia. Non ce l’ha fatta. Era un’atleta bravissima. Una splendida ragazza». Samia è la più piccola dei sei figli di una famiglia di Mogadiscio, nata nel 1991, anno in cui il presidente Siad Barre viene destituito e ha inizio una lunga guerra. Il padre, Omar Yusuf, viene ucciso da un colpo di pistola al mercato di Bakara: il mese dopo Samia lascia la scuola per occuparsi dei fratelli e inizia ad allenarsi nella corsa. Ma in un Paese dominato dalla guerra e dai fondamentalisti islamici, gente che non vedeva di buon occhio una donna che faceva sport, Samia non solo non poteva godere del sostegno del governo né delle poche strutture sportive ormai distrutte, ma era costretta a correre con le maniche lunghe, i pantaloni della tuta e una sciarpa sulla testa. E a subire spesso intimidazioni, arresti e minacce di morte. Nonostante ciò, con sacrifici enormi, questa ragazza piccola e gracile nel 2008 era riuscita a gareggiare alle Olimpiadi di Pechino in rappresentanza della Somalia sui 200 metri. Arrivò ultima in 32 secondi e 16 centesimi, incoraggiata e applaudita dal pubblico dello stadio. «Sono felice», disse. Tornò a Mogadiscio, dove fu accolta con poco clamore. Qui ricevette nuove minacce dal gruppo integralista al-Shabaab, e dovette allenarsi di notte e con il burqa, nascondendo gli sforzi e le aspirazioni dell’atleta. Nel dicembre del 2009 finì a vivere con la famiglia in un campo profughi a 20 chilometri da Mogadiscio; nel luglio del 2010 riuscì a partecipare ai Campionati africani di Nairobi e il mese dopo si trasferì in Etiopia, nella speranza di trovare un allenatore. Da lì, con il pensiero fisso di partecipare alle Olimpiadi di Londra, attraversò il deserto e il Sudan, arrivò in Libia, da dove seguì il suo sogno, salendo a bordo di una carretta del mare che avrebbe dovuto portarla in Italia. Ma un muro d’acqua, il 2 aprile 2012, la fa annegare al largo di Lampedusa. La storia di Samia è venuta a galla grazie al racconto della scrittrice italo-somala Igiaba Scego e del bel libro Non dirmi che hai paura, di Giuseppe Catozzella. Attraverso la loro scrittura scopriamo i sogni e le motivazioni che inducono questa ragazza magrissima e tenace a intraprendere lo spaventoso viaggio che porta tutti i migranti del Corno d’Africa su per le vie dei deserti per tentare di raggiungere le coste europee. Viaggio che spesso si infrange contro il muro del Mediterraneo, nel cui silenzio abissale affogano le storie che i media di tutto il mondo narrano, anche attraverso immagini forti e commoventi, capaci di indignare o suscitare pietà, ma che poi si dissolvono come qualsiasi vicenda consumata tra un click e qualche commento a margine. Oltre 30 000 sono le persone che, come Samia, hanno esperito negli ultimi vent’anni quanto fatale sia nutrire il sogno della traversata se si parte dalla sponda sbagliata del Mediterraneo. Migliaia di fantasmi la cui voce non ci raggiunge, protagonisti di una tragedia che ha trasformato il Mediterraneo in un cimitero liquido, il confine più pericoloso del mondo.   Muro Medi Terraneum  Per chi fugge da guerre e carestie, povertà e dittature, la possibilità del naufragio è il prezzo da pagare per re-esistere dall’altra parte del Mediterraneo. Lungo le coste tra Senegal, Libia e Turchia donne e uomini restano sospesi tra il desiderio di partire e la nostalgia di casa. Eppure non desistono. Come Samia, intraprendono “il Viaggio”, che dura alcuni mesi o molti anni. Una realtà che spesso diventa un incubo, trasfigurando un abisso ancora più profondo: quello che separa il migrante dal resto dell’umanità. Per quanto si cerchi di scoraggiare gli aspiranti richiedenti asilo attraverso blocchi, respingimenti, rimpatri e campagne di comunicazione ad hoc , quel mare di mezzo - Mare Medi Terraneum in latino, il mare in mezzo alle terre –- che i romani definivano Mare Nostrum, resta più attraente dell’impossibilità di attraversarlo. Più che un mare frontiera tra l’Africa e l’Europa, un “continente liquido” secondo la definizione di Fernand Braudel, che nella sua storiografia mediterranea ne riconosce la duplice natura di barriera che si estende fino all’orizzonte e al tempo stesso luogo che unisce, denominatore comune di scambi commerciali tra popolazioni accomunate dalle stesse abitudini e ritmi di vita. Similitudini visibili anche nell’architettura del Maghreb e della Sicilia, della Cappadocia e della Spagna, frutto di commistioni storicamente intercorse. «Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre», lo definisce Braudel, uno specchio d’acqua attraversato da navigatori e mercanti, missionari e condottieri, crociati e pirati, ognuno artefice di trame che hanno creato un contatto tra Oriente e Occidente. Ma il Mediterraneo è anche il mare divenuto teatro di diaspore e conflitti, di speranze naufragate sotto forma di stragi, di traffico di essere umani, di arresti e di solidarietà. Non solo luogo geografico, ma immaginario mutevole che contribuisce a influenzare la percezione dell’altro. A volte rappresentandolo come prossimo, simile, fratello dell’altra sponda. Altre categorizzandolo come eroici salvataggi in mare ci invitano a far parte di una comunità di testimoni, nella quale lo spettatore assume il ruolo di potenziale salvatore, mentre la figura dell’altro si incarna nei corpi messi in salvo. Il controllo delle frontiere viene ridefinito nel contesto di un immaginario morale che pone l’accento sulla vulnerabilità umana. Le attività dei soldati, raffigurati come assistenti sociali armati, angeli del mare in divisa, sono visivamente assimilate all’immaginario della distribuzione degli aiuti. I migranti appaiono nelle loro “vesti dorate” (le coperte isotermiche color oro), messi in salvo su navi ben equipaggiate, mentre ricevono con gratitudine pacchi di cibo e acqua. I migranti sono spesso donne con i loro fragili e innocenti neonati. Assumendo i toni della retorica umanitaria, la rappresentazione mediatica dell’operazione (costata 9 milioni di euro al mese) ha senza dubbio contribuito a legittimarla di fronte a un’opinione pubblica inizialmente scettica e impaurita. Al contempo la spettacolarizzazione compassionevole delle operazioni appare slegata da qualsiasi dato storico o politico: la questione dei flussi migratori viene narrata come un viaggio senza destinazione, un tragico scherzo del destino. In quanto protagonisti di una crisi nata dal nulla, i migranti sono dipinti al tempo stesso come soggetti che decidono di esporsi al pericolo – avventurandosi su imbarcazioni non sicure – e oggetti in balia della nostra benevolenza. Come le diverse rifrazioni di luce prodotte da uno stesso caleidoscopio, lo spettacolo ostentato da Mare Nostrum parla lingue diverse a seconda dell’uditorio politico: migranti e cittadini, trafficanti e attivisti transnazionali, coalizioni governative di destra e membri delle ong. Cambia il vento politico e le maree emotive. E il Mediterraneo è un termometro del mondo in cui scoppiano guerre, cadono dittature, si aprono nuovi varchi. Come scrive Leogrande, la Frontiera è «una linea fatta di infiniti punti, infiniti nodi, infiniti attraversamenti. Ogni punto una storia, ogni nodo un pugno di esistenze. Ogni attraversamento una crepa che si apre». Se durante l’Emergenza Nord Africa la mediatizzazione ha stimolato sentimenti di rigetto del fenomeno migratorio, in altri casi ha avuto l’effetto contrario. Si pensi alle immagini del corpicino di Aylan Kurdi, il bambino curdo siriano riversato esanime sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia, che nel settembre 2015 hanno fatto il giro del mondo e hanno d’improvviso scosso le coscienze dell’Europa intera: a tal punto che, secondo il quotidiano britannico «The Guardian», il primo ministro James Cameron avrebbe ammorbidito le sue posizioni dopo aver visto quelle immagini sui tabloid inglesi. Mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel, quasi nello stesso momento, annunciava la sua politica di “porte aperte” per i rifugiati siriani. Ma le immagini sono effimere. Pochi mesi dopo, infatti, quelle del cosiddetto “assalto sessuale di massa”, perpetrato nella notte di capodanno a Colonia da centinaia di uomini arabi ai danni di centinaia di donne europee (questa almeno la narrazione dominante sui media), rimette al centro del dibattito i rifugiati come i principali responsabili dei problemi di sicurezza e ordine pubblico in Europa; salvo poi le conclusioni dei documenti ufficiali della commissione d’inchiesta del Parlamento di Düsseldorf (marzo 2017) attribuiscano la colpa alla… polizia tedesca. Ma questi non hanno avuto medesima buona stampa sui giornali scandalistici. Nel mentre, in quel Mediterraneo che non è un luogo preciso, quanto piuttosto la moltiplicazione di una serie di luoghi in perenne mutamento, il lancio dell’operazione Triton, coordinata dall’agenzia Frontex, e l’avvio della missione Sophia, ridefiniscono quel Mare Nostrum in Mare Sicuro. Diradando nella nebbia la foto del piccolo Aylan, triste icona del nostro tempo. E arrivando a criminalizzare le stesse ong. Prima osannate per la loro opera di solidarietà, nell’estate 2017 vengono da più parti accusate di collusione con i trafficanti, e si ritrovano dapprima obbligate a sottoscrivere un codice di condotta stilato dal ministro dell’Interno Marco Minniti e poi costrette a sospendere le loro attività sotto l’accusa di “crimini umanitari”. Che non sono, come si potrebbe credere, quelli commessi “contro l’umanità” ma quelli commessi per “eccesso di umanità”.   Crepe fugaci nel mondo di mezzo  Nel giro di pochi anni, dalla fine del 2013 all’estate 2017, la militarizzazione delle frontiere nel Mediterraneo esplicitamente associata al discorso umanitario ha spostato il confine più a sud, sulle onde del mare che si infrangono nei centri di detenzione libici. La logica di minaccia e benevolenza, alimentata dai media, ha lasciato il posto a una repressione compassionevole che oggi sembra destinata a perdere il peso morale del secondo termine. Agli accordi tra Unione Europea e Turchia (marzo 2016), e tra Italia e Libia (febbraio 2017), segue uno sconvolgimento semantico, oltre che politico e morale, che fa scomparire i migranti dalla nostra vista. Chiusi nei centri di detenzione libici rinominati di “accoglienza”, rimpatriati volontariamente e non deportati con la forza, vittime di scafisti e trafficanti da arrestare e non di traghettatori che creano crepe in quel mondo di mezzo dai confini incerti qual è il Mediterraneo. Il controllo delle frontiere europee è divenuto progressivamente prioritario rispetto alla salvezza delle vite umane e lo spettacolo del “campo di battaglia umanitario” ha lasciato il posto a un attacco mediatico e politico al mondo dell’umanitario. Un cambio profondo del registro comunicativo, che ha visto il soccorso in mare essere progressivamente inglobato in una discussione mediatica e politica sull’immigrazione dai toni aspri e accesi, e che, allargandosi al coinvolgimento delle cooperative impegnate nel sistema dell’accoglienza, ha gettato un’ombra negativa su tutti i soggetti della società civile italiana (ong, associazioni, onlus, fondazioni) che lavorano nel settore della solidarietà internazionale, fino ad accusarli di partecipare allo sfruttamento dell’immigrazione clandestina. L’altra faccia della globalizzazione è tornata a galla. La paura ha riedificato muri laddove si stavano aprendo corridoi umanitari. La consapevolezza che gli stessi disperati tratti in salvo dagli angeli del mare abiteranno le nostre città, frequenteranno le stesse strade, si metteranno alla ricerca degli stessi posti di lavoro e fruiranno dei nostri servizi sanitari, sociali ed educativi, li ha trasformati in una minaccia per la nostra incolumità, il nostro welfare o le nostre tradizioni culturali, mutando lo statuto della vittima in quello di criminale. Quando si riduce la distanza tra le vittime e gli spettatori l’umanitarismo ritorna a essere strumento “paternalistico” nei confronti del Sud del mondo. Quando la paura prevale sulla compassione alimenta retoriche discorsive che legittimano la chiusura delle frontiere e giustificano guerre, dapprima ai migranti che tentano di attraversare i confini a bordo di imbarcazioni di fortuna, e poi agli stessi operatori umanitari che lottano contro le onde per portarli in salvo. Con la riduzione della distanza fisica tra “loro” e “noi” si è allargato l’imbarbarimento antropologico che riproduce la relazione gerarchica tra l’“Africano” e l’“Europeo”. La solidarietà viene oggi guardata con sospetto, perseguita come reato. E il male riconfigurato come normalità. Banalità. Incurante che la fuga dalla morte non può essere fermata da nessuna minaccia e che la frontiera corre sempre nel mezzo, il Mediterraneo si è fatto mare nostrum per 365 giorni. Poi, pur nella sua liquidità, è tornato a farsi muro, cognitivo, morale, politico. E a nascondere dietro le sue crepe le tragiche storie dei tanti che, come la piccola Samia, anelavano a raggiungere le nostre coste. Navigando sotto le stesse stelle, inseguendo gli stessi sogni. 03/11 INNOVAZIONE SOCIALE Esempi di innovazione sociale: Mercato di campi aperti:  -mercato nato nel 2001 nato dalla richiesta di studenti di Bologna che richiedevano accesso al cibo biologico che non costasse troppo. Richiesta di produttori intorno a Bologna che volevano offrirne e avere rapporti più diretti con i consumatori. Hanno deciso di creare il primo mercato a bologna al quale hanno partecipato sempre più persone. Ad oggi in ogni giorno della settimana c’è sempre un mercato di campi aperti. Diritto alla produzione e consumo del biologico. Risolto dalle persone stesse senza intervento dall’alto. Lotta all’etichetta del biologico. Genuino clandestino : sono gli agricoltori a controllare gli agricoltori della rete: producono biologico senza l’etichetta. -Birikam: Roma yogurt senza sfruttamento operai -1998 Milano: associazione di persona che lavoravano all’interno dell’edificio di un ospedale psichiatrico uniti con ex pazienti che hanno dato via a una falegnameria riciclata ma con il tempo hanno creato un ostello ,un teatro e un ristorante per il reinserimento dei pazienti.  -Donne in campo: imprenditrici per creare vestiti e arredamento che coinvolge richiedenti di asilo a ricreare oggetti riciclati di latta. Questi progetti sono accomunati dalla volontà di rispondere a necessità o a istanze sociali emergenti, avviando percorsi di collaborazione e di partecipazione comunitaria, supportando capacità, competenze diverse, saperi individuali e collettivi.  LA BLACK BOX DELL’IS (innovazione sociale) I riferimenti all'innovazione sociale stanno diventando sempre più ricorrenti in diversi ambiti: Oggi tutti parlano di innovazione sociale a tal punto che alcuni la definiscono come una“buzzword” o come un “quasi-concetto” (Jenson, Harrison 2013).  • Difficoltà a identificare una definizione condivisa  • Oggi tutti parlano di IS.  • Is come «oggetto di frontiera» per la sociologia poichè essa non riguarda conoscenze universalmente accettate, ma una pluralità di approcci e teorie che ne investigano gli effetti e le modalità di intervento.  • Riflettere sulla sua epistemologia Innovazione sociale: tema sempre più presente.  Innovazione sociale coma una box word: parola che si trova un po’ ovunque. È difficile dare una definizione condivisa (non c’è una definizione precisa, è bene studiarle tutte e cercare di interpretarle).   Ambito economico  ▪ Ruolo dell’impresa nella società (distretti industriali) e nel contesto territoriale.Vari autori hanno riconosciuto lo stretto legame tra imprese e territorio. I distretti industriali erano considerati non solo come un apparato produttivo ma come un sistema complesso di relazioni sociali e di valori radicati in un territorio specifico.  ▪ Responsabilità sociale d’impresa :Si sono moltiplicate nel tempo le azioni volte ad incrementare la Corporate social responsibility delle imprese con lo scopo di migliorare il posizionamento e la reputazione aziendale e di considerare le ricadute sociali ed ambientali delle politiche aziendali sul territorio.  ▪ Economia sociale:Si concentrano sulla dimensione sociale dei rapporti economici e si riferiscono nello specifico alle organizzazioni economicamente orientate a obiettivi di tipo sociale.   Ambito sociale ▪ Terzo settore  ▪ Inclusione dei gruppi marginali, inserimento lavorativo, valorizzazione competenze e risorse locali, promozione di attività economiche e sociali sostenibili e creative Nascita di Neologismi: changemakers, “incubatori”, social innovators ritornano quotidianamente nei discorsi e nelle retoriche di associazioni, istituzioni e imprese. In questo modo, l'innovazione sociale è entrata a pieno titolo all'interno dell'immaginario sociale e delle narrative politiche ed economiche contemporanee. ▪ Necessità di identificare «modelli validi per la creazione, lo sviluppo e la diffusione di innovazioni sociali, nonché una maggiore conoscenza e comprensione di come si rapporta al cambiamento sociale» (Howaldt et al., 2014, p. 2).  Alcuni primi nodi critici ▪Socialwashing- greenwashing: aziende che speculano sul tema dell’impatto ambientale e natura: attivano progetti attenti all’ambiente quando in realtà lo fanno solo per migliorare la propria posizione.Mirano ad utilizzare la retorica dell'Innovazione sociale al fine di generare profitto individuale a spese del benessere collettivo o di migliorare la visibilità aziendale e la credibilità pubblica delle istituzioni.  ▪ Innovazione sociale come soluzione decontestualizzata ad un problema, senza che venga effettuata un’attenta riflessione sulle specificità di un territorio e dei gruppi a cui si riferisce. ▪ Creare ulteriore esclusione: difficoltà di integrare all'interno delle dinamiche partecipative.  ▪ Prospettiva funzionalista dei processi innovativi:Innovazione sociale è spesso definita come una serie di strumenti che forniscono soluzioni immediate a problemi urgenti.   Anche se cerca di rispondere in modo creativo ai problemi sociali emergenti, l’IS NON deve essere considerata una panacea per tutti i mali deve essere innanzitutto problematizzata come strumento di intervento sociale, delineando le possibilità di azione sugli individui e le comunità, nonché i limiti e le problematiche che potrebbero emergere da queste dinamiche. Inoltre sul piano teorico, il concetto di innovazione sociale necessita di essere ripensato all'interno di una prospettiva sociologica ben definita in grado di definirne l'epistemologia, le dimensioni principali e ruolo all'interno dei più ampi processi di trasformazione sociale.  LE ORIGINI  Weber Il concetto di innovazione sociale è utilizzato all’interno di diversi ambiti. In realtà è molto più anziano, se ne parla tanto negli ultimi tempi ma già ne parlava Weber con l’invenzione sociale: Weber interessato a capire come accadesse il cambiamento sociale e alle nuove forme di organizzazione sociale. Weber analizza infatti il processo di razionalizzazione dell'economia in Di particolare interesse per lo studio delle innovazione sociale risultano le analisi di Lèvesque e Laville che sottolineano come, spesso, essa costituisca una risposta alla crisi delle configurazioni sociali avvenuta verso la fine del ventesimo secolo. Secondo gli autori, questi mutamenti si realizzano attraverso nuove forme di mediazione tra il settore pubblico, gli attori economici e la società civile.   I periodo(1968-1975) Nascita di innovazioni sociali promosse da una nuova classe sociale e critica della cultura dominante (es.: esperimenti di autogestione e di economia alternativa.)   II periodo(1975 – fine anni ’80) Crisi del rapporto tra stato e mercato e del modello di sviluppo neoliberista. Le IS cercano di rispondere ai problemi sociali emergenti. Crisi petrolifera per cui è stato chiaro che il mercato poteva creare forti diseguaglianze e non poteva essere lasciato a sè stesso. Sviluppo che creava diseguaglianze, emerge quando il sistema economico va male, quando ci sono crisi, innovazioni sociali sono di natura istituzionale.   III periodo (1990 – oggi) Nuove forme di regolazione e coordinamento tra attori sociali, processi di istituzionalizzazione delle IS: maggiore partecipazione dei cittadini, governance partecipativa.  ▪ Le IS si presentano e cambiano nei momenti di crisi  I cambiamenti nei modi di regolazione promuoverebbero la ricerca dell'interesse generale attraverso una considerazione multiforme e combinata di interessi particolari ( individuali), collettivi ( di gruppo) e generali ( sociali). ▪ L’IS è la capacità di iniziativa della società civile all’interno di un sistema complesso di relazioni tra Stato e mercato, le cui sinergie risultano modificate a partire soprattutto dagli anni Settanta del Novecento (Bouchard, 2006). VERSO UN’EPISTEMOLOGIA DELL’IS  Definizioni ▪ Compresenza di diverse definizioni  ▪ Esistono più di 250 definizioni diverse (Edwards Schachter, Wallace 2017).Sono talvolta simili ma altre volte si distinguono in termini dei soggetti a cui si riferiscono, dei processi di creazione e diffusione, delle conseguenze sociali che attivano.  ▪ Le definizioni cambiano in base all’approccio, al tema di interesse, alle modalità di azione dell’IS  de Varine (1978): IS come «il prodotto di un’iniziativa presa da parte di un individuo o di un gruppo, o ancora da parte di un’istituzione o un’autorità pubblica, al fine di risolvere un problema o un insieme di problemi che non sono risolti dai sistemi tradizionali o dalle norme stabilite».   centro di ricerca CRISES: Nuovi arrangiamenti sociali, organizzativi o istituzionali o, ancora, nuovi prodotti o servizi aventi un esplicito scopo sociale che derivano, volontariamente o meno, da un’azione avviata da un individuo o da un gruppo di individui per soddisfare un’aspirazione, rispondere ad un’esigenza, risolvere un problema o beneficiare da un’opportunità di azione al fine di cambiare le relazioni sociali, trasformare un quadro d’azione o proporre nuovi orientamenti culturali. Nel momento in cui vengono socialmente accettate, le innovazioni sociali così avviate possono portare, con il tempo, a trasformazioni sociali   Moulaert et al. (2013): Oggigiorno […] quando parliamo di IS ci riferiamo alla ricerca di soluzioni progressive per tutta una serie di problemi di esclusione, privazione, alienazione, mancanza di benessere, ma anche alle molteplici dinamiche di sviluppo umano. Innovazione sociale significa, altresì, promuovere l’inclusione e il benessere attraverso il miglioramento delle relazioni sociali e i processi di empowerment [...]. Infine, significa anche concentrarsi sulle diverse abilità e competenze con cui attori individuali e collettivi partecipano alla vita sociale.  Queste prime tre definizioni hanno in comune diversi aspetti:  1. capacità dell’innovazione sociale di rispondere a problemi, aspirazioni o bisogni che non sono ancora stati soddisfatti al momento presente. 2. innovazioni sociali assumono diverse forme : esse possono essere un servizio, un processo, un prodotto, un progetto che abbia un legame con una problematica emergente o un’aspirazione sociale. 3. Le innovazioni sociali possono essere create a partire sia da attori individuali che collettivi, qui intesi come istituzioni pubbliche, organizzazioni economiche o gruppi di cittadini più o meno formali.  Quest’ultimo aspetto non è condiviso da tutti gli autori:  Mulgan (2006): IS come «servizi e attività innovative che sono motivate dall’obiettivo di rispondere a problemi sociali e che sono diffuse principalmente da organizzazioni il cui scopo primario è uno scopo sociale». L' ambiente privilegiato per la crescita e la diffusione dell'Innovazione sociale sarebbe quello delle organizzazioni collettive aventi dei fini sociali.   Stanford Social Innovation Review: IS come «una soluzione nuova ad un problema sociale e che si presenta come più efficace, efficiente, sostenibile o giusta rispetto ad una soluzione già esistente e il quale valore vada ad arricchire primariamente la società nel suo insieme piuttosto che singoli individui».  1. Ambiente organizzativo come contesto ideale per la diffusione delle iniziative socialmente innovative. 2. IS in ambito economico e istituzionale  Definizione di innovazione sociale per la Commissione Europea : «Nuove idee che rispondono ai bisogni sociali, creano relazioni sociali e nuove forme di collaborazione. Queste innovazioni possono riguardare prodotti, servizi o modelli di azione che rispondono in modo efficace ai bisogni sociali emergenti». Questa definizione non si concentra solamente sul piano dell'inclusione lavorativa e del miglioramento del ruolo degli individui in quanto attori economici, ma amplia il concetto di innovazione sociale per includere diversi ambiti di azione e relazione.  Elementi diversi:  • il contesto privilegiato di creazione e diffusione dell’innovazione  • le dinamiche che derivano  • i soggetti che vengono coinvolti. Opacità definitoria come positiva (Moulaert et al., 2013) vs suoi limiti (Marques, Morgan, Richardson, 2018). Le definizioni di innovazione sociale sono tra loro diversificate, e provengono da filoni di studio che afferiscono a varie discipline. Inoltre l'origine stessa del concetto di innovazione sociale non è facilmente identificabile, e risale sia a studi di tipo sociologico ( Weber) sia a studi di tipo economico ( schumpeter)  INNOVAZIONE SOCIALE E INNOVAZIONE ▪ Storicamente il concetto di innovazione è stato applicato primariamente al mondo della scienza e della tecnologia, poi agli studi economici, politici e, infine, sociologici. È pertanto necessario comprendere la differenza rispetto all’innovazione tecnologica. Schumpeter, ad esempio, considerava quest'ultima come un elemento in grado di garantire efficienza economica grazie alla compresenza di innovazioni tipo tecnologico.  ▪ Importanza delle innovazioni non solo in ambito economico, ma anche all’interno di altre sfere sociali (Schumpeter,1935).  ▪ Ogburn (1969): predominanza delle innovazioni materiali su quelle immateriali  Evidenzia come il cambiamento sociale consista in un processo di imitazione o di adozione di un’invenzione – tecnologica o sociale – o adattamento rispetto ad un “ritardo culturale”  L’actor-Network Theory (ANT)  Ci fa capire come innovazione sociale e tecnologica siano collegate. Considera dimensione tecnologica e sociale all'interno di uno stesso sistema. ▪ Nei processi di innovazione scientifica interviene un insieme eterogeneo di attori, umani e non- umani Latour (1987)  L’ANT parte della considerazione che la scienza è formata dalla Scienza consolidata (pronta per l’uso) e dalla scienza in costruzione. Il processo di costruzione del fatto scientifico è reso possibile grazie al sostegno e alla cooperazione di vari alleati dentro e fuori il laboratorio.  Introdotta da Latour e Callon: per creare innovazione dal punto di vista scientifico dobbiamo analizzare il comportamento anche dei non umani (penna,computer,..). Processo che riguarda attori umani e non umani→ actants (generalised symmetry). Questi attori sono ugualmente concorrenti nel processo di trasformazione di un risultato scientifico in un fatto scientifico. Questa trasformazione risulterà consolidata quando e qualora tale risultato scientifico non verrà più messo in discussione, divenendo in questo modo fatto scientifico (scienza pronta per l’uso). Scienza consolidata e in costruzione (non ancora riconosciuto come scienza ma in divenire).  L’ANT è una delle teorie più importanti che riconosce l’interdipendenza tra innovazione sociale e innovazione tecnologica. Tutte le invenzioni hanno avuto ricadute dal punto di vista sociale.  Questa prospettiva considera quindi la società non come qualcosa di preesistente sul quale gli scienziati e gli innovatori tecnologici lavorano, ma come un insieme di relazioni concrete che loro riconfigurano. L'ant enfatizza come il sociale sia costituito da elementi umani e non umani, e come questi elementi vadano analizzati in relazione tra loro. In questo modo, quindi, innovazione sociale e tecnologica vengono considerate congiuntamente in riferimento al processo di ricerca scientifica e di innovazione.  ▪ Fine del ‘900: le innovazioni sociali acquisiscono una centralità all’interno del più ampio discorso sui processi innovativi (Freeman 1991; Boyer 2002).  ▪ L’innovazione non è solo tecnologica o organizzativa, ma è anche interistituzionale in un dato territorio, rappresentando quindi, un processo profondamente sociale. Richez-Battesti e Vallade identificano 4 caratteristiche che differenziano l'innovazione tecnologica da quella sociale: - innovazione sociale si basa sulla discontinuità più che sul cambiamento graduale - A differenza dell' innovazione tecnologica, l'innovazione sociale è centrata su una logica di tipo processuale e condiviso - i risultati dell' innovazione sociale possono riguardare la soddisfazione di un bisogno, la creazione di una nuova organizzazione o di nuove pratiche. -è centrale la fruizione collettiva e condivisa dell'Innovazione sociale che, a differenza di come accade per quella tecnologica, dovrebbe essere messa a disposizione dell'intera comunità e accessibile dal punto di vista culturale e sociale.  Marques, Morgan e Richardson sostengono che la differenza tra innovazione sociale è tecnologica consiste in tre aspetti principali: - l'innovazione sociale promuove attivamente relazioni inclusive tra individui, e specialmente tra coloro che sono trascurati da precedenti processi economici, politici, culturali o sociali. - a differenza dell’innovazione tecnologica, la dimensione sociale si riferisce a bisogni specifici - l'innovazione sociale riguarda ambiti di azione peculiari anche se in alcuni casi il bisogno che determina il processo innovativo fa riferimento a più di un ambito.  ▪ IS e IT (innovazione tecnologica) interconnesse e funzionali (per es.: nuove tecnologie, social network, etc.).In particolare, grazie alla potenzialità insite nelle nuove tecnologie, le innovazioni sociali possono ampliare il proprio raggio d'azione in termini di partecipazione degli attori.  ▪ Superamento opposizione binaria tra innovazione tecnologica e sociale.  ▪ Digital social innovation: si riferisce alle innovazioni sociali promosse attraverso strumenti digitali. Il valore aggiunto è quindi quello di ampliare le conoscenze sui diversi tipi di innovazione: accanto a quelle legate strettamente ai prodotti e ai processi tecnologici, troviamo le innovazioni che si interessano anche alle pratiche sociali. Alcuni autori sostengono che stia avvenendo un mutamento paradigmatico nell'affrontare l'innovazione, la cui componente sociale è sempre più determinante.  Social street: nate a bologna e sono strade sociali nate perché una famiglia nata all’estero si è trasferita in centro ma non conoscevano nessuno. Hanno creato una pagina facebook della via con l’obiettivo di creare feste, mostre, concerti, momenti di socialità e poi si sono diffuse in tutto il mondo.  Le innovazioni sociali si creano sempre quando c’è un problema a cui rispondere. GLI APPROCCI approcci scientifici (anche detti tribù) Possiamo identificare 5 approcci all'innovazione sociale, ognuno dei quali ha contribuito in diversi modi alla conoscenza del fenomeno dell’innovazione sociale, alla sua concettualizzazione e al suo riconoscimento da parte della Comunità scientifica:   Scienze di management   simboli espressivi   Pilastri -orientamento valoriale (carburante) -processo di istituzionalizzazione (motore dell’innovazione sociale) Misura le modalità e l’efficacia di queste pratiche all’interno della sfera pubblica.  Il processo di istituzionalizzazione dell’innovazione sociale si attua su due livelli (Vicari Haddock, Tornaghi 2013):  - primo livello = le pratiche innovative si dimostrano in grado di penetrare la sfera pubblica e di rendere visibili diverse visioni e modelli di azione all’interno del discorso pubblico e culturale  - secondo livello: le pratiche innovative entrano nella pubblica amministrazione con accordi relativamente stabili e duraturi.  Prospettive -innovazione istituzionale (governance e relazioni sociali) -innovazione in termini di economia sociale ▪ Due pilastri dell’IS (Defourny e Nyssens, 2013) accanto alla dimensione economica:  - dimensione istituzionale (governance, relazioni, empowerment)  - dimensione economica (bisogni)  Forme -azione -pratica -processo -risultato ▪ Pratica: individuata all’interno di un quadro di attività e di iniziative individuali o collettive di gruppi particolari  ▪ Processi: innovazioni più generiche, profonde e sostenibili nel tempo (per es.: relazioni tra gli attori, sistema normativo, apprendimento, adattamento, mediazione culturale e significazione)  ▪ Risultati: possono riferirsi ad un prodotto o un servizio di un’azione o di un processo di IS  Modalità -tecnologica, culturale, organizzativa, giuridico-normativa, infrastrutturale Castro-Spila e Unceta (2016) ne identificano 5:  ▪ Tecnologica: l’introduzione delle nuove tecnologie come strumento di trasformazione o integrazione sociale  ▪ Culturale: mutamenti dei comportamenti, delle attitudini, delle norme dei gruppi di popolazione di riferimento  ▪ Organizzativa: miglioramenti in organizzazioni esistenti o la creazione di nuove organizzazioni orientate ai bisogni emergenti  ▪ Giuridico-normativo: introduzione di nuovi quadri normativi come strumenti di cambiamento  ▪ Infrastrutturale: creazione di infrastrutture volte al mutamento o all’integrazione sociale  Ambiti di azione -lavoro, istruzione e formazione, casa e quartiere, salute e ambiente Quattro ambiti di azione (Vicari Haddock 2009):  ▪ Lavoro: dove possono essere sviluppate pratiche associative nell’economia informale e servizi/prodotti sulla base di rapporti reciprocità. L’IS si organizza attorno ad organizzazioni non profit o di economia solidale oppure viene promossa da fonti di finanziamento atte a migliorare la coesione sociale e a lottare contro la vulnerabilità di determinati gruppi  ▪ Istruzione e la formazione: critica al sistema educativo attuale o azioni che coadiuvano il ruolo centrale dell’istituzione scolastica  ▪ Casa e quartiere: azioni legate al diritto alla casa, con diversi livelli di legalità e azioni incentrate sul quartiere  ▪ Miglioramento delle condizioni di assistenza pubblica sanitaria e azioni di sostenibilità ambientale.  Tipologie ▪ Incrementali = basate su condizioni esistenti che non vengono modificate nella loro logica di funzionamento  ▪ Radicali = producono nuovi modelli di comportamento e di gestione del problema in oggetto  ▪ Generative = generano nuove idee e ulteriori innovazioni  Dinamiche  Dinamiche di creazione e di diffusione dell’innovazione sociale:questo tipo di innovazione può originarsi sia da iniziative che riguardano la società civile, intesa come individui, gruppi di individui o organizzazioni , sia da attori economici o istituzionali. Nel primo caso si parla di innovazione sociale che nasce con una dinamica bottom-up, nell'ultimo caso si parla di innovazione sociale di tipo top-down; mentre nel caso dell'innovazione sociale promossa dalle imprese, essa può essere di entrambi i tipi. ▪ Top-down: da istituzioni e imprese  ▪ Bottom-up: società civile  ▪ Bottom-linked: forme ibride che coinvolgono al contempo attori pubblici e privati CHI FA IS?  Attori ▪ Gli attori sociali sono protagonisti del cambiamento – «Libro Bianco sull’Innovazione Sociale” (Murray, Mulgan, Caulier-Grice 2010) gli attori innovativi vengono definiti delle api. Questa metafora ci permette di comprendere come gli attori territoriali, nella prospettiva dell’innovazione sociale, siano soggetti che partecipano attivamente nei processi di cambiamento.  ▪ capacità di Agency del soggetto= ruolo attivo che ha l’attore sociale nel realizzare sé stesso, sia in senso individuale, sia in senso collettivo (Giddens 1981; Mingione 2016). Hanno un potere decisionale, non sono solo passivi ma hanno anche un ruolo attivo. ▪ Cambio di prospettiva nelle scienze sociali: prospettiva molto più orientata all’azione, che pone più importanza agli attori, ai loro conflitti e ai compromessi a cui giungono Il processo di diffusione dell’innovazione può essere inteso come emancipazione delle persone come soggetti e non come oggetti dello sviluppo e del cambiamento sociale.  Quando l’innovazione si diffonde, si possono avviare processi di empowerment.  Per considerare a pieno gli effetti dell’innovazione a livello sociale è necessario considerare tutti i soggetti che potrebbero partecipare al processo innovativo. A differenza di altri approcci, l’approccio territoriale ha il pregio di considerare il ruolo centrale della società civile all'interno delle dinamiche innovative. Spesso, infatti, le innovazioni sono frutto di lotte e di compromessi derivanti da movimenti sociali che si sono manifestati ciclicamente e a diverse scale socio-spaziali. È all’interno della società civile che si originano l’innovazione e, eventualmente, la trasformazione sociale.  La maggior parte dei processi di diffusione dell’innovazione sociale non è esente da conflitti e da forme di negoziazione. La società civile non deve essere vista come insieme omogeneo, come unità coerente, ma come gruppi che comprendono diversi ruoli, orizzonti valoriali e aspettative. Questa diversità può portare alla creazione di conflitti che possono essere risolti attraverso un processo di negoziazione. Una aspetto essenziale a questo proposito riguarda la governance terri  Governance partecipativa ▪ IS: capacità di migliorare le relazioni tra gli attori locali e di promuovere vere forme di governance partecipativa (Kropp 2016)  ▪ Castro-Spila e Unceta (2016) identificano tre tipologie principali:  . la “governance sociale” = tipo di partecipazione (formale o interattiva) del gruppo sociale interessato  . “governance inter organizzativa”: livello di diversità tra i membri che cooperano all’interno del progetto  . “governance sostenibile”: capacità del progetto di attivare forme organizzative durevoli e sostenibili nel medio-lungo periodo.  Triangolo “stato-mercato-società civile” sta mutando, fa risalire questi mutamenti a tre principi di riconfigurazioni: -rapporto società civile-mercato: nascita e diffusione di movimenti sociali  -economia-stato: modificati dal capitalismo  -stato-società civile: riorganizzazione dello stato in risposta ai due fenomeni sopra e ad una crisi interna in termini di crescente burocrazia e diminuzione di risorse economiche e finanziarie disponibili. Questi mutamenti avrebbero avuto conseguenze tangibili al livello della governance, soprattutto in termini di ridimensionamento della stessa sotto forma di rete orizzontale e condivisa. In tale contesto, la governance assume forme ibride, mentre i cittadini vengono invitati a partecipare seguendo quella che viene definita una meta-governance. ▪ Meta-governance (Jessop 2002): framework per il coordinamento tra attori privati, pubblici e società civile. Lo stato rimane il soggetto centrale della governance, anche se alcune funzioni o linee di intervento vengono esternalizzate ad altre organizzazioni private o del terzo settore. ▪ Lévesque (2014) distingue tra: New Public Management vs. Public Value Management -New public management: visione neoliberista, concentrata sulla privatizzazione dei servizi, sulla deregulation e sull’introduzione dei principi di mercato nella governance -Public value management: un’idea di servizio pubblico co-progettato, co-costruito e co-prodotto dagli attori territoriali Al contrario l’Innovazione collaborativa (Nambisan 2008) generata da una governance partecipativa, si genererebbe dall’inclusione di tutti gli stakeholder, visione condivisa del valore generato, valorizzazione di diversi tipi di creatività e capacità e da processi di negoziazione e compromessi condivisi Diverse ricerche hanno confermato l’importanza dell’inclusione di tutti i soggetti territoriali nei processi decisionali, al fine di promuovere innovazione sociale e sviluppo sostenibile del territorio.  Governance partecipativa limiti Alcuni autori evidenziano una serie di criticità. Swyngedouw (2009) elenca i potenziali limiti legati ai mutamenti della governance:  ▪ poca trasparenza dei processi partecipativi  ▪ tendenza ad includere sempre gli stessi soggetti, creando nuove marginalità  ▪ costituzione di nuove forme di potere in termini di relazioni sociali  Altri autori:  ▪ privatizzazione delle soluzioni istituzionali (Marques, Morgan, Richardson 2018)  ▪ deresponsabilizzazione dello stato rispetto ai cittadini (Baker, Mehmood 2013)  ▪ eliminazione dell’aspetto di contestazione proprio della politica non sempre una governance di tipo partecipativo veicola un processo di tipo inclusivo ma portano a legittimazione dei rapporti di potere, creazione di nuovi tipi di esclusione, nuovi tipi di marginalità (Christiaens, Moulaert, Bosmans 2007)  Il ruolo dello stato ▪ A fronte di nuova responsabilizzazione del privato e della società civile, non dovrebbe corrispondere una graduale de-responsabilizzazione della componente pubblica e una progressiva privatizzazione dei servizi sociali (Mingione 2016).  ▪ Lo Stato rimane una componente essenziale nel processo di creazione e di diffusione dell’innovazione sociale.  ▪ Ruolo da controllore ad uno di facilitatore di iniziative socialmente innovative (Alberio, Tremblay 2014).  Innovazione sociale e path-dependency È tramite lo spazio che gli attori rivendicano i propri bisogni e le proprie aspettative. ▪ L’innovazione sociale è path-dependent (Howaldt, Schwarz 2010) = dipende sia da ciò che è avvenuto storicamente in un determinato territorio, sia da ciò che sta avvenendo nel presente. Sono le relazioni tra i soggetti del territorio che condizionano l’innovazione sociale ed il rapporto tra quest’ultima e gli altri fenomeni sociali. Le innovazioni sociali provengono spesso da azioni “territorializzate”, più che da grandi organizzazioni o istituzioni. I processi di innovazione avvengono localmente, per poi espandersi su varie scale, da quella locale fino a quella internazionale.  L’innovazione sociale si origina a partire da un contesto sociale e politico favorevole. ▪ Hillier, Moulaert e Nussbaumer (2004) identificano quattro tipologie di conseguenze derivanti dalla considerazione della path dependency:  -il carattere specifico di ogni strategia di innovazione sociale  -la mobilizzazione realista delle risorse -l’influenza dell’heritage storico-culturale (l’IS è spesso qualcosa già presente nel retaggio culturale del passato)  -la traduzione concreta dell’innovazione al fine di superare i limiti imposti dal contesto di riferimento  Innovazione sociale e path-building ▪ 5. Organizzazione e diffusione: l’ IS viene accettata e si espande (scaling), divenendo un modello di successo, attraverso l’emulazione, o attraverso uno scambio graduale di conoscenze e competenze ▪ 6. Cambiamento del sistema di riferimento: mutamento di alcuni elementi del sistema, quali il modello economico, il contesto normativo, le dinamiche relazionali etc.  Modello di Klein associa il processo di diffusione dell'innovazione sociale ad una sorta di dinamismo locale, in grado di condurre, talvolta, ad un processo di trasformazione sociale.  Iniziativa locale Lancio di un’iniziativa locale = progetto creato da un leader o da un cittadino (o da un gruppo di leader o un gruppo di cittadini). ▪ Il progetto può essere riferito a diversi ambiti di intervento (es. ambiente, inclusione, lavoro, accesso alla casa, ecc.) e, talvolta, può ricollegarsi ai progetti avviati in una fase precedente. ▪ La questione della legittimità è essenziale per comprendere il processo di diffusione dell’innovazione: solo se gli attori che la promuovono vengono riconosciuti come leader da parte della collettività locale (o una parte di essa), avranno un possibile appoggio da parte dei soggetti esterni e delle organizzazioni-chiave, in quanto il supporto dell’amministrazione pubblica non è sempre presente.  Mobilitazione di risorse Le risorse possono essere sia di tipo esogeno, sia di tipo endogeno ▪ Esse si riferiscono alla dimensione umana, organizzativa e finanziaria utile per ideare e implementare il progetto. ▪ Gli attori sociali devono essere in grado di utilizzare in maniera efficiente le risorse pubbliche, se presenti, e di attirare eventuale capitale privato, pur mantenendo una coerenza valoriale e d’azione verso l’interno. ▪ Possibile esito: accrescimento del sentimento di appartenenza territoriale e miglioramento delle relazioni tra gli attori del territorio. In questa fase si può generare un meccanismo di solidarietà locale fondata, da una parte, sulla ricerca di supporto pubblico e privato, dall’altra, sulla mobilitazione delle risorse disponibili nel territorio.  Coscienza territoriale Trasformazione del sentimento di appartenenza territoriale in coscienza territoriale. ▪ Il processo innovativo può stimolare la collaborazione tra gli attori locali, generando un sentimento di appartenenza al territorio in cui collaborano. ▪ Risoluzione di eventuali conflitti e sentimento di azione condivisa per il bene comune. ▪ Si originano dinamiche di rete e di partenariato, all’interno delle quali gli attori agiscono congiuntamente per il bene della collettività ▪ Valorizzazione del progetto iniziale e empowerment  Apprendimento collettivo e mutamento istituzionale ▪ Il progetto può assumere una valenza istituzionale grazie ad una dinamica di apprendimento collettivo che, in alcuni casi, promuove una governance partecipativa su scala locale. L’esperienza innovativa può portare allo sviluppo di nuovi progetti, all’interno di un processo circolare di apprendimento continuo da parte degli attori sociali. ▪ Non tutti i casi di innovazione sociale portano a questo esito: -iniziative isolate che non riescono ad attivare dei processi di apprendimento collettivo -le sue conseguenze rimangono valide solo sul piano privato e sono limitate ad un target molto specifico.  Quali differenze ? Innanzitutto, nel primo modello l'innovazione nasce a partire dall'iniziativa di un'azienda, di un’impresa sociale o di un'associazione, mentre nel secondo modello è soprattutto all'interno della società civile che si originano i processi innovativi. L'accento posto sui cambiamenti organizzativi piuttosto che su quelli istituzionali, osservabili solo nell'ultima fase, inquadra il primo modello all'interno di un approccio, se non di riduzionismo economico, prettamente legato agli effetti dell'innovazione sociale in termini di efficacia ed efficienza organizzativa. Questo approccio si avvicina molto a quello dei management studies.  Nel secondo modello ci suggerisce un approccio più onnicomprensivo delle dinamiche innovative a livello territoriale. Se, infatti, non si esclude che l'innovazione possa provenire anche dal settore privato, dal privato sociale o, talvolta, dalle istituzioni, è a partire dai problemi emergenti che vengono percepiti soprattutto all'interno della società civile che si concentra il processo di diffusione. Nel secondo modello, infine, le dinamiche di diffusione vengono viste in una sorta di ciclo dell'innovazione: ogni innovazione sociale, una volta diffusa, può portare all'emergere di nuove aspirazioni e istanze sociali e ad un nuovo processo innovativo. Nel modello di Murray, Grice e Mulgan, invece il processo innovativo assume una forma a spirale e non sembra esserci una continuità tra innovazioni sociali diverse.  Aspetti comuni: -necessità di considerare come gli attori sociali possono avere obiettivi e orizzonti culturali diversi. Secondo entrambi i modelli i conflitti sono considerati una parte integrante delle dinamiche innovative.  -Risultato potenziale del processo innovativo: la trasformazione sociale è presentata come un possibile esito della dinamica innovativa.  Is e trasformazione sociale Marques, Morgan e Richardson (2018, pp. 501-505) propongono quattro tipologie di innovazione sociale in base alla scala e all’ambito di cambiamento che promuovono: - IS strutturale: riguarda le istituzioni o le relazioni sociali come risultato di un più ampio cambiamento politico, sociale ed economico (livello macro).Innovazione delle istituzioni o delle Secondo Appadurai (2011, p. 48), la capacità di aspirare e le capabilities di Sen sono i due lati della stessa medaglia: «la capacità di avere aspirazioni delinea l’orizzonte etico all’interno del quale si può dare un senso, una concretezza e una sostenibilità ad altre e più concrete capabilities». Egli continua (ivi, p. 49): «la premessa è che la capacità di avere aspirazioni, in quanto capacità (o meta-capacità) culturale, è in grado, se rafforzata, di accelerare la costruzione di altre capacità».  Redistribuzione  ▪ Redistribuzione = processo avente l’obiettivo di generare una più equa ripartizione di risorse e ricchezza (Fraser, Honneth, 2007)  Riconoscimento  Riconoscimento = rispetto nei confronti delle differenze individuali e collettive (Fraser, Honneth, 2007)  Rappresentazione Rappresentazione = “parità partecipativa”, che comprende i principi di “legittimità normativa” (il diritto a partecipare di tutti gli stakeholder nella discussione pubblica) e di “efficienza politica” (quando il potere pubblico considera realmente la volontà della società civile) (Fraser, 2007). Viene così riconosciuta la pari rilevanza della dimensione culturale, economica e politica nei confronti dei processi e dei mutamenti che si verificano all'interno dell'universo sociale.  Is e capitale sociale Il capitale sociale ha un ruolo importante per l’IS ▪ Il “capitale sociale” è costituito da tre elementi principali:“reti sociali”,“norme di reciprocità”e “fiducia”,che sono in grado di generare effetti positivi sia verso gli individui inseriti all'interno delle reti sociali, sia verso la società nel suo complesso ▪ Esso viene indicato da alcuni autori, inoltre, come un fattore in grado di condizionare la felicità individuale (Paltrinieri 2012, 2013; Rifkin 2014). In altre parole, maggiore è il numero delle relazioni sociali che un individuo possiede, maggiore è il grado di felicità che l’individuo può raggiungere. La reciprocità può essere di due tipi: • specifica (l’obbligo di mutualità viene esplicitato); • generalizzata (l’obbligo non viene esplicitato ma si attende che, prima o poi, qualcun altro faccia lo stesso). Il concetto di reciprocità chiama in causa un altro elemento che spesso si associa alle dinamiche innovative: il dono. Esso facilita le relazioni sociali e può creare un “valore di legame” che supera il valore stesso del bene attraverso lo scambio (Mauss 1924; Caillè 1991; Godbout 1997). Il Farm Cultural Park (Favara, Agrigento), centro culturale dedicato all’arte contemporanea e all’innovazione, situato in un quartiere rimasto semiabbandonato, ha acquisito alcune delle abitazioni, trasformandole in luoghi di esposizione di arte contemporanea, spazi d’incontro, cucine a vista per workshop e pranzi, dando vita ad una Cooperativa di Comunità La seconda componente del capitale sociale è la fiducia. Senza fiducia non si creerebbero le basi per la generazione dei legami sociali tra gli individui (Fukuyama 1996) e, di conseguenza, non ci sarebbe innovazione sociale. Il capitale sociale, tuttavia, può anche avere un ruolo marginalizzante e creare barriere all'interno di una società. Il capitale sociale è, infatti, costruito spazialmente, e in base a come esso si colloca nelle reti socio-spaziali, può creare inclusione o esclusione. Per fare in modo che le iniziative socialmente innovative non creino l'ennesimo progetto escludente ed esclusivo è necessario che rappresentino reali opportunità di integrazione sociale. In altre parole, tutti i soggetti che condividono una determinata problematica dovrebbero essere i beneficiari dell'innovazione, evitando di coinvolgere sempre gli stessi soggetti-leader all'interno di un gruppo e di escludere quelle persone che non hanno ancora acquisito gli strumenti per partecipare.  Is e apprendimento collettivo  ▪ Al centro di questi processi risiedono gli attori locali che attraverso un processo di negoziazione, resistenza o accomodazione (Klein, Laville, Moulaert 2014) danno vita a iniziative socialmente innovative. ▪ Una volta che gli attori promuovono iniziative socialmente innovative, l’innovazione può diffondersi nel corpo sociale attraverso un processo di apprendimento collettivo che, come ci suggerisce Klein (2014) si fonda su una “coscienza territoriale” condivisa. In particolare, il processo di apprendimento collettivo che alimenta l'innovazione si manifesta sia nel riconoscimento e nella valorizzazione di alcune risorse locali in cui le persone si identificano, sia attraverso processi partecipativi e di riappropriazione dello spazio di azione. In questi casi la riappropriazione creativa di spazi facenti parte della memoria storica locale e la loro riapertura alla comunità possono costituire elementi identitari capaci di stimolare la creazione di “spazi interattivi” dove facilitare il confronto.  ▪ “comunità di appartenenza” VS “comunità integranti” (mantengono il senso collettivo dell’agire) (Kaufmann, 2004): "'comunità integranti" che, a differenza delle "comunità di appartenenza" non vengono utilizzate come risorsa dell'ego, ma mantengono il senso collettivo dell'agire.  Partecipazione e riappropriazione  Quando l'innovazione sociale interviene all'interno di progetti che si propongono di promuovere la rigenerazione (urbana o di aree rurali) dal basso, talvolta vengono attivati dei processi di partecipazione e di (ri)appropriazione dello spazio. IS come «diritto alla città»: riappropriazione e partecipazione Lefebvre (1968) ▪ Riappropriazione: di spazi fisici e simbolici dove si collocano le relazioni sociali e dove si elaborano progettualità condivise ▪ Partecipazione: ridefinire le norme e i valori alla radice dell’esclusione Nel 1994 Pretty propone un modello di partecipazione, utile per capire i diversi livelli di coinvolgimento della comunità locale all'interno dei processi di sviluppo locale. Egli individua sei tipologie di partecipazione, che si muovono verso una sempre maggiore presa di coscienza da parte della comunità locale all'interno delle dinamiche organizzative, gestionali e politiche del proprio territorio: 1-Partecipazione passiva: I cittadini vengono informati sulle decisioni già prese, semplice passaggio di informazioni tra agenti esterni e persone del luogo.  2-Partecipazione informativa: I cittadini rispondono a delle domande predefinite, gli agenti non sono tenuti a considerare i punti di vista dei locali 3-Partecipazione tramite consultazione: I cittadini esprimono il loro parere 4- Partecipazione con incentivo: I cittadini partecipano in cambio dell’accesso a certe risorse 5-Partecipazione funzionale: la partecipazione dei cittadini è centrale per la riuscita del progetto 6-Partecipazione interattiva: I cittadini partecipano in modo condiviso e decidono sulle sorti del progetto → Automobilitazione: I cittadini agiscono di loro spontanea iniziativa Partecipazione “minimalista”: il ruolo politico dei cittadini si limita alla elezione di rappresentanti  Partecipazione “massimalista”: la partecipazione si lega a spazi e a processi decisionali decentralizzati e multidirezionali (Carpentier, 2017) Accanto alla partecipazione, il concetto di riappropriazione può essere utile per comprendere quelle pratiche o quei processi attivati da un gruppo di persone per fruire di uno spazio", all'interno del quale possono essere realizzate iniziative, progetti, azioni, più o meno temporanei.  Appropriazione Due tipi di spazio: - «spazio simbolico»/ mindscape (Mela 2006)attorno al quale si riconosce una comunità di individui che condivide gli stessi valori o dei valori simili. = anima culturale dell’innovazione sociale perché condiziona l’attività sociale, è centrale per la nascita e diffusione di pratiche e processi innovativi. - «spazio fisico» = dove gli attori trasformano le loro rappresentazioni simboliche in azioni e performance Spazio fisico e spazio simbolico si condizionano reciprocamente: senza il primo non potrebbe esistere il secondo e viceversa.   ▪ Rigenerazione (coinvolgimento diretto dei cittadini, promuovendo i progetti nati dall’iniziativa locale) vs gentrificazione (esclusione gruppi precedenti e mutamento assetto fondiario e ambiente costruito) Innovazione sociale e mobilità: azioni e narrative creative tra turismo e migrazione  Turismo e migrazione Per quanto turismo e migrazione siano visti come fenomeni distinti ed esista una scarsa letteratura che si occupa di investigarne le connessioni. i flussi della mobilità umana sono oggi più interrelati che mai. Migrazione e turismo, dunque, si intersecano per costruire nuove geografie del mondo, all’interno delle quali i problemi sociali sono sempre più complessi e multidimensionali.  ▪ Approccio della mobility justice (Sheller 2018): considerare i flussi all’interno di un unico paradigma della mobilità, svelandone i rapporti di potere, le forme di controllo del movimento – definite motility (Flamm, Kaufmann 2006) – e l’esclusione che ne deriva, smascherando gli effetti perversi di una società sempre più diseguale.  ▪ Bauman (2007): “turisti” e “vagabondi”, l’uno l’alter ego dell’altro. Ma il vagabondo è impossibilitato a spostarsi o lo può fare in modo limitato, mentre il turista può girare liberamente. Mobility justice ▪ Il paradigma delle new mobilities (Rojek, Urry 1997; Sheller, Urry 2006) concettualizza la mobilità come una pratica culturale, dove i diversi attori svolgono un ruolo attivo all’interno del processo di negoziazione simbolica dei significati. Focus: si concentra sulle connessioni tra diverse forme di movimento che legano persone, luoghi e attività attraverso un complesso sistema di performance.  Secondo questo paradigma, lo spazio non è qualcosa di fisso ma è dinamico ed è formato da diversi elementi (es. relazioni, persone, immagini, simboli, materiali, ecc.) che si manifestano tramite la performance e vengono osservati in modo diverso a seconda dello sguardo che viene adottato.  Ed è proprio all'interno di questi spazi che può intervenire l'innovazione sociale, cercando di promuovere narrative contro-egemoniche e azioni che si contrappongono a relazioni spaziali e culturali di tipo post-coloniale, sostenendo pratiche di mobilità più sostenibili ed eque e riducendo i suoi impatti sui territori e sulle comunità. IL TURISMO (RESPONSABILE)  L’importanza del turismo ▪ Minca e Oakes (2014) sostengono che il turismo può essere uno strumento analitico attraverso il quale osservare la realtà sociale contemporanea. ▪ Turismo = ambito di azione privilegiato per l’IS (socioculturale, ambientale, economico, etc.)  Quali sono le conseguenze di questa crescita? https://www.youtube.com/watch?v=v5TzTNZvGIw
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