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Sociologia della cultura - Wendy Griswold, Sintesi del corso di Sociologia Dei Processi Culturali

Riassunto del corso di sociologia della cultura, integrato con appunti personali e rielaborazioni, utile per la preparazione dell'esame Sociologia dei processi culturali Prof Camoletto. Libro del corso consigliato dal professore di Wendy Griswold, Sociologia della cultura,

Tipologia: Sintesi del corso

Pre 2010

Caricato il 15/11/2009

gabriele
gabriele 🇮🇹

4.4

(210)

15 documenti

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Scarica Sociologia della cultura - Wendy Griswold e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Dei Processi Culturali solo su Docsity! Wendy Griswold SOCIOLOGIA DELLA CULTURA CAPITOLO 1° LA CULTURA E IL <<DIAMANTE CULTURALE>> DUE MODI DI GUARDARE LA CULTURA In generale quando i sociologi pensano alla cultura intendono una di queste quattro cose: norme, valori, credenze o simboli. Norme: il modo in cui la gente si comporta in una data società Valori: ciò a cui la gente tiene Credenze: ciò che la gente pensa riguardo al funzionamento del mondo. Simboli: il mezzo per rappresentare i primi tre punti (diversi dai segni). Le prospettive accademiche riguardo la cultura si possono riunire in due scuole di pensiero: discipline umanistiche da un lato --> la cultura è quanto di meglio è stato creato dall'uomo scienze sociali dall'altro--> norme, valori, credenze, simboli. (la cultura è connessa alla società) Parlare di cultura e società significa parlare di due aspetti astratti dell'esperienza umana: quello espressivo e quello relazionale, lo stesso oggetto può essere analizzato da un punto di vista culturale o da un punto di vista sociale. La scuola umanistica Il termine cultura è spesso riferito alle belle arti e in generale a quello che normalmente definiamo cultura alta. In questa accezione si è spesso posto in contrapposizione cultura e società (o civiltà)--> che indicava il progresso della Rivoluzione industriale con tutte le connotazioni negative ad esso collegate. Domanda che sorge spontanea: possiamo pensarla in questo modo, enunciando il potere salvifico ed illuminante dell'alta cultura occidentale come spauracchio contro gli orrori del progresso industriale, senza cadere in un evidente etnocentrismo? Arnold, per rispondere a tale domanda elabora una teoria universale della cultura secondo la quale essa poteva restituire all'umanità dolcezza e luce (bellezza e saggezza) derivanti da: a) dalla consapevolezza e dalla sensibilità a quanto di meglio è stato creato, pensato e conosciuto b) da una ragione giusta (un'intelligenza tollerante, flessibile e aperta) Arnold insomma concepiva la cultura come dotata di un grande potenziale educativo, e sosteneva che la civiltà avesse naturalmente un rapporto armonioso con sapere, e bellezza garantito proprio dalla cultura. (un mezzo per l'armonia). Max Weber aveva una concezione similare sostenendo che non fosse la scienza a fornire le risposte di cui l'uomo ha bisogno, ma la cultura. Caratteristiche principali dell'approccio umanistico: 1 – la cultura ha a che fare con la perfezione 2 – la cultura si oppone alle norme prevalenti dell'ordine sociale, alla civiltà, l'armonia è possibile ma difficile 3 – la cultura dev'essere attentamente preservata 4 – la cultura ha un'aura di sacralità, non ha senso se ridotta alle sue dimensioni economiche politiche e sociali. Ovviamente questo punto di vista della scuola umanistica è un idealtipo che appiana difficoltà e contraddizioni per facilitare il confronto. Ha inoltre un approccio valutativo rispetto al concetto di cultura e viene spesso usato per giustificare atteggiamenti elitari ma diffusi. Le scienze sociali Secondo questo approccio si deve parlare di culturE allo scopo di combattere contro l'etnocentrismo della visione umanistica della cultura alta e occidentale. Considera superato l'antagonismo cultura- società anche perchè la cultura è definita diversamente come sinonimo di civiltà:quell'insieme complesso di sapere, credenze, arte, morale, diritto, costumi ed ogni 1 altra competenza o abitudine dell'uomo in quanto membro della società. Peter Berger definisce la cultura come la totalità dei prodotti dell'uomo (materiali ed immateriali) egli sostiene inoltre che la società non è altro che parte di questi prodotti. Definizione troppo generica, si è sentita la necessità di fare dei distinguo, per esempio tra cultura implicita (fondamento implicito dell'azione) ed esplicita (forme espressive esplicite). Teorie sociali dell'armonia tra cultura e società: Il funzionalismo, branca della teoria sociale che parte dall'assunto che un'istituzione sociale svolga alcune specifiche funzioni volte al benessere della collettività, identifica la cultura con i valori che orientano i livelli sociali politici ed economici di un sistema sociale. Anche il Marxismo, pur ponendosi da una prospettiva opposta coglie la forte congruenza tra struttura sociale e cultura, solo che l'influenza è univoca e va dal sociale al culturale. Entrambe queste teorie si basano sull'assunto della forte congruenza di cui Peter Berger fa un buon esempio con il suo procedimento di esternalizzazione, oggettivazione, interiorizzazione. Gli esseri umani proiettano la loro esperienza sul mondo esterno (esternalizzazione) poi vivono queste proiezioni come fossero indipendenti (oggettivazione) e infine incorporano queste proiezioni nella loro coscienza psichica (interiorizzazione). Esiste poi un'autorevole definizione di cultura elaborata dall'antropologo Geertz che si incentra sui simboli e sul comportamento che deriva dai modi di pensare e di sentire simbolicamente espressi. Caratteristiche principali dell'approccio delle scienze sociali: 1 – evita valutazioni e opta per il relativismo (si può valutare l'impatto della cultura ma non il fatto culturale stesso) 2 – stretto legame tra cultura e società (assunto della forte congruenza) 3 – enfatizza la presenza e la forte durata della cultura e non la sua fragilità 4 – assume che la cultura possa essere studiata empiricamente (non è sacra o estranea alle attività umane) Anche questo è un idealtipo, molti scienziati sociali contestano ad esempio l'assunto della forte congruenza. Entrambi gli approcci (umanistico e scientifico) hanno delle prospettive utili, quindi nei successivi capitoli si cercherà di usarli entrambi nella costruzione del diamante culturale (uno strumento teorico coniato da Griswold). CONNESSIONI; I LEGAMI TRA CULTURA E SOCIETA’ La definizione con cui lavoreremo è la seguente: la cultura si riferisce al lato espressivo dell'esistenza umana – concetti, idee e oggetti che sono visti come espressimenti qualcos'altro. Tale definizione restringe il campo perchè si riferisce solo a ciò che ha significato e vale sia per la cultura esplicità che per quella implicita. Come possiamo distinguere analiticamente la cultura di una comunità dalla struttura sociale? Con il concetto di oggetto culturale. L'oggetto culturale Può definirsi come: un significato condiviso incorporato in una forma. E' uno status che noi attribuiamo in veste di analisti non è intrinseco, si può definire come una parte della cultura che noi estrapoliamo per essere studiata (anche al fine di comprendere la cultura generale che ha prodotto tale oggetto). Per comprendere l'intero sistema culturale con le sue relazioni con il sistema sociale abbiamo bisogno di estendere il nostro strumento analitico --> il diamante culturale. Il diamante culturale Possiamo considerare tutti gli OC come prodotti umani (in quanto culturali), possono avere un singolo creatore o più creatori (una collettività)--> C, per esistere come oggetti culturali devono avere "un pubblico", qualcuno che ne faccia esperienza --> R, inoltre non operano nel vuoto ma sono inseriti in un dato contesto sociale --> MS. 2 piuttosto è mediata dalle menti degli esseri umani (come nell'esempio dello storico dell'arte Baxandall) Nuovi significati vengono creati continuamente per i vari OC ed il modello dello specchio non ci aiuta a capire da dove essi provengano. La cultura è infatti intensamente selettiva a differenza degli specchi. La cultura è più un riflesso su che un riflesso di, riflesso nel senso di riflessione e non di rispecchiamento; una riflessione con il fine di comprendere, accettare o approfondire un'idea o altro. Ora un breve riepilogo: la cultura fornisce significati che sono fondamentali per gli umani. Una comprensione sociologica della cultura dovrebbe quindi connettere i significati culturali con il mondo sociale. A tal fine è stata elaborata la teoria del riflesso che trae le sue origini nel mondo greco (platone e aristotele) e che è alla base della teoria materialista (marxista, Scuola di Francoforte) e di quella funzionalista. SOCIETA’ WEBERIANA Nel suo "L'etica protestante e lo spirito del capitalismo" Max Weber ha cercato di capire il mondo moderno in particolar modo la società industriale e capitalista. Sapeva che non è solo il mondo sociale a influenzare la cultura ma che la freccia sul diamante è bidirezionale. Non mi dilungo sull'esempio ormai noto stra noto. Scambio culturale In una celebre metafora Max Weber comparò il ruolo della cultura con quello di uno scambista ferroviario per esprimere una sottiliezza del discorso sul significato: Sono gli interessi materiali e ideali e non le idee a dominare immediatamente l'agire dell'uomo; la cultura, come uno scambista ferroviario non fa che orientare la scelta del binario lungo il quale l'individuo cercherà di soddisfare il suo interesse. SISTEMI DI SIGNIFICATO O CASSETTA DEGLI ATTREZZI Le visioni classiche del modello del riflesso sono state in questi anni duramente attaccate, molti sociologi oggi ritengono che connessioni tra MS e OC siano piuttosto lente e che l'immagine offerta da Weber sia fuorviante. Due sono le critiche generali: 1 – l'approccio di weber è troppo soggettivo, chiede ai sociologi di entrare nella mente di ogni persona. E i sociologi non dovrebbero provare a essere psicanalisti. 2 – le persone si comportano in modi contraddittori e non sempre guidati dalla propria cultura, è meglio quindi parlare in termini di schemi culturali: presupposti informali che sottendono regole più formali .Ann Swidler sostiene che le culture assomigliano più a cassette degli attrezzi dalle quali le persone estraggono questa o quella competenza culturale all'occorrenza finendo anche per contraddirsi senza troppi traumi ne devianza. L'idea di una cultura forte ha quindi lasciato il posto ampiamente a una concezione che assume le relazioni tra cultura e azione come deboli e contingenti. SIGNIFICATO MODERNITA’ E SCONTRO DI CULTURE Samuel Huntington sostiene che a partire dalla fine della guerra fredda le linee di divisione del mondo non sono più tanto politiche quanto culturali ed economiche, queste differenze producono inevitabilmente conflitti di significato fondamentali. La tesi di Huntington di una guerra di civiltà basata su fondamenta culturali e religiose precede di molto l'11 settembre 2001 ed è tuttora oggetto di accalorato dibattito. Sarebbe un errore presupporre come si è in effetti fatto che le culture islamiche siano le più coerenti. Vero è che i sociologi vedono ogni giorno negate le tesi dei padri fondatori della disciplina secondo le quali i fondamenti per gli scontri culturali quali etnia, religione, visioni del mondo stanno gradualmente sparendo. Questa modernità inattesa, ancora carica di conflitti ha prodotto forti reazioni culturali in due direzioni: postmodernismo e fondamentalismo: Il postmodernismo è uno stadio postindustriale dello sviluppo sociale 5 dominato dai media, l'uomo postmoderno è caratterizzato dalla tranquilla assenza di illusioni. La cultura del postmodernismo è stata chiamata la morte della metanarrazione (non ha dunque nessuna "storia" che la giustifichi e la spieghi...è la fine del significato.) Questo fare dell'anomia una virtù finisce per sconfinare in un pesante nichilismo. Il fondamentalismo consiste in un veemente rifiuto della modernità (o almeno di certi suoi aspetti), i cambiamenti sociali sembrano violare i più sacri valori di tali movimenti. La semplicità e l'impegno appassionato collegati al fondamentalismo attraggono molte persone, anche perchè questo fenomeno, a differenza del postmodernismo, offre una metanarrazione (che sia realistica nn importa). CAPITOLO 3° LA CULTURA COME CREAZIONE SOCIALE DURHEIM E LA PRODUZIONE SOCIALE DELLA CULTURA Emile Durkheim è uno dei tre padri fondatori della disciplina sociologica, e come gli altri, difronte ad un mondo in cui il caos sociale non sembrava un ipotesi tanto lontana si domandava cosa potesse tenere insieme le società. Elaborò quindi la teoria della rappresentazione collettiva: Il problema della vita sociale moderna Stato passato ad integrazione elevata e bassa specializzazione, caratterizzato da solidarietà meccanica. Finito con la progressiva specializzazione del lavoro e delle istituzioni. Cosa tiene insieme questa moderna società in fase di atomizzazione? La solidarietà organica, il bisogno delle persone di operare scambi. E' necessario trovare forme di rappresentazione collettiva, come collante. Legami sociali: il ruolo della religione Durkheim studia il primitivo totemismo degli indiani d'America per tre ragioni: - in primis cogliere gli elementi costitutivi - poi trovare i fondamenti di tutte le religioni - infine scoprire l'origine del bisogno umano che causa la credenza religiosa L'analisi della religione durkhemiana si basa su quattro idee: 1- la rappresentazione collettiva 2- la distinzione tra sacro e profano 3- le origini del sacro 4- le conseguenze sociali della religione. 1 – innanzitutto la religione è alla base di tutte le categorie del pensiero, ed entrambe sono rappresentazioni collettive che esprimono realtà collettive. Come spiegazione di ciò Durkheim sosteneva che gli esseri umani fossero duplici, una parte biologica individuale ed una sociale, codivisa; data dalla nostra partecipazione ad una coscienza collettiva che produce le nostre categorie di pensiero.(grazie alle quali comprendiamo concetti anche astratti come spazio e tempo) 2 – Tutte le credenze religiose dividono il mondo in sacro e profano, il sacro è assolutamente separato dal profano e non vi si può avvicinare 3 – La società fa sorgere il senso del divino negli esseri umani attraverso il suo potere e controllo su di noi e la sua forza positiva che produce un continuo sostegno del nostro essere morale. 4 – La conseguenza è che gli individui sostenuti nel loro essere morale riconoscono nel sacro la fonte di forza e lo connotano con essa, il profano risiede quindi nella quotidianità. Spesso gli individui hanno la percezione che la propria vita sia divisa in due fasi, in quella sacra si produce uno stato di effervescenza collettiva che nel caso dei clan australiani avviene durante il corroboree, in queste occasioni il totem (rappresentante i vari clan) diventa rappresentazione collettiva delle forti emozioni provate nonchè della scena. In sunto la forza morale esiste...ma non è divina...è originata dalla società. La religione non è che il sistema di idee attraverso le quali le persone rappresentano la loro società. Tutta la cultura umana diventa una rappresentazione del sociale. 6 La cultura come rappresentazione collettiva Tutti gli oggetti culturali sono rappresentazioni collettive, rappresentano la stessa esperienza sociale --> qui riconosciamo l'impronta funzionalista; Durkheim però, invece di accogliere meramente il modello del riflesso propone un quadro più complesso di come possa accadere questa rappresentazione della realtà sociale: gli OC non sono semplicemente creati da un individuo di genio, piuttosto sono prodotti da individui che si relazionano ad altri individui. Inoltre le persone negli OC che producono rappresentano la propria esperienza di vita ed emotiva. Ogni gruppo sociale identificabile svilupperà rappresentazioni collettive con le quali dimostrare la propria solidarietà collettiva a se stesso ed agli altri, se poi volessimo comprendere un OC dovremmo vedere come viene usato da un dato gruppo per rappresentarsi. LA PRODUZIONE COLLETTIVA DELLA CULTURA Sono innumerevoli le attività sociali coinvolte nella creazione della cultura: la cooperazione, il conflitto, l'interazione ecc. La teoria secondo la quale le interazioni tra gli individui producano cultura è nota come interazionismo simbolico. La scuola della produzione della cultura è invece basata sulla sociologia economica ed organizzativa e si concentra maggiormente sulle organizzazioni di produttori e consumatori di cultura. (la considereremo nel quarto capitolo). L'interazionismo simbolico Questo è l'ambito della psicologia sociale, dello studio delle interazioni tra individui che generano cultura. L'interazionismo simbolico è in altre parole interessato a come l'individuo costruisce attivamente le proprie norme; il sé dell'uomo non è una forma platonica preesistente è creata dall'interazione sociale. Uno dei primi studiosi di questa branca fù Cooley che nel 1902 coniò l'espressione specchio del sè. Secondo Cooley una interazione completa contempla tre fasi: - il sé immagina la reazione di un altro alla sua apparenza - immagina poi il giudizio dell'altro - reagisce a tale giudizio con una reazione emotiva Se l'interazione mina l'armonia sociale gli individui tendono a costituire nuove sequenze interattive che ristabiliscano tale armonia (la norma dello scusarsi se ci si scontra) Non tutta la competenza sociale si costituisce attraverso l'interazione a due: Mead nel '34 ha notato che il bambino nella sua fase di sviluppo attraversa diverse fasi: stadio del gioco libero (play), stadio del gioco con regole (game) in questa fase il bambino impara a tenere conto di norme e ruoli diversificati. Infine il bambino impara a tenere conto dell'altro generalizzato (la società)--> essa è la fonte della moralità ed i bambini sono socializzati a tenere conto di cosa si aspetta da loro questo altro generalizzato. Dove compare la cultura? Dal punto di vista dell'interazionismo simbolico il sé è molto disponibile ad essere influenzato data la carenza di spinte istintive, l'uomo deve così creare le proprie linee di condotta, ciò avviene nell'interazione con gli altri e con l'altro generalizzato. Gli OC così creati sono poi trasmessi attraverso la ripetizione e la socializzazione dei nuovi membri del gruppo. L'identità è un punto cruciale dell'interazionismo simbolico, viene prodotta dalle interazioni con gli altri e richiede la loro conferma. Secondo una tesi di tipo biologico gli esseri umani hanno una serie di bisogni strutturati gerarchicamente e prima di dedicarsi alla costruzione di significati devono soddisfare questi. La tesi interazionista di Anderson e Snow afferma invece che anche quando c'è incertezza per quanto riguarda i primi l'attività di costruzione di significato e identità è comunque intensa (Studio sui Vagabondi). L'altro generalizzato è normalmente concreto e stabile in modo tale che gli OC costruiti sulla sua base non debbano essere continuamente ridiscussi. 7 competono per l'attenzione del pubblico con gli OC che non abbiamo problemi a definire "prodotti". I successi sono tutti imprevedibili e le reputazioni sono la risorsa principale che i produttori hanno a loro disposizione.In ogni caso l'idea di un OC deve lottare per essere accettata prima dell'OC stesso, soprattutto nel caso non sià già ancorata ad un contesto culturale ma sia totalmente innovativa Anche per quel che riguarda la produzione ideologica ci sono momenti più favorevoli, che sono ancora quelli di instabilità socio politica ed economica: nei momenti di tranquillità (come dice Ann Swidler) le persone tirano avanti con pezzi misti di ideologie, ma in un momento di incertezza gli umani abbisognano di certezze e coerenza ideologiche (ecco perchè questi sono momenti proprizi) C'è tra le ideologie in surplus un processo di selezione (nella competizione per le risorse) e poi di istituzionalizzazione (quando la nuova ideologia è inserita nella prassi). Ora è tempo di occuparci dei consumatori (o ricevitori) di cultura che chiameremo il sottosistema di di produzione dell'interpretazione. LA RICEZIONE Il sistema di ricezione è quello che produce l'incertezza del sistema di produzione riguardo il successo o meno degli OC prodotti. Chi riceve l'oggetto ha l'ultima parola. Un postulato di base nell'approccio sociologico alla ricezione è che la "mente sociale" elabora gli stimoli in arrivo (non solo - come un cervello o - come una mente individuale ma come una prospettiva di gruppo formata dalla comunicazione interpersonale, e quindi - come comunità di pensiero). Le nostre menti sociali come membri di comunità di pensiero foggiano ciò che ci emoziona, ci interessa, ed i significati che traiamo dall'ambiente. Per comprendere la ricezione di OC dobbiamo assumere che in significato non è inserito nell'OC stesso e non è nemmeno soggetto ai capricci individuali: gli attributi sociali delle persone, le loro posizioni nella struttura sociale condizionano ciò che essa apprezza, ciò che pensa e financo ciò che riconosce. I pubblici, le culture di gusto e il capitale culturale Una grande massa di ricerca conferma la correlazione tra gusto culturale e posizione socioeconomica, la stratificazione culturale. Non è sempre così diretta e data: molti OC attraversano i confini di classe, genere, etnia e religione; per questo motivo Gans ha proposto di non dedicarsi alla correlazione tra classe e gusto ma piuttosto di identificare culture di gusto (avulse dal posizionamento sociale). Gli strati sociali differiscono nell'ampiezza della loro partecipazione alla cultura: la classe medio alta partecipa più intensamente alla cultura: laddove un uomo di classe operaia sa di TV, sport e e musica popular un uomo di classe media sa di belle arti, letteratura + TV, sport e musica popular. Peterson ha chiamato i gruppi di classe media onnivori culturali; chiaramente questi avranno più risorse degli altri per l'azione nelle varie situazioni sociali. Come chi vive nei ghetti ha ancora meno possibilità di un membro della classe media o della classe operaia di passare da un codice ad un altro (non avendo avuto esperienze d'interazione con altre culture). Certamente non si scegli la cultura di gusto a cui si partecipa e neppure le conseguenze di tale partecipazione. Una potente teoria sulle conseguenze di gusto è stata elaborata da Bourdieu secondo cui la cultura può essere considerata una sorta di capitale che può essere accumulato e investito, e anche convertito in capitale economico. Bourdieu ha tracciato una mappa dei collegamenti tra capitale culturale ed economico: a volte c'è corrispondenza altre volte c'è conflitto: Gli studenti--> alto capitale culturale, basso capitale economico Gli imprenditori --> basso capitale culturale, alto capitale economico. 10 I tipi di capitale non economico possono cambiare da luogo a luogo: Poichè si crede che il capitale culturale sia importante, i gruppi sociali hanno la tendenza ad inflazionare il valore di ciò che essi hanno e a cercare di impedire che altri ne posseggano a loro volta --> così si formano le convinzioni etnocentriche di superiorità culturale e si riveste di sacralità la propria cultura. Sembra dunque chiaro che la ricezione di diversi tipi di oggetto culturale è stratificata per classe sociale e che la gente può consapevolmente o meno usare la cultura per mantenere e legittimare i vantaggi ottenuti e per superare gli svantaggi. Un ampio repertorio culturale è quindi socialmente utile. Orizzonti di aspettative l'orizzonte di aspettative è plasmato dal bagaglio culturale e sociale di ciascuno e quando un soggetto si relaziona ad un OC lo fa tramite il filtro del suo orizzonte di aspettative che in ogni caso muta a causa della relazione (un processo ciclico) Il significato attribuito agli OC cambia a seconda delle culture di gusto: Ogni evento può essere trasformato in un OC quando gli viene attribuito un significato. L'attenzione prestata alle diverse interpretazioni di un OC può rivelare la presenza di assunti sociali fortemente radicati. Modello del framing: se i creatori riescono a dare all'OC una cornice che il pubblico già possiede è più facile che l'OC venga percepito. (così funziona la propaganda politica) Ma se ogni gruppo ha il suo orizzonte di aspettative può costruire autonomamente i significati che più gli piacciono? LA LIBERTA’ DI INTERPRETAZIONE CULTURALE Possono esserci due risposte antitetiche: 1 – si può costruire qualsiasi significato (ricevitori forti OC deboli) 2 – si deve sottostare ai significati che sono intrinsechi all'OC (ricevitori deboli OC forti) Lévi Strauss disse che la mente umana era come un bricoleur (come quel tipo di artigiano che poteva modellare qualsivoglia materiale in qualsiasi forma.) Seguendo questa logica si può attribuire potere totale al ricevitore. Questa posizione nega alla cultura il ruolo di rappresentazione collettiva. All'estremo opposto chi ignora le convenzioni di un particolare OC non può capirlo, gli estranei ad una cultura non possono intenderla ecc. Esiste un significato intrinseco dell'OC. --> questa convinzione è stata denominata <<superstizione del significato giusto>>. L'occhio di ciascuno spettatore è condizionato dal suo posizionamento sociale: spettatori diversi significati diversi. Spingere le due teorie agli estremi non porta da nessuna parte, due scuole di pensiero in ogni caso esprimono i due punti di vista: la scuola della cultura di massa e la scuola della cultura popolare. La seduzione della cultura di massa L'intrattenimento di massa si basa su un minimo comune denominatore di gusto, che enfatizza l'aspetto sensazionale rispetto a quello morale o intellettuale allo scopo di conquistare la più larga fascia di mercato possibile. Tali prodotti rendono lo spettatore (ricevitore) apatico e intorpidito e questo stato d'animo predisponde le persone a sottomettersi a forme di tirannide politica ecc. Questa è la concezione della Scuola di Francoforte. E' forte l'interesse per i possibili effetti negativi della cultura di massa: i prodotti della cultura di massa riproducono per esempio gli stereotipi razziali, e di genere. Il rapporto della cultura di massa con la violenza è ancor oggi un tema molto discusso e i media popular sono sotto costante controllo anche se tale controllo ha avuto decisamente poco effetto sui contenuti. Secondo la concezione pessimistica della cultura di massa i pubblici sono innocenti e ingenui, facili da imbonire. La concezione opposta sostiene che la gente è troppo esperta e che sa troppe cose per essere preda degli OC. In questa concezione non 11 si parla di cultura di massa ma di cultura popular. Resistenza attraverso la <<CULTURA POPOLARE>> Il termine popolare ha preso a significare la cultura della gente (in quanto delle persone comuni) opposizione tra cultura alta (delle elites) e cultura popolare. Comprende i prodotti culturali di massa e anche la saggezza, il senso comune, i modi di vita della "gente" priva di potere e ricchezza: di quei gruppi privi di capitale economico e culturale. La cultura popolare è dunque il sistema di significati a disposizione della gente comune. La rivalutazione della cultura popolare è avvenuta tra i sociologi quando gruppi emarginati (donne omosessuali ecc) hanno cominciato a rivendicare il dovuto rispetto negli anni sessanta. La rivalutazione è avvenuta in due modi: - analisi della cultura popolare alla ricerca di significati nascosti, significativi solo per quella parte di pubblico che stiamo prendendo in considerazione. Il pubblico popolare è capace di decodificare significati che risultano particolarmente soddisfacenti alla luce dell'esperienza sociale. Nel secondo approccio il pubblico popolare non solo decodifica come più gli piace ma crea significato (sovversivo); come dice John Fiske la gente si pone di fronte ai prodotti culturali di massa come se fosse al supermarket, acquista i suoi ingredienti ma poi cucina da sé usando elementi della propria dispensa individualizzando il prodotto finale. Nel modello CM gli OC impongono i propri significati sui loro pubblici, nel modello CP invece il pubblico crea i propri significati. Il vero pericolo, non considerato da nessuna delle due teorie è che le persone smettano di interpretare tutti gli OC. Questo rigetto è avvenuto già per quel che riguarda alcuni OC e i teorici della cultura postmoderna sono convinti che ciò continuerà. CAPITOLO 5° LA COSTRUZIONE CULTURALE DEI PROBLEMI SOCIALI. LA COSTRUZIONE DI UNA IDENTITA’ COLLETTIVA L'identità collettiva non è una condizione ma un processo: bisogna continuamente lavorare alla propria identità (all'essere donna, mussulmano, italiano ecc.) altrimenti questa si trasforma in un'etichetta che poco avrà a che fare con il comportamento.Si forma attraverso processi interattivi e condivisi.Il processo di formazione, mantenimento ed alterazione di tale identità fornisce agli attori la base per formare le proprie aspettative e calcolare costi e benefici di un'azione.L'identità collettiva può cristallizzarsi in forme istituzionalizzate --> organizzative.E' da questa definizione che nasce il collegamento con i PS e con i movimenti.Quando una identità collettiva viene attivata produce una mente sociale che considererà un certo tipo di OC come problemi sociali e potrà attivarsi ed agire.La rivendicazione culturale basata su razza, etnia, religione e lingua persiste per diverse ragioni: la sua espressione attraverso OC è soddisfacente ed a basso costo, - inoltre impegna i leader intellettuali del gruppo etnico o razziale che hanno interesse nella sua perpetuazione; - i leader politici trovano inoltre conveniente appellarsi all'appartenenza etnica e razziale nella loro caccia al voto L'espressione culturale dell'etnicità è meno diretta di quanto potrebbe apparire a prima vista: le suddivisioni interne ai gruppi etnici e razziali sono spesso invisibili agli esterni. L'etnia stessa è un OC. Le appartentenze etnico-razziali sembrano naturali ma sono culturali Le persone possono trarre anche vantaggio dall'appartenenza etnica imposta (se le specificità non vengono riconosciute dall'esterno ci si può in definitiva unire contro il nemico comune ed abbattere le barriere che ci si era autoimposti (indiani d'america delle varie tribù uniti 12 famiglia) o quella nigeriana (nel promuovere membri del gruppo etnico) ciò è segno di solidarietà di gruppo. Approcci comprendenti il tentativo di creare un certo tipo di cultura organizzativa per cui il duro lavoro e la dedizione siano parte di un complesso significativo di attività ed atteggiamenti: - Soluzioni di tipo strutturale al problema dell'alienazione burocratica: appiattire le gerarchie, collocare la scelta decisionale a livelli relativamente bassi, sottolineare l'informalità, l'accessibilità, incoraggiare l'innovazione, evitare status simbol aziensali ---> insomma diminuire la distanza tra management e resto dell'organizzazione permette a questo "resto" di identificarsi con l'organizzazione e contribuire al conseguimento dei suoi obiettivi. - Soluzioni di tipo culturale: alimentare una predeterminata cultura organizzativa: selezione nella fase di reclutamento e socializzazione attiva: strategia evidente nelle corp. giapponesi nelle quali, grazie alla selettività e alla socializzazione, anche un elevato turnover di dipendenti non mina la cultura organizzativa. I tentativi culturali e strutturali spesso vanno di pari passo. - Soluzione degli eroi di produzione e delle storie organizzative. 1- Istituzione del dipendente del mese e cose del genere. La funzione di onorare l'eccezionale e premiare il fedele se inflazionate diventano controproducenti ma se attentamente dosate trasformano l'attore esemplare in un OC modello del comportamento buono per gli altri membri dell'organizzazione. A volte l'attore modello è una finzione ma ciò non sembra togliere nulla al suo potere simbolico. 2- I manager raccontano aneddoti che illustrano i valori e le pratiche organizzative desiderate; un altro tipo di storia può comunque emergere dalle interazioni tra gli stessi lavoratori anche in contrapposizione con il management. Culture di solidarietà e ambiguità -2- Esistono culture organizzative condivise su larga scala nelle organizzazioni, anche se non sono necessariamente unitarie perchè come abbiamo visto le organizzazioni hanno subculture che possono diventare la base di conflitti; esse si consolidano tramite storie che servono per organizzare la propria esperienza e solitamente sono il dramma o l'autobiografia. Si sono identificati sette tipi di racconti che si ritrovano in una grande varietà di organizzazioni pubbliche e private. Storie su regole infrante, sull'umanità o sulla mancanza di umanità del datore di lavoro, su dipendenti che arrivano ai vertici, su incendi, su trasferimenti, su errori dei dipendenti, sull'abilità dell'organizzazione di gestire gli ostacoli. Queste storie vengono raccontate per millantare l'unicità della propria organizzazione, anche se sono spesso identiche, e chi racconta sembra inconsapevole di ciò. Ogni tipo di storia ha visioni positive e negative ed esprime le contraddizioni e i dualismi propri della vita organizzativa. Esprimere le tensioni legate all'incertezza all'ambiguità della vita nell'organizzazione può servire ad ammorbidirle. Le storie (sia nella versione positiva che in quella negativa) producono solidarietà tra chi le condivide. Anche la creazione di subculture e idioculture nelle organizzazioni non sono totalmente indipendente dal più ampio contesto sociale non dobbiamo dimenticare i legami tra MS e C. Così i lavoratori si portano al lavoro le proprie identità collettive esterne e si crea un'infintà di tensioni avulse dalla vita nell'organizzazione. E le subculture all'interno dell'organizzazione possono frammentarsi lungo le linee etniche e di genere presenti nel MS. Il Management che detiene il potere simbolico di spiegare le cose cerca di scoraggiare tali fratture che operano irrazionalmente contro l'equivalenza funzionale. Ma il potere simbolico organizzativo può arrivare solo fino ad un certo punto. La principale divisione è quella che passa proprio tra management e lavoratori, con poche posizioni intermedie (che presuppongono comunque lealtà divise) eccetto questi casi esistono distinzioni pratiche e simboliche 15 nette tra il primo ed il secondo gruppo. Che influenza ha la divisione tra lavoro e management sulla formazione di subculture entro un organizzazione? Innanzi tutto si può dire che la chiara coscienza di classe immaginata da Marx non è poi così marcata ovunque: negli USA anche i membri della classe operaia tendono a inserirsi nella classe media in Giappone lo scarto esiste ma la socializzazione tra operaio e manager colma lo scarto. Possiamo quindi assumere che le solidarietà di classe non siano poi così rilevanti per l'analisi organizzativa anche se non totalmente irrilevanti perchè emergono nelle lotte che oppongono datori di lavoro e lavoratori: durante scioperi e licenziamenti le culture della solidarietà emergono. Tale cultura della solidarietà persiste a lungo anche dopo la crisi. Cosa ne è della cultura manageriale? Rappresenta solo la cultura nazionale o è specifica del management? Max Weber suggerisce entrambe le opzioni: lo spirito del capitalismo è rimasto anche dopo che si è estinto il suo nesso con la religione e si è esteso in tutta la società (come dimostrano le lezioni date in fase di socializzazione: un penny risparmiato è un penny guadagnato ecc.) I manager oggi cercano di negoziare la loro posizione attraverso imbrogli morali, ai livelli più alti un'etica burocratica ha sostituito l'etica protestante, e questa subcultura manageriale favorisce un'astrazione crescente dalle funzioni organizzative e un ascetismo psicologico attraverso cui il ruolo di manager si separa da quello di padre e amico ovvero il lavoro è nettamente semparato da relazioni familiari e extralavorative. Abbiamo analizzato due tipi di cultura organizzativa: quello consensuale e quello conflittuale: nel primo l'armonia è la norma e la dissidenza è un problema che chiama soluzioni: un modello chiaramente funzionalista, nel secondo i gruppi sono pensati come aventi interessi diversi, la linea di divisione passa attraverso management e lavoratori, ma anche tra etnie, genere, religione --> queste divisioni possono originare culture della solidarietà e generano conflitti interorganizzativi: un modello marxista e delle sociologie del conflitto. Martin ha poi elaborato un terzo modello: della frammentazione--> qui le organizzazioni sono bersagliate da ambiguità e le persone adottano prospettive multiple: ogni persona è il nodo di una rete di più gruppi, categorie e culture--> questioni diverse attiveranno identità diverse. Martin invita l'analista ad adottare tutte e tre le prospettive sino a che una non si renda più utile. LE ORGANIZZAZIONI IN CONTESTI CULTURALI Quale rapporto esiste tra un'organizzazione e il contesto culturale in cui opera? In quest'area di ricerca l'accento oscilla tra cultura e struttura. Le teorie sociologiche della burocrazia alla Max Weber affermano che la tendenza è verso un unico modello ad alta efficienza: posizioni gerarchicamente ben definite, specializzazione funzionale, separazione dell'aspetto personale da quello burocratico. Questa è la struttura del tipico organigramma di una azienda o del governo. Questo modello burocratico variava fortemente da luogo a luogo: emerse dunque la tesi del carattere nazionale che come premessa assumeva che le culture dei diversi luoghi influenzavano le tendenze delle organizzazioni al punto da farle anche muovere verso soluzioni inefficienti. Questi modelli del carattere nazionale non sono mai passati di moda anche a causa del grande interesse dell'occidente per il sistema Giapponese. Sono però spesso associati a visioni etnocentriche secondo le quali le società meno avanzate hanno culture inferiori ecc. L'interesse per i rapporti tra le organizzazioni e le culture circostanti è tornato fortemente alla ribalta dagli anni ottanta a causa del fenomeno della globalizzazionedell'economia. Le singole aziende per la prima volta hanno dovuto guardare in faccia culture assai diverse nei loro processi delocalizzativi. Al già noto successo del Giappone si sono 16 aggiunti i quattro dragoni (Taiwan, Corea del Sud, Singapore e Hong Kong) e nuovi concorrenti nell'america latina. Caso struttura delle organizzazioni americane e struttura delle organizzazioni giapponesi: culture a confronto, irreplicabilità del sistema giapponese al di fuori del Giappone. Teoria strutturale: il corporativismo del benessere (tipico delle org Giapponesi) spiega la dedizione al lavoro e il legame con l'azienda. Teoria culturale: sono i valori e quindi le differenze nazionali a spiegare la maggiore o minore dedizione e soddisfazione. La posizione culturalista afferma invece che no, queste strutture non avrebbero successo se esportate in una cultura come quella USA. I risultati sono interessanti perchè come suggerisce la prima posizione il rendimento è più elevato in giappone ma non la soddisfazione: i contatti informali tra datori di lavoro e dipendenti in Giappone sono considerati routine e quindi non ricoperti del valore sufficiente a incrementare la soddisfazione personale. In nessuna delle due culture tali rapporti sono considerati rilevanti ai fini della soddisfazione personale. Ancora una volta la complessità della vita sociale verrebbe mascherata da una spiegazione del tipo cultura VS struttura posta nei termini di rigida alternativa... Un approccio forse più valido è quello del neoistituzionalismo che riconosce la compenetrazione di cultura e struttura considerando le organizzazioni come assemblaggi debolmente connessi di persone strutture e sistemi. Assunto dell'isomorfismo istituzionale: Data una certa plasticità della struttura, le organizzazioni e le relazioni organizzative si adattano ai loro contesti istituzionali e li rispecchiano: particolarmente vero per org come la scuola e le burocrazie governative, ma anche per le aziende. La relazione tra organizzazione e contesto non è mai facile: spesso, a dispetto di come vengono percepite, le organizzazioni semplicemente ignorano il contesto in cui operano. Molte organizzazioni però non possono permettersi questo lusso: ad esempio le compagnie commerciali o le ONG. LAVORARE ATTRAVERSI CULTURE La ricerca comparativa può aiutare pianificatori e manager a evitare errori nelle loro scelte organizzative. Gli scopi organizzativi prevedono la capacità di organizzarsi all'interno di una pluralità di culture. Un modo è quello di tener duro sulla mission principale e adattarsi su questioni minori: >Caso di McDonald's in Cina< permettere alle nonne di bersi il té e chiacchierare lungamente in un FAST food in previsione dell'orda di nipotini affamati. Le trappole per le org che devono agire tra una pluralità di culture sono molte: es. Chevy Nova in Messico...Nova --> NO VA--> in spagnolo: non funziona!! La sociologia può focalizzare l'attenzione sul fatto che un prodotto tangibile ecc costituisce facilmente un oggetto culturale i cui significati variano a seconda degli esseri umani che interagiscono con esso. Cosicchè un membro della squadra di implementazione di un programma possa prevedere quali saranno i risultati alla luce delle culture coinvolte e attuare le dovute correzioni. >Caso delle traduzioni< le sfumature di significato delle parole, le traduzioni devono tener conto di questo...se no possono accadere dei brutti misunderstanding culturali che all'interno delle organizzazioni possono portare ad effetti pratici e rilevanti. 17 QUIND:Internet permette alle persone di fare quello che facevano prima in modo più completo, veloce, efficiente, ha inoltre la capacità di connettere persone in reti. COMUNITA’ DI SIGNIFICATO IN UNA CULTURA GLOBALE Bellah: nicchie di stile di vita: questa espressione descrive i luoghi dove le persone possono scegliere di vivere con altre simili a loro; Bellah interpreta questo sviluppo come un fallimento dello scambio organico durkheimiano. Oggi possiamo vivere entro quelle che potremmo chiamare Nicchie culturali, questi gruppi culturali sono costruiti intorno alla somiglianza piuttosto che alla differenza, e la loro tendenza non è quella di aumentare la tolleranza quanto al contrario di diminuirla. La comunicazione elettronica facilita questo. Se la globalizzazione elettronica sembra unire il mondo geograficamente, sembra separarlo relazionalmente, formando comunità senza spessore. Postmodernità e comunità La cultura postmoderna è una cultura di superficie, un gioco di immagini che rinnega la profondità, la storia, il significato; essa presenta le seguenti caratteristiche: 1 – Assenza di spessore o meglio autoconsapevole superficialità 2 – Rigetto delle metanarrazioni 3 – Frammentazione, rottura delle connessioni, la cultura postmoderna accoglie il frammentario, l'effimero, il discontinuo --> il cosiddetto pastiche, simile al bricoleur del quarto capitolo ma senza la vocazione di costruire alcunchè. Una cultura con queste caratteristiche non sembra essere promettente per lo sviluppo di comunità. Le teorie della cultura che abbiamo discusso danno motivo per essere tanto ottimisti quanto pessimisti: Sul versante ottimista: la comunità ed un senso di solidarietà derivano dall'interazione, se quindi le comunicazioni elettroniche favoriscono le relazioni allora creeranno comunità e solidarietà. Sul versante pessimista: le persone possono sempre più vivere nei ghetti culturali da loro stesse scelti (ghetti che possono essere di dimensioni continentali). Alcuni sociologi hanno suggerito che il bisogno di erigere ed accentuare confini culturali è una risposta a pressioni su altri confini: l'assunto è che le pressioni esterne su una società portino ad una maggiore enfasi sulle gerarchie interne Caso dell'omosessualità perseguita più intensamente quando la comunità intorno è attaccata dall'esterno, così le rotture dell'ordine morale possono anche non portare a nuove ideologie ma rinforzare le vecchie. Le comunità spaziali e relazionali non sono nulla di nuovo e il fatto che le comunicazioni elettroniche abbiano moltiplicato le seconde non significa il tramonto delle prime. I teorici della postmodernità forse sbagliano nel considerare tali comunità prive di spessore perchè gli esseri umani possono operare simultaneamente su tutti i tipi di comunità: relazionali e globali, territoriali e locali, ed ognuna di queste avrà una sua cultura. Parlare una pluralità di lingue Una realtà sempre più diffusa quella del parlare più lingue parallelamente. I linguaggi pubblici sono destinati ad una comunità relazionale, mentre quelli privati si rivolgono ad una comunità spaziale, la prima è specifica, orientata ad uno scopo, formale ed impersonale, la seconda è diffusa ed intima; ora supponiamo di mettere la cultura al posto della lingua ed osserviamo un individuo postmoderno connesso in rete in diverse comunità relazionali e in una o più comunità locali fatte di contatti face to face e di notevole intimità: non c'è ragione di pensare che uno dei due tipi sia destinato a deteriorarsi, anzi i media elettronici possono rafforzare i legami locali. I media elettronici rendono gli OC disponibili ad ampi pubblici, ed accessibili in tutto il globo ma non suggeriscono come questi debbano essere interpretati, non impongono significati. 20 CULTURE SENZA CENTRI I centri culturali non hanno retto e siamo passati da un mondo bipolare ad uno policentrico ricco di significati multipli e paralleli, la purezza culturale è sparita dalla faccia della terra; anche l'idea di uno sfaccettato multiculturalismo in cui diverse culture si mescolano mantenendo tuttavia la loro identità specifica è ormai fuorviante. Nonostante tutto questo gli esseri umani continuano a combattere il caos producendo e ricevendo OC. Nonostante le reti multiple ecc. le persone condividono ancora significati tra loro, quindi lo strumento del diamante è ancora valido. 21
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