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La Sociologia: Teoria della Struttura Sociale e Ruoli, Slide di Sociologia

La sociologia, una scienza sociale che studia la teoria sociale e la struttura della società. Esplora il condizionamento e il mutamento dell'individuo, la riproduzione sociale, la nascita della sociologia e i ruoli sociali. Del ruolo, le aspettative associate a posizioni sociali diverse, le gerarchie sociali, le istituzioni e la path dependency.

Tipologia: Slide

2023/2024

Caricato il 17/01/2024

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cecilia-martiniello 🇮🇹

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Scarica La Sociologia: Teoria della Struttura Sociale e Ruoli e più Slide in PDF di Sociologia solo su Docsity! 5 ottobre Cos’è la sociologia? Cos’è la società? Com'è fatta questa società che ci trascende e in che modo ci influenza? Cos’è la società? è un insieme di schemi e regole di comportamento che ci trascendono e con le quali dobbiamo confrontarci. In una società ci si nasce, non si sceglie, ci sono regole che non abbiamo scelto ma che sono state scelte e definite da terzi. La società uniforma i comportamenti e dall’altra si sottrae ad essi con i reclami con i quali ci sono tentativi di cambiare, con molte difficoltà, e queste sono le norme sociali, che possono essere: Þ Norme descrittive che indicano un normale comportamento delle persone. (es. Di solito al mare si va in compagnia); Þ Norme ingiuntive che indicano ciò che ci aspettiamo che le persone facciano. Queste norme sociali portano sanzioni sociali, ossia il malo modo in cui vieni visto se vai contro al normale comportamento. Ci sono due livelli che coesistono, le norme che trascendono e influenzano le scelte ma anche ma anche la capacità di essere differenti. La società non è qualcosa di statico ma la continua copresenza di un modo in cui gli individui stanno alle regole in modo unico. In merito alla visione della società viene mostrata una fotografia di Massimo Vitali, al fine di riprendere la società da un punto di vista integrativo, vedendola dall’alto per mostrare il comportamento univoco dettato dalle norme sociali. Cos’è la sociologia? È una scienza che si occupa della teoria sociale (= concezioni sistematiche del rapporto tra individui e società, sono cornici analitiche che ci aiutano a comprendere il mondo sociale) quindi la struttura della società, ciò che ci trascende, ossia ciò che sta al piano di sopra e ciò che sta al piano di sotto. Questa cerca di capire in che modo l’una sta all’altra, come cambiano le società e in quali circostanze lo fa. I sociologi per descrivere il cambiamento usano la parola Agency, che è la capacità di trasformare la società. All’interno della teoria sociale si ritrovano anche: Þ Struttura: qual è il fondamento dell’ordine sociale? Che cosa tiene unite la società? Þ Individuo: qual è la natura dell’individualità? In che modo l’individuo agisce nel contesto? Ci possono essere due livelli di questa influenza: • La relazione non passiva, quindi adattarsi alla situazione; • La relazione passiva, lo starci in modo proprio, rispettando le regole ma identificando un proprio spazio personale. Dal punto di vista della struttura sociale: • Il condizionamento dell’individuo; • Il mutamento dell’individuo. Immaginazione sociologica: capacità di riflettere sistematicamente su quanto cose da noi percepite come problemi personali – per esempio, i debiti causati dai prestiti d’onore, le richieste contraddittorie di genitori divorziati o l’incapacità di instaurare una relazione sentimentale soddisfacente – siano, in realtà, questioni sociali ampiamente condivise da altri individui nati in un periodo e in un ambiente sociale simile al nostro. Il sociologo Charles Wright Mills (1916-1962) coniò l’espressione nel 1959: “L’immaginazione sociologica ci permette di afferrare biografia e storia e il loro mutuo rapporto nell’ambito della società”. Le nostre esistenze individuali sono fortemente influenzate dai luoghi e dai tempi in cui siamo nati, da chi nasciamo e dalla serie di esperienze fatte durante l’infanzia, l’adolescenza e l’età adulta. • Ad ogni stadio della vita, sia come individui che come membri di un mondo sociale, le nostre opportunità e le nostre potenzialità sono sempre influenzate dalle disuguaglianze e dalle ingiustizie che incontriamo. • L’immaginazione sociologica ci aiuta a comprendere il mondo che ci circonda, e iniziare a pensare in profondità a come migliorarlo, mettendo in discussione tendenze di fondo che consideriamo “normali” o “naturali”. Una buona immaginazione sociologica implica la capacità di porre domande non scontate, domande “difficili”, anziché accettare immediatamente risposte preconfezionate (ovvero stereotipi). • Gli stereotipi sono credenze solitamente false, o perlomeno esagerate, relative ai membri di un gruppo, ma che sono tuttavia alla base delle supposizioni sui singoli individui che ne fanno parte. Sono cioè indebite generalizzazioni a proposito di individui partendo da ciò che crediamo di sapere sui gruppi a cui appartengono. • La discriminazione implica ogni comportamento, pratica o politica che danneggi, escluda o svantaggi le persone sulla base della loro appartenenza a un qualche gruppo o categoria sociale. Tutti possediamo un certo livello di immaginazione sociologica. • Per formulare domande sociologiche e valutare le prove empiriche a esse collegate, i sociologi hanno sviluppato un insieme di teorie sociali (schemi molto generali che suggeriscono determinati assunti e asserti su come funziona il mondo) e metodi di ricerca (modi di studiare sistematicamente tali questioni, per trovare nuove evidenze che permettano di elaborare nuove risposte). La sociologia si occupa principalmente di capire come gli individui partecipano alla, e sono influenzati dalla, società in cui vivono. Ci riferiamo a questa influenza della società sugli individui con il termine contesto sociale. La sociologia si può quindi definire come lo studio dei diversi contesti attraverso cui le vite degli individui prendono forma e il mondo sociale viene creato - nelle sue due componenti cruciali: • L’interazione sociale si riferisce ai modi in cui le persone agiscono insieme, modificando o alterando il proprio comportamento in risposta alla presenza altrui. È governata da un insieme di norme (le regole fondamentali della società che ci aiutano a sapere che cosa è o non è appropriato fare in una data situazione) e da ruoli che impersoniamo. • La struttura sociale si riferisce ai modi in cui regole e norme della vita quotidiana diventano modelli durevoli che plasmano e regolano le interazioni sociali. Ha due componenti cruciali: le gerarchie (es. manager - operaio) e le istituzioni (es. famiglia, matrimonio, educazione, mercati). I fattori che influenzeranno la vita di ogni bambino: • la famiglia di origine e il livello di istruzione, la ricchezza e il reddito dei genitori; • il quartiere e la comunità locale in cui il bambino crescerà o vivrà da adulto; • l’istruzione che egli riceverà (inclusa la qualità delle scuole che frequenterà); • i tipi di organizzazione (chiese, club o gruppi) di cui farà parte o a cui avrà accesso, e le persone che incontrerà in quegli ambienti; • il tipo di occupazione che troverà; • il paese (ricco, povero o in rapido sviluppo); Al centro delle società capitaliste esiste un conflitto cruciale tra i membri di due classi: la borghesia, dotata delle risorse (economiche) da Marx definite capitale, e tutti gli altri (la classe operaia o proletariato, i commercianti, gli artigiani, gli agricoltori). Le società capitaliste moderna, secondo Marx, si sarebbero gradualmente polarizzate, finendo per essere composte da una borghesia molto limitata e da una classe operaia sempre più ampia. Così come i capitalisti avevano rovesciato il feudalesimo per creare un nuovo e più dinamico sistema economico, alla fine anche il proletariato avrebbe dato vita a una rivoluzione in grado di rovesciare il capitalismo e di creare una società socialista, in cui le forze di produzione della società sarebbero state possedute da tutti (e non da singoli imprenditori) in virtù dell’abolizione della proprietà privata. Per riassumere il pensiero di Marx: alla base c’è il capitalismo che, con la sua distribuzione disuguagliata, si creano delle classi lavoratrici alienate dal lavoro, fino ad arrivare ad una lotta di classe che porterà una rivoluzione socialista ⇒ questo si è realizzato veramente. Max Weber (1864-1920), sociologo tedesco Come Marx, vuole capire come cambia la società, quali effetti ci saranno e come questa reagisce al cambiamento⇒ Weber sosteneva che per studiare la società fosse fondamentale analizzare le motivazioni che guidano il comportamento individuale. Weber, però, agirà in maniera completamente diversa: il punto di partenza di Marx era il campo economico mentre quello di Weber è un’interpretazione dell’agire individuale, ossia analizzare le azioni e motivazioni individuali al fine di capire il comportamento della società; introduce una dimensione nuova nell’analisi sociologia: l’interpretazione dell’agire individuale (= sociologia interpretativa); non basta analizzare il contesto sociale, ma occorre entrare nella testa delle persone e capire come esse interpretano e danno senso al mondo che le circonda. “La sociologia è una scienza che si dedica alla comprensione interpretativa dell’agire sociale” (Economia e società). Weber utilizza la teoria sulle motivazioni dell’individuo per avanzare tesi sulle origini del capitalismo. Analizza come il protestantesimo abbia favorito lo sviluppo della teoria economica capitalista: i protestanti credevano che il duro lavoro e il successo economico fossero segni della benevolenza divina nei loro confronti. Per questo motivo, Weber osserva come il capitalismo si sia sviluppato in alcune parti del mondo (Gran Bretagna, le colonie americane che in seguito sarebbero diventate gli Stati Uniti, Paesi bassi, alcune zone della Germania e della Svizzera), dove l’influenza del protestantesimo era più forte, e non in altre (nel libro Etica protestante e lo spirito del capitalismo, 1904). Alla fine, il successo dei protestanti incoraggiò anche gli altri ad assumere lo stesso comportamento. Lutero, monaco sostenitore di tesi protestanti contro il cristianesimo, pose alla chiesa critiche riguardo la vendita delle indulgenze, dichiarando l’inefficacia delle buone opere assicurate dal sacerdote per essere salvati e per raggiungere la grazia divina. Questo portò scontri fra il cristianesimo e la Chiesa; Lutero cercò di risolvere il problema promuovendo l’instaurazione diretta tra il fedele e Dio, promuovendo la dottrina della giustificazione per fede (giustifica il peccatore: rende giusto chi per sua natura nasce ingiusto a causa del peccato originale, a condizione che abbia fede) ed eliminando qualsiasi intermediario tra essi (per es. il sacerdote). Sosteneva quindi che l’uomo poteva raggiungere la salvezza soltanto grazie alla fede. Ogni credente diveniva sacerdote di sé stesso. Nessun uomo, sosteneva Lutero, può pensare però di arrivare fino a Dio. Questa condizione tuttavia era disperante. Quanto più il fedele viveva approfonditamente la sua fede, tanto più si insinuava in lui il dubbio sulla sua sorte nell’aldilà... Calvino, pastore protestante, individua una possibile soluzione, il segno della grazia divina diventa visibile e sicuro, la ricchezza, il benessere generato dal lavoro. Anzi il lavoro in sé acquista il valore di una vocazione religiosa: è Dio che ci chiama a esso. E ̀ quindi il lavoro e il successo che ne consegue, ad assicurare il calvinista che «Dio è con lui», che egli è l'eletto, il predestinato. Perché per Calvino, i risultati ottenuti con il lavoro corrispondono al valore di Dio. La nostra vocazione e il successo del lavoro è un segno della benevolenza divina: così facendo il lavoratore è spinto a produrre sempre di più. Di conseguenza il povero è colui che per i peccati commessi è escluso dalla grazia di Dio. La figura del povero, che nel Medioevo cristiano e cattolico rappresentava la presenza di Cristo, lo strumento per acquisire meriti per il Paradiso, ora è invece il segno della disgrazia divina. Le torme di mendicanti, cenciosi e ladri, che nel Cinquecento assediano le strade della città, impauriscono i buoni borghesi. A ogni aumento del prezzo dei beni alimentari può scatenarsi una sommossa. Essi quindi verranno relegati dalle autorità cittadine, spesso con la forza, negli ospedali, che divengono i luoghi di raccolta di ammalati, vagabondi e poveri. Mentre il cattolico celebra la messa o prega per ottenere qualcosa, il protestante ringrazia Dio per quello che ha già ottenuto: la sua preghiera onora Dio, ha un valore in sé stessa, non serve per ottenere qualcosa. Mentre le chiese cattoliche manifestano la gloria di Dio nell'oro e nella ricchezza dei loro edifici e delle cerimonie, al contrario le chiese calviniste hanno il senso di sé in sé stesse: sono severi luoghi di culto costruiti soltanto per pregare. La mentalità religiosa calvinista pose la base per lo sviluppo della mentalità capitalista. In tutte le società pre capitalistiche l'economia è intesa come il modo per produrre risorse da impiegare per fini non economici (produttivi): consolidare il potere od ottenere maggiore influenza politica, coltivare la bellezza proteggendo letterati ed artisti (mecenatismo), soddisfare i propri bisogni (consumi) od ostentare tramite il lusso il proprio status sociale. Lo "spirito" capitalistico è quella disposizione socio-culturale che, correggendo la spontanea sete di guadagno, induce il calvinista a reinvestire i frutti della propria attività per generare nuove iniziative economiche: i Paesi Bassi, l'Inghilterra sotto Oliver Cromwell e la Scozia, erano arrivati primi al capitalismo rispetto a quelli cattolici come la Spagna, il Portogallo e l'Italia. Nello spirito capitalistico invece il conseguimento di questi fini legati a valori extra economici sono del tutto secondari e trascurabili: ciò che importa è che il profitto sia investito e sempre crescente. Il capitalista vero è colui che ottiene la massima soddisfazione dal conseguimento del profitto in sé, non dai piaceri che il guadagno può procurare. Ma per consolidare una tale mentalità, contraria alle tendenze "naturali", e ̀stata necessaria, osserva Weber, una grande rivoluzione socio-culturale: la Riforma protestante, la quale inizio ̀per finalità religiose e che involontariamente favori ̀il diffondersi della secolarizzazione (eterogenesi dei fini). Le conseguenze per l’economia: secondo Weber nel pre capitalismo l’impresa era un modo per avere potere, soddisfare i propri bisogni e ostentare il proprio status sociale. L’uso delle risorse economiche (surplus economico), per fini non economici inizia a cambiare con il protestantesimo; l'imprenditore capitalista vede il successo della sua attività. Nello spirito capitalistico i valori ai fini non-economici sono trascurabili in quanto il piacere e ̀superfluo, mentre e ̀importante il guadagno. La razionalità dell’agire sociale secondo Weber: ogni modello di azione si differenzia dagli altri in base alle motivazioni e alle logiche che lo guidano. Ci possono essere: 1) Agire razionale rispetto allo scopo: azione orientata al raggiungimento di un obiettivo specifico, pianificata in rapporto alle conseguenze che potrebbero derivarne (es. studente che ha l’obiettivo di laurearsi); 2) Agire razionale rispetto al valore: azione guidata dall’obbedienza a un valore fondamentale in cui si crede senza preoccuparsi delle conseguenze (es. studente che crede nel valore dell’istruzione in se,́ senza pensare ad alcun fine strumentale o all’interesse personale); 3) Agire determinato affettivamente: azione guidata da emozioni positive o negative (es. studente che frequenta il corso guidato dalle proprie emozioni, magari per paura di incorrere in alcune sanzioni da parte del professore se non risulta frequentante); 4) Agire tradizionale: azione motivata dal rispetto delle tradizioni e delle abitudini (es. studente che frequenta lo stesso corso che hanno fatto i suoi genitori o i suoi nonni, per tramandare le proprie tradizioni). ⇒ nell’interazione interagisce con una persona per le aspettative che il ruolo di studente riveste, non solo per le sue caratteristiche: perciò non abbiamo bisogno di ribadire ciò che ci si aspetta a vicenda perché la assumiamo nella nostra mente prima di interagire, ci conformiamo nei ruoli sociali che rivestiamo in quella situazione. I ruoli sono posizioni collegate a comportamenti socialmente attesi da gruppi di riferimento, cioè posizioni in relazione con altre posizioni: 1. Ciascun detentore di un ruolo non agisce solo, ma in relazione alle aspettative di comportamento dei gruppi di riferimento del suo ruolo; 2. Un aspetto importante del ruolo è la complementarietà. I ruoli vengono definiti sia per i compiti attribuiti a quello specifico ruolo (ad esempio uomo; donna; venditore; cliente; ecc.) ma anche per mezzo della loro complementarietà ad altri ruoli (ad esempio uomo-donna; venditore-cliente; capo-sottoposto; studente-insegnante; ecc.). Il ruolo è solo una parte della posizione sociale che è fatta di status e ruolo: la parte di status si riferisce agli aspetti durevoli, strutturali della posizione sociale; mentre quella del ruolo si considerano gli aspetti dinamici, caratterizzati da elementi che in parte possono variare situazione per situazione, a seconda delle persone. 19 ottobre La posizione sociale si compone dello status (aspetti durevoli della posizione sociale) e del ruolo (aspetti dinamici che possono variare). Lo status si divide in 2 categorie: 1. Ascritti⇒ posizioni sociali già al momento della nascita di un individuo in base a certe caratteristiche socialmente stabilite; 2. Acquisiti⇒ posizioni sociale che possono essere raggiunte volontariamente dall’individuo in base al possesso di determinate capacità o abilità funzionali. Lo status rappresenta la stabilità e la durata del tempo della struttura sociale, ci permette di fare cose che ad altri non sono permesse⇒ prescinde dalla persona che lo occupa. In esso sono associate risorse per il controllo delle quali ci può essere competizione nella società: ricchezza (riguarda il denaro), potere (la capacità di influenzare gli altri, prendendo delle decisioni), prestigio (il valore socialmente attribuito a quello status, spesso coincide con ricchezza e potere, ma non sempre), oppure attributi ritenuti negativi, verso i quali c’è impegno a evitarle: stigma, marginalità ed esclusione sociale⇒ chi sta in determinate periferie particolarmente problematiche dal punto di vista sociale; devianti (coloro che non rispettano le norme sociali). Il ruolo è l’aspetto dinamico di una posizione sociale. Il concetto di ruolo mette in rilievo il fatto e il modo in cui compiti, comportamenti, atteggiamenti, valori, significati devono essere agiti dalle persone che concretamente occupano quel ruolo nelle loro specifiche interazioni con i gruppi di riferimento del ruolo. Queste interazioni sono di volta in volta soggette a variazioni, cambiamenti, conferme da parte dei singoli partecipanti alla specifica situazione. o Reale⇒ aspetto comportamentale del ruolo, il modo in cui la persona, concretamente, agisce il proprio ruolo, il modo in cui si conforma più o meno delle aspettative degli altri: è necessariamente uno spazio personale. o Ideale⇒ aspetto *normativo del ruolo, ossia il modo che ci si aspetta sia cito delle persone, questa persona deve comportarsi rispondendo in modo educato e con competenza riguardo alle cose che abbiamo chiesto. È il dovere/essere tenuti a/potere; aspettative-prescrizioni “obblighi”. *perché ci si aspetta che quella persona rispetti queste mansioni. I ruoli sociali uniformano i nostri comportamenti. In che modo i ruoli impongono alle persone di essere rispettati? Attraverso le sanzioni (Reimann) ⇒ meccanismi per minimizzare il comportamento deviante dalla norma oppure per massimizzare il comportamento conforme alle norme: • Positive, ossia riconoscimento, ricompensa⇒ rispetto, stima, apprezzamento, lode, encomio, plauso, simpatia, promozione, titolo, onoriBicenza, onori, doni. • Negative, ossia assenza di ricompensa, punizione, per quando non assolviamo alle aspettative del nostro ruolo⇒ sottrazione di affetto, assenza di considerazione, discredito, biasimo, difBida, critica, esclusione, abbassamento di grado, trasferimento punitivo, destituzione, licenziamento, emarginazione, scomunica, multa, pena detentiva. L’essere screditati ha a che fare anche con ciò che gli altri pensano di me, non solo come sono io⇒ le persone diffondono questa nuova visione di te, perché non le hai soddisfatte nelle aspettative del tuo ruolo; ritengono che sia doveroso sanzionare queste persone da parte di loro, come loro si situano nella parte positiva. 20 ottobre Rispetto ad un ruolo ci sono diversi gruppi di riferimento: in una società complessa è ragionevole che una persona abbia più ruoli e che in ognuno di essi ci siano più gruppi di riferimento, che possono essere in contrasto con loro⇒ ogni gruppo di riferimento ha delle aspettative che lui deve soddisfare, se non soddisfatte viene sottoposto a sanzioni. Queste aspettative sono sempre tra loro coerenti? Ciò che gli amici si aspettano dal compagno è uguale a ciò che si aspetta l’insegnante? Riconosciamo i conflitti intra-ruolo: conflitto di aspettative all’interno di un ruolo⇒ le aspettative non si corrispondono ma si contraddicono. Esempio: dal ruolo degli insegnati: i genitori si aspettano che educhino il proprio figlio; i superiori il rispetto del programma scolastico e la lealtà nei confronti dell’autorità scolastica; i colleghi il comportamento collegiale e la solidarietà coi colleghi; mentre gli studenti la comprensione, l’indulgenza e la mitezza. Ogni persona, nel corso della propria giornata, diventa detentore di diversi ruoli. Ognuno di questi ruoli ha dei conflitti intra-ruolo, così come conflitti inter-ruolo: come la conciliazione lavoro-famiglia, tra vita lavorativa e privata⇒ tipo di conBlitto che si può demandare alla gestione al singolo individuo o he si può risolvere con scelte collettive che cercano di limitare questo conBlitto tra ruoli (come i più permessi). Esempio: intorno a Paul Muller ci sono diversi ruoli: quello dell’insegnante (i cui gruppi di riferimento sono gli studenti, i colleghi, i genitori e i superiori); quello del padre di famiglia (i cui gruppi di riferimento sono la moglie, i figli e i suoceri); quello del tesoriere di un’associazione (i cui gruppi di riferimento sono clienti, membri, presidente, autorità di controllo); quello della docente in un’università popolare (i cui gruppi di riferimento sono gli ascoltatori, la direzione e il comitato). Nel caso in cui una madre si focalizzasse sul prendere cura del proprio figlio, può capitare che abbandona il proprio lavoro ⇒ conBlitto inter-ruolo che porta al disfacimento di un ruolo e all’abbandono di un altro ruolo. Se, grazie all’immaginazione sociologica*, guardassimo questo problema come un problema personale, diremmo che questa ragazza non è riuscita a fare, dal punto di vista sociale diciamo che la società non è stata in grado di aiutarla⇒ può ricorrere ad incentivi economici, a reti sociali (come i nidi familiari, o i parenti). *capacità di riflettere i problemi personali, non come se fossero frutto di caratteristiche personali della persona, ma come un problema collettivo che può avere risposte collettive. Come si possono gestire queste tensioni di ruolo (conflitti inter-ruolo e intra-ruolo)? Con la segmentazione del ruolo ossia l’escludere parti di un ruolo per evitare con un altro ruolo e consentire la prosecuzione dell’interazione. Esempio: un individuo ha sia il ruolo del padre che del poliziotto. Il figlio torna a casa la sera e si scopre che ha combinato un guaio (conClitto intra-ruolo): o sceglie di non essere solidale con il figlio o di non portarlo in carcere⇒ in questa situazione, non esce dal proprio ruolo, ma rinuncia ad una parte. Con la delega del ruolo ossia il trasferire l’esecuzione di una parte dei compiti del ruolo ad altri ruoli. Riprendendo l’esempio riportato prima: per il tipo di guaio, ritiene giusto mettere da parte la solidarietà familiare, facendo arrestare il figlio⇒ potrebbe far delegare l’esecuzione di questo compito ad un suo collega. Con la distanza dal ruolo, ossia la strategia con la quale il detentore del ruolo cerca di conservare l’immagine del proprio sé tenendola “a distanza” nello svolgimento di un ruolo la cui assunzione comporta/produce – per chi lo osserva – un cambiamento nell’immagine del suo sé. Goffman distanza dal ruolo: per comunicare la distanza dal ruolo, l’attore (chi agisce nella vita sociale) ha a disposizione un repertorio di segni socialmente prestabiliti e di gesti simbolici – ad esempio, l’eccessiva solerzia nello svolgimento del ruolo, le osservazioni ironiche o le battute che accompagnano la messa in atto del comportamento di ruolo. Esempio: quando il ruolo che si sta ricoprendo di fronte all’interlocutore, ha paura di essere screditato da una determinata argomentazione, di cui non si vuole parlare, per mantenere la relazione con questa persona, senza esporsi, si risponde in modo ironico lasciando in sospetto il problema⇒ se si risponde viene esposta una parte di te che può renderti screditabile: non esci dal ruolo ma non soddisCi a pieno le aspettative. La distanza dal ruolo può essere espressa anche attraverso una serie di rituali con i quali l’attore si giustifica nei casi in cui viola i limiti del lecito per eccesso o per difetto. Così il paziente, il figlio o lo studente possono prendere le distanze dalle prescrizioni del medico, della madre o del professore facendole oggetto di commenti ironici, osservandole con palese malavoglia o mettendole in caricatura attraverso uno zelo esagerato. Esempio: i genitori dicono di mettere a posto la camera, e il figlio si mette a ridere⇒ segnalando che quello sia un suo spazio autonomo e che debba decidere lui. Quest’aspettativa del gruppo di riferimento, sta mettendo in discussione l’immagine stessa del sé della persona (in questo caso del/della figlio/a), autonoma e indipendente⇒ sta creando un conClitto con il suo sé: non vuole cambiare questa sua immagine, se lui/lei l’accettasse Cino in fondo, metterebbe in discussione l’immagine che ha di sé stesso/a. Perciò soddisfa il ruolo facendolo a distanza, soddisfa le aspettative dei genitori, mantenendo l’immagine che ha di lui/lei. Il fatto che l’individuo non sia riducibile alla società, è la stessa possibilità di essere individuo: siamo ciò che siamo perché siamo sociali. Questa possibilità di essere individui senza ruoli sociali, non lo si riesce ad immaginare⇒ non esiste. Il messaggio che vuole dare Simmel è che non dobbiamo vedere queste due cose come due poli tra loro in conflitto: siamo degli individui in quanto ruoli sociali, e siamo ruoli sociali in quanto ci sono specialisti che li gestiscono. Ciascuno di noi sente di non essere riducibile ai ruoli che svolge, ma di essere sempre anche qualcos’altro. Abbiamo bisogno che gli altri ci riconoscano questa nostra eccedenza dei ruoli e dalle identità sociali. Esempio: dal ruolo degli studenti, ognuno prova a mostrare la propria unicità, attraverso il modo di vestire. L’eccedenza ci viene riconosciuta come riconoscimento di individualità, del nostro essere individui unici e diversi dagli altri (nelle nostre dimensioni non - sociali). Nello svolgimento di un ruolo l’individualità entra come spazio di libertà nell’interpretazione delle norme e del ruolo nel suo complesso. Lo svolgimento di un ruolo sociale è la condizione positiva perché l’individuo possa sviluppare la propria personalità. Da una parte la tipizzazione* è fondamentale per le interazioni sociali. *è un processo intrinseco alla possibilità e allo sviluppo delle relazioni sociali: senza questo processo non ci sono relazioni sociali. Se riduco quella persona a quel suo ruolo, senza riconoscergli la sua unicità, stereotipizzo. La stereotipizzazione consiste nella negazione dell’individualità e nel far valere solo la categoria generale come criterio di identificazione di una persona (“voi xxx siete tutti uguali). La sofferenza che la stereotipizzazione produce su chi lo riceve è la frustrazione di vedersi negata la propria individualità⇒ non riconoscere la possibile incidenza rispetto alle aspettative del ruolo che abbiamo. Da una parte vogliamo essere dei ruoli, dall’altra vogliamo che la nostra individualità venga riconosciuta. Da una parte non siamo mai del tutto liberi dalla stereotipizzazione, ciò che è importante è imparare a gestirla⇒ Come gestirla? Per gestire la stereotipizzazione è necessario considerare non solo l’individualità, ma sempre l’insieme di tipizzazione e individualità come due elementi necessariamente complementari, perché entriamo in relazione con l’altro attraverso i ruoli. La tipizzazione è utile perché altrimenti non ci sono interazioni. Questa porta al rischio della stereotipizzazione, perciò bisogna essere aperti a riconoscere il ruolo di chi abbiamo di fronte e una quota di eccedenza rispetto ai ruoli che gli altri rivestano. 26 ottobre La struttura sociale si riferisce a regole e norme della vita quotidiana che funzionano come modelli capaci di influenzare durevolmente e regolare le interazioni sociali⇒ la struttura sociale resiste (continua) agli individui che cambiano nel mondo (agency). Include i molti elementi della società che hanno potere sugli individui, esistono indipendentemente da essi e influenzano sia le azioni individuali sia la natura e i risultati delle interazioni sociali tra individui e gruppi. Dura nel tempo e tende a resistere al cambiamento. • Ruoli e gerarchie; • Norme sociali e socializzazione; • Istituzioni e path dependency. Ruolo: regole e aspettative associate a posizioni sociali (status) differenti. Le posizioni sociali spesso sono complementari e non, ma sono soprattutto ordinate gerarchicamente tra loro formando le gerarchie sociali⇒ posizioni sociali importanti e durevoli disposte dall’alto verso il basso, che garantiscono ad alcuni individui e gruppi un potere maggiore/minore e uno status più/meno elevato di altri, a seconda della loro collocazione in quella stessa gerarchia. *Esempio di gerarchie: famiglie; scuola. Perché era necessaria la famiglia allargata? Per la forza lavoro, l’economia era basata sulla mezzadria (contratto tra proprietario e contadino) ⇒ era essenziale avere Bigli maschi, perché le femmine sarebbero andate a vivere nella famiglia allargata del marito. In questo contesto della famiglia allargata, il potere decisionale è dato il padre più anziano della famiglia Le gerarchie sociali sorgono e si mantengono in qualunque situazione in cui un gruppo sia in grado di usare il possesso di una qualche risorsa o di un certo attributo come base per la rivendicazione di vantaggi speciali rispetto agli altri. Le gerarchie sono regole formali (leggi) o regole informali? Entrambi, tendono a riprodursi in modo informale: • Civil Right Act 1964: uguaglianza di genere negli Stati Uniti⇒ prevede anche che ci siano sanzioni se non viene rispettata. Nel 2015, solo venticinque delle cinquecento maggiori imprese statunitensi elencate nella lista annuale della rivista Fortune erano guidate da donne⇒ solo il 5% era guidata da una donna, nonostante la legge dell’uguaglianza fosse stata erogata 60 anni prima. Il “soffitto di cristallo” (glass ceiling) è una metafora adoperata per descrivere la relativa lentezza dei progressi compiuti dalle donne sulla strada che porta all’occupazione di posizioni dirigenziali di alto livello⇒ è di cristallo perché non si vede, non è dettata da nessuna norma; in realtà c’è un sofBitto che segna la discesa. Le gerarchie si associano a differenti risorse e poteri, possono essere sia formali che informali: il fatto che si pensi che le donne non riescano a ricoprire un determinato ruolo è un pregiudizio che, se condiviso collettivamente, possa portare ad un cambiamento di carattere. La gerarchia di tipo informale si traduce anche in molte cose di tipo formali, come la divisone dei bangi. Le gerarchie sociali implicano il potere – la capacità di influenzare il comportamento altrui – e il privilegio – la possibilità o il diritto di avere accesso speciale a opportunità o a ricompense – attraverso i quali un gruppo dominante cerca di monopolizzare le opportunità e prevenire l’erosione dei privilegi esistenti. I gruppi subordinati, per contro, sono soggetti a uno status inferiore e a opportunità limitate. Il meccanismo più comune di mantenimento del privilegio è la discriminazione, che si verifica laddove un gruppo dominante impiega mezzi legali o informali per controllare le opportunità e ridurre o eliminare le sfide provenienti dai gruppi subordinati. Il monopolio primario, sul quale ogni stato si basa, è l’utilizzo legittimo della violenza. Lo stato ha gli strumenti giusti per regolare la popolazione⇒ attraverso questi strumenti si possono imporre le tasse; il controllo, attraverso le leggi, che le forze dell’ordine fanno rispettare. Il meccanismo più comune di mantenimento del privilegio è la discriminazione, che si verifica laddove un gruppo dominante impiega mezzi legali o informali per controllare le opportunità e ridurre o eliminare le sfide provenienti dai gruppi subordinati. uno degli aspetti più importanti delle gerarchie sociali di qualunque società sta nel fatto che le relazioni dei diversi gruppi che competono per posizioni o opportunità desiderate sono influenzate dalle loro rispettive dimensioni. La dimensione di gruppi di differenti popolazioni è importante per le possibilità individuali che si hanno nel corso della vita, per le possibilità di vita di un individuo, in primo luogo perché influenzano i tipi di lavoro e di occupazione disponibili. *Esempio: migrazioni, Apartheld. Il potere viene da determinati gruppi che hanno più potere di altri o numerosi gruppi rispetto ad altri: spesso ciò non basta. più o meno capaci di affrontare le situazioni: se gli amici della mia famiglia d’infanzia erano tutti dirigenti d’azienda, come mio babbo e mamma, quando mi ritroverò dopo la laurea al colloquio d’assunzione con il direttore dell’azienda, avrò più probabilità e capacità di affrontarlo, rispetto a chi non è nato in questa condizione. 2. Istituzioni e path dependency Nella società ci sono aspetti della struttura sociale (norme, processi di socializzazione, etc.) che condizionano l’individuo, che trovano forma spesso nelle istituzioni. Esse trasformano le norme in modi di fare consolidati nella vita sociale: sono usanze che durano nel tempo o organizzazioni sociali concrete di lunga durata che regolano e obbligano il rispetto di norme e costumi in particolari campi dell’attività umana. Ad esempio le chiese, le scuole, lo stato. Queste usanze offrono un sistema ruoli, norme e gerarchie che regolano la vita sociale. Le istituzioni si formano attraverso il processo istituzionalizzazione, cioè alcune norme sociali e ruoli si solidificassero attorno ad un sistema organizzato; le istituzioni emergono ogni volta che gruppi di persone iniziano a formalizzare qualcosa che i singoli individui già rispettavano in maniera informale; il processo di istituzionalizzazione richiede una lunga gestazione, spesso si devono decenni o secoli prima che un’istituzione prenda forma. L’ultimo aspetto della struttura sociale: che cosa permette alle strutture della società di resistere nel tempo? Il processo è conosciuto come path dependence, la “dipendenza dal percorso”: con questa espressione si intendono le modalità in cui i risultati del passato influenzano attori e organizzazioni nel presente, rendendo alcune scelte o alcuni esiti logici, mentre altri illogici. Una scelta fatta nel passato che influenza i comportamenti futuri anche se può apparire illogica; quando hanno costruito le case nel centro di Firenze nel ‘400 non si preoccupavano di fare strade in cui potessero passare automobili, etc. Questa scelta ha delle conseguenze oggi: si va a piedi o in bici. Tastiera qwerty – 1864, altro esempio. Effetto del path dependence: prima fase, di disorganizzazione (differenti proposte), seconda fase, di restringimento (sono poche le proposte che funzionano meglio), e terza fase, path dependence (in cui solo una proposta è possibile). Ma quali sono i processi e i meccanismi della “dipendenza del percorso”? Le strutture sociali tendono a resistere nel corso del tempo per numerose e concrete ragioni. La prima di queste sono gli individui in quanto agenti sociali che svolgono tutti un ruolo nel riprodurre le strutture sociali tramite le azioni quotidiane che si conformano a norme esistenti, aspettative e regole istituzionali. Quando obbediamo ai comandi della gerarchia senza sfidarla, la accettiamo come realtà e involontariamente contribuiamo a mantenerla. Le strutture sociali resistono perché gli sviluppi precedenti e l’istituzionalizzazione rendono molto più facile per l’individuo agire al loro interno che cercare di smantellarle. Forniscono il copione della vita quotidiana. Un’altra ragione per cui le strutture sociali persistono è la politica: quando viene istituito un particolare elemento della struttura sociale, si tratti di ruoli/di gerarchie o norme/istituzioni, si generano spesso gruppi d’interesse, cioè organizzazioni formate per promuovere gli interessi di un gruppo o di un’impresa nel contesto di un determinato insieme di regole o politiche. Questi si impegneranno a proteggere e a estendere le disposizioni sociali esistenti, se considerate vantaggiose per i propri membri. Altro fattore che determina la resistenza delle strutture sociali nel tempo è il fatto che ruoli/gerarchie e norme/istituzioni hanno un ampio sostegno pubblico, in parte per la paura delle conseguenze che il loro abbattimento può comportare: siamo spesso più a nostro agio quando viviamo in mondi che conosciamo e cerchiamo di rendere migliori, per quanto possa farci lamentare. Questi 3 meccanismi fanno sì che la struttura sociale resista nel tempo. Il fatto che la struttura sociale resista nel tempo può essere: Þ Positivo = rende il comportamento altrui prevedibile; riduce l’incertezza; riduce la necessità di riflessività; consente un’elevata specializzazione dell’attività umana ed efficienza. Þ Negativo = limita la libertà e l’innovazione; può limitare il cambiamento sociale e la richiesta di maggiori diritti sociali e libertà civili; rende difficile l’adattamento ai grandi mutamenti (es. riscaldamento globale). 2 novembre L’influenza della struttura sociale nei confronti del comportamento individuale con ruoli, norme e istituzioni. Perché la società cambia? Da una parte perché la sua natura può avere un’influenza come terremoti, riscaldamento globale ecc. ma cambia anche grazie all’azione dell’uomo che si possono suddividere in 3 livelli di analisi: 1. Macro: riguarda la presenza di movimenti sociali, le rivoluzioni, le guerre ecc; 2. Meso: livello di azione politica – aziende e banche; 3. Micro: riguarda i comportamenti individuali (modo di interagire, relazionarsi. L’uno è parte dell’altro, perciò possiamo osservare ciò che succede nella società a livello differenti. Quindi potremo definire l’agency come la capacità di fare libere scelte, esercitare la propria volontà e trasformare le strutture ⇒ mette potere nelle mani degli attori individuali e collettivi, mentre la struttura (= limiti della scelta) sociale lo pone nelle mani della società. Uno dei principali modi in cui si è tentato di conciliare queste due posizioni è stato considerare le strutture non come semplici limiti all’azione, ma come elementi che la rendono possibile: le gerarchie condizionano l’azione dell’individuo ma rendono possibile l’agire delle identità individuali e di gruppo⇒ esempio: operaio VS manager; infermiere VS medico; regole e ruoli calcio. La società è stabile grazie alla struttura sociale. La società cambia grazie all’agency. Es. strutturalismo economico (Marx) VS capability approach (Sen). I 3 tipi di agency che possiamo vedere all’interno della struttura: 1. Adattamento: significa adattarne la struttura sociale. In alcuni casi chiede un alto livello di agency. Far parte delle istituzioni sociali e dei gruppi sociali spesso richiede un alto grado di autonomia individuale. L’adattamento al contesto sociale coinvolto, ad esempio, può essere una sfida ardua per migranti appena arrivati, che richiede un alto grado di autonomia personale. Possono dedicare intenzionalmente gran parte delle loro energie e del loro tempo per un lungo periodo per imparare la nuova lingua, capire il funzionamento dei servizi pubblici e creare una rete sociale che includa anche i nativi. Un problema simile può essere affrontato anche dai lavoratori altamente qualificati: per i giovani studiosi, ad esempio, essere riconosciuti come esperti da loro colleghi può richiedere molto impegno personale e tempo. Ostacoli strutturali all’inclusione possono far parte di un dato contesto sociale, ma lo stesso contesto offre anche alcuni fattori chiave di conversione; ad esempio, leggi e diritti, gruppi di volontariato, sussidi sociali e reti sociali di supporto. L’adattamento è anche un processo centrale per la costruzione dell’identità degli “insiders”: l’appartenenza ad un gruppo e l’interpretazione dei ruoli sociali sono attività cruciali per la costruzione del sé che possono richiedere sforzi autonomi e continui. L’agency dell’adattamento mostra che raggiungere posizioni sociali e interpretare ruoli sociali può richiedere sforzi autonomi, specialmente per gruppi marginali. In tali casi, l’adattamento significa raggiungere i propri obbiettivi in un contesto sfavorevole, che è esattamente il contrario di abbassare le proprie aspirazioni. L’adattamento non implica la capacità di influenzare il contesto sociale, anche se può richiedere un alto livello di autonomia personale e uno sforzo continuo se si vuole portare a termine piani o desideri personali. 2. Autonomia: rappresenta la capacità degli individui di distanziarsi dai ruoli, dalle norme e dalle istituzioni del loro contesto sociale. Mentre le norme e i ruoli sociali influenzano la capacità di agire autonomamente, il sé può sfuggire alla logica degli individui iper socializzati (totalmente adattato, conformato alle aspettative della società nei suoi confronti) e deviare da ciò che ci si aspetta da loro. La capacità di agire autonomamente riflette la capacità cognitiva del “Io” rispetto al “Me” (ciò che gli altri pensano di te): il “Io” è la parte attiva del sé che, in dialogo con il “Me” diversamente socializzato, può sempre costruire diverse forme del sé. Mentre le norme, ad esempio, prescrivono alcuni ruoli di genere, le persone sono spesso capaci di riconoscere tali ruoli e, più o meno consapevolmente, generare una nuova attualizzazione di essi nel processo di costruzione dei ruoli. L’autonomia significa essenzialmente essere coinvolti nel contesto sociale con una capacità più o meno estesa di personalizzare i diversi ruoli prescritti e di sperimentare un senso di autodeterminazione. Goffman ha identificato questo processo tra gli individui coinvolti nella “manipolazione strategica” finalizzata a sminuire le identità stigmatizzate. Non siamo solo ciò che gli altri pensano di noi, possiamo essere anche qualcosa di diverso, grazie all’”Io” che può riflettere anche criticamente sulle immagini che gli altri ci danno e scegliere a quali di queste immagini conformarsi o immaginarne una anche completamente diversa, da queste immagini che gli altri restituiscono. 3. Influenza: rappresenta il livello più alto della capacità di agire personalmente: significa avere la capacità di plasmare, in modo più o meno consapevole, il contesto sociale che costituisce la fonte ordinaria di vincoli per l’agire. Questo tipo di risultato dell’agire coincide con la tradizionale mobilitazione politica dei partiti politici o dei movimenti sociali che mirano ad influenzare l’ordine e le regole stabilite, ma appartiene anche, ad es., alla capacità di azione collettiva di gestire i beni comuni. La gestione di un bene comune su larga scala è molto complicata: dovremmo riuscire a metterci tutti d’accordo; problema di coordinamento sociale. Più è ampio il bene comune, più è ampia la sua gestione. Questo richiede grande influenza sulle strutture sociali, grandi cambiamenti. L’influenza è favorita dalla capacità delle istituzioni politiche progettate per suscitare o promuovere la partecipazione democratica nelle decisioni politiche, ad esempio i partiti politici, le assemblee deliberative o persino le forme dirette di democrazie partecipativa. Tuttavia, un cambiamento nelle istituzioni non segue necessariamente percorsi “ordinari” o familiari: rivoluzioni politiche, sociali o allenamenti e le prove (per un gioco, per una gara, per una cerimonia, anche per un evento sociale reale, come una intervista per il lavoro); le esibizioni; la psicoterapia in cui eventi del passato sono ricapitolati; e gli esperimenti. Questo processo di messa in chiave porterà Goffman ad osservare come la vita quotidiana sia una continua messa in scena, in cui c'è una ribalta (ciò che si vede, si osserva e ciò che si fa vedere agli altri) e un retroscena (ciò che si tiene celato) ⇒ il teatro della vita quotidiana. Questo fatto di messa in scena, non ci deve trarre in inganno credendo che la verità sia quella che sta sul retroscena⇒ d’altra parte per Goffman ciò che sta in scena è vero tanto quanto quello che sta in retroscena. Perciò si hanno framework differenti che agiscono sia sulla scena che sulla retroscena. Inoltre, questo ci dà diversi livelli di trasformazioni incastrati l’uno nell’altro (incluso le attività fisiche delle persone coinvolte che costituiscono un altro frame), facendo diventare la realtà molto complicata (ad esempio, una volta messa in chiave la situazione, si potrebbe praticare un gioco di simulazione, che riguarda una cerimonia nuziale, che i partecipanti stanno in realtà svolgendo solo a titolo di esperimento). Tuttavia, sottolinea Goffman, le persone raramente si trovano nei guai con questo genere di realtà multiple. Esse sanno a che cosa sono connessi i singoli frames, e possono facilmente ritirarsi in una realtà più primaria se sorgono delle difficoltà. Esse sanno fino a qual punto devono praticarlo, e come fermare il gioco se scoppia un incendio in un teatro. (Siamo molto bravi a cambiare da un framework all'altro e anche molto capaci quando le situazioni lo richiedono di tornare al framework primario). Altri, più complicati e arcani keyings ordinarie che possono capitare, oltre il teatro della vita quotidiana, sono: • Falsificazioni, si tratta di casi in cui le persone cercano di indurre nelle altre false credenze su ciò che sta realmente accadendo. Gli esempi vanno dallo spionaggio militare fino ai casi più mondani dell'allestimento scenico della ribalta nella sfera del lavoro e della esibizione delle caratteristiche di status negli ambiti della socievolezza. Come minimo le persone che danno un'apparenza ingannevole devono essere consapevoli di: 1. A che cosa si suppone assomigli la loro apparenza 2. Che cosa stanno concretamente nascondendo e come l'hanno trasformata. La faccenda diventa ulteriormente complicata quando l'osservatore, situato sull'altro lato della scena, diventa parte attiva del gioco e cerca di togliere il velo in modo da scoprire che cosa sta realmente accadendo. Ora le realtà multiple includono anche: 3. che cosa l'osservatore sa realmente (1 e 2), e forse 4. quello che chi ha preparato l'inganno crede che l'osservatore sappia. Qui si possono talvolta raggiungere livelli di complessità ancora più elevati. • La rottura del frame: a) Quando accade qualcosa che infrange una rappresentazione, o che non si addice al frame in cui stiamo cercando di stare in un dato momento, di solito la ignoriamo o vi poniamo rimedio rapidamente. Ad esempio quando un cane si aggira in una cerimonia nuziale qualcuno senza darlo a vedere cerca di buttarlo fuori mentre gli altri ignorano la rottura del frame; oppure quando i bambini interrompono la conversazione degli adulti questi ultimi possono prestare un po' di attenzione ai piccoli e poi riprendere la conversazione da dove l'avevano lasciata. b) Talvolta insorgono difficoltà estreme che distruggono completamente un frame, gli attori diventano confusi o 1l setting si rompe cosi malamente che la rappresentazione non può più continuare. Ciò è considerato molto disturbante, spesso scandaloso, ma in ogni caso testimonia che le realtà più primarie hanno una potenza maggiore di quelli che sono il frutto di una deliberata progettazione. La realtà cioè si ripresenta come esterna all'individuo (ad esempio rispondere al telefono durante una cerimonia nuziale; ad esempio, un incendio a teatro). La soluzione di Goffman al problema della realtà e ̀ questa connessione ordinata di frames. Nonostante le ambiguità che possono sorgere, e i modi in cui si possono cambiare i frames e confonderli gli uni con gli altri deliberatamente o inavvertitamente, le persone quasi sempre sono in grado di abbandonare i livelli più complessi di framing e ritornare ad un livello più basso. Il framework primario del mondo fisico e ̀ sempre lì, e altrettanto lo e ̀ il livello primario del mondo sociale. La concezione di Goffman e ̀ quindi compatibile anche con visioni materialistiche del mondo ed anche con l'economia politica o la teoria del conflitto. Il realismo di Goffman: Concezione «realistica» secondo la quale il mondo fisico esiste e ha una realtà primaria. Anche la società e ̀ esterna all’individuo e lo precede. Anche le situazioni hanno una struttura, un complesso di contingenze e vincoli che possono entrare nella definizione della situazione, ma che non sono semplicemente creati dal processo della definizione. Essi sono qualcosa cui i partecipanti arrivano, più che semplicemente costruire. Non si tratta tanto della questione che persone diverse possono avere differenti definizioni della stessa situazione ma che ogni partecipante può essere simultaneamente in parecchi strati complessi di definizione della situazione. Goffman risolve queste due criticità che individua nell’etnometodologia e dell'interazionismo simbolico introducendo il concetto di frame. I frames o cornici sono nello stesso tempo oggettivi ed esterni all'individuo, ma alla realtà possono essere applicati differenti frames (ad esempio, penna sul tavolo per bambini e adulti). Conversazione (Goffman 1974; 1981) – (prima delle falsificazioni) Le conversazioni in ambiti di socievolezza assumono il resto del mondo delle trasformazioni e dei frames e lo trasformano nell'oggetto del discorso. La più comune attività delle persone e ̀ il parlare, specialmente in una sfera di socievolezza. La natura del discorso implica un complesso spostamento dei frames, in quanto le persone propongono temi di conversazione, manipolano le relazioni tra coloro che conversano, scherzano, insultano, contrattano, si impegnano e si distanziano dalle loro parole e le une dalle altre. Questo spazio di frame rilassato, come lo chiama Goffman, è alla base delle relazioni personali, informali. La personalità nel senso privato e quindi il risultato della proliferazione dei frames su frames che compongono una moderna società complessa. 24 novembre Þ Alfred Schutz definisce cosa costituisce il frame della nostra realtà ordinaria. Þ I processi che portano a costituire la realtà ordinaria. Ciò che chiamiamo realtà ordinaria (che incontriamo tutti i giorni) rappresenta una cosa di cui facciamo esperienza, nella quale viviamo⇒ è qualcosa di così oggettivo? Per esistere ha bisogno di alcune caratteristiche specifiche, se viene tolta anche una sola di queste, le cose non funzionano più bene: • Reciprocità di prospettive: ognuno fa certi assunti su come sia il mondo, assume che ogni altra persona che c’è sta facendo gli stessi assunti e che ciascuna assume che l’altra sta assumendo la stessa cosa. Se esse dovessero cambiare le posizioni ciascuna di esse presumibilmente vedrebbe il mondo come lo vedrebbe l’altra (commesso e cliente) ⇒ assumo che la realtà sia questa senza pormi se sia effettivamente la realtà; • Oggettività e non ingannevolezza delle apparenze: la persona assume che il mondo è ciò che appare essere, e che è fattuale e oggettivo, non qualcosa che è stato soggettivamente fabbricato. Il dubbio è sospeso (gerarchie); • Tipizzazioni: ciò che sta accadendo in una situazione è considerata simile a cose che sono accadute precedentemente, e che accadranno di nuovo in futuro (portiere)⇒ tratto questa realtà come se fosse oggettiva, lo faccio tipizzando. • Realizzabilità e intenzionalità diretta a un fine: le persone esperiscono una situazione come qualcosa che stanno facendo (un progetto, al quale stanno lavorando nel mondo). Il senso che hanno del loro self come agente che opera in direzione di un fine è esperito come il loro self totale (il runner che è anche avvocato, marito/moglie) ⇒ quello che faccio qui ha senso perché parte di un progetto che trascende ciò che avviene qui ed ora. La situazione che stiamo vivendo non ha senso soltanto per sé stessa, ma ha senso perché è parte di un processo che trascende quest’azione. • Fondo di conoscenza di senso comune: le persone interpretano la propria situazione usando un fondo di simboli, come ad esempio le parole della loro lingua, e altre conoscenze culturali. Questa conoscenza è socialmente basata e si assume che sia ovvia per ognuno. Fondamentale per interpretare le situazioni⇒ è un repertorio di simboli e signiBicati culturalmente disegnati e ci dicono ciò che è ovvio. Se non ci fosse una di queste caratteristiche, il mondo che conosciamo, crollerebbe. Quali conseguenze possiamo cogliere da queste 5 caratteristiche? La caratteristica più interessante dell’analisi di Schutz è che essa mette in risalto la prevalenza di glosse, cioè i modi in cui una caratteristica parziale della realtà è considerata indicare la realtà più ampia che non vi è vista (ad esempio, studenti della 106 che utilizzano queste sedie per sedersi; inferenza: tutti gli studenti universitari si siedono) ⇒ la Garfinkel dimostrò lo stesso punto chiedendo a degli studenti di riferire una conversazione che avevano avuto e poi stendere per iscritto le spiegazioni di che cosa realmente veniva inteso attraverso ciò che veniva detto. Quando Garfinkel chiese loro di ricominciare e di aggiungere più dettagli spiegando ciò che essi intendevano con le loro spiegazioni essi lo fecero, e lo fecero nuovamente quando egli chiese loro ulteriori chiarificazioni. Ma essi diventavano sempre più indisposti a farlo perché riconoscevano che il compito era interminabile. Era impossibile enunciare letteralmente in parole tutto quello che vi era implicato è un problema perché rompe la qualità ordinaria, la realtà ordinaria, gli assunti: diventa un esercizio che può essere senza fine. Braching experiments: esperimento di rottura. Per dimostrare quanto la società dipenda da assunzioni non discusse, fragili, che possono crollare da un momento all’altro, Garfinkel chiese ai suoi studenti di condurre una serie di esperimenti di rottura: Þ Violazione consapevole delle aspettative sul proprio ruolo. Þ Violazione del senso comune per dimostrare che, senza di esso, l’interazione si interrompe. Esempio 1: ciò che ne risulta è che, ad esempio, nel caso in cui lo studente si finge ospite nella propria casa, la reciprocità di prospettiva è violata, creandosi un clima di crescente ostilità. Esempio 2: da una serie di risposte date a caso da un falso psicologo, gli studenti traggono significati e schemi con cui attribuire ordine alle cose⇒ quindi, sono gli individui a inventare signiBicati che arrivano dagli altri, ovvero a ciò che gli altri dicono, si danno signiBicati derivati dagli schemi e dai contesti in cui tali signiBicati si presentano. Gli studenti che parteciparono all’esperimento, fecero delle scelte della loro vita sulla base dei consigli che gli vengono dati. Il modello di società sotteso all’analisi etnometodologica⇒ sempre più complessa, incontrollabile, ogni individuo può al massimo affrontare nel modo migliore la complessità, tra desideri individuali e attese di società esiste spesso un’opposizione. Le pratiche tramite cui si dà un senso al mondo, sono fondamentali per capire il modo in cui la società funziona⇒ sono così determinanti che, se fondiamo una realtà ordinaria su basi false, questa realtà è reale comunque perché gli studenti si comportano di conseguenza come se la realtà fosse vera. L’analisi conversazionale ha lo scopo di mostrare i livelli di complessità, di ordine, di organizzazione presenti anche in semplici scambi occasionali. Questa analisi e il modo stenografico di parlare è molto utile per comprendere le relazioni di potere e l’uso strategico del linguaggio in determinate situazioni. L’intero mondo sociale, è un complesso di indicalità che sono date per scontate. Esse raramente sono messe in questione e quando succede questa messa in questione si situa a un livello superficiale, in quanto si accettano abbastanza rapidamente e facilmente delle chiarificazioni invece di imbarcarsi in una ricerca dell’oggettività fino in fondo. Infatti non c’è nessuna ricerca di una realtà oggettivamente definibile, è un posso senza fondo. Ma Garfinkel non sta asserendo una qualche forma di misticismo orientale: egli sta mettendo in rilievo un tratto fondamentale della vita sociale; vale a dire che le persone evitano di dover riconoscere le indicalità anche se devono occuparsene sempre. Secondo lui, il carattere distintivo del ragionamento sociologico pratico è “porre dei rimedi al carattere indicale dei discorsi e della condotta dei membri della società” ⇒ che dia senso alla realtà ordinaria. Quindi, permette di osservare il modo in cui le persone danno senso alla loro realtà ordinaria, rendendo visibile il carattere indicale dei loro discorsi. Indicalità vs riflessitività: Questo presume che noi si conosca già che cosa è questa “cosa” generale. Ma nella vita reale non ci imbattiamo mai in “cose” generale; tutto ciò che vediamo sono alcune cose particolari che noi interpretiamo sempre come se fossero reali. Continue inferenze (da eventi specifici deduciamo regolarità generali) su comportamenti ed eventi attesi. Una regola tacita della vita quotidiana è che noi facciamo del nostro meglio nel figurarci che cosa sono le cose in un modo pratico e ragionevole. Il mondo ordinario: L’ordinarietà del mondo è socialmente prodotta nello stesso tempo in cui è sottoposta a censura la nostra consapevolezza di questo processo. L’ordinarietà non e ̀un qualcosa che è oggettivamente là, fuori. Le persone sono costantemente impegnate in pratiche cognitive intese a rendere ordinario il mondo, a trattare tutto ciò che accade come se non fosse che un caso di qualcosa di familiare e di senso comune. Il fatto che noi siamo riusciti a rendere ordinaria la nostra esperienza ci impedisce di vedere come lo abbiamo fatto, o addirittura che lo abbiamo fatto. Potremmo dire che abbiamo oggettivato o reificato l’ordinarietà della vita. Rendiamo oggettivo i nostri processi mentali che costruiscono un mondo di conseguenza oggettivo e stabile, anche se in realtà non lo è, perché basato su assunti che non possiamo spiegare fino in fondo. La realtà è un processo di costruzione che ha a che vedere con gli assunti che gli individui fanno sul mondo: qualcosa di fragile, incerto, riferito al grado di capacità che le persone hanno di creare questi assunti.
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