Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Sociologia della cultura - Wendy Griswold, Prove d'esame di Auxologia

Riassunto della lezione sui capitoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 del libro "Sociologia della cultura" di Wendy Griswold.

Tipologia: Prove d'esame

2013/2014

In vendita dal 10/01/2014

claucala
claucala 🇮🇹

4.5

(19)

12 documenti

1 / 12

Toggle sidebar

Anteprima parziale del testo

Scarica Sociologia della cultura - Wendy Griswold e più Prove d'esame in PDF di Auxologia solo su Docsity! SOCIOLOGIA DEI PROCESSI CULTURALI. LIBRO 1. Riassunto "SOCIOLOGIA DELLA CULTURA" (Wendy Griswold)    CAPITOLO UNO "Cultura e diamante culturale"  La cultura può essere distinta dalla società  in quanto designa  l'aspetto espressivo della società, mentre  la società  indica  l'aspetto  razionale.   Ma della cultura si può parlare in due modi:   punto  di  vista  delle  discipline  umanistiche=  Arnold,  Weber,  cultura  come  "quanto  di  meglio  sia  stato  pensato  e  conosciuto",  (1)  la cultura ha a che  fare con  la perfezione,  (2) alcune culture e opere culturali sono meglio di altre,  (3)  cultura si oppone alla civiltà, rara armonia tra esse, (4) cultura fragile, dev'essere preservata con educazione ed archivi,  (5) essa ha un'aura di sacralità e ineffabilità    posizione delle scienze sociali= Herder afferma che si deve parlare di culture al plurale, Berger "cultura come totalità dei  prodotti dell'uomo"  esemplifica  "l'assunto  (comune  a marxismo  e  funzionalismo) della  forte  congruenza",  cioè  che  la  cultura è una proiezione della propria esperienza  sul mondo esterno  (esternalizzazione), poi  vivono queste proiezioni  come  fossero  indipendenti  (oggettivazione)  e  infine  incorporano  tali  proiezioni  nella  loro  coscienza  psichica  (interiorizzazione).  Gli  elementi  fondamentali  di  tale  posizione  sono  quindi  che  (1)  evita  valutazioni  e  opta  per  il  relativismo, si valuta solo l'impatto della cultura sull'ordine sociale, (2) ritiene che vi sia un profondo legame tra cultura e  società, (3) enfatizza la persistenza e durata della cultura piuttosto che la cultura non è qualcosa di sacro, è un prodotto  umano studiabile empiricamente.   DEFINIZIONE GENERALE= La cultura si riferisce al lato espressivo della vita umana‐ comportamenti, oggetti e idee che ossono essere  visti come esperimenti, o rappresentanti qualcos'altro.     Cercare di capire le connessioni tra una società e la sua cultura vuol dire innanzitutto iniziare l'analisi con un esame ravvicinato di  OGGETTI  CULTURALI=  un  oggetto  culturale  può  definirsi  "un  significato  condiviso  incorporato  in  una  forma"  (Griswold),  cioè  un'espressione significativa che è udibile, visibile, tangibile o può essere articolata. Esso racconta una storia.    Gli oggetti culturali sono creati e legati ad esseri umani, oltre che ancorati ad un contesto sociale. Quattro elementi interconnessi  nel DIAMANTE CULTURALE= strumento euristico inteso a far comprendere che una relazione esiste, non quale essa sia            CAPITOLO DUE "Il significato culturale"  Un oggetto culturale ha un significato condiviso: ad esso è stato attribuito un senso che è condiviso dai membri della cultura. Essa  infatti,  secondo  Geertz,  è  un  "modello  di  significati"  che  è  durato  nel  tempo.  Il  senso  o  significato  si  riferisce  alla  capacità  dell'oggetto di suggerire o indicare qualcos'altro. Esso può essere semplice (biunivoca) o complesso (tipico dei simboli, che evocano  una varietà di significati, alcuni dei quali possono essere ambigui).    La CULTURA è  fatta di  significati  complessi e non  semplici,  significati  "incorporati  in  simboli",  sempre  secondo  la definizione di  Geertz.    Gli esseri umani necessitano di  significati. Berger afferma  che esso è bastione  contro  il  caos,  creano  le  culture  con processo di  esternalizzazione‐oggettivazione‐interiorizzazione,  costruendo  così  i modi  in  cui  essi  agiscono.  La  cultura  fornisce  significato  e  ordine attraverso l'uso di simboli, laddove ciò che abbiamo designato come oggetti culturali sono arricchiti di significati oltre e al di  là della loro utilità materiale.    La domanda è: da dove provengono e quale differenza fanno i significati?  1. TEORIA DEL RIFLESSO, cultura riflesso della vita sociale, tipica di marxismo e funzionalismo   2. vita sociale che riflette la cultura, di Max Weber   N.B. Tutte le teorie si concentrano sull'asse verticale del diamante (mondo sociale ‐oggetto culturale)     1. LA CULTURA COME SPECCHIO ‐ La cultura è specchio della realtà sociale, idea che si rifà al senso comune. Connessione doppia, la  sociologia culturale ha preferito  il primo modo di descrivere  la connessione, chiedendosi come  la cultura  riflettesse  la  società e  ammettendo  il  secondo modo  ‐società  che  riflette  la  cultura‐  solo  come  considerazione  secondaria. Non  c'è  rapporto di  causa‐ effetto, ma una correlazione. Teoria del riflesso acquista credibilità anche attraverso artisti, scrittori e altri creatori sottolineano il  legame  tra  le  loro opere e  la  realtà.  Idea che ha un'origine greca, per Platone  l'arte era una mimesi, una  rozza  imitazione della  realtà che era a sua volta una copia imperfetta delle idee, Aristotele suggerì un modo di difendere l'arte redifinendone il termine  medio, essa imita le verità universali circa l'esistenza umana. Tale concezione è propria, ai tempi moderni, sia del marxismo che del  funzionalismo, nello specifico:   MATERIALISMO  E MARXISMO=  la  concezione materialista  implica  che  la  religione,  i  valori,  l'arte,  le  idee,  le  leggi e  la  cultura in genere sono prodotti della realtà materiale, a differenza dell'idealismo. Idea che c'è già in Feuerbach, Marx la  supera  ponendo  l'attenzione  anche  sulle  radici  sociali  e  storiche  del  mondo  materiale.  Cultura,  leggi..  come  "sovrastruttura" posta su una base fatta di forze materiali di produzione e delle loro fondamenta economiche. Secondo  Marx  infatti,  le  idee dominanti  in una società sono  le  idee della sua classe dominante. Sulla scia delle  idee marxiste si  posero  i seguaci della Scuola di Francoforte che avanzarono una nuova  teoria critica che organizzava  l'analisi culturale  empirica in funzione dell'obiettivo di una riforma sociale.    FUNZIONALISMO= elementi  fondamentali  sono da una parte  che  la  cultura  riflette  la  società  (aspetto principale della  definizione di  influenza)  e dall'altra  che  la  cultura  è  testimonianza  sociale.  Essenza:  le  società umane per  conservarsi  esprimono bisogni concreti e  le  istituzioni sociali nascono per soddisfare questi bisogni. Ma  in realtà consegue che ogni  livello  sociale  ‐cultura,  politica,  economia‐  fornisce  input  e  riceve  output.  Perciò  ogni  livello  riflette  l'altro.  Altri  due  elementi  sono  l'idea  che gli esseri umani  siano  consumatori passivi e  che una  società possa essere  letta direttamente  attraverso  le sue opere culturali  (argomento della "testimonianza sociale"). Ma  tutto questo è un po'  riduttivo,  il puro  modello dello  specchio  è difficile da  accettare.  Esistono  così modelli  funzionalisti più  complessi,  che  risolvono  alcune  tematiche,  ad  esempio  quello  di  Baxandall  che  afferma  che  la  cultura  non  è  riflesso  diretto  della  realtà  sociale, ma  mediato dalle menti degli esseri umani. Obiezione è che si apprezza e si  reagisce anche sulla cultura antica. Elaborata  l'idea che la cultura sia più una riflessione su che un riflesso di, ma questa è un'idea poco invitante a livello sociologico.   2. CULTURA E SIGNIFICATO  IN WEBER  ‐ Weber  compie uno  studio  sul  rapporto  tra  capitalismo e  religione. Analizza  il  rapporto  inverso. L'influenza, secondo Weber, agisce in entrambi i sensi, ma lui studia soltanto come la realtà influenzi la realtà sociale. La  cultura viene comparata con uno scambista ferroviario: "concezioni del mondo create dalle idee hanno spesso determinato ‐come  chi aziona uno scambio ferroviario‐ i binari lungo i quali la dinamica degli interessi ha mosso tale attività". Modello che ha generato  molta ricerca sociologica. Due critiche: (1) troppo soggettivo, Wuthnow dice che "chiede di entrare nella testa delle persone", (2)  troppo semplicistico, uomini agiscono  in modi contraddittori, Swider ritiene che si debba parlare più di "cassette degli attrezzi"=  culture contengono linee d'azione da usare in diversi contesti, ed esse non sono necessariamente coerenti.    L'idea antica della sociologia della cultura era che  i presupposti degli scontri culturali stessero sparendo. Non è stato così, anzi  la  modernità ne ha creati di nuovi. Non si crede più alle storie sul cambiamento sociale, si ha  il declino della "metanarrazione",  la  cultura si sta svuotando.    CAPITOLO TRE "La cultura come creazione sociale"  istituzionale,  dei media  (disc‐jokey,  presentatori  di  talk  show,  recensori  di  libri),  che  sono  appunto  dei  "controllori  d'accesso"  (gatekeepers) e  rappresentano  il  terzo  filtro, poichè  il consumatore viene a conoscenza dei nuovi prodotti attraverso di essi. Le  organizzazioni cercano di fare a meno dei media attraverso tre strategie: (1) producendo (o convincendo  i consumatori di averlo  prodotto) un bene molto omogeneo, come  le collane di  romanzi rosa  (i  lettori sanno benissimo di cosa si  tratta),  (2) utilizzando  personalità  famose,  cercando di  convincere  i  consumatori  che  se hanno apprezzato un precedente  lavoro  (es.  il  film di Woody  Allen) di quella persona, così sarà anche per  il nuovo prodotto.  Il consumatore  finale è appunto  il pubblico.  In questo sistema si  hanno due  tipi di FEEDBACK: quello  che proviene dai media  (e  consiste di  recenzioni, o  in generale dell'attenzione  rivolta a un  prodotto) e quello dei consumatori, che si misura attraverso le vendite. E' importante sottolineare come il modello di Hirsch possa  essere sovrapposto sull'asse orizzontale del diamante culturale, operazione che evidenzia come l'oggetto culturale reale, prodotto  del sottoinsieme manageriale, abbia  importanza minore nel sistema totale.  Il modello di Hirsch, sebbene sia stato sviluppato per  prodotti culturali tangibili, può essere applicato alla cultura alta, alle idee o a ogni altro oggetto culturale.    Abbiamo fino ad adesso visto come funzionano le organizzazioni culturali. Ma nonostante gli sforzi di controllo, il mercato continua  ad avere logiche proprie. Analizziamone la natura.  Pearson  studia  il  rapporto  tra mercato e musica  country,  che per esigenze di diffusione perde  la  sua  specificità per avvicinarsi  sempre  più  al  pop.  I mercati  influenzano  la  produzione  culturale, ma  non  sempre  escludendo  o  rigettando  un  certo  tipo  di  prodotto:  talvolta possono esistere mercati paralleli.  Essi  cambiano nei periodi di  innovazione  culturale di  cui  abbiamo parlato  precedentemente, modificandosi  insieme alle  forme di  cultura: modernizzazione, urbanizzazione, guerra, pestilenza,  rivoluzione  economica, ma anche riconfigurazioni sociali su scala minore.    Ma che cosa determina o meno la fortuna sul mercato di un certo prodotto? I creatori producono una quantità in eccesso di tutti gli  oggetti culturali. I coniugi Bielby sostengono che "i grandi successi sono imprevedibili", spiegando la loro tesi attraverso l'esempio  dei programmatori e di come essi sviluppano gli show secondo  la  reputazione delle persone coinvolte ed esempi passati, ma  in  realtà tutto questo non ha alcun legame con quello che sarà il loro piazzamento finale (successo di mercato). Abbiamo parlato già  ampiamente dei periodi (di cui parlano Wuthnow e Swidler) più propensi all'innovazione culturale. Certo è che il premio finale per  ogni idea promettente è quello di raggiungere l'istituzionalizzazione, che lo rende stabile, quando lo stato o qualche altro potente  attore istituzionale introduce l'ideologia nella prassi.    Dobbiamo  a  questo  punto  soffermarci  sul  consumatore,  che  analizzeremo  come  recettore. Nello  spirito  del modello  di Hirsch,  possiamo  chiamare questo  sottoinsieme  "di produzione dell'interpretazione". Per quanto brillante e  innovativa possa essere un  certa  idea,  il successo  finale di essa dipende dai suoi  ricevitori culturali che  ricavano da esso  i  loro significati. A  loro sta  l'ultima  parola.  Con  quale  grado  di  libertà  i  consumatori  rendono  significativi  gli  oggetti  culturali?  La  "mente  sociale",  come  la  chiama  Zerubavel, elabora gli stimoli in arrivo. Sono le nostre menti sociali ‐come membri di categorie e gruppi specifici‐ che foggiano ciò a  cui prestiamo attenzione, ciò che ci emoziona, i significati che traiamo da segnali dell'ambiente. La ricezione, o meglio il significato  tratto  dagli  oggetti  culturali,  non  è  fermamente  inserito  nell'oggetto  stesso,  e  dall'altra  parte  non  è  nemmeno  interamente  soggetto all'  interpretazione  individuale. Gli attributi  socili delle persone,  le  loro posizioni  in una  stuttura  sociale,  condizionano  quello che piace loro, quello cui danno valore e persino quello che in prima istanza riconoscono.  E'  la ricerca sociale a confermare quanto appena detto. Si ha una stratificazione culturale, oggetti diversi corrispondono a status  sociali diversi, sebbene  il nesso tra gusto culturale e posizione socioeconomica non sia sempre diretto. Vi sono molti oggetti che  attraversano  i confini di classe, genere, etnia e religione (programmi televisivi popolari). Accettiamo quindi  la definizione di Gans  "cultura di giusto"  che non presume niente  circa  caratteristiche  sociali o demografiche. Ma è  significativo  sottolineare  come  la  classe alta partecipi alla cultura più intensamente di quella operaia. La classe media viene definita da Peterson "classe di onnivori  culturali", essi hanno un più ampio  repertorio culturale che consente  loro di agire  in una pluralità di situazioni sociali. Proprio a  proposito di questo, una potente teoria sulle conseguenze del gusto è stata elaborata da Bordieu,  il quale afferma che  la cultura  può essere considerata una forma di capitale: il capitale culturale, al pari di quello economico, può essere accumulato, investito o  convertito in economico. Riguardo al rapporto tra capitale culturale ed economico, sempre Bordieu ha tracciato una mappa: ci può  essere corrispondenza o opposizione (è quest'ultimo il caso degli studenti da un lato e degli imprenditori scarsamente acculturati  ma molto  ricchi). Poichè  si  ritiene che  il capitale culturale  sia  importante  i gruppi  tendono a  inflazionare  il valore di ciò che già  possiedono e cercano di impedire agli altri di possederne. Da tutto questo si deduce che (1) spesso la ricezione di oggetti culturali è  stratificata  per  classe  sociale  e  (2)  la  gente  può  consapevolmente  o  inconsciamente  utilizzare  la  cultura  per  difendere  i  propri  vantaggi sociali o per superare gli svantaggi.  Una chiave di lettura utile a comprendere la ricezione culturale viene offerta da Jauss, critico letterario tedesco. Egli ha rilevato che  quando un lettore si avvicina a un libro non si relaziona ad esso come fosse un recipiente vuoto che aspetta di essere riempito dal  suo  contenuto, ma  piuttosto  lo  colloca  entro  un  "ORIZZONTE DI  ASPETTATIVE"  che  proviene  dalla  sua  precedente  esperienza  letteraria, culturale e sociale. Un lettore interpreta il testo sulla base di come si adatta alle sue aspettative o le mette in discussione.  Costruendo  il significato del  testo egli  finisce al contempo per modificare  il suo stesso "orizzonte di aspettative". Questo nuovo  concetto introdotto ci aiuta a comprendere come un oggetto culturale posa venire interpretato diversamente da persone diverse  conoscenze ed esperienze sociali e culturali. Attribuendogli un significato quindi ogni oggetto può essere  trasformato  in oggetto  culturale. S inserisce qui l'importanza del concetto di framing: se i creatori culturali riescono a dare al loro prodotto una forma che  ne evoca una che già appartiene al pubblico è più probabile che lo persuadano a comprare. Talvolta però i creatori non hanno idea  di come i loro prodotti verranno ricevuti.  La maggiore o minore  libertà con cui  i ricevitori  interpretano gli oggetti culturali ha dato origine a due scuole di pensiero:  (1)  la  teoria della cultura di massa, che propende verso  il  lato della cultura forte opposta a ricevitori deboli, suggerendo che gli oggetti  culturali possono  sostanzialmente  schiacciare  i  loro  impotenti  ricevitori;  (2)  la  teoria della cultura popolare, concepisce  la gente  come attiva produttrice e manipolatrice di significati. Da queste due teorie dipendono due concezioni dell'INDUSTRIA CULTURALE:  1. Nel  primo  approccio,  essa  assume  connotati  assai  poco  lusinghieri:  viene  cosiderata  la  tecnologia  per  produrre  intrattenimento di massa  in cui viene enfatizzato  l'aspetto relativo allo spettacolo su quello morale o  intellettuale  (allo  scopo di catturare una porzione di mercato che sia la più grande possibile), e ciò rende i ricevitori apatici e intorpiditi (con  due conseguenze: predispone ricevitori passivi alla tirannia politica e spinge i produttori a materiali sempre più violenti e  sensazionali per far reagire tale pubblico). Tale concezione si trovava già  in Platone e più recentemente nella Scuola di  Francoforte. Durante gli anni cinquanta la critica verso tale cultura venne sia da destra (che vedeva soffocata la capacità  di  critica  culturale)  che  da  sinistra  (che  temeva  invece  per  la  capacità  di  critica  politica). Di  particolare  interesse  era  l'impatto che poteva avere sui bambini.   2. Per avvicinarci  all'approccio della  cultura popolare dobbiamo anzitutto definire  il  termine  "popolare" qui  inteso  come  cultura della gente  intesa come persone comuni, e comprende chiaramente prodotti come spettacoli televisivi, riviste a  grande diffusione e mode fugaci, ma anche saggezza, senso comune, valori, modi di vita della gente. Si può quindi dire  che  la cultura popolare è  il sistema di significati a disposizione della gente comune. La rivalutazione di tale cultura tra  i  sociologi è  stata  avviata negli  anni  sessanta,  in due modi  (entrambi  concepiscono una  concezione del pubblico  che è  diversa dalla passività): da una parte cercando significati nascosti (che erano accessibili ai loro ricevitori ma che restavano  ignoti agli accademici e ad altre élite sdegnose), dall'altra guardando il ricevitore non solo come soggetto che decodifica  significati  ai  quali  i  ricevitori  d'élite  si  sono  sottratti, ma  anche  capace  di  costuire  attivamente  significati  sovversivi  (producendo significati opposti a quelli della classe dominante).   Sia  i teorici della prima (come Fiske), sia quelli della seconda (come Wertham) sono essenzialmente  interessati alla ricezione, ed  entrambi condividono  il valore della  libertà umana, ma  interpretano  la relazione tra oggetto culturale e ricevitore  in modo molto  diverso. Il vero pericolo, non previsto da nessuna delle due teorie, è che  le persone smettano del tutto di  interpretare gli oggetti  culturali. Questo  rigetto  è  già  avvenuto  in  qualche misura  e  i  teorici  della  cultura  postmoderna  si  aspettano  che  la  tendenza  aumenti.     Durante una  lezione  il professore analizza  la relazione tra consumatore e produttore, sottolineando  lo spostamento del potere da  consumatore  a  produttore  (quanto  più  grande  è  l'azienda,  tanto  più  avrà  potere  di  pilotare  gli  acquisti  dei  clienti,  ad  esempio  promuovendo  offerte  o  prezzi  al  ribasso).  Tali  relazioni  vengono  studiate  dal  marketing,  le  cui  leve  sono  prodotto,  prezzo,  promozione e placement. Collegando l'analisi al diamante culturale, è evidente che stiamo analizzando l'asse orizzontale, creatore  (=produttore) e  ricevitore  (=consumatore).  Le dinamiche di promozione  sono  svariate,  tra  cui  le  iniziative di  fedeltà. Per quanto  riguarda il placement, i grandi marchi cercano di concentrarsi tutti nello stesso luogo (è l'esempio dell' Apple store aperto in centro a  Firenze),  è  appunto  un  fatto  di  collocazione.  E'  evidente  come  il marketing  sia  un  insieme  di  sistemi  relazionali  tra  produttori,  distributori e consumatori intorno a un dato oggetto.    CAPITOLO CINQUE "La costruzione culturale dei problemi sociali"  Iniziando  dall'analisi  della  malattie  sessualmente  trasmissibili  (MST),  si  evidenzia  come  esse  siano  problemi  sociali  sebbene  quest'idea  non  è  condivisa  da  tutti.  E'  sicuro  comunque  che  i  problemi  sociali  sono  costruzioni  (Loseke  1999).  L'essenza  dell'  approccio costruttivista è che i problemi sociali potenziali non sono fatti oggettivi, ma sono invece produttori di significati. E' solo  quando una  situazione ha  significato per uno  specifico gruppo di persone, e questo  significato è negativo,  che essa può essere  definita come un problema sociale. Perciò, un problema sociale è un oggetto culturale.  Esso, nell'analisi di Loseke, è prodotto da agenti specifici ("fabbricanti di questioni"), viene interpretato da uno specifico gruppo di  ricevitori  (il "pubblico"  interessato alle questioni  fabbricate), "in parole povere, un problema sociale viene  fabbricato quando un  pubblico  giudica  che  la  questione  sollevata  è  credibile".  Se  i  ricevitori  accettano  la  definizione  dei  produttori  abbiamo  una  questione,  e  se  si mobilitano  per  agire  abbiamo  un movimento  sociale.  La  costruzione  di  un  problema  sociale  dipende  dalla  precedente costruzione di un' IDENTITA' COLLETTIVA.    Anche l'identità può essere vista come oggettiva o costruita. La riflessione più recente ha enfatizzato la visione costruttivista, che  concepisce le identità non tanto come date e stabili ma come malleabili, fluide, soggette all'interpretazione. Melucci afferma come  l'identità collettiva non sia una condizione ma un processo: "l'identità collettiva è una definizione interattiva e condivisa prodotta  da diversi  individui  interagenti  interessati all'orientamento del  loro agire così come al campo di opportunità e vincoli  in cui  tale  agire  avviene.  Il  processo  di  costruzione, mantenimento  e  alterazione  di  un'identità  collettiva  fornisce  agli  attori  la  base  per  formare  le proprie aspettative e  calcolare  costi e benefici del  loro agire.  La  formazione di un'  identità  collettiva è un processo  delicato e  richiede  investimenti continui." Da questa definizione emerge  il  legame con  i problemi e  i movimenti sociali. Quando  un'identità collettiva viene attivata, produce un modo di pensare condiviso, una mente sociale, che considererà certe situazioni coe  problematiche e bisognose di  intervento. Questa attivazione cognitiva può portare all'azione. Per comprendere meglio  l'identità  collettiva come costruzione piuttosto che come dato oggettivo, si può pensare alla razza e all'etnia che sembrano forgiare l'identità  in modo molto potente. E' facile che la rivendicazione culturale basata su religione, etnia, razza e lingua persista per diverse ragioni:  (1)  la  sua espressione  attraverso oggetti  culturali è psicologicamente  soddisfacente e  spesso a basso  costo,  (2) essa  impegna  i  leader  intellettuali del gruppo etnico o  razziale  che hanno  interesse alla  sua perpetuazione,  (3)  i  leader politici  trovano  facile e  conveniente appellarsi a  sentimenti di appartenenza etnica nella  loro  caccia  al  voto.  L'espressione  culturale dell'eticità è meno  diretta di quanto potrebbe apparire a prima vista. I gruppi etnici o razziali hanno le loro suddivisioni, spesso invisibili agli esterni, e  la questione di quale vada promossa, quale debba essere assunta come cultura del gruppo intero, può essere fortemente dibattuta.  L'etnia  stessa  è  un  oggetto  culturale,  con  diversi  creatori  e  diversi  ricevitori,  tutti  che  costruiscono  significati  differenti.  Le  appartenenze etniche e razziali sembrano naturali, una questione genetica. Ma ancora una volta  i sociologi hanno osservato che  entrambe sono costruzioni culturali (basti pensare che una persona nera per un ottavo è bianca in Giamaica e nera in Luisiana). Se  le persone possono essere accumunate dagli estranei o dalle circostanze storiche, esse possono anche trarre vantaggio da questa  appartenenza etnica imposta, è il caso degli Indiani d'America studiati da Cornell che giunsero a riconoscersi un'identità condivisa e  una comune agenda politica. Dobbiamo quindi capire che etnia e razza sono costrutti artificiali, il prodotto di contingenze storiche.  Allo stesso  tempo però esse esercitano un'enorme  influenza motivazionale, creando  lealtà o  inimicizie. Gli stati e  i gruppi sociali  eterogenei (come le comunità, le scuole, le organizzazioni) sono così obbligate a trovare modi per riconoscere e perfino celebrare la  diversità  culturale  costruendo  al  contempo  una  cultura  comune,  di  cui  i  diversi  gruppi  etnici  o  razziali  sono  subculture,  che  rivendichi con successo la lealtà fondamentale di ogni cittadino. Non è un compito semplice, ed è reso ancora più complicato dai  costumi locali e dai pregiudizi. Quindi la razza e l'etnia ‐come tutte le forme di identità collettiva‐ sono costruzioni, non dati. Nello  stesso tempo però dobbiamo riconoscere che queste particolari costruzioni (e altri elementi basilari per l'identità collettiva come il  genere e la religione) creano potenti appartenenze che influenzano pensiero e comportamento.    Come  si  crea un PROBLEMA SOCIALE?  La maggior parte di noi è  in grado di  stilare  senza esitazione una  lisa di problemi  sociali  urgenti. Sebbene una simile lista abbia radici in problemi che causano ovunque la sofferenza umana ‐come la violenza, l'odio e la  morte prematura‐  le  forme  che assumono questi problemi  sono  specifiche di ogni  cultura e  società.  In generale però  la vita di  ognuno è piena di eventi paurosi, tragedie private, deprivazioni: a volte la sofferenza umana che capita viene trasformata da mero  accadimento  in oggetto culturale significativo, che viene a sua volta designato come problema sociale. Quando si compie questa  trasformazione, diventa possibile per gli  individui  cercare  soluzioni, perchè  l'esistenza di un problema  implica  l'esistenza di una  soluzione.  Innanzitutto consideriamo come i fatti si trasformano in oggetti culturali: la creazione di un oggetto culturale è simile a quella di un  evento  ("rapporto  creato  dall'interpretazione  tra  accadimento  e  struttura"  afferma  l'antropologo  Sahlins),  esso  deve  essere  articolato con un insieme di idee e istituzioni tra loro intersecantisi. In altre parole, gli oggetti culturali, e da essi i problemi sociali,  tendono ad esprimere un comodo adattamento alle idee e alle istituzioni della società in cui essi si sviluppano. Per questa ragione, i  problemi  pubblici  sono  generalmente  costruiti  in modo  specifico,  e  non  in  altri  ugualmente  possibili.  Essendo  culturalmente  definiti,  i problemi sociali hanno un'evoluzione, ovvero aumentano e calano di popolarità nel corso del tempo. Hilgartner e Bosk  hanno cercato di identificare cosa spieghi "il sorgere e il declino dei problemi sociali", cominciando da cosa viene identificato come  problema  sociale.  Questi  autori  immaginano  un'arena  pubblica  in  cui  ha  luogo  una  competizione  tra  le  situazioni  che  potenzialmente possono etichettarsi come problemi sociali. Questa competizione si realizza  in due  forme:  (1) nella definizione o  nell'inquadramento del problema,  (2) nella  cattura dell'attenzione delle  istituzioni  ‐governo, media,  fondazioni‐  le  cui  risorse o  "capacità  di  azione"  sono  limitate. Quelle  situazioni  che  vengono  selezionate  come  problemi  sociali  sono  fenomeni  che  hanno  caratteristiche specifiche: esse sono o possono essere drammatizzate, trattano temi mitici profondamente radicati nella cultura, e  sono politicamente vitali spesso perchè collegati a potenti gruppi di  interesse.  I vincitori di questa competizione acquisiscono  lo  statuto  di  problemi  sociali  ampiamente  riconosciuti. Ne  è  un  esempio  il  problema  dell'AIDS. Una  volta  formatosi  un  problema  sociale, non è detto che però da esso si generi un MOVIMENTO SOCIALE: il problema (come oggetto culturale) deve connettersi a  un pubblico (come ricevitore) in modo tale che alcuni dei ricevitori siano spinti all'azione.    I movimenti sociali richiedono che le persone siano motivate a riconoscere che esiste un problema, ad accettare la possibilità che  venga  risolt e a considerare una certa  linea d'azione come adatta a produrre questo  risultato. Secondo Gamson  "il  trucco degli  attivisti è connettere il discorso pubblico e l'esperienza delle persone, integrandoli in un quadro coerente che supporti e sostenga  l'azione collettiva". Per collegare un pubblico a un problema occorre formulare il problema in modo tale che il pubblico accetti  la  sua rilevanza. Questo è un problema di framing.    Scondo  Erving  un  frame  è  uno  schema  interpretativo  (una  cornice)  che  permette  alle  persone  di  dare  un  senso  a  ciò  che  sperimentano. Snow e  co. hanno mostrato  la necessità di un allineamento di  frames,  che è  la  "connessione degli orientamenti  interpretativi degli  individui e delle organizzazioni dei movimenti sociali  (OMS),  in modo tale che un  insieme di  interessi, valori e  credenze  individuali  e  di  attività,  obiettivi  e  ideologie  dell'OMS  siano  congruenti  e  complementari"  (precisando  che  l'uso  del  termine  individuale non si pone in contrasto con  l'idea dominante che  i frames degli  individui siano  in gran parte definiti dal  loro  senso di identità collettiva. Coloro che creano il frame, i claim‐makers, devono colmare il divario tra la loro visione del problema e  quella del pubblico, ma devono anche scuotere le persone, commuoverle, facendo appello non solo alla sfera cognitiva ma anche a  quella emotiva. Gli attivisti del movimento spesso usano  l'arte (manifesti, teatro di strada, musica) con tale finalità. La musica  in  particolare aiuta a dar forma a quella che gli autori chiamano "identità cognitiva", poichè  la sua azione si basa principalmente su  aspetti emotivi, suggerendo al pubblico cosa provare e cosa fare.    Un elemento importante comunque rimane il ruolo critico svolto dai media. I problemi sociali competono sempre per l'attenzione  dei pubblici rilevanti. I media aiutano i problemi a conquistare o a mantenere tale attenzione.     Focalizziamo adesso i concetti chiave del capitolo:  1. Un problema  sociale ha un'evoluzione,  come ogni oggetto  culturale può vedere aumentare  la propria popolarità, può  istituzionalizzarsi, o può non riuscire a conquistarsi un pubblico e così scomparire   2. L'oggetto culturale che meglio incorpora un problema sociale è quello che (1) identifica senza ambiguità i fatti e li traduce  in  eventi  rilevanti per  l'oggetto  culturale,  (2)  cattura  l'attenzione del più  grande  e potente  insieme di destinatari,  (3)  suggerisce soluzioni che sono nei limiti delle capacità delle istituzioni rilevanti   significato e degli  assunti, dei principi e delle  sfumature  che un particolare oggetto  culturale può evocare  in questi  sistemi.  La  necessità di stare attenti ai significati multipli e alle sfumature a base culturale ci conduc a oggetti culturali intangibili come sono le  parole. Le  interpretazioni multiple degli oggetti culturali  intangibili possono essere comprese attraverso  lo schema del diamante  culturale: contesto sociale, orizzonte di alternative, creatore, ricevitore.    CAPITOLO SETTE "La cultura in un mondo connesso"  Il mondo sta diventando progressivamente interconnesso. La globalizzazione sta esercitando contemporaneamente pressioni verso  l'unità e verso la frammentazione.     La parola "COMUNITà" possiede significati diversi per i sociologi, ma due sono fondamentali: comunità come concetto territoriale,  e comunità come concetto relazionale. Nel primo senso, una comunità è qualcosa che possiamo localizzare su una mappa. Essa ha  proprietà spaziali: dei confini, un centro, una periferia. Ha un nome e un  insieme di simboli associati ad esso. Le comunità sono  significative; esse sono oggetti culturali per i loro residenti, e anche per molti che non vi risiedono. La comunità nel secondo senso è  un'entità relazionale: le comunità sono persone legate insieme da reti di comunicazione, di amicizia, di associazione, o di sostegno  reciproco.  I  suoi membri  possono  essere  dispersi  geograficamente,  possono  non  conoscersi  l'un  l'altro, ma  costituiscono  una  collettività  significativa,  autocosciente.  In  una  società  progressivamente  mobile  e  altamente  differenziata,  c'è  sempre  meno  identità  tra  le  comunità  relazionali  e quelle  territoriali.  Entrambi  i  tipi di  comunità  sono uniti,  almeno  in qualche misura, dalla  cultura, intesa come complessi non irrilevanti di significati condivisi sono riconosciuti dai membri di ogni collettività che chiamiamo  comunità.    Ma che cosa  succede alle comunità  (se accettiamo  la  tesi durkheimiana  secondo cui cultura è  il  legame che unisce)  in  tempi di  rivoluzione culturale, come quella attuale (siamo infatti nel cuore di una grande rivoluzione culturale, quella della crescita globale  delle comunicazioni elettroniche, che è  la  terza grande rivoluzione che ha  trasformato  la cultura e  la società,  insieme a alfabeto  fonetico e stampa)?    Iniziamo con un pò di storia. Per la maggior parte della sua storia, l'umanità è vissuta in una cultura rigorosamente orale. Le culture  orali,  in cui  la comunicazione dipende da  interazioni faccia a faccia, sono caratterizzate della diffusione di un sapere ampiamente  condiviso per tutta la comunità. Tali culture richiedono prodigiose operazioni di memorizzazione da parte di alcuni specialisti della  memoria, che agiscono da depositari della storia del gruppo e della genealogia, ma  la maggior parte del sapere è conservato  in  comune e  continuamente  ripetuto, per questo  si  fa un grande uso di proverbi e di poesia epica.  La  cultura orale  sostiene una  comunità, secondo Durkheim, costituita da un' ordine sociale su piccola scala,  indifferenziato,  in cui  la gente pensa, fa e crede  in  gran parte  le stesse cose.  In queste comunità  la sovrapposizione tra  la coscienza di un  individuo e  la coscienza collettiva è quasi  totale.  In misura considerevole, noi viviamo ancora  in un mondo orale. Le culture delle  famiglie, delle amicizie, dei vicinati sono  innanzitutto orali. Gli alfabeti  fonetici,  sebbene prima di essi esistessero altri  sistemi di  scrittura,  sono  i più  semplici e  facili da  imparare, e tale facilità di apprendimento ha incoraggiato l'adozione diffusa della scrittura, per questo si parla di prima rivoluzione.  La  seconda  rivoluzione  nella  comunicazione  è  stata  l'invenzione  della  stampa  a  caratteri  mobili,  ad  opera  di  Gutenberg  nel  quindicesimo  secolo,  che  rese  possibile  la  comunicazione  scritta  su molto  più  larga  scala.  Fu  un  altro  grande  passo  verso  la  diffusione di  cultura. Goody e Watt hanno esplicato due  conseguenze  intellettuali dell'alfabetizzazione:  (1)  la  separazione della  storia dal mito,  (2) un crescente  individualismo basato  sul sapere altamente  specializzato, nelle culture alfabetizzate,  la gente è  stratificata sulla base di cosa ha letto.  Per quanto riguarda  l'impatto sulla comunità,  la conoscenza dell'alfabeto rese  innanzitutto possibile  la comunicazione relazionale  come non era mai successo prima. Inoltre,  la stampa fece nascere  la nazione, che assunse una specificità anche territoriale, oltre  che  linguistica,  nuovi  generi  a  stampa  come  giornale  e  romanzo  furono  causa  e  conseguenza  di  nazionalismo  e  altre  identità  nazionali. Così la rivoluzione della stampa diede origine a comunità relazionali unite dalla parola scritta e soprattutto stampata, e  generò anche lo stato‐nazione.    Le comunicazioni elettroniche, compresa la radiodiffusione, hanno segnato la terza grande dimensione nelle comunicazioni dall'era  moderna  a  quella  postmoderna.  Questa  rivoluzione  comprende  la  trasmissione  a  doppio  senso  (telegrafo,  telefono,  fax,  reti  informatiche, posta elettronica)  così  come  trasmissioni ad un  solo  senso  (radio,  televisione, audio, videocassette). Tutte queste  tecnologie condividono uno stesso insieme di attributi:  1. mettono in relazione persone situate in luoghi distanti in tempo reale   2. permettono  l'espressione diretta di  idee ed emozioni,  rendendo possibile un'immediatezza ed un'intimità che si erano  avute in precedenza solo nella comunicazione faccia a faccia   3. democratizzano l'accesso culturale in termini spaziali e temporali   4. democratizzano  l'accesso culturale  fondato sull'istruzione,  laddove  le comunicazioni scritte richiedono  la padronanza di  un  insieme  di  competenze  tecniche, molte  forme  di  comunicazione  elettronica  ‐specialmente  televisione  e  telefono‐  richiedono ben poche abilità tecniche, praticamente qualsiasi persona competente può utilizzarli   Le conseguenze sociali dei media elettronici derivano da questi attributi: a causa dell'ampiezza del loro pubblico e della velocità con  cui  i messaggi possono essere  spediti,  influenzare  l'opinione pubblica  tramite  i media è diventato un obiettivo  fondamentale di  quanti promuovono un determinato programma politico e  sociale  (Gitlin ha utilizzato una  frase  tratta dal movimento  contro  la  guerra  del  Vietnam  per  descrivere  l'uso  che  quel movimento  fece  della  televisione,  frase  che  si  applica  in  generale  ad  ogni  movimento  sociale  capace  di  attirare  i  media:  "l'intero  mondo  ci  sta  guardando").  I  media  elettronici  aumentano  non  solo  l'immediatezza dei contatti ma anche  la  loro  intimità. La possibilità di un'immediata e  intima comunicazione ha mandato  in pezzi  antiche barriere sociali, come ci dice Meyrowitz, come nel caso di stili di vita un tempo marginali che oggi vanno a parlare di se' in  televisione:  le  differenze  e  le  emozioni  umani  sono  divenute  spettacolo;  come  pensavano  i  teorici  della  cultura  di massa,  la  presenza  continua  della  sofferenza  può  aver  attenuato  la  nostra  sensibilità  ad  essa.  Fino  ad  adesso  abbiamo  esplicato  le  conseguenze  dei  primi  due  attributi. Ma  anche  il  terzo  e  quarto  hanno  avuto  dei  profondi  effetti  sociali.  La  stampa  tende  a  segmentare il pubblico: gruppi diversi di persone leggono libri diversi. Analogamente, la tradizionale concentrazione di intellettuali,  università, teatri, cattedrali e altre istituzioni culturali in poche città significava un tempo che esistevano centri e periferie culturali.  Tutto  questo  sta  cambiando.  La  televisione,  in  virtù  delle  minime  competenze  tecniche  e  degli  sforzi  limitati  richiesti  per  decodificare  i  suoi  significati,  così  come  del  suo  accesso  virtualmente  universale,  tende  ad  essere  vista  da  pubblici  immensi,  dispersi, indifferenziati.    Se  le  comunità  sono unite da  culture, e  se  le  culture nazionali  sono  sempre più  intaccate dall'esterno, allora  la  cultura globale  sostituirà  la  cultura  nazionale  in misura  sempre maggiore. Ma  invece  di  creare  un'unica  grande  culture,  Internet  (che molti  considerano lo sviluppo più importante nel mondo interconnessa) sembra essere in procinto di creare molte comunità diverse.  Wellman e Haythornthwhite hanno passato in rassegna le ricerche sull'uso di Internet disponibili all'inizio del ventunesimo secolo  e hanno riscontrato tali elementi:   aumento dell'accesso: più persone ‐circa i due terzi degli adulti in America secondo una ricerca‐ navigano in Internet. La  distinzione digitale  tra membri  più o meno  ricchi nei paesi occidentali  sta  svanendo. A  livello  globale  c'è  ancora una  notevole differenza, con paesi all'avanguardia come  le nazioni nordiche e baltiche e paesi molto meno connessi come  quelli dall'Africa sub‐sahariana, ma la tendenza è verso un accesso sempre più esteso    aumento del coinvolgimento: le persone passano più tempo on line e facendo più cose diverse    uso domestico: Internet non è più solo uno strumento che si usa per lavoro, ma anche a casa    più ore di lavoro: essendo entrato nello spazio domestico, Internet ha anche consentito di portarsi il lavoro a casa    compiti scolastici: le scuole hanno fatto da legame istituzionale tra la casa e Internet. Non solo gli studenti usano di più  Internet, ma  la  presenza  di  bambini  in  età  scolare  fa  aumentare  radicalmente  la  probabilità  che  una  famiglia  abbia  accesso a Internet    aggiornamento: chi non usa Internet ‐sempre meno persone‐ afferma che poter avere accesso a Internet significherebbe  "essere più aggiornato"    una società di rete: le reti sono la formazione più socialmente significativa nell'era di Internet   Alcune teorie ritenevano che INTERNET, penetrando nella vita quotidiana, avrebbe sostituito del tuttto la stampa. Almeno per ora  non  è  andato  così,  Internet  non  ha  avuto  l'impatto  negativo  sulla  lettura  che  molti  temevano,  in  realtà  sembra  esserci  un'associazione positiva  tra  le due  attività.  Sembra  che  le persone  che usano di più  Internet  leggano  anche di più  (Griswold e  Wright). In parte questo è dovuto all'istruzione, in parte al modo in cui Internet rende facile trovare e acquistare libri. Lo stesso vale  per l'ascolto di musica. Anche se scaricare musica sta avendo un enorme impatto sull'industria culturale, Internet non compete con  l'ascolto di musica ma lo facilita. Sembra possa dirsi lo stesso per la frequentazione di eventi sociali e culturali. Quello che  invece  Internet fa in effetti è diminuire il tempo trascorso davanti alla televisione. Anche la religione si lega positivamente a Internet: circa  un quarto degli americani sono "navigatori religiosi", nel senso che hanno navigato in rete alla ricerca di materiali religiosi. Internet  non ha un impatto rivoluzionario sulle pratiche culturali neanche in altre aree come la plitica, la diseguaglianza sociale o quella di  genere (i ruoli di genere sono riprodotti in Internet, a volte nei modi più abietti come la pornografia o nel traffico di donne, a volte  in modi abitudinari come  i maschi che dominano nella conversazione nelle chat room). Al momento  il quadro è questo:  Internet  permette alle persone di fare quello che facevano prima ma in modo più efficiente.    Le persone che si trovano inserite in altri contesti culturali (come le donne filippine che lavorano a servizio presso famiglie a Roma e  a Los Angeles mentre le loro famiglie rimangono in patria, studiate da Parrenas) tendono a creare "nicchie di stile di vita", secondo  la definizione di Bellah et al., cioè luoghi in cui le persone possono scegliere di vivere con altre simili a loro. L'esempio di Parrenas ci  fa capire come molti vivono dove sono costretti, non dove vogliono, e per questo si sforzano di creare, quando è possibile,  tali  nicchie. Ancora una volta siamo di fronte a un paradosso: se la globalizzazione elettronica sembra unire il mondo geograficamente,  essa sembra al contempo separarlo relazionalmente. Da un lato, un villaggio globale; dall'altro i mondi autointeragenti dei fan del  calcio e delle altre nicchie culturali. Entrambe sono comunità, ma sembrano però prive di spessore.    La CULTURA POSTMODERNA è una cultura di superficie, un gioco di  immagini che rinnega  la profondità,  la storia o  il significato.  Essa presenta le seguenti caratteristiche:  1. assenza di spessore, o meglio un'autoconsapevole superficialità   2. rigetto delle metanarrazioni, da cui un senso indebolito della storia o del destino nazionali (vedi capitolo cinque)   3. frammentazione,  cioè  rottura  delle  connessioni;  la  cultura  postmoderna  accoglie  il  frammentario,  l'effimero,  il  discontinuo.  Il pastiche,  il montaggio di elementi culturali tratti da diversi tempi e  luoghi è una convenzione dell'arte e  della letteratura postmoderne   Ora, una cultura che sconfessa profondità e storia, una cultura che rifiuta qualunque descrizione del suo passato e del suo futuro,  una cultura in cui tutto può essere combinato con qualunque altra cosa: una simile cultura, per dirla in modo elegante, non sembra  promettente come fondamento su cui edificare una comunità. Un secolo fa, gli uomini che si preoccupavano degli effetti corrosivi  della modernità  ‐la razionalizzazione,  il capitalismo,  l'anomia‐ sulla comunità umana furono tra  i padri fondatori della disciplina.  I  media elettronici hanno reso possibile il contatto tra gli esseri umani come non si era mai visto prima.    Le teorie della cultura che abbiamo discusso danno motivo per essere tanto ottimisti quanto pessimisti. Sul versante ottimista  la  comunità ed un senso di solidarietà derivano dall'interazione, perchè è attraverso le interazioni con gli altri che costruiamo sistemi  condivisi di significato. Cooley scrisse che i gruppi primari, quei gruppi come la famiglia e il vicinato dove abbiamo le nostre prime e  più  intime  interazioni, danno alla gente  il senso di chi è e di come viene  identificata. Estendendo  il ragionamento di Cooley, se  le  comuniciazioni elettroniche rendono possibili interazioni intime per un numero sempre più grande di individui indipendentemente  da dove si trovano fisicamente, tutto questo può portare ad una maggiore unione tra loro, ad una più grande comprensione di cil  che hanno in comune in quanto persone. Ma la sociologia contraddice il suo stesso ottimismo con visioni più nere: Durkheim fece  notare il paradosso per cui in una società con una divisione del lavoro particolarmente avanzata, l'unica cosa che le persone hanno  in  comune  è  il  loro  individualismo.  Oggi,  possediamo  i  mezzi  tecnologici  per  dare  una  ricca  espressione  culturale  a  questo  individualismo. Di fatto, gli ultimi anni hanno prodotto un'esplosione di forme culturali utili a gruppi e interessi molto specialistici.  Alcuni sociologi hanno suggerito che  il bisogno di erigere e accentuare confini culturali è una risposta a pressioni su altri confini.  L'idea di  fondo è che  le pressioni esterne  su una  società portino ad una maggiore enfasi  sulle gerarchie  interne, così  come alla  difesa delle distinzioni che si percepiscono minacciate. Davies ha evidenziato come questo accada per la devianza sessuale (la sua  analisi  storica mostra  che  è  proprio  quando  i  gruppi  subiscono  pressioni  dall'esterno  che  diventano  ossessionati  dalla  purezza  interna).  Una proposizione più generale dell'osservazione di Davies è che quando le istituzioni e i sistemi di significato vengono minacciati o  distrutti, sarebbe forse preferibile non ricrearne di completamente nuovi; una reazione possibile può semplicemente essere quella  di dare un maggiore rilievo ai tratti culturali e sulle distinzioni preesistenti. Così anche  le "rotture dell'ordine morale" di cui parla  Wuthnow possono anche non produrre nuove  ideologie, ma  rinvigorire  le vecchie, compresi  i vecchi odi che  si credeva  fossero  scomparsi dal mondo moderno.    Sappiamo, attraverso esempi vari, che  i LINGUAGGI PUBBLICI sono destinati a una comunità relazionale mentre quelli PRIVATI si  rivolgono a una comunità spaziale. La prima è specifica, orientata a uno scopo, formale, impersonale; la seconda è diffusa e intima.  Al posto della lingua, supponiamo di mettere la cultura. Otteniamo così l'immagine di un individuo postmoderno, elettronicamente  integrato, che può condividere oggetti culturali, comunicare segni e  forse anche simboli,  in una pluralità di comunità relazionali,  non vincolato allo spazio e al tempo. Lo stesso individuo condivide oggetti culturali in una o più comunità locali, comunità fatte di  contatti faccia a faccia e di una notevole intimità. Non c'è ragione di supporre che quest persona faccia esperienza nel corso della  sua vita di una forma di comunità culturale a detrimento di un'altra. Di fatto, potrebbe essere vero il contrario: i media elettronici e  le  comunità  relazionali  globali  che  essi  istituiscon  possono  rafforzare  i  legami  a  livello  locale.  Così,  abbiamo  sia  ampiezza  che  profondità,  una  rappresentazione  collettiva  che  attraversa  una  comunità  relazionale  e  una  rappresentazione  collettiva  di  una  comunità locale, una comunicazione di massa e una produzione popolare di significato. Significato condiviso (condiviso localmente)  organizzato in una forma (trasmessa su scala globale): ecco cos'è un oggetto culturale.    All'alba  del  ventesimo  secolo,  Yeats  fece  una  doppia  predizione  in  un  solo  verso  poetico:  "le  cose  crollano,  il  centro  non  può  reggere". Ma adesso  sappiamo  che aveva  ragione  solo  in parte.  I  centri  culturali non hanno  retto. Siamo passati da un mondo  bipolare  ad uno policentrico, da un mondo di  gerarchie  culturali  ad un ondo di  sistemi di  significato multipli e paralleli, da un  mondo  in  cui  gli  specialisti  controllavano  l'accesso  all'informazione  ad  un mondo  in  cui  "quanto  di meglio  è  stato  pensato  e  conosciuto" e anche quanto di peggio è accessibile a tutti. Allo stesso tempo tuttavia  le cose non sono crollate. Gli esseri umani  continuano a evitare  il caos attraverso oggetti culturali;  l'accettazione del caos tende ad essere un atteggiamento temporaneo e  fortemente stilizzato proprio dai giovani.  In  un mondo  decentrato,  comprendere  le  connessioni  tra  culture  e  società  può  richiedere  non  più  una manciata  di  diamenti  culturali, ma le domande classiche sono ancora valide.   
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved