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La Città e il Ruolo Nello Sviluppo Economico: Uno Sguardo alle Città Globali e Regionali, Sintesi del corso di Sociologia Economica

Geografia economicaGlobalizzazioneSociologia UrbanaSviluppo Economico

Del ruolo delle città nel processo di sviluppo economico, con un focus particolare sui concetti di città globali e regionali. come le città diventano incubatori di innovazione e crescita, e come la globalizzazione contribuisca a concentrare attività e funzioni specializzate in queste aree. Vengono presentate diverse teorie sul ruolo delle città, dalla centralizzazione dello stato alle reti transnazionali, e si discute della relazione tra città e classe creativa.

Cosa imparerai

  • Che teorie sono state avanzate sul ruolo delle città nel processo di sviluppo economico?
  • Come le città diventano incubatori di innovazione e crescita?
  • Come la globalizzazione influenza il ruolo delle città?

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 24/06/2022

Anna.Gravina
Anna.Gravina 🇮🇹

15 documenti

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Scarica La Città e il Ruolo Nello Sviluppo Economico: Uno Sguardo alle Città Globali e Regionali e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Economica solo su Docsity! 29 Le città come attori dello sviluppo Studiare le città Le città hanno tradizionalmente costituito l’oggetto di ricerca di urbanisti, sociologi urbani e geografi, ma oggi sempre più frequentemente anche di sociologi dell'economia ed economisti. Il coinvolgimento di una più ampia comunità scientifica si è accompagnato negli ultimi decenni a una crescita di attenzione sul ruolo che le città svolgono nei processi di sviluppo e, particolarmente, nei processi di crescita economica e in quelli di regolazione dei mercati e dell’economia. Il rilievo della città nello sviluppo economico non è nuovo, né recente, ma lungo la storia del capitalismo ha conosciuto alcune oscillazioni interpretative. è Max Weber a evidenziare l’importante ruolo economico svolto dalle città alle origini del capitalismo moderno. Secondo il sociologo tedesco, le città occidentali e il loro peculiare modo di strutturare la cittadinanza hanno dato un importante impulso allo spirito imprenditoriale, allo sviluppo del commercio, della borghesia artigianale e commerciale, alla liberazione della forza lavoro e della terra . Già a partire dall’inizio del Novecento, però, in una fase più matura del capitalismo, il ruolo economico delle città ha perso rilievo per effetto di due condizioni. La prima è la diffusione dell’industria di massa, un modello di produzione basato su grandi imprese verticalmente integrate, che sviluppano tutte le fasi della produzione al loro interno e tendono a essere relativamente più autonome da ciò che si svolge al loro esterno, nei territori. La seconda è una centralizzazione di funzioni in capo allo stato, che si impone sulle città come centro regolatore. Con l’affermarsi dello stato moderno si determina il declino delle città-stato, ovvero delle città come soggetti politici, economici e sociali sostanzialmente autonomi . La crescita del settore dei servizi e la globalizzazione, intesa come intensificazione degli scambi commerciali internazionali e integrazione dei mercati, contribuiscono poi a un rilancio delle città come luoghi in cui si concentrano attività, funzioni e servizi più o meno specializzati. In questo modo le città diventano veri e propri incubatori di innovazione e crescita, luoghi generatori di servizi e risorse materiali e immateriali che sempre più costituiscono le precondizioni per la crescita economica. La produzione di servizi pubblici è forse l’aspetto in cui più chia-ramente si manifestano queste tendenze, che derivano da un lato dalla necessità di adeguare i regimi di protezione sociale ai nuovi bisogni, dall’altro da quella di limitare l’impegno finanziario e organizzativo del centro. Ciò ha costituito un’occasione di rafforzamento istituzionale delle città, talvolta anche a scapito dello stato. Nel caso dei paesi europei, un’ulteriore spinta alla crescita delle città è poi giunta dai processi di europeizzazione. Le sfide interpretative In questa nuova centralità le città sono state studiate da punti di vista differenti. Il sociologo americano che ha molto insistito su tali funzioni delle città, Richard Florida, pone al centro dei suoi lavori il nesso fra città e «classe creativa» . Un rilievo che si può osservare con riferimento a diversi fattori, fra i quali il più importante è certamente l’ascesa della classe creativa. Si tratta dell’insieme di lavoratori impegnati nella produzione di innovazioni o occupati in settori caratterizzati da alto impiego di conoscenza . La classe creativa ha un ruolo cruciale non solo perché in rapida e intensa ascesa, perché detiene i redditi più elevati e perché la sua crescita non è stata interrotta della crisi del 2008 , ma soprattutto perché da essa dipende lo sviluppo economico di un paese, la ricchezza di una nazione. Secondo Florida la mobilità e le scelte di residenza della classe creativa dipendono in misura elevata e crescente dalla qualità dei luoghi e dell’ambiente urbano. In questa dinamica le città incarnano il modello di crescita economica definito dall’autore delle 3 T . Si noti che, nel quadro teorico presentato, le città vengono studiate nel compiuto definirsi di processi endogeni, ovvero l’analisi tende a concentrarsi sui meccanismi e sui processi che si stabiliscono all’interno delle città. Più in generale vengono avanzati dubbi sul ruolo della classe creativa come generatore primario delle città innovative. Lo stesso Florida del resto, nei suoi lavori più recenti è tornato sugli aspetti più discussi della sua teoria. Un altro importante filone di studi si è concentrato sulle città globali. In questa accezione, le città sono viste come nodi di reti di attivazione e controllo di processi economici globali, e sono dunque analizzate in stretta relazione a quanto accade al loro esterno, e precisamente in relazione ai processi di globalizzazione. Una conseguenza risiede nella deterritorializzazione che deriva dalla delocalizzazione di alcune attività non solo di produzione, con il trasferimento di fab-briche in contesti dove ci sono maggiori vantaggi competitivi, ma anche di servizi, con il trasferimento di lavoro che può essere espletato ovunque, come per esempio nel caso dei call center. Ma vi è un’altra conseguenza che risiede in un opposto effetto di accentramento territoriale di altre funzioni, quelle di direzione e di controllo, che si sviluppano in città. In questo modo, città come New York, Tokyo, Londra, Sydney, Bangkok, Città del Messico, Buenos Aires, fra le altre, sono diventate luoghi di concentrazione di attività ad alto valore aggiunto e funzioni specializzate come i servizi finanziari, assicurativi, immobiliari, i servizi legati all'esportazione, la contabilità, la pubblicità, la consulenza per la direzione, l’assistenza legale internazionale. Si noti che in questa prospettiva transnazionale, come viene definita dalla sociologa americana Saskia Sassen, che la adotta , non si demografico, emerge anche come fornitore di servizi alle imprese e di servizi connessi con l’industria culturale e creativa . Ma un’elevata diffusione di servizi si osserva in tutti i centri urbani e metropolitani del Nord, secondo una tendenza alla specializzazione funzionale. Oltre che centri di produzione di servizi, le città del Nord sono anche luoghi fisici in cui si sviluppano network professionali «creativi» rilevanti, come osservato nei casi di Parma e di Modena, dove tali network si affermano anche a partire da iniziative culturali, festival e concerti. Ma reti innovative si stabiliscono anche al confine fra distretti e città, attraverso il ruolo delle imprese distrettuali. Milano risulta l’ottava global city al mondo in una classifica del grado di connettività dei servizi avanzati alle imprese ivi localizzati con altre città mondiali. È però Milano a svolgere con più forza il ruolo di snodo globale. Rispetto a Roma, Milano risulta più connessa alle città nordamericane, alla diade New York e Londra, a un’altra regione-globale, quella dell’Asia Sudorientale. Le ricerche, nel complesso, mostrano in definitiva come i flussi che derivano dal dispiegarsi delle forze di mercato, dallo strutturarsi delle interdipendenze e dalle scelte localizzative di residenti e di imprese, determinano una integrazione sistemica che può essere letta con riferimento all’area del Nord ove risulta superata la precedente differenziazione tra Nord-Ovest e Centro-Nord-Est. La debolezza della città-regione globale Nord è forse individuata nel suo incompiuto riconoscersi come attore globale unitario e nella sua difficoltà a definire una strategia che, secondo logiche di assemblaggi di politiche, sappia valorizzare l’integrazione sistemica nel rispetto delle diversità locali. Le città del Sud La ricerca curata per conto della Fondazione Res da Paola Casavola e Carlo Trigilia e pubblicata nel 2012 nel volume La nuova occasione. Città e valorizzazione delle risorse locali è invece rivolta alle città del Sud nel confronto con quelle del Centro-Nord. Essa parte dal presupposto che la globalizzazione si associ a una crescita della domanda per beni di consumo di qualità nei quali la componente simbolica e il richiamo a tradizioni e identità territoriali è rilevante e a una crescita della domanda turistica sempre più collegata alla fruizione di beni culturali e storico-artistici nelle città dei paesi avanzati. La globalizzazione offre dunque «nuove occasioni» di ri-posizionamento anche per quelle città, come le città del Sud d’Italia, che nella fase del capitalismo industriale hanno risentito di una generale debolezza competitiva del territorio. Sulla base di tale premessa, gli autori della ricerca si sono posti l’obiettivo di valutare se le città meridionali detengano le risorse locali necessarie a riposizionarsi e in che misura questo si sia realizzato. Il disegno si è allora concentrato sugli stock di dotazioni delle città di tre tipi di risorse: quelle relative al patrimonio culturale e ambientale, quelle di capitale umano e quelle di saper fare diffuso. D'altra parte, la comparazione dei capoluoghi sulla base di un indicatore di attivazione evidenzia – per il periodo esaminato – una marcata debolezza delle città del Sud rispetto a quelle del Nord. Le città meridionali avrebbero dunque, al pari di quelle del Nord, tutte le risorse potenzialmente necessarie per sviluppare un’industria turistica, ma attraggono visitatori in misura inferiore che al Nord. Perché? Approfondimenti qualitativi condotti in una selezione di casi di studio siciliani e del Centro-Nord hanno esplorato i fattori di debolezza nei meccanismi di attivazione delle città studiate. Secondo uno schema analitico ispirato all’idea di città come società locali incomplete, e per molti aspetti ancora strettamente legate a livelli superiori di regolazione, i meccanismi di attivazione vengono distinti dai ricercatori fra esogeni ed endogeni. Del primo tipo sono la domanda turistica esterna, che è in grande espansione su scala globale; ma anche le politiche sovralocali e gli investimenti privati esterni. Il ruolo delle politiche sovralocali è stato rilevante per tutti i casi analizzati. Negli anni Questo aumento dell’offerta ricettiva però non ha corrisposto a un innalzamento delle presenze turistiche, che in alcuni casi sono risultate addirittura in calo nel periodo osservato. L’attenzione è stata dunque posta sul ruolo dei fattori endogeni, fra i quali sono stati considerati: l’accessibilità del luogo garantita dai sistemi di trasporto, la qualità dell’offerta, il ruolo dei soggetti locali. Sebbene i voli low cost abbiano potenziato il traffico aereo di città come Palermo e Catania, il maggiore dinamismo sul piano turistico di loca-lità molto più difficilmente raggiungibili, come nell’esempio di Ragusa, ha portato a relativizzare il fattore connesso all’accessibilità del luogo. Un ruolo maggiore ha invece giocato la qualità dell’offerta, e in particolare la rilevanza di un grande attrattore, come può essere la Valle dei Templi di Agrigento, o la Torre di Pisa, rispetto a una dotazione diffusa di beni minori e meno rinomati. Nell’attivazione dell’industria turistica è stato mostrato anche il rilievo di elementi connessi alla comunicazione, come il successo della popolare serie televisiva del commissario Montalbano, che ha contribuito alla diffusione dell’immagine dell’area ragusana; o come la realizzazione della tappa della regata velica America’s Cup a Trapani nel 2005. Ma è soprattutto il ruolo degli attori locali, il meccanismo di attivazione su cui si concentra infine l'attenzione dei ricercatori. La comparazione fra città del Sud e quelle del Nord come al Nord sia più solida l'imprenditorialità qualificata e innovativa, mentre in alcune città del Sud sono emersi modelli di «imprenditorialità laterale», provenienti da altri settori e con una cultura imprenditoriale dipendente dal sostegno pubblico. Le problematiche emergenti Le evidenze tratte dalle ricerche sul Nord mostrano come processi compositi e spon-tanei abbiano determinato un sistema economico integrato che fa del Nord una città-regione globale; ma non vi è evidenza di processi di regolazione su scala transregionale che abbiano significativamente accompagnato tali sviluppi, anche nella direzione di limitare gli effetti della polarizzazione fra aree urbane di sviluppo e aree interne marginali . D’altra parte la ricerca sulle città del Sud ha mostrato come lo scarto fra dotazione di risorse locali e loro valorizzazione in termini economici dipende dalla debolezza delle azioni pubbliche e private predisposte a livello locale e dalla loro scarsa cooperazione. Sia che si tratti di indirizzare, riequilibrare o governare processi spontanei di mercato sia che si tratti di indossarne di nuovi, in quei settori dove più forte è il ruolo di attivazione dell’attore pubblico , le ricerche mostrano come le possibilità che il riposizionamento strategico delle città e dei territori nel contesto della globalizzazione abbia successo dipende anche dal ruolo, variamente giocato, dell'intenzionalità strategica. In questo senso le ricerche presentate esemplificano, seppure da diversi percorsi teorico-analitici e con riferimento a differenti territori, una tematica molto presente nella letteratura che si è concentrata sul nesso fra città e crescita economica. Quest’ultima infatti in molti casi ha indagato tale nesso sotto un duplice aspetto, guardando da un lato al ruolo delle città nei processi economici in senso stretto, dall’altro al loro ruolo come centri di regolazione dell’economia. Il primo è un cambiamento di prospettiva, l'affermarsi di una nuova visione. Le politiche occupazionali locali hanno intrapreso strada della valorizzazione delle risorse endogene e, via via che si accresceva la mobilità dei capitali, sempre di più quella dell’attrazione di investimenti esterni. Questo ha corrisposto a un cambio di passo rispetto alla stagione precedente, in cui un'elevata presenza di capitale esterno era vista come indicatore di debolezza e di dipendenza, e ha comportato la diffusione di un nuovo orientamento più favorevole all'impresa, alle sue esigenze e ai suoi bisogni. In questo percorso le città si sono spostate sempre di più verso la promozione di politiche per l’offerta . Insieme ai contenuti dei nuovi interventi regolativi si sono modificate anche le forme attraverso cui questi interventi sono stati realizzati. Quando però attori pubblici, nell’ambito della sfera politica e di quella amministrativa, imprese, associazioni di categoria, camere di commercio, associazioni o gruppi organizzati di cittadini si coordinano per il raggiungimento di un obiettivo comune , la città comincia a essere studiata come attore unitario in grado di mobilitare risorse nella competizione verso l’esterno . Come è stato notato , tale logica richiede una leadership propriamente politica: non è un caso che l’analisi di tali processi regolativi sia stata accompagnata da un rinnovato interesse per i governi urbani, che nel frattempo hanno sperimentato un accrescimento del peso degli esecutivi locali e la diffusione dell’elezione diretta dei sindaci, attraverso riforme che hanno fornito nuove risorse di legittimità ai governi locali. Anche le esperienze europee dei piani strategici sono una testimonianza di queste evoluzioni. Si tratta di un modello di regolazione che, diffuso fra gli anni Novanta del secolo scorso e il primo decennio successivo, ha assunto forme e pratiche differenti, ma che è stato ricondotto a tre principi ricorrenti: il ricorso da parte dei decisori a uno stile politico pragmatico e partecipativo; la formazione di politiche pubbliche derivanti da una governance nel senso sopra specificato; l’inclusione dell'obiettivo della partecipazione nella costruzione stessa del piano . Il declino degli ultimi anni della pianificazione strategica segnala l’addensarsi di maggiori difficoltà per le città nel riuscire a svolgere una funzione regolativa adeguata al loro ruolo economico.
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