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Il ruolo dei media nella società contemporanea: potere e sviluppo sociale, Schemi e mappe concettuali di Sociologia Della Comunicazione

Questo documento illustra le principali teorie sul ruolo dei media nella società contemporanea, esplorando il loro potere, l'influenza sul cambiamento e lo sviluppo sociale. Le teorie discusse comprendono la teoria della società di massa, la teoria critica economica-politica e il costruttivismo sociale. Inoltre, il documento fornisce una panoramica della storia della ricerca sugli effetti dei media, dividendola in quattro fasi e descrivendo i diversi tipi di effetti.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2023/2024

Caricato il 28/02/2024

rebecca-di-bello
rebecca-di-bello 🇮🇹

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Scarica Il ruolo dei media nella società contemporanea: potere e sviluppo sociale e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Sociologia Della Comunicazione solo su Docsity! DOMANDE SOCIOLOGIA DEI MEDIA McQuail facendo riferimento al cap. 4 del libro “ teorie dei media e teorie della società” illustra le principali teorie sul ruolo dei media nella società contemporanea, dopo aver declinato le tre grandi questioni teoriche evidenziate dall’autore (potere e disuguaglianza, integrazione e integrità sociale, cambiamento sociale). Le grandi questioni teoriche 1: potere e disuguaglianza Poiché i media sono sempre stati legati in qualche modo alla struttura dominante di potere economico e politico, questo rapporto solleva parecchi interrogativi. È evidente innanzitutto che i mezzi di comunicazione hanno un costo e un valore economico, che il loro controllo e accesso sono appetiti da più parti, e che sono sottoposti a regole politiche, economiche e giuridiche. In secondo luogo, i mezzi di comunicazione di massa sono considerati validi strumenti di potere e d’influenza. Infine il potere dei mass media è reso disponibile in maniera assolutamente diseguale. Aspetti del potere dei media: attrazione e direzione dell’attenzione pubblica; persuasione in materia di opinioni e convinzioni; influenza sul comportamento, intenzionale o meno; definizione della realtà; conferimento di status e legittimazione; informazione rapida ed estesa, ma selettiva; più disponibili per coloro che detengono potere economico e politico. Nel dibattito sul potere dei media, l’egemonia viene in genere contrapposta al pluralismo. Nel modello dell’egemonia, i media sono subalterni alle altre istituzioni che, a loro volta, sono interrelate. Qui le organizzazioni mediali sono tendenzialmente possedute o controllate da un numero ristretto d’interessi forti e con caratteristiche e finalità analoghe. Il pubblico è spinto ad accettare il punto di vista in modo acritico. Il modello pluralista ammette grande diversità e imprevedibilità. In questa prospettiva a stimolare la domanda sono pubblici differenziati in grado di resistere ai tentativi di persuasione e di rispondere attivamente all’offerta dei media. Oltre a questi modelli vi sono forme miste, nelle quali le tendenze al dominio massificato o al monopolio economico includono limitazioni e controforze e sono resistite dal pubblico. 2: integrazione e identità sociale Gli studiosi della comunicazione di massa hanno spesso condiviso con i sociologi l’interesse per come l’ordine sociale si conserva e per i fenomeni come l’integrazione sociale. Da un lato vediamo la comunicazione di massa come processo individualistico, impersonale e anomico. Dall’altro vi è una visione opposta dove i media sono capaci di unire in un unico grane uditorio gli individui isolati, o d’integrare i nuovi arrivati nelle comunità urbane fornendo un tessuto comune di valori, idee e informazioni e favorendo la formazioni di nuove identità. In sintesi i mass media possono essere insieme fattore di coesione come di disgregazione sociale. 3: cambiamento e sviluppo sociale Una questione nodale riguarda la direzione e la forza del rapporto tra la comunicazione di massa e gli altri cambiamenti che avvengono nella società: in sintesi, i media sono la causa o l’effetto dei cambiamenti sociali? Non esiste una risposta semplice e le varie teorie propongono interpretazioni opposte di questo rapporto. In teoria tutte le conseguenze dei mass media sono questioni riguardanti il cambiamento sociale, ma le più rilevanti per la teoria sono state il problema del determinismo tecnologico (effetto sulla società dell’evoluzione dei mezzi di comunicazione) e la questione più pratica se (e come) i mass media possono favorire lo sviluppo economico e sociale come “motori del cambiamento”. Per quanto riguarda le teorie principali sul ruolo dei media abbiamo: 1 la teroia della società di massa, 2 la teoria critica economica- politica e 3 il costruttivismo sociale. 1La teoria della società di massa è costruita attorno al concetto di massa, e sottolinea l’interdipendenza delle istituzioni che esercitano potere e, quindi, l’integrazione dei mezzi di comunicazione nelle fonti del potere e dell’autorità. Il contenuto tende a favorire gli interessi dei detentori del potere politico ed economico. Non ci si può aspettare dai media una visione critica o alternativa della realtà, e la loro tendenza sarà quella di agevolare l’adeguamento del pubblico dipendente al loro stesso destino. Questa teoria mette in primo piano i media come fattore causale, e si basa sull’idea che i mezzi di comunicazione offrono una visione del mondo, uno pseudoambiente, che è non solo un potente strumento di manipolazione delle persone, ma anche un aiuto alla loro sopravvivenza in condizioni difficili. 2Teoria economico- politica è una vecchia etichetta riesumata per identificare un approccio alla società che mette in primo piano il rapporto fra la struttura economica, la dinamica delle industrie mediali e il contenuto ideologico dei media. Questa teoria orienta la ricerca verso l’analisi empirica della struttura proprietaria e di controllo dei media e verso il modo di operare del mercato dei media. Secondo questa prospettiva, l’istituzione media dev’essere considerata parte integrante del sistema economico con stretti legami con quello politico. Le conseguenze sono evidenti nella riduzione delle fonti indipendenti, nella concentrazione dei mercati più grandi, nell’eliminazione dei rischi dell’impresa, negli investimenti ridotti in aree della comunicazione meno remunerative come l’inchiesta giornalistica o il film documentario, nell’abbandono dei settori di pubblico più poveri. Il punto di forza di questo approccio sta nel fatto che le sue descrizioni dei meccanismi di mercato sono empiricamente verificabili, anche se, essendo queste così numerose, la dimostrazione empirica ne risulta tutt’altro che facile. L’attenzione principale è centrata sulla dinamica sulla dinamica economica dell’attività mediale e sui prodotti o contenuti mercificati. Una variante di quest’approccio sostiene anche che i media producono pubblico, nel senso che consegnano l’attenzione di quest’ultimo agli inserzionisti e modellano il comportamento degli utenti in determinate direzioni. Ciò che i media commerciali vendono ai loro clienti è un numero di potenziali consumatori secondo un profilo di mercato. 3 I postulati del costruttivismo sociale: la società non è una realtà data bensì costruita; i media forniscono il materiale per la costruzione sociale, propongono significati che possono essere negoziati o respinti, riproducono in maniera selettiva certi significati e infine non possono offrire una visione oggettiva della realtà sociale (tutti i fatti sono interpretazioni). La costruzione sociale riguarda i processi attraverso i quali eventi, persone, valori e ideali sono essenzialmente definiti o interpretati in un certo modo, ricevendo un’attenzione di valore e priorità, in gran parte dai mass media, per poi portare alla costruzione di più ampie rappresentazioni di realtà. Qui svolgono una parte di primo piano le idee d’incorniciamento e schematizzazione. facendo riferimento al capitolo 16 “ la ricerca sugli effetti” del testo di McQuail, illustra diffusamente le 4 fasi della storia della ricerca e della teoria sugli effetti dei media e i diversi tipi di effetti Quattro fasi nella storia della ricerca e delle teorie degli effetti dei media Prima fase: media onnipotenti In questa fase, che va dai primi del Novecento alla fine degli anni ’30, ai media si attribuiva il potere quasi assoluto di cambiare le abitudini e di modellare il comportamento secondo le volontà di coloro che detenevano il controllo dei mezzi e dei loro contenuti. Questa visione si basava sull’osservazione dell’enorme popolarità della stampa e dei nuovi media, il cinema e la radio, che interferivano in molti aspetti della vita quotidiana e degli affari pubblici. Sulla base di queste convinzioni, ebbe inizio una ricerca sistematica che utilizzava i sondaggi e i metodi sperimentali ed era fortemente tributaria della psicologia sociale. Seconda fase: la verifica della teoria dei media onnipotenti Questa fase della ricerca sugli effetti sociali dei media arrivò fino ai primi anni ’60. Furono condotti molti studi separati sugli effetti di differenti tipi di contenuto e media, di particolari film o programmi e di intere campagne. L’attenzione si concentrò soprattutto sulla possibilità di usare il cinema e gli altri media per pianificare informazione e propaganda. La ricerca continuava poi sui possibili effetti dannosi dei mezzi di comunicazione sui minori, specialmente con l’arrivo della televisione negli anni ’50. Nel corso del tempo la natura della ricerca cambiò, a man mano che si sviluppavano nuove metodologia e i reperti e la teoria proponevano nuove variabili da analizzare. Inizialmente, i ricercatori distinsero possibili effetti secondo caratteristiche sociali e psicologiche; in seguito usarono variabili relative all’influenza dei contatti personali e dell’ambiente sociale, e quindi studiarono le motivazioni all’esposizione ai media. Quella che ora possiamo vedere come la fine di un’epoca fu caratterizzata da una diffusa delusione per i risultati di questo tipo di ricerche e della convinzione di senso comune che assegnava un ruolo molto più modesto ai media nel provocare effetti intenzionali o involontari, in quanto collocati entro una struttura preesistente di rapporti sociali, entro un particolare contesto sociale e culturale. esperimenti socio- psicologici e l’analisi statistica. La visione della società che sta alla base è sostanzialmente normativa: presume un certo tipo di società giusta normalmente funzionante, democratica, liberale, pluralista e ordinata. Il bene o il male, vero o presunto, dei mezzi di comunicazione di massa è stato in genere giudicato secondo questo modello. Paradigma della communication research: idea liberale- pluralista della società; prospettiva funzionalista; media potenti modificati dalle relazioni del gruppo; ricerca quantitativa; i media visti come problema sociale; metodo comportamentista e individualista. I principi teorici del paradigma dominante erano mutuati dalla sociologia, dalla psicologia sociale e dalla scienza politica applicata dell’informazione, specialmente dopo la 2GM: • Analisi funzionalistica: dà per scontato che la comunicazione favorisce l’integrazione, la continuità e la normalità della società, pur riconoscendo che la comunicazione di massa può anche avere effetti negativi. Lasswell fu il primo a enunciare chiaramente le funzioni della comunicazione nella società, cioè i compiti essenziale che svolge nel mantenerla in vita. • Teoria dell’informazione: modello per analizzare il flusso d’informazioni che concepiva la comunicazione come un processo seriale a partire da una fonte che sceglie un messaggio, che è poi trasmesso sotto forma di segnale su un canale di comunicazione a un ricevente, il quale ritrasforma il segnale in un messaggio per una successiva destinazione. • Intorno agli anni ’50, i progressi nella misurazione mentale e nell’analisi statistica sembrano offrire strumenti nuovi e potenti per giungere alla conoscenza generalizzata e affidabile di processi e stati fino ad allora oscuri o confusi. Questi metodi parvero in grado di rispondere agli interrogativi sull’influenza dei mass media e sulla loro efficacia in termini di persuasione e di cambiamento dell’opinione. Un paradigma critico alternativo Il “paradigma alternativo” poggia su una visione differente della società, che non accetta l’assetto liberal- capitalista vigente come giusto e inevitabile o come il migliore auspicabile. Fu durante gli anni ’60 e ’70 che prese compiutamente forma il paradigma alternativo, sotto l’influsso degli ideali del ’68, combinando la protesta contro la guerra, i movimenti di liberazione di vario tipo e anche il neo- marxismo. I punti di forza di questo paradigma sono innanzitutto una concezione più sofisticata dell’ideologia presente nel contenuto dei media, grazie alla quale i ricercatori hanno decodificato i messaggi ideologici dell’intrattenimento e delle notizie nei mass media. In secondo luogo, la ricerca ha smentito che nel contenuto mediale siano racchiusi significati fissi con un impatto prevedibile e misurabile; il significato va considerato come qualcosa di costruito e i messaggi vengono decodificati in base alla condizione sociale e agli interessi del pubblico che ne fruisce. In terzo luogo viene riesaminata la natura politica ed economica delle organizzazioni e strutture dei mass media a livello nazionale e internazionale, questa volta non prese a sé stanti ma giudicati in base alle loro strategie operative, che sono tutt’altro che neutrali e obiettive. Facendo riferimento al capitolo V "Comunicazione di massa e cultura" del testo di Denis McQuail "Sociologia dei Media" illustrare i principali approcci teorici che hanno analizzato la relazione tra comunicazione di massa e cultura, specificando le differenze tra Scuola di Francoforte e Scuola di Birmingham. Facendo riferimento al capitolo VI "Una nuova teoria per i nuovi media?" del testo di Denis McQuail "Sociologia dei Media", illustrare le principali questioni e i principali elementi per una «teoria dei nuovi media», anche con riguardo alle differenti modalità di traffico informativo. Facendo riferimento al capitolo Ill "Concetti e modelli per le comunicazioni di massa" del testo di McQuail, spiegare estesamente cosa si intende per cultura di massa e popolare. Sulla base della lettura del manuale di McQuail, descrivere gli effetti socioculturali dei media, con riferimento particolare alla rappresentazione della violenza con riferimento al capitolo V del manuale di McQuail, discutere l’approccio culturalista allo studio dei media. Sulla base della lettura del testo di McQuail descrivere la differenza fra new e old media. facendo riferimento al cap 17 effetti socio culturali del libro di McQuail “soc. dei media”, illustra il rapporto tra media e violenza, i principali aspetti dell’influenza dei media sui minori e la teoria della coltivazione. facendo riferimento al cap 18 di McQuail analizza caratteristiche ed effetti della comunicazione politica e dell’influenza dei media sugli eventi.
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