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sociologia della cultura di Wendy Griswold, Sintesi del corso di Sociologia Dei Media

manuale di sociologia della cultura

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 20/03/2019

Barbara_C97
Barbara_C97 🇮🇹

4.2

(54)

15 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica sociologia della cultura di Wendy Griswold e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Dei Media solo su Docsity! Sociologia della cultura: Capitolo 1 - La cultura e il diamante culturale La parola cultura non è semplice da definire. Attraverso questo termine possiamo riferirci a cose diverse: costumi nazionali, attività considerate elitarie, forme di intrattenimento di massa, variazioni locali di significati simbolici. È importante comprendere la cultura per evitare incomprensioni culturali, che ci condurrebbero a risultati poco graditi (per esempio i conflitti culturali o l'ignoranza culturale). 1. Definizioni: due modi di guardare la cultura Secondo Richard Peterson, i sociologi per cultura fanno riferimento a 4 elementi: 1. Norme, che riguardano le modalità di comportamento degli individui in una determinata società; 2. Valori, cioè ciò a cui essi tengono; 3. Credenze, ovvero il modo in cui essi pensano che il mondo funzioni; 4. Simboli espressivi, ossia le rappresentazioni delle stesse norme sociali, valori e credenze. Inoltre, i sociologi usano il termine cultura per riferirsi ad oggetti e idee. Due sono le diverse prospettive accademiche sulla cultura: quella delle discipline umanistiche e quella delle scienze sociali. Innanzitutto, bisogna dire che la distinzione tra cultura e società non esiste nel mondo reale, questa è una distinzione analitica compiuta dagli studiosi per comprenderne le caratteristiche. - La cultura riguarda l'aspetto espressivo dell'esperienza umana; - La società riguarda l'aspetto relazionale e pratico. Uno stesso oggetto può essere analizzato dal punto di vista sociale o dal punto di vista culturale. 1.1 "Quanto di meglio è stato pensato e conosciuto" Al termine cultura attribuiamo diverse accezioni: Quando ci riferiamo alle belle arti, allo spettacolo o alla letteratura seria parliamo di "cultura alta" - opposta a quella di massa - e implica uno status sociale alto. Questa concezione si rifà alle discipline umanistiche che vedono la cultura come una sfera di valore superiore e universale. Nel XIX° secolo molti autori misero in evidenza il contrasto tra cultura e civiltà. Il termine "civiltà" indicava i progressi tecnologici della rivoluzione industriale e le trasformazioni sociali che ne derivano. (concezione opposta a quella illuminista, che vedeva nel progresso qualcosa di altamente benefico, e contro Marx che basava ogni cosa su basi economiche). Essi vedevano la cultura come ancora di salvezza degli umani ultra-civilizzati. Gli studiosi ottocenteschi erano preoccupati di ridurre la cultura all'etnocentrismo che venerava la cultura europea occidentale, considerandola il vertice dell'esperienza umana. - Matthew Arnold sosteneva che solo la cultura fosse in grado di salvare la società moderna dall'anarchia, che poteva essere causata dall'industrializzazione che portava gli individui ad alienarsi. Secondo lui, la cultura avrebbe potuto restituire alla civiltà "dolcezza e luce" (sinonimi di dolcezza e luce) parole che ricavò dalla parabola di Jonathan Swift sui ragni e le api (ragni = lavorano per sé stessi; api = producono non egoisticamente benefici per altri). La cultura non è fine a sé stessa, ma un mezzo tramite cui raggiungere un fine (mezzo tramite il quale "umanizzare" gli uomini per contrastare gli effetti distruttivi della modernizzazione). - Max Weber: aveva la stessa concezione di Arnold. Weber sosteneva che la cultura era in grado di fare ciò che la scienza non poteva fare, ovvero spiegarci come dobbiamo vivere o cosa dobbiamo fare. Per trovare risposta a queste domande, gli individui devono rivolgersi alla cultura. Sia Weber che Arnold evidenziarono le capacità della cultura di influenzare il comportamento umano. Questo modo di concepire la cultura è associato al sapere umanistico. Dal punto di vista delle discipline umanistiche: - la cultura "coltiva" la mente e la sensibilità umana, ha a che fare con la perfezione. - la cultura si oppone alle norme prevalenti dell'ordine sociale (o civiltà); l'armonia tra cultura e civiltà esiste ma è raramente conseguita. - la cultura deve essere attentamente preservata e non indebolita dalla vita socioeconomica. - accentuano la separazione tra cultura intesa come "sacra" e l'esistenza quotidiana. Questa concezione di cultura descrive un idealtipo per pochi eletti, anche se così intesa da molte persone tuttora. 1.2 “Quell'insieme complesso” Nel XIX° la disciplina antropologica e sociologica si allontanarono dal pensiero di Arnold circa la concezione di cultura. - Johann Gottfried Herder andò contro la concezione etnocentrica della cultura europea della fine del XVIII° secolo. Secondo questo studioso, non era possibile parlare di cultura in senso singolo ma di "culture" dato che ogni nazione e le sue corrispettive comunità avevano una loro cultura. - La concezione di cultura come modo di vita di una data società fu introdotta da Tylor, che intese come superata la contrapposizione tra cultura e civiltà. - Berger definisce la cultura come "l'insieme di tutti i prodotti dell'uomo", che siano materiali o immateriali. Inoltre, egli sostiene che la stessa società è un elemento della cultura non materiale. Nonostante la concezione di cultura in senso ampio evita l'etnocentrismo e l'elitismo dell'accezione umanistica, essa manca della precisione richiesta dalle scienze sociali. - Wuthnow e Witten suggeriscono che i sociologi dovrebbero fare una distinzione tra cultura implicita e cultura esplicita. La cultura può essere vista come esplicita quando una specie di bene o merce simbolica viene esplicitamente prodotta (es : velo portato da una donna musulmana). La cultura intesa come "caratteristica implicita della vita sociale" invece è concezione più astratta (es: significato che i giapponesi e gli americani attribuiscono ad un biglietto da visita). A differenza della scuola umanistica, gli scienziati sociali non vedono forti contrapposizioni tra cultura e società. Due sono le teorie sociali più influenti del XX° secolo che sostengono che "cultura" e "società" non sono termini così distanti : - Funzionalismo: è quella branca della teoria sociale che parte dall'assunto che un'istituzione sociale svolge funzioni necessarie al benessere della collettività. Identifica la cultura come i valori che orientano i livelli sociali, politici ed economici di un sistema sociale. Il funzionalista Merton ha proposto l'esempio della cultura americana che attribuisce un valore elevato al successo economico. Quando la gente non dispone dei mezzi necessari per raggiungere un obiettivo, si manifesta una forte tensione. - Marxismo: secondo i marxisti, vi è una forte congruenza tra struttura sociale e cultura, ma è la prima ad influenzare la seconda e non il contrario. Queste due teorie condividono "l'assunto della forte congruenza". - Berger sostiene che gli esseri umani proiettano la loro esperienza sul mondo esterno (esternalizzazione), poi vivono queste proiezioni come se fossero indipendenti (oggettivazione) e incorporano queste proiezioni nella loro coscienza psichica (interiorizzazione). Ne sono un esempio alcuni sistemi di credenze religiose (esternalizzazione), come il dualismo cinese yin e yang. Questa opposizione, basata sull'esperienza diretta, si è oggettivata nel corso del tempo diventando parte della cultura d'appartenenza indipendentemente da ogni uomo pensante. L'antropologo Geertz ha definito la cultura "un modello di significati trasmesso storicamente, significati che ritroviamo in simboli, un sistema di concezioni espresse in forme simboliche per mezzo di cui gli uomini comunicano, sviluppano la loro conoscenza e i loro atteggiamenti verso la vita." Questa è la definizione più accurata da parte delle scienze sociali e concerne ciò che la maggior parte dei sociologi intende quando si usa la parola" cultura". La posizione della scienza sociale : - evita valutazioni e opta per il relativismo; - parte dal presupposto di uno stretto legame tra cultura e società; - enfatizza la durata della cultura piuttosto che la sua fragilità. La cultura è vista più come un'attività che come un qualcosa che richiede di essere conservata. - la cultura può essere studiata empiricamente come ogni altra cosa. Gli scienziati sociali non considerano la cultura come qualcosa di sacro o diversa da ogni altro prodotto dell'attività umana, anche se molti scienziati sociali contemporanei non sono d'accordo con quest'ultima visione. 2. Connessioni: i legami tra cultura e società miseria umana. Seguendo questo ragionamento, Marx affermerà che la religione è l'oppio dei popoli. Secondo la concezione materialista, l'arte, la religione, le idee, le leggi e la cultura sono i prodotti della realtà materiale. I materialisti partono dall'assunto che la direzione della causalità è dalla terra al cielo, non il contrario. 3.2 Il materialismo storico Marx sarà deluso anche dalla filosofia di Feuerbach, in quanto ciò che secondo Marx non vedeva erano le radici sociali e storiche del mondo materiale. A partire da questo riconoscimento è possibile parlare di materialismo storico di Marx. Il punto di partenza di ogni analisi è "l'uomo produttore", che si sostiene attraverso la produzione e la riproduzione. Per Marx sono prodotti sociali anche la coscienza e la cultura. Egli affermava che la cultura, il governo, la religione erano "sovrastrutture" di cui il fondamento (struttura) era l'economia. Se la base subiva dei cambiamenti, automaticamente li subiva anche la sovrastruttura. Marx sosteneva che un periodo di trasformazione non va giudicato per la sua coscienza, ma piuttosto si deve spiegare la coscienza del periodo con le contraddizioni della sua vita materiale. All'analista critico è affidato il compito di cercare le origini sociali dei valori e dello spirito dell'epoca. Il cuore di questa ricerca consiste negli interessi e negli antagonismi di classe. Secondo Marx, le idee dominanti di una società sono le idee della sua classe dominante. La classe dominante cerca di giustificare la sua posizione sostenendo che le sue idee sono "idee universali". Con ciò, Marx intendeva che la cultura fosse determinata dalla vita materiale della società e dagli antagonismi di classe. Alla teoria marxiana va il contribuito di aver reso possibile un'analisi sociologica della cultura che ipotizzava sulla natura e i principi dei legami tra società e cultura. 3.3 Linee di ricerca della tradizione marxista Un gruppo particolarmente influente che applicò l'analisi culturale di Marx fu quello della scuola di Francoforte. Questo gruppo di studiosi nacque con l'intento di revisionare la teoria marxista e, in particolare, nel tentativo di riconciliare il loro Marxismo con il mondo contemporaneo. I suoi esponenti (Adorno, Horkheimer, Marcuse) elaborarono una nuova teoria critica che organizzava l'analisi culturale empirica sull'obiettivo sociale. Essi criticarono i prodotti culturali di massa paragonandoli a semplici merci, introducendo per la prima volta il concetto di "industria culturale", periodo in cui le grandi imprese sostituirono le piccole industrie. Gli individui, che prendevano coscienza della difficoltà nel raggiungere il successo, tendevano a preferire il consumo alla produzione e gli studiosi della scuola di Francoforte erano preoccupati sul fatto che la gente, anestetizzata dai mass media, non si rendesse conto della libertà privatagli e non reagisse per protestare. Alla teoria marxista si affiancò la teoria funzionalista, anch'essa molto influente. A differenza del Marxismo che concepiva la vita sociale dell'uomo come una dura lotta interrotta solo dalla morte, la teoria funzionalista concepisce la vita sociale come una tendenza sistemica all'armonia. 4. Cultura e significato nella sociologia funzionalista La teoria funzionalista si rifà alla forma aristotelica della teoria del riflesso, per cui essa diventa un modello di riferimento per la sociologia della cultura. L'idea che la cultura rifletta la società esplicita la connessione tra cultura e società. Inoltre, questo modello rende la cultura una testimonianza sociale. L'essenza del funzionalismo è che le società umane, per conservarsi, esprimono bisogni concreti che verranno soddisfatti dalle istituzioni sociali (es: giovani socializzati ed educati dalla struttura relazionale istituzionalizzata della famiglia). In una società, regna l'armonia se tutte le istituzioni presenti sono in grado di soddisfare i bisogni della società. L'incapacità di adattamento, che coinvolge tutte le società, viene descritta come disfunzionale. Ogni livello sociale - cultura, politica, economia, ordine sociale - fornisce input e riceve output. La cultura riflette la società come la società riflette la cultura. Questa versione funzionalista della teoria del riflesso presenta però dei limiti: considera gli esseri umani come passivi e senza propri interessi. Il modello non dà spazio neanche all’influenza delle organizzazioni di produzione della cultura – case discografiche, le gallerie d’arte, ecc. Anche la metafora dello specchio sembra perdere chiarezza. Riguardo la domanda “la cultura riflette sé stessa o è una finestra sulla gente?” è possibile introdurre l’osservazione di Berger secondo cui dal punto di vista del pubblico, l’esternalizzazione e l’interiorizzazione sono atti compiuti dalla stessa persona. La durata dell’immagine riflessa sembra essere in conflitto con la permanenza mostrata da molte opere di cultura. Anche l’argomento della “testimonianza sociale” – l’idea per la quale possiamo leggere una società direttamente dalle sue opere culturali – è spesso fuorviante (es: le sit-com in voga negli anni Cinquanta non mostravano la vera realtà delle famiglie americane di quel periodo). Gli oggetti culturali spesso idealizzano alcuni aspetti dell’esperienza sociale o, come sosteneva Platone, mettono in risalto le sensazioni. Per tanto, il modello dello specchio viene messo in dubbio. Esistono modelli del riflesso funzionalisti più complessi. A tal proposito, è possibile riportare l’esempio dello storico dell’arte Michael Baxandall, che suggerì un modo per tradurre il modello riflessivo sul diamante culturale attraverso uno studio sui pittori italiani del XV° secolo, dimostrando come le opere di questi pittori riflettessero: a. Transazioni commerciali (contratto tra il pittore e il suo cliente), rappresentate dalla linea orizzontale del diamante; b. Valori mutevoli (es: i clienti erano disposti a pagare per un dipinto prima per i suoi pigmenti, successivamente per le abilità pittoriche messe in pratica); c. “L’occhio dell’epoca”: questo concetto si rifà alla capacità cognitiva e allo stile dell’epoca (es: soggetti raffigurati nelle opere d’arte). Inoltre, Baxandall dà una definizione sociologica anche alla nozione di “gusto”, inteso come punto di incontro tra le capacità discriminatorie dei pittori e quelle del loro pubblico. Il concetto di gusto di Baxandall rimanda alla definizione di cultura della sociologa Ann Swidler, che la considera come una “cassetta” di simboli, repertori, pratiche, modi di fare, saperi. Il gusto richiama alla “cassetta” del pittore e del suo pubblico, che deve trovare una giusta conciliazione riflettendo il gusto dell’epoca. Secondo questa visione, la cultura è mediata dalle menti degli esseri umani. Per quanto un modello riflessivo possa essere più soddisfacente della semplice concezione per cui la cultura riflette la società, vi sono diversi problemi in sospeso. Ad esempio, le opere d’arte mantengono il loro valore nello spazio e nel tempo grazie ai nuovi significati che gli vengono attribuiti nel corso del tempo che non dipendono dall’occhio epocale risalente al periodo dell’opera. Infine, la cultura non riflette tutte le “realtà”, in quanto è selettiva diversamente dagli specchi. Un articolo che conferma quanto detto è il “Jerusalem Billboards are Cultural Mosaic” apparso sul Chicago Tribune, nel 1992 che riporta 290 spazi pubblicitari sparsi nel settore ebraico di Gerusalemme. Come afferma l’autore anonimo, questi cartelli pubblicitari riflettono il “mosaico religioso, politico ed etnico della città Santa”. Nonostante l’inquadratura del discorso attraverso un modello funzionalista-riflessivo, il testo rinnega l’idea di un facile adattamento tra la struttura sociale di Gerusalemme e questo “mosaico culturale”. La cultura a cui fa riferimento l’articolo è solo quella ebraica in quanto gli arabi preferiscono imbrattare i muri per i loro slogan politici o trasmettere i messaggi attraverso i giornali. Malgrado l’articolo richiami ad un riflesso, il suo contenuto da dimostrazione della sua imprecisione, dato che i cartelloni non riguardano l’intera popolazione (sia ebraica che araba) ma solo la parte ebraica, rappresentando l’occhio epocale di una sola porzione di popolazione. La metafora dello specchio nella sua versione funzionalista ha portato a pensare alla cultura come una “riflessione” piuttosto che un riflesso, cioè come comprensione di un argomento svelando le sue intime relazioni. Attraverso la cultura gli esseri umani possono riflettere sulla propria esperienza sociale e individuale. 5. Cultura e significato nella sociologia weberiana Sia la versione funzionalista che marxista della teoria del riflesso condivide l’assunto che la cultura e la struttura sociale si riflettano reciprocamente, ma entrambe tendono ad accentuare una freccia causale che punta alla società (o struttura sociale), causa e cultura. In questo caso la freccia punterà verso l’alto del diamante culturale, dato che gli esseri umani hanno bisogno di significato per organizzare le loro vite. Lo scienziato più noto ad aver evidenziato questa causalità è Weber. Così come i suoi contemporanei (Marx, Durkheim) egli ha cercato di comprendere il mondo moderno, in particolare la società industriale e capitalista. Egli non pensava alla cultura come causa della struttura sociale, ma credeva che la cultura e la struttura sociale si influenzassero a vicenda. Weber sosteneva che fosse la religione la causa del capitalismo, difatti analizzò proprio quest’aspetto cercando di individuare la correlazione tra credenze religiose e agire pratico ed etica dall’altro, così da capire come la cultura materiale fosse influenzata dalla religione. 5.1 I protestanti ansiosi e il mondo che essi costruiscono Nella sua opera “etica protestante” Weber mette in mostra l’unicità dell’occidente in molti suoi aspetti. Secondo lui, propria dell’occidente è l’organizzazione capitalistica del lavoro umano, la separazione dell’azienda dalla casa e l’importanza della contabilità razionale. Il problema non consiste dunque nelle origini del capitalismo ma nell’ascesa del capitalismo borghese, di cui Weber ne voleva comprendere le peculiarità. In particolare, egli voleva comprendere come uno spirito o un’etica economica incidessero sulle idee religiose. Così, inizio la sua analisi a partire da un’osservazione: i protestanti risultavano più capitalisti che i cattolici. Per tanto, in essi vigeva lo “spirito capitalistico” secondo cui “il tempo è denaro” e, per tale ragione, gli individui lavorano senza sosta. L’idealtipo del capitalista coincideva con un’irrazionale asceta che mirava al raggiungimento dei propri obiettivi professionali senza però goderne i risultati per sé stesso. Comparando due diverse società – quella fiorentina quattrocentesca – in cui il capitalismo era già avanzato ma primo del suo spirito, e la società settecentesca della Pennsylvania – che aveva più spirito che capitalismo - Weber dimostrò la trasformazione della semplice attività di profitto in una forte vocazione. Quest’ultimo concetto richiama Martin Lutero, secondo cui per “vocazione” si intendeva la professione particolare a cui Dio ha “chiamato” ogni uomo e donna. Questa concezione contrastava con quella del cattolicesimo, per il quale un’attività del genere era al massimo moralmente neutrale. Inoltre, un altro concetto a cui richiama l’esempio di Weber è quello di “predestinazione”, per cui Lutero affermava che ogni uomo ha già un suo destino ed un lavoro specifico da fare, segnati dalla Provvidenza. La vocazione potrebbe indurre gli individui a fare sempre di più per cercare la “salvezza”, ma ciò li spingerebbe a non godersi il risultato del loro duro lavoro e per di più niente può cambiare il loro destino. Secondo Weber, tale rigida dottrina aveva sicuramente creato un forte senso di solitudine tra gli individui che non potevano nemmeno chiedere l’aiuto di Dio per cambiare la loro situazione. Secondo il clero, i protestanti potevano sostenere la loro condizione di salvezza in due modi: 1) considerandosi salvi (perché più una persona credeva di finire all’inferno, maggiori erano le probabilità che vi finisse); 2) acquisendo fiducia nella propria destinazione verso il cielo attraverso l’attività mondava, ovvero facendo buone opere, attraverso l’autocontrollo e l’attività finalizzata. Egli considerava il puritano come colui che monitorava il suo stato di grazia e che, nonostante il duro lavoro, non godeva dei risultati. Più successo aveva, maggiore era il lavoro che svolgeva piuttosto che riposarsi, in quanto l’auto compiacenza portava alla dannazione. Tale modello di comportamento aveva due conseguenze: 1) accresceva il capitale di quanti lo praticavano; 2) sviluppava un atteggiamento verso il lavoro duro pensato come una “buona cosa” in sé stessa. Il capitalismo durò a lungo anche dopo che le particolari credenze religiose si erano dissolte. Anche al giorno d’oggi è possibile notare la sua persistenza. 5.2 Lo scambista culturale Nell’opera “Etica protestante e lo spirito del capitalismo” Weber dimostrò come le idee religiose influenzassero il modo in cui la gente lavorava, spendeva il suo denaro e organizzava la sua vita economica. Difatti, il capitalismo occidentale che ha dominato nell’economia mondiale per circa tre secoli era costituito da un comportamento economico a base religiosa. Da questo punto di vista, la cultura appare sul diamante culturale nella direzione in cui essa causa, influenza o viene riflessa nel mondo sociale. Weber non negava il fatto che la gente perseguisse i propri interessi materiali – riprendendo “l’homo faber” di Marx – ma sosteneva le loro idee e il modo in cui la cultura influenzasse il modo in cui perseguissero i loro interessi. Per spiegare questo concetto, in una metafora comparò il ruolo della cultura a quello di uno scambista ferroviario: “le concezioni del mondo create dalle idee hanno spesso determinato – come chi aziona uno scambio ferroviario – i binari lungo i quali la dinamica degli interessi ha messo in atto tale attività”. Le osservazioni di Weber guidarono molto la ricerca sociologica; ne è un esempio Jack Goldstone, che tentò di spiegare le ondate rivoluzionarie in Europa e Asia nei secoli XVII-XVIII, causati da molteplici fattori tra cui il conflitto tra le élite e lo scontento popolare. Riguardo questi avvenimenti, gli studiosi si chiesero perché questi moti rivoluzionari provocarono maggiori conseguenze in Occidente (Francia ed Inghilterra) ma non in Oriente (Impero ottomano, Cina), in cui invece furono restaurate le forme tradizionali di autorità. Il sociologo trovò la risposta a tale domanda nel modello di Weber dello scambista culturale. In Occidente queste ondate rivoluzionarie ebbero maggiori conseguenze perché, così come nella religione un cambiamento era “una volta e per sempre”, le trasformazioni totali erano possibili e le cose potevano andare meglio. Le religioni Orientali invece hanno una concezione ciclica della storia, non lineare. 6. Sistemi di significato o cassetta degli attrezzi L’assunto classico della teoria del riflesso secondo cui vi è una stretta correlazione tra società e cultura è stato recentemente messo in discussione, in quanto tutte le culture sono più frammentate che coerenti e anche il modello di Weber sembra essere del tutto inappropriato. Due sono le critiche generali riguardanti l’approccio weberiano a cultura e significato: e il Dio) b) il clan. Secondo questa concezione, il Dio è il clan. Durkheim giustificava questa conclusione per la quale la società facesse sorgere il senso divino negli esseri umani attraverso: 1) il suo potere, il suo controllo su di noi; 2) la sua forza positiva. Attraverso questo esempio Durkheim dimostra come gli uomini diventano consapevoli di un senso di forza religiosa. Pertanto, le persone razionali che identificano la religione con la superstizione sbagliano perché la forza religiosa è in gran parte autentica, ma la fonte della forza non è quella che pensa il credente: il potere morale dal quale dipende è la società. La forza religiosa deriva dall'esperienza sociale. La religione è il sistema di idee attraverso cui le persone rappresentano la loro società. 1.3 La cultura come rappresentazione collettiva L'analisi di Durkheim suggerisce che tutti gli oggetti culturali sono rappresentazioni collettive e rappresentano l'esperienza sociale. Questo suo pensiero è influenzato dal funzionalismo. A differenza della teoria del riflesso, la teoria di Durkheim propone un'analisi più complessa circa la rappresentazione della nostra esperienza sociale da parte degli oggetti culturali (es: credenze religiose). La cultura, così come la religione, è una rappresentazione collettiva in due sensi: innanzitutto gli oggetti culturali non sono prodotti da un unico individuo genio o da Dio, ma sono prodotti da individui che si relazionano con gli altri. In secondo luogo, nei prodotti culturali la gente rappresenta le proprie esperienze. Di conseguenza, se volessimo comprendere un determinato gruppo di persone, dovremmo cercare le forme espressive attraverso cui rappresentano sé stessi, quelle rappresentazioni collettive mediante le quali manifestano la propria solidarietà collettiva a sé stesse e agli altri. Per comprendere questo processo di rappresentazione, il sociologo parte dall'analisi dell'oggetto culturale o, per meglio dire, dall'utilizzo specifico di quest'ultimo da un dato gruppo per rappresentarsi. Ritornando all'esempio del blues di Bessie Smith, nonostante le sue canzoni parlassero di sofferenza individuale, rappresentano in realtà un'esperienza di gruppo perché è possibile che anche altre persone si rispecchino in quella situazione descritta dalla canzone, in questo caso i neri dell'America degli stati del sud nel primo Novecento. 2. La produzione collettiva della cultura L'applicazione della prospettiva di Durkheim sta alla base dell'approccio della produzione collettiva di significati culturali. Questo approccio cerca di svelare il mistero della creazione dell'arte, delle idee, delle credenze, della religione e della cultura in generale, mettendo in evidenza le diverse attività sociali coinvolte nella formazione degli oggetti culturali. Anche la produzione culturale, così come la cultura, è una rappresentazione collettiva. Questa teoria ha due facce: una, che pone le sue basi nella psicologia sociale, anche detta "interazionismo simbolico" che comprende le interazioni tra individui e il modo in cui queste generano cultura; l'altra attenziona meno le interazioni e si interessa di più all'organizzazione dei produttori e dei consumatori culturali, includendo le industrie culturali, i meccanismi della distribuzione e i mercati per i prodotti culturali. 2.1 L'interazionismo simbolico Quest'ultimo si interessa al modo in cui l'individuo costruisce attivamente le proprie norme e i propri ruoli. Secondo gli interazionisti, il sé dell'uomo è dato dall'interazione sociale. Uno dei primi teorici di questa scuola è Cooley, che nel 1902 diede vita all'espressione "specchio del sé". Secondo lui, un'interazione è caratterizzata da tre fasi: 1) il sé immagina la reazione di un altro alla sua apparenza; 2) il sé immagina il giudizio di un'altra persona alla sua azione; 3) il sé ha una reazione emotiva - di orgoglio o di vergogna - a questo giudizio. Ad esempio, la norma dello scusarsi quando si compie uno sbaglio nasce dal tentativo di ristabilire l'armonia sociale interrotta da un'azione che ha provocato una determinata reazione nel soggetto che ha subito il torto. Non tutta la competenza sociale però si costruisce mediante un'interazione a due. George Herbert Mead ha notato che il bambino, nella sua fase di sviluppo, impara ad assumere il ruolo di un'altra persona (es: bambino che gioca immaginando di essere un insegnante) e questa fase è detta "gioco libero" a cui segue la fase del "gioco con regole", dove il bambino considera la presenza di altri ruoli. Infine, il bambino impara a tener conto della risposta dell'altro "generalizzato" che è il termine di cui lo studioso fa uso per intendere la società. I bambini sono specializzati a comprendere cosa questo altro generalizzato si aspetta. Secondo l'interazionismo, l'individuo umano è propenso ad essere influenzato dalla cultura. Inoltre, esso sostiene che la cultura è creata dalla stessa interazione umana. Una volta creati, gli oggetti culturali sono riprodotti e trasmessi attraverso la loro ripetizione e riproduzione attraverso la specializzazione dei nuovi membri, ad esempio i giovani. Si diventa parte di un gruppo attraverso l'interazione, non a priori o in modo innato. Ad esempio, Bessie Smith è diventata una cantante blues grazie all'interazione con altri individui, non per talento innato, dato il fatto che il blues nasce come canzoni di lavoro intonate nei campi di cotone e gli spettacoli di musica blues erano gestiti da musicisti neri nei primi anni del ventesimo secolo. Un concetto chiave di questa teoria è quello di "identità", detta anche "senso del sé", che viene prodotta dalle interazioni con gli altri e richiede la conferma degli altri. Il sé cerca di proiettare un certo numero di significati su coloro con i quali interagisce e, a sua volta, cerca di interpretare i significati altrui. Goffman analizza questo processo attraverso la metafora delle performance teatrali: quando interagisce, il sé è un attore che recita un ruolo davanti a un pubblico. Se la performance ha successo, il sé vede confermata una certa identità sia nei confronti del partner dell'interazione sia verso sé stesso. Ad esempio: fra gli yoruba della Nigeria ai bambini viene insegnato che devono inginocchiarsi davanti ai loro genitori prima di parlargli. Questa forma di etichetta e la sua pratica rappresentano un oggetto culturale significativo. Attraverso la socializzazione a questa pratica, i bambini apprendono il comportamento che devono rispettare, qualcosa sulla relazione degli yoruba e la loro identità collettiva. È uno yoruba perché agisce in questo modo. 2.2 Subculture Gli individui sono membri di un singolo gruppo o comunità. Mead ha identificato: - i gruppi sociali astratti, che operano come gruppi sociali indirettamente; - le classi sociali o sottogruppi concreti (partiti politici, club, aziende, ecc.) che sono tutte unità sociali effettivamente funzionanti in relazione alla relazione tra gli individui. Se queste relazioni sono abbastanza forti da resistere alle influenze dell'altro generalizzato societario, il gruppo diventa una subcultura. Una subcultura vive all'interno di un ampio sistema culturale e ha contatti con la cultura esterna. La subcultura è caratterizzata da un insieme di simboli, significati e norme comportamentali - spesso opposti a quelli della cultura più ampia - vincolanti per i membri della subcultura. Una subcultura può far riferimento ad una determinata preferenza, che sia di consumo o un intero stile di vita. I primi ad interessarsi alle subculture furono i membri della scuola di Chicago, interessandosi alle subculture non assimilate - gruppi di immigrati o gang criminali - domandandosi quando e come queste subculture si fossero integrate all'interno della vita americana dominante. Le subculture interessarono particolarmente i sociologi dell'interazionismo simbolico dato che erano originate dall'interazione tra individui. Lo studioso Fine per esempio ha studiato le subculture momentanee generate dai membri delle squadre di baseball della little league. Affidandosi all'osservazione partecipante e a questionari ed interviste, lo studioso ha analizzato il modo in cui l'interazione sociale: 1) socializzava i ragazzi ai ruoli dei maschi adulti: gli allenatori o i genitori davano molta importanza all'impegno, invogliano la squadra a dare sempre di più, dando il meglio di sé. Di conseguenza, la vincita o la perdita della squadra dipendevano dalla motivazione interiore e non dalla capacità fisica o dalla fortuna. Anche i ragazzi stessi mettevano in risalto un certo "comportamento" che essi facevano coincidere con il controllo emotivo. 2) dava vita a ciò che Fine definì "idiocultura o autocultura" del gruppo: sia gli adulti che i ragazzi socializzavano i membri della squadra ad un particolare insieme di credenze circa il comportamento e personalità mascolini, modellando così il comportamento dei maschi adulti americani appartenenti ad una squadra e diffondendo la convinzione che la vincita o la perdita era una responsabilità individuale. Pertanto, la cultura del subgruppo è detta "idiocultura", ricca di simboli ed espressioni conosciuti solo dai membri del gruppo e utilizzati come elemento di distinzione tra loro e gli altri. Non tutti gli oggetti culturali possono entrare a far parte di una idiocultura. Affinché lo diventino, devono basarsi su informazioni note, devono essere facilmente utilizzabili, devono essere "appropriati" e, infine, utilizzati ripetutamente. Le subculture creano significato, producendo oggetti culturali significativi per i membri del gruppo e incomprensibili per gli estranei. 3. Innovazioni culturali e cambiamento sociale A volte le subculture nascono per cambiare la cultura primaria, nella maggiorparte dei casi esse nascono per essere lasciate in pace, molte altre nascono come subculture per poi trasformarsi in movimenti sociali passando dall'ascetismo ultramondano all'impegno riformista. >Caso dei Boxer in Cina< Guardiamo da vicino la relazione tra innovazioni culturali e cambiamento sociale: 3.1 Ritardi e direzioni culturali Seguendo la direzione della teoria del riflesso, le innovazioni e i cambiamenti popolari sono tutte risposte ai cambiamenti sociali. Secondo questa posizione, è il mondo sociale a cambiare sempre per primo e, a seguire, la cultura. L'ipotesi del "ritardo culturale" fu proposta dal sociologo Ogburn, sostenendo che i sociologi dovevano distinguere tra - "cultura materiale": case, fabbriche, materie prime, oggetti materiali. - "cultura adattiva": quella parte di cultura non materiale che si adegua alle condizioni materiali (istituzioni sociali, pratiche, costumi). Questo adattamento richiede del tempo e questo scatto è definito "ritardo culturale". Ogburn credeva che i cambiamenti della cultura materiale precedessero i cambiamenti della cultura adattiva. Questa teoria è in un certo senso compatibile con la teoria del riflesso, sia di carattere marxiana che funzionalista. Allo stesso tempo, la cultura non materiale guida e non segue le condizioni materiali. Un esempio che lo dimostra è quello sul fumo: né un cambiamento materiale (non-scarsità di fumo) né una scoperta materiale (il fumo provoca danni alla salute) hanno comportato una riduzione del numero di fumatori americani e, successivamente, europei. Un vero e proprio cambiamento si manifestò solo a partire dalla fine della Seconda Guerra mondiale, quando la popolazione iniziò ad interessarsi fortemente alla salute e al benessere. Questo esempio dimostra che il cambiamento materiale va contro la nostra esperienza del mutamento culturale improvviso. 3.2 Le innovazioni culturali L’approccio della produzione collettiva alla cultura dimostra come, nonostante le innovazioni culturali, alcuni elementi rimangano costanti, cioè: 1. Periodi meno propensi alle innovazioni rispetto ad altri; 2. Convenzioni che anche le innovazioni devono seguire; 3. Probabilità maggiore di alcune innovazioni di istituzionalizzarsi rispetto ad altre. Analizzando questi punti in ordine, possiamo dire che: Diversi analisti hanno notato che la creatività culturale non si manifesta costantemente, ma con straordinari picchi e cadute. Vi sono periodi in cui si registrano pochi cambiamenti, in cui le idee sono generalmente condivise da tutta la comunità e durante il quale le convenzioni si sono stabilizzate. Altri invece in cui si registra un’esplosione di creatività culturale. Gli artisti rifiutano le convenzioni dei loro generi, rivoluzionando comportamenti, relazioni consolidate e stile di vita. Un esempio di periodo di grande fermento creativo coincide con gli anni ’60. I sociologi si sono chiesti quale sia la causa di tale esplosione, e Swidler risponde sostenendo che la causa sia “i periodi di instabilità”, che Wuthnow definisce “una perturbazione dell’ordine morale”. Un’interpretazione che accomuna queste due risposte sembra essere che, a certe condizioni – massiccio cambiamento demografico, guerre, rapido mutamento economico – le vecchie regole culturali e sociali non sembrano più applicabili. Si crea un vuoto morale, che conduce la gente a cercare nuovi significati che orientino la loro vita. L’incapacità di trovare questi significati porta all’anomia, al disorientamento che Durkheim attribuiva al rapido mutamento sociale. In questo caso, l’innovazione culturale sembra l’unico modo per orientare l’individuo. Sebbene alcuni periodi sembra siano stati più soggetti ad un cambiamento culturale, la seconda premessa dell’approccio della produzione collettiva di innovazioni ci dice che le innovazioni culturali a volte non sono del tutto nuove come sembrano, dato che i creatori culturali seguono comunque delle convenzioni. Becker per esempio ha distinto 4 tipi di artisti: 1. I professionisti integrati; 2. Gli individualisti ribelli; 3. Gli artisti naif; 4. Gli artisti folk. Tre di questi 4 tipi sono artisti convenzionali. Gli artisti folk seguono le convenzioni della loro arte; i professionisti integrati riproducono le convenzioni del loro particolare “mondo artistico”; gli artisti ribelli sfidano apertamente le convenzioni, dunque per comprendere a cosa essi si stanno ribellando è necessario conoscere le convenzioni del mondo artistico. Essi sono “convenzionalmente non convenzionali”, così come gli adolescenti che esprimono la loro non-conformità ai valori degli adulti conformandosi ad un altro rigido codice volto a creare disappunto tra gli adulti. Il modello di Hirsch può essere sovrapposto alla linea orizzontale del diamante culturale. Ha realizzato questo modello per i prodotti di massa, ma può essere applicato anche per i prodotti di alta cultura, alle idee o ad ogni altro oggetto culturale. Il modello del sistema dell’industria culturale può essere applicato anche alle società non industriali, (ad esempio alcune società africane), in quanto ciò che conta è capire come funzionano le organizzazioni di produzione culturale. Nonostante il tentativo di ridurre il controllo del sistema manageriale, rimane l’imposizione del mercato, composto da acquirenti che determinato il successo di un oggetto culturale. 2. Mercati culturali Nel caso dei mercati culturali, essi possono diminuire la specificità artistica di un oggetto culturale oppure il contrario, ovvero se le dimensioni del mercato aumentano, aumenterà anche la differenziazione culturale. I mercati influenzano la produzione culturale, ma non sempre escludendo o rigettando un tipo di oggetto culturale piuttosto che un altro. Possono anche coesistere mercati culturali paralleli con notevole stabilità. Per quanto un sistema possa essere stabile, i mercati culturali reagiscono al mutamento sociale in cui tutto ciò che richiama alla cultura (istituzioni economiche e politiche, il mondo sociale, oggetti che richiamano alla cultura) sembra cambiare più rapidamente del solito. Questi periodi di mutamento garantiscono la nascita di nuove ideologie e nuovi generi, facendo si che i mercati culturali e le forme della cultura cambino insieme. Ne è un esempio la letteratura “Butterfly”, che inglobava temi come il grande amore e gli amanti sfortunati, e che divenne molto popolare a Shanghai. Questi romanzi furono scritti da scrittori le cui prospettive di carriera erano state distrutte nel 1905 a causa della fine del reclutamento per concorso nella pubblica amministrazione. Così, essi trovarono la loro possibilità di riscatto nel mercato editoriale. Nei loro romanzi esaltavano alcuni valori tradizionali cinesi e, al contempo, l’amore vero e la scelta matrimoniale, temi un po' distanti per l’epoca in quanto molte coppie si sposavano per via di matrimoni combinati. Secondo l’interpretazione Durkheimiana, questo tipo di letteratura poteva essere considerato una rappresentazione collettiva che promuoveva alcuni modi di pensare sul matrimonio. Analizzando questo esempio attraverso il modello di Hirsch, gli scrittori istruiti rappresentavano il sottosistema tecnico, l’editoria il sottosistema manageriale e gli intellettuali socialmente consapevoli il sottosistema istituzionale. 2. La produzione di idee Quando parliamo di “produzione della cultura” è necessario riflettere anche sulle idee a cui autori-produttori danno vita. Alcuni studiosi si sono posti la domanda se vale la pena pensare alle idee e ai concetti come “prodotti”. Probabilmente è possibile, dato che concetti e idee, prodotte in massa così come altri oggetti culturali, competono per attirare l’attenzione del pubblico. Diversi sociologi hanno suggerito che alcuni periodi e luoghi sono più ricchi di produzione ideologica dei prodotti culturali rispetto ad altri. Wuthnow si concentra sui momenti di rottura nell’ordine morale e sostiene che quando il vecchio modo di fare e intendere le relazioni sociali non sembrano più funzionare, le persone vanno alla ricerca di nuove idee. Questi periodi sono fertili per la produzione ideologica. Swidler sostiene una tesi simile e afferma che, a differenza di tempi tranquilli in cui la gente si ritrova avanti pezzi di ideologie, nei “tempi instabili” pretende invece chiarezza e coerenza ideologica. Wuthnow descrive la competizione per le risorse come “selezione”, facendo riferimento a Darwin; difatti, sostiene che la selezione che ha successo diventa stabile attraverso l’istituzionalizzazione, ovvero nel momento in cui quell’ideologia entra a far parte della prassi. Per quanto riguarda invece il consumatore, seguendo il modello di Hirsch (che non definiva i consumatori (ricevitori o recettori) un “sistema”) esso può essere definito il “sottosistema di produzione dell’interpretazione”. 3. La ricezione 3.1 I pubblici e le culture di gusto Capitolo 5 - La costruzione culturale dei problemi sociali I problemi sociali non sono sempre chiari e semplici, ma sono “costruzioni”. I problemi sociali potenziali sono costruttori di significato e questo implica che quando una situazione ha significato negativo per uno specifico gruppo di persone, allora può essere definita come un problema sociale. Dunque, un problema sociale è un oggetto culturale prodotto da oggetti specifici ovvero i “fabbricanti di questioni”. 1. La costruzione di un’identità collettiva Come afferma Melucci l'identità collettiva non è una condizione ma un processo: bisogna continuamente lavorare alla propria identità (all'essere donna, musulmano, italiano ecc.) altrimenti questa si trasforma in un'etichetta che poco avrà a che fare con il comportamento. Si forma attraverso processi interattivi e condivisile processo di formazione, mantenimento ed alterazione di tale identità fornisce agli attori la base per formare le proprie aspettative e calcolare costi e benefici di un'azione. Essa può cristallizzarsi in forme istituzionalizzate organizzative. È da questa definizione che nasce il collegamento con i prodotti sociali e con i movimenti. Quando una identità collettiva viene attivata produce una mente sociale che considererà un certo tipo di oggetti culturali come problemi sociali e potrà attivarsi ed agire. La rivendicazione culturale basata su razza, etnia, religione e lingua persiste per diverse ragioni: - la sua espressione attraverso oggetto culturale è soddisfacente ed a basso costo; - impegna i leader intellettuali del gruppo etnico o razziale che hanno interesse nella sua perpetuazione; - i leader politici trovano inoltre conveniente appellarsi all'appartenenza etnica e razziale nella loro caccia al voto. > Etnia e razza sono costrutti artificiali, il prodotto di contingenze storiche. Esse, però, producono molta influenza motivazionale e molti "noi" il cui influsso devia il nostro comportamento e pensiero. A causa di questo gli stati e i gruppi eterogenei devono trovare modi per riconoscere e celebrare la diversità culturale creando una cultura comune, di cui i diversi gruppi etnici e razziali sono subculture. 2. La costruzione sociale di un programma sociale Le forme assunte dai vari problemi sociali sono specifiche di ogni cultura e società. Alcuni oggetti culturali servono a convogliare attenzione su un dato problema sociale: si pensi a "La capanna dello zio Tom". Ma se la cultura può a l'attenzione su un determinato problema sociale può anche crearlo? E quale può essere il suo ruolo nella soluzione del problema che ha identificato? grado in cui i problemi culturali sono culturalmente costruiti come i problemi sociali vengono creati e plasmati come oggetto culturale Ruolo dell'identità collettiva nella ricezione di questi e nella promozione di movimenti sociali. 2.1 Creare noie La cultura impone significato creando ordine. I sistemi culturali trasformano eventi ed oggetti culturali con significati specifici per ogni cultura. La SOFFERENZA umana viene trasformata in oggetto culturale significativo, il quale viene poi visto come un problema sociale. Questa trasformazione permette agli individui di cercare soluzioni (l'esistenza di un problema implica l'esistenza di una soluzione). ES: Se consideriamo la povertà un problema sociale: - Diventerà oggetto culturale - Verrà letta entro un orizzonte di aspettative - Verrà interpretata - Si cercherà di individuare il suo autore - Si cercherà una soluzione Se, invece, non la consideriamo come un problema sociale: le sue dolorose conseguenze possono essere alleviate, ma non viene ricercata alcuna soluzione. 2.2 Dal fatto all’evento al problema sociale La creazione di un oggetto culturale è simile alla creazione di un evento (rapporto tra un accadimento ed una struttura creato dall'interpretazione). Per creare un oggetto culturale e poi ridefinirlo come problema sociale, esso deve essere articolato come un insieme di idee tra loro intersecanti (trasformazione di fatti in oggetti culturali) ES: problema sociale della guida in stato di ebbrezza: USA: l'oggetto culturale/problema sociale è il guidatore ubriaco perché ha fatto pessime scelte e perché imputare la colpa al sistema non fa parte della cultura americana. La risposta a questo disagio sono le organizzazioni ad esempio la MADD per tutelare in particolare i giovani. NIGERIA: il problema sociale sono le strade scoscese e disconnesse e i locali danno la colpa ad entità sovrannaturali (streahe). Per i nigeriani si ovvia il problema non usando le strade invece di aggiustarle. 2.3 La carriera di un problema sociale Essendo i problemi sociali culturalmente definiti, è ragionevole pensare che aumentino e calino in popolarità nel corso del tempo. Hilgartner e Bosk hanno cercato di spiegare cosa faccia in modo che i problemi sociali sorgano e arrivino ad un declino. Essi immaginano un'arena pubblica in cui ha luogo una competizione tra quelli che potrebbero essere i problemi sociali più rilevanti. La competizione si realizza in due forme: 1) definizione ed inquadramento dello stesso problema 2) cattura dell'attenzione nelle istituzioni le cui risorse sono limitate Le situazioni definite problemi sociali hanno delle caratteristiche: - Sono o possono essere drammatizzate - Trattano di temi portanti culturalmente - politicamente vitali: i vincitori di questa competizione possono essere definiti problemi sociali ampiamente definiti. EX AIDS. 3. La costruzione di un problema sociale I movimenti sociali richiedono che le persone siano motivate a riconoscere che esiste un problema, ad accettare la possibilità che esso venga risolto e riconoscere una certa condotta adatta a produrre il risultato sperato Gamson afferma che "il trucco è connettere il discorso pubblico e l'esperienza delle persone integrandoli in un quadro che supporti l’azione collettiva per fare ciò bisogna formulare il problema in modo tale che il pubblico accetti la sua importanza. Mentre Goffman parla del frame-schema interpretativo che permette alle persone di dare un senso a ciò che provano Infine, Snow (con alcuni colleghi) sostiene che i movimenti sociali devono far coincidere i frames (schemi interpretativi) delle potenziali reclute. Questo allineamento dei frames è la "connessione degli orientamenti interpretativi degli individui e delle organizzazioni di movimenti sociali, in modo tale che un insieme di interessi, valori e credenze individuali, obiettivi e ideologie siano “complementari”. Chi crea i frame (claims-makers) devono colmare il divario tra la loro visione del problema e quella del pubblico. Ciò avviene facendo leva non solo sulla sfera cognitiva del pubblico, ma anche e soprattutto su quella emotiva --> ARTE ES: la musica aiuta a creare l'identità cognitiva attraverso cui le persone legano il senso di essere un "noi" con una forma specifica di azione di contrasto. La musica riesce in questo intento perché è un tipo di azione esemplare che suggerisce al pubblico quali emozioni dovrebbe provare. I problemi sociali competono per conquistare e mantenere l'attenzione dei media. Capitolo 6 - Cultura e organizzazioni: fare le cose in un modo multiculturale 1. Le culture organizzative Le organizzazioni operano entro e tra culture e, a loro volta, producono cultura. I manager e i lavoratori creano e ricevono oggetti culturali che possono facilitare o ostacolare le attività dell'organizzazione Questo scambio avviene tra due livelli: 1) il livello dell'individuo (o piccolo gruppo); 2) livello del gruppo di lavoratori (o dell'organizzazione nel suo insieme) 1.1 Cultura e motivazione Tutte le organizzazioni hanno obiettivi e devono trovare il modo di motivare i propri membri a lavorare per questi obiettivi. VIE PER MOTIVARE I LAVORATORI: 1) uso della forza: è inefficace nel lungo periodo e disumano 2) TEORIA DELL'INCENTIVO ECONOMICO: siccome gli esseri umani vogliono i soldi e ciò che i soldi riescono a comprare questa teoria si basa sui premi e sulle detrazioni. Si stabilisce un livello di produzione: chi lo supererà otterrà un aumento di stipendio e viceversa. Questo metodo, però, spesso non funziona in quanto si crea una subcultura tra i La relazione tra organizzazione e contesto non è mai facile: spesso, a dispetto di come vengono percepite, le organizzazioni semplicemente ignorano il contesto in cui operano. Molte organizzazioni però non possono permettersi questo lusso: ad esempio le compagnie commerciali o le ONG. 3. Lavorare attraverso le culture La ricerca comparativa può aiutare pianificatori e manager a evitare errori nelle loro scelte organizzative. Gli scopi organizzativi prevedono la capacità di organizzarsi all'interno di una pluralità di culture. * Un modo è quello di tener duro sulla mission principale e adattarsi su questioni minori: EX: Caso di McDonald's: permettere alle nonne di bersi il tè e chiacchierare lungamente in un FAST food in previsione dell'orda di nipotini affamati. La sociologia può focalizzare l'attenzione sul fatto che un prodotto tangibile costituisce facilmente un oggetto culturale i cui significati variano a seconda degli esseri umani che interagiscono con esso. Cosicché un membro della squadra di implementazione di un programma possa prevedere quali saranno i risultati e attuare le dovute correzioni. EX: Caso delle traduzioni: le sfumature di significato delle parole Capitolo 7 - La cultura in un mondo connesso Oggi solo pochi gruppi isolati, peraltro sempre meno inaccessibili sono inconsapevoli delle loro relazioni con il resto dell'umanità, e anche se inconsapevoli sono influenzati da queste invisibili relazioni. Se il mondo sta diventando sempre più interconnesso significa che ci stiamo dirigendo verso una sola omogenea cultura al villaggio globale di McLuhan oppure maggiore interconnessione aumenta le differenze? Paradossalmente stanno accadendo entrambe le cose. 1. Tecnologie e comunità culturali La Comunità è qualcosa che possiamo localizzare su una mappa (ha proprietà spaziali), le comunità sono significative: oggetti culturali per i loro membri e anche per chi non lo è. Essa ha un'entità relazionale: persone legate da reti di relazioni di comunicazione, d'amicizia, di lavoro ecc. I membri di una comunità di questo genere possono risiedere in qualsiasi luogo, non conoscersi direttamente face to face ma si considerano membri di tale comunità: costituiscono dunque una comunità autocosciente: comunità gay, ebraica. La cultura può tenere insieme una comunità per secoli, anche quando dispersa da forze sociali. “Cosa succede alle comunità in tempi di rivoluzione culturale?” Oggi siamo in piena rivoluzione culturale: quella delle comunicazioni elettroniche a livello globale. 1.1 Le culture orali Esse sono caratterizzate da un tipo di comunicazione faccia a faccia e da un sapere fortemente condiviso e tramandato e conservato tramite la sua continua ripetizione (grande uso dei proverbi e nascita della poesia epica che fanno da ausilio alla memoria). Nelle culture orali il vocabolario tende al concreto e la storia viene rinegoziata per fini pratici-> il mito e la storia sono fusi insieme. La comunità che sostiene la cultura orale è normalmente di tipo territoriale e su piccola scala, un ordine sociale differenziato in cui la coscienza comunitaria e individuale è quasi totalmente sovrapposta. In grande misura noi viviamo ancora in un mondo orale: le culture della famiglia e dei vicinati sono quasi totalmente orali. Inoltre, molta della cultura delle istituzioni e delle organizzazioni è orale (le storie aziendali). 1.2 L’impatto dell’alfabetizzazione - Prima rivoluzione culturale: sistemi di scrittura fonetica) > quelli di scrittura non fonetica sono diffusi sin dall'antichità ma non costituiscono rivoluzione culturale in quanto limitati ad esclusive élite intellettuali (necessità di memorizzare migliaia di simboli). La semplicità degli alfabeti ha promosso una diffusione su larga scala dell'alfabetizzazione (Soprattutto sulle classi dedite al commercio). - Seconda rivoluzione culturale: invenzione della stampa a caratteri mobili) rende possibile un ampliamento di scala: il passaggio dai manoscritti al testo stampato permise una democratizzazione della conoscenza dell'alfabeto in occidente e permise la trasmissione e la comparazione del sapere. Rese di fatto possibile la modernità. Due delle conseguenze intellettuali dell'alfabetizzazione sono: 1) La separazione della storia dal mito (una volta scritta è difficile cambiarla) 2) Un crescente individualismo basato sul sapere specializzato: nelle società alfabetizzate la gente è stratificata in base a cosa ha letto (quali attestati di studio ha ecc.) Le comunità relazionali esistevano già prima della stampa ma essa le ha fortificate e la diffusione di idee stampate permette di aderire a più comunità relazionali Inoltre, la stampa ha aperto le porte alla nascita della nazione: la coscienza nazionale è emersa in Europa occidentale grazie alla diffusione delle lingue vernacolari sulla carta stampata. Essa è stata anche una delle cause della diffusione del nazionalismo. 1.3 I media elettronici Le comunicazioni elettroniche (compresa la radio) hanno segnato la terza rivoluzione culturale che ci ha condotto dall'era moderna a quella postmoderna. Tutte le tecnologie di comunicazione elettronica sia a senso unico che a doppio senso condividono queste caratteristiche: 1) Mettono in comunicazione persone situate in posti lontani in tempo reale e possono raggiungere grandi numeri di persone 2) Permettono l'espressione diretta di idee ed emozioni rendendo possibili un'immediatezza e un'intimità senza 3) Democratizzano l'accesso culturale in termini spaziali e temporali (un individuo può vedere un concerto registrato, quando e dove vuole) 4) Democratizzano l'accesso culturale fondato sull'istruzione (per esempio un analfabeta può informarsi sul mondo tramite i tg.) Le conseguenze sociali dei media elettronici derivano proprio da queste 4 caratteristiche: - Grazie all'ampiezza e all'immediatezza della trasmissione elettronica d'informazione è possibile, con i media, influenzare l'opinione pubblica (propaganda) - L'effetto di intimità non era previsto e contribuì alla conservazione ed alla proliferazione delle comunità relazionali, abbatté inoltre diverse barriere sociali. Lavorare sull'emotività in tv può portare alla lunga ad una esensibilizzazione nei confronti per esempio della sofferenza (tanto proposta dalla tv). EX: Caso dei bambini africani affamati. L'effetto di democratizzazione dei media ha avuto grande impatto sociale: la stampa tende a segmentare il pubblico e i centri culturali delle università tendevano a istituire periferie e centri, tutto questo sta cambiando: la televisione per esempio tende ad essere vista da pubblici immensi, dispersi ed indifferenziati. EX: Caso della Cina e dell'effetto di democratizzazione dei media elettronici: i programmi americani su ladri e poliziotti sono alcune volte trasmessi alla tv cinese e gli spettatori trovano spesso gli intrecci della trama pieni di sorprese - come quando i malviventi si leggono i loro diritti e richiedono un avvocato . per alcuni cinesi, questa sorpresa è più intrigante della trama stessa. 2. L’impatto culturale di internet - Caso Estonia: influenza di internet sulle culture locali. L’Estonia ha il sistema informatico più avanzato dell’Europa dell’Est e tutta la popolazione è influenzata da internet. In questo caso, ben lungi dal demolire la tradizione, Internet l'ha aiutata (riproducendo le pratiche culturali su grande scala). Al momento questo sembra essere il modello ricorrente al di là di ogni previsione possibile. - Caso dei Blog in farsi in Iran: innovazione e tradizione a braccetto. Nell’introduzione “The Internet in Every Day LIfe”, Barry Wellman e Caroline Haythornthwaite hanno passato in rassegna le ricerche sull’uso di internet disponibili all’inizio del 21° secolo e hanno riscontrato: -Aumento dell'accesso sempre più persone connesse -Aumento del coinvolgimento > sempre più tempo connessi -Uso domestico dall'ufficio ha seguito le persone a casa e facendo più cose -Più ore di lavoro >con Internet ci si può portare il lavoro a -Compiti scolastici-largo uso della rete per lo svolgimento -Aggiornamento > Chi non usa Internet lo vorrebbe fare casa dei compiti per tenersi aggiornato" -Una società di retenapo Le reti (e non gruppi delimitat) sono la formazione più socialmente significativa nell'era di Internet. Internet e la stampa: il timore era che l'uno soppiantasse l'altra producendo dunque un sicuro impoverimento culturale, ma non è così: normalmente chi usa Internet legge di più di chi non lo fa, inoltre rimane sempre un medium testuale (con poco da offrire a chi non legge) 1) Internet non compete con l'ascolto di musica, ma (facilita l’ascolto come la diffusione degli artisti emergenti) 2) L'uso di Internet limita quello della televisione 3) Esiste un largo uso religioso di Internet (un quarto degli americani sono ascoltatori religiosi) che sta dando molta forza alle istituzioni religiose che non mancano di utilizzare il mezzo. 4) Internet non ha un impatto rivoluzionario sulle pratiche culturali neanche in altre aree come la politica, e la disuguaglianza di genere e sociale. → Internet permette alle persone di fare quello che facevano prima in modo più completo, veloce, efficiente, ha inoltre la capacità di connettere persone in reti. 3. Comunità di significato in una cultura globale Rachel Parrenas ha studiato le donne filippine (badanti, donne delle pulizie) che lavorano presso le famiglie a Roma e la Los Angeles, mentre le loro famiglie erano in patria. Parrenas descrive lo svolgimento della loro vita in 3 fasi: 1)Spazio globale: in cui i lavoratori si spostano a livello mondiale in base alla richiesta della manodopera. 2)Spazio transazionale: il modo in cui le donne vivono simultaneamente in due società (Filippine e luogo di lavoro) 3)Spazio locale: spazi d’incontro creati dalle donne filippine per condividere le proprie storie. Quest’analisi è importante per la relazione tra cultura e spazio. In un certo senso queste donne costituiscono delle “nicchie”. Per questo Bellah e altri hanno usato il termine “nicchie di stili di vita” per descrivere il luogo in cui delle persone scelgono di vivere con altri loro simili. Bellah interpreta questo sviluppo come un fallimento dello scambio organico durkheimiano che dovrebbe aver luogo nelle comunità moderne. Oggi possiamo vivere entro quelle che potremmo chiamare “Nicchie culturali”. Questi gruppi culturali sono costruiti intorno alla somiglianza piuttosto che alla differenza e la loro tendenza non è quella di aumentare la tolleranza quanto al contrario di diminuirla. Se la globalizzazione elettronica sembra unire il mondo geograficamente, sembra separarlo relazionalmente formando comunità senza spessore. 3.1 Postmodernità e comunità La cultura postmoderna è una cultura di superficie, un gioco di immagini che rinnega la profondità, la storia, il significato; essa presenta le seguenti caratteristiche: 1. Assenza di spessore o meglio autoconsapevole superficialità 2. Rigetto delle meta-narrazioni 3. Frammentazione, rottura delle connessioni, la cultura postmoderna accoglie il frammentario, l'effimero, il discontinuo. Una cultura con queste caratteristiche non sembra essere promettente per lo sviluppo di comunità. Le teorie della cultura che abbiamo discusso danno motivo per essere tanto ottimisti quanto pessimisti: • Sul versante ottimista: la comunità ed un senso di solidarietà derivano dall'interazione, se quindi le comunicazioni elettroniche favoriscono le relazioni allora creeranno comunità e solidarietà. • Sul versante pessimista: le persone possono sempre più vivere nei ghetti culturali da loro stesse scelti (ghetti che possono essere di dimensioni-continentali). Alcuni sociologi hanno suggerito che il bisogno di erigere ed accentuare confini culturali è una risposta a pressioni su altri confini: l'assunto è che le pressioni esterne su una società portino ad una maggiore enfasi sulle gerarchie interne. 3.2 Parlare una pluralità di lingue Una realtà sempre più diffusa quella del parlare più lingue parallelamente. I linguaggi pubblici sono destinati ad una comunità relazionale, mentre quelli privati si rivolgono ad una comunità spaziale, la prima è specifica, orientata ad uno scopo, formale ed impersonale, la seconda è diffusa ed intima. 4. Cultura senza centri I centri culturali non hanno retto e siamo passati da un mondo bipolare ad uno policentrico ricco di significati multipli e paralleli, la purezza culturale è sparita, anche l'idea di uno sfaccettato multiculturalismo in cui diverse culture si mescolano mantenendo tuttavia la loro identità specifica è ormai fuorviante. Nonostante tutto questo gli esseri umani continuano a combattere il caos e nonostante le reti multiple le persone condividono ancora significati tra loro quindi lo strumento del diamante è ancora valido.
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