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Sociologia della salute e della medicina, UniBo - 2021, Appunti di Sociologia Della Salute

Riassunto integrato con appunti da lezione de Cardano: M., Giarelli G., Vicarelli G. (2020) (a cura di), Manuale di sociologia della salute e della medicina, per esame SOCIOLOGIA DELLA SALUTE ANNO ACCADEMICO 2020/2021 , Docente Antonio Francesco Maturo

Tipologia: Appunti

2020/2021
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Scarica Sociologia della salute e della medicina, UniBo - 2021 e più Appunti in PDF di Sociologia Della Salute solo su Docsity! 2 CAPITOLO 1 – LA COSTRUZIONE SOCIALE DEL CORPO  Il corpo e le sue culture (MAL DI PAROLE)> esiste una costruzione sociale del corpo che interviene nel grado di percezione e racconto dello stesso e che influisce nella consapevolezza e nel racconto del dato biologico/oggettivo. Perché la cultura somatica di ogni individuo è influenzata dal sistema simbolico culturale e anche personale relativo al tempo e al contesto, quindi spesso ci si trova di fronte a percezioni non chiaramente intellegibili causa differenze tra cultura somatica del paziente e quella dell’istituzione ospedaliera e dei suoi operatori (Mario Ricca )  Si tratta di considerare che ciò che personalmente/professionalmente è dato per scontato può non essere tale per chi non appartiene al nostro gruppo per genere, età, classe sociale o provenienza.  La costruzione sociale del corpo in base a questo viene trattata sotto due prospettive: 1. Usi sociali del corpo > studi che interessano le pratiche quotidiane di iterazione tra gruppi 2. Corpo come oggetto di saperi > studi che considerano il corpo come oggetto di saperi luogo di credenze e significat i , che possono essere prodotti in maniera differente in base al gruppo di appartenenza (si parla di diversi strati sociali, e diverso capitale di conoscenza, potere, prestigio e ricchezza). Definizione da cui non si sottrae neanche la classe medica Teorie sociologiche e costruzione del corpo (costruzionismo sociale)  COSTRUZIONISMO SOCIALE: il corpo assume legittimità sociologica in quanto plasmato dalla società e plasmante la società stessa [Shilling, 2003]: il corpo come costruzione sociale, non come dato naturale influenzato solo da variabili interne e avulso dal suo contesto sociale e vitale.  Nella vita quotidiana il corpo è dato per scontato e finisce per entrare nella sfera della consapevolezza solo nel caso di limitazioni o prb come patologie o malattie (Leder)  Nella teoria sociologica Chris Shilling parla per questo di assente presenza del corpo. Ma già molti autori classici parlano della materialità corporea anticipando i temi della prospettiva costruttivista  Karl Marx: sostiene che il corpo organico non esiste come realtà a se stante ma viene plasmato dal lavoro umano diventando un prodotto sociale  Friederich Engels: affronta il tema dell’alienazione che priva l’uomo del prodotto del suo lavoro e allo stesso tempo falsa il suo rapporto di interscambio con la natura, per cui il corpo non è un dato naturale che può prescindere dal suo contesto in particolare per chi vive in stato di povertà.  Dualismo corpo/mente: il naturale dualismo classico con cui si distinguevano corpo e anima, mettendoli spesso anche in contrapposizione tra di loro viene quindi rivisto e riconsiderato  Emile Durkheim: per Durkheim l’essere umano si modula tra essere corporeo con base presociale dove si fondano emozioni e individualismo, e essere sociale base del pensiero logico e della morale, il corpo è quindi un meccanismo passivo che diventa riflesso e strumento del vivere sociale  Max Weber > considera il corpo come componente determinante delle condotte sociali, ad esempio nell’ ascetismo intramondano concetto base nella sua analisi delle origini del capitalismo, la cura e la preservazione di un corpo sano e non “corrotto” dai vizi sono fondamentali.  La realtà come costruzione sociale (Berger-Luckmann): in questo testo gli autori affrontano la dialettica tra essere organico e mondo sociale, notando come l’animalità dell’uomo sia definita dalla socializzazione, condizionata e indirizzata dal mondo sociale preesistente al singolo individuo. Si pensi a come cambiano a seconda del contesto geografico/temporale parametri biologici come altezza, peso, sviluppo ecc. Si parla del sociale ch’entra nel biologico forgiandolo/predestinandolo dai gesti agli ormoni alla forma e alle caratteristiche fisiche principali e secondarie.  Erving Goffman > La dimensione costruzionista entra in gioco anche nella visione di Goffman che parla di come si tenda a strutturare il nostro aspetto esteriore e i nostri modi in coerenza alla definizione sociale di appartenenza o che vogliamo trasmettere agli altri. (interazionismo) 2  Michel Foucault > si concentra sul come, dispositivi di potere/sapere intervengono sulle pratiche bio-politiche di governo del corpo (dettami che riguardano la sessualità, riproduzione, malattia) e su quelle quello anatomo-politico di disciplina corporea (scuole, carceri, fabbriche), privilegiando quindi una visione costruzionista che concede poco spazio epistemologico al corpo senziente  Pierre Bordieu > spiega come il rapporto col proprio corpo sia legato alla classe di appartenenza usando il concetto di “habitus” che traduce una posizione sociale in un determinato stile di vita., questo fa sì che siano i comportamenti a plasmare “corpi di classe” che sfuggono alla casualità biologica e tendono a riprodurre la struttura dominante nello spazio sociale di appartenenza, diventandone rivelatori > le caratteristiche del corpo sono diversamente distribuite fra le classi anche a causa di fattori come abitudini di consumo, condizioni di lavoro, alimentazione, ambiente.  Luc Boltanski > nota la differente cultura somatica di classe borghese e popolare con quest’ultima portata a un uso strumentale e meno riflessivo del corpo e a un atteggiamento fatalista rispetto alla malattia, mentre tra la borghesia il corpo è vissuto in maniera più espressiva consapevole e attenta.  Simmel > infine vede l’esperienza corporea come vivente, senziente, emozionale parlando anche del bisogno di distinguersi dagli altri e di osservare con uno sguardo personale il contesto umano e urbano circostante. Evidenzia come il costruzionismo sociale dia legittimità al corpo sia come elemento plasmato che plasmante della società ma abbia il limite di dare più spazio ai significati sociali del corpo che al modo in cui il corpo venga vissuto soggettivamente dall’individuo  La scoperta del corpo> La sociologia ha studiato come la società influenzi il corpo, poco la direzione inversa, cioè come la società si strutturi a partire dalla nostra relazione col corpo e i suoi bisogni. riflessione nata ultimamente in relazione alla postmodernità e alla società dei consumi, dove in un epoca di incertezze e di rischio sociale il rapporto con il corpo ha assunto un ruolo identitario, e il tempo dedicato al corpo è diventato il tempo per se per antonomasia (Bauman)  Anthony Giddens > parla di corpo progetto, cioè il ricercare e mantenere un senso di sé coerente, investendo in attività che riguardano la cura e il perfezionamento del corpo, una delle poche attività che riesce ancora a trasmettere un senso di controllo in un mondo complesso e incerto.  Usi sociali del corpo: si parla del modo più diffuso con cui la cultura agisce sul corpo, cioè attraverso pratiche quotidiane e invisibili spesso al di sotto dell’area della consapevolezza  Le tecniche del corpo > le nostre credenze e pratiche riguardanti il corpo sono culturalmente definite vanno quindi relativizzate al contesto di appartenenza. Le tecniche del corpo (il modo in cui ci si serve del proprio corpo uniformandosi alla tradizione) non sono quindi universali. I modi in cui si mangia, dorme, ride, piange cambiano da cultura a cultura e anche tra gruppi appartenenti alla stessa collettività, sono acquisiti e non innati, appresi attraverso la socializzazione quali gesti tradizionali efficaci nel contesto d’appartenenza. Non esiste un modo naturale d’utilizzo del corpo.  Il corpo come simbolo > l’antropologa Mary Douglas osserva come il corpo organico rimandi al corpo sociale, e quindi come l’uso sociale del corpo possa raccontare molto del sistema sociale. Inoltre, l’esperienza sociale del corpo influenza quella fisica, in un interscambio che finisce per auto rafforzare i sistemi categoriali vigenti e a porre una distinzione tra cose sacre e profane. In pratica fin dalla prima socializzazione si imparano e interiorizzano regole comportamentali, attitudini, azioni possibili e non possibili, fino a che diventano auto costrizioni automatiche.  Il corpo come simbolo (Elias 1939 il controllo del corpo fisico e la cogenza della pressione sociale riflettono la rigidità della sua struttura sociale in un progressivo processo di civilizzazione.  Corpi e distanza sociale > qui si parla dell’esistenza di diverse distanze sociali e di come le regole che le governano siano culturalmente definite. Allo scopo Edward Hall elabora una chiara tipologia: 1. Distanza intima < 45 cm: tra persone con rapporto intimo o affettivo (familiari, partner) 2. Distanza personale 45-120 cm: utilizzata nell’interazione tra amici 3. Distanza sociale 120-350 cm: utilizzata nell’interazione formale tra conoscenti 4. Distanza pubblica > 350 cm: interazioni pubbliche in cui non si interagisce con il singolo 2 CAPITOLO 2 – SALUTE E CORSI DI VITA  Biografia e storia: l’intuizione di unire due prospettive come quella dei corsi di vita e della medicina della salute nasce dallo studio “the Children of the great depression” di Glen Elder, che al di là dei propositi iniziali fece emergere come nelle traiettorie biografiche dei bambini che avevano vissuto gli anni della depressione ci fossero forti elementi comuni in termini di malessere e malattia. Elder evidenzia un legame tra le traiettorie biografiche individuali e gli eventi storici dove queste nascono e si muovono. E di come la salute degli individui sia influenzata dalla coorte di appartenenza  Corsi di vita e salute: approcci e principi > si intende l’insieme de modelli disponibili per gli individui appartenenti a un dato contesto storico e sociale, graduati per età, incastonati nelle istituzioni sociali e soggetti a mutamento. Esso ha una dimensione allo stesso tempo dinamica e trasversale. La prospettiva del corso di vita fornisce un quadro per lo studio dei fenomeni che si pongono all’intersezione tra i percorsi sociali, le traiettorie di sviluppo e il cambiamento. Fornisce quindi uno schema di interconnessione tra micro (vite individuali) e macro (contesto storico sociale)  Per un analisi completa dei corsi di vita sono necessari cinque principi: 1. Sviluppo della durata della vita: principio che afferma che si possono comprendere scelte e sviluppi di un individuo attraverso lo studio delle sue esperienze pregresse. Il corso di vita va quindi inteso come un processo cumulativo e stratificato che va studiato in toto. 2. Agency: (intenzionalità) nell’analisi del corso di vita va anche considerato il campo d’azione dello stesso, dato che la progettualità, l’efficacia e le scelte di ognuno si muovono comunque all’interno di un delimitato perimetro di possibilità. È un principio anche temporale tanto che l’agency si può distinguere tra progetto di vita a lungo termine, strategia a breve termine e processo decisionale finalizzato alla mera sopravvivenza. Questo considerando anche la bidirezionalità del processo dove il contesto agisce sulle vite quotidiane e viceversa. Es: di fronte alla carenza o mancanza di cure convenzionali per alcune richieste specifiche (contesto) aumenta la richiesta e il ricorso alla medicina alternativa (vita quotidiana), questo provoca un espansione di quel tipo di mercato che poi finisce per dover essere regolamentato e limitato a tutela del consumatore stesso (caso iperico) 3. Coorti e contesti spaziali: gli individui e le coorti di nascita sono fortemente influenzati dal contesto storico ambientale, a causa del succedersi dei mutamenti sociali e delle peculiarità dei momenti storici e dei territori ogni coorte di nascita ha un insieme unico di caratteristiche, vincoli e opportunità che finisce per modellare il corso di vita. Es. gli anni 90 segnano l’introduzione dei contratti atipici cosa che ha segnato in termini di precariato l’ingresso nel mondo del lavoro di un intera generazione, o l’influenza degli anni 80 funestati dall’AIDS sulla sessualità del periodo. 4. Tempistica/sincronizzazione: l’impatto delle esperienze individuale e eventi storici sul corso di vita successivo è strettamente correlato al momento in cui si verifica una particolare transizione. Es. si pensi alle diverse ricadute che potrà avere la pandemia su un adolescente che sta finendo gli studi, o un adulto che perde il lavoro, o un bambino che vive in lockdown la prima socializzazione… in pratica il tempo in cui si verifica l’interazione col fenomeno e determinante sui suoi effetti. 5. Vite collegate: principio che evidenzia l’interdipendenza dei corsi di vita, in particolare in ambito familiare. Le transizioni di un membro della famiglia hanno conseguenze forti anche sugli altri, in special modo per i care-giver quando si parla di transizioni importanti che riguardano lo stato di salute, soprattutto in presenza di malattie croniche o degenerative: Alzheimer, Parkinson. Gli effetti dell’assistenza vanno oltre la sua durata temporale, alzando il rischio salute anche di chi la fornisce.  Con una prospettiva più utilizzata in EU che in USA c’è da considerare anche l’importanza del quadro istitutivo e normativo nella regolazione dei corsi di vita, un esempio di questo processo è la legge Basaglia che ha de-istituzionalizzato la gestione dei soggetti con problemi di salute mentale.  Si possono distinguere 4 filoni di studio della prospettiva del corso di vita: 1. Programmazione fetale o biologica (Barker) > che considerano la relazione tra madre feto e successive fasi di vita usando una declinazione particolare del principio delle vite collegate 2 2. Coorti di nascita britanniche (Mann et. al.) > studio sulla relazione tra malattie croniche e condizioni di vita a partire dalla prima infanzia. Il principio è quello dell’accumulazione che porta a una differenziazione delle traiettorie di vita a causa di una stratificazione di svantaggi o vantaggi. In questo caso una prima infanzia vissuta in condizioni di povertà e sovraffollamento, seguita da un età giovanile passata nei distretti industriali ad alto tasso di polveri inquinanti il tutto associato al fumo da sigaretta, portava ad arrivare ai 36 anni già con alti tassi di insufficienza respiratoria. 3. Percorsi di salute (Blane et.al.) > simile al modello dell’accumulazione ma con focus sulla tempestività dell’esposizione eziologica, con svantaggi e vantaggi precoci dati dall’esposizione a precisi eventi e/o accadimenti. Es prima gravidanza in età tardiva > rischio tumore alla mammella. 4. Disuguaglianze di salute (Rose e Marmot) > dove le differenze sui rischi di salute e sulla mortalità non sono definite solo dalla classe sociale ma legate specificatamente alle determinanti sociali nel loro complesso. Quando particolari sollecitazioni negative sono protratte nel tempo possono provocare quello che Freund chiama stress drammaturgico, una situazione di frustrazione dovuta alla sensazione di subordinazione o mancanza di controllo sulla propria vita che porta a sviluppare condizioni gravose dal punto di vista emotivo che poi si riverberano sullo stato di salute. La salute lungo le fasi del corso di vita  Il corso della vita è un filone strutturato in termini teorici pur se variamente orientato. Una volta esistevano biografie molto più omogenee, mentre oggi le fasi della vita si dilatano spesso si sovrappongono in maniera non ordinata, esiste un rimescolamento di confini e traguardi dovuto a un allentamento dei vincoli normativi e di stabilità rispetto alle generazioni precedenti, malgrado questo in un’ottica di salute è sempre possibile concentrare l’attenzione su condizioni che sono ancora in relazione con l’età.  Le prime fasi della vita > le esperienze di vita acquisite già nel ventre materno e durante l’infanzia influiscono sulla salute lungo tutto il percorso di vita. I primi gusti si sperimentano già nel ventre materno e influenzeranno a lungo le abitudini elementari. Nei primi anni di vita anche le abitudini acquisite nel processo di socializzazione influiscono sul percorso di salute futuro, anche se questo non è un processo totalmente deterministico ma dipendente anche dalla capacità di agency individuale e da come si ricompongono a livello macro le interazioni degli individui le cui vite si interconnettono. Si pensi a come è cambiata la fase della fanciullezza nei tempi, oggi la pervasività di una visione performante e multi-competente della vita coinvolge anche le età più giovani, tanto che in America è comune somministrare il Ritalin anche a minori per correggere quello che viene chiamato ADHD (deficit di attenzione), medicalizzando un sintomo che potrebbe avere cause sociali e non biologiche, in assenza di studi che indaghino sugli effetti a lungo termine dell’utilizzo del farmaco su bambini e adolescenti .  Dall’adolescenza all’età adulta > la giovinezza è invece un’età di mezzo molto critica al fine del raggiungimento della piena adultità, (Karl Mannheim). Tutte le transizioni importanti nel passaggio all’età adulta avvengono in questa fase, una successione di eventi che ultimamente si verificano in maniera sempre più disordinata e incerta e che si traduce in un maggior numero di problematicità di salute fisica e mentale a cui far fronte. Non a caso in questa fascia d’età si assiste a una diffusione di patologie cronico degenerative con conseguente rottura biografica, rottura che cambia la traiettoria di vita del malato e delle vite con lui interconnesse. Sono casi in cui la malattia cronica oltre che condizione fisica diventa anche protagonista dei legami, con un inevitabile processo di negoziazione con le persone più vicine. Si parla comunque di casi in cui la esperienza sociale pregressa interagisce con la condizione patologica, tanto che si può parlare di matrice sociale incorporata al pari di una cicatrice. (Costa e Spada)  L’invecchiamento > Nonostante le molteplici definizioni di senilità invecchiare è legato allo scorrere del tempo, può essere visto con un criterio economico attraverso l’età pensionabile (67), oppure biologico legato all’acuirsi delle difficoltà psico-fisiche (70-75). Altre definizioni sono quelle di terza 2 (60-65) e quarta età (70-75), o quelle di giovani-anziani 65-74, anziani 75-84, o grandi anziani > 84. Certamente l’invecchiamento è universalmente legato al lato anagrafico e viene studiato come una progressiva limitazione funzionale e aumento del rischio di mortalità, legandolo concettualmente all’età del declino: ad Arlie Hochshild si deve una vecchia definizione d’invecchiamento basata sul concetto di disimpegno, determinato da fattori biologici, socioeconomici e psicologici. Esiste però anche l’approccio dell’activity theory che riconosce all’anziano la capacità di continuare a occupare ruoli e compiere attività, capaci di mantenere un senso di soddisfazione complessivo relativo alla esistenza. Certamente i processi di invecchiamento non sono lineari ma variano in base alle caratteristiche individuali, al contesto di vita e al percorso di malattia avuto, senza tralasciare sfere come lavoro e famiglia che certamente influiscono sulla traiettoria di salute in età adulta e senile. Quindi i processi di invecchiamento non sono lineari e variano in base alle caratteristiche individuali e ai percorsi di vita, tanto che benessere, un corretto stile di vita e il mantenimento della funzionalità cognitiva e fisica concorrono a favorire l’invecchiamento attivo e di successo Particolarmente importante è il principio delle vite collegate: ad esempio nell’esperienza di ricovero ospedaliero del coniuge, in particolare se la patologia intacca il senso di sé, sono frequenti conseguenze di depressione e altre patologie psiche per il partner inizialmente non malato. Prospettive di ricerca  Ipotesi centrale > Ciascuna esistenza veicola caratteristiche dell’ambiente cui appartiene e delle relazioni che in esso si costruiscono, allo stesso tempo incorpora nel suo sviluppo temporale e spaziale un potenziale effetto macro sul contesto storico-sociale (Olagnero). La soc. della salute studia quindi il link tra mosse individuali e routine istituzionali attraverso vari campi ricerca:  Le disuguaglianze sociali e le determinanti di salute: considera l’esclusione sociale e le disuguaglianze socioeconomiche, connesse alle determinanti di salute, campo di ricerca in cui le istituzioni sanitarie, il welfare e lo stato hanno un ruolo centrale nella regolamentazione della salute in tutte le fasi del corso di vita, oltre che di definizione di cosa è o non è malattia . Tenere in considerazione i determinanti sociali della salute può contribuire alla diminuzione delle diseguaglianze sanitarie e a mitigare la trasmissione intergenerazionale delle stesse ( Marmot )  Traiettorie di malattia come prodotti dell’iterazione tra processi sociali e biologici: in questo campo sono molto utili gli studi epidemiologici che mettono in relazione le minacce alla salute con fattori come le crisi economiche o i cambiamenti climatici/ambientali. John Linch e George Smith postulano che le malattie croniche siano il risultato di complessi processi di accumulazione che si prolungano per generazioni attraverso l’esposizione a fattori di rischio e eventi critici. Uno studio del genere è stato condotto anche da Cardano sulle seconde generazioni dei figli degli immigrati arrivati a Torino durante la sua espansione industriale documentando una loro sovra morbilità per patologie psichiche rispetto ai coetanei del 60%.  Gruppi vulnerabili: a tal proposito si è visto che le ricerche sulla prospettiva dei corsi di vita aiutano a identificare i gruppi vulnerabili che potrebbero richiedere interventi specifici. Una ricerca condotta in Italia/Svezia/Regno-Unito relaziona sistema di welfare, povertà e insicurezza lavorativa con la salute delle madri sole rispetto alle coppie, evidenziando i complessi meccanismi sociali che influenzano la genitorialità. Un’altra ricerca statunitense mostra come etnia e immigrazione si intersechino con le risorse socio-economiche, e con la possibilità di accesso all’assistenza medica nel definire a livello individuale un minore o maggiore rischio di malattia durante l’invecchiamento, in tutti questi casi un buon sistema di welfare può essere visto come pialla delle diseguaglianze e elemento protettivo individuale sia nel breve che nel lungo termine. 2  La narrazione diventa una modalità d’azione per opporsi a tutto questo, una maniera per collegare il mondo immaginativo, sofferenza emotiva e esperienza fattuale in un’esposizione carica di senso in cui diventa primario e circolare il rapporto tra esperienza incorporata, significato intersoggettivo, narrazioni e pratiche sociali. Grazie a questi racconti socio0logi e antropologi della salute sono riusciti in ricerche empiriche utili alla comprensione dell’esperienza generale e soggettiva della malattia, in particolare quella di tipo cronico, sapere poi utilizzato anche in contesti clinici e medici.  Esiste una narrazione anche medica e infermieristica chiamata “narrative nursing”. La medicina narrativa considera l’illness parte integrante dello sguardo che occorre avere sul paziente, che attraverso quest’ottica è considerato un esperto alla stregua dei curanti professionisti.  La costruzione partecipata tra medico e paziente di una storia di malattia condivisa è utile al processo terapeutico e diagnostico, oltre a migliorare il rapporto comunicativo con i curanti.  Attraverso la narrazione si possono far emergere le dimensioni di illness e Sickness che spesso rimangono oscure al medico, e inquadrare gli individui nel loro vissuto e contesto di vita  IN TAL MODO SI MIGLIORA LA RELAZIONE MEDICO/PAZIENTE, SI PROMUOVONO STRATEGIE DI FRONTEGGIAMENTO E SI PRENDONO IN CARICO SIA GLI ASPETTI BIOMEDICI CHE QUELLI DEL VISSUTO PERSONALE E COLLETTIVO, la medicina narrativa è come semplifica Rita Charon una: “medicina praticata con le competenze che permettono di riconoscere, percepire, interpretare le storie di malattia e reagirvi adeguatamente” Esperienza e struttura: l’influenza delle appartenenze sociali sui vissuti patologici  La fenomenologia dei vissuti patologici è una fenomenologia del corpo vissuto e riguarda i processi di percezione e rappresentazione della realtà sulla base delle dinamiche incorporate (Turner).  Secondo questa impostazione è proprio a partire dal corpo e dal suo posizionarsi e muoversi nello spazio che diviene possibile una presa di coscienza del mondo. Posizione che però viene criticata in quanto considera l’esperienza soggettiva senza problematizzarne l’esperienza sociale. E senza considerare che le modalità esperienziali non sono universali ma inserite nello spazio sociale.  HABITUS > Secondo questa ottica le condizioni e le appartenenze sociali determinano un habitus specifico che porta a diversi modi di esperire e rappresentarsi il mondo, nonché di percepire gli avvenimenti e elaborare e attuare l’azione. Compresa ’esperienza soggettiva della malattia  Classe sociale > la collocazione sulla scala sociale condiziona stili di vita e reazione alla malattia. Studi a riguardo su anziani della classe operaia di Jocelyn Cornwell e Pandora Pound evidenziano come nei ceti operai l’infarto venga vissuto con fatalismo e negazione e non come accadimento che imponga uno stravolgimento e ridiscussione dello stile di vita, questo perché predeterminanti come il fumo e l’abuso di alcool in quella cultura sono visti come necessari e inevitabili. inoltre, un susseguirsi di rotture biografiche di altro tipo, un ripetersi di situazioni di crisi andava a formare un profilo esperienziale “calloso” capace di reggere il potenziale distruttivo del vissuto patologico.  Una prospettiva diversa è quella del diniego attivo, dovuto a un atteggiamento culturale che spinge a una negazione consapevole della malattia, perché accettare lo stato di malato intaccherebbe le fondamenta identitarie del male bread winner ancora molto forti sia nell’uomo che nella donna, tanto da compromettere dal profondo dinamiche familiari consolidate e non flessibili.  Invece la predisposizione borghese per l’ascolto del corpo, e la maggior flessibilità familiare favorisce al contrario dinamiche di Coping (fronteggiamento, accettazione e adattamento)  Genere> Uomini e donne hanno modalità diversa di affrontare e rappresentare la, malattia anche tenendo conto dell’intersezione con contesti locali, competenze e capitali posseduti  Le donne sono più portate a esprimere percezioni peggiori del proprio vissuto patologico, mentre gli uomini sono portati a minimizzarle a causa degli stereotipi culturali che lo vogliono più forte (ricerca di Garcia-Calvente). Per lo stesso motivo l’uomo è meno propenso a esternare le sue esperienze soggettive riguardanti la malattia, rispondendo all’imperativo culturale che lo ritiene segno di debolezza e femminilizzazione. Da ciò derivano i paradossi della donna debole ma forte e 2 dell’uomo forte ma debole: la donna attraverso la comunicazione e la narrazione pur sembrando inizialmente più debole si dimostra più resiliente e adattabile ai contraccolpi fisici e psicologici dovuti alla malattia, mentre l’uomo pur mostrandosi meno sofferente finirebbe sopraffatto da una situazione di debolezza e dipendenza per cui non è mentalmente e culturalmente strutturato.  Un’altra spiegazione della minore aspettativa di vita maschile deriva da fattori psicosociali. Secondo James Harrison l’uomo subisce una condizione di ingiunzione alla virilità che lo porta a stili di vita più aggressivi, competitivi e pericolosi, con inevitabile ripercussioni sulla salute.  Gli approcci sopra sono stati entrambi criticati in quanto semplificano la complessità dell’identità sociale uomo/donna, e non considerano invece quanto la malattia diventi un momento di decostruzione anche degli stereotipi egemonici di genere.  Secondo Catherine Riessman la differenza di approccio sta invece nella classe sociale. Chi ha più capitali culturali, sociali e economici riesce a convertire l’attivismo riposto nel mondo del lavoro nel tempo libero e nelle relazioni, al contrario i soggetti del ceto operaio faticano a trovare alternative identitarie che confermino la loro mascolinità e si ritirano in uno stoico isolamento.  Età > in questa dimensione si sono esplorate invece biografie adulte “interrotte” dalla malattia e giovani biografie che hanno invece un rapporto di continuità con la malattia  La differenza in questo caso coinvolge anche l’acquisizione dello stigma, quando questo avviene in età adulta si ha una dualizzazione della biografia individuale in prima e dopo. Se la menomazione esiste fin dall’infanzia il malato non vive l’esperienza della rottura biografica e svolge invece un percorso di apprendimento della normalità all’interno di una condizione per lui originaria/naturale Simon Williams evidenzia come siano processi di continuità, non di cambiamento a rappresentare l’esperienza della malattia in giovane età. pur se ricerche successive dimostrano l’esistenza di criteri di giudizio, modi di contenimento, perfino stereotipi simili a quelli degli adulti (Favretto, Zaltron).  Per quanto riguarda gli anziani spesso elaborano esperienze di malattia normalizzanti, percependole come prevedibili. A provocare più sofferenza nell’auto percezione di sé, più che la malattia stessa sono le limitazioni che questa comporta (intimità, autonomia). (J. Kelley-Moore) Dall’esperienza della malattia all’esperienza del rischio  Oggi lo sguardo clinico non si concentra solo sul sintomo come indicatore di uno stato patologico nel presente, ma sul fattore genetico o comportamentale in grado di aprire lo spazio per una possibile malattia futura. Paradossalmente l’estendersi del fenomeno della medicalizzazione a porzioni crescenti di vita e esistenza sociale è avvenuto in parallelo con un diminuzione dell’interesse dei ricercatori nei confronti degli studi dedicati all’esperienza della malattia.  Uno studio di Vulca Fidolini evidenzia come la “palestra empirica” non sia più dedicata all’irrompere del patologico, ma a tutte quelle pratiche definite “sorveglianza della salute”, concentrandosi più che sul sintomo, sul fattore genetico, comportamentale e ambientale che predispone al patologico. Questo porta a due risvolti principali: 1. Il paradigma della sorveglianza restringe i confini tra patologico e normale. La creazione del soggetto a rischio o malato potenziale fa divenire la distinzione tra salute e malattia sempre più sfumata e flessibile con il lato patologico che acquisisce più presa e pervasività su quello normale. 2. La categoria del rischio sviluppa una tendenza culturale a interiorizzare comportamenti mirati all’auto-sorveglianza e all’auto-osservazione e a una maggiore responsabilizzazione. CAPITOLO 4 – SOFFERENZA PSICHICA, FOLLIA, DISABILITA’ 2 Per un autonomia della differenza  Corpo pensante (Sheper-Hughes, Lock) > supera il dualismo corpo mente e lega il corpo alla società di cui è parte. Il concetto di mindful body è utilizzato nel modello psico-sociale proposto da George- Engel per esemplificare come le patologie psichiatriche ma anche le diverse forme di disabilità non abbiano una fonte solo biologica dovuta a un’alterazione cerebrale o genetica ma di come dipendano anche da fattori psicologici e sociali. Nel caso della follia oltre alla biologia è abbastanza naturale attribuire l’origine del disturbo anche al percorso biografico, o a vicissitudini scatenanti.  Non è così immediato fare lo stesso ragionamento per la disabilità, ma considerando i casi a livello globale non è difficile trovare esempi dove varie disabilità come autismo, sordità e cecità abbiano concause anche nei fattori sociali, considerando le differenze sanitare e di welfare nel mondo.  Entrano cioè in gioco fattori come la violenza strutturale (Paul Farmer) processo con cui diseguaglianze date da povertà, razzismo, esclusione, incidono a fondo nei corpi , si pensi solo alle disabilità acquisite a causa della poliomielite ancora frequenti nei paesi dove l’accesso al vaccino non è stato universale o è avvenuto in ritardo rispetto all’occidente. Alla stessa maniera l’essere su una sedia a rotelle assume significati diversi tra famiglie che possono garantire cure, istruzione, assistenza adeguate e altre che non possono farlo.  La differenza tra le disabilità si può definire anche in base alla loro visibilità, visibilità che modula lo stigma che spesso le accompagna, si pensi alle persone down dove la disabilità è evidente o alle persone autistiche dove spesso la componente “disabilità” emerge solo durante l’interazione. Ma il fattore determinante è quanto il contesto storico, culturale, sociale consideri misterioso/strano il tipo di disabilità. La follia e le disabilità cognitive nascoste sono, nella contemporaneità, le disabilità più “perturbanti”, questo perché ancora sono fonte di paura e imprevedibilità e quindi di stigma.  La disabilità è poi spesso un’identità estesa, ciò perché la dimensione di “anormalità fisica” finisce per essere totalizzante e fagocitare tutte le altre, si cessa di essere padri, professionisti, ecc. per essere identificati semplicemente come ciechi, tetraplegici, autistici, sordi, schizofrenici (Strauss).  Le politiche dell’alterità che si sono occupate di governare e intervenire sulla disabilità si sono storicamente poste lungo un continuum tra separazione e inclusione.  SEPARAZIONE: si dividono a loro volta in politiche di 1. Soppressione: casi famosi sono Sparta (monte Taigeto) e il nazismo (programma Aktion t4) 2. Segregazione: processo che porta chi considerato “anormale” ad essere rinchiuso in istituzioni totali per allontanarlo dalla società. La segregazione ha radici antiche nasce nel 600 in Europa dove folli, sifilitici, eretici furono vittime del Grande internamento.  INCLUSIONE: anche questo tipo di politica dell’alterità può essere distinto in vari casi: 1. Inclusione subordinata: non si discosta molto dalla segregazione ma in questo caso non abbiamo isolamento fisico, tipica del medioevo in cui la deformità o la disabilità mentale diveniva oggetto di scherno o attenzione morbosa, come nel caso del giullare di corte, e protrattasi soprattutto in USA fino a inizio 900, attraverso i freak show (circo Barnum) 2. Normalizzazione: è la seconda forma di inclusione. Siamo di fronte a una forma piena di inclusione svolta attraverso la cancellazione o l’attenuazione dei tratti che determinano l’anormalità. Questo anche attraverso ausili e dispositivi tecnici o impianti biomedici 3. Riconoscimento del diritto a una piena cittadinanza per le persone “differenti”, non nonostante l’anormalità ma anzi nella piena valorizzazione della loro differenza. È simile al multiculturalismo ma in questa versione le pressioni normalizzanti sono viste come una forma di pregiudizio: l’abilismo (Campbell), e vengono dati, attraverso il concetto di “neuro diversità”, valore e piena cittadinanza anche alla differenza. Differenza considerata “altra normalità”. Follia e sofferenza psichica 2 sviluppo del sistema nervoso centrale, a differenza delle disabilità sensoriale possono non essere immediatamente evidenti, ed essere visibili solo attraverso l’interazione e le manifestazioni comportamentali. Sono disabilità viste socialmente come causate da agenti interni più che esterni e che intaccano profondamente il sé producendo con facilità la costituzione di un identità estesa e fagocitante tutti i ruoli sociali (Strauss).  Il governo delle disabilità cognitive tra esclusione, segregazione e inclusione:  Separazione: tipico dell’era classica in cui i disabili cognitivi erano considerati subumani, o di quella medioevale dove l’alterità era attribuita a forze sataniche  Segregazione: si può suddividere in due meccanismi 1. Istituzionalizzazione attraverso la relegazione in strutture specifiche per separarli dalla società, questo anche perché la disabilita cognitiva era considerata una condizione ereditaria dovuta agli eccessi dei genitori e trasmissibile alla prole, Non a caso in alcuni paesi fino ai tempi recenti veniva praticata anche la sterilizzazione preventiva 2. Sviluppo di sistemi formali di classificazione: attraverso una serie di test tra i quali quello per la misurazione del QI i malati di mente venivano medicalizzati e distinti in categorie, utile nel nascente welfare per riconoscere diritti a chi ricadeva nelle specifiche classi. Nonostante questo, i disabili mentali erano comunque segregati in istituti specializzati  Dalla seconda metà del secolo i movimenti per la deistituzionalizzazione e normalizzazione spinsero per un’assistenza diffusa sul territorio e successiva integrazione sociale dei disabili  Inclusione: il principio di normalizzazione (Wolf Wolfensberger) indica il rendere disponibile a tutte le persone con problemi intellettivi condizioni di vita assimilabili a quelle presenti nella società allargata. Principio criticato da chi come Anne Louise Chappel giudica riduttivo contrastare l’esclusione solo attraverso l’assunzione di ruoli valorizzanti, e vorrebbe invece una rimozione delle barriere all’inclusione radicate nell’organizzazione sociale (scuola/lavoro). Malgrado i distinguo la normalizzazione ha contribuito a migliorare la percezione collettiva della disabilità cognitiva e un miglioramento dei servizi a loro dedicati. Anche se l’Italia soffre ancora dell’impronta cattolico paternalista nella gestione della disabilità, cosa che ritarda il passaggio dalla prospettiva integrativa a quella inclusiva, tanto che una recente indagine (Scavarla 2017) parla di “inclusione escludente” a causa del paradosso che a fronte di un integrazione scolastica garantita fino al diploma segue una segmentazione settoriale e istituzionale nell’offerta dei servizi che porta alla ghettizzazione in gruppi di pari e a una limitata partecipazione sociale.  La proposta della neuro-diversità: come visto sul tema si muovono due retoriche dominanti quella della medicalizzazione e quella della normalizzazione con difficoltà in entrambi gli ambiti. Un nuovo punto di vista arriva con la proposta della neuro-diversità (Judy Singer), concetto poi sviluppato all’interno del movimento per i diritti delle persone con autismo. L’analogia della neuro-diversità è con la bio-diversità, così come ogni diversa forma di organismo presente in natura va rispettato e salvaguardato alla stessa maniera tutte le diversità mentali e cerebrali dovrebbero essere valorizzati invece che patologizzati.  Si auspicano quindi invece di terapie volte alla cancellazione di differenze, di politiche che aiutino a adattarsi e sfruttare le peculiari capacità e disabilità, e la creazione di specifiche nicchie sociali ambientali dove trovarsi a proprio agio. Discorso raccolto come si è detto in particolare da autistici e asperger che non a caso hanno trovato possibilità di realizzazione e carriera in particolari ambiti lavorativi come la silicon Valley. CAPITOLO CINQUE - PRATICHE E RELAZIONI DI CURA IN AMBITO SANITARIO  Sul tema relazione medico-paziente (figurazione di cura) esistono 3 principali paradigmi sociologici: 2 1. PARADIGMA DELLA STRUTTURA: è fondato sulla posizione struttural-funzionalista che nasce da Durkheim e trova la sua massima espressione in Parson. Per Parson è il sistema sociale attraverso la sua strutturazione funzionalista a definire il concetto di malattia e ruoli di paziente e medico.  Dato l’assioma che lo stato di salute è funzionale alle esigenze sociali la malattia rappresenta una disfunzionalità e il malato un deviante, in quanto impossibilitato ad adempiere ai propri doveri di ruolo, le cure mediche diventano un meccanismo di ripristino dell’equilibrio sociale perduto.  La legittimazione del ruolo di deviante permette al malato di essere esentato dai suoi compiti fino alla guarigione, ma impone anche il dovere di cercare un aiuto e impegnarsi nel seguire le cure.  Il medico diventa strumento di controllo sociale e responsabile delle norme incorporate nella propria attività terapeutica, la relazione di cura si configura quindi come asimmetrica e gerarchica, con il malato in una posizione di dipendenza. Questa relazione statica e asettica e ai 4 limiti: a) il modello è riferito a un particolare scenario socioculturale (classe media dei paesi occidentali industrializzati) e non tiene conto delle variabili socioeconomiche, culturali, di genere, età, ecc. b) modello riferito solo alle patologie acute e reversibili che non considera cronicità e degenerazione c) analisi incentrata esclusivamente sul binomio medico/paziente che esclude altri possibili attori d) concezione meccanica della malattia schiacciata sul modello bio-medico, che minimizza la cura a tecnica applicata al corpo senza considerare bisogni emotivi e relazionali di paziente e familiari  Siamo di fronte a una posizione finalizzata al recupero del soggetto disfunzionale per riportarlo in fretta al suo ruolo sociale che non considera concause come condizioni di vita o disagio di ruolo. 2. PARADIGNA DELL’AZIONE: raggruppa posizioni basate su teorie del conflitto e interazioniste, un approccio che si propone di analizzare l’iterazione medico-paziente con focus sull’incontro di soggettività diverse miranti a uno scopo comune (la guarigione), considerando anche la provenienza da due sistemi socioculturali diversi e la diseguale dotazione di potere  Fondamentale è l’apporto di Michel Foucault che vede la malattia come costruzione sociale, dove è il medico da una posizione di dominanza a definire il confine tra normalità e anormalità.  La posizione costruzionista di Foucault si esprime in quella che lui chiama biopolitica: l’opera di sorveglianza e esercizio del potere dello stato moderno è capace di “normalizzare” e inquadrare i principali processi della vita dell’uomo come nascita, procreazione, malattia, morte, definendo, attraverso il corpo sociale, un sistema di potere non coercitivo bensì regolativo e interiorizzato.  All’interno del paradigma dell’azione possiamo distinguere due filoni specifici: a) Filone conflittualista: basato sulle idee di Eliot Freidson a cui si deve l’approfondimento del tema delle asimmetrie di potere , con il medico espressione della sfera istituzionale e inserito in un organizzazione professionale strutturata e potente nel ruolo di imprenditore morale , e il paziente espressione della sfera profana e inserito in reti familiari e amicali in quello di attore dell’impresa medica . Situazione sbilanciata dove chi detiene le competenze mediche definisce le possibilità di comportamento del malato. È quindi necessaria una mediazione dell’asimmetria tra curanti e curati per arrivare a uno scambio cooperativo e utile di informazioni. Secondo Freidson la relazione medico-paziente proviene da due sistemi culturali e strutturali talmente diversi da avere bisogni di continui aggiustamenti e negoziazioni per ovviare all’inevitabile conflittualità/incomunicabilità.  Limite : effetto rispecchiamento tra posizione sociale e interazione situata , con la pretesa di attribuirle un determinismo macro-sociale che indirizza le interazioni e ne definisce gli esiti. b) Filone interazionista : si possono ascrivere a questo filone gli studi di Erving Goffman sugli ospedali psichiatrici, istituzioni totali di cui Goffman racconta gli effetti di disgregazione e alienazione sull’identità personale. Questo perché gli internati si ritrovano segregati dal mondo esterno e privati dei riferimenti identitari e personali, forzati poi a riorganizzare il proprio essere e il proprio vivere secondo i modelli impositivi dell’istituzione sanitaria.  Negli anni 60/70 si fa strada la visione del malato agente attivo di negoziazione all’interno degli scenari di cura, si affrontano le questioni del sapere profano del paziente, dei significati 2 dell’esperienza di malattia, del ruolo di familiari e caregiver nell’interscambio con le professioni sanitarie, e infine dell’effetto sul corso di vita della esperienza della malattia.  Si riconosce quindi al paziente la valenza di soggetto attivo durante il percorso e le relazioni di cura, valenza che diventerà ancora più importante e di rottura un decennio dopo con la nascita dei primi gruppi di auto-aiuto e delle associazioni di pazienti o loro familiari  Il limite del filone interazionista simbolico è la mancanza di una teoria compiuta dell’agire sociale, questo per la difficoltà di riportare la portata esplicativa e dinamica delle interazioni tra piccoli gruppi un livello più complesso macro e generale, limite che si sostanzia nella scarsa attenzione per gli aspetti strutturali della vita sociale 3. PARADIGMA FIGURAZIONALE E ECOSOISISTEMICO: quarta prospettiva che ricompone struttura e azione, per fornire un’interpretazione al passo con gli scenari di cura attuali, sempre più complessi  La ricomposizione dei due paradigmi di struttura/azione evidenzia la dimensione strutturata e contestuale dell’interazione sociale considerando tutte le sue possibili configurazioni.  Essenziale è il contributo di George Simmel tramite la sua analisi della vita metropolitana, che affronta il discorso dell’individuo cinico e delle problematiche legate ai nuovi ritmi di vita  Due sono comunque gli autori seminali per questa prospettiva: Norman Elias e Gregory Bateson  Per N. Elias la società non è un entità sovraordinata rispetto agli individui, ma corrisponde alla rete di interdipendenze che essi stessi creano e da cui sono generati e condizionati, mutuando i concetti di figurazione e configurazione di Simmel crea la metafora della: dance figurations, per indicare la dinamicità e la fluidità dei legami e delle interdipendenze che connettono le azioni di una pluralità sempre più vasta di individui dentro regole più o meno formalizzate, in un gioco continuo di movimento interpretazione e rafforzamento. Come la società, l’individuo va studiato nel suo insieme attraverso le sue aspettative e caratteristiche esperienziali, biologiche, psicologiche, sociali e culturali. Approcciandosi solo al frammento di specifico interesse la scienza medica lascia sullo sfondo famiglia, istituzioni, società, finendo per escluderli dall’analisi o etichettandoli come generici fattori ambientali.  Il paradigma figurazionale suggerisce quindi di considerare la relazione di cura come una configurazione, in cui non si vede l’individuo come un sistema chiuso, ma aperto i cui processi interni agiscono in sincronia “danzando” con fattori esterni o sociali.  G. Bateson invece riflette sull’approccio mainstream adottato dalla scienza medica, trovando che oggi risponda solo a requisiti di finalità, mirando alla malattia sezionandola dalla complessità del malato. La medicina dovrebbe invece affrontare più trame nella relazione medico/paziente considerando che il corpo non si esaurisce ai suoi confini ma è legato a un più vasto sistema interattivo che lo circonda. Ciascun individuo si muove in un “ecologia sociale” strettamente legata con le emozioni e l’ambiente interno: pensiero ecosistemico relazionale.  Dalle considerazioni di Elias e Bateson possiamo trarre due indicazioni operative: 1. Si deve correlare la pluralità dei punti di vista nelle scelte di cura, identificando le scelte intenzionali e non intenzionali. 2. Si devono superare le dualità tipiche della visione scientifica e del senso comune attraverso l’adozione di concetti relazionali e dinamici. Pratiche e interazioni situate  Le interazioni situate si occupano della centralità della comunicazione tra curanti e curati basata su:  Fiducia> per Giddens nasce dalla mancanza di informazione completa, cosa che rende necessario il: confidare nell’abilità di una persona o di un sistema in relazione a una data serie di risultati/eventi  Requisito fondamentale per un rapporto fiduciario sono la correttezza delle informazioni e la trasparenza delle regole. La fiducia non mette al riparo dal fattore rischio e dal peso delle decisioni prese, ma garantisce una maggior consapevolezza. SI basa su due aspettative fondamentali: 2 1. Simbolico istituzionale a dominanza medica che risponde a un idea di salute normativa. Classico modello fondato sull’autorità della medicina svolta attraverso le istituzioni di salute legittimate 2. Tecnico-procedurale a dominanza produzione sanitaria-client oriented che risponde a un idea di salute acquisitiva e realizzante (si parla del settore dedicato al fitness e benessere individuale). È lo scenario contemporaneo che combina attraverso una rete di servizi le nuove logiche manageriali e tecnologiche con le tendenze di salute acquisitive/autorealizzative sempre più diffuse nel pubblico. 3. Simbolico relazionale dominata dalla creazione coordinata di senso che risponde a un idea di salute svolta attraverso la mediazione di saperi sociali, antropologici, relazionali. Si propone di comporre innovazione-tecnologica e innovazione relazionale-organizzativa in sanità.  Anche Ingrosso evidenzia 4 configurazioni idealtipiche basate su alleanze/contrapposizioni tra poli: 1. SCENARIO DELLA DOMINANZA: caratterizzato da un alleanza tra polo medico e polo manageriale ecc. finalizzata a una gestione profittevole e autoriferita delle risorse sanitari, con il paziente in posizione passiva e di sottomissione con limitata capacità di scelta sull’ambiente sanitario 2. SCENARIO DELLA NEGOZIAZIONE: caratterizzato da un collegamento circolare tra i tre attraverso scambi, negoziazione, e accordi parziali e rivedibili. Il tutto favorisce una strategia di mercato basata sulla valutazione comparativa delle prestazioni e concorrenza tra produttori 3. SCENARIO DELL’UMANIZZAZIONE: si basa sull’alleanza tra polo medico/paziente che riconosce le fragilità e le esigenze espresse da quest’ultimo. La dinamica è tecnico-adattiva quindi capace di adeguarsi al contesto situazionale da una parte e culturale affettivo dall’altra, anche nell’intento di tenere sotto controllo gli interventi e gli intenti intrusivi del terzo polo manageriale/industriale 4. SCENARIO DELLA COLLABORAZIOE DIALOGICA/COOPERATIVA: basato sul paradigma di engagement polo medico-paziente, questo per spingere alla collaborazione il terzo polo indotto in questa maniera a sviluppare condizioni ambientali e contestuali utili all’equilibrio tra le dimensioni relazionali, terapeutiche, tecnologiche e gestionali  Quest’ultimo scenario presuppone un forte supporto coesivo di tipo digitale e lo sviluppo di un enfasi collaborativa di tipo etico (salute come bene comune) che regoli e minimizzi le tendenze egemoniche di ogni polo, i gruppi di lavoro diventano multiprofessionali e i percorsi di cura combinano diversi servizi e reti, comprese quelle informali e di supporto che gravitano attorno al paziente a cui è comunque richiesta una personale capacità di engagement e self-care. Il futuro della cura  Secondo Flores la medicina del futuro avrà la configurazione delle 4 P:  Predittiva / Preventiva / Personalizzata/ Partecipativa, queste previsioni si basano sui recenti sviluppi delle neuroscienze e della genomica ma anche sul sempre più largo utilizzo dei big data.  Le posizioni più radicali ipotizzano la scomparsa di parte della classe medica, sostituita da sistemi di A.I. in grado di gestire l’innovazione diagnostica e la mole di dati medici e terapeutici disponibili.  L’evoluzione della tecnologia a supporto delle scienze mediche ridefinirà non solo la patogenesi ma anche le dimensioni comportamentali e sociali che influenzano la salute, indirizzando verso un pensiero post-positivista che non classifichi le patologie su base esclusivamente organica.  La rivoluzione scientifica sta portando anche a un evoluzione delle pratiche di cura, che diventano sempre più diversificate e ampie che richiedono la compresenza di dimensioni etico sociali con altre di tipo tecnico operativo. Il paradigma medico deve passare da un ottica finalista a una visione progettuale complessa, in grado di seguire a lungo termine il paziente attraverso cure personalizzate e multidimensionali, con il soggetto in terapia che diventa risorsa del proprio progetto di cura anche attraverso la sua capacità di autonomia e self-care, e engagement. CAPITOLO SEI - RELAZIONI FAMILIARI, RETI SOCIALI E SALUTE 2 Trasformazione familiari e lavoro di cura  La famiglia è il più importante contesto entro cui la malattia si presenta ed è gestita, è lo spazio dove si elabora il senso della malattia, dove ne vengono comprese e osservate le manifestazioni e definito e posto in essere il lavoro di cura. Esistono 3 dimensioni di analisi, 1. Struttura > ambito di studio che riguarda le strutture familiari che vanno dalla famiglia nucleare- coniugale a molteplici altri modelli, monogenitoriale, omogenitoriale, ricostituita.  Negli ultimi anni si osserva una diminuzione dei tassi di natalità e fecondità, mentre convivenze, divorzi e nascite fuori dal matrimonio sono in aumento. Inoltre, il passaggio dal modello male breadwinner al dual earner ha portato a una ridefinizione del ruolo di cura nell’ambito familiare. Il diffondersi di ruoli di genere più simmetrici non è però omogeneo in tutta Europa, è significativo che nei paesi in ritardo sulle politiche di bilancio di genere e supporto all’occupazione femminile si misurino i livelli di natalità più bassi e una rivoluzione incompiuta del ruoli. 2. Modi di formazione > Questa dimensione riguarda le relazioni che danno forma agli ambiti familiari, i vincoli di autorità ed affetto che legano le persone e la distribuzione del potere  Il matrimonio cessa di essere il principale istituto per la formazione dei nuclei familiari, a lui si affiancano famiglie basate su vincoli di affinità, consanguineità, discendenza.  La crescita di forme più fluide e individualizzate dei legami familiari ha conseguenze anche sulle relazioni tra generazioni in particolare quelle di cura, dato che l’intensità e la stabilità sono alcune delle caratteristiche che più influiscono sui legami e sulle obbligazioni di cura. 3. Circostanze > dimensione che analizza come eventi e circostanze come la malattia contrassegnino le famiglie nella loro struttura e nelle loro relazioni, ciò in accordo col principio delle vite collegate fa parlare alcuni autori di malattia della famiglia a indicare come l’evento della malattia rappresenti una rottura biografica in tutto il corso di vita familiare, portando a una ridefinire ruoli e funzioni. Si pensi alle disabilità infantili o congenite che creano il fenomeno delle “madri per sempre”, o alle malattie degenerative come l’Alzheimer che coinvolgono tutta la famiglia nella cosiddetta “perdita ambigua” di un familiare, oramai presente solo fisicamente ma perso come presenza reale.  Barney Glaser e Anselm Strauss hanno elaborato il concetto cardine della traiettoria per indicare ciò che ogni soggetto e familiare fa nel tentativo di controllare e affrontare la malattia. È quindi un processo sociale innescato dalla circostanza malattia, che la relaziona col suo lavoro di gestione.  Lavoro che coinvolge tutto l’ambito familiare e richiede una sua riorganizzazione dovuta alle routine e contingenze della malattia stessa, suddivisa in 3 linee lavoro: 1. Sulla malattia > riferito alla prevenzione di crisi, quindi al mantenimento delle condizioni di salute, gestione dei sintomi, delle somministrazione farmaci e delle visite mediche 2. Della vita quotidiana > organizzazione quotidiana dell’ambito familiare (accudimento, pulizia, conforto) 3. Biografico > ricostruzione dell’identità del malato e dei familiari, questo perché la malattia invade l’identità individuale e sociale, provocando rotture biografiche e riconsiderazioni anche importanti  La traiettoria di malattia si sviluppa entro un contesto familiare e relazionale che assume precise caratteristiche e dà luogo a una gestione processuale della malattia. Necessità della coordinazione e pianificazione delle 3 linee di lavoro per bilanciare le risorse a disposizione (denaro, tempo, salute energia). Si tratta di un attività variabile nel grado di difficoltà e nella richiesta di risorse, spesso è necessario stabilire delle priorità, evidenziando i costi materiali e immateriali della malattia.  La traiettoria di malattia impone al soggetto anche di elaborare un idea di futuro, tutto il lavoro che ci sta dietro non presuppone ricompense economiche o di prestigio personale, ma una meta futura di cui la traiettoria è il navigatore, il malato e i familiari devono costruire e seguire uno schema e prepararsi a percorrerlo affrontando anche limitazioni impegni e cambiamenti che esso implica.  Un altro aspetto su cui pongono l’accento Corbin&Strauss sono le obbligazioni di cura:  CARING = preoccupazione nei confronti dell’altro 2  TAKING CARE = Azione specifica del prendersi cura  RELAZIONE DI CURA = legame e contatto personale tra chi dà e chi riceve la cura  Dover assumere il ruolo di caregiver in età infantile o adolescenziale sottrae tempo alla formazione e all’educazione, aumentando il rischio di bassa collocabilità lavorativa e povertà  Svolgere la funzione di caregiver di malati psichiatrici facilita la suscettibilità alle stesse come dimostrano gli studi di D. Karp sui bambini caregiver di madri depresse  Pur se necessario al mantenimento delle risorse familiari il lavoro dedicato da bambini e adolescenti alle traiettorie di malattia familiari li espone quindi a outcomes negativi  A. Mol identifica 2 logiche con cui possono essere pensate e agite malattia e cura: 1. Logica della scelta: i soggetti si muovono sul mercato della cura in modo indipendente e razionale, offrendo e acquistando servizi secondo le loro esigenze e preferenze. Non escludendo l’opzione di esternalizzare la cura a seguito del bilancio delle forze disponibili. 2. Logica della cura: la vita di chi da e riceve la cura sono considerate legate e interdipendenti, con identità e modelli di ruolo basati sull’ascolto, sulla relazione e sulla responsabilità. Nel caso di cronicità lo scopo del lavoro di cura è la sollecitudine verso la persona malata e la sua integrità. La salute dei bambini e le relazioni di cura  Dalla vulnerabilità alla partecipazione: i childhood studies cominciano ad adottare una nuova visione sull’infanzia fino ad allora concepita come uno spazio dello sviluppo lineare basato principalmente su elementi biologici con tappe successive di accrescimento fisico, emotivo e psicologico universalmente valide, dove bambini e adolescenti erano visti come esseri in divenire, socialmente incompetenti e dipendenti e bisognosi di protezione  La nuova prospettiva considera bambini e adolescenti come esseri in sé pur con limitata esperienza di vita, da valutare nel loro presente, in quanto capaci di competenze e consapevolezza proprie in ragione del loro vissuto e del loro contesto di vita.  Da allora infanzia e adolescenza vengono studiate come strutture sociali in cui chi vi appartiene è già in grado di agire in maniera competente in relazione all’ambiente, abbandonando il concetto del bambino come entità totalmente passiva e vulnerabile.  I Childhood studies attraverso ricerche condotte per oltre 4 decadi dimostrano che: 1. Non esistono una sola infanzia e una sola adolescenza, ma che sono plurime e che variano a seconda del contesto, della società e dei gruppi sociali in cui si cresce 2. Bambini e ragazzi sono soggetti attivi che compartecipano alla costruzione della propria esistenza e ai processi culturali e strutturali del mondo di cui fanno parte 3. Rendono chiaro che si tratta di soggetti capaci di attribuire senso compiuto alle loro azioni.  Da questi presupposti è manifesto che per studiare la condizione infantile e adolescenziale è necessario coinvolgere i soggetti dell’analisi, raccogliendone la voce attraverso strumenti di ricerca qualitativi e conoscitivi. (James, Jenks, Prout). A seguire alcuni studi sul tema  Blueband-Langner: etnografia sui bambini malati di leucemia che evidenzia la capacità di partecipazione attiva alle relazioni terapeutiche e di comprensione della propria condizione significati costruiti non solo tramite relazione con gli adulti ma anche col gruppo di pari.  Prout: studio delle definizioni fornite dai bambini sullo stato di malessere e malattia per giustificare le assenze scolastiche che dimostra la capacità di riferire le manifestazioni del proprio corpo, di avere quindi un ruolo attivo e consapevole, non di mero ricettore di cure.  Altri studi si concentrano sulla capacità dei bambini di concettualizzare il corpo e il suo funzionamento sia in salute che in malattia attraverso meccanismi che integrano elementi soggettivi (sensazioni, esperienze) e elementi oggettivi (modelli culturali mutuati dal contesto di vita) come, ad esempio, associare il mal di pancia all’aver preso freddo. Siamo di fronte a una guida interpretativa adottata attraverso l’interazione con gli adulti e con i pari ma che secondo alcuni può essere frutto anche di una rielaborazione interpretativa 2 luoghi con chiara funzione terapeutica e separazione delle tipologie di cura e dei pazienti. In Italia la prima rete di ospedali pubblici si ha subito dopo l’unità, la legge Crispi 1890 sancisce una prima progressiva autonomizzazione degli enti ospedalieri che diventano come istituzione ospedaliera il centro del sistema sanitario sotto il fascismo.  In sociologia > Max Weber studio per primo la burocrazia, quindi i sistemi organizzativi, motivo per cui è importante in sociologia che si interessa al contesto ospedaliero in quanto complesso contesto organizzativo, all’interno del quale prendono forma pratiche, ruoli e interazioni guidate da logiche in parte diverse. Nella maggior parte del mondo occidentale già negli anni 70 le strutture ospedaliere si discostano dal modello burocratico ideale di Weber basato su un organizzazione formale con un autorità razionale-legale e basata su chiari processi meritocratici di attribuzione dei ruoli e delle funzioni.  Erving Goffman è importante per gli studi sulle istituzioni totali (i dismessi manicomi), dove mostra come i pazienti siano privati delle loro identità sociali per diventare soggetti e dipendenti solamente delle regole dell’organizzazione (Q. volò sul nido del cuculo)  Di David Sudnow in un etnografia del 68 osserva le pratiche organizzative attivate da un “processo di morte”, evidenziando interazioni rituali e routine di lavoro che portano l’attenzione sulla dimensione organizzativa della “traiettoria di morte”, e sulla distinzione tra morte biologica e morte sociale (quando si attivano tutte le procedure necessarie. È può essere prima della morte biologica quando il paziente è moribondo, o dopo nel caso la morte venga certificata qualche minuto dopo rispetto alla realtà a causa del lasso di tempo richiesto da alcuni aspetti burocratici che spesso richiedono anche che alcuni aspetti vengano negoziati e arrangiati)  Testo fondamentale è “The social organization of medical work” di Strauss , dove il concetto di traiettoria di malattia non è riferito solo alla “risoluzione fisiologica della malattia del paziente” ma alla intera organizzazione del lavoro svolto durante la malattia, assieme all’impatto (traiettoria) sulle persone impegnate in quel lavoro e nella sua organizzazione. Strauss individua 5 ambiti: 1. Machine work (uso di tecnologie e macchinari e loro manutenzione) 2. Safety work (garantire la sicurezza di pazienti e operatori) 3. Comfort work (alleviare le sofferenze fisiche più immediate dei pazienti) 4. Sentimental work (necessario alla realizzazione di compiti di cura standard, ma che richiedono attenzione personalizzata al paziente > molto vicino alla nozione di emotional labour in cui serve un quid emozionale oltre alla mera esecuzione del compito, quindi aspetto molto legato alla specifica personalità lavorativa che deve saper comunicare anche gentilezza, affetto, cura, comprensione) 5. Articulation work (attività da stabilire, mantenere, cambiare, per portare a termine un compito)  L’esecuzione del lavoro di cura è frutto di un azione collettiva. Un’organizzazione che di continuo va ridiscussa, ricostruita e tradotta in pratica. Gli ospedali sono quindi strutture-in-processo frutto di un ordine negoziato in continua tensione tra pianificazione delle attività e la contingenza degli eventi, sono esempi di organizzazioni a processo continui e organizzazioni a legame debole  Il nocciolo è che l’organizzazione ospedaliera non è quella fotografata dall’organigramma, per essere svolta bene ha bisogno di routine che sfuggono alla normalità e di un aspetto discrezionale che emerge nell’esecuzione pratica dei compiti, quindi cooperazione e azione informale anche quando non è prevista o contemplata dallo schema organizzativo.  LA RIFORMA MARIOTTI > L. 132/1968 riconosce agli ospedali lo status giuridico di ente pubblico  Conseguenze > assistenza sanitaria come diritto esteso a tutti i cittadini > incremento delle attività ospedaliere > suddivisione dei livelli di specializzazione  Istituzione SSN > L 833/1978 > con l’obiettivo di garantire un accesso equo e universalistico ai cittadini con gli ospedali pubblici presi in gestione dalle Unità Sanitarie Locali gestite dai comuni  Riorientamento delle attività di cure ospedaliere e delle centralità degli ospedali segue 2 tendenze: 1. Ridimensionamento dell’intensità delle cure ospedaliere 2. Riduzione del numero complessivo di ospedali e posti letto 2  ANNI 90: tre cambiamenti istituzionali (le USL diventano ASL a responsabilità regionale) 1. USL trasformate in enti autonomi dai comuni con la qualifica di azienda sanitaria locale = ASL 2. Ospedali separati dalle aziende sanitarie attraverso la costituzione delle aziende ospedaliere = AO 3. Costituzione degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (RCCS) con servizi di cura e ricerca Gli ospedali come contesti di apprendimento generazione e condivisione di conoscenza  Dal punto di vista organizzativo gli ospedali costituiscono un contesto importante per la formazione e specializzazione professionale dei medici, infermieri e altre figure, ’inquadramento degli ospedali come contesti di formazione, generazione e condivisione di conoscenza si può dividere su tre livelli: 1. Apprendimento/formazione> Gli ospedali sono luoghi di apprendimento di particolari pratiche lavorative, in questa prospettiva costituiscono un ambito di formazione universitaria per garantire:  Qualità dei processi di apprendimento. le AO assolvono all’esigenza della formazione sul campo  Monopolio istituzionale dei diversi domini professionali grazie all’impostazione monoprofessionale. 2. Ricerca scientifica e sperimentazione > legame sinergico tra ospedale e università, che contribuisce all’avanzamento della scienza medica ma ha anche l’effetto di aumentare la pressione competitiva. 3. Condivisione del sapere > generazione e condivisione di un patrimonio collettivo di conoscenze, anche se un simile obiettivo appare complesso se si considera la difficoltà di connessione tra livello macro/micro di implementazione delle pratiche lavorative. La declinazione in situ della conoscenza professionale e la sua condivisione a livello organizzativo si basa su particolari presupposti:  Logiche di socializzazione tra i membri dell’organizzazione: la conoscenza è insita nelle relazioni sociali tra i membri e attraverso queste viene veicolata e accresciuta  Conoscenza condivisa in una comunità di pratica: non un unità organizzativa definita formalmente ma un contesto in cui si condividono esperienze di apprendimento attraverso attività pratiche  Ciò significa che i processi di apprendimento maturano collettivamente e riguardano, oltre che l’avvicinamento verso posizioni di centralità del contesto, la condivisione di sapere esperto frutto dell’esperienza accumulata di vari individui che poi viene condiviso come patrimonio comune. Le organizzazioni ospedaliere come ambienti tecnologicamente densi  Gli ospedali sono ambienti organizzativi in cui oggetti, tecnologie e infrastrutture non soltanto mediano l’attività quotidiana ma la costruiscono diventando indispensabili per il suo svolgimento. Gli ambienti ospedalieri sono per questo un ambiente tecnologicamente denso in cui le interazioni umane e i dispositivi tecnologici sono complementari per lo svolgersi corretto del lavoro collettivo.  Esiste quindi una stretta relazione tra pratiche di cura, routine di lavoro, articolazione delle attività con l’impiego di nuovi macchinari tanto che l’introduzione di un nuovo ausilio tecnologico provoca sempre una ridefinizione delle competenze e delle pratiche lavorative. Tecnologie che permettono la digitalizzazione dei dati clinici e quindi l’arrivo di nuovi sistemi di gestione dati: sono apparsi: 1. Dispositivi e software per il monitoraggio a distanza dei pazienti cronici 2. Sistemi di teleconsulto tra professionisti sanitari anche distanti 3. Dispositivi di automonitoraggio da parte dei pazienti (rilevazione glicemia pazienti diabetici) 4. Le self-tracking e Wearable Technologies che monitorano e registrano i parametri vitali  Questo offre un campo di studio privilegiato su come le tecnologie entrino nei processi operativi, innanzitutto le tecnologie tendono a stratificarsi e non a sostituirsi a vicenda, quindi la principale difficoltà legate all’uso dei nuovi oggetti tecnologici non è tanto nella novità in sé o nella difficoltà intrinseca del mezzo, ma nel dover rendere compatibili tra loro diversi livelli di tecnologia, pratiche e metodi già presenti nell’organizzazione. Parlando di digitalizzazione a volte, ad esempio, non è possibile condividere tra cliniche diverse le cartelle cliniche a causa dell’uso di software diverso  A seguito della progressiva tecnologizzazione della pratica medica abbiamo due tendenze parallele: 1. Delega e individualizzazione dei percorsi di cura. (autosomministrazione terapia, rilevazione dati) 2 2. Possibilità per gli ospedali di estendersi al di là delle proprie mura (digitalizzazione dei processi) La governance delle organizzazioni ospedaliere,  Il concetto di governance inquadra le forme di regolazione dei rapporti che intercorrono tra i proprietari di un organizzazione e coloro che la gestiscono, i meccanismi di governance allo stato attuale si distinguono soprattutto nelle dinamiche di nomina dei vertici organizzativi:  Ospedali Privati > gestione di tipo aziendalista con sistema a erogazione di prestazioni, i proprietari nominano i dirigenti e tracciano le strategie organizzative e economiche  Ospedali pubblici > I dirigenti sono nominati dalle istituzioni pubbliche (giunte regionali) in una logica anche politica. Si assistono a due diversi orientamenti > 1) tendenza ad assumere assetti organizzativi sempre più marcatamente aziendalisti con obiettivo efficienza produttiva e risparmio economico 2) persistenza di meccanismi di spoil system  Da distinguere anche tra diversi tipi di governance e suddivisione dell’assetto organizzativo del SSN negli anni che ha provocato spesso importanti disfunzionalità nel controllo della spesa pubblica  Anni 80 > disallineamento tra gli enti deputati al finanziamento della spesa sanitaria (stato e regioni) e gli enti a cui erano delegate le competenze di spesa (comuni) questo ha portato a deresponsabilizzazione e crescita del debito pubblico nazionale  Anni 90 > tendenza ad aziendalizzare per rimediare agli squilibri, la tendenza attuale vede la compresenza di dinamiche aziendali e spazi di controllo istituzionale permeabili allo spoil system. Sfide future:  È opportuno considerare come i mutamento sociodemografici in corso interessino la sanità:  Invecchiamento della popolazione (aumento della cronicità, della non autosufficienza, ecc.)  necessità di ricalibrare i servizi offerti dagli ospedali sull’assistenza di medio-lungo periodo  Sostenibilità delle forme di assistenza sanitaria  Allungamento della struttura demografica e deterioramento delle condizioni lavorative di molti adulti (precarietà, disoccupazione, ecc.) mette a rischio patto intergenerazionale: pochi adulti a farsi carico di una quota crescente di anziani.  Invecchiamento del personale sanitario  performance lavorative decrescenti, gap fra generazioni  A Lunghe attese per l’accesso ai servizi di cura  diffusione di accesso prioritario ai solventi (chi è in grado di pagare, o assicurato) con evidenti fenomeni di diseguaglianza e discriminazione  Mantenimento della qualità dell’assistenza ospedaliera (fenomeno della «mobilità dei pazienti»)  Chi opta per servizi sanitari offerti da altre regioni con costi addebitati alle regioni di residenza. CAPITOLO 10 – LE CONFIGURAZIONI MUTEVOLI DELLE PROFESSIONI SANITARIE I fattori di cambiamento: parlare di professioni sanitarie significa gettare uno sguardo su un ampio universo di categorie occupazionali unite dal fatto di svolgere un attività regolamentata nell’ambito della cura, (medici, infermieri, tecnici, ecc.) tutti operatori che costituiscono il mondo delle professioni sanitarie  Grande espansione del mercato delle professioni sanitarie  tra il 2000 e il 2017 l’occupazione nel sociosanitario è cresciuta del 42% fronte di una diminuzione registrata in molti altri settori  Lo sviluppo della medicina ha portato a Nuovi paradigmi di cura > che accanto ai medici prevedono una Pluralità crescente di profili assistenziali con propri saperi professionali  Di recente la fattori demografici e aumento delle cronicità hanno portato a: Creazione di équipe multiprofessionali > Cambiamenti tecnologici > Nuove domande di salute, tutti fattori che hanno portato a una Crescente perdita di autonomia, potere e autorità della professione medica  Da aggiungere anche Cambiamenti nei profili di genere e di generazione, del posizionamento sociale e della fisionomia professionale delle professioni sanitarie, un complesso gioco di interdipendenze interne e esterne che hanno mutato la stessa fisionomia professionale medica 2 professione Un nuovo gruppo di medici distinti e privilegiati rispetto ai medici clinici Un nuovo modo di svolgere la professione da parte della maggioranza dei medici (processo di ibridazione)  Il consumerismo e la relazione medico paziente  Per consumerismo si intende un insieme di atteggiamenti e comportamenti fondati sull’assunto che i consumatori siano perfettamente in grado di scegliere quale bene/servizio acquistare sul mercato, anche in sanità l’utente viene ritenuto perfettamente in grado di valutare la qualità della prestazione sanitaria fornita dal professionista. Questo porta a varie conseguenze  Cambiamento nella relazione tra professionista e pazienti (più consapevoli e informati)  Fiducia non più incondizionata dei pazienti verso le competenze specializzate dei professionisti  Il cambiamento può portare a diffidenza se non ostilità tra le parti con effetti positivi e negativi:  Positivi > Pazienti visti come titolari di diritti esigibili verso i professionisti e le organizzazioni sanitarie. (es. carte dei servizi)  Tendenza verso un ruolo più attivo dei pazienti (es.: empowerment, coproduzione) che può migliorare la qualità delle cure e dei servizi sanitari  Negativi > Medicina difensiva, cioè la tendenza dei medici a sovra-prescrivere prestazioni diagnostiche e terapeutiche per tutelarsi da eventuali successivi addebiti di responsabilità  Crescita di atteggiamenti aggressivi e violenti di pazienti e familiari verso i professionisti  Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Tendenze di cambiamento: a) Utilizzo di tecnologie per svolgere prestazioni di cura specializzate (es.: robot in chirurgia) Sembra comunque che medici e infermieri rimangano indispensabili per l’effettuazione delle operazioni anche se il loro compito diventa più quello di monitorare e controllare più che agire direttamente b) Sviluppo di sistemi di monitoraggio, diagnosi e cura a distanza anche in questo caso funzione del professionista è l’occuparsi della regolazione di processi diagnostico-terapeutici predeterminati. c) Predisposizione di linee guida e protocolli diagnostico-terapeutici sostenuti da evidenze scientifiche (grazie a sistemi di analisi ed elaborazione di dati sanitari) Protocolli sempre più vincolanti per i professionisti orientando le scelte in modo totalmente predefinito.  Chiaramente l’applicazione dell’ICT ha delle conseguenze inevitabili sul lavoro in sanità 1. Anche le tecnologie come la managerializzazione portano alla riduzione della discrezionalità e della libertà di scelta del professionista, che deve sempre più seguire attività ampiamente predefinite 2. Aumento dei compiti di impostazione, regolazione e controllo di macchine e sistemi digitali, con il ruolo dei professionisti sanitari che si avvicina sempre più a quello di tecnici specializzati 3. Potenziale impatto sulla relazione con il paziente, che non è detto sia una svalutazione del ruolo attivo del medico, ma solo in una maggiore complessità del rapporto professionista/paziente Cambiamenti nel genere e nelle generazioni  Cambiamenti di natura sociale e demografica dovuti a  Progressivo invecchiamento del personale sanitario in servizio (in Europa il 42% ha più di 55 anni)  femminilizzazione della medicina e maschilizzazione del reparto infermieristico, con differenze per contesti geografici  I MEDICI (3 tendenze) 1. Femminilizzazione  in Italia soprattutto a partire dagli anni Settanta (ad oggi le donne sono il 43,3% dei medici del SSN e il 55% degli iscritti e dei laureati presso le facoltà di medicina) 2. Permanenza di una forte segregazione verticale  le donne sono sovra rappresentate nei lavori meno specializzati e meno retribuiti e sottorappresentate nelle posizioni direttive 3. Ricambio generazionale  relazione tra appartenenza generazionale e modalità di agire la professione medica.  I giovani medici sono più propensi a lavorare in équipe, meno ostili verso la managerializzazione della sanità, hanno una visione meno corporativa della professione, ecc.  INFERMIERI OSTETRICHE E FISIOTERAPISTI 2  Recente sviluppo in senso professionale  considerati ancillari e subordinati rispetto alla medicinaNascono con forte connotazione femminile: il 90% degli appartenenti alle professioni infermieristiche e ostetriche è composto da donne  Per gli INFERMIERI abbiamo uno Sviluppo che deriva da processo di delega da parte della medicina  3 diverse generazioni di infermieri attualmente in servizio in Italia: 1. Personale anziano, prevalentemente femminile  assistenza per compiti e attività formalizzate in un mansionario 2. Categoria mista: alcuni non formati a livello accademico organizzati sul modello della dominanza medica, altri con percorso universitario e con maggiore autonomia 3. Nativi digitali  propensione al cambiamento e alla mobilità  OSTETRICHE  Nel 2019 in Italia le donne costituivano il 98% degli iscritti all’ordine professionale  Modello di professionalismo orientato alla pratica assistenziale, valori caratterizzanti empatia e sostegno emotivo  Limitato spirito corporativo Tendenza attuale ad una minore resistenza verso carriere libero-professionali, maggiore autonomia e minore deferenza verso l’autorità medica  FISIOTERAPISTI  Percorsi formativi specifici a partire dagli anni Sessanta  Minore rigidità professionale rispetto ad altre professioni, a causa di infiltrazioni da parte di altre figure nell’ambito della riabilitazione Recente maschilizzazione  Attitudine dei giovani all’aggiornamento costante e all’assunzione di maggiori responsabilità rispetto agli anziani CAPITOLO UNDICI – POLITICHE SANITARIE E SISTEMI SANITARI  DEFINIZIONE: Corsi di azione (e inazione) che influenzano l’insieme di istituzioni, organizzazioni, servizi, e modalità di finanziamento del sistema sanitario (Buse et al. 05)  Le politiche sanitarie sono programmi, interventi, misure con alcune caratteristiche comuni 1. Decisioni prese dalle autorità e istituzioni pubbliche di governo (nazionali, regionali, ecc.) 2. Assunte tramite atti normativi di carattere formale (leggi, deliberazioni, regolamenti UE) 3. Con l’obiettivo di mantenere e ristabilire lo stato di buona salute di un individuo 4. Perseguite garantendo ai cittadini l’accesso e la fornitura di servizi sanitari  Perseguono nel complesso lo scopo di proteggere, mantenere, ristabilire la salute di individui e popolazione mediante il complesso dei servizi sanitari erogando prestazioni di:  Prevenzione: in Italia settore poco attuato dato che i risultati sono a lungo termine e non immediati, per questo è difficile riconoscere i meriti a chi le promuove. Inoltre molte pratiche di prevenzione non sono immediatamente riconosciute come tali, le piste ciclabili ad sono viste come decongestionanti per il trasporto più che per l’azione preventiva sulla salute, in questo senso la prevenzione non paga a livello di merito politico istituzionale .  Diagnosi: settore in crescita che comprende l’insieme delle tecnologie oggi utilizzate per i test, come radiografie, TAC, risonanze, PET, analisi del sangue ecc  Cura: qui si intendono le classiche attività di ricovero e day-ospital, medico di base  Riabilitazione: ambito in crescita di enorme importanza che si occupa di persone che vanno ristabilite dopo un danno alla salute grave (es. ictus, frattura femore, ecc.) Come analizzare le politiche sanitarie  CRITERI DI CLASSIFICAZIONE E ANALISI 1. Secondo l’oggetto: (classificazione usata spesso negli studi comparativi sulle politiche SSN)  Politiche di finanziamento di servizi sanitari  Politiche di erogazione dei servizi sanitari 2  Politiche di regolazione dei servizi sanitari 2. Secondo il livello di governo: (negli ultimi anni si è assistito una tendenza al decentramento)  Accentramento dei poteri e/o delle responsabilità (da livelli sotto-ordinati a sovra-ordinati)  Decentramento dei poteri e/o responsabilità (da livelli sovra-ordinati a quelli sotto-ordinati) 3. Secondo gli effetti  Politiche espansive che espandono il diritto di accedere ai servizi sanitari (più welfare)  Politiche sottrattive che limitano il diritto di accedere ai servizi sanitari (più Ticket) 4. Secondo i benefici e i costi  Politiche distributive > benefici tangibili per un gruppo sociale con costi spalmati sulla maggioranza totalità della popolazione (esempio estensione diritto assistenza sanitaria gratuita)  Politiche redistributive > benefici tangibili per un gruppo sociale con costi chiari e visibili per altri gruppi (per esempio aumento dei contributi sanitari pagati dai datori di lavoro)  Politiche regolative > disciplina del comportamento degli attori e delle organizzazioni senza costi o benefici diretti per i gruppi o categorie sociali (es. accreditamento costituzionale) 5. Secondo la differenziazione e la specializzazione  Cure primarie > fornite da MMG e pediatri > competenze generaliste  Cure specialistiche > fornite da medici e operatori specializzati > MMG con funzione gatekeeping 6. Secondo il luogo e il contesto  Assistenza sanitaria ospedaliera  Assistenza sanitaria territoriale > distinta in ambulatoriale / distrettuale / domiciliare  Assistenza sanitaria di base, fondata su metodi e tecnologie pratiche, scientificamente fondate e socialmente accettabili, rese universalmente accessibili e alle famiglie nella comunità e nel paese di appartenenza […] Esse formano il primo livello di contatto di individui, famiglia e comunità con il SSN portando l’assistenza sanitaria il più vicino possibile ai luoghi di vita e di lavoro delle persone, e costituiscono il primo elemento di un processo di assistenza sanitaria continuativa» (WHO, 1978)  Approccio alla cure basato su accessibilità, comprensività, generalità, continuità nel tempo e capacità di coordinamento L’evoluzione delle politiche sanitarie: i processi di riforma in Europa  Dalla fine della WW2 all’inizio degli anni 80 > politiche espansive. Poi dalla metà degli anni 80 > politiche tendenzialmente sottrattive finalizzate al contenimento della crescita dei costi  Indirizzi fondamentali: 1) Controllo e contenimento dei costi con tagli a assunzioni, tetti di spesa, restrizione offerta servizi 2) Processi di decentramento verso le regioni (governo intermedio), con inversione di tendenza poi 3) Tecniche manageriali di direzione e gestione (New Public Management) con efficienza erogazione delle prestazioni tramite linee guida da seguire e esternalizzazione e privatizzazione dei servizi 4) Adozione di forme di quasi mercati o di concorrenza amministrata tra le organizzazioni sanitarie 5) Riduzione dell’assistenza ospedaliera a favore dello sviluppo dell’assistenza territoriale con chiusura di piccoli ospedali e concentrazione nelle prestazioni ad alta specialità (quicker and sicker) 6) Dal 2000, riforma della medicina generale e sviluppo delle cure primarie quale ambito assistenziale in grado sia di promuovere la prevenzione sanitaria sia di coordinare gli interventi assistenziali. 7) Garanzia dei diritti dei pazienti e dei familiari (esigibilità, informazione, consenso, scelta cure) Il sistema sanitario : una pluralità di approcci (5)  Struttural-funzionalista (Parsons e Field) > SSN cura le persone per riassorbirle nel ciclo produttivo  Sistema sanitario come meccanismo societario che trasforma quattro input societari generalizzati in output specialistici dei servizi sanitari 1) Un Mandato di legittimazione congruente con il sistema di valori e credenze dominanti 2) Un complesso di Conoscenze e tecnologie fondato sullo stato dell’arte accumulato 2  Paesi ex socialisti  Paesi dell’Europa centro-orientale verso modello bismarckiano  Russia: modello Semashko basato su rete diffusa a livello locale di assistenza primaria tramite policlinici poi collegati a ospedali per l’assistenza secondaria e a ospedali specialistici per la terziaria  Paesi socialisti  Cina Mao Tse-tung promuove sistema universalistico e gratuito Dopo la morte di Mao sistema sbilanciato tra città e campagna causa trasferimento a finanziamento locale SISTEMA SANITARIO ITALIANO  Periodo liberale > Modello di welfare residuale > poi Tre riforme principali del governo Crispi  1886: riconoscimento giuridico delle società di mutuo soccorso come erogatori di sussidi ai soci  Codice sanitario Crispi-Pagliani (1888): istituzione del servizio di igiene e sanità pubblica  Legge sulle opere pie del 1890: tentativo di controllo statale su enti di beneficienza  1910: istituzione degli ordini provinciali dei medici  Periodo fascista > Sistema in chiave «familistico-corporativa»  Esaltazione della famiglia tradizionale e del ruolo di cura gratuito delle donne  Trasformazione delle società di mutuo soccorso in casse mutue sotto il controllo del regime  Ruolo centrale della chiesa cattolica e delle opere pie  Transizione democratica e primo periodo repubblicano  Orientamento verso sistema mutualistico unificato/universalistico, contro Confindustria e medici  Sostanziale continuità con il sistema mutualistico-corporativo >Istituzione del Ministero della Sanità  Legge Mariotti (1968) che trasferisce la gestione degli ospedali alle regioni  Secondo periodo repubblicano : 1978: istituzione del Servizio sanitario nazionale  Susseguirsi di 3 fasi: 1. 1978: logica della programmazione tramite la creazione di unità sanitarie locali (USL)  Logica di integrazione tra servizi ospedalieri e territoriali  Sistema governato da comitati di gestione eletti dai comuni 2. 1992-1993: logica della concorrenza con trasformazione di USL in aziende sanitarie locali (ASL)  Logica di tipo aziendale-manageriale  Ospedali trasformati in aziende ospedaliere 3. 1999 : Logica della concorrenza programmata  Regionalizzazione: verso il decentramento  Distrettualizzazione: distretto come perno dell’assistenza primaria territoriale e dell’integrazione dei servizi sociali e sanitari  Applicazione parziale a causa di:  Sprechi e inefficienze a vari livelli / Decentramento regionale sempre più diseguale  Progressivo definanziamento pubblico del SSN e progressiva privatizzazione CAPITOLO DODICI – LE DISUGUAGLIANZE SOCIALI DI SALUTE  Le condizioni di salute della popolazione nel mondo differiscono molto da paese a paese ma anche all’interno dello stesso paese considerando diverse fasce di popolazione  Due dei principali parametri di misurazione della salute sono la mortalità infantile e l’aspettativa di vita  si deve comunque distinguere tra diversità di salute dovute a differenze di genere, genetiche, culturali, socioeconomiche e iniquità di salute prodotte da differenze o ingiustizie di carattere sociale e potenzialmente superabili attraverso strumenti adeguati.  Engels è il primo a parlare di disuguaglianze sociali collegando capitalismo e salute, raccontando la vita dei lavoratori Inglesi durante la prima rivoluzione industriale  Uno studio fondamentale è The black report di Sir Douglas Black una ricerca commissionata dal governo inglese con 3 obiettivi precisi : 1. Raccogliere dati sulle differenze di salute tra le classi sociali e sui loro fattori determinanti 2 2. Identificare possibili relazioni causa-effetto e valutarne le implicazioni di politica pubblica 3. Suggerire ulteriori ricerche da avviare  Il black report tratteggiò un quadro caratterizzato da marcate diseguaglianze di salute con pesanti ripercussioni etiche e pubbliche e propose quattro possibili spiegazioni 1. Differenze dovute ad artefatti statistici o errori nella conduzione della ricerca 2. Selezione naturale per cui è la salute a influenzare la condizione sociale non il contrario 3. I comportamenti culturali individuali e gli stili di vita creano diseguaglianze 4. La spiegazione materiale vede la salute come direttamente influenzata dalle condizioni di reddito e dalle sue relative conseguenze  I risultati di questa ricerca svilupparono un ampio dibattito internazionale e vari studi …  Whitehall I / II sono studi di Marmot che evidenziano il collegamento tra la posizione nella gerarchia lavorativa e mortalità (10 anni in meno di aspettativa di vita e decessi per infarto 4 volte superiori), sempre Marmot esegue poi una ricerca per l’OMS “Closing the gap in a generation” per testare la relazione tra disuguaglianza di salute e giustizia sociale.  In Italia abbiamo avuto studi che mettono in relazione la salute con luoghi e condizioni socioeconomiche (Costa) e diseguaglianze di salute e istruzione (Petrelli) I Fattori che incidono sulla salute i determinanti di salute  Le inequità di salute sono ingiuste differenze socialmente prodotte, distribuite in maniera sistematica tra la popolazione, i fattori che le originano vengono chiamati i determinanti  Si possono classificare i determinanti delle diseguaglianze di salute in due categorie  DETERMINANTI INDIVIDUALI > caratteristiche soggettive (genetiche, reddito, istruzione, condizioni psicologiche) e stili di vita (comportamenti salubri o insalubri)  DETERMINANTI CONTESTUALI > fattori ambientali e materiali che fissano opportunità e vincoli agli individui (condiz.socioeconomiche, quartiere, capitale sociale, politiche sanità)  Le determinanti quindi si identificano tanto con le politiche sociali a diverso livello (da locali a sovranazionali) tanto con le condizioni materiali di vita delle persone e il loro stile di vita  Le due dimensioni individuale e contestuale servono a livello analitico ma in effetti sono intrecciate e connesse tra di loro, tra i modelli teorici usati per esemplificare queste relazioni è famoso quello della COMMISSION ON SOCIAL DETERMINANT’S OF HEALTH che riconosce grande importanza al contesto socio economico e alla posizione sociale dove sono radicati i meccanismi strutturali causa della stratificazione sociale e quindi delle gerarchie di potere, dell’accesso alle risorse e dei vari capitali individuali (sociali, mobilità, reddito, istruzione) andando a impattare la salute attraverso altri determinati intermediari  Determinanti intermediari di salute: sono legati alle caratteristiche bio psicosociali come condizioni e stili di vita, stress, fattori bio-genetici, accessibilità al sistema sanitario.  Ci sono poi altri fattori che agiscono in maniera trasversale come genere e etnia. Mentre il genere può essere una fattore che ostacola la carriera o l’ascensore sociale attraverso la discriminazione statistica o richieste di doppia presenza imposte da una società ancora fortemente stereotipata per quanto riguarda lavoro domestico e di cura, l’etnia vede ancora fenomeni di segregazione e marginalizzazione sul lavoro difficilmente risolvibili.  Infine importante l’analisi del sistema sanitario come determinante sociale della salute, ( determinante intermediario per l’OMS), in quanto, nel caso di iniquità, può aggiungere ulteriore penalizzazione agli individui già svantaggiati e a maggiore rischio salute, mentre se strutturato in maniera mirata potrebbe invece far fronte alle differenze di esposizione e vulnerabilità attraverso l’accesso alle cure e azioni intersettoriali per migliorare lo stato di salute e la disponibilità dei servizi per i più bisognosi. Gradiente di salute e spiegazioni sociologiche delle diseguaglianze di salute 2  La dimensione sociale riveste un ruolo importante nel determinare la condizione di salute  Il gradiente di salute : sta a indicare come la salute migliori incrementalmente più la posizione sociale occupata dall’individuo aumenta. Inoltre, nelle società più disuguali la salute e i problemi sociali tendono a sviluppare gradienti sociali più ripidi e veloci.  Pur essendo inevitabile una società strutturata in gerarchie economiche e di ceto , lo stesso non si può dire per il gradiente di salute che può essere mitigato con opportune politiche sociali e di welfare, essendo il diritto alla salute riconosciuto costituzionalmente.  Serve analizzare tre teorie che studiano i processi che generano le inequità di salute 1. RISORSE > processo basato sulla relazione tra status socioeconomico e salute, si intende per risorse: il denaro, le conoscenze, il potere, il prestigio il sostegno e la rete sociale,  Anche detta teoria delle cause fondamentali spiega il legame tra status socioeconomico (SES ) e salute, collegando lo spazio d’azione individuale alla posizione nella struttura sociale. Chi ha un basso SES è sottoposto al rischio dei rischi (Link e Phelan) in quanto ha poche opzioni di azione e possibilità di accesso alle risorse utili per proteggersi dal rischio salute o di fronteggiarne le conseguenze nel caso che questo si manifesti.  Fintanto che la distribuzione delle risorse sarà diseguale l’iniquità di salute prospererà  STRESS CRONICO > la posizione socioeconomica degli individui è anche fortemente associata allo stress cronico oltre che alla mancanza di risorse  LO stress nel lungo periodo è causa di malattie di tipo psicosomatico e/o psicologiche oltre che concausa di malattie cardiovascolari. Può essere causato da non controllo sulla propria vita (locus of control) o da non riconoscimento dei propri sforzi (effort-reward imbalance)  Il concetto è che l’esperienza di una condizione socioeconomica insoddisfacente all’interno di una situazione con forte disuguaglianza sociale e competitività, porterebbe ad uno stato di stress cronico con predisposizione alla malattia (aumento cortisolo, e riduzione telomeri)  TEMPO > terza teoria riguarda il tempo, nel senso di vissuto. Che lo stato di salute sia dovuto anche all’accumularsi di fattori, comportamenti e eventi intercorsi fin dalla nascita e prima (madre fumatrice ad esempio) è oramai riconosciuto dalla scienza medica.  La prospettiva dei corsi di vita ribadisce quindi l’importanza del tempo nell’associazione tra esposizione ai rischi e esiti di salute, questo sia livello individuale che generazionale che a livello di popolazione. Serve anche per dimostrare come i determinanti sociali operino a tutti i livelli di sviluppo sia nell’immediato sia predisponendo a malattie future. Le sfide e le prospettive di policy  Attualmente le diseguaglianze e le iniquità persistono anche in Europa malgrado un sistema di welfare tra i più moderni e voluti al mondo, per questo a livello internazionale continuano studi e proposte, il documento OMS Closing the Gap da 3 raccomandazioni: 1. Migliorare le condizioni di vita quotidiana 2. Contrastare l’iniqua distribuzione di potere, denaro e risorse 3. Misurare e comprendere il problema e valutare l’impatto dell’azione  Da parte sua l’Inghilterra all’avanguardia su questo fronte seguendo le riflessioni di Marmot pubblica Fair society, Healthy lives con 6 principali obiettivi di politica sociale: 1. Dare ad ogni bambino le migliori condizioni di partenza nella vita 2. Permettere ai bambini, ai giovani e agli adulti di massimizzare le loro capacità e il loro controllo sulle loro vite 3. Creare occupazioni giuste e lavori buoni per tutti 4. Assicurare condizioni di vita sane per tutti 5. Creare e sviluppare posti e comunità sane e sostenibili 6. Rafforzare il ruolo e l’impatto della prevenzione sulla malattia 2 Il caricamento online di contenuti sanitari da parte dell’utenza, (percezioni, sensazioni, opinioni) diventa talmente utile per misurare fenomeni e processi specifici da parlare di sensori umani.  Un’altra fonte di BD di particolare interesse sul tema della salute è rappresentata dalle parole (o stringhe di parole) che gli utenti inseriscono sui motori di ricerca al fine di ottenere informazioni su un dato argomento o risposte a specifici interrogativi. Questo può servire per individuare l’emergere di un nuovo fenomeno sociale o la diffusione di una nuova tendenza, tanto da dare il nome a una nuova disciplina l’infodemiologia che si propone di predire e rilevare la diffusione di patologie tramite l’analisi delle richieste effettuate sui vari motori di ricerca (google flu trends) .  Malgrado i limiti mostrati da questa disciplina (una sorta di effetto valanga provocato da allarmi influenza che gonfiavano le ricerche a riguardo col risultato di sovrastimare il fenomeno) non si può negare che lo sviluppo dei BD abbia portato alla nascita e allo sviluppo della medicina delle 4 P : 1. La disponibilit di questi dati, riferiti ad ampie popolazioni, consente una à̀ wireless e dalla medicina predittiva, cioè capace di calcolare il rischio di sviluppo e di progressione di una specifica patologia, a partire dall’analisi congiunta di informazioni di natura biologica, genetica, ambientale e sociale. 2. L’obiettivo della medicina preventiva è strettamente collegato al punto precedente, ovvero è indirizzato ad utilizzare le informazioni a disposizione per prevenire le malattie in modo accurato. 3. La medicina personalizzata (detta altrimenti «di precisione») rappresenta un tentativo di gestire la prevenzione, la diagnosi e il trattamento sulla base delle caratteristiche individuali di ogni paziente. 4. La costruzione di una medicina predittiva preventiva e personalizzata, tuttavia, richiede che i cittadini contribuiscano alla costruzione della «nuvola dei dati» e che si impegnino proattivamente nel conservare e promuovere la propria salute. In altri termini, medicina partecipativa  La crowdsourcing medicine > applicato alla salute ci si riferisce alla medicina partecipativa fondata sulla collaborazione di un elevato numero di soggetti, eterogeneo per formazione e competenze, che forniscono il proprio contributo personale per risolvere un problema clinico. Come iniziativa può partire dall’alto (ricercatori che invitano a partecipare a uno studio clinico fornendo dati), o dal basso (casi di cittadini con problemi particolari che lanciano appelli per ricevere aiuto o soluzioni, come nel caso delle malattie rare) CI sono diverse piattaforme di cittadini on-line che si occupano di questo come Patients like me o Cure together che cedono volontariamente informazioni sanitarie per essere d’aiuto a ricercatori e istituzioni. BIG DATA» E SORVEGLIANZA DIGITALE: TRA PROFILI DI CONTROLLO E MERCIFICAZIONE  I BD ad oggi sono considerati come una vera e propria merce soprattutto per i big five che utilizzano questi dati a scopo commerciale o semplicemente rivendendoseli anche a compagnie assicurative, con tutti gli interrogativi etici che questo comporta. Negli ultimi anni l’avvento della società digitale ha portato agli estremi quello prefigurato dal modello foucaultiano del Panopticon.  In pratica controlli digitali sempre più invasivi e impercettibili che danno la sensazione di una sorveglianza continua e silente con finalità di potere, management, influenza e controllo.  DATAVEILLANCE >pratica di controllo e di sorveglianza eseguita su grandi moli di dati, controllo che diventa generazione di nuovi dati in un ciclo che si autoalimenta e ingigantisce all’infinito (Clarke)  Sintetizzando è una forma continua di sorveglianza realizzata attraverso l’uso e il controllo dei metadati, che serve a profilare ognuno di noi sulla base di parametri utili alla categorizzazione.  Secondo Lyon si sta affermando una cultura della sorveglianza senza precedenti, suddivisa in 3 fasi: 1. LO stato di sorveglianza di tipo Orwelliano, in cui l’attività principale è il controllo sociale da parte delle istituzioni pubbliche per mantenere l’ordine e cogliere sul nascere eventuali aspetti devianti 2. LA società di sorveglianza estende il controllo anche per influenzare aspetti della vita quotidiana e dell’attività in rete. Perlopiù monitorare e influenzare a scopo commerciale e economico 3. La cultura della sorveglianza siamo al livello che coinvolge direttamente i soggetti nella produzione di informazioni. La caratteristica principale si sostanzia nella partecipazione attiva al controllo, 2 acconsentendo alla cessione di informazioni e dati in cambio di servizi. in un processo di coproduzione di sorveglianza in cui il soggetto diviene parte attiva nel fornire proprie informazioni  Capitalismo di sorveglianza / Self-tracking > nasce dalla possibilità di creare Big Health Data a livello individuale BHD, tendenza che ha richiamato l’attenzione di vari attori in particolare le assicurazioni e che ShoShaNA Zuboff chiama capitalismo della sorveglianza, capita così lo scambio di informazioni prodotte dalle app digitali di salute (fitbit un classico) in cambio di benefit e bonus (naturalmente se i dati forniti certificano benessere e stato di buona salute). Il self-tracking diventa quindi anche una persuasione ad adottare stili di vita più sani e sicuri, con i prezzi delle polizze che vengono aggiornati quotidianamente e non annualmente per permettere una sorveglianza proficua IL FUTURO DELLA SANITÀ DIGITALE TRA LUCI E OMBRE  La diffusione degli strumenti digitali sta modificando il modo attraverso cui i cittadini promuovono la propria salute e gestiscono la malattia, grazie soprattutto a una maggior (auto)consapevolezza rispetto al proprio stile di vita, ai sintomi delle patologie e a un accesso facilitato alle informazioni, ai servizi e alle strutture sanitarie. Sono innegabili i benefici provenienti dall’applicazione di dispositivi digitali alla salute. Tuttavia, è necessario menzionare alcune criticit etiche e socialià̀ etiche e sociali . A. I BD che derivano da fonti diverse possono dare origine a pratiche di sorveglianza dei cittadini indirizzate a monitorare il loro stato di benessere, manipolare i loro comportamenti e generare forme di discriminazione, contribuendo ad ampliare le disuguaglianze di salute. B. Un altro rischio è quello connesso a una possibile deresponsabilizzazione dello stato nella rimozione delle disuguaglianze sociali di salute, determinando quello che Oli Williams e Simone Fullagar [2019] hanno teorizzato come lifestyle drift, la «deriva degli stili di vita». C. Porre l’enfasi solo sulla responsabilit individuale nel mantenimento dello stato di salute significa à̀ wireless e dalla mettere tra parentesi l’impatto del contesto socioeconomico e ambientale le cui caratteristiche esercitano chiara influenza sulle capacità delle persone di prendersi cura del proprio benessere.  POSSIBILI SOLUZIONI > Per queste ragioni è necessario promuovere una maggior sinergia tra stato, enti privati e cittadini nella costruzione e gestione dell’m-health, volta all’eliminazione delle disuguaglianze sociali di salute e al sostegno culturale ed educativo in materia di tecnologie. Diviene altres rilevante promuovere ì̀ wireless e dalla una maggior consapevolezza tra tutti gli attori coinvolti (cittadini, pazienti, familiari, professionisti della salute, decisori politici) circa i rischi legati a una mercificazione dei dati (i quali, oggi pi di ieri, sembrano rappresentare una nuova moneta di scambio su scala ù̀ wireless e dalla globale) attraverso una necessaria analisi e un’attenta verifica delle implicazioni della salute digitale al fine di evitare l’insorgere di derive sul piano etico e sociale. CAP. QUATTORDICI – MEDICALIZZAZIONE, BIOMEDICALIZZAZIONE, FARMACOLOGIZZAZIONE  La medicalizzazione della vita: “processo attraverso il quali naturali condizioni umane vengono trasformati in problemi medici” Conrad = fenomeni che da normali diventano patologici  ALCUNI DEI CASI PIU’ FAMOSI DI MEDICALIZZAZIONE : nuove diagnosi > ADHD (disturbo da deficit dell’attenzione), ansia sociale, sindrome premestruale, disturbo d’ansia , disfunzione erettile  Oltre ai casi di nuove diagnosi in cui condizioni considerate normali vengono medicalizzate, ci sono anche situazioni di espansione del patologico, quando ad esempio si modificano le soglie al di sopra delle quali si entra in uno stato di allerta di salute, negli ultimi anni è successo col livello di colesterolo, con l’ipertensione, anche se in questi casi qualcuno (Hofmann) preferisce parlare di sovra-diagnosi intendendo per medicalizzazione solo quei casi in cui una condizione comincia ad essere considerata patologica pur non essendolo mai stata (tristezza, timidezza, ecc.)  Discorso a parte va comunque fatto per la diagnosi dei disturbi mentali che si basano in molti casi su sintomi soggettivi e non su segni oggettivi, e sulla categorizzazione fornita dal DSM, con la terza 2 edizione il manuale adotta un approccio meno teorico e più basato sui sintomi riportati , questo ha provocato un aumento delle diagnosi e le prescrizioni di medicalizzazione, anche perché il DSM enfatizza cause organiche soggiacenti e non determinanti interazionali o socioeconomiche.  Si capisce che per il modello biologico. Il rimedio principe per ristabilire l’equilibrio del sé neurochimico (Rose) è il farmaco, meccanismo che rafforza il legame con la psicofarmacologia.  Passando alle cause della medicalizzazione Conrad oltre a medici e big pharma ne identifica altre 3: 1. La biotecnologia in relazione con la medicalizzazione attraverso 2 ambiti I. La crescente precisione dei test diagnostici che colgono aspetti del corpo umano sempre più profondi e molecolari spostandosi nell’area della predisposizione e pre-rischio II. Il crescere di app e digitale facilita operazioni di autodiagnosi, anche perché la loro logica è quella di identificare il fuori standard (sovrappeso ad esempio) come un problema medico. 2. Il Sistema organizzativo delle cure contribuisce anch’esso ad aumentare la medicalizzazione  Per il SSN è meno dispendioso trattare i problemi depressivi come malfunzionamento individuale dovuto a scompensi chimici/ormonali che si possono ristabilizzare in maniera farmacologica, che avviare lo stesso paziente verso un percorso psicoterapeutico , allo stesso tempo trattare l’ADHD con un farmaco è certamente più veloce e immediato che andare a indagare problemi socioeconomici, interazionali e di diseguaglianza dei ragazzi coinvolti. 3. Infine, lo stesso consumatore può essere agente del processo di medicalizzazione: I. Persone che non si sentono abbastanza performanti e adeguati o vogliono semplicemente stare più che bene che inquadrano la loro situazione con una terminologia di tipo medico II. Consumerismo in cui i pazienti producono medicina = Attivismo di associazioni di gruppi di patrocinio di pazienti, spesso anche finanziate da case farmaceutiche III. Richieste di medicalizzazione: si tratta di richieste di persone affette da condizioni ancora non riconosciute come malattia (illness senza Disease), quindi malattie enigmatiche come la fibromialgia che aggiungono al malessere provato da chi ne è affetto lo stigma di malato immaginario . lo stesso per malattie contestate come lo stress post traumatico o le associazioni di malattie controverse a cui non si vuole riconoscere il nesso eziologico con cause ambientali, tutti casi in cui il fine è vedersi riconosciuto lo status di “malati”  Demedicalizzazione : il più famoso è il caso dell’omosessualità tolta dal DSM nel 1980.  Le radici teoriche della medicalizzazione > possono essere trattati 4 pensatori centrali per il concetto :  FREIDSON : «dominanza medica» la professione medica ha la prerogativa di controllare ogni aspetto scientifico, professionale, organizzativo e morale della diagnosi e delle cure. Più aspetti della vita delle persone vengono definiti «patologici» più la medicina può intervenire su essi anche in termini «morali» da cui l’automatica tendenza medica a far proliferare situazioni che rientrino nella sua giurisdizione  ZOLA : approfondisce la visione di Freidson della medicina vista come una sorta di istituzione votata al controllo sociale e all’eliminazione della disfunzionalità , prendendo il posto, anzi incorporando, le più tradizionali istituzioni della religione e della legge. La progressiva e inarrestabile medicalizzazione della società rende le due etichette «sano» e «malato» centrali per un numero sempre maggiore di aree dell’esistenza umana. Zola individua 4 aspetti legati alla medicalizzazione della vita: I. I medici si interessano sempre più agli stili di vita, alle preoccupazioni, ai comportamenti II. I medici mantengono il controllo su numerose procedure tecniche (prescrizioni, terapie) III. I medici hanno il potere di accedere ad aree «tabù» dei pazienti come invecchiamento, dipendenza , sessualità, gravidanza e curarle. Tutte dimensioni un tempo non considerate patologiche. IV. La retorica medica viene sempre più utilizzata in ambiti sociali, dove qualsiasi proposta viene valorizzata esprimendola in termini medici.  ILICH : è un pensatore radicale, probabilmente quello con la posizione più critica che si riassume nel concetto di IATROGENESI (è la medicina stessa a creare patologia attraverso malpratica, errori medici e medicalizzazione ) cioè la burocrazia medica crea cattiva salute generando nuovi bisogni di cura e 2 fisico e del miglioramento cognitivo collegati a doppio filo con i nuovi fenomeni di digitalizzazione della salute : self-tracking, quantified-self, gamification. CAPITOLO QUINDICI – SALUTE GLOBALE E MIGRAZIONI  I processi migratori rappresentano un complesso di relazioni sociali che coinvolgono migranti, non migranti ed eventuali futuri migranti, modificando i contesti sociali e culturali in cui avvengono (Zanfrini) nella relazione tra salute e processi migratori non è sempre facile stabilire quale dei due fattori esercita sull’altro la maggiore influenza (Bolaffi)  Le migrazioni sono costruzioni sociali complesse in cui agiscono tre principali attori: le società d’origine, i migranti attuali e potenziali, le società di approdo (Ambrosini 2011).  In questo contesto si inserisce il tema della salute, diritto universale fondamentale, in diverse forme in relazione: ai migranti e alla loro posizione nelle società di arrivo, ai loro percorsi migratori, al genere e alla minore età.  Diverse definizioni> migranti regolari/ irregolari/ forzati: sfollati, rifugiati, richiedenti asilo  Il processo migratorio viene suddiviso in 4 stadi ; migrazione temporanea > prolungamento del soggiorno > ricongiungimento familiare > stabilizzazione permanente  Vari processi : femminilizzazione della migrazione, network migratori, transnazionalismo. Salute globale  Dichiarazione Alma Ata (1978) identifica l’assistenza sanitaria primaria come la chiave per il raggiungimento della «Salute per Tutti» > «La promozione e la tutela della salute delle persone è indispensabile per un intenso sviluppo economico e sociale e contribuisce a una migliore qualità della vita e alla pace mondiale» (WHO 1978)  non vi è una definizione unanime . Può essere considerata una nozione, un obiettivo o un mix di ricerca e pratica, il globale è comunque riferito alla portata transnazionale dei problemi e dei loro determinanti non alla loro semplice posizione geografica. Abbraccia l’intera gamma delle malattie che minacciano la salute delle popolazioni del mondo .(HIV, tabagismo, obesità, Covid ecce cc)  Kleinmann propone un APPROCCIO CRITICO ALLA SALUTE GLOBALE attraverso il concetto della sofferenza sociale che contempla quattro implicazioni specifiche: 1. condizioni socioeconomiche e sociopolitiche che causano le malattie; 2. istituzioni sociali che possono peggiorare la condizione del malato e moltiplicarne la sofferenza (welfare insufficiente, lunghe liste d’attesa, sanità inaccessibile ) 3. sofferenza sociale che evidenzia che il dolore causato da una malattia non si limita al singolo paziente ma si estende alla famiglia e alla rete sociale; 4. teoria della sofferenza sociale che mette in discussione la distinzione tra «problemi di salute» e «problemi sociali» inquadrandoli in una costante interazione tra politiche sanitarie e politiche sociali, Interessandosi a persone con disagio multifattoriale  mentre il gradiente sociale è la connessione tra posizione sociale e livello di salute-malattia Il gradiente internazionale: è la connessione tra posizione sociale e livello di salute-malattia tra nazioni e macroaree del mondo cosi come la distribuzione della salute non è mai causale ma interconnessa alla stratificazione sociale allo stesso tempo esiste una connessione legata alla stratificazione globale che mostra un gradiente internazionale della diseguaglianza tra paesi del sud e del nord ad esempio.  Il gradiente internazionale di salute è il risultato delle diseguaglianze economiche a cui vanno aggiunte le specifiche scelte di politica sociale e sanitaria dei vari governi  Uno sguardo particolare è quello della diseguaglianza di genere a livello globale su 3 indici: 1. Salute riproduttiva (mortalità materna, nascite da adolescenti) 2 2. Empowerment (livello istruzione, rappresentanza parlamentare) 3. Mercato del lavoro (partecipazione nella forza lavoro) Salute dei migranti e diritto alle cure  La relazione tra migrazione e salute è dinamica e complessa: può accrescere i rischi per la salute ma anche promuoverne il miglioramento, abbiamo 4 dimensioni chiave di analisi 1. La salute dei singoli migranti: Insieme delle differenze di salute riscontrate tra migranti e popolazione sia d’origine sia di destinazione quale risultato dei diversi percorsi migratori.  I singoli migranti subiscono un cambiamento nel loro stato di salute in base alle interazioni con i molteplici fattori che determinano la loro salute prima, durante e dopo il processo migratorio. Tali fattori sono noti come determinanti sociali della salute classificati in determinanti individuali e determ. strutturali e possono causare una serie di disparità nello status socioeconomico dei migranti. 2. Modi in cui la migrazione può influire sulla salute delle popolazioni di origine/destinazione  Influenza delle migrazioni sulla salute delle popolazioni, d’origine e d’approdo, legandosi all’obiettivo della copertura sanitaria universale (Universal Health Coverage).  Se mal gestita, la migrazione può influire negativamente sulla salute delle popolazioni. Lo sviluppo di strategie di salute pubblica riconosce la necessità di inclusione. È necessario, comprendere la vulnerabilità e la resilienza dei migranti e della loro condizione di salute. 3. Le risposte dei sistemi sanitari nel paese di approdo: La volontà e la capacità dei sistemi sanitari nazionali di sviluppare risposte sanitarie sensibili ai migranti attraverso un approccio complessivo che considera la salute dei migranti in tutte le politiche. 4. La «governance» globale delle migrazioni e della salute : Modi in cui migrazioni e salute possono essere integrate nelle politiche nazionali. Molti paese non garantiscono ai migranti la protezione di salute e i diritti fondamentali previsti in particolare in presenza d’irregolari.  «effetto migrante sano» (Razum, Zeeb & Rohrmann 2000): coloro che si spostano sono tendenzialmente più giovani, più sani e vivono più a lungo sia delle persone che lasciano nei paesi d’origine sia di quelle che trovano nei paesi di approdo. Questo perché quando la migrazione è volontaria sono le persone che posseggono maggiore capitale di salute, quindi maggiore spirito di iniziativa e di movimento, ad emigrare  Ma esiste anche un «effetto migrante esausto» (Razum, Zeeb & Rohrmann 2000): se la migrazione non è gestita correttamente, va a retroagire sulla resilienza/vulnerabilità delle persone e sul lungo periodo si registra la perdita dell’effetto migrante sano.  I motivi sono molteplici, innanzitutto adeguamento a stili di vita e abitudini poco salubri del paese d’arrivo (tabagismo, alcool, junk food) , ma anche la condizione strutturale in cui il migrante si viene a trovare, spesso svantaggiata, segregata e diseguale.  «effetto salmone» (Diaz, Koning & Martinez-Donate 2016): gli immigrati che vedono compromesso il loro stato di salute spesso decidono di tornare nei paesi d’origine, per trascorrere in un luogo familiare gli ultimi anni della loro vita. > Salmon bias (distorsione del salmone): forma di migrazione selettiva che dà conto del perché in molti casi la salute dei migranti continua a essere migliore di quella dei locali .  il diritto alle cure in ITALIA  I migranti regolarmente residenti hanno diritto a tutte le cure sanitarie come i cittadini italiani.  Ai cittadini stranieri extracomunitari senza permesso di soggiorno e indigenti viene rilasciato un tesserino per «straniero temporaneamente presente (STP) che garantisce cure ambulatoriali e ospedaliere (malattia e infortunio urgenti o continuative); prestazioni di cura, prevenzione e riabilitazione per i dipendenti da sostanze; interventi di medicina preventiva e prestazioni di cura (gravidanza, maternità, vaccinazioni, profilassi internazionale, diagnosi ecc.)  I migranti con status di «rifugiato» sono equiparati ai cittadini stranieri regolarmente residenti.  I richiedenti asilo possono ottenere un tesserino STP con un diritto alla salute temporaneo 12m 2  La cittadinanza contribuisce anche alla costruzione dell’identità, In occasione della malattia e delle sue conseguenze, diventano più evidenti le contraddizioni costitutive della condizione di immigrato. Fra l’uomo e il cittadino vi è una cicatrice rappresentata dallo straniero poiché il cittadino è uomo, il non cittadino è straniero ed è immigrato, mentre i diritti sono «diritti di cittadinanza» (Sayad 1999).  La cittadinanza sanitaria è ancora strettamente connessa ai confini dello stato-nazione e riconosciuta ai non cittadini solo se rispondenti a uno status giuridico e personale correlato a regole spesso rigide.  La cittadinanza sanitaria universale non solo darebbe accesso alla cura della salute ma sarebbe anche costruttrice di equità e di inclusione sociale in prospettiva transculturale  Salute globale e politiche locali: l’accesso ai servizi  Le disuguaglianze di salute sono in realtà disuguaglianze sociali che si esplicano attraverso la salute e la malattia e i relativi comportamenti. Per ottenere policy funzionali è necessario attivare strategie e azioni di promozione a tutela della salute.  STRATEGIE E AZIONI SANITARIE SOCIALI 1. Omogeneità territoriale DI raccolta dati PER garantire una corretta analisi del fenomeno 2. adattamento dei servizi sanitari alle condizioni di lavoro difficili dei migranti 3. percorsi per la tutela della salute mentale dei migranti  Un raggiunto processo di inclusione sociale evidenzia anche il riconoscimento delle competenze di alcuni migranti (o ex) come medici, infermieri o operatori sociosanitari come erogatori di cura e non solo di persone a cui destinare le pratiche di cura.  Importante conoscere la cultura e la lingua del paziente straniero, riuscire ad ottenere un’adeguata aderenza terapeutica, «auscultare» la persona. Allo scopo di poter spiegare la cultura dell’ospedale al paziente e la cultura del paziente all’ospedale (Morrone et al. 2017).  Il mediatore transculturale come un «ponte» tra i professionisti della salute e i pazienti.  Vision future: È possibile r necessario ripensare all’equità della cura nella società cosmopolita «intesa come uguaglianza delle opportunità più che come uguaglianza degli esiti (GiarreLLi)
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