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sociologia delle migrazioni primo parziale, Dispense di Sociologia delle Migrazioni

Documento comprendente slide, appunti e libro "sociologia delle migrazioni" di Ambrosini. Il documento comprende la classificazione dei migranti, i periodi delle migrazioni, spiegazioni macrosiociologiche, microsociologiche e masosociologiche, i migranti nel mercato del lavoro, le reti migratorie, il passaggio al lavoro autonomo, le donne migranti, le nuove migrazioni, le politiche per i migranti, la regolazione dell'immigrazione e infine la devianza, la discriminazione e i rifugiati

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 25/11/2022

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Scarica sociologia delle migrazioni primo parziale e più Dispense in PDF di Sociologia delle Migrazioni solo su Docsity! 03/10 1. L’oggetto di studio e le sue caratteristiche Il fenomeno migratorio è un fenomeno recente? Studiosi che hanno provato a datare il fenomeno migratorio→ la migrazione intesa come spostamento di una persona tra un luogo e un altro riguarda la società dall’inizio dei tempi. Mobilità come elemento essenziale del vivere in società.  -Se dovessimo datare sulla base del nostro senso comune il fenomeno migratorio saremmo spinti a definirlo come fatto recente, degli ultimi decenni…è poi così vero?  -Gli studiosi delle migrazioni e delle forme di mobilità geografica però non sarebbero d’accordo per diverse ragioni:  Mobilità come carattere intrinseco dell’essere umano  Sedentarietà come fenomeno meno evidente di quanto si creda  Migrazioni non solo come fenomeno contemporaneo ma come pratica radicata: invasioni, colonizzazioni, mercanti internazionali, i meteci della polis greca…insomma il nomadismo, la mobilità sono da sempre presenti. Le migrazioni possono quindi essere viste come una forma di mobilità territoriale della specie umana, con gradi diversi di intenzionalità e volontarietà. I trasferimenti da un territorio all’altro di singoli individui, di gruppi o di intere popolazioni sono fenomeni ricorrenti nella storia dell’uomo, per questo motivo non è agevole definire con precisione chi siano gli immigrati. La storicità del fenomeno e la sua definizione scientifica -Questo carattere (storico) radicato della mobilità, forzata o volontaria, rende anzitutto complicata una definizione univoca del concetto di migrazioni e ancor più di quello di migranti -Qualche esempio tra di noi…Chi è secondo voi un immigrato? Fornitemi una breve descrizione; Chi è secondo voi un extracomunitario? La parola straniero invece cosa evoca? Vedete delle differenze?--> la parola migrante tiene insieme le due dimensioni del processo migratorio, ci permette di includere tutta la traiettoria biografica del migrante. Differenza tra: -extracomunitario: persone che provengono al di fuori del contesto europeo ma non viene applicato a certe categorie es. americani -straniero: attenuiamo la dimensione negativa associata al concetto di migranti, anzi ottiene un concetto positivo -migranti:  include una dimensione valoriale in cui il valore è negativo. Nel linguaggio comune non vengono esentati dalla parola solo i francesi o tedeschi ma anche i giapponesi e gli americani, vengono quindi definiti immigrati solo una parte degli stranieri residenti nel paese= Gerarchizzazione della presenza migrante. Esistono paesi che incentivano le migrazioni: es. attirare talenti come in Canada: vengono agevolati flussi migratori di persone con particolari talenti che possano sviluppare il mercato del lavoro o ampliare lo sviluppo di una nazione.  Chi ha provato a definire le migrazioni, ha creato nuove domande -Alcuni enti internazionali hanno fatto lo sforzo di definire le migrazioni facendone un fenomeno internazionale, quindi escludendo alcuni casi di migrazione. Hanno individuato caratteristiche costanti→ Per le Nazioni unite un immigrato internazionale è tale se:  Ha attraversato un confine nazionale per andare in un altro paese  Si è spostato in un paese diverso da quello in cui è nato o ha vissuto abitualmente nel periodo precedente il trasferimento  Se risiede nel nuovo posto da oltre un anno (altrimenti sarebbe un turista) Ma attenzione, ogni definizione crea dei problemi!! -Il quanto una persona rimanga è un fattore determinante (un turista non è un migrante)…ma non troppo, altrimenti diventa un limite: esempio dei lavoratori stagionali…→ esistono figure di lavoratori temporanei che si spostano in paesi per lavorare prima di tornare nel loro contesto: perchè non definirli migranti? I posted workers non sono lavoratori stagionali ma lavoratori che entrano nelle catene di produzione nazionali. Figure che pongono problematiche es. persone che lavorano in appalti esteri di aziende importanti. -non si considerano le visioni giuridiche di chi siano gli immigrati e i cittadini (es figli di immigrati nati in italia) -Ma che fine fanno coloro che compiono spostamenti interni ai confini nazionali? Dovrebbero essere considerati migranti? Nei decenni questa percezione è cambiata, motivo per cui cambiano le definizioni…prima una persona del sud italia era un migrante, un cinese di campagna che va in città è ancora oggi considerato un migrante…→ non tiene conto delle migrazioni interne che hanno iniziato a perdere la denominazione di migrazioni e sono diventate forme di mobilità→ mobility→ spostamenti all’interno del contesto europeo, migration→ persona che viene da fuori il contesto europeo. Il concetto di mobilità viene di solito impiegato per definire gli spostamenti dei cittadini di paesi sviluppati (es. erasmus) e ottiene quindi valenze positive. Quando però si spostano cittadini di paesi meno sviluppati, coetanei degli studenti in erasmus, si parla di immigrazione. Quindi chi sarebbe l’immigrato? -Non tutti quelli che vanno in un paese diverso, vi risiedono, vi lavorano, sono definiti immigrati! Pensiamo al caso di un cameriere italiano a Londra o ad un francese che vive e lavora in italia, o ancora, ad un emirato che vive in spagna…se sei benestante non sei un immigrato, ma uno straniero.  Studio su italiani in portogallo e brasiliani in portogallo→ il paese di provenienza ti caratterizza→ se vieni da un paese povero ti viene dato il valore negativo di migrante e non straniero→ chi viene da un paese benestante si pensa possa portare valore.  Il paese di provenienza è quindi cruciale per come un migrante viene accolto nel paese di arrivo.  Cambia il valore, l’immigrato socialmente « vale » meno di uno straniero, perché si definisce così non solo chi viene da un altro paese ma chi a questa condizione associa una situazione di povertà e di disagio di varia natura. Questo è il concetto di DOPPIA ALTERITÀ -Questa differenza non è solo evidente su un piano sociale, ma anche su quello politico-istituzionale. Pensiamo ai grandi investitori stranieri, incentivati a venire a stare altrove con i loro capitali e pensiamo alle politiche di chiusura delle frontiere per i meno abbienti. Ad alcuni si regala la cittadinanza, ad altri si nega in tutti i modi possibili -Abbiamo poi casi particolari di persone socialmente considerate come immigrate quando in realtà sarebbero cittadini europei…I romeni sono un esempio lampante di questo scarto e di uno stigma persistente→ non basta far parte della comunità europea perchè il valore negativo associato al contesto di migrazione rimane.  Concetto di doppia alterità lo chiede ai parziali→ non sei solo stranniero perchè vieni da fuori ma perchè vieni da un paese povero→ doppio senso di estraneità che crea stigmatizzazione, razzismo: questione importante sul piano sociale, politico-istituzionale e normativo (si ritrovano all’interno delle istituzioni stesse) es. se arrivi in italia ma guadagni almeno 2500 euro di entrata al mese allora ti danno il permesso di soggiorno.  Ne deriva una conseguenza importante… La doppia alterità riguarda dunque una nazionalità straniera e una situazione di povertà→ se una persona riesce a liberarsi da uno di questi due stigmi, cessa di essere un immigrato.  Non è quindi la diversità il problema ma la diversità combinata con la povertà→ la diversità dei benestanti incontra margini di tolleranza e accettazione assai maggiori.  Le migrazioni sono processi dinamici, ma attraversati da alcune costanti Emigrazione: uscita dal paese di origine immigrazione: ingresso nel paese ricevente Migrazioni e migranti sono termini più generali, che abbracciano le diverse direzioni della mobilità geografica seguita da un insediamento. Esistono tuttavia anche migrazioni interne, ovvero spostamenti da una regione all’altra dello stesso paese. Nelle migrazioni agiscono quindi 3 attori: la società di origine, i migranti attuali e potenziali e le società riceventi. -Sono anche i migranti dotati di grandi capitali da investire o coloro che fanno gli imprenditori con giri d’affari a più 00000...non piccoli imprenditori! -L'Europa si è dotata di un tipo di documento di soggiorno specifico per loro, la cosiddetta Carta Blu→ permesso di soggiorno specifico per immigranti qualificati con durata maggiore. Se si è investitori non si hanno problemi ad ottenere il permesso di soggiorno-> gerarchizzazione del tipo di migranti.  Si parla quindi di migranti dotati di grandi capitali la cui vita è più semplice.  Le catene globali della cura La componente più numerosa degli immigrati qualificati si riferisce alla categoria del personale medico e infermieristico.  Il tipo di qualifica delle oss non è visto come una figura al pari di un ingegnere→ gerarchie sociali.  -Un caso particolare e specifico di migranti qualificati particolarmente richiesti in Europa sono afferenti al campo infermieristico e sanitario (OSS) -Basti pensare che ci sono nazionalità che sono specializzate in termini lavorativi: le persone Filippine lavorano in gran parte in queste catene della cura →i filippini, il primo paese fornitore di personale medico infermieristico, lavorano come colf delle case di ricchi, come governanti, specializzate nella cura dei bambini, hanno trasformato il processo di formazione e istruzione nei paesi di origine→ nelle filippine vengono fatti corsi di lingua per garantire un inserimento migliore; I migranti dell’est europa coprono la cura delle persone meno abbienti. I polacchi in Germania sono la nazionalità principale tra OSS e infermieri, il sud America ha una buona quota di donne che lavorano in questi settore una volta arrivate in Europa. Questo rapporto tra paesi che forniscono manodopera qualificata e paesi che la ricevono costituisce quelle che Yeates (2009) ha definito nei termini di Catene globali della cura, che sono catene specializzate. -Hanno ovviamente degli effetti destabilizzanti per i paesi di origine, che formano persone per poi perderle (il cosiddetta Brain drain, drenaggio di cervelli, di competenze professionali formate con ingenti investimenti). Molti paesi formano i migranti alla migrazione→ spendono nonostante sappiano che le risorse verranno spese in un altro paese.  I paesi investono sul processo migratorio, sul quale non avranno mai una rendita.  Il brain drain è come la fuga di cervelli, quello che cambia sono le politiche.  Migranti da ricongiungimento Insieme di migranti che arrivano attraverso le pratiche di ricongiungimento familiare. Si parte dal presupposto di avere un familiare nel paese di arrivo.  Il legame di parentela deve essere mostrato con uno stato di famiglia del paese di origine ma in alcuni paesi non funziona così per diverse problematiche. Si fa se no un esame del dna o si presentano foto, prove, testimoni credibili. I problemi di trascrizione del nome sono spesso presenti.  Questa tipologia di migrazioni chiama in causa la processualità del fenomeno migratorio e anche la sua progressiva normalizzazione. Non si può venire pensando di poter pesare sul welfare. Politiche 2018 (decreto sicurezza di salvini) hanno agito anche sul ricongiungimento perchè hanno obbligato ad ottenere idoneità abitativa (tot di metratura nella casa per migrante di ricongiungimento).  Trattandosi di un processo, esso evolve, per cui prima arriva un membro della famiglia che una volta stabile con il lavoro chiede agli altri membri di raggiungerlo. I nuovi ricongiunti non necessariamente lavoreranno ma ricostituiscono una famiglia, normalizzando maggiormente la presenza migrante, fatta non solo di lavoro (o sfruttamento). Anche i tassi di fecondità, con il tempo, si avvicinano a quelli delle famiglie autoctone. Una delle critiche principali che sono rivolte a queste migrazioni (motivo per cui l’estrema destra vorrebbe renderle ancora più complesse), riguarda il maggior peso sui servizi sociali e sui servizi abitativi dal momento che spesso ai ricongiungimenti fa seguito la creazione di un nucleo familiare con figli che nascono nel paese di arrivo. Richiedenti asilo e rifugiati Processi migratori più recenti per quanto riguarda lo spazio che hanno ottenuto nel dibattito pubblico.  -Con la cosiddetta crisi del 2015 in Italia e in Europa sono la tipologia di migranti che pone le sfide maggiori sul piano politico attuale. Sono una categoria in netto aumento rispetto ai decenni precedenti, questo anche a seguito delle politiche delle frontiere sempre più chiuse.  -Sono migrazioni il cui andamento è influenzato da eventi di grande portata come guerre, crisi e shock ambientali, persecuzioni religiose, ascesa nuove dittature etc. ma anche motivi di cura : malattie non curabili nel paese di origine. Richieste di asilo per motivi politici: ottenuto asilo per ragioni politiche, essere in opposizione non è facile in certi paesi.  -La differenza tra queste due tipologie risiede nella facilità o meno di accesso alla protezione internazionale regolata dalla convenzione di Ginevra - 1951 in cui il rifugiato è definito come una persona che risiede al di fuori del suo paese di origine, che non può o non vuole ritornare a causa di un ben fondato timore di persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza sociale, opinione politica,...  -Chi richiede asilo vuol dire che si sposta in cerca di protezione ma non ha ancora lo status di rifugiato ma lo vorrebbe per ragioni non sempre incluse negli accordi di Ginevra. Rientra nel cappello della protezione nazionale.  -Chi è rifugiato ha lo status di protezione e può legittimamente non rientrare nel paese di origine perché rischierebbe la propria vita (le ragioni sono molteplici: etnia, religione, gruppi sociali non accettati, orientamento sessuale etc.). Colui che ha ottenuto la protezione nazionale.  Uno dei criteri per comprendere se si può essere richiedenti o meno è vedere se il paese è sicuro→ vengono decisi i paesi con contesto sicuro es. Libia→ ovviamente non è vero siano tutti sicuri. Si svolge un colloquio e viene valutata la richiesta in base alla narrazione e le caratteristiche del paese in cui vieni ( entra in gioco il discorso del paese sicuro).  Pensiamo ai dibattiti contemporanei in Italia e ai decreti emanati durante il governo Lega-5Stelle...una partita importante è stata giocata proprio sui criteri per divenire rifugiato Per risolvere il problema dei paesi sicuri era stato creato un permesso umanitario→ condizioni che non rispettavano lo standard umano→ nel 2018 i decreti salvini hanno eliminato questo permesso con la conseguenza di creare una massa di persone che non avevano più documenti→ chi era in fase di richiesta non gli viene più concesso→ migliaia di persone senza documenti sul territorio→ il sistema di welfare in italia si è trovato senza soglia: i migranti non avevano più uno status giuridico legale il che produrrebbe l’immediato rimpatrio→ spese elevate e difficile da realizzare (da trovare, mettere nei centri di detenzione e rimpatriare).  Eliminazione permesso umanitario = le conseguenze sono state drammatiche per i servizi di accoglienza ma anche per i migranti stessi = Creazione di masse di irregolari, ancora più sfruttabili.  La regolazione più stringente degli ingressi ha poi a che fare con la formazione di altre figure di immigrati, quelle dell’immigrato in condizione irregolare, dell’immigrato illegale, del richiedente asilo denegato: quelle figure spesso definite clandestine.  1. Immigrato irregolare: rimasto nel paese dopo la scadenza del titolo che gli aveva consentito l’ingresso 2. immigrato illegale: è entrato attraversando la frontiera senza documenti o procurandosi documenti falsi. 3. clandestino: termine abbandonato. Migrazioni forzate e la forza di migrare -Spesso quando si pensa ai richiedenti asilo si tende a parlarne in termini di «migrazioni forzate» a causa di persecuzioni, guerre, carestie, interventi sull’ambiente di vita che sconvolgono equilibri delle persone nei paesi di origine. -Ma in alcuni casi i richiedenti asilo decidono di migrare anche per poter scegliere liberamente come vivere la loro vita, cosa fare, cosa voler diventare, insomma mettono in campo una forza che è data dalla voglia di libertà. Molti contesti di origine non offrono opportunità di sviluppo personale che sono quelle ricercate dalle persone quindi se ne vanno. Non parliamo quindi degli ultimi degli ultimi perchè è presente un capitale minimo nei migranti, parliamo di persone che decidono di partire e intraprendere un viaggio per compiere quello che vogliono. Nonostante le norme sempre più restrittive le migrazioni non sono calate→ voglia di migrare forte.  -Questo crea problemi in fase di riconoscimento dello status di rifugiato, perché la «voglia di scegliere» chi essere e dove vivere non rientra tra i criteri rigidi della protezione internazionale Focus: Dublino e i Dubliners -Il Regolamento Dublino III contiene i criteri e meccanismi per individuare lo Stato membro che è competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o apolide.  -Il Regolamento Dublino è senza dubbio il “pezzo” del Sistema europeo comune d'asilo più discusso e criticato, non solo dal punto di vista delle conseguenze negative sulla vita dei richiedenti asilo (ampiamente documentate in numerosissimi rapporti, inchieste giornalistiche,…), ma anche per la scarsa efficienza del sistema -Ogni domanda di asilo deve essere esaminata da un solo Stato membro e la competenza per l’esame di una domanda di protezione internazionale ricade in primis sullo Stato che ha svolto il maggior ruolo in relazione all’ingresso e al soggiorno del richiedente nel territorio degli Stati membri. -Si regge su un presupposto problematico, cioè che gli Stati membri costituiscano un’area con un livello di protezione omogeneo MA non è così perché le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo e i tassi di accoglimento di domande di protezione “simili” cambiano drammaticamente da un Paese all’altro -Chi ottiene la protezione internazionale non ha poi la possibilità di lavorare regolarmente in un altro Stato UE, ciò significa che, salvo eccezioni, lo Stato che viene individuato dal sistema Dublino come competente ad esaminare la domanda sarà poi anche lo Stato in cui l’interessato dovrà rimanere una volta ottenuta la protezione Il caso dei migranti vittime di tratta -Una tipologia di migrante specifica è la vittima di tratta (donne e bambini ma principalmente donne) -Il più delle volte questa condizione riguarda le migranti donne che con l’inganno e con promessa di vita migliore vengono portate in un altro paese e diventano ostaggio di sistemi criminali -Il caso tipico è quello di donne che vengono obbligate alla prostituzione con i documenti sequestrati. -La legge sull’asilo prevede una tutela specifica per queste migranti che sono vittime di violenza. Persone che affrontano il percorso di richiesta d’asilo ma vengono fatte domande ad hoc per comprendere se sono vittime di tratta perchè molte non sanno che lo saranno. -Un’attenzione alle donne migranti e ai problemi specifici che incontrano migrando non era parte delle convenzioni internazionali, grazie al lavoro di molti gruppi politici e di molte associazioni ci sono stati grandi passi avanti, le vittime sono state riconosciute come tali -Ci sono anche forme di discriminazione legate al genere e al sesso, ci sono migrazioni dettate da forme acute di violenza domestica, altre migrazioni che derivano dal rifiuto di tradizioni radicate (mutilazioni genitali; matrimoni forzati etc.) 05/10 Minori migranti e seconde generazioni Minori migranti sono migranti che hanno fatto il percorso in minore età. Le seconde generazioni non necessariamente hanno alle spalle un percorso migratorio. -Questo gruppo include tutti i minorenni che hanno compiuto una migrazione in giovane età -Non dobbiamo confondere i minori (accompagnati o non) con il termine seconde generazioni - anche se alcuni studiosi classificano i minori migranti tra le seconde generazioni -Le seconde generazioni includono in particolar modo figli/e di migranti nati nel paese di arrivo dei genitori. Non devono essere entrambi i genitori migranti per essere definiti di seconda generazione.  -2G: si tratta di una categoria sociologica e politica→ dibattito intorno al concetto di generazioni.  -Sono un tipo di migranti che pone diversi dilemmi politici e lo sappiamo bene in italia...→ temi che rientrano all’interno di come gestire la situazione delle seconda generazioni e come attribuire diritti equivalenti a quelli nati nel territorio di arrivo. Ius sanguinis→ non basta essere nati nel territorio, bisogna avere un legame di sangue con quel paese, cosa che non sussiste se entrambi i genitori provengono da un altro paese.  In Italia durante il fascismo le emigrazioni vengono ostacolate, mentre si producono migrazioni interne forzate in zone bonificate.  Al contempo iniziano le migrazioni politiche durante gli anni delle grandi dittature in Europa (ebrei in fuga, oppositori politici, minoranze e stranieri)--> se si era una minoranza la migrazione era un via di fuga a persecuzioni es. ebrei, rom, sinti, persone con problemi di salute… 3. Il periodo della ricostruzione (1945-1950) Fenomeno di migrazione di massa che ha come obiettivo coprire l’esigenza di manodopera di paesi usciti distrutti dalla guerra→esigente bisogno di manodopera da molteplici stati. Fenomeno di specializzazione dei flussi migratori→ si iniziano a creare catene di migrazioni→ i migranti di un paese tendono ad andare in un paese specifico es. francia, germania, italia, inghilterra. Con la ripresa economica post bellica riprendono migrazioni di massa che seguono necessità di manodopera per la ricostruzione. Si creano preferenze: Gli italiani migrano soprattutto in Francia, Svizzera e Belgio. Gli UK preferiscono irlandesi e la Svezia migranti finlandesi. Ci sono poi migrazioni legate alle colonie: la Francia e l’Algeria sono un esempio classico. La Germania invece adopera manodopera migrante proveniente da EST. Oltre 2 milioni di europei invece vanno oltre oceano (USA, Australia). Iniziamo ad assistere ai primo accordi bilaterali: legami istituzionali tra i paesi di arrivo e di partenza.  L’italia rimane un paese che offre manodopera. In Italia, invece si manifestano soprattutto migrazioni interne da zone rurali o meridionali verso il triangolo industriale→ Torino, Milano e Genova.  4. Il periodo del boom economico (1955-1974) Questo periodo è caratterizzato da accordi bilaterali per la fornitura di manodopera e ci sono processi di rapida regolarizzazione dei lavoratori migranti anche quando entrati clandestinamente. Iniziano migrazioni nuove, dalla Turchia verso la Germania, i portoghesi iniziano un periodo di migrazioni di massa (verso la Francia in particolare) etc. Tutte le ex colonie assistono a forti processi di emigrazione, il caso Francese (ex colonie Maghreb) e quello inglese (ex colonie del Commonwealth)-- >Iniziano ad esserci accordi tra coloni ed ex colonie ma con clausole particolari→questi accordi stabilivano la migrazione puramente per scopi lavorativi (inizio regolamentazione dei flussi migratori) Gli italiani in questa fase rappresentano quasi il 50% dei migranti in area europea.  Siamo ancora lontani dall’idea del ricongiungimento familiare e dai diritti del fanciullo. Chi lavora non può portare con sè figli o altri membri della famiglia, deve vivere in alloggi a loro reperiti o alloggi di fortuna→ Esempio svizzero: 'bambini nascosti' o 'proibiti'. Figli di lavoratori stagionali, entravano in Svizzera da clandestini ed erano costretti a vivere nell'ombra poiché lo statuto dei loro genitori non consentiva di portare con sé familiari. Bambini nascosti dagli occhi di tutti così come le donne con cui hanno avuto figli, non uscivano mai e non potevano accedere alle cure mediche, alla scuola,.. Questi bambini non esistevano, dovevano vivere nell’ombra totale.  Il governo svizzero si è scusato ma è stato un fenomeno frutto di un’ottica di forza migrante unicamente come forza lavoro→ se veniva portata la famiglia si pesava sul welfare. Volevano che la migrazione fosse confinata e non diventasse un fenomeno sociale. La germania aveva un’idea di integrazione temporanea→ una volta scaduto il contratto se ne dovevano andare, non offrivano accesso a servizi al di fuori dell’attività lavorativa (se ci si faceva male si faceva scadere il contratto e si era rimandati nel paese di partenza) 5. Il periodo del blocco ufficiale delle frontiere (1974-1990) Inizia con il grande shock petrolifero con cui inizia una grande fase di recessione e sofferenza economica che blocca quel processo di migrazione agevolata. Inizia un approccio restrittivo dovuto alla crescente disoccupazione. I migranti andavano bene solo laddove ve ne era bisogno, con un calo del lavoro e delle imprese, calano i profitti e i migranti da risorse divengono un problema e un peso economico per i sistemi di welfare allora in crescita. Anche politicamente le migrazioni sono scomode. I paesi dell’europa centrosettentrionale decidono unilateralmente di non ammettere più immigrati per lavoro. I migranti diventano un problema per  il welfare system→ avere migranti che pesano non è pensabile, non se lo possono permettere, problema politico da gestire. Si assiste alla comparsa delle politiche di rimpatrio dei lavoratori migranti presenti sul territorio che cercano di agevolare i migranti nei loro paesi di origine ma hanno ben poco successo, perchè? costo elevato, logistica complessa, difficili da realizzare concretamente.  La situazione di crisi ha spinto meno persone a intraprendere percorsi migratori perchè vi erano meno possibilità di trovare occupazione.  Politiche di rimpatrio complesse anche perchè i migranti avevano già costituito nuclei familiari-> non c’è più la volontà di rientrare nel paese di origine+ difficile riportare indietro famiglie intere. N.B Non c’è un vero e proprio blocco delle migrazioni: i flussi in arrivo in Europa continuano grazie alle pratiche di ricongiungimento familiare che in alcuni stati europei erano già in parte affermate: formazione familiare nella migrazione: Migrazione matrimoniale, o dei ricongiungimenti di secondo livello o neocostituiti. 6. Periodo del governo europeo delle migrazioni (1995-oggi) Da metà anni ’90 si apre lo scenario di governo europeo delle migrazioni (prima non era presente l’UE). Qui la dimensione europea delle regolamentazioni dei flussi migratori prende il sopravvento sulle normative nazionali.  Si consolidano quelli che ancora oggi conosciamo come Accordi di Schengen per controllare le frontiere europee in modo più strutturato. Al controllo delle frontiere bisogna aggiungere integrazione Europea, che dal 2000 ad oggi ha visto 12 nuovi stati entrare in EU. Determinante l’internità o meno nel contesto europeo→ processi di differenziazione salariale→ essere nell’UE garantiva diritti che non avevano quelli al di fuori dell’Ue→ questo perchè era più difficile far entrare persone al di fuori dell’ue, quindi l’est diventa il maggiore bacino di manodopera dell’europa. I nuovi stati rappresentano anche nuovi bacini di manodopera poco qualificata e libera di circolare, quindi si sperava che potessero compensare la perdita di migranti dovuta a politiche restrittive...invece non è andata come credevano in Europa! Certo Romania e Polonia sono due bacini importanti. Dal 2015 con nuovo periodo di forti migrazioni dal nord africa e richiedenti asilo, nasce una politica europea di «contenimento retribuito dei flussi migratori»: paghiamo alcuni stati per tenerli da loro e non farli arrivare in Europa.  L'Italia ha un grande interesse per queste politiche perché primo paese di arrivo e vale il trattato di Dublino Un clima politico più restrittivo (non fatto in classe) Anche per effetto degli attentati del settembre 2001 negli stati uniti, e di quelli commessi in europa negli anni successivi, sono cresciute le tendenze restrittive e i controlli nei confronti dell’immigrazione proveniente dai paesi del sud del mondo. L'arrivo dei profughi, soprattutto dal 2011, dal medio oriente e dall’africa ha fomentato percezioni di invasione, domande di chiusura delle frontiere, restrizioni al diritto di asilo e dello stesso soccorso in mare.  Tendenze generali dei processi migratori: -globalizzazione delle migrazioni, con la crescita del numero di paesi interessati al fenomeno di migrazione -il cambiamento di direzione dei flussi migratori: l’europa è diventata una delle destinazioni principali delle migrazioni internazionali, mentre la quota degli immigrati europei nelle destinazioni principali delle migrazioni internazionali (usa, canada, australia e nuova zelanda) è andata declinando. -la differenziazione delle migrazioni -la proliferazione dei contesti di transito -la femminilizzazione delle migrazioni per lavoro -la crescente politicizzazione delle migrazioni: es gli affari interni degli usa, la politica della sicurezza nazionale e gli accordi internazionali sono influenzati in maniera crescente dalla questione delle migrazioni. 12/10 Fasi cicliche del processo migratorio I flussi migratori provenienti da una determinata area tendono a seguire processi di insediamento abbastanza simili, tanto da poter essere codificati in una sequenza di passaggi tipici. Modello di Böhning (1984) = una delle modellizzazioni più note ed estremamente criticata nei decenni successivi. Ha lo scopo di comprendere da quando sono iniziate le fasi di migrazioni, quali sono state le caratteristiche dominanti e prevalenti e se possono aiutarci a definire il ciclo dei processi migratori. Individua 4 fasi che caratterizzano il processo migratorio: 1. La fase della migrazione temporanea: fase caratterizzata da grande mobilità ed elevati tassi di attività. In questa prima fase le migrazioni tendono ad essere di breve periodo, ad opera di migranti prevalente maschi, giovani, provenienti da grandi città, con qualifiche e competenze spendibili nel settore dell'industria (qualifiche più elevate di chi non emigra). Tendono a rivestire ruoli a scarsa qualifica e la loro presenza non è definitiva→trova corrispondenza nelle normative che non vedono le migrazioni come durative. Migrazioni orientate all’idea di lavorare. Migranti con qualifiche più basse orientati al lavoro industriale. Sono maggiori i ritorni al paese di origine che quelli che rimangono nel paese di arrivo.  2. La fase della migrazione semi-permanente: in questa seconda fase i migranti aumentano di numero, il tasso di attività lavorativa è sempre alto come nella prima fase e le retribuzioni più basse. In questa fase però appare anche il nucleo familiare (slittamento del tipo di presenza del migrante nel paese ricevente) e il bacino di migranti si espande, complice anche il passaparola tra nuovi arrivati. Qui la migrazione si fa più stabile e si manifesta una riduzione drastica dei rientri nel paese di origine. Siamo in una fase di costruzione di nuclei familiari.  3. La fase della stabilizzazione della migrazione in cui cresce molta componente femminile tra i migranti e aumentano radicalmente i ricongiungimenti familiari. Qui inizia a formarsi la componente giovane frutto delle migrazioni e i ritorni in patria risultano minoritari. Sempre minor numero di migranti che tornano alla patria d’origine. Creazione di seconde generazioni. Arrivano anche le donne che iniziano a costruire nuovi nuclei familiari. L’elemento della famiglia risulta fondamentale per i processi di stabilizzazione dei migranti.  4. La fase di completa maturità della migrazione: qui sorgono le prime istituzioni etniche (associazioni, negozi specializzati, centri di culto etc.), il che cambia la configurazione e i modi di vita dei luoghi di arrivo. Comparsa di associazionismo→ impatto maggiore delle migrazioni sui territori. Nuovo modo di vivere dei migranti rispetto al territorio, soprattutto dei migranti di seconda generazione.  Questi cambiamenti generano nuove preoccupazioni tra la popolazione autoctona che genera l’emersione di nuove politiche specifiche contro popolazioni migranti. Spesso queste politiche sono di sicurezza e molte volte tendono a ridurre il fenomeno alla base, inserendo diverse leggi restrittive contro la stabilizzazione della popolazione migrante. Il merito del modello ciclico presentato è certamente quello di mettere in luce alcuni fattori determinanti nei processi di stabilizzazione del fenomeno migratorio: il ruolo della famiglia e specialmente della componente minorile è fondamentale, così come l'arrivo della componente femminile.  Critiche: -Oggi si è verificato uno spostamento dalla componente tradizionale di lavoratori nel pieno delle loro potenzialità a quote sempre più numerose di migranti con prospettive e caratteristiche molto diverse motivati ad abbandonare il paese di origine per ragioni molteplici. Oggi non necessariamente le migrazioni avvengono per motivi legati al lavoro (affettive, familiari, di studio o di salute etc.) -Questo modello risulta datato e poco attento a nuove caratteristiche del fenomeno e nuove figure di migranti: le donne non arrivano sempre «dopo», ma sono spesso primomigranti, migranti autonome (caso est Europa fondamentale), oggi assistiamo ad arrivi di interi nuclei familiari e non sempre arriva prima uno poi tutti gli altri; poi ci sono migranti sempre più qualificati che raggiungono l'Europa o altri contesti occidentali. I modelli che studiavano i cicli migratori continuavano a interessarsi alle migrazioni per aspirazione,... La mobilità viene regolata in maniera diversa in base alle caratteristiche socio-demografiche degli stessi.  -Il controllo delle frontiere ha fatto emergere la nozione di regimi di mobilità (Glick Schiller e Salazar 2013) vuol dire che alcuni tipi di migranti e migrazioni sono facilitate, consentite, mentre quelle di popolazioni povere o meno abbienti di altre vengono ostacolate in diversi modi. Regimi rinvia all’esistenza di quadri normativi e sociali differenti che regolano la mobilità di alcuni soggetti. Se si è ricchi ed estremamenti qualificati non si ha lo stesso regime a cui accede il vicino povero e non qualificato.  -Sarebbe in realtà più corretto parlare di governo delle mobilità, perché sottolinea la volontà politica dietro questi regimi. -In realtà migrazioni dei meno abbienti non sono sempre ostacolate, ma vengono governate rispetto a necessità economiche ben precise: l'idea dei decreti flussi in Italia: dicono dove servono migranti poco qualificati, in quali settori della produzione e riproduzione e aprono le frontiere. -Poi importante ricordare che i migranti non provengono se non in minima parte da paesi più poveri in assoluto ma da contesti con condizioni economiche intermedie -> L'africa è il paese che a livello globale ha meno migranti proprio per questa ragione (mentre emigrano India, Cina, Russia, Messico, Brasile) -Come tutti i tentativi di governare una questione, anche in questo caso il governo della mobilità non è dato una volta per tutte, ma si tratta di un sistema di governo che è in costante rielaborazione, sia perché dipende da necessità, sia perché dipende dalle relazioni esistenti tra paesi di origine e di destinazione: pensiamo a Stati che vengono inclusi in UE, o all'esistenza di accordi bilaterali tra Stati. Queste dinamiche modificano anche il modo di governare la mobilità di alcuni migranti - Questa è la prospettiva sottolineata dai sostenitori della teoria sistemica delle migrazioni che considera le migrazioni e le loro spiegazioni come un sistema complesso di intrecci variabili (si usa termine di sistema migratorio)--> La teoria sistemica delle migrazioni inserisce il concetto di sistema migratorio, sottolineando che le migrazioni sono solo una delle componenti dei sistemi di legami che pongono in relazione paesi diversi.  Le persone emigrano da un paese verso un altro perchè tra i due già esiste una serie di legami che favoriscono e incanalano le migrazioni in quella direzione. -I processi migratori non possono essere analizzati al di fuori dei contesti socio-economici in cui si verificano -Questo approccio sistemico e complesso in realtà si discosta dalle teorie macro-sociologiche di spiegazione delle migrazioni perché tiene in conto che si migra in certi luoghi non solo per ragioni economiche, ma anche per ragioni politiche legate al contesto di destinazione (es: esistenza protezione sociale forte) e per ragioni familiari e individuali (presenza di legami più o meno forti o comunitari) L'esercito industriale di riserva importante  Spiegazioni macrosociologiche sul versante della domanda→ nota teoria è quella dell’esercito industriale di riserva→ in periodi di sviluppo in cui aumenta la domanda di lavoro, se il numero di lavoratori che si propone resta costante, il loro potere contrattuale si alza (possono richiedere salari più alti,...). Per contrastare questo rischio i datori di lavoro possono favorire l’ingresso nel mercato del lavoro di nuovi lavoratori meno organizzati, più disposti ad accettare le condizioni imposte. Ci sono occupazioni che sono sottopagate, degradanti, con orari complessi e che le persone non vogliono più fare, per questo vengono affidate ai migranti es. spazzino, svuotare camion,... Ambiti lavorativi in cui la popolazione autoctona non vuole lavorare -Fa parte di una prospettiva di analisi che analizza in particolare la domanda di migrazioni -Secondo la prospettiva marxista l'arrivo di migranti sarebbe ricercato da paesi sviluppati in un momento preciso del loro sviluppo, ovvero quando lavoratori autoctoni non accettano condizioni di sfruttamento e quando il livello di sfruttabilità dei lavoratori locali si riduce drasticamente. Quando il diritto del lavoro è forte e gli interessi dei lavoratori godono di un quadro minimo per tutelarsi dagli interessi del capitale diventa complicato sfruttarli -Secondo la Teoria dualistica del mercato del lavoro (Piore, 1979): il sistema capitalistico da un lato ha una parte della popolazione con elevata qualifica e maggiori tutele dalle fluttuazioni del mercato e una parte della popolazione che ne paga i rischi, non tutelati→ divarcazione tra la richiesta di stabilità espressa dai lavoratori in posizione di forza, e l'instabilità di molte occupazioni che restano comunque ineliminabili (es. lavoratori stagionali, lavoro domestico,...). Per avere una parte della popolazione lavorativa protetta dalle fluttuazioni del sistema economico capitalista e tutelata in termini di welfare, si sacrifica una parte della popolazione e dei lavori ineliminabili (tipo: edilizia, pulizie, agricoltura) lasciandola esposta ai problemi del sistema economico. Questo crea un sistema lavorativo duale, in cui ci sono protetti e sfruttabili (Ma siamo anche qui su una suddivisione criticabile… precarizzazione come fenomeno generale?)--> migranti sono i primi a perdere il posto di lavoro. es durante la pandemia hanno perso più facilmente il lavoro le donne e migranti che hanno difficilmente accesso a condizioni contrattuali più solide. Esercito di riserva→ bacino da cui attingere per manodopera sfruttabile (vattene pure, tanto come te ne trovo 100) Sistema duale in cui una parte deve essere per forza debole e sfruttabile -Vero è che per molti il lavoro rappresenta una parte importante di se stessi, mentre il capitale ha bisogno per riprodursi di persone caratterizzate da estremo ascetismo (Basta lavorare, non importa quale lavoro) che permette la creazione di un esercito industriale di riserva. Sempre più gente non è disposta ad accettare lavori che non rispettano le qualifiche→ idea di ambizione lavorativa sempre più presente perchè rispetto a 50 anni fa ci sono più laureati, più istruiti e c’è la pretesa che questa istruzione sempre più crescente corrisponda un ingresso al mondo del lavoro più compatibile con le nostre aspirazioni. Delle professioni necessitarie non hanno questa caratteristica dell’ambizione e quindi ci sono segmenti del mercato del lavoro che continuano ad esistere nonostante nei paesi industrializzati non ci sia propensione a svolgere questi lavori→ questo scarto delle società capitalistiche è alla base della visione duale del lavoro. Con il tempo, stabilizzandosi, gli immigrati si “normalizzano”, assorbendo stili di vita , pratiche di consumo e visioni del lavoro sempre più simili a quelli della classe operaia nativa. Teoria delle città globali→ accento posto sulla ripresa delle metropoli come nodi strategici dell’economia internazionale. Dopo il declino dell’industria manifatturiera, i grandi poli urbani si sono trasformati in sedi dei centri direzionali delle imprese che operano su scala mondiale. Attorno alle direzioni tende a concentrarsi l’apparato dei servizi ad alta qualificazione. Si determina così una polarizzazione della popolazione urbana→ crescono le componenti privilegiate e declina la classe media e, dall’altro estremo, si allargano le fasce di lavoratori manuali che servono ad assicurare la manutenzione delle strutture direzionali (custodi, pulizia,...) e nei servizi per le persone richiesti dagli strati ad alto reddito per sostenere uno stile di vita agiato (lavanderie, ristoranti, baby-sitter,..) Queste figure sono fornite in gran parte dalla nuova immigrazione, che viene attratta dalla domanda di manodopera delle economie urbane. Critiche: -individui trattati come soggetti passivi, strappati dalla loro terra e ricollocati in un contesto alieno. -non spiega perchè gli individui partano e perchè lo facciano da alcuni luoghi e non da altri. - problema della difficile integrazione nello schema del quadro normativo→ il lavoro regolare viene trasformato in lavoro irregolare. Migrare non è una cosa per tutti Comprendere chi è il migrante. importante tornare sul punto del chi migra e chi svolge questi lavori sotto sfruttamento: -Non sono i più poveri in assoluto che migrano, ma chi ha una condizione intermedia o a rischio di povertà in futuro → caratteristiche psicofisiche e socio economiche. Ci vuole un minimo di denaro per muoversi Harris nel 2000 diceva che «non ci sono prove che i migranti siano quelli più deprivati, ma ce ne sono che dimostrano che le fasce di età intermedia, con qualche soldo, ma non troppi, segue la domanda di lavoro dei paesi di destinazione» -Chi ha condizioni di salute e familiari che lo permettono: migrare, soprattutto quando i viaggi sono complessi (pensiamo a chi arriva via mare...), richiede energie e risorse che non tutti hanno -Migra chi spesso ha delle qualifiche più alte: dalla Nigeria molte volte sono quelli con una laurea (spesso in medicina) che si spostano→nel paese di origine non sempre hanno un contesto paragonabile ad altri paesi.  Al crescere della distanza geografica, e quindi dei costi e degli ostacoli da superare, le migrazioni tendono ad essere più selettive, privilegiando i soggetti più dotati di capitale umano e sociale. -Le migrazioni richiedono capacità economiche iniziali per affrontare il viaggio e i più poveri di solito fanno spostamenti a corto raggio, nei paesi limitrofi -Se pensiamo al caso africano questo è evidente. In Italia c’è sindrome da invasione di africani (Sindrome dell’assedio/da invasione→ pensare di essere invasi, non si ha corrispondenza tra dati e percezione del fenomeno), in realtà solo una percentuale minima migra in EU, troviamo molti più migranti africani all’interno delle nazioni africane piuttosto che qui...Sud Africa l’80% dei minatori viene da Zimbabwe e da paesi limitrofi. I limiti delle prospettive sociologiche macro -Certo i fattori Macro-sociologici e strutturali sono fondamentali per comprendere fenomeno migratorio MA usare la teoria dei fattori di spinta e di attrazione non basta se non si considera la dimensione delle micro scelte individuali.  -In teorie macrosociologiche il soggetto è in balia di spinte e di attrazioni, pare soggetto passivo, non sappiamo però perché proprio alcuni e non altri fanno questo viaggio e perché proprio una destinazione (non si spiega solo attraverso le dinamiche del mercato del lavoro!). I migranti prendono decisioni, hanno ambizioni. Non basta inoltre che si determini una spinta a partire perchè si verifichi uno spostamento migratorio, perchè tra l’eventuale spinta e l’ingresso in un paese straniero si frappone l’ostacolo rappresentato dalla regolamentazione degli ingressi da parte dei governi dei paesi riceventi. 17/10 Riassunto: Un tema rilevante è dato anche dalle cause delle migrazioni. Teorie Macrosociologiche delle cause migratorie→ teoria neomarxista→ dominio, esercito di riserva→ dinamica di dipendenza e dominio dei paesi più ricchi sui paesi più poveri. Cause delle migrazioni sui rapporti diseguali→ andare nelle fonti del capitale stesso che è nei paesi sviluppati. Questo movimento di popolazioni è oggi particolarmente ostacolato→ facilitata sempre di più la circolazione dei beni e non quella delle persone. Politiche restrittive per individui extraeuropei. es dei decreti flussi→ decreti emanati ogni anno dallo stato italiano per richiedere manodopera migrante su alcuni settori critici. Le migrazioni mostrano una forza implicita che spinge le persone a migrare nonostante le politiche restrittive. Non possiamo guardare le cause delle migrazioni senza considerare i fattori socio-economici. Piore→c’è un mercato primario e uno secondario altrimenti l’economia non sta in piedi.  Questa teoria adesso cambia leggermente perchè è cambiato il mercato del lavoro→ la precarizzazione oggi è più diffusa (meno garanzie in termine di durata dei contratti) perchè ci sono fluttuazioni del mercato.  La questione dell’ascetismo è fondamentale→ nelle nostre società economicamente più ricche c’è una maggiore propensione a seguire le proprie aspirazioni→ i migranti vivono una condizione di ascetismo e accettano lavori minori nonostante le qualifiche.  Questi approcci hanno delle critiche: considerano unicamente i fattori macro ma non considerano le scelte dell’individuo. I modelli macro non dicono nulla sulla scelta soggettiva che motiva le migrazioni.  Da qui si sviluppano le teorie microsociologiche delle cause migratorie. Teorie microsociologiche  -Rientrano qui tutte quelle prospettive che indagano il processo migratorio a partire da scelte individuali -Queste scelte seguono idea di massimizzazione dei profitti: quanto guadagno nel paese di origine e quanto potrei guadagnare in un altro contesto migrando? Messa a valore del proprio capitale umano: dove rende di più il «chi sono», «come sto» e «cosa saprei/potrei fare»? Il migrante guarda i massimi Qui l’accento cade sui processi mediante i quali gli immigrati costruiscono relazioni sociali composite, che connettono le loro società di origine e di insediamento, coinvolgendo quindi i non migranti e le comunità di provenienza. -In questo caso le migrazioni sono viste come forma dal basso di globalizzazione per iniziativa di persone comuni: transnazionale è il capitale, ma transnazionale è anche il fenomeno migratorio che produce effetti circolari (retroazione delle migrazioni) che riguardano tanto il paese di origine quanto quello di destinazione→ non esiste solo il capitale ma anche le reti migratorie organizzate dalle persone stesse→ producono effetti circolari, effetti retroattivi del processo migratorio→ oltre a inviare rimesse e mantenere contatti, oggi promuovono per esempio progetti di miglioramento delle condizioni di vita delle comunità di provenienza, danno vita a imprese,... -Le rimesse in questo quadro divengono sia economiche che sociali. Non si invia solo denaro, ma anche «stili di vita» altri, oppure si importano stili di vita dal paese di origine. Si instaurano rapporti commerciali nuovi, si creano gruppi di pressione politica in entrambi i luoghi per incoraggiare cambiamenti politici. Le rimesse non sono solo economiche ma anche sociali→ instauriamo legami che non avevamo prima, importiamo cultura, musica. L’effetto retroattivo è quindi economico ma non si può nascondere il carattere sociale. -In questo scenario secondo alcuni autori si sviluppano «identità culturali fluide» in cui si riflettono valori e principi di società completamente diverse (il concetto di identità rimane problematico...un identità per definizione). La condizione del migrante è influenzata da questa fluidità→ la fluidità è accompagnata da una sensazione di non più appartenenza del paese di origine. Il migrante allo stesso tempo non si sente appartenere neanche nel paese in cui è migrato. I limiti delle teorie dei network -Anche in questo caso sembra che il tema della selettività degli ingressi e delle politiche regolatorie non venga preso molto in considerazione. Circolano liberamente solo in pochi e i privilegiati, più sei povero meno sei libero.  -Le teorie dei network spiegano le ragioni di migrazioni «successive», ma non ci dicono molto sugli inizi delle migrazioni in alcuni luoghi (teorie sulla prosecuzione delle migrazioni)--> non dice niente sui primi migranti che hanno instaurato i primi network nè sullo spostamento verso nuove destinazioni. -Non chiariscono i meccanismi interni ai network, come si decide di stare, muoversi e/ o tornare al paese di origine. I network possono essere reti anche estremamente complicate es. di network negativi: gruppi religiosi estremisti, fenomeno della tratta (trafficking). La tratta si verifica attraverso un network presente per convincere migranti a partire.   -Antropologia positiva dei network di migranti, non sempre questi network hanno funzioni positive nel processo migratorio, tra le cause della migrazione c’è anche forzatura da parte di quegli stessi network (si enfatizzano valenze positive di queste reti vd. Goss e Lindquist, 1995)  Teoria delle istituzioni migratorie -Nasce con l’intento di superare i limiti delle prime teorie dei network e risponde anche ai limiti delle teorie macro sociologiche nella spiegazione dei fenomeni migratori  -Le aspirazioni individuali non bastano a spiegare la migrazione, ma nemmeno i soli fattori di attrazione, bisogna tenere assieme le due cose attraverso il concetto di Istituzioni migratorie che permettono di mediare le aspirazioni degli individui con le condizioni concrete dei luoghi di destinazione rendendo la migrazione possibile→ l’idea di aspirazione individuale non è sufficiente ma non si possono considerare neanche solo push e pull factors→ le istituzioni rappresentano un punto intermedio: le istituzioni migratorie si collocano come canalizzatori di volontà di migrare individuali che vengono mediate dalle caratteristiche dei singoli stati.             -Le istituzioni migratorie sono: imprese che assumono lavoratori da far migrare; network di parentela, amicizia, comunitari; agenzie governative; specialisti della migrazione che organizzano spostamenti. Considera come istituzioni le istituzioni del paese di origine.  Le istituzioni migratorie forniscono risorse concrete a supporto delle volontà individuali di migrare, le rendono plausibili Per esempio la volontà di migrare da parte di un individuo potrà essere intercettata e canalizzata dalle agenzie di reclutamento all’estero di paesi, agenzie o imprese interessate ad approvvigionarsi di forza lavoro. -Non sono istituzioni che si escludono l’un l’altra, anzi, spesso funzionano assieme o in sequenza, quando una non fa il suo lavoro, entrano in gioco le altre, oppure in concomitanza: partire perché reclutati da un’agenzia di lavoro, ma magari il reclutamento non va a buon fine allora le reti di parentela entrano in gioco per cercare una soluzione: Non abbiamo istituzioni che prevalgono ma funzionano come un network. Le istituzioni sono il vero soggetto razionale che compiono la scelta di fare migrare un soggetto in un luogo piuttosto che in un altro.  -Secondo quest’approccio, le istituzioni migratorie permettono di strutturare le migrazioni, di incanalare la volontà attraverso le possibilità. Queste istituzioni sono molto forti e diffuse sui territori.  LIMITI anche in questo approccio teorico: -Non fa differenziazioni tra le diverse istituzioni. Possibile mettere sullo stesso piano tutte queste istituzioni? Non siamo di fronte a soggetti dotati degli stessi potenziali di canalizzare le volontà individuali!  -Queste teorie pensano le istituzioni solo come attori dei contesti di origine, mentre non si lavora sul fronte delle istituzioni dei paesi di accoglienza. È dal rapporto tra queste istituzioni che le ragioni delle migrazioni divengono comprensibili...ma è estremamente complesso da studiare tutto questo coacervo di attori e motivazioni!  La regolazione normativa della ricerca delle cause della migrazione Tutte queste teorie non prendono in considerazioni le regolamentazioni sovranazionali→ non possiamo far finta che non esistano: da un lato le prospettive macro guardano solo le prospettive globali,le micro guardano gli individui,… Dobbiamo guardare le regolamentazioni sovranazionali.  -Negli ultimi anni molti hanno fatto tesoro dei limiti delle teorie analizzate in precedenza, dando spazio al ruolo della regolazione normativa dei processi migratori. Le regolamentazioni possono facilitare o complicare la creazione di network.  -Il ruolo degli attentati del 2001 hanno inciso profondamente sul cambiamento normativo di molti Stati che sono divenuti più restrittivi in breve tempo→ sconvolgimento globale sulla regolamentazione delle migrazioni. Altro evento: Bataclan.  -Tra ruolo delle volontà individuali/familiari/network e forza strutturali (globalizzazione/ sistema- mondo/necessità delle economie contemporanee) iniziano a considerare seriamente la regolazione statuale (livello meso-macro: non possiamo pensarlo al pari delle istituzioni migratorie, ma nemmeno come un processo di globalizzazione, è livello intermedio dotato di maggior ampiezza e complessità dei livelli micro-sociologici)  -La regolazione normativa si compone di: leggi nazionali; ideologie politiche dominanti (modi di concepire la presenza e l’arrivo di migranti nel proprio territorio); azioni governative; capacità di applicare le leggi e il controllo che spesso impongono (bisogna verificare se sia presente il controllo per attuare una norma) ; il ruolo dei sistemi giudiziari nel regolare situazioni di non rispetto del quadro normativo -Molti ritengono che ora il quadro normativo (e politico che lo sostiene) giochi il ruolo principale nella spiegazione dei fenomeni migratori. Soprattutto perché questa regolamentazione è sempre meno statale e sempre più sovranazionale  Momenti fondamentali della regolamentazione migratoria -in EU negli ultimi decenni si è rafforzata e inasprita la differenza tra cittadini EU e quelli esterni. Questo vuol dire libera circolazione per i primi e ostacoli specifici per i secondi! (ma queste regolamentazioni non sono scolpite nella pietra, pensate a quello che è successo con il Covid, che ha visto gli Stati andare contro leggi UE sulla libera circolazione, temporanea ridefinizione delle frontiere nazionali!!). Il processo di integrazione di nuovi Stati in EU non è mai fermo, ma in continua evoluzione e gli statuti di integrazione non sono univoci, ne esistono diversi. Alcuni non prevedono la libera circolazione, altri si (Gli agreement sono parziali annessioni allo spazio EU ma solo in termini economici, senza includere tema mobilità e circolazione libera) -Alcune migrazioni, soprattutto se basate su elevate qualifiche dei migranti, sono state agevolate (USA, Australia, Canada)mentre le altre fortemente contrastate (i messicani in USA non sono certo i benvenuti!), questo incoraggia certi a partire e altri a lasciar stare l’idea di migrare→ skilled migrations (carta blu). -Alcune normative nate come temporanee si sono stabilizzate nel tempo, rendendo più stabili alcuni tipi di migrazione: pensiamo a normative per lavoratori stagionali! -Annualmente in alcuni contesti vengono aperte specifiche finestre per i flussi migratori, in modo da poter far confluire le domande dei migranti con le necessità del sistema produttivo di accoglienza   -Alcuni contesti del sud Europa si sono visti divenire meta delle migrazioni, proprio perché alcuni Stati del nord per evitare ulteriori arrivi sono diventati molto chiusi e capaci di grande controllo. Diversamente al Sud Europa essendoci una minor preparazione e un’incapacità maggiore di controllare il fenomeno è diventato criterio per migrare verso quelle destinazioni.  -La presenza di sistemi normativi in cui spesso si verificano fasi di Sanatoria secondo alcuni può avere un effetto secondario sulla scelta di migrare verso alcuni luoghi e non altri causate dalle falle nel sistema di regolamentazione. Italia come paese delle sanatorie. I provvedimenti sanatoria generano l’idea che una volta entrati in un paese sviluppato, in un modo o nell’altro, sarà possibile in seguito regolarizzare il proprio status giuridico. -Inoltre anche il modello di integrazione proposto dai singoli stati incide sulla scelta della migrazione: se non si vuole essere totalmente assimilati non si andrà in Stati a carattere assimilazionista Ma… ...Le regolazioni normativo-politiche per quanto fondamentali bastano a spiegare le ragioni delle migrazioni? La regolazione normativa filtra, seleziona, ostacola processi migratori che sono iniziati per altre ragioni; tanto che quando manca la possibilità di un ingresso legale, molti aspiranti migranti cercano ingressi secondari, utilizzando altri canali, e se non trovano nemmeno questi tentano di insediarsi in maniera irregolare. In gran parte ci possono fornire elementi per comprendere alcune scelte, ma in sé non sembrano in grado di spiegarci le ragioni delle migrazioni. Bene riconoscerne la rilevanza ma non è possibile definirla come causa! La regolazione nazionale dei movimenti migratori è una variabile influente nel mediare tra aspirazioni e concrete possibilità di insediamento. I suoi effetti sono però tutt’altro che lineari e prevedibili es. crescita dell’immigrazione irregolare. L’approccio multicausale Ebbene sì...dopo tutto non basta una sola spiegazione per spiegare un fenomeno come le migrazioni! Bisogna diffidare da chi dice che c’è una sola causa del fenomeno migratorio, in realtà è nell’intreccio tra tutto quello che abbiamo detto oggi che le migrazioni assumono il loro senso. Lo stesso individuo migra sia per ragioni individuali che all’interno di processi strutturali più ampi, con o senza l'aiuto di network e istituzioni migratorie, tenendo conto molto o solo in parte del quadro normativo e dei caratteri sociali del  paese di accoglienza (pensiamo ad una migrazione verso un paese come il Qatar per una persona con abitudini completamente inconcepibili per quella società...puoi anche avere un salario incredibile, una facilità ad entrarci ma non è detto che ti vada di vivere in un sistema di quel tipo!). L’enfasi oggi è posta sui migranti come agenti attivi: interazione tra struttura socio-economica, strategie familiari e decisioni individuali. 18/10 Migranti e mercato del lavoro Rapporto tra migrazioni e mercato del lavoro. La maggioranza delle persone migra per motivazioni legate al mercato del lavoro. Non è più una migrazione di migranti a bassa qualifica ma ora si hanno anche migrazioni ad alta qualifica.  Come si integrano i migranti nel mercato del lavoro? l’obiettivo è quello di capire le tendenze generali e capire come queste si modificano nel tempo. Non abbiamo un modo univoco di inserirci nel mercato del lavoro. -È importante sottolineare che questa condizione di svantaggio strutturale che caratterizza il rapporto tra migranti e lavoro il più delle volte non riguarda i primomigranti, ma coinvolge anche le 2 generazioni, in alcuni casi anche le generazioni successive. Gli studi sociologici hanno mostrato che lo svantaggio nel sistema produttivo continua anche nelle generazioni successive→ la condizione del migrante si proietta anche su chi la migrazione non l’ha mai fatta. Essere un migrante nero di seconda generazione non è la stessa cosa di essere un migrante di seconda generazione bianco.  -Le pratiche discriminatorie delle società riceventi sono dure a morire e colpiscono costantemente i migranti. Gli Stati di fronte a questo sfruttamento che si riproduce nel tempo, non fanno nulla o farebbero poco per sradicarlo, almeno secondo gli autori strutturalisti. Nuova sociologia economica Polanyi ha proposto l’idea di una costruzione sociale dei processi economici. Rimette in discussione le prospettive precedenti e mette come presupposto che ci sia una sempre maggiore eterogeneità delle figure migranti che caratterizzano il sistema contemporaneo delle migrazioni.  -i fenomeni contemporanei hanno messo in discussione le prospettive precedenti (assimilazionista e strutturalista). Non abbiamo migranti sempre uguali→ Le migrazioni stanno cambiando e le caratteristiche dei migranti anche  -Anzitutto arrivano migranti sempre più istruiti e qualificati che rende l’idea di svantaggio come condizione intrinseca del lavoratore migrante in parte falsa = diversificazione delle migrazioni e non più solo basse qualifiche. Motivo di falsificazione delle teorie marxiste e assimilazioniste. -In secondo luogo si assiste a un maggior protagonismo dei migranti nel mercato del lavoro = numero crescente di migranti come lavoratori autonomi (lo svantaggio strutturale si riduce) -Rapporti e reti sociali entrano in gioco sempre più nei processi di collocamento lavorativo dei migranti (non si è solo davanti a integrazione individuale) -Migranti sempre più datori di lavoro da cui dipendono altri migranti e questo può cambiare le regole del gioco e la loro condizione...oppure no! Se sei migrante e ti inserisci in network di lavori più qualificati non è la stessa cosa di un migrante che arriva senza conoscere network. L’integrazione dei migranti non è una questione individuale.  es. della questione dei migranti provenienti dal contesto asiatico che grazie al loro network entrano in contesti autonomi come negozietti etnici. Questo segmento del lavoro autonomo è in crescita costante→ permettono di sfuggire al sistema lavorativo nel quale sarebbero più sfruttati, precari e pagati meno. Differenze di classi del paese di origine→ contesti con ancora divisione in caste→ questo si riverbera nelle condizioni–> se vieni da una casta bassa non sarai messo all’interno del lavoro autonomo. I migranti con attività autonome vengono da caste medio-alte.  I migranti stanno meglio perchè vanno sempre più per il lavoro autonomo: migranti capi di altri migranti. Bisogna calcolare che è sempre un rapporto capo- dipendente→ si riscontrano gli stessi problemi che troviamo nel mercato del lavoro normale.  Il capitale sociale, accreditamento e fiducia: Chi è conosciuto e gode di una buona reputazione avrà più probabilità di essere assunto o di ottenere credito, se desidera avviare un'attività.  Le migrazioni nei sistemi produttivi contemporanei -La migrazione extra EU, anche a causa delle nuove convenzioni internazionali, si è diretta in modo sempre più massiccio sul Sud Europa rispetto ai decenni precedenti alle regolamentazioni più ferree. Questi fenomeni migratori verso il Sud Europa hanno delle peculiarità: -Diversità maggiore dei paesi di origine -Forte caratterizzazione di genere (senegal e nord africa quasi sempre uomini, Filippine, Ucraina, Moldavia, Sud America sempre donne). Quando pensiamo ai contesti dell’est europa pensiamo ai lavori di cura, la stessa cosa per il sud america (Anche se un po’ più qualificato) -Forte incidenza di soggiorni irregolari (per effetto di norme restrittive che di fatto non vanno di pari passo con le necessità di manodopera= lavori ma sei irregolare). Se sei un migrante senza documenti non puoi accedere a tutti i segmenti lavorativi. Da dove vengono molti dei lavoratori che fanno i rider? sono migranti perchè non richiedono contratti regolari (soprattutto agli inizi). Ci sono lavori in cui l’inserimento nonostante l’assenza di documenti è possibile. -Concentrazione in occupazioni dette delle «5 P»  pesanti, pericolose, precarie, poco pagate, penalizzanti. Si collocano in un sistema nel quale tendenzialmente nessuno si vuole collocare. Molti dei lavori con queste caratteristiche sono svolti principalmente da migranti. Svolto anche in orari pesanti, non solo pesante fisicamente. I trasporti che iniziano alle 5 del mattino sono popolati prevalentemente da lavoratori migranti che fanno i cosiddetti lavori invisibili (pulizie, spazzini..). Ci sono poi lavori effettivamente pesanti come l’edilizia, l’agricoltura, settore della logistica. Pugliese ha parlato di un modello mediterraneo di immigrazione:  -il lavoro in italia assume connotazioni diverse a seconda dei contesti locali -Le comparazioni con migrazioni nel Nord Europa non sono da compiere con leggerezza. Periodi migratori diversi e evidenti discrepanze socio-economiche tra i paesi. Caratteristiche che si trovano prevalentemente nei contesti sud europei: non comparare le caratteristiche del mercato del lavoro e il lavoro migrante tra sud europa e nord europa.  Confronto sviluppo industriale e lavoro migrante Mercato del lavoro oggi rispetto al periodo post-bellico -in precedenza c’era una maggiore presenza delle occupazioni regolari dei migranti. Ora abbiamo contesti lavorativi con un maggior grado di informalizzazione del lavoro (più facile trovare lavoro senza documenti).  -l’idea della temporaneità della presenza migrante è svanita- permanenza diversificata→ prevalenza di migrazioni più stabili ma a questo corrisponde una diversificazione delle forme contrattuali (lavori stagionali,..--> lavoro precario) -più sfuggente -dai contorni meno definiti -mix autonomo e dipendente -Contratti + differenziati -più orientato ai servizi: lavori svolti all’ombra per la funzione dei servizi es. pulizie negli uffici Trasformazioni generali del mercato del lavoro nel sud europa Come si è evoluto il mercato del lavoro in Sud Europa è un fattore cruciale per comprendere i caratteri delle migrazioni contemporanee. -Terziarizzazione, Flessibilizzazione e informalizzazione dei mercati del lavoro (in italia molto presente→ lavoro senza contratto) sono cambiamenti globali che hanno impatti particolari in ogni contesto. Nel Sud Europa questi cambiamenti si sono sovrapposti e mescolati a caratteri tradizionali del mercato del lavoro: -Estesa presenza di lavoro autonomo -Forte presenza di PMI (piccole medie imprese) ovunque  -Economia sommersa -Ruolo forte dell’agricoltura mediterranea -Forte presenza di servizi stagionali (alberghi etc.) legati a turismo Per questo Pugliese (2002) parla di un Modello mediterraneo di migrazione , per sottolineare come fenomeno migratorio si incardina nel sistema produttivo locale dotato di caratteri specifici. Un’apertura diseguale al mercato del lavoro I migranti sul territorio da decenni che hanno la cittadinanza si collocano in segmenti meglio retribuiti del mercato del lavoro ma continuano a non poter aver accesso a tutti gli ambiti lavorativi→ barriere sociali non solo amministrative come razzismo, processi di etichettamento che non rendono la vita facile ai migranti.  Mentre nel passato i deficit di forza lavoro nel’italia settentrionale erano compensati dalle migrazioni interne, provenienti specialmenti dalle regioni del mezzogiorno, la scarsità di prospettive di carriera, le perdite in termini di relazioni sociali e la qualità della vita rendono poco attraente una scelta del genere. La traiettoria lavorativa immaginata e reale: dalla U alla L -I migranti si immaginano spesso una traiettoria lavorativa ad U dove da una situazione di media-alta qualifica nel paese di origine, arrivano a destinazione dove vengono messi a lavorare nei settori meno qualificati e più gravosi, ma credono nella possibilità di risalita a lavori più qualificati. Questo ottimismo ricorda la scuola di Chicago→ la narrazione trova un'eco nella scuola ecologica in cui si può passare da venditore ambulante a professional. -In realtà siamo piuttosto di fronte a modello a L in cui ad una discesa della qualifica con la migrazione in un nuovo contesto, non fa seguito una risalita successiva a lavori più qualificati e qualificanti. Non si riesce a compiere il balzo che migliora la condizione→ si tratta di una condizione che colpisce parte della popolazione migrante, difficilmente si risale da un fenomeno di squalifica.  In altri contesti la traiettoria a L non è come quella in italia e offrono possibilità maggiori di modificare le proprie condizioni. -I segni di miglioramento delle traiettorie lavorative sono ancora oggi molto, molto circoscritti (Perotti, 2008; Colasanto e Marcaletti 2009) Più precisamente nel caso italiano gli immigrati dispongono di più capitale umano di quello che viene richiesto dai posti che trovano, giacchè le loro credenziali educative stentano molto a trovare riconoscimento e valorizzazione. Per una donna migrata è quasi irrilevante il possesso di un titolo di studio o di un’esperienza professionale pregressa. Modelli di impiego della forza lavoro migrante I dati sull’impiego della forza lavoro migrante disaggregati a livello provinciale sono migliorati nel tempo e ora possiamo individuare chiaramente dei Modelli territoriali di impiego di lavoratori migranti. Sono 4 i modelli territoriali chiaramente identificabili: 1° Il modello dell’industria diffusa: lavoro di operaio stabile ma anche servizi svolti all’interno delle imprese e lavori di cura degli spazi 2° Il modello Metropolitano: lavori di cura, collaboratrici domestiche, edilizia, pulizia 3° Il modello delle attività stagionali al SUD: attività di tipo agricolo ed estivo 4° Il modello delle attività stagionali al NORD: attività stagionali agricole ma anche attività turistiche. Servizi domestici di cura.  Le tipologie di migranti coinvolti cambia leggermente: nel sud migranti maschi tendenzialmente irregolari maggiore rispetto al modello delle economie metropolitane dove si ha ancora una forte componente femminile. Nell’industria diffusa si hanno migranti meno qualificati e una presenza di donne sempre più elevata che vogliono andare sempre meno verso lavori di cura per lavori tipicamente associati agli uomini. Nell’industria diffusa c’è meno lavoro regolare tranne in alcuni settori come il settore edile.  Nelle attività stagionali del nord il lavoro irregolare è più basso del sud. Migranti e crisi economiche  Il fenomeno della migrazione è stato influenzato dalle crisi economiche. -lI 38% dei migranti (dato pre- pandemia) in italia vivono in condizioni di povertà relativa (quindi non assoluta). Gli immigrati spinti da difficoltà hanno accentuato la disponibilità nei confronti delle condizioni di impiego offerte.  -La povertà relativa è un parametro statistico che esprime le difficoltà economiche nella fruizione di beni e servizi, riferita a persone o ad aree geografiche, in rapporto al livello economico medio di vita dell'ambiente o della nazione-> povertà relativa consiste in un parametro statistico per evidenziare le difficoltà nell’accedere a beni e servizi in rapporto al livello economico medio della nazione→ si basa sul reddito medio per abitante. Considera povera una famiglia di due persone con un reddito inferiore alla nazione, che non concede uno standard di vita accettabile, ma consente di accedere ai servizi minimi. Da aumentare la percentuale con la pandemia perchè ha aumentato la povertà relativa e la povertà assoluta→ ci sono molti più poveri assoluti il che vuol dire che le code per gli alimenti di base sono aumentate perchè la gente è assolutamente più povera.  N.B Questo livello è individuato attraverso il consumo pro-capite o il reddito medio, ovvero il valore medio del reddito per abitante, quindi, la quantità di denaro di cui ogni cittadino può disporre in media ogni anno e fa riferimento a una soglia convenzionale adottata internazionalmente che considera povera una famiglia di due persone adulte con un consumo inferiore a quello medio pro-capite nazionale. Questo tipo di povertà si distingue dal parametro di povertà assoluta, che indica invece "l'incapacità di acquisire i beni e i servizi, necessari a raggiungere uno standard di vita minimo accettabile nel contesto di appartenenza» -Le crisi economiche degli ultimi anni hanno colpito pesantemente i migranti, essendo impiegati in settori poco qualificati e con minori protezioni sociali e lavorative.  -Per questo hanno messo in campo forme di resistenza abbastanza rilevanti: cambio lavoro, accettazione di qualunque tipo di lavoro La mobilità comporta spesso una divisione delle famiglie: specialmente il padre trova lavoro lontano da casa e parte. La precarietà del lavoro e l’incertezza verso il futuro scoraggiano il trasferimento dell’intera famiglia. -Fenomeno delle seconde migrazioni sono una risposta in crescita da parte dei migranti che vivono periodi di crisi lavorativa. Dall’italia migrano altrove per trovare nuove opportunità: ricomposizione delle strategie familiari (cambia anche il sistema delle rimesse) perchè capiscono che non è un paese che può creare garanzie. Ci sono interi paesi di provenienza che non migrano più in italia→ chi arriva lo fa perché è obbligato perchè il processo migratorio punta a portare in luoghi con rapporto costi- benefici più positivo.  -Investimento sul lavoro delle donne migranti perché il lavoro di cura, in cui sono spesso impiegate, è più stabile e risente meno delle crisi e fluttuazioni del mercato.  -Si scardinano ruoli che si pensavano come radicati. La donna diventa perno di molte famiglie di migranti e gli uomini espulsi dal mercato del lavoro divengono perni della vita familiare: cura dei figli e della casa. La popolazione migrante maschile è stata più colpita della parte femminile perchè la parte della cura è stata un lavoro essenziale durante la pandemia. Migranti e mercato del lavoro sommerso (irregolare) Economia sommersa come attività capaci di generare reddito ma non regolate dalle istituzioni della società. -Nonostante i grandi progressi economici, tutte le nazioni, europee e non, vedono una presenza di lavoro irregolare (o sommerso).  -L’irregolarità non è un tema lineare, riguarda aspetti anche molto diversi del lavoro:  1. Irregolarità relative allo status dei lavoratori (ricorso migranti irregolari per lavoro senza documenti)→ settori che si avvalgono di manodopera di soggetti senza documenti 2. irregolarità relative alle condizioni di lavoro (sicurezza e igiene): tema della sicurezza ma anche igiene sul lavoro 3. irregolarità relative alla gestione delle attività lavorative (frode sistemica): lavori illegali che non dovrebbero esistere.  Si tratta di un fenomeno universale perché diffuso ovunque ed eterogeneo, la cui crescita e diffusione è evidente dai dati sul lavoro sommerso Certo in alcuni contesti è più radicato, come in Italia, dove anche prima dell’arrivo dei migranti nel mercato del lavoro, il sommerso ha sempre rappresentato un mercato del lavoro importante. Laddove c’è maggior scarsità di risorse ovviamente il sommerso prospera. I migranti vivono condizioni di maggior disponibilità al lavoro che coincide con interessi dei datori di lavoro che praticano economie sommerse: hanno bisogno di salari subito, per i documenti e per sopravvivere e sono disponibili anche a lavori irregolari in molti casi.  economici immigrati sarebbero sempre più minacciate dall’estensione della distribuzione moderna. In aree di pressione come quello della ristorazione, l’affollamento aumenta le pressioni competitive e l’alternativa sembra essere fra la chiusura e il ricorso al lavoro nero. -Una lettura più positiva vede l’ipotesi della mobilità bloccata→ gli immigrati tenderebbero al lavoro indipendente perchè il lavoro dipendente non riesce ad avanzare in misura corrispondente alle loro credenziali educative, capacità e aspirazioni. -Un’altra interpretazione è quella delle middleman minorities→ gruppi etnici che hanno storicamente riscoperto il ruolo di minoranze di intermediari tra produttore e consumatore, proprietario e affittuario,... L’impresa middleman è solitamente labour intensive, ma nello stesso tempo capace di tagliare il costo del lavoro attraverso una gestione paternalistica, in molti casi a base familiare, dei rapporti con i dipendenti, che non sempre vengono retribuiti in termini contrattualmente corretti, ma sono agevolati in altro modo, sia a trovare sistemazione, sia nel realizzare il salto verso un’attività indipendente. -Interpretazione della teoria delle risorse→ alcuni migranti pur essendo carenti di risorse di classe hanno sviluppato tassi di imprenditorialità più elevati della media perchè  hanno potuto disporre di risorse , di cui la popolazione nativa mancava: appunto le risorse etniche collettive. Il versante della domanda e i tentativi di integrazione Le economie urbane, oltre ad avere bisogno di lavoratori salariati, necessitano di operatori in grado di organizzare il lavoro e produrre in maniera efficiente i servizi richiesti. La manutenzione dell'infrastruttura urbana richiede infatti una sufficiente dotazione di imprese che assicurino servizi come le pulizie, le disinfestazioni, la custodia,...ma anche ristoranti, parrucchieri,... La penetrazione degli immigrati in questi ambiti, non solo come salariati ma anche come lavoratori autonomi, è favorita poi dalla diminuzione di offerta imprenditoriale da parte dei nativi, attratti da occupazioni più sicure, gratificanti e socialmente considerate. Tripartizione delle economie metropolitane: -area centrale: lavoratori e proprietari provengono per lo più dalla maggioranza nativa -semiperiferia di economie etniche promosse da gruppi specifici di immigrati, nei settori produttivi lasciati dai nativi -una periferia in cui altri gruppi etnici, i più deboli o nuovi arrivati, competono alla ricerca di occupazioni dipendenti. I costi dell’intraprendenza Diverse analisi hanno approfondito gli aspetti problematici del fenomeno dell’imprenditorialità degli immigrati: -mentre l’avvio di attività nelle società riceventi resta largamente maschile, la manodopera familiare non retribuita o sottopagata, sottoposta a ritmi e condizioni di lavoro sacrificati è molto spesso femminile. -settori labour intensive come l’abbigliamento: lavoro a domicilio illegale, impegno di lavoratori irregolari, condizioni di lavoro malsane, utilizzo di minori,... -vita di duro lavoro cui i lavoratori autonomi immigrati stessi si sottopongono→ autosfruttamento→ vita di sacrifici, povera di interessi e di soddisfazioni extra lavorative. -L’intraprendenza dei migranti implica poi costi per la società più ampia→ trascina verso il basso, per reggere la concorrenza, anche altre imprese. Il caso italiano -Importanza del lavoro autonomo in italia→ il nostro sistema economico- produttivo necessita di fornitori indipendenti di beni e servizi inseriti nei contesti locali. Per contro il robusto insediamento di tanti operatori italiani nel settore rappresenta in alcuni casi una barriera all’ingresso di lavoratori autonomi stranieri es. taxisti in italia sono per lo più italiani. -La cornice legislativa ha liberalizzato la possibilità di avviare ditte individuali e imprese cooperative, aprendo le porte a una crescita sostenuta alle attività autonome. -Sempre più si allargherà il mercato dei potenziali acquirenti di prodotti e servizi etnici→ formazione di mercati etnici. -mobilità bloccata (già spiegato sopra) Tipologie di imprenditorialità immigrata -Imprese tipicamente etniche: rispondono alle esigenze di una comunità immigrata ormai sufficientemente installata nel territorio. -impresa intermediaria: offre alla popolazione immigrata prodotti e soprattutto servizi non tipicamente etnici ma che necessitano di essere mediati. es. traduzioni, consulenza legale, assistenza nelle pratiche burocratiche -imprese esotiche:offrono prodotti derivanti dalle tradizioni culturali a un pubblico di consumatori eterogeneo.  -impresa convenzionale:tende a non esibire tendenze etniche e a competere sui mercati concorrenziali -impresa-rifugio: imprese marginali di diversi settori. Immigrati e lavoro autonomo:un fenomeno che scompagina gli schemi Vi è la necessità di considerare congiuntamente domanda, offerta e condizioni istituzionali per comprendere lo sviluppo di attività indipendenti nelle popolazioni immigrate. Il settore dei servizi di tipo tradizionale e i grandi contesti urbani appaiono negli ambienti più favorevoli allo sviluppo di tali esperienze, sebbene sia ancora molto aperto il dibattito relativo alle relazioni con l’offerta imprenditoriale autoctona e con le società locali. É possibile inoltre sottolineare che il passaggio al lavoro autonomo non necessariamente avviene nell’ambito della comunità: il ricorso alle risorse garantite dal gruppo di appartenenza avviene in misura variabile Va precisato che le ricerche sul caso italiano rilevano che la maggioranza degli immigrati che aprono attività autonome dispongono di una consistente anzianità di soggiorno, hanno accumulato esperienza personale, conoscono l’italiano. Donne migranti e famiglie transnazionali Si ristrutturano i ruoli anche per il fatto che le donne entrano nel mercato del lavoro e si ricostruiscono le dinamiche patriarcali. -Negli studi sociologici sulle migrazioni storicamente vi è sempre stata un’attenzione specifica sui migranti uomini -Le donne migranti erano sempre state considerate come «migranti al seguito», in ricongiungimento, legate ad un primo migrante maschile, ma mai considerate come migranti in quanto tali -Oggi è evidente come di fatto le donne siano protagoniste in prima linea del fenomeno migratorio e che non sono sempre legate a migrazioni maschili che le precedono → donne primomigranti che portano avanti economie familiari  -Questi processi migratori femminili trasformano anche le composizioni familiari, creando famiglie separate, unioni miste etc. Le donne assumono la responsabilità di bread winner, procurando risorse economiche per provvedere alle necessità della propria famiglia. Prospettiva di genere -Sono state soprattutto delle studiose di processi migratori a contribuire all’affermazione di una prospettiva di genere negli studi sulle migrazioni. Questo non vuol dire che gli studiosi uomini non se ne interessano ma è diventata rilevante grazie alle studiose donne. -Hanno posto l’accento non solo sulla femminilizzazione recente delle migrazioni ma anche sul radicamento storico delle migrazioni femminili, che esistono da diversi decenni-> andare a ritroso e costruire il processo di migrazione da un punto di vista femminile. -Un punto di riferimento importante in questi studi di genere delle migrazioni è stato un articolo degli anni ‘80 «Birds of passage are also women» (riprendendo titolo di un contributo di Piore del 79). Qui si faceva notare che le donne migranti erano già da tempo specializzate in specifici lavori, spesso di cura, pulizie e care givers. Inoltre le donne rappresentavano manodopera immediatamente disponibile, perché solo in misura minore impiegate nel mercato del lavoro→ fase ancora di inserimento e c’era un possibilità di manodopera maggiore oltre al fatto che la lettura patriarcale di cosa una donna dovesse fare spingeva le donne in alcuni settori rispetto ad altri. Processo di essenzializzazione: ridotte le caratteristiche delle donne a doti innate (guardiane del focolare). Sulla discriminazione Questo crescente inserimento nel mercato del lavoro salariato era visto come fonte di guadagni e perdite, di sfruttamento ma anche di indipendenza, di rispetto e consapevolezza di poter cambiare la propria condizione. -Gli studi principali che hanno animato questo filone di ricerca si sono concentrati sul tema delle discriminazioni subite dalle donne migranti -SI parla in questo caso di una doppia discriminazione: in quanto donne e in quanto migranti (Brettel e Simon 1986) = agli stereotipi di genere sono sommati degli stereotipi etnici che svalorizzano la figura della migrante donna.  -A questa doppia discriminazione bisogna sommarne una terza, trasversale, che si definisce come discriminazione di classe→ se la donna è povera viene discriminata in quanto povera. -Campani (2003) ha definito la triade etnia, genere, classe come congiuntura chiave per comprendere come vengono definite le donne migranti nelle società riceventi. -Ovviamente le discriminazioni sulla base della provenienza non sono omogenee e cambiano nel tempo: una donna albanese, polacca, moldava, congolese hanno esperienze di discriminazione nell’accesso al lavoro diverse. -Questo accade perché gli stereotipi investono con intensità diverse le donne a seconda di dove vengono e di come la società ricevente concepisce e stigmatizza alcuni luoghi di provenienza → ci sono delle graduatorie e gerarchie date dalle «preferenze etniche» socialmente costruite (che cambiano). Sulla discriminazione di classe.. -Mentre la discriminazione di genere e etnica si basa su elementi «visibili» della migrante, la discriminazione di classe è una sorta di esito di queste prime due forme di discriminazione: elemento che si deduce dalle prime due forme di discriminazione→ se sei nera e migrante sei autonaticamente povera. -Anche se la donna migrante è della classe media e ben istruita nel paese di origine, il processo migratorio comprime verso il basso la sua classe di appartenenza e la forza a rimanere nelle classi più basse della gerarchia sociale. Processo di squalifica totale che può giustificare un collocamento dei migranti nel gradino più basso della scala sociale. -Le caratteristiche etniche e il fatto che siano donne, rende la fuoriuscita da queste classi basse praticamente impossibile, perché vengono costantemente riposizionate laddove debbono stare. Questo vale per le primo migranti (non necessariamente si verificano le stesse condizioni per le generazioni successive). Ovviamente il colore della pelle cambia radicalmente le possibilità (misere) di fuoriuscita da questa schiacciamento verso il basso. Il lavoro di cura: profili e compiti richiesti -L’importazione di accudimento (Hochschild, 2004) da paesi poveri a quelli ricchi è un fenomeno la cui portata è globale -La divisione dei ruoli di genere, quindi l’organizzazione patriarcale delle società, nonché il fatto che alla donna spetti il ruolo della cura è un processo anch'esso globale → il patriarcato riguarda tutte le figure femminili, è transnazionale. Tre C→ cooking, caring, cleaning. -Nella ricerca sociologica italiana, l’adozione di manodopera migrante in questo settore è stata molto studiata  -La figura della donna migrante sconta un paradosso: da un lato rispetto ai migranti uomini suscita meno timori, trova lavoro più rapidamente e incontra meno difficoltà sul versante abitativo, al contempo le donne migranti sono bloccate nella nicchia del lavoro di assistenza e la mobilità lavorativa è ancora più ridotta di quella degli uomini migranti.  -L’adozione di donne migranti come lavoratrici della cura, inoltre, rispecchia in parte il modello familistico del welfare di una parte degli Stati Europei, ovvero in cui l’assistenza alla persona si fonda sulla famiglia e meno sui servizi pubblici 4-Nel mercato del lavoro, non sempre le donne immigrate sono penalizzate rispetto ai loro partner 5-svolgono funzioni di mediazione culturale, soprattutto sotto il profilo della conservazione di abitudini e rituali. 6-le donne migranti sono viste come tessitrici di rapporti e promotrici di processi di integrazione. 7-Al di fuori della loro comunità di origine forgiano una loro comunità politica, collegata con un network denominato respect e lottano per l’uguaglianza delle opportunità. Le famiglie in emigrazione: oltre gli stereotipi (non fatto in classe) La famiglia rappresenta un fattore di normalizzazione delle condizioni di vita dei migranti, che attraverso la formazione o la ricostituzione di una compagine familiare accrescono i rapporti con le istituzioni e con la società locale e assumono pratiche sociali e stili di vita più simili a quelli della popolazione autoctona con le stesse condizioni sociali e biografiche. Le famiglie migranti sono state viste alternativamente come unità coese, portatrici di valori  normativi e pratiche sociali tradizionali. La famiglia immigrata è quindi stata vista come un luogo in cui si realizza un’interazione dinamica tra dimensioni strutturali, aspetti culturali e scelte soggettive, e prende forma di un’elaborazione culturale creativa.Le famiglie transnazionali -Abbiamo visto come siano sempre più presenti le donne primomigranti nel mercato del lavoro (care workers in particolare) -Trattandosi di primomigranti vuol dire che sono le prime e spesso le sole della famiglia a migrare in altri paesi -Queste migranti hanno costretto gli studiosi a indagare un fenomeno fino agli ultimi decenni assolutamente invisibile alla ricerca sociologica: la presenza di famiglie transnazionali. Donne migranti sole nel paese di destinazione MA Madri nel paese di origine, con Padri/nonni/zii che curano i figli -Sono quindi famiglie separate in nazioni diverse e in condizioni giuridiche diverse. Famiglie transnazionali→ famiglie la cui unità si costituisce nonostante la presenza di familiari in altre nazioni. Sono transnazionali le famiglie in cui uno dei membri è in un paese diverso da quello di origine e la famiglia abita nel paese di origine. Indagare sulla separazione della famiglia in stati diversi e processi di ricongiungimento e abbattimento delle barriere. Questo tipo di migrazioni ha fatto ripensare ai rapporti di cura delle famiglie migranti→ alcuni ruoli sono caduti e si sono dovuti instaurare nuovi rapporti all’interno della famiglia. In alcuni casi sono le figure maschili a diventare le figure di riferimento per la cura della famiglia. -Quando le donne migranti sono in condizione di irregolarità, inoltre, il ricongiungimento avviene dopo molti anni di permanenza in un altro paese -Spesso questa situazione spinge inevitabilmente a ripensare completamente i ruoli familiari, in particolare quello degli uomini che rimangono con i figli La dislocazione delle relazioni affettive -La specificità di questi nuclei familiari transnazionali secondo alcuni autori (Perrenas, 2001) ha importanti conseguenze sulla costruzione e sul mantenimento di un’affettività e del legame familiare (questo varia anche al variare dell’età dei figli al momento della migrazione delle madri). Le relazioni affettive sono situate lontano dalla persona che migra. I tempi di permanenza giocano un ruolo fondamentale nella caratterizzazione di queste famiglie. -C’è quello che Perrenas chiama «dolore della genitorialità transnazionale» ovvero l’ansia, i sensi di colpa e la solitudine che le madri vivono lontane dai figli che hanno visto per poco, con cui non passano la loro quotidianità. Ma la loro sopravvivenza dipende dal progetto migratorio e dalle entrate economiche ottenute a seguito della migrazione, quindi rientrare non è possibile se non per brevissimi periodi. Di fatto è proprio l’amore per la propria famiglia la causa principale che spinge alla migrazione e il fattore che provoca le più grandi sofferenze affettive in chi parte e in chi resta. Dolore associato al processo migratorio→ dolore tanto più forte quanto è forte la rilevanza del progetto migratorio–> spesso fatto per la sopravvivenza della famiglia attraverso le rimesse. Dimensione affettiva forte che giustifica il processo migratorio ma allo stesso tempo provoca una frattura permanente che si sana solo con il ricongiungimento familiare. L’amore per i figli si traduce nell’allontanarsi da loro e nel cercare di guadagnare il più possibile per loro. -Di fatto si genera il paradosso che la sicurezza finanziaria garantita dalla donna migrante crei e faccia proliferare importanti forme di insicurezza affettiva nei figli (non bastano i beni materiali per colmare la sofferenza della distanza!).  Questa insicurezza tende ad essere colmata con azioni concrete es regali per colmare la distanza genitori-figli. Lo sconvolgimento del ruolo di genere -L’emigrazione delle donne e madri crea inoltre un’impossibilità di riprodurre i ruoli di genere tradizionali e spesso molto ancorati nelle società di origine (e non solo), non possono quindi dispensare la cura e fare da garanti dei legami familiari, prendersi cura dell'uomo e dei figli, della casa e della famiglia più allargata (Aranda, 2003).  -Al contempo nei paesi di destinazione assumono il ruolo di genere di cui si liberano le donne che richiedono le loro prestazioni lavorative. Si presenta nella materialità della vita delle donne migranti un’inversione dei ruoli di genere. Si creano anche famiglie allargate→ le migranti partono costruendo una rete di persone che si occupino della famiglia es. non solo il padre ma anche le zie, le sorelle,.... La figura femmile che lascia il nucleo familiare è stata oggetto di stigmatizzazioni sociali. Orfani sociali o euro-orfani Discorso anti migratorio portato dai paesi di origine→ se la donna migra crea un processo di emancipazione e scombussola ruoli di genere→ paesi con forte composizione conservatrice (Es. ucraina, est europa)--> campagna anti migratoria che riguardava soprattutto donne migranti con discorsi problematici→ non volevano la donna lavorasse e si allontanasse→ concetto di orfani sociali -La condizione delle famiglie transnazionali e in particolare la separazione madri-figli negli ultimi anni ha creato una propaganda anti-migratoria portata avanti nei paesi di origine, per contrastare la migrazione femminile -Questa propaganda si basa sul fatto che queste madri creino una generazione di figli soli, abbandonati a loro stessi, privi dell’amore materno e delle cure necessarie. La donna sostanzialmente viene a meno dal suo ruolo di cura e i figli si sentono persi→ non sono presenti dati, non viene tenuto conto il lavoro preparatorio del progetto migratorio delle donne migranti come se partissero da un giorno all’altro. Discorso della migrazione sul piano politico→ ci si appoggia dell’idea che si ha della donna nella società. es. in Polonia ora hanno abolito la possibiità di aborto e incentivano la presenza della donna nel focolaio. L’idea di inserirsi nel mercato del lavoro allontana la donna dalle sue funzioni primarie.  -Si è arrivati a coniare il termine di «orfani sociali» (Lutz, 2016) per colpevolizzare le madri migranti...ma non sono certo orfani e quest’etichetta puramente propagandistica (che vorrebbe rimettere le donne al loro posto!) evidentemente non riconosce il grande sacrificio che c’è dietro questo percorso migratorio, oltre all’impegno da parte delle donne migranti per mantenere contatti solidi con i figli. Se diventano dei sociopatici i figli non necessariamente è colpa della madre che è migrata...eppure vorrebbero farci credere che sia così. L’idea di orfano sociale mette in secondo piano il sacrificio che viene compiuto→ andranno poi a lavorare svolgendo lavori di cura. In queste campagne si privilegia l’idea di lontananza come abbandono non come miglioramento delle condizioni familiari.  -Poi si stabilisce un’equivalenza tutt’altro che scontata tra lontananza e abbandono che come nota Parrenas (2005) è sbrigativa!  In realtà c’è una grande cura dei figli da parte di queste madri secondo gli studi degli ultimi decenni (contatti molto frequenti, supporto emotivo costante, supporto finanziario anche per i progetti dei figli, di studio e di lavoro...grandi produttrici di rimesse!). Incremento importante dei contatti tra la famiglia (più volte al giorno)--> le donne migranti cercano di essere presenti a distanza.  -Questi processi migratori spesso sono talmente centrati sui figli che le spese di queste donne sono ridotte al minimo al fine di garantire quanti più soldi possibili alle famiglie di origine→ di fatto c’è tutto fuorché una condizione di abbandono perchè l’idea è di garantire quanti più soldi possibili alla famiglia e fare fruttare il processo migratorio nella maniera migliore possibile. Le due strategie di gestione della lontananza Strategie concettualizzate da Bryceson e Vuorela (2002) hanno lavorato in particolar modo su questo tipo di famiglie e si sono focalizzati sulle strategie messe in campo per far fronte alla separazione familiare. Hanno evidenziato due diverse strategie di gestione della lontananza: 1. Il Frontiering (ovvero la gestione delle frontiere): con cui ci si riferisce all’insieme di azioni e di mezzi utilizzati da parte dei membri di questo tipo di famiglie per far fronte alla distanza e ridurne l’impatto. Si ripensa la frontiera al di là del suo essere un limite e la si pensa in termini di sfida, di elemento da oltrepassare. Rientrano le azioni che tengono di mantenere relazioni con contatti sempre più frequenti→ viaggi, chiamate,... Mezzi per colmare la distanza 2. Il Relativising (ovvero la gestione delle parentele): con cui ci si riferisce ai modi in cui si stabiliscono, mantengono e interrompono i rapporti tra membri della famiglia sulla base di un processo di relativizzazione dell’idea di famiglia come nucleo che abita nello stesso contesto→ modificare il concetto stesso di famiglia ed enfatizzare un concetto di famiglia rivisitato.  -È fondamentale comprendere che nelle famiglie transnazionali la famiglia diventa un «concetto immaginato», romanticizzato o completamente rivisitato. L’elemento materiale è al centro–> per il benessere della famiglia la famiglia va riformulata in questo modo. -È possibile, ad esempio includere e pensare come famiglia legami non di sangue → fondamentale perchè vengono create reti familiari nel paese di origine per colmare l’assenza data dal processo migratorio. Cugini, amici, vicini di casa rivestono un ruolo per continuare a far funzionare la famiglia es. cura degli anziani, pasti, accompagnare a scuola. Rete che fuoriesce dalla famiglia e entra nel concetto di reti familiari. Il progetto migratorio impone che certi segmenti del lavoro di cura (che restano scoperti) che si svolgevano vengano retribuiti→ salari molto più bassi che la donna ha migrando. -Dall’altro lato, quando le famiglie sono divise e disperse su lunghe distanze molte volte si avverte il bisogno di mantenere vivi i legami familiari, dando alla famiglia dei caratteri di normalità, in cui la distanza viene relativizzata la famiglia come una comunità immaginata con sentimenti condivisi e obblighi reciproci.  L’attenzione delle madri migranti per chi fa caring Reti di caring che riguarda anche il paese di origine→ strategie più complessa dell’idea di abbandono della propaganda anti migratoria. -Un’altra strategia per far fronte alla distanza è assicurarsi un nucleo nel paese di origine che garantisca la cura dei figli -Si costruisce dunque una rete di caring che è fondamentale per la migrante -Chi si occupa dei figli ha di solito i rapporti più solidi anche a distanza con chi è migrato ed è un soggetto centrale per la riuscita del processo migratorio -Non si potrebbe partire senza garantire un minimo di caring ai figli che rimangono nel paese di origine La circolazione delle cure e la disuguaglianza sociale transnazionale  -Secondo le analisi di Baldassar e Merla (2014), non ci sono solo le madri lontane che si occupano dei figli nel paese di origine. Il caring non riguarda solo i figli ma una serie di figure all’interno del nucleo e degli spazi.  -In altri casi chi migra invia rimesse per mantenere e curare i genitori anziani e lo fa grazie al caring messo in atto da fratelli e sorelle per esempio. -Vi sono reti di circolazione delle cure che vanno in diverse direzioni.  -Sicuramente il tema del caring e quanto sia centrale nella scelta migratoria, determina anche la tenuta dei legami familiari -Quanto più la migrante porta rimesse che permettono un caring di chi è nel paese di origine, tanto più le famiglie tengono di fronte alle grandi distanze o ai lunghi periodi di separazione. Se la donna sa che la rete di caring non si occupa più dei figli o delle persone lasciate in cura potrebbe tornare nel paese di origine e lasciare il processo migratorio.  -Chiaramente questo processo migratorio poggia su una grande disuguaglianza sociale in cui spetta alle famiglie farsi interamente carico delle famiglie e alle donne subire il prezzo più alto di questa necessità di cura! -Come notavamo già in altri momenti: i figli di migranti trasformano il rapporto tra migranti e territorio. Aumentano e sviluppano le interazioni tra migranti e territorio, migranti e istituzioni, provocano una socializzazione maggiore con i servizi indipendentemente dalla volontà o meno delle parti chiamate in causa.  -Le seconde generazioni obbligano i nativi e le istituzioni a prendere coscienza del fenomeno migratorio e delle trasformazioni che questo impone. Vedere più spesso persone che esteticamente non associ al contesto italiano trasforma il rapporto tra migranti e territorio. Impatta il rapporto con il territorio anche sul lato istituzionale→ frequentate scuole, attività collaterali alla formazione scolastica,... Qui si hanno anche i processi di stigmatizzazione e etichettatura→ vedere la presenza dei migranti aumenta questi aspetti. Terreno di conflitto di chi non vuole la presenza di una popolazione che non ritiene far parte del proprio paese.  -Ovviamente queste trasformazioni non sono prive di conflitti: anzi è proprio questa presenza non provvisoria e che accede a servizi e diritti che pone i maggiori conflitti con i nativi che si sentono sempre meno al di sopra di chi migra→i figli di migranti acquisiscono diritti che in molti casi li equiparano ai nativi e culturalmente non tutti sono del parere che questo sia giusto (vorrebbero che si confermasse quella disuguaglianza che li rassicura sul fatto di essere «di più»). Nei casi in cui avviene un processo di naturalizzazione si riduce la disuguaglianza che fa sentire parte della popolazione superiore all’altra. -Secondo la prospettiva dei cultural studies, le seconde generazioni certamente pongono problemi di integrazione e soprattutto di accettazione dell’integrazione, ma è anche vero che rappresentano la nascita di nuove identità sociali (gli italiani con «il trattino» es. cino-italiani, marocchino-italiani) che ibridano le loro origini e culture.  La nascita e la socializzazione di una nuova generazione rappresentano un momento decisivo per la presa di coscienza del proprio status di minoranze ormai insediate in un contesto diverso diverso da quello della società di origine.  Come si integrano le persone all’interno di questi contesti? quali sono le dinamiche che innestano? quali sono i rapporti con il paese dei genitori e quello in cui si innestano? 25/10 Definire le seconde generazioni Non si sa cosa definire con il termine seconde generazioni e chi includere. Nella definizione classica anche i figli di coppie miste rientrano in questo concetto -Definire le seconde generazioni non è cosa scontata perché qui confluiscono casistiche anche molto diverse, da figli di coppie di migranti, a figli di coppie miste con cittadinanza immediata, chi senza e la acquisisce in seguito etc.  -Nota Ambrosini che forse sarebbe più corretto parlare di persone di «origine immigrata»→ continua a mettere davanti un legame con il paese d’origine che non è scontato questi soggetti abbiano. -Questo termine di 2G è in effetti un tipico esempio di costruzione sociale di un concetto, che non è in grado di restituire il fenomeno ma incorpora soprattutto una percezione sociale dello stesso, perché stabilisce un legame forzato con un processo migratorio che in molti casi non li riguarda. Idea di mantenere un senso di distacco con queste persone-> incorpora una visione sociale della questione. Visione separatista che li colloca in un’area separata della popolazione (concetto di stampo separatista) perchè permane l'esigenza sociale di porre differenze.  -Un nodo problematico che incide sulla definizione delle 2G riguarda il momento di arrivo: Sono nati qui, ma sono anche i minori arrivati in Italia da piccoli. A che età si è seconde generazioni? Include anche i minori stranieri che effettuano il viaggio.  -Per risolvere questo dilemma dell’arrivo Rumbaut (1997) ha proposto una visione «decimale» delle seconde generazioni: ci sono alcuni individui nati lì e quindi sono più seconde generazioni di quelli arrivati a 10 anni che a loro volta sono più seconde generazioni di quelli arrivati a 18 anni. La generazione 1,5 che ha cominciato la scolarizzazione (la scuola primaria) nel paese di origine e ha completato le scuole nel nuovo paese; la generazione 1,25 che è arrivata poco prima della maggiore età e quella più vicina alla 2G che sono la generazione 1,75 che sono arrivati in italia tra gli 0 e i 5 anni. La seconda generazione 1,75 è quella che più si avvicina alla seconda generazione, chi è nato in italia è 2G. La maggiore età è la linea di rottura perchè se sei maggiorenne diventi migrante a tutti gli effetti→ migrante di prima generazione. -Ne discende che la 2G è quella di figli di migranti nati in italia ha creato una sorta di continuum, scandito da situazioni socio-culturali e da problematiche educative diverse. Cosa vuol dire per una persona essere 1,5 o 1,75? si dà per scontato che chi è più vicino alla 2g sia più integrato e più italiano. Un minore può essere arrivato tra 0 e i 5 anni ma può sentirsi meno integrato nel paese di uno arrivato vicino ai 18 anni. Non è l’età di arrivo che influenza l’integrazione nel paese. L’obiettivo non era quello di creare separazione ma di permettere di definire meglio le seconde generazioni ma l’effetto che rischia di avere questo modello sarebbe quello di creare un’etichettamento dannoso.  Chi è classificato come seconda generazione non si sente sempre tale es. non vuole tenere i rapporti con il paese di origine.  Le preoccupazioni dei paesi riceventi: i giovani e il dilemma dell’assimilazione Serie di problematiche sul piano sociale che riguardano i paesi riceventi: -Le 2G rappresentano il più delle volte l’emblema di un’ansietà di assimilazione perché generano timori sociali rilevanti nelle società riceventi -Già sono giovani (quindi si pensa più soggetti a comportamenti non convenzionali, anti conformisti), poi molto spesso vivono in condizioni sociali più modeste (questo a seguito della condizione sociale riservata ai genitori migranti) quindi si pensa che siano necessariamente più insoddisfatti, più insofferenti, meno inclini dei genitori ad accettare lo status quo; infine avendo un background migratorio, in molti casi sono meno accettati come parte integrante dei cittadini del paese ricevente→  secondo alcuni, dunque sono potenzialmente delle bombe sociali che rischiano di esplodere a causa di una ridotta integrazione che li riguarda. Questo ha effetti sulla costruzione dell’identità del giovane→ si presenta una situazione di non accettazione di alcune persone di seconda generazione. Dibattito sul rifiuto→ cultura oppositiva evidente messa in campo da queste generazioni.  Dibattito francese→ nelle zone popolari c’è il discorso della seconda generazione associato all’idea di conflitto, opposizione verso le istituzioni della società ricevente quando in realtà non è fondata su elementi tangibili.  Questo ha a che fare sul come la società ci restituisce il fatto che siamo seconde generazioni.  -Certo, i giovani 2G maschi fanno più paura delle 2G donne...le donne si pensano sempre più come innocue, o come vittime, raramente le si percepisce come carnefici possibili, come rischiose.  -Si teme in definitiva che queste 2G non siano capaci di adattarsi all’ordine sociale della società ricevente e a riprodurlo -Le 2G infatti vivono la tensione tra la marginalità dei genitori migranti e lo stile di vita delle società riceventi, con le sue gerarchie occupazionali (che non sono necessariamente disposti a riprodurre in quanto figli di migranti). Non necessariamente questa è la traiettoria standard→ il dibattito tende a uniformare le seconde generazioni e i loro rapporti con le società riceventi. Vorrebbero ricollocare le 2G in una scala sociale bassa→ desqualificazione delle competenze.  -Il problema nasce qui: essendo cresciuti nelle società riceventi dei genitori, loro hanno introiettato capacità, ambizioni, competenze, non risentono di difficoltà linguistiche che riguardavano i genitori e una volta adulti non vogliono essere posizionati laddove vi erano i genitori, ovvero in posizioni subalterne. La migrazione non è avvenuta spesso per le seconde generazioni e vogliono quindi accedere a migliori aspirazioni sociali. Si vogliono creare situazioni nella quale i figli staranno meglio dei genitori mentre la società vuole ricollocarli nei lavori che facevano i genitori. -Queste inquietudini delle società riceventi sono state istituzionalizzate in diversi rapporti governativi. Negli USA, ad esempio, negli anni 90 si sottolineavano le tendenze criminali maggiori delle 2G rispetto ai loro genitori Quello detto fino ad ora riguarda l’assimilazione→ quanto le persone di seconda generazione sono in grado di stare in un contesto sociale non necessariamente come quello dei genitori. L’ordine sociale non è semplice da modificare e spesso le seconde generazioni si collocano in un contesto come quello dei genitori. I documenti non necessariamente risolvono i problemi→ bisogna separare la questione amministrativa con la percezione della società ricevente della presenza migratoria. L'elemento dei documenti rimane comunque un punto importante per poter accedere a servizi. -Anche Priore (1979), già nei suoi scritti sottolineava come questa distanza rispetto ai genitori migranti incasellati nell’ordine sociale che li colloca nelle posizioni più marginali, potesse sfociare in forme di rifiuto anche radicale e violento della posizione sociale imposta, creando un serbatoio di marginalità altamente infiammabile...in realtà siamo di fronte a una volontà legittima di essere chi si vuole, al pari degli altri e sfido chiunque ad accettare passivamente di essere considerati per nascita «meno» di altri. -A differenza dei loro genitori loro hanno standard di riferimento molto diversi e non hanno quel riferimento alle condizioni dei paesi di origine che avevano i genitori e che li spingeva ad accettare lavori anche molto umili. Inoltre giustamente non risentono della paura di poter essere rimpatriati, di potersi trovare in situazioni di irregolarità...almeno non tutti! -Le 2G quindi passano una parte della loro vita a sfuggire da un destino che gli pare imposto da condizioni che non hanno sperimentato direttamente.  -Qui la differenza etnica incide in modo evidente (Portes e Rumbaut, 2001) – perché essere 2G bianchi o neri o meticci non ha le stesse conseguente in termini di discriminazione. Gli immigrati di oggi sono in maggioranza di colore, restano facilmente distinguibili e, quindi, vengono colpiti con maggiore intensità da processi di etichettatura che ne condizionano le opportunità di integrazione e di processo sociale. La dissonanza tra socializzazione ai contesti riceventi e l’esclusione più o meno evidente da opportunità socio-economiche valide crea secondo alcuni dei potenziali problemi che spesso hanno una forte caratterizzazione territoriale = le periferie problematiche, le banlieues à problèmes, le inner cities, i ghetti americani...qui si produce un incontro tra questione urbana delle periferie e questione sociale delle migrazioni = etnicizzazione dei problemi socio-urbani. In italia sta avvenendo un processo di stigmatizzazione di alcuni quartieri a causa della popolazione che li vive.  -Chiaramente non è un destino ovvio, c’è chi aderisce ad una cultura sociale oppositiva in modi comprensibili e chi lo fa in modo violento, opporsi non è certo il problema, anzi, ma diventare parte di una gang criminale è un’altra cosa! Non mettiamo tutto nello stesso piano!! La carica oppositiva ha traiettorie ed esiti completamente diversi.Ci si trova costantemente a battersi tra i processi di stigmatizzazione e le nostre volontà. L’assimilazione: tra strutturalismo e neo assimilazionismo  -Ricordate questi approcci? Bene sono stati ripresi anche per parlare in sociologia del processo di assimilazione delle 2G.  -Sostanzialmente secondo gli strutturalisti anche le 2G sono destinate a non essere mai incluse e assimilate, varrà sempre la differenza che li colloca nei gradini più bassi della scala sociale. Questo perchè emergerà sempre una differenza che permetterà  alle società riceventi di metterle nei gradini più bassi.  -I neo-assimilazionisti sono come da copione più positivi sugli esiti possibili, trattandosi di un processo bidirezionale e in costante trasformazione gli esiti non sono scontati, e spesso non è solo una questione di provenienza, ma di status sociale, in cui si crea maggior somiglianza e quindi maggior accettazione. Processo in costante trasformazione che cambia con la società, potrebbe integrare nuovi valori, nuove prospettive o non accettare l’assimilazione degli autoctoni al 100% -> si possono avere casi senza il salto dell’assimilazione totale e certi dove non ci sarà. I neo-assimilazionisti mettono in rilievo che non è detto che il destino dei figli sarà come quello dei genitori ma non mettono in conto la provenienza dei migranti e il colore della pelle→ i bianchi verranno integrati meglio dei neri.  -Altre interpretazioni si situano in una posizione intermedia. Una prima variante consiste nel problematizzare un generico concetto di assimilazione→ Problematica emersa negli USA→Il rischio della downward assimilation ovvero di processi di assimilazione nella marginalità sociale che Le istituzioni mediatrici: la scuola (non fatto in classe) La seconda istituzione influente è la scuola, studiata come crogiolo dell'assimilazione, il possibile trampolino della promozione sociale.  1- Un polo della questione è rappresentato dalle risorse e strategie delle famiglie, dalla loro capacità e determinazione nel favorire la carriera scolastica dei figli.  2-Un secondo polo è identificabile nel funzionamento dei sistemi scolastici delle società riceventi, dal loro grado di apertura nei confronti di alunni con un background linguistico e culturale diverso.  3-Un terzo fattore influente è il contesto di ricezione dell'immigrazione. La possibilità di entrare legalmente, il riconoscimento delle credenziali educative acquisite in patria, le modalità di inserimento nel mercato del lavoro, l'incidenza di pregiudizi e discriminazioni, intervengono a plasmare le chance di inserimento e di promozione sociale degli immigrati, riflettendosi sui figli e sulla loro carriera educativa.  Socialità, aggregazione ai margini e processi di identificazione: il caso delle bande (non fatto in classe) Il passaggio alla giovinezza e poi all'età adulta dei giovani di origine immigrata è un terreno cruciale per lo studio dei processi di costruzione dell'identità personale e di integrazione sociale. Ne risultano differenti strategie identitarie che possono spaziare dal cosmopolitismo, all'isolamento, al ritorno alle origini, al mimetismo.  La questione più avvertita è quella delle aggregazioni di strada a carattere etnico note come bande o gang, formate specialmente da giovani latino-americani.  Nell'emigrazione, specialmente quando avviene nell'adolescenza, l'aggregazione tra pari, coetanei e connazionali non è solo il luogo in cui stare insieme, ma anche una risorsa da cui attingere modelli di comportamento, sostegno emotivo, conferma della propria identità e talvolta anche soccorso materiale.  I minori stranieri non accompagnati (MSNA) (non fatto in classe) È un caso in cui la famiglia, anziché essere la ragione dell'immigrazione del minore, svolge in vario modo un ruolo espulsivo dai contesti di origine. Si tratta di una popolazione particolarmente vulnerabile e portatrice di ingenti costi per gli enti locali obbligati dalla legge a farsene carico.  Vanno però riviste criticamente alcune credenze diffuse sull'argomento: - La prima è che si tratti di bambini: in realtà, si tratta quasi sempre di maschi adolescenti intorno ai 16-17 anni.  -Una seconda credenza è che si tratti di poveri orfani o di minori abbandonati: abbiamo visto che per compiere il viaggio servono ingenti risorse. L'affidamento di Minori a persone che non hanno la preoccupazione di proteggerli è una fonte di rischi di vario tipo: si vengono a trovare in una situazione simile a quella dei ragazzi minorenni che non hanno adulti di riferimento su cui poter contare. Le famiglie li espongono a questi rischi, ma non è vero che li abbiano abbandonati: anzi, si sono fatte carico del loro futuro.  -La terza idea è che molti di loro, fuoriuscendo dal sistema di accoglienza, scompaiano nel nulla finendo vittime di sfruttatori, riti criminali, trafficanti di organi e altro ancora. La maggior parte semplicemente attraversa le Alpi per raggiungere parenti installati altrove e chiede protezione in paesi in cui sperano di poter trovare maggiori opportunità.  Questi ragazzi vengono però precocemente caricati di responsabilità adulte, tipicamente quella di guadagnare denaro da inviare le famiglie: un obiettivo che spesso confligge con progetti educativi che puntano sull'istruzione, l'apprendimento linguistico, la formazione professionale, procrastinando l'avviamento al lavoro.  Seconde generazioni e nuove identità culturali (non fatto in classe) Riassumendo, possiamo individuare 4 traiettorie idealtipiche delle seconde generazioni.  -La prima è quella della simulazione verso il basso, ossia nella confluenza negli strati svantaggiati della popolazione (downward assimilation) -La seconda traiettoria si distingue dalla precedente perché a un’assimilazione culturale elevata si contrappone una bassa integrazione sotto il profilo strutturale ( integrazione illusoria) - La terza possibilità è quella dell'integrazione selettiva, in cui la conservazione di tratti identitari minoritari diventa una risorsa per i processi di inclusione e in modo particolare per il successo scolastico e professionale delle seconde generazioni.  -La quarta è quella della simulazione tradizionalmente intesa (assimilazione lineare classica) in cui l'avanzamento socio economico si accompagna all’acculturazione nella società ricevente, e questa a sua volta comporta il progressivo abbandono dell'identificazione con un'appartenenza etnica minoritaria e di pratiche culturale distintive.  26/10 Le politiche per gli immigrati (cap 9) Ci sono politiche e politiche….  Le politiche sono un tema centrale per comprendere il fenomeno migratorio attuale. Essere in uno stato con politiche più restrittive incide sui luoghi che i migranti scelgono per migrare. -Tra le categorie oramai acquisite nello studio dei fenomeni migratori, vi è la distinzione tra politiche di immigrazione e politiche per gli immigrati.  -Le prime si riferiscono alle norme che regolano l'ingresso e l'ammissione all'interno di un Paese (concessione e rinnovo del permesso di soggiorno, ricongiungimento familiare e così via)--> regole che permettono una permanenza stabile del migrante.  -Le seconde riguardano l'insieme di politiche rivolte all'immigrato regolare, in altre parole, le condizioni e i requisiti di accesso ai diritti - civili, sociali e politici - di cittadinanza. Sostanzialmente sono quell'insieme di politiche che riguardano la condizione di vita e permanenza sul territorio.  Si tratta di questioni tra loro strettamente intrecciate, dato che l'accesso ai diritti è subordinato al riconoscimento dello status di straniero legalmente residente→ arrivare sul territorio senza rispettare le norme ha conseguenze sull’accesso ai diritti civili.  La differenza tra le politiche che riguardano i migranti -Le politiche di immigrazione, infatti, stabiliscono chi può entrare e per quali ragioni (lavoro, studio e così via): la posta in gioco è generalmente definita nei termini di «interesse nazionale» a limitare gli ingressi al numero e alle categorie di lavoratori ritenute necessarie per lo sviluppo dell'economia del Paese. L'attore chiave è di solito rappresentato dal governo nazionale, anche se le organizzazioni degli imprenditori e dei lavoratori possono avere interesse in questo tipo di decisioni. Non possono decidere le istituzioni (es. comuni) autonomamente di varare politiche di immigrazione, può essere un modo di mettere in risalto un argomento sul piano politico che potrebbe essere calcolato dal punto di vista statale.  -Le politiche per gli immigrati, invece, si occupano del come l'immigrato può accedere alle istituzioni chiave della società ricevente: la posta in gioco è quella dell'integrazione e della coesione sociale, o, al contrario, della non integrazione e della marginalizzazione. A emergere in primo piano è l'interesse della comunità locale, dove avviene quotidianamente l'incontro/scontro tra cittadini stranieri e nazionali. Ne consegue una maggiore rilevanza delle amministrazioni territoriali e delle diverse organizzazioni della società civile mobilitate sul campo. L’integrazione è un concetto che si basa sulla permanenza sociale sul terriotorio→ se non lo si è non si può essere integrati es. non si può fare un contratto di casa senza un documento, non si può prendere la residenza senza documenti. Le politiche per i migranti sono quelle che risentono di più delle condizioni politiche locali: le politiche di integrazione saranno più forti quanto più il potere locale sosterrà questo posizionamento del migrante all’interno delle comunità locali. es. non c’è da stupirsi se nei governi locali che sono storicamente contro la permanenza dei migranti non producono e non investono sul fronte dell’integrazione e che investono di più sul fronte della sicurezza urbana (due temi affini) I modelli di inclusione dei migranti nelle società riceventi -C’è una vasta letteratura che si è occupata dei modelli di inclusione dei migranti nelle società riceventi (Castles 1995; Melotti 1992; Scidà 2002). Esistono modelli di inclusione specifici a diversi paesi? Sì. -Tendenzialmente sono stati individuati 3 modelli di inclusione / tre modi di sviluppare politiche di immigrazione e politiche per gli immigrati 1) temporaneo: L’esemplificazione di questo modello è il sistema tedesco→ vieni, lavori e te ne vai, non si possono fare figli. Migrante come ospite e come tutti gli ospiti dopo la permanenza doveva andarsene. Le migrazioni erano concepite come un fenomeno contingente → forza lavoro per esigenze stagionali (ci si aspettava permanenza temporanea). In questi casi la regolamentazione privilegiava permessi di soggiorno legati al permesso di lavoro e licenziamento voleva dire rimpatrio. La temporaneità sperata da parte di queste nazioni era tale che in Germania i migranti non esistevano, semmai esistevano i cosiddetti  «Lavoratori ospiti», ponendo l’accento sulla provvisorietà della presenza di questi lavoratori e sul fatto che non fossero a casa loro e soprattutto che non lo sarebbero mai stati! Ovviamente in questi casi l’accesso alla cittadinanza viene reso estremamente complesso, e vige lo ius sanguinis proprio per rinforzare questo necessario legame di sangue per ottenere diritti e servizi. Si producono qui processi di  esclusione differenziale (Castles 1995) perché i migranti di fatto sono esclusi da molte delle aree della cittadinanza e della partecipazione politica e sono ammessi unicamente al settore lavorativo, ovvero dove servono le loro braccia. Rapporti con la società negativi, isolamento, formazione di minoranze, si pensa a processi di migrazioni circolari, ovvero in cui i migranti arrivano e ripartono. I migranti non possono accedere ai diritti e al welfare→ creare isolamento dei migranti dal resto della popolazione perchè avrebbe creato conseguenze negative nell'opinione pubblica che non li vedeva di buon occhio. I migranti non potevano scegliere dove recarsi→ venivano redistribuiti nel territorio in base alle necessità produttive della nazione ospitante e spesso venivano trasferiti. Se non si lavorava si doveva uscire dal paese perché il giorno dopo la fine del contratto si diventava illegali.  2) assimilativo: l’esemplificazione di questo modello di inclusione è il caso degli Stati Uniti del passato e in Europa la Francia. In questo caso si punta ad una rapida omologazione culturale dei nuovi arrivati secondo un approccio profondamente repubblicano, in cui la nazione rappresenta una comunità in cui i nuovi arrivati aderiscono alle regole vigenti e ad un ethos civico condiviso (Castles et al. 2014).  Si pensa ai migranti in quanto individui senza radici e capaci di essere autonomi dalle comunità di provenienza, che devono sapersi rendere indistinguibili dal resto della popolazione autoctona. Le istituzioni locali e nazionali svolgono il ruolo di accompagnare l’individuo migrante in questo processo di omologazione, trattandolo secondo principi di equità. In questi contesti i processi di naturalizzazione sono più agevoli rispetto al modello precedente in cui si è sempre ospiti o si viene espulsi. Ma bisogna conoscere lingua, cultura e non aver causato problemi alla Nazione (fedina penale pulita). Le 2G in questo caso acquisiscono la cittadinanza automaticamente se nati sul suolo nazionale. La costituzione di comunità etniche è sempre scoraggiata perché alimenta la separazione da una comunità nazionale immaginata. Questo atteggiamento ideologico ha di fatto condotto a prestare un’attenzione marginale ai processi di discriminazione razziale profondamente radicati e presenti in questi contesti. Benché certi aspetti siano meno forti che in passato, ancora oggi le politiche per i migranti tendono a non produrre differenze rispetto agli altri cittadini. Ad esempio: vige una forte intolleranza in Francia per espressioni religiose di alcune comunità in particolare, la laicità diventa orizzonte di uguaglianza repubblicana (Zolberg e Lirr Woon, 1999). Dopo il 2001 questo modello assimilazionista, che si era in parte attenuato lasciando maggior spazio alle differenze si è nuovamente rinvigorito anche al di là degli Stati che lo hanno sempre promosso. Anche il divieto di Velo nelle scuole e nei contesti pubblici, post 2001, aveva come obiettivo quello di non dare visibilità alle differenze culturali e religiose (oltre a questioni di sicurezza)--> questo ha creato una serie di problemi es. ragazza arrestata in spiaggia perchè aveva il velo. Idea del bisogno dei migranti per il bisogno di lavoratori ma si cerca di non creare differenziazione come nel modello tedesco e creare meno sacche di conflitto.  Implicazione importante:  -pensare che siamo tutti importanti non ci fa vedere che in realtà ci sono forme di discriminazione→ processi di appiattimento, si negano le differenze. Non è possibile togliere la cultura di appartenenza. Una logica di questo tipo impedisce di vedere processi di disciminazione radicati in queste società.  In francia il governo è stato accusato di non riconoscere le differenze e ha creato l’esplosione di queste negli attentati. Non si mette in risalto che la popolazione immigrata sta ancora vivendo gli effetti della disqualificazione sociale.  questo sforzo è stato ridimensionato in favore di un’ottica molto più restrittiva. Basti pensare che con la legge del 1998 l’integrazione dei migranti era concepita come legame tra migranti e cittadini autoctoni che svolgevano il ruolo di sponsor degli stessi migranti e che la Bossi-fini ha prontamente cancellato= Turco-napolitano era strutturato tra il rapporto tra paese di arrivo e ricevente→si doveva avere uno sponsor- garante→ provocava presenze più lunghe → bossi fini la elimina. -Inoltre in Italia l’integrazione dei migranti è maggiormente frammentata anche perché da un lato è organizzata su base regionale e dall’altro vede società civile, organizzazione locali e enti locali, in prima linea, generando dunque uno scenario più frammentato e difficilmente decifrabile nei termini di un modello univoco di riferimento.  Cittadinanza e diritti (non fatto in classe) L'Italia ha il codice della cittadinanza più rigido dell'Europa Occidentale. Rispetto ad altri casi, rimane invece relativamente facile diventare italiani per matrimonio. A livello europeo fino a qualche anno fa si poteva affermare che il criterio del diritto di sangue stesse perdendo terreno a vantaggio del diritto di suolo.  Lo statuto giuridico degli immigrati lungo- residenti tende nel complesso ad essere rafforzato nella legislazione dell'Unione Europea, anche per quanto riguarda l'accesso ai diritti sociali e viene considerato un caso intermedio tra quello dello straniero è quello del cittadino a pieno titolo. Più complicata e infatti improbabile appare la concessione del diritto di voto alle elezioni politiche nazionali.  Il ragionamento può essere completato osservando che gli immigrati, quando lavorano regolarmente, accedono a un pacchetto di benefici previdenziali collegati al lavoro dipendente. I loro figli, se nascono o vengono ammessi sul territorio, possono accedere all'istruzione su un piano di parità con i cittadini nazionali. Si parla in questo caso di cittadinanza sociale.  Questi Diritti Sociali non supportati da una base di diritti politici rischiano però di restare fragili e revocabili, apparendo come una sorta di concessione che la comunità dei cittadini a pieno titolo fa a chi arriva dall'esterno.  Gli sviluppi della cittadinanza (non fatto in classe) Un'altra tendenza riscontrata è una maggiore tolleranza nei confronti della doppia cittadinanza. Secondo questa prospettiva, i migranti e loro figli stanno gradualmente acquisendo una facoltà formalmente riconosciuta di esercitare diritti di cittadinanza in più di uno Stato sovrano.  Tipicamente europeo è un altro allargamento, in direzione di una cittadinanza sovrapposta che non rinnega la cittadinanza Nazionale, ma vi aggiunge la cittadinanza sovranazionale nell'ambito dell'Unione Europea. Ne deriva una stratificazione civica, con la formazione di una gerarchia che vede al livello più basso gli immigrati irregolari, poi quanti dispongono di un permesso di soggiorno limitato nel tempo, i lungo residenti con uno statuto stabile, i migranti interni all'Unione europea e, infine, sul gradino più alto, i cittadini a pieno titolo.  La prospettiva della cittadinanza transnazionale (non fatto in classe) Si può dire che due delle componenti fondamentali della cittadinanza, ossia i diritti individuali e l'identità collettiva, si sono progressivamente divaricate negli ultimi decenni. Si introducono quindi idee come quella di cittadinanza transnazionale o cittadinanza globale. Una forma di cittadinanza transnazionale è la possibilità di votare dall'estero per l'elezione delle istituzioni politiche della madrepatria.  La partecipazione politica in diretta: associazionismo e sindacati (non fatto in classe) La constatazione dell'esclusione dai diritti politici ha indotto a individuare e valorizzare alcune possibili forme di partecipazione politica indiretta, attuate per il tramite di associazioni e delle organizzazioni sindacali. In molti paesi l'associazionismo immigrato ha assunto con gli anni crescente importanza e svariate funzioni, che spaziano dalla rappresentanza politica, all'animazione culturale, alla fornitura di servizi. Si tratta di un tipo particolare di associazioni volontarie, basate su legami affettivi, e l’insieme di un tipo speciale di gruppi di auto aiuto, in ragione degli interessi comuni che li caratterizzano.  Si possono distinguere più precisamente tre funzioni svolte dai sindacati nei confronti degli immigrati: la rappresentanza dei loro interessi, in quanto lavoratori, al fine di migliorare le loro condizioni di lavoro; la partecipazione politica, al fine di promuovere la loro Integrazione sociale; l'offerta di servizi, con l'obiettivo di migliorare le loro condizioni complessive di vita. A queste è possibile aggiungere la promozione di forme di mobilità sociale.  La dimensione locale (non fatto in classe) Un territorio, con le sue istituzioni e le sue politiche sociali, può esercitare un ruolo attivo nel configurare forme più avanzate di inclusione dei migranti nella comunità locale e nel promuovere rapporti pacifici e reciprocamente arricchenti tra vecchi e nuovi residenti. Anche il tema delle differenze culturali, difficilmente accolto a livello di legislazioni nazionali, può trovare a livello locale maggiori possibilità di ricezione.  A livello locale si sono sviluppate tuttavia anche politiche di esclusione degli immigrati, di limitazione dei benefici sociali a cui possono accedere, di intensificazione dei controlli di sicurezza a loro carico, di negazione della possibilità di disporre di luoghi autorizzati per il culto.  L'Italia settentrionale ha fornito negli scorsi anni un cospicuo campionario di politiche di esclusione. Va notato che parte dei provvedimenti emanati vengono poi ritirati, per intervento della magistratura o di autorità sovraordinate. Ottengono però il risultato desiderato, di visibilità mediatica e consenso da parte della maggioranza dei cittadini elettori. Decentramento e autonomia dei poteri locali tendono a introdurre sensibili differenze nei dispositivi di accoglienza all'interno dello stesso paese.  In Italia rimangono ancora tracce nelle politiche locali dell'ottica emergenziale e della preoccupazione di rendere poco visibili gli interventi stessi.  Emerge inoltre il ruolo delle burocrazia di strada, ossia degli operatori dei servizi che interagiscono direttamente con i beneficiari, e dispongono di margini di potere discrezionale, nel considerare ammissibile o meno una richiesta, nell'aiutare o meno a compilare una domanda, nel facilitare o meno l’accesso a un servizio.  Il ruolo delle iniziative solidaristiche (non fatto in classe) Le politiche sociali rivolte agli immigrati nella realtà italiana, ossia il ruolo del privato-sociale o terzo settore, può essere definito settore solidaristico. Le modalità di azione dell'associazionismo nei confronti degli immigrati possono essere suddivise in almeno quattro idealtipi: il primo è quello dell'associazionismo di cura; il secondo è definibile come associazionismo rivendicativo, o tutela dei diritti; il terzo e l'associazionismo imprenditivo, che tende ad organizzarsi in forma cooperativa e a fornire servizi più complessi; e infine l'associazionismo promosso dagli immigrati, nella logica del mutuo aiuto.  L'arrivo di persone in cerca di asilo ha suscitato in diversi paesi la mobilitazione spontanea di volontari senza appartenenze associative e spesso senza esperienze precedenti.  Regolamentazione dell’immigrazione (cap 8) regolazione dell’immigrazione importante per esame Delle regolazioni stringenti tendono ad avere un effetto deterrente rispetto alla presenza dei migranti.  -Tema cruciale negli ultimi decenni, che ha impattato su più fronti le migrazioni.  -Soggetto solo in epoca recente preso in considerazione dalla teoria e dalla letteratura. All’interno del tema della regolazione non c’è solo il tema delle cause delle migrazioni ma il tema del confine -Questo perché anche il concetto di riferimento delle forme di regolazione dell’immigrazione, quello di CONFINE si è affermato solo dopo la prima guerra mondiale. Serie di barriere che i migranti incontrano anche nel processo di integrazione nelle società riceventi. -In precedenza si assisteva a politiche più orientate ad ostacolare le migrazioni che erano messe in campo dai paesi di provenienza  (dittature e totalitarismi tendono storicamente a impedire le migrazioni per non perdere manodopera) Contemporaneità dell’immigrazione: se pensiamo ai cicli migratori, nei primi cicli non c’erano forme di regolazione→ pochissimi requisiti perchè serviva manodopera. Nei primi del 900 vi erano blocchi dei flussi di emigrazione→ i paesi d’origine applicavano politiche strette→ politiche per bloccare le partenze, non volte a bloccare gli arrivi. Negli ultimi decenni abbiamo visto la presenza di politiche restrittive rispetto all’arrivo e alla permanenza. La priorità del controllo (non fatto in classe) In linea di principio nessun paese, per quanto Democratico, rinuncia al controllo delle frontiere, al ricorso a procedure di autorizzazione al soggiorno per i cittadini stranieri, a norme che consentono l'espulsione gli stranieri indesiderati.  Il ricorso all'immigrazione è stato visto a lungo in epoca moderna soprattutto come una soluzione a un problema economico. Fenomeni come ricongiungimenti familiari, l'arrivo di rifugiati politici e umanitari, la crescita di seconde generazioni,... hanno però allargato la portata del fenomeno trasformandolo in una questione politica. Hammar e i cicli della regolazione dell’immigrazione -Le politiche di regolazione delle migrazioni sono state indagate da diversi studiosi, ma rimane centrale il modello di scansione temporale proposto da Hammar (1990). Le politiche di regolazione si sono modificate nel tempo. -Indaga la variazione nel tempo delle politiche di regolazione. -Divide in 4 periodi la storia delle migrazioni in Europa:  Periodo delle grandi migrazioni transoceaniche (1830-Inizio prima guerra M.)--> andare da un continente a un altro attraversando l’oceano  Periodo della regolazione e restrizione dei movimenti migratori (1914-1945)--> periodo delle dittature con emigrazioni ostacolate per lavoro o inviare al fronte  Periodo della regolazione politica liberale (1945-1975)--> boom economico  Periodo della severa regolamentazione delle migrazioni (1975-Oggi)-->ciclo con politiche estremamente restrittive. -Periodo delle grandi migrazioni transoceaniche (1830-Inizio prima guerra M.)  Iniziato quando gli spostamenti di importanti fette di popolazioni non erano quasi per nulla regolamentati e comunque non vi erano permessi di soggiorno. Il liberismo lasciava margine di libertà di migrare per favorire lo spostamento della manodopera. Bisogni importanti di costruzione. L’unica barriera riguardava lo stato di salute→ controllavano la salute, l’igiene. Migrazioni a bassissima qualifica→ persone che rischiavano di morire di fame nel paese di origine e l’idea di migrare era rilevante. Tipologie di migranti diverse da quelle di oggi. -Periodo della regolazione e restrizione dei movimenti migratori (1914-1945)  Introduzione di sistemi di regolazione o controllo sia a causa delle guerre, che imponevano controlli maggiori, sia perché con la pesante depressione economica degli anni ’30 e ’40 si attivano politiche di carattere protezionistico verso i «lavoratori nazionali»→ dalla crisi del 29 si privilegia la manodopera nazionale.  Da un lato ostacolate le migrazioni e dall’altro i migranti venivano sempre più regolamentati. -Periodo della regolazione politica liberale (1945-1975)  Si alleggeriscono i controlli e si riducono le misure di regolazione in virtù di una necessità di manodopera a basso costo per la ricostruzione. C’era bisogno di forza lavoro per ricostruire le città, si lascia libera circolazione e i migranti iniziano processi di stabilizzazione.  -Periodo della severa regolamentazione delle migrazioni (1975-Oggi)  Con la crisi degli anni ’70 ( crisi petrolifera) del secolo scorso vengono nuovamente adottate regolamentazioni molto restrittive e limitanti al fine di ridurre i flussi migratori in arrivo. Rivediamo regolamentazioni restrittive e inizia ad apparire l’idea di permesso di soggiorno.  -Dal 1945 e per i decenni successivi la migrazione veniva discussa come parte di un problema di organizzazione e pianificazione economica, solo con le migrazioni iniziate dalla metà degli anni 70 ha iniziato a definirsi come una questione politica vera e propria, leggibile in quanto autonoma dal tema dell’economia di sviluppo di una Nazione.  -Questo accade perché le migrazioni hanno smesso di essere solo quelle economiche (richiedenti asilo etc.), e perché anche alle prime si sono aggiunte migrazioni da ricongiungimento e la permanenza dei migranti pone questioni di ordine sociale e politico (rapporto della società ricevente con stranieri; modelli di inclusione da adottare etc.) Uno sguardo più generale. Alcuni accadimenti recenti: Libia, Inghilterra e ucraina -Nel 2021: il rifinanziamento delle missioni internazionali, che include l’assistenza e l’addestramento della Guardia costiera libica… -L’accordo tra Inghilterra e Rwanda  -La guerra in Ucraina -Ispiriamoci alla Germania…La Francia di Macron alle prese con i flussi di richiedenti asilo. Questioni che mostrano delle nuove tendenze « macro » in atto nei contemporanei sistemi di controllo e accoglienza dei migranti:  -Parziale blocco dei flussi migratori attraverso un’azione di delega del controllo (extra- territorializzazione) -Pull factor. Ridimensionare l’accoglienza attraverso il trasferimento. Un blocco dei flussi con azioni di deterrenza in prossimità del punto di partenza -L’accoglienza come strategia di guerra (e i suoi limiti) le evoluzioni del modello temporaneo tedesco: espulsioni rapide ed effettive o distribuzione unilaterale in contesti di vita e lavoro utili alla Nazione. Permessi di soggiorno a durata breve… -La difesa dei confini è oggi più che mai considerata come atto simboleggiante la capacità di una Nazione di essere sovrana (immaginiamoci ) I modelli interpretativi delle politiche di controllo delle migrazioni  Modelli di azione e controllo→ le politiche di controllo e regolamentazione hanno un portato ideologico: ci sono ideologie di fondo che strutturano le politiche di controllo. Modelli che sottostanno alle politiche:  Secondo Mayers (2009) ci sono 5 modelli interpretativi:  -Neomarxista  Secondo questo modello i migranti devono essere considerati «esercito di riserva» e le politiche di controllo dei confini devono seguire le necessità dei sistemi economici e produttivi in termini di manodopera a basso costo di cui liberarsi facilmente. Sistemi di controllo che permettono l’ingresso anche di migranti irregolari in quanto necessari all’economia stessa.  -Dell’identità nazionale  Le politiche migratorie risentono soprattutto del modo in cui uno stato ha sviluppato l’idea di cittadinanza e nazione: i paesi in cui la cittadinanza ha un potenziale multiculturale ampio avranno meno politiche di controllo di un paese che vuole l’appartenenza di sangue. La storia del paese spiega le politiche migratorie e i sistemi di accoglienza messi in campo.  -Istituzionale  Le politiche migratorie sono influenzate dalle caratteristiche antecedenti dell’apparato burocratico. Ci saranno politiche di controllo complesse laddove l’apparato burocratico sia in grado di supportare la complessità. Dove vi sono politiche più lasche ci sono apparati meno preparati. es i rimpatri funzionano meglio laddove la burocrazia ha delle strutture tali da favorire il rimpatrio. Alcuni paesi non riescono a fare rimpatri, altri di più. -Realistico  Le politiche migratorie sono frutto di un costante tentativo degli stati di garantire il concetto di sicurezza e sovranità nazionale. Eventi come guerre e terrorismo, mettendo a rischio la sicurezza hanno determinato cambi anche nelle politiche migratorie. -Neoliberale  Le politiche migratorie sono frutto della crescente interdipendenza positiva tra stati e soprattutto dalla crescente centralità di organi sovranazionali come l’UE. Idea basata sull’aver osservato l'esistenza dell’ue e come crei convergenza nelle politiche di controllo. Il modello dei controlli Brochmann (1998) → tipologizzazione dell’organizzazione dei controlli. Si articolano in 4 tipologie di controlli: -Controlli esterni espliciti  Visti, permessi di soggiorno e regole di accesso e permanenza degli Stati -Controlli esterni impliciti  Forme non dichiarate o indirette di regolazione: ridefinizione restrittiva del concetto di rifugiato, o creazione del concetto di «paese terzo sicuro» - Libia, Rwanda, Turchia…  -Controlli interni espliciti  Sono controlli territoriali che mirano a trovare i migranti irregolari che risiedono nei territori, esclusione dai servizi e dai diritti, controlli del mercato del lavoro etc. -Controlli interni impliciti Tutte le barriere sociali che ostacolano di fatto la vita e l’integrazione dei migranti: razzismo, stigmatizzazione, sfruttamento etc. Gli sforzi di chiusura e i loro limiti Tendenza di chiudere sempre di più le frontiere e di trasnazionalizzare le politiche migratorie. Negli ultimi decenni si sta andando verso politiche di chiusura che si mostrano tanto con una complessificazione delle procedure per arrivare, tanto con impedimenti che rendono difficile la permanenza nei paesi riceventi (difficoltà nell’ottenere la cittadinanza,...).  -Gli sforzi di chiusura e controllo dei confini vanno di pari passo allo sviluppo di regole e obblighi sempre più stringenti per i migranti regolari. -Da un lato i diversi paesi europei e non solo rendono complesso l’arrivo e dall’altro rendono dura la permanenza, per quello bisogna prestare attenzione non solo al tema della «violenza delle frontiere» ma anche alle forme di «razzismo e discriminazione istituzionale» che rende la vita dei migranti molto più dura (l’idea è quella di creare un effetto deterrente verso nuovi arrivi).  -L’Unione Europea racchiude nelle sue politiche per l’immigrazione questi due aspetti, chiude verso migrazioni dal sud e integra paesi con manodopera bassa come quelli dell’EST al fine di rispondere alle proprie esigenze produttive (questa tattica di guardare ad est è da leggere assieme alla volontà di chiudere i confini ad altri migranti). Non c’è più un interesse forte come prima di lavoratori fuori dall'Unione europea. -Si assiste ad una transnazionalizzazione delle politiche migratorie (Zanfrini, 2004). Si può distinguere a riguardo un primo gruppo di iniziative che consistono nel ricorso a controlli esterni: politica dei visti per l'ingresso, rafforzamento della vigilanza alle frontiere, esternalizzazione dei controlli al di fuori dei Confini (es. controlli negli aeroporti di partenza), Cooperazione con i paesi di origine e di transito dei migranti.  Un secondo gruppo di iniziative consiste nel ricorso ai controlli interni es controlli della polizia, misure di identificazione, detenzione ed espulsione, controlli nel mercato del lavoro.  Ambiguità delle politiche di controllo Grande ambiguità. É vero che l’est Europa aiuta ma c’è un settore sommerso che non viene messo in conto. Inoltre dall’est sono a un livello diverso di sfruttabiità→ hanno i documenti. Da un lato si chiudono le porte di ingresso ma dall’altro entrano lo stesso e vengono impiegati nel mercato del lavoro che cerca queste figure. Quanto avviene sul mercato del lavoro e i processi di flessibilizzazione, precarizzazione e informalizzazione del lavoro, hanno implicazioni importanti dal momento che si basano su un processo di deregolamentazione delle normative sul lavoro che di fatto favoriscono lavoro nero, sfruttamento e catene dello sfruttamento (es. sistemi di sub appalto) – questo di fatto è un punto controverso rispetto al fatto che si dichiarino politiche anti-migrazioni (detto altrimenti secondo Rea, 2010) da un lato chiudiamo le porte principali di ingresso per far entrare i migranti dalle retrovie, avendo un mercato del lavoro che chiede manodopera migrante e in alcuni casi ancora meglio se irregolare (più sfruttabilità). LE RIFORME DELLE POLITICHE MIGRATORIE E QUELLE DELLE POLITICHE DEL LAVORO SONO STRETTAMENTE INTERCONNESSE, E SI INFLUENZANO RECIPROCAMENTE.  08/11 Limiti strutturali delle politiche di controllo -Il Mercato e le sue esigenze di manodopera sono uno dei limiti principali alle politiche di controllo delle migrazioni, perché di fatto quel bisogno di lavoratori mal pagabili è reale e non bastano quei flussi previsti dallo Stato. Si viene a meno ai principi liberali, lo stato interviene in maniera forte: interventismo dello stato sulle politiche migratorie.  -Inoltre limiti di tipo strutturale: ci sono anche i paesi di origine, i network, che aiutano e progettano la migrazione e il progetto migratorio si scontra con politiche e programmi di controllo che sono ancora molto frammentati dando competenza di controllo a diversi livelli che non necessariamente comunicano bene tra loro. Il sistema di controlli, detto altrimenti fa acqua da tutte le parti. I governi sono contraddittori e deboli di fronte alle esigenze dei mercati.  -Anche i diritti inalienabili rappresentano un ostacolo alle politiche di controllo, non a caso Cornelius, Martin e Hollifield (1994) parlano proprio di «confluenza di mercati e diritti». Il fatto che siamo di fronte a contesti democratici impone il rispetto di alcuni diritti fondamentali anche per i migranti e per chi entra in modo irregolare sul territorio es. non possono non dargli da mangiare, non possono non dargli un tetto, non possono lasciarli su una barca a morire,...  I fattori che incidono sulla regolazione e la sua efficacia Penninx e Doomernik (1998) hanno studiato esattamente i fattori determinanti per l’efficacia delle politiche di regolazione delle migrazioni. Secondo loro ci sono almeno 5 fattori chiave: -Rari interventi dei paesi di destinazione sulle regioni che provocano le migrazioni: queste politiche di regolazione continueranno a non funzionare perchè i push factors rimangono invariati→ dovrebbero agire anche sulle cause che provocano le emigrazioni. L’idea di aiutarli a casa loro sta in piedi fino ad un certo punto perchè non calcola le scelte individuali.  -Carattere a breve termine dei sistemi di regolazione che tendono a voler calmare l’opinione pubblica piuttosto che agire sul lungo termine. Spesso critiche ai mandati elettorali→ politiche con l’obiettivo di agire sull’opinione pubblica piuttosto che agire sulle migrazioni e sul loro controllo a lungo termine. Questo discorso sconta il fatto di non aver incluso l’esistenza di istituzioni sovranazionali che non fanno politiche di breve termine.  -Gli strumenti politici di regolazione sono diretti a certi tipi di migranti e sono inefficaci rispetto ad altri (naturalizzati, minori, migranti residenti disabili etc.). Queste politiche non riescono ad incidere su queste categorie.  -Le regolazioni scontano tensione tra riconoscimento dei diritti individuali e la gestione dei flussi migratori. Possono servire per regolare i flussi di ingresso (decreti flussi), ma la logica delle quote non può essere applicata sul piano dei diritti individuali come il ricongiungimento o l’ammissione di richiedenti asilo. Le politiche di controllo in generale regolano i flussi migratori ma questa logica di controllo non può essere applicata sulla scala dei diritti individuali come il ricongiungimento→ ci sono diritti che non possono essere negati ai migranti che li hanno guadagnati con la regolarità sul territorio.  -I migranti lungo soggiornanti rappresentano un importante fattore di attrazione e producono a loro volta altri movimenti migratori. Queste politiche non possono agire sui network→ la presenza di migranti lungo soggiornanti rappresentano un fattore di attrazione importante per nuovi migranti. L'evoluzione delle politiche di regolazione: tra restrizioni e spiragli (non fatto in classe) La difficoltà pratica a chiudere le porte all'immigrazione è confermata dal fatto che tutti i paesi europei ammettono qualche forma di immigrazione per lavoro, oltre ai ricongiungimenti familiari e all'accoglienza dei rifugiati. Le possibilità di ingresso legale oggi disponibili si collocano prevalentemente ai due poli estremi della struttura occupazionale: o si tratta di autorizzazioni per lavoro stagionale, oppure di lavoratori ad alta qualificazione, titolari della carta blu o di altri permessi per determinati profili professionali.  Negli ultimi due decenni sono state varate misure volte a ostacolare l'ingresso di richiedenti asilo nel territorio e dell'Unione Europea e a far diminuire il numero dei postulanti. Tra queste, la più incisiva e discussa riguarda la responsabilizzazione dei paesi di transito o di primo ingresso, come avviene con le convenzioni di Dublino.  Fa parte dell'armamento dei dispositivi di controllo, oltre all'etichettatura di tutti gli immigrati in condizioni irregolare come clandestini, la propagazione dell'idea secondo cui i migranti non autorizzati arriverebbero dal mare. La maggioranza tuttavia arriva in un modo molto più semplice e meno 13 Sanatorie negli ultimi 40 anni, soprattutto da parte del governo di destra (non per gentilezza ma per non fare figurare l’irregolarità) -Nel 2002 fu la legge Bossi-Fini a regolarizzare 634mila persone in seguito alla presentazione di 697mila domande, di cui 340mila per colf e badanti e 357mila per lavoratori subordinati. La “grande regolarizzazione”, perché alti non sono mai più stati raggiunti in seguito -Un’altra finestra si aprì nel 2006 grazie al decreto flussi per l’assunzione annuale di lavoratori stranieri. In questo caso furono 655mila le richieste, arrivate in meno di una settimana con la nuova procedura telematica affidata a datori di lavoro e patronati, un numero quasi quattro volte superiore ai 170mila posti a disposizione. -Nel 2009, sempre con un governo di centro-destra, 294.744 le richieste di regolarizzazione da parte di colf e badanti ai quali la sanatoria era destinata, nonostante il governo si fosse attrezzato per accogliere tra le 500.000 e le 750.000 richieste, secondo le previsioni del ministero dell’Interno, con alla guida il leghista Roberto Maroni. -L’ultimo in ordine di tempo, è stato il tentativo fatto nel 2012 con l’allora ministro Andrea Riccardi, di far emergere i migranti dal sommerso. 105mila le richieste di regolarizzazione pervenute dai datori di lavoro che volevano fare uscire dalla clandestinità i propri dipendenti immigrati concedendo loro un permesso di soggiorno. Flop (stimati numeri intorno alle 300-400mila unità) spiegato anche per l’alto costo dell’operazione da parte proprio di chi doveva regolarizzare. Si stima, comunque, che un terzo degli immigrati regolari presenti oggi in Italia ha un passato da irregolare e sia stato ‘sanato’ da questo tipo di provvedimento. Dal 1986 è passato da questa trafila oltre un milione e mezzo di persone.  09/11 Caratteristiche delle sanatorie Italiane Quali sono le caratteristiche?  -Il carattere collettivo: a differenza di altri paesi in cui si privilegiano meccanismi di regolarizzazione individuali, riguarda le masse -La ricorrenza periodica: la media in Italia è quella di una sanatoria ogni 3 anni e mezzo. Problema di regolarizzare i residenti in maniera illegale. L’italia secondo Ambrosini si presenta come paese in cui si entra illegalmente e c’è un ampio margine per trovare lavori sommersi ed essere regolarizzati prima o poi. In realtà le sanatorie si fanno più rare e sempre più focalizzate su alcune professioni, il che di fatto mantiene i migranti in clandestinità e in una situazione di sfruttamento e povertà assoluta.  -Le grandi dimensioni raggiunte: soprattutto le sanatorie degli anni 90 e inizio 2000, hanno riguardato in totale oltre 1milione di persone -Gli elevati livelli di discrezionalità: messi in campo da burocrati e amministrazioni che generano profonde disparità di trattamento in caso di sanatorie. Migranti e datori di lavoro si devono rivolgere alle amministrazioni territoriali→in alcuni casi non a tutti i migranti viene riservato lo stesso tipo di trattamento.  Le traiettorie di alcuni migranti Lo studioso greco Glytsos (2005)ha cercato di individuare una traiettoria standard. Molti migranti seguono la traiettoria seguente: 1- Migrante irregolare – stato di illegalità: condizione molto diffusa 2- Amnistia temporanea: sorta di condizione di regolarizzazione temporanea attraverso sanatoria,... 3- Legalizzazione sotto condizioni specifiche: caratteristica che non si trova nel contesto italiano es legalizzazione attraverso il lavoro 4- Legalità incondizionata (con la cittadinanza): consentono la permanenza a tempo indeterminato I risultati della sanatorie Non dobbiamo pensare sia resa semplice la vita dei migranti→ hanno carattere temporaneo, non è come la cittadinanza ma hanno un permesso di soggiorno e quindi temporaneo dai 6 mesi ai 2- 5 anni→ Sono risultati di fatto precari Molti migranti sanati poi perdono comunque il lavoro e in seguito il permesso→ si ritrovavano poi in una condizione di irregolarità→ ci sono persone che hanno usufruito di più sanatorie.  Questa condizione è dettata dalla discriminazione all’accesso a lavori più stabili. Perché migranti pensati per rispondere a esigenza di manodopera flessibile e da non «mantenere» in modo costante. Non avere la certezza del lavoro vuol dire non avere la certezza della propria stabilità nel territorio→ centrale la relazione tra documenti, lavoro e stabilità Stagnazione economica e politiche restrittive di controllo, rendono molto complesso il mantenimento di un permesso di soggiorno o la sua stessa richiesta→  Situazione con abolizione di certi permessi, che creano masse importanti di irregolari. Devianti e vittime, trafficanti e trafficati ( Cap. 10) Importante concetto tratta→ smuggling e trafficking per parziale Il tema delle migrazioni è spesso associato a quello della criminalità o il crimine viene associato alla provenienza della persona che ha commesso il crimine es. nelle notizie di crimini viene detto il paese di provenienza.  Il rapporto tra migrazioni e criminalità è un tema che dall’opinione pubblica è passato all’ambito scientifico.  L’alterità di cui sono portatori ha contribuito a generare l’idea che i migranti siano spesso coinvolti in attività illegali. Anche il concetto di extra comunitario rimanda a qualcosa di negativo, potenzialmente deviante→ percezione dell’alterità nella società: essere migrante e povero è la doppia alterità che la società vede in maniera negativa e associa a un processo di criminalizzazione.  In altri casi i migranti sono considerati vittime di altri migranti→ migranti come vittime della criminalità e non necessariamente i criminali. Mentre quest’idea come vittima non ha avuto successo, l’idea del migrante come carnefice si è evoluta anche nel dibattito politico→ messa in sicurezza dello stato es. la clandestinità è diventata un crimine (reati di immigrazione), questo vuol dire che le statistiche della criminalità saranno piene di migranti nel momento in cui anche un irregolare diventa criminale.  Tema caldo, perché determina azioni politiche problematiche, basate più su stereotipi che su dati reali. Va sottolineato che il matrimonio, o il ricongiungimento familiare incidono positivamente sulla condotta di questa popolazione favorendo comportamenti più ordinati e ligi alle leggi.  Le statistiche in Italia -Se guardiamo al «tasso di delittuosità» (denunce rispetto a popolazione totale) tra migranti e italiani rileviamo che i primi hanno un tasso del 5,3%, mentre per i nativi siamo al 1,15% -Quindi i migranti sono più denunciati degli italiani? In generale sì, ma se scomponiamo i dati, se usiamo dati disaggregati, dividendo tra migranti regolari e lungo soggiornanti e migranti recentemente arrivati in Italia, possiamo facilmente notare che per i migranti regolari e residenti da anni, la percentuale di delittuosità scende al 1,75% (vicino all’1,15 italiano) --> sono più denunciati ma bisogna comprendere per cosa, se sono stati dichiarati colpevoli,... -Detto altrimenti per chi è irregolare l’adozione di comportamenti illegali o punibili per legge sale molto, rispetto allo stesso dato per chi risiede da anni.  -Tra gli irregolari, poi, il tasso maggiore si concentra tra i più giovani e scende drasticamente tra i più anziani. Questo cambia anche il tipo di crimine→ più violenza e furti, meno sul fronte degli omicidi. Tra i più anziani non sono quasi mai presenti denunce.  Se guardiamo i dati sulla presenza nelle carceri italiane -I migranti in carcere rappresentano il 34% del totale (dati 2019)--> dato spesso discusso nelle analisi tra migrazione e devianza. Questo dato subisce variazioni nei vari contesti territoriali.  -Le ragioni di una così forte presenza di migranti in carcere è da comprendere alla luce di alcune dinamiche che li riguardano: 1. Da un lato il fatto che nella maggioranza dei casi siano irregolari e senza domicilio fisso, spinge i tribunali ad adottare la detenzione anche in attesa di processo (cosa che non avviene così spesso per gli italiani) → molti irregolari non hanno alloggio, vivono per strada e questo li induce a compiere atti devianti, essere denunciati e andare in carcere. Vengono arrestati in preventiva non sapendo dove trovarli poi→ detenzione preventiva che si giustifica per l’assenza di dimora.  2. Accedono solo raramente a misure alternative alla detenzione e questo in parte si deve al fatto che gli avvocati che li difendono sono d’ufficio e meno agguerriti e attenti al benessere del loro assistito. Questa situazione determina il fatto che vi siano meno ricorsi alle sentenze rispetto ai nativi e che quindi si trovino condannati in via definitiva. -Bisogna inoltre ricordarsi che la sola condizione di irregolare soggiorno rappresenta un reato penale, motivo per cui nonostante possano non aver commesso crimini, il solo fatto di essere sul suolo italiano ne è uno. Devianza dei migranti tra nord e sud italia -Se guardiamo alla collocazione geografica dei dati su migranti e devianza possiamo renderci facilmente conto che i migranti con denunce o già in carcere sono nettamente superiori al nord piuttosto che nel sud italia. -La letteratura sulla devianza è quindi in contrasto con questi dati, dal momento che è diffusa l’idea che si commettano più crimini laddove vi siano meno possibilità e risorse -Le ragioni di questa tendenza atipica possono essere varie: 1. C’è più indifferenza rispetto ad alcuni comportamenti che sarebbero denunciati al nord 2. La dimensione estremamente radicata e organizzata del crimine al sud non lascia molto spazio alla libera concorrenza e incanala tutte le forze in uno scenario unico di criminalità (no cani sciolti che minerebbero solidità del crimine organizzato) Idea stereotipata. Caratteristiche della devianza dei migranti Principali crimini a carico dei migranti:  1. furti in abitazione (48%) 2. Furti nei negozi (51%)che possono essere di diversa natura: dal gioielliere al negozietto 3. Spaccio (38%) 4. Sfruttamento della prostituzione (62%)  -I migranti commetto reati ad alta visibilità, mentre gli italiani sono coloro che commettono crimini a bassa visibilità (reati di tipo finanziario, truffe di vario genere). Anche la devianza è legata alla classe di appartenenza e alle competenze e conoscenze di chi commette il crimine. Per compiere crimini di stampo finanziario è richiesto un capitale di conoscenze forte e non necessariamente un migrante riesce a portare avanti questo tipo di crimini. -Se si guarda ai dati sui crimini, poi, dobbiamo sottolineare che alcuni migranti di alcuni contesti sono specializzati in dei crimini. Nord africani più implicati nello spaccio (gran parte delle sostanze spacciate in europa proviene dal nord africa), mentre romeni, serbi e croati sono più specializzati nei furti; Albanesi e nigeriani sono invece a capo di reti di sfruttamento della prostituzione. es. mama nigeriane gestiscono donne nigeriane e albanesi prendono anche donne dall’est. Sono soprattutto donne a sfruttare la prostituzione. Network migranti e devianza -La specializzazione di alcuni migranti provenienti da specifici contesti in settori criminali circoscritti, rimette al centro la rilevanza delle reti di migranti nel percorso migratorio di chi decide di partire. es. nel contesto nigeriano ci sono circoli viziosi in cui si creano network specializzati in prostituzione. -I network, infatti, lo abbiamo già visto, rappresentano una risorsa, ma possono rappresentare anche un problema radicato -Da reti «virtuose» passiamo in alcuni casi a «reti viziose», che forniscono possibilità lavorative illegali, informazioni sui rischi, o in alcuni casi che ingannano i migranti in partenza, promettendo grandi possibilità che invece non ci saranno. Si manifestano però anche fenomeni di segno contrario: ucraini, filippini o indiani, collocati al quinto, sesto e settimo posto nella graduatoria del soggiornanti, non figurano mai tra le prime nazionalità nelle graduatorie di denunciati per i diversi reati.  Migranti, genere e criminalità. Quale ruolo alle donne migranti? Come si costruisce il consenso? 1. In primo luogo, lo squilibrio tra le possibilità di ingresso nei paesi avanzati e l'aspirazione a partire genera un grande mercato per coloro che sono pronti a soddisfare la speranza di imprimere una svolta alla propria vita emigrando.  2. contribuiscono poi dispositivi di pressione psicologica che spaziano dalle minacce alle promesse che servono a piegare la capacità di autodeterminazione delle donne immesse nel mercato del sesso 3.  si utilizza poi una manipolazione affettiva →La solitudine, lo sradicamento, il senso di estraneità, la mancanza di informazioni, provocano reazioni emotive destabilizzanti, che solo a un'analisi superficiale possono essere interpretate come espressione di un fondamentale consenso nei confronti dello sfruttamento 4.  va richiamato infine il problema della asimmetria informativa→ le vittime non hanno in genere altre fonti di notizie sulle loro condizioni, sui loro diritti, sulla opportunità a cui avrebbero accesso se uscissero dalla prostituzione e si ribellassero allo sfruttamento.  Pregiudizio, discriminazione, razzismo (cap 11) non fatto in classe Pregiudizi e stereotipi: i processi di etichettatura Alla base del pregiudizio stanno meccanismi operativi tipici dei processi cognitivi della mente umana: la conoscenza richiede classificazione, ossia distinzione e ordinamento degli oggetti in categorie in una certa misura precostituite. Tendiamo quindi a conoscere generalizzando, ossia costruendo categorie collettive e riconducendo le categorie ai casi individuali che ci sembrano classificabili nell'ambito delle categorie con cui abbiamo già familiarità.  Il problema nasce quando i processi di categorizzazione danno luogo a forme di generalizzazione indebita, che consistono nel attuare a tutti i membri di un determinato gruppo sociale alcuni comportamenti o caratteristiche rilevanti a uno o ad alcuni individui di quel gruppo.  Dai pregiudizi nascono gli stereotipi, ossia rappresentazioni rigide che si applicano a gruppi sociali considerati collettivamente semplificando indebitamente la definizione della realtà.  Questi processi di categorizzazione si incontrano con l’etnocentrismo, ossia la tendenza a distinguere il proprio gruppo dagli altri gruppi, e a conferire una preferenza sistematica agli interni nei confronti degli esterni, a ritenere che il proprio gruppo sia migliore degli altri.  Un derivato del pregiudizio etnico è la xenofobia, ossia l'atteggiamento di rifiuto o di paura nei confronti degli stranieri.  Le derive razziste: pratiche e ideologie Il pensiero razzista ordinario consiste in un razzismo diffuso, vago, non tematizzato, che consiste nell'interpretare la distinzione tra noi e loro, come una distinzione tra due specie umane, la prima delle quali viene giudicata più umana dell'altra, o persino la sola veramente umana tra le due.  Il razzismo si infiltra inoltre in pratiche comunicative quotidiane, come pure nel linguaggio dei mass media es usare il termine badante, il termine clandestino,... . ll desiderio di marcare le distanze sociali, ribadendo così una superiorità giustificata da null'altro che dall'appartenenza etnica, fonda le forme popolari di razzismo.  Varie indagini sull'argomento hanno però notato che è più ostile agli immigrati chi non li conosce, e se ne forma un'idea soprattutto mediante la TV, rispetto a chi ha qualche rapporto diretto con loro.  La complessità del fenomeno ha dato luogo a diversi tentativi di spiegare le ragioni per cui si sviluppano le diverse manifestazioni di xenofobia e razzismo. Secondo Wimmer possiamo distinguere quattro approcci: - teoria della scelta razionale: xenofobia e razzismo deriverebbero dalla rivalità tra immigrati e popolazione autoctona per l'accesso a risorse scarse - Teoria funzionalista: riconduce la xenofobia alla differenza culturale e alla presunta incapacità di adeguarsi degli immigrati. - Teorie della comunicazione discorsiva: la distanza culturale o l'incapacità di assimilarsi sono elementi di una costruzione sociale dell'alterità degli immigrati, basata su pratiche comunicative categorizzati e stigmatizzanti a cui concorrono vari attori, dai mass-media all'elite politico- amministrative.  -Teorie fenomenologiche: legano i fenomeni xenofobi a una trasformazione sociale in cui certe promesse politiche sono in difficoltà; l'ostilità verso gli stranieri, l'identificazione di nemici ben definiti o di capri espiatori, divenuto un modo per rinsaldare l’identità nazionale e i suoi confini.  Il razzismo conosce poi una variabilità nel tempo in quanto può spostarsi su altri gruppi etnici o nazionali, di solito neoarrivati.  Sono le società riceventi a costruire la figura dell'immigrato, inquadrandolo in modo da produrre nella sua collocazione sociale una perdita di status, identificando come svalutativi gli elementi che più immediatamente lo identificano come straniero rispetto al contesto di insediamento. Vecchi e nuovi razzismi A differenza del razzismo ordinario o popolare, che ha natura informale e irriflessa, questo pensiero razzista è il frutto di una costruzione intellettuale che ambiva a una dignità scientifica. Può essere definito dall'unesco come qualsiasi teoria che stabilisca una superiorità o l'inferiorità intrinseca di gruppi razziali o etnici, in base alla quale si riconosca agli uni il diritto di dominare o di eliminare gli altri, presunti inferiori. Le origini del razzismo vengono individuate soprattutto nel pensiero illuminista del XVIII secolo, con la nascita delle nuove scienze che naturalizzano lo statuto dell'umanità e della visione cristiana e biblica dell'Unità del genere umano.  Il suo sviluppo ha poi a che fare con l'espansione coloniale Europea in Africa e in Asia, a cui fornisce un potente strumento di legittimazione: attraverso il razzismo le differenze sociali tra dominatori e dominati vengono ricondotte all'ordine della natura, quindi considerate giuste e inevitabili. Al centro del razzismo classico stava dunque la nozione di razza.  Dopo la Seconda Guerra Mondiale e la presa di coscienza degli orrori del nazismo diventa centrale l'idea di differenza culturale, si parla quindi di razzismo differenzialista.  Il razzismo differenzialista prende la forma di un'esaltazione delle differenze. Le identità culturali vengono dunque concepite come rigide, non modificabili, mentre le possibilità di ibridazione vengono respinte come inaccettabili.  Il neoclassicismo si impadronisce di determinati argomenti come l'elogio delle differenze o la difesa di culture minacciate, e si ripropone come culturalmente accettabile.  I processi discriminatori  La discriminazione razziale consiste in comportamenti concreti che penalizzano singoli e gruppi in ragione di fattori come la nazionalità, la religione, l'apparenza fisica.  Si possono distinguere diverse forme di discriminazione razziale: - forme esplicite o dirette di discriminazione: per esempio si leggono annunci che propongono abitazione in affitto, ma con la prestazione che non si desiderano inquilini immigrati. - Discriminazione istituzionale: discriminazione insita nelle norme giuridiche che consiste in limitazione della possibilità di accedere a determinate occupazioni, diritti o benefici sulla base della cittadinanza.  -Discriminazione implicita o indiretta: ricorre quando disposizioni e pratiche sociali apparentemente neutre adottano criteri generali, di fatto penalizzando o favorendo alcuni gruppi etnici es. Nel mercato del lavoro i requisiti professionali richiesti sono in teoria uguali per tutti, ma nella pratica trattano alcune componenti etniche più favorevolmente di altre.  -Comportamenti riconducibili a forme di discriminazione statistica: l'attribuzione a un intero gruppo sociale di comportamenti osservabili in alcuni soggetti appartenenti al loro gruppo. Le discriminazioni sui luoghi di lavoro Quattro forme di discriminazione sui luoghi di lavoro: 1) discriminazione nella gerarchia occupazionale esistente: si riferisce al fatto che i lavori meno attraenti, più pericolosi, più dannosi per la salute e peggio pagati sono attribuiti in maggior misura a lavoratori di origine immigrata. 2) discriminazione al di fuori della gerarchia occupazionale: pratiche tese a collocare i lavoratori immigrati al di fuori della struttura organizzativa stabile 3) discriminazione attraverso il trattamento egualitario: si riferisce all'applicazione di regole universalistiche a certe situazioni che meriterebbero invece una maggiore flessibilità 4) Discriminazione nelle relazioni di lavoro quotidiane: si riferisce alle vessazioni formali, inflitte dai compagni e dagli immediati superiori ai lavoratori immigrati.  Rifugiati, migranti forzati, minoranze Rom e sinti. (cap 12) non fatto in classe Gli spostamenti di rifugiati e richiedenti asilo non possono essere calcolati e previsti. L'obbligo di accoglienza dei perseguitati dovrebbe costituire in linea di principio un elemento cardine della nostra civiltà giuridica e dell'autorappresentazione di società democratiche.  I paesi cercano però di fatto di limitarne il numero per ragioni di consenso interno, di costi paventati e di riaffermazione della propria capacità di controllo dei Confini.  Negli anni 90, in seguito soprattutto alle guerre balcaniche, è stata introdotta la figura della protezione sussidiaria per i profughi di guerre e violenze etniche. Configurata inizialmente come provvisoria, orientata al ritorno in patria e quindi dotata di un pacchetto limitato di diritti, è stata però in seguito assimilata dalle normative dell'Unione Europea alla condizione del rifugiato pleno iure.  È stata poi introdotta in Italia e in altri paesi la figura della Protezione Umanitaria, riferita agli sfollati e ad altre persone in condizione di pericolo simile a quella dei rifugiati. La protezione Umanitaria, in Italia come in altri paesi, veniva concessa su basi strettamente individuali, caso per caso.  La maggior parte dei rifugiati nel mondo sono tuttavia sfollati interni, persone che hanno dovuto fuggire a causa di conflitti e persecuzioni, ma hanno trovato un riparo in altre regioni del proprio paese. Non avendo varcato il confine, non possono invocare la tutela dell'ONU e rimangono in balia del proprio governo, che può ridurre l'assistenza o tagliarla oppure obbligarli a tornare nei luoghi di origine.  Più controversa è la categoria dei rifugiati per cause ambientali. Le migrazioni collegabili a cause ambientali sono principalmente migrazioni interne.  Un'altra questione riguarda le situazioni di rifugio protratte→ parecchi rifugiati sperimentano molti anni di esilio, spesso confinati in campi senza speranza di ritorno o di integrazione nel paese ospitante.  I rifugiati nel mondo: da dove vengono e dove arrivano Il terzo mondo è da anni l'area di origine della maggior parte dei migranti forzati. Due su tre vengono da Siria, Afghanistan, sud Sudan, Myanmar, Somalia. I paesi più impegnati nell'accoglienza sono quelli più prossimi ai paesi sconvolti da guerre, scontri etnici, persecuzione delle minoranze, governi oppressivi. I paesi in via di sviluppo sono dunque in primo piano come i luoghi di origine, ma sono anche in prima fila nell'accoglienza.  Il deterioramento delle immagini dei rifugiati e la vittimizzazione Nell'Unione Europea, con le convenzioni di Dublino, è stato introdotto l'obbligo di presentare domanda di asilo nel primo paese sicuro, con l'impossibilità di reiterarla altrove. Il varo del sistema frontex e i successivi sviluppi, hanno di fatto contribuito a limitare anche gli arrivi di rifugiati. Queste misure di contenimento discendono da un cambiamento dell'immagine dei rifugiati, sul piano culturale e politico: le politiche dell'asilo sono quindi contraddistinte dalla sfiducia nei richiedenti asilo.  Anche quando le loro istanze ricevano ascolto, si è imposta una visione dei rifugiati diversa dal passato: mentre un tempo apparivano come eroici oppositori politici di regimi oppressivi, oggi nei casi più favorevoli sono accolti come vittime traumatizzate. Nel loro caso, la vittimizzazione erode i diritti delle persone accolte, togliendo loro la capacità di prendere decisioni e affidando la gestione della loro sorte alle autorità del paese ricevente.  Le politiche di accoglienza e di gestione dei rifugiati L'accoglienza dei rifugiati chiama in causa il ruolo delle istituzioni statali e la loro capacità di gestione della popolazione interessata. Vincolati dalle convenzioni internazionali che hanno siglato, sono tenute a esaminare le istanze ed eventualmente a riconoscerli come meritevoli di qualche tipo di protezione. Spetta però ad esse decidere se meritano di essere accolti, con quali diritti e fino a quando, si
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