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Sociologia generale Croteau D. Hoynes W., Sintesi del corso di Sociologia

capitoli 1, 2, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 24/12/2019

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Scarica Sociologia generale Croteau D. Hoynes W. e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! SOCIOLOGIA Introduzione alla sociologia Cos’è la sociologia? La sociologia è lo studio sistematico delle relazioni tra individui e società, ovvero dei​ ​modi in cui le persone sono influenzate e influenzano le strutture sociali e i processi sociali che sono presenti nei gruppi, nelle organizzazioni, nelle culture, nelle società. Assumere una prospettiva sociologica significa riconoscere e comprendere i collegamenti fra gli individui e i più vasti contesti sociali nei quali essi vivono. Nel 1959 il sociologo americano Wright Mills fornì la più nota descrizione di essa definendola “immaginazione sociologica”, ci consente di afferrare biografia (da un punto di vista individuale) e storia e il loro mutuo rapporto dell’ambito della società. Le caratteristiche e le circostanze influenzano chi siamo e le opzioni che abbiamo a disposizione; tuttavia, Mills e altri sociologi, ritengono che esiste un’interazione fra le condizioni sociali che plasmano la nostra vita e le azioni che compiamo in quanto individui. La sociologia è una disciplina di tipo teorico, empirico e operativo. Teorico perché elabora prospettive teoriche per comprendere la realtà; empirico perché raccoglie dati sulla realtà sociale attraverso ricerche o analisi statistiche; operativa poiché la sociologia ambisce ad avere una spendibilità. Il contesto storico e sociale della sociologia L’ascesa della modernità nel XVII e nel XIX secolo si contraddistinse per la crescita della democrazia e della libertà personale, da un’accresciuta fiducia nella ragione e nella scienza per spiegare il mondo naturale e quello sociale, e da uno spostamento verso un’economia industriale urbana. I primi sociologi cercarono di comprendere i notevoli cambiamenti cui stavano assistendo e di suggerire soluzioni per affrontare i problemi sociali che ne derivarono. Vi era una società soggetta a costante cambiamento, in particolare vi furono tre rivoluzioni considerate come presupposti dell’interesse per lo studio sulla società, la rivoluzione culturale/scientifica, quella politica e quella sociale/economica. 1. Con l’avvento della scienza scrittori e filosofi si impossessarono dei progressi per promuovere l’illuminismo, affermando che non si dovevano accettare per fede né il mondo fisico né il mondo sociale, e che anzi andavano esaminati alla luce della ragione. Il filosofo tedesco Immanuel Kant riassunse questo rivoluzionario modo di pensare nel motto ​Sapere aude​, “abbi il coraggio di conoscere”. 2. In questo periodo le idee illuministe contribuirono alla Rivoluzione Americana, Francese e a una serie di sollevazioni che divamparono in Europa nel 1848 (i moti del 1948), sfidando i governi tradizionali e promuovendo gli ideali democratici. 3. La locuzione “Rivoluzione industriale” si riferisce a una serie di sviluppi che trasformarono le società rurali e agricole in società urbane industriali, ebbe inizio in Gran Bretagna nel XIX secolo diffondendosi poi in tutta Europa e negli Stati Uniti. L’applicazione pratica del progresso scientifico segnò l’inizio dell’industrializzazione, ossia l’utilizzo di grandi macchinari per la produzione in serie di beni di consumo. La produzione in serie si basava su un nuovo tipo di rapporto fra lavoratori e proprietari, ne derivò la nascita del lavoro salariato e del consumismo, ovvero un sistema di vita che dipende dall’acquisto e dall’utilizzo di beni e servizi messi in commercio. Questi sviluppi alimentarono l’espansione del capitalismo, un sistema economico nel quale i macchinari utilizzati per la produzione sono di proprietà privata, i lavoratori ricevono un salario e i commercianti mediano lo scambio di beni e servizi. A causa dell’industrializzazione molte persone si spostarono dalle campagne alle città, dando vita a sua volta all’urbanizzazione, ovvero la crescita delle città. Ai suoi albori il capitalismo era estremamente produttivo, ma creò grandi disuguaglianze poiché pochi imprenditori accumularono grandi profitti derivanti dallo sfruttamento di operai; inoltre si propagarono malattie a causa delle pessime condizioni igieniche, le abitazioni erano sovraffollate e insicure, i trasporti inadeguati e il crimine sempre più diffuso. Fondamenti del pensiero sociologico Padri della disciplina, Auguste Comte e Herbert Spencer contribuirono a diffondere l’idea che il mondo sociale potesse essere oggetto di indagini sistematiche e scientifiche. Comte coniò nel 1839 il termine “sociologia”; il fulcro del suo campo di studi furono la natura della stabilità e del cambiamento sociale. Secondo la sua teoria nel corso della storia le società avevano progredito in linea retta passando attraverso diversi stadi: quello teologico, retto dalla religione, quello metafisico, retto dalla filosofia, quello positivista, retto dalla scienza. Importante per lui era il positivismo, poichè permetteva di comprendere la vita umana ed era la chiave per risolvere i persistenti problemi sociali. Spencer affermò che la società è un “organismo sociale”, costituito da parti separate, ognuna avente una propria funzione unica, che operano insieme per mantenere in vita l’organismo nel suo complesso. Dunque la sua teoria metteva in risalto la struttura globale della società, le funzioni dei diversi elementi che la compongono e le loro interazioni. Inoltre teorizzò che con l’evoluzione spontanea della società si realizzasse sempre un più alto grado di progresso; perciò pensava che il governo dovesse limitare il più possibile i propri interventi, credeva nella “sopravvivenza del più forte” (darwinismo sociale). Considerati i veri e propri fondatori della sociologia furono Karl Marx, Émile Durkheim e Max Weber. Karl Marx Scrittore e attivista politico tedesco, Marx riconobbe l’estrema produttività del capitalismo industriale e lo ritenne in grado di eliminare per sempre fame e povertà. Cercò di spiegare come e perché tanto benessere e produttività potessero coesistere con una povertà e una miseria tanto diffuse. Secondo lui la risposta andava cercata nel rapporto tra i capitalisti e gli operai, ma riteneva anche che il conflitto era una caratteristica inevitabile poiché basata sulla disuguaglianza. Teorizzò l’insurrezione dei lavoratori e l’adozione del socialismo, un sistema economico in cui la proprietà dei più importanti mezzi di produzione è pubblica e il governo dirige le forze produttive industriali per il bene comune. L’opera di Marx sottolineò l’importanza del potere economico e del suo ruolo nella produzione e riproduzione di tutte le altre disuguaglianze sociali. Infine mise in luce l’interazione tra struttura e azione, concetto basilare della prospettiva sociologica. Émile Durkheim Accademico francese, Durkheim occupò la prima cattedra di sociologia. E’ considerato l’autore che ha gettato le basi di una delle teorie dominanti della sociologia, il funzionalismo. Si preoccupò in modo particolare del problema della solidarietà sociale, ovvero dei legami collettivi che uniscono le persone. Osservò che le società agricole tradizionali erano spesso comunità molto unite poiché condividevano naturalmente legami sociali, dando adito a una solidarietà meccanica, basata sull’esperienza condivisa e sull’identità comune. Ma con la crescita delle società europee, le persone erano divenute sempre più diverse le une dalle 3. Teorie dell’interazionismo simbolico: Teoria sociale che si concentra su come le persone utilizzino i simboli condivisi e costruiscano la società come risultato delle proprie interazioni quotidiane. Negli Stati Uniti George Herbert Mead analizzò il modo in cui sviluppiamo il nostro Sé grazie all’interazione con gli altri e all’auto-riflessione. Inoltre Erving Goffman dimostrò che la vita somiglia a un dramma teatrale,​ dove il comportamento individuale è interpretabile alla luce dell'ampio contesto sottostante all'interazione simbolica faccia a faccia. Queste teorie sono fortemente associate alle dimensioni soggettive della vita sociale, e questa viene spiegata dall’interazionismo simbolico sottolineando il ruolo delle persone nella produzione e riproduzione della società. 4. Teorie femministe e del genere: teorie incentrate sulle disuguaglianze sociali basate sulle differenze sessuali e sui processi di costruzione del maschile e del femminile all’interno della società. Il terreno comune della sociologia: cultura, struttura e potere Cultura​= insieme di valori, credenze, conoscenze, norme, linguaggi, comportamenti e oggetti materiali condivisi da un gruppo sociale e trasmessi socialmente da una generazione all’altra. La cultura non è naturale poiché va insegnata e appresa attraverso il processo di socializzazione. E’ un fattore intrinseco della vita sociale ed è un elemento essenziale dell’analisi sociologica della società, poiché esercita un vero e proprio controllo sociale sulle persone. Struttura​= si riferisce ai modelli ricorrenti di comportamento nella vita sociale. Importante è capire il rapporto tra la libertà di azione degli uomini e i condizionamenti che la società impone agli uomini. Il termine ​“azione”​ da importanza all’individuo come essere che ha il potere e la capacità di essere creativo. Dare importanza ad essa vuol dire enfatizzare le capacità mentali dell’individuo e i modi in cui tali capacità vengono utilizzate per cambiare la realtà, perciò gli uomini sono in grado di creare, riprodurre e modificare le strutture sociali che li circondano. Importante è che le strutture sociali sono sia vincolanti sia abilitanti. Potere​= capacità di raggiungere un obiettivo prefissato malgrado l’opposizione degli altri. Abitualmente viene usato per distribuire risorse (potere economico), dettare regole e prendere decisioni (potere politico) e contribuire a definire la realtà (potere culturale). Il potere è pertanto strettamente connesso alla disuguaglianza. Cultura, struttura e potere fanno parte di un processo dinamico: la cultura viene riprodotta e cambiata attraverso la socializzazione; le strutture vengono cambiate e alterate mediante l’azione; il potere può essere usato per creare o ridurre le disuguaglianze che, a loro volta, possono alterare la distribuzione del potere. Il teorema di Thomas “La definizione che gli uomini danno alle situazione condiziona le loro azioni”. Se le persone definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze effettive, quindi se si crede che una cosa è reale ci si comporterà conseguentemente. Tutto ciò che crediamo condiziona le nostre scelte. Il costruzionismo sociale Ciò che gli uomini definiscono come realtà viene colta attraverso la mediazione di quadri simbolici e collettivi di natura sociale, uno di questi quadri simbolici e cognitivi ad esempio è il linguaggio (tutte le forme di comunicazione). Tutta la parte della realtà sociale è il prodotto dell’azione e dell’interazione delle persone. Dunque gli uomini producono e riproducono costantemente la realtà sociale, qualche volta riescono anche a modificarla. Una volta prodotta questa realtà sociale diventa un dato, le persone tendono a pensare che questo è un dato oggettivo. Sociologia e cambiamento La postmodernità è un periodo storico che ha avuto inizio intorno alla metà del XX secolo, caratterizzato dall’ascesa di economie basate sull’informazione e dalla frammentazione delle ideologie politiche e dei modi di conoscenza. Caratteristiche chiave delle società moderna e postmoderna Moderna Postmoderna Economia industriale posti di lavoro basati sull’informazione e nel settore dei servizi Vita sociale urbana suburbana e crescita delle megalopoli Politica democrazia disimpegno politico e cinismo Cultura dominante declino religione, ascesa della scienza e della razionalizzazione frammentata: multiculturalismo (rifiuto delle verità universali) e ritorno alle religioni fondamentaliste Anche diversi altri sviluppi significativi stanno modificando il nostro modo di vita: ● espansione dei media e della cultura del consumo ● economia globale (di produzione e consumo) ● invecchiamento della popolazione ● la famiglia che cambia ● istituzioni sociali in difficoltà ● crescente diversità e multiculturalismo ● violenza e guerra cambiano natura ● ruolo mutevole della religione La sociologia promuove la comprensione del mondo sociale e del posto che occupano in esso e ci suggerisce come migliorare la nostra vita, la nostra comunità e il nostro mondo. La cultura Definire la cultura La società è un gruppo di persone che vivono insieme in un territorio specifico e condividono una cultura. La cultura è quell’insieme di valori, credenze, conoscenze, norme, linguaggi, comportamenti e oggetti materiali condivisi da un gruppo sociale e trasmessi socialmente da una generazione all’altra. La cultura opera a molteplici livelli, dalle azioni quotidiane (microlivello) alle norme all’interno di un’organizzazione (mesolivello), fino alle credenze e alle pratiche associate a grandi gruppi di persone (macrolivello). Elementi della cultura Si divide in: ● La cultura materiale agli oggetti fisici prodotti dalle persone appartenenti a una particolare cultura, come strumenti, abbigliamento, giocattoli, opere d’arte e abitazioni. ● La cultura immateriale si riferisce alle idee di una cultura, che includono i valori e le credenze, l’insieme delle conoscenze su come comprendere il mondo e orientarsi in esso, e gli standard o le “norme” inerenti il comportamento ritenuto appropriato. Poiché gli oggetti materiali possono avere un significato simbolico, le due diverse tipologie sono spesso legate tra loro. Il ​valore​ è un principio fondamentalmente radicato, o uno standard, utilizzato dalle persone per giudicare il mondo, in particolare per decidere che cosa sia desiderabile o significativo. I valori orientano le nostre scelte e comportamenti. Sicchè variano moltissimo tra le diverse culture, Shalom Schwartz ha identificato dieci valori condivisi: potere, universalismo, successo, edonismo, benevolenza, tradizione, autoaffermazione, conformismo, autodeterminazione e sicurezza. Invece il sociologo Murdock è riuscito a individuare 60. Il problema sorge poiché le diverse culture danno ai valori priorità differenti, così da scatenare talvolta conflitti tra esse o persino anche all’interno di una particolare società; si scatenano veri e propri conflitti culturali basato sull’intenso disaccordo su valori fondamentali e posizioni morali. I valori cambiano nel tempo, quelli universali aumentano sempre più e quelli diversi coesistono in maniera maggiore in una stessa società (pluralismo dei valori). Nelle società è frequente una presentificazione dei valori, ovvero contestualizzare nell’attuale fattispecie il nuovo sistema di valori. Le ​credenze ​in una cultura possono essere definite come le specifiche convinzioni od opinioni che le persone accettano in genere come vere. La ​conoscenza ​è l’insieme di informazioni, consapevolezza e comprensione che ci aiuta a orientarci del nostro mondo. Esiste lo shock culturale, l’esperienza di disorientamento dovuta alla mancata conoscenza di una situazione sociale non familiare. La conoscenza culturale è essenziale per la sopravvivenza. Le ​norme ​sono le regole e le aspettative di una cultura rispetto a un comportamento ritenuto appropriato. Esse comunicano alle persone cosa dovrebbero fare e cosa non dovrebbero fare, ma non sono fisse o rigide. Talvolta nelle società si verifica un ritardo culturale, quando i cambiamenti sono più veloci rispetto la formulazione di nuove norme sociali. Le norme si dividono in: ● norme formali: norme rigidamente applicate, con potenziali pene severe per chi le viola; ● norme informali (costumi): abitudini del gruppo o norme informali comuni a una determinata cultura. Accettiamo le norme tramite le sanzioni, negative (danni) e positive (gratificazioni). Elster sostiene “Le sanzioni sono il prezzo che dobbiamo pagare per ogni trasgressione”. Inoltre le sanzioni sono esterne se scattano nel momento in cui un soggetto esterno applica una sanzione negativa (scattano raramente), e interne se quelle regole interiori scattano quando si sta per trasgredire una norma (frequenti). Comunicare la cultura: ​simboli e linguaggio Per comunicare gli uni agli altri le idee della nostra cultura abbiamo bisogno dei simboli e del linguaggio. Un simbolo è qualsiasi cosa -un suono, un gesto, un’immagine, un oggetto- ne rappresenti un’altra. Un linguaggio è un sistema elaborato di simboli che consente alle persone di comunicare fra loro in modi complessi. Un dialetto è una variante del linguaggio con un proprio accento distintivo, un proprio vocabolario e, in alcuni casi, proprie caratteristiche grammaticali. ● i detentori di potere manipolano la religione assicurandosi la sottomissione degli oppressi. In definitiva, la religione non è altro che il riflesso della struttura economica che ne è alla base. Costituiva una forma di “falsa conoscenza” che impedisce alle persone di riconoscere la vera fonte della propria infelicità. Alcuni, tra cui Friedrich Engels, riconoscevano che le credenze religiose potevano supportare un’azione politica radicale; dagli anni ‘60 del 1900, alcuni leader cattolici latinoamericani combinarono le proprie credenze religiose con le teorie economiche marxiste per creare la cosiddetta teologia della liberazione, una forma di cristianesimo volta a combattere la povertà e altre forme di ingiustizia sociale. Weber Weber studiò in particolare la relazione tra le varie religioni e la vita economica. Uno dei suoi principali contributi consiste nella spiegazione del processo che ha portato la razionalità a sostituire la tradizione come base per l’organizzazione della vita sociale ed economica. Questa razionalizzazione della società fu accompagnata da un declino nell’influenza della religione. Weber si riferiva alla razionalizzazione, alla secolarizzazione della società e al disincanto personale (in assenza dell’”etica della fratellanza” della religione, la vita individuale non avrebbe avuto né significato né una direzione precisa. Berger Data la gabbia d’acciaio (alienazione) della razionalizzazione Berger affermò che la religione rappresenta un tentativo di creare una realtà significativa in cui vivere. La religione fornisce una “sacra volta” sotto la quale i membri della società possono rifugiarsi assieme. La religione nel contesto globale Circa l’86% dell’umanità si identifica con una delle religioni che esistono nel mondo. Il cristianesimo è la più diffusa. Negli ultimi anni la religione è venuta ad assomigliare a una merce, vi è un’offerta diversificata di religioni, che limita il potere di ogni singola confessione, assicurando più tolleranza e più libertà religiosa per tutti. La secolarizzazione è la perdita di rilevanza sociale delle credenze, delle pratiche e delle istituzioni religiose. Stando alla tesi della secolarizzazione, la rilevanza sociale della religione è diminuita per effetto della modernità. Essa varia da un periodo storico all’altro e da una cultura all’altra, inoltre tende a essere più pronunciata nelle società più ricche e più moderne. La secolarizzazione: ● a livello macrosociologico: differenzia la religione da altri aspetti della vita sociale; ● a livello mesosociologico: è la perdita di autorità delle verità rivelate (conoscenze provenienti dalla propria divinità), questa forma consentiva a sistemi di credenze in competizione tra loro di coesistere pacificamente; ● a livello microsociologico: è la perdita di rilevanza della religione nella vita quotidiana delle persone. Nel suo complesso, la secolarizzazione riflette il declino dell’autorità religiosa. Oggi ha reso la religione una componente meno importante nella vita sociale, ne è derivata un’ascesa dell’umanesimo secolare, un sistema di credenze che enfatizza la moralità e il processo decisionale basato sulla religione, sull’etica e sulla giustizia sociale. Queste società hanno sviluppato una religione civile, un insieme di credenze comuni e di pratiche rituali che uniscono le persone in una società prevalentemente secolare. Il fondamentalismo religioso è risorto negli ultimi decenni, un movimento religioso che predica una stretta adesione ai principi tradizionali in tutti gli aspetti della vita sociale, basandosi quasi sempre sull’interpretazione letterale dei testi sacri di una religione, considerati infallibili. Vi sono molte varianti di fondamentalismi, quello cristiano di oggi tende a opporsi all umanesimo secolare. Le tante forme hanno in comune la resistenza ai cambiamenti che si accompagnano alla vita moderna, in particolare la secolarizzazione, e il tentativo di riportare i testi sacri al centro della dottrina sociale. Struttura, azione sociale e potere La struttura sociale vincola il comportamento sociale ponendo dei limiti, ma lo agevola poiché mette a disposizione delle persone un contesto e dei modelli di comportamento entro cui possono interagire. Nonostante il condizionamento ognuno ha una capacità di azione, ossia la capacità di operare indipendentemente dai vincoli sociali, anche in contrasto con le aspettative della società. Capire la struttura sociale La struttura sociale: ● a livello microsociologico: la struttura di interazione tra due persone o all’interno di piccoli gruppi; ● a livello mesosociologico: la struttura di un’organizzazione come una scuola o un’azienda: ● a livello macrosociologico: la struttura di ​stratificazioni, classi, generazioni, intere società storiche (esempio: la ​struttura di disuguaglianza tra paesi in via di sviluppo e industrializzati). La struttura sociale è caratterizzata da comportamenti schematizzati e ripetitivi; queste routine stanno alla base delle istituzioni sociali, ovvero le grandi aree della vita sociale in cui si sviluppano routine e modelli di comportamento destinati a durare nel tempo. L’analisi sociologica dimostra che i modelli di comportamento sono modificabili in quanto prodotto dell’azione umana. Le struttura sociali infatti variano nel tempo e da una cultura all’altra. L’azione umana crea la struttura, ma poi quella struttura determina l’azione successiva; l’azione futura riaffermerà, modificherà o cambierà radicalmente le strutture sociali in essere. Status e ruoli sono dei modelli di comportamento che assumono un carattere normativo all’interno di una determinata società. Lo status designa una posizione che può essere occupata da un individuo all’interno di un sistema sociale, si dividono in: ● ascritti: quelli che ci vengono assegnati fin dalla nascita, indipendentemente dai nostri desideri o dalle nostre capacità; ● conseguiti: quelli che otteniamo volontariamente, in larga misura, per effetto dei nostri sforzi. I ruoli rappresentano i comportamenti attesi che si associano a determinati status, vengono talmente interiorizzati che entrano a far parte del Sé. I ruoli sono soggetti al cambiamento. Poiché ci mettono in relazione con istituzioni sociali, gli status e i ruoli sono fondamentali per la comprensione delle modalità di interazione tra le persone nei gruppi e nelle organizzazioni. Interazione a livello microsociologico: l’etnometodologia Uno dei metodi più usati dai sociologi per esaminare le interazioni sociali a livello microsociologico è l’etnometodologia. L’etnometodologia è un approccio che esamina i metodi usati dalle persone per dare significato alle proprie attività quotidiane, enfatizzando le modalità con cui creiamo collettivamente una struttura sociale nelle nostre attività di tutti i giorni. Harold Garfinkel e colleghi hanno cercato di far emergere le strutture sociali microsociologiche tramite i cosiddetti “breaching experiments”, situazioni sociali controllate, in cui le persone coinvolte violano intenzionalmente le regole sociali, ignorando norme e comportamenti consolidati. Violando le norme sociali di applicazione quotidiana, gli esperimenti etnometodologici mettono in luce l’esistenza di norme inespresse che strutturano innumerevoli aspetti della vita sociale. Struttura sociale a livello mesosociologico La struttura organizzativa designa le regole e la routine, sia formali (codici di condotta e job description) sia informali (quelle che emergono e si impongono nello svolgimento delle attività organizzative reali), che disciplinano l’attività quotidiana all’interno delle organizzazioni. Struttura sociale a livello macrosociologico: funzioni e interrelazioni tra istituzioni sociali A questo livello di analisi, alcuni sociologi ricorrono alla prospettiva funzionalista, concentrandosi sull interrelazione tra le istituzioni. Al centro dell’analisi funzionale è il concetto di equilibrio, il bilanciamento tra varie strutture che mantiene la stabilità sociale. Talcott Parsons, pioniere della teoria funzionalista, era interessato al tema della integrazione sociale, ossia del processo mediante il quale i valori e le strutture sociali uniscono le persone all’interno di una società. Secondo i funzionalisti, data l’interdipendenza, l’equilibrio è precario per definizione; perciò un cambiamento che si verifichi in una istituzione lo indurrà anche nelle altre. L’esistenza di una struttura o di un’istituzione sociale non ne implica necessariamente una funzione positiva (esempio: ruoli di genere), dunque in alcuni casi le strutture sono disfunzionali. Pertanto per capire il reale funzionamento di una struttura all’interno di una società, dobbiamo stabilire chi ne beneficia e chi potrebbe esserne danneggiato. Come cambiano le strutture: l’azione sociale Max Weber definiva la sociologia come la scienza che studia l’azione sociale, identificò quattro ideal-tipi di azione umana: 1. azione tradizionale: motivata dal costume e guidata dal passato; 2. azione affettiva: guidata dalle emozioni e dai sentimenti; 3. azione razionale rispetto al valore: azione consapevole orientata da un’ideale sia nel suo svolgersi sia nei fini che intende perseguire; 4. azione razionale rispetto allo scopo: motivata da logiche di efficienza, vengono definiti gli obiettivi, i mezzi per raggiungerli e le possibili conseguenze. Recentemente, il sociologo George Ritzer ha affermato che una forma di azione razionale rispetto allo scopo, la cosiddetta “McDonaldizzazione” del mondo, sta condizionando sempre più la nostra vita quotidiana. Tale tipo di azione imporrebbe la struttura standardizzata di un fast food a tutti gli aspetti della nostra vita. Rappresenta una forma estrema di azione razionale poiché può essere, al tempo stesso, inefficiente e disumanizzante. Le quattro dimensioni della McDonaldizzazione secondo Ritzer sono l’efficienza, la calcolabilità, ,a prevedibilità e il controllo. Il potere Il potere è ciò che l’energia è per la fisica, è una specie di energia sociale di cui un attore dispone nel condizionare l’azione di un altro. E’ strettamente legato alle disuguaglianze sociali. Comprendere le diverse forme di potere L’interazione, i gruppi, le organizzazioni Cultura e interazione sociale La tradizione teorica dell’interazionismo simbolico sottolinea come la nostra comprensione del mondo abbia origine dalle nostre interazioni vis-à-vis. Nel primo ‘900 Charles Horton Cooley e George Herbert Mead, sostennero che le interazioni sociali sono fondamentali per lo sviluppo del nostro Sé. Le interazioni sociali devono basarsi su un linguaggio e una conoscenza condivisa. Bisogna giungere a un'interpretazione comune. Senza essa, l’interazione diventa disorientante, frustrante, inefficiente e persino allarmante. L’intersoggettività è una condizione in cui più persone interpretano nello stesso modo la conoscenza, la realtà o un’esperienza. In questo modo l’interazione sociale costruisce costantemente il nostro mondo sociale. Le persone che occupano posizioni sociali diverse considerano spesso il mondo da prospettive diverse. Essendo parte di una cultura, vediamo il nostro mondo da una prospettiva particolare, e questo punto di vista diviene la nostra realtà, nonché il risultato di ciò che impariamo dalla nostra società. Come dice la prospettiva del costruzionismo teorica del sociale, la realtà è interamente e socialmente costruita dagli uomini. Ma le nostre definizioni di realtà possono mettere in moto conseguenze reali. W. I. Thomas, sociologo americano dell’inizio del XX secolo, espresse la sua intuizione oggi nota come “teorema di Thomas” con tale enunciato: “Se gli uomini definiscono reali certe situazioni, esse saranno reali nelle loro conseguenze”. Dunque l’interpretazione soggettiva della realtà ha effetti oggettivi. Per capire come e perché gli esseri umani agiscono come fanno, dobbiamo prestare attenzione al modo in cui definiscono la realtà e a come quella definizione influenza il loro comportamento e determina l’interpretazione degli eventi futuri. Gli stereotipi sono generalizzazioni esagerate, distorte o non vere su categorie di persone, che non tengono conto della specificità di ogni individuo. Trattandosi di definizioni condivise, gli stereotipi creano un senso di realtà, quindi possono avere conseguenze. Nel loro libro “La realtà come costruzione sociale”, Peter Berger e Thomas Luckmann definiscono le tre fasi per costruire la realtà sociale: 1. esternalizzazione (“La società è un prodotto dell’uomo): le persone esternalizzano la realtà sociale attraverso una continua attività fisica e mentale; 2. oggettivazione (“La società è una realtà oggettiva”): le disposizioni sociali arrivano a sembrare oggettivamente reali; 3. interiorizzazione (“L’uomo è un prodotto sociale”): apprendiamo la cultura della nostra società e determiniamo la nostra visione del mondo riproducendola attraverso le nostre azioni. Lo stesso processo avviene sia nelle interazioni sociali a livello microsociologico, sia nelle strutture sociali più ampie. L’interazione prende forma anche attraverso status sociali e ruoli, fondamentali all’unione di un individuo a un altro e ai modelli di comportamento. Uno status set è l’insieme degli status di un individuo. Una categoria di status è uno status sociale che le persone possono avere in comune. Il conflitto inter-ruoli avviene quando le aspettative associate a ruoli diversi si scontrano. Il conflitto intra-ruolo, al contrario, si verifica quando le aspettative associate a un singolo ruolo competono le une con le altre. I ruoli sono importanti per la costruzione della nostra vita quotidiana perché ci connettono alle altre persone; questi ruoli interconnessi danno vita a una rete di relazioni sociali, che è alla base della struttura sociale. “Il mondo è un palcoscenico sul quale tutti noi, uomini e donne, siam solo attori” (Shakespeare) L’approccio drammaturgico alla realtà sociale studia le interazioni sociali utilizzando la metafora della vita come teatro. Erving Goffman, nel suo libro “La vita quotidiana come rappresentazione”, attinse ad alcuni elementi tipici di una rappresentazione teatrale per delucidare la natura dell’interazione sociale. Dice che quando interagiamo con gli altri entrano in gioco le aspettative di ruolo, la gestione delle impressioni, il palcoscenico e retroscena. Aspettative di ruolo: nella vita reale le aspettative culturali determinano il contenuto di un ruolo sociale. Il costume, gli accessori, il linguaggio e le emozioni appropriate sono fondamentali. Gestione delle impressioni: in quanto attori sociali, attraverso la nostra interpretazione cerchiamo di controllare l’immagine che gli altri hanno di noi. Palcoscenico e retroscena: gli attori sociali cambiano il proprio comportamento a seconda del luogo in cui si trovano. Le reti sociali sono l’insieme dei legami sociali che collegano le persone le une alle altre. I legami sociali possono influenzare chi siete, servire da legame fra voi e nuovi contatti o aprire opportunità in nuovi ambiti sociali. Secondo il principio dell’endogamia sociale, il contatto sociale avviene in percentuale maggiore fra persone simili che fra persone diverse. Influenza ciò che sappiamo della nostra società perché tendiamo a condividere e rafforzare la nostra visione del mondo con coloro che sono simili a noi. Più forti sono i nostri legami, più è probabile che le persone in questione ci forniscano un sostegno; ma anche i legami deboli possono essere un aiuto poiché spesso i membri di queste reti possono attingere a cerchie sociali più vaste, ottenendo l’accesso a una serie più ampia di contatti sociali, informazioni e altre risorse. Formalizzare la struttura: gruppi e organizzazioni I gruppi e le organizzazioni sono definiti dai modelli di partecipazione dei loro membri. Perché esista un’organizzazione formale, i suoi membri devono mantenere un determinato livello di interazione, che varia in funzione del tipo e delle dimensioni dell’organizzazione. I gruppi sociali sono un insieme di persone che interagiscono abitualmente le une con le altre e sono consapevoli del loro status di gruppo; spesso condividono interessi, valori, norme e aspettative comuni. I gruppi primari sono formati da persone che hanno contatti regolari, relazioni durevoli e un significativo legame affettivo le une con le altre. Sono agenti di socializzazione particolarmente influenti e spesso una fonte importante di sostegno sociale. I gruppi secondari sono persone che interagiscono in modo relativamente impersonale, in genere per eseguire un compito specifico. I gruppi di riferimento sono i gruppi con i quali scegliamo di misurarci, dunque possono influenzare le nostre scelte quando progettiamo e valutiamo le nostre azioni. Secondo il sociologo Georg Simmel, la dimensione di un gruppo ha effetti importanti sulle sue dinamiche interne. I piccoli gruppi (diadi e triadi) tendono ad avere rapporti intensi ma instabili, mentre quelli più ampi tendono a essere più stabili ma meno intensi. In questi due tipi di gruppi è diversa anche la natura dell’interazione sociale tra i membri. Le organizzazioni sono gruppi secondari aventi una struttura formale, costituiti per adempiere a particolari compiti. Le dimensioni possono avere una notevole influenza sulla struttura e sul modo di operare. Sviluppatasi con l’ascesa della civiltà industrializzata, una burocrazia è un sistema gerarchico amministrativo avente regole e procedure formali, utilizzato per gestire organizzazioni. Secondo Weber i fattori chiave sono: ● divisione del lavoro: le persone assolvono compiti rigidamente definiti; ● gerarchia di autorità e responsabilità: le burocrazie hanno una struttura piramidale, il potere è concentrato al vertice e i burocrati si dividono una scarsa influenza, l’autorità è estremamente frammentata e il principale compito del manager consiste nel far rispettare le regole e nel controllare gli altri dipendenti; ● impersonalità: la struttura della burocrazia resta indipendentemente dalle sorti degli impiegati; ● regole scritte e archivi: i formulati per comunicare le informazioni e registrare i dati aiutano a garantire una coerenza interna. Questi fattori consentono alle burocrazie di coordinare le attività di molte persone. Inoltre, poiché l’autorità è frammentata, questo tipo di organizzazione tende a opporre una forte resistenza al cambiamento. Norme e regole tendono a moltiplicarsi e a farsi più raffinate con l’insorgere di nuove situazioni. Gli sforzi per massimizzare l’efficienza sembrano avere l’effetto opposto, dato che la continua moltiplicazione degli strati burocratici spesso rende tali organizzazioni sempre più macchinose. I sociologi cercano di comprendere questa complessità prendendo in esame la cultura di un’organizzazione e l’ambiente in cui essa opera. -Le organizzazione possono avere culture ben distinte che influenzano il modo in cui sono strutturate, i valori che esse sostengono e il loro modus operandi. -L’ambiente organizzativo è costituito dai fattori che esistono al di fuori dell’organizzazione, ma che potenzialmente ne influenzano l’operato. Le organizzazioni si collegano ad altre organizzazioni in una struttura a rete. Ad esempio il contesto giuridico, la tecnologia e l’ambiente culturale influenzano l’ambiente organizzativo delle organizzazioni. Il potere nei gruppi e nelle organizzazioni Gruppi e organizzazioni rafforzano la disuguaglianza. I gruppi possono esercitare il controllo includendo o escludendo i membri. Un in-group è il gruppo sociale con il quale una persona si identifica e verso il quale ha sensazioni positive. Un out-group è un gruppo sociale verso il quale una persona prova sensazioni negative, i cui membri sono considerati inferiori. Questi gruppi provocano tensioni, rivalità e conflitti tra gruppi sociali che, spesso, lottano per il potere. Gli esperimenti di Asch Gli esperimenti di Asch suggeriscono che la pressione psicologica esercitata dal gruppo può portare alla conformità. Ai soggetti degli esperimenti venne chiesto quale delle tre linee mostrate in una figura fosse della stessa lunghezza della linea illustrata in un’altra. Quando i primi membri del gruppo a cui era stata rivolta la domanda diedero una risposta sbagliata, alcuni soggetti fornirono la medesima risposta, anche se ovviamente scorretta. Alcune culture sono più conformiste di altre, anche le condizioni sociali possono portare a un comportamento conformista soprattutto a causa di ansia e paura per la sicurezza personale. L’incidenza dell’influenza dei gruppi sul comportamento individuale varia notevolmente. Gli esperimenti di Milgram Gli esperimenti di MIlgram vennero condotti nei primi anni ‘60 in un laboratorio di ricerca dove gli scienziati incoraggiavano i partecipanti a somministrare scosse elettriche come parte di un presunto studio su come le punizioni influenzino l’apprendimento. Dimostra che individui in modo significativo. Alcuni sono informali, come un gruppo di amici; mentre in ambienti più strutturati esistono altri gruppi, come compagni di classe e colleghi di lavoro. Il luogo di lavoro La socializzazione professionale è l’apprendimento delle norme informali associate a un tipo di impiego. Religione La religione è l’agente di socializzazione più esplicitamente dedito all’insegnamento di valori e credenze. Istituzioni totali Il sociologo Erving Goffman ha definito istituzioni totali, strutture inglobanti nelle quali un’autorità regola ogni aspetto della vita di una persona. Sono in grado di influire profondamente nella socializzazione e presentano un caso estremo di risocializzazione, il processo mediante il quale gli individui che passano da ruolo a un altro o da una fase di vita a un’altra sostituiscono vecchie norme e passati comportamenti con altri nuovi. Le persone devono sottomettersi a un regime controllato e vivono in gruppo con altre persone nella stessa condizione. Queste istituzioni possono essere un mezzo benevolo per fornire assistenza e aiutare le persone ad assumere un nuovo ruolo nella società. Cultura, potere e Sé sociale Attraverso l’interazione sociale sviluppiamo le nostre capacità, diventiamo adulti sani, fisicamente e socialmente e, in questo processo, sviluppiamo il nostro Sé. Il senso del Sé è l’insieme di pensieri e sensazioni che si provano considerando se stessi come un oggetto. Nella sua teoria del 1902 della riflessività (Looking Glass Self), Charles Horton Cooley elabora il concetto del Sé-specchio (o Sé-riflesso), l’idea che il nostro senso del sé si sviluppi come riflesso del modo in cui riteniamo che gli altri ci vedano. Secondo Cooley, le nostre interazioni con gli altri comportano tre fasi: ● ciò che pensiamo che gli altri vedano in noi ● come pensiamo che gli altri reagiscano a ciò che vedono in noi ● come a nostra volta reagiamo alla reazione che percepiamo negli altri Il Sé delle persone varia in funzione delle persone con le quali interagiscono. George Herbert Mead riprende la teoria di Cooley, però distinguendo due aspetti della personalità (del Sé), l’”io” e il “me”. L’”io” di Mead è la parte del Sé non socializzata che è spontanea, impulsiva, creativa e imprevedibile. Il “me” è il senso del sé appreso dall’interazione con gli altri, quindi introduce l’influenza degli altri nella coscienza individuale. Secondo Mead le persone sono in grado di elaborare i contenuti culturali condivisi dagli agenti della socializzazione poiché reagiscono anche con loro stesse; tutte le conversazioni interiori sono per Mead fondamentali, poiché grazie a esse cerchiamo di metterci nei panni degli altri. Secondo Mead tutte le nostre azioni passano attraverso le interazioni con noi stessi. Mead riteneva che i bambini avanzassero attraverso quattro fasi di sviluppo sociale: 1. fase pre-gioco: processo di imitazione, i bambini copiano il comportamento degli adulti senza capire esattamente cosa stanno facendo 2. fase del gioco (libero): comincia a interpretare il comportamento degli altri e a capirne il senso, e può assumere anche questi ruoli sociali 3. fase del gioco organizzato (play): acquisisce il significato associato a tutti i ruoli sociali e ne capisce anche le relazioni 4. fase dell’altro generalizzato: gli individui interiorizzano i valori e gli orientamenti di una comunità in generale e non dei suoi singoli componenti, in questa fase arriviamo a sviluppare il nostro sé (equilibrio fra io e me). Etnie e migrazioni Il ruolo della cultura: inventare l’etnia e la razza L’etnia designa una comunità caratterizzata da una tradizione culturale condivisa, che deriva spesso da un’origine e da una patria comuni. E’ un costrutto sociale poiché le persone reinventano e ridefiniscono costantemente le identità etniche, dunque all’interno di una società possono svilupparsi processi di “etichettamento etnico”. La razza denota una categoria di persone che hanno in comune delle caratteristiche fisiche socialmente significative, come il colore della pelle. Etnia e razza sono due concetti potenzialmente sovrapponibili. Le teorie scientifiche della razza presero piede con il rafforzamento del colonialismo e dell’imperialismo europeo, così nacquero il razzismo e l’essenzialismo razziale. Il razzismo è la convinzione che una razza sarebbe intrinsecamente superiore a un’altra; mentre l’essenzialismo razziale è l’idea che presunte differenze naturali e immutabili separino le razze. Solo negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, le teorie sono state completamente screditate. Struttura e potere sociale nei gruppi razziali ed etnici Vedere gli altri in termini di razza, etnia e altre categorie sociali può incidere sul modo in cui agiamo nei loro confronti e contribuire a legittimare le disuguaglianze sociali. Un gruppo minoritario è un insieme di persone che sistematicamente subiscono degli svantaggi, hanno meno opportunità e meno risorse rispetto al gruppo di maggioranza, per via di caratteristiche fisiche o culturali identificabili. Un gruppo maggioritario è un insieme di persone che godono di privilegi e hanno un maggiore accesso al potere per via di altre caratteristiche fisiche e culturali. Anche se lo status dei suoi singoli membri varia ampiamente, considerata come gruppo, una minoranza tende ad avere redditi più bassi, un’istruzione inferiore e un’influenza politica minore rispetto al gruppo maggioritario. Specularmente, come gruppo, le maggioranza dominano la società. Tutto ciò che noi consideriamo differenza è il prodotto di una costruzione sociale. In alcuni casi la minoranza, a causa degli stereotipi, potrebbe essere soggetta a pregiudizi e discriminazioni. Gli stereotipi sono generalizzazioni distorte e infondate che, non ammettendo la specificità individuale, si concentrano su determinate categorie di persone. Nutrire un pregiudizio significa pre-giudicare negativamente un individuo o un gruppo sulla base di informazioni inadeguate. Quando il pregiudizio è accompagnato dall’azione, si ha una discriminazione, un comportamento manifesto ineguale che conferisce a un gruppo di persone dei vantaggi su un altro gruppo senza una causa giustificabile. Modelli di interazione tra maggioranza e minoranza possono assumere forme diverse: ● pluralismo: gruppi etnici convivono avendo piena parità; ● ibridazione: si mescolano per creare un nuovo gruppo; ● assimilazione: il gruppo di minoranza dismette i propri tratti culturali e assume la cultura della maggioranza; ● segregazione: mantenere fisicamente e socialmente separati i gruppi di minoranza e limitarne l’accesso alle risorse; ● genocidio: eliminazione sistematica di un gruppo di persone, in base alla loro razza, etnia, nazionalità o religione. Reazioni dei gruppi minoritari al predominio del gruppo maggioritario possono essere: ● ritiro: allontanamento di un gruppo etnico da un determinato contesto in cui subisce forme di segregazione; ● integrazione: fusione della minoranza nel gruppo di maggioranza, prevede l’abbandono da parte della minoranza dei propri usi e costumi; ● adozione di un altro codice: gli individui che appartengono a una minoranza si adeguano alle norme della maggioranza ma lo fanno solo in modo indiretto, creano una faccia adeguata alle norme culturali della maggioranza pur mantenendo una faccia segreta, più vicina alla propria cultura di appartenenza; ● resistenza: consiste in una presa di posizione attiva contro la discriminazione operata dalla maggioranza. Il fenomeno migratorio in Italia L’Italia ha conosciuto due grandi esperienze migratorie. Nella prima tra il 1800 e il 1900, conosciuta come la Grande Emigrazione, migliaia di persone emigrarono verso gli Stati Uniti, il Brasile e l’Argentina. La seconda dagli anni ‘50 agli anni ‘60 e ‘70, il flusso migratorio si concentrò verso la Svizzera, la Germania e il Belgio. Parallelamente a questa seconda ondata, l’Italia è stata interessata anche da un movimento interno dal sud al nord, dall’agricoltura all’industria. Con l’esaurimento del boom economico, il crollo del muro di Berlino e le trasformazioni nell’Europa dell’Est, le “nuove migrazioni” hanno modificato la direzione dei flussi migratori, i Paesi dell’area mediterranea assunsero i caratteri di Paesi d’immigrazione. Negli ultimi decenni l’aggravarsi degli squilibri tra il nord e il sud del mondo e il carattere globale dei movimenti migratori ha visto l’Europa (in particolare l’Italia) diventare una destinazione privilegiata per le migrazioni internazionali. Nonostante le trasformazioni degli ultimi anni, l’Italia continua a essere un Paese di emigrazione soprattutto per quanto riguarda le giovani generazioni che, a causa della crisi e della disoccupazione, scelgono di trasferirsi all’estero. Cultura, struttura sociale e potere: spiegare la disuguaglianza etnica e razziale Strettamente legato a stereotipi e pregiudizi è il concetto di etnocentrismo, ovvero la pratica di giudicare una cultura diversa utilizzando gli standard della propria e con una presunzione di superiorità; ciò può generare xenofobia, l’irragionevole timore od odio per gli stranieri o per persone di una cultura diversa che, portato all’estremo può degenerare nel genocidio. Al contrario il relativismo culturale è la pratica di comprendere una cultura attraverso i suoi stessi standard. L'ineguaglianza etnica e razziale si produce e si rinforza con la discriminazione istituzionale, espone un razzismo di tipo sistemico all’interno della società e deriva dall’organizzazione strutturale, dalle politiche e dalle procedure di istituzioni come il governo, le imprese e le scuole. Il pregiudizio è radicato nella cultura perciò il processo di socializzazione può essere un mezzo da tramite. La teoria del contatto di Allport dice che il contatto tra membri di gruppi etnici diversi può ridurre il pregiudizio, soprattutto se il contatto è duraturo e se coinvolge persone di uguale status aventi obiettivi comuni e se questo contatto è sostenuto e approvato dalle autorità. Le persone discriminano perché sanno di poter trarne un vantaggio, questo accade quando siamo di fronte a risorse scarse. Secondo la split labor market theory i conflitti etnici e razziali emergono spesso quando due gruppi di etnia o razza differente competono per gli stessi posti di lavoro. Il sessismo è l’ideologia per cui un sesso sarebbe superiore all’altro; anche il genere comporta relazioni sociali e dinamiche di potere tra diversi gruppi di persone, gli uomini e le donne. La socializzazione nel contesto culturale Il ruolo di genere è un insieme di aspettative relative al comportamento e agli atteggiamenti che si basano sul sesso di una persona; questi ruoli contribuiscono a formare la nostra identità influenzando aspetto, attività, comportamenti ed emozioni, e aspirazioni. Candace West e Don Zimmermann affermano che il genere viene creato costantemente -e potenzialmente alterato- attraverso il processo di “costruzione dell’identità di genere”, ovvero la produzione del genere tramite le interazioni che prendono forma in determinati ambiti sociali. Il genere viene insegnato attraverso la socializzazione, ricreato quotidianamente nelle interazioni individuali e anche imposto nel contesto delle strutture sociali e istituzioni. La famiglia è l’ambiente sociale che ha la massima influenza sulla nostra percezione del genere. La socializzazione di genere inizia con la nascita e le lezioni sul genere continuano durante la crescita. Per tutta l’infanzia, bambini e bambine vengono trattati diversamente; nei primi anni i bambini sono già stati assoggettati a un’affermazione intensa e costante delle aspettative di genere della società, e iniziano a reagire di conseguenza. Anche la scuola, per tutta la sua funzione, promuove e rafforza le differenze di genere. L’interazione regolari con i gruppi dei pari, rafforza e consolida le lezioni sul genere apprese a scuola e in famiglia tendendo anche a riprodurre le norme di genere dominanti. Tale socializzazione talvolta induce una persona a sviluppare un senso del Sé correlato a un gruppo di persone dello stesso genere e a prendere le distanze da un altro. Le immagini e i servizi proposti dai media possono mettere in discussione i ruoli di genere tradizionali o per lo più rinforzare gli stereotipi culturali. Cultura, potere e disuguaglianza di genere La stratificazione di genere designa la distribuzione sistematica e ineguale di potere e risorse tra uomini e donne all’interno della società. Il patriarcato è un sistema sociale dominato dagli uomini; per contro, il matriarcato e un sistema sociale dominato dalle donne (in questo caso è che una forma di collaborazione che di dominio). La capacità degli esseri umani di modificare l’ambiente sociale si è accelerata esponenzialmente che con il tempo è diminuita la significatività delle differenze tra i sessi. Tuttavia, dopo aver accumulato potere nella società, gli uomini erano restii a condividerlo con le donne; da qui la disuguaglianza che continua ancora oggi. Nell’UE le donne guadagnano in media di meno rispetto gli uomini; vi sono tanti fattori che contribuiscono a tale divario, tra cui l’istruzione. Sino alla metà del XX secolo, molte università rifiutavano persino l’iscrizione alle studentesse; invece se si prendono in considerazione le giovani generazioni, le donne risultano avere un livello di istruzione superiore. Fondamentale nel divario retributivo dunque è la differenza tra le scelte universitarie delle donne e degli uomini e l’approccio che hanno verso il lavoro. L’approccio verso il lavoro delle donne è diverso poiché sono più propense a usare i congedi parentali, a lavorare part-time o ad abbandonare il lavoro per occuparsi dei figli. Un risultato di questa discriminazione è il soffitto di cristallo, la barriera spesso invisibile creata dal sessismo individuale e istituzionale che impedisce a donne qualificate di raggiungere livelli elevati nella struttura manageriale. Il pregiudizio di genere si determina spesso a livello inconscio e influenza la valutazione reciproca del lavoro altrui. Le norme culturali promuovono la discriminazione nell’ambiente di lavoro, spesso intaccando l’autostima delle donne e limitandone le ambizioni. Al giorno d’oggi lavorano fuori casa più donne che in passato; per indicare le conseguenze, Laura Balbo coniò l’espressione “doppia presenza”, al fine di indicare la loro duplice responsabilità verso la famiglia e verso il lavoro. In un altro studio, rilevarono che, benché il numero di donne che lavorava a tempo pieno fuori casa fosse in aumento, al loro ritorno esse continuavano a fare un secondo turno, dovendo far fronte alla responsabilità primaria della casa e dei figli. Il livello di disuguaglianza di genere in una società tende a influenzare il modo in cui le coppie negoziano la suddivisione dei lavori domestici. Nel 1995, Il Comitato Economico e Sociale dell’ONU fissò un obiettivo del 30% di rappresentanza delle donne nel corpo legislativo di ogni Paese. La violenza sulle donne è al tempo stesso una conseguenza e una causa delle disuguaglianze. In Italia, il “delitto d’onore” era sanzionato con pene attenuate perché si riconosceva la riparazione socialmente accettata; queste norme giuridiche sono state abrogate solo nel 1981. Ancora oggi però, altre società tollerano la violenza domestica. La violenza domestica può essere definita come un comportamento violento che viene usato da una persona per acquisire o mantenere il potere e il controllo sul proprio partner sessuale. Questo tipo di abuso può includere componenti fisiche, sessuali, psicologiche, emotive ed economiche. L’85% della violenza domestica è indirizzata alle donne. Lo stupro spesso si sovrappone alla violenza domestica. La violenza, soprattutto in una cultura patriarcale, scatta nel momento in cui la donna si sottrae a tale rappresentazione. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha compiuto uno studio, confermando che la violenza domestica varia sensibilmente da una cultura all’altra. Un’altra forma di discriminazione di genere è costituita dalle molestie sessuali, proposte sessuali non gradite, richieste di favori sessuali e molestie verbali di varia natura. Alcune forme di molestie coinvolgono l’abuso di potere, i casi più evidenti sono quelli di scambio. Alcuni governi ignorano l’aggressione sessuale, durante le guerre, le donne erano costrette a prostituirsi per i soldati. Inoltre gli eserciti hanno usato la violenza sessuale di massa anche per terrorizzare le popolazioni civili. Un’altra forma di violenza organizzata contro le donne è il traffico di esseri umani, vengono sfruttate sessualmente o come manodopera coattiva; queste attività si sono intensificate da quando la globalizzazione ha reso più facile la mobilità internazionale di popolazioni. Parte della tradizione culturale e religiosa, specie in Africa, è la mutilazione dei genitali femminili, essa sottende una serie di procedure intese a rimuovere parzialmente o totalmente i genitali esterni delle donne; Benché parte della cultura molti la considerano una forma di violenza organizzata contro le donne. Sessualità La parola sessualità designa i desideri, i comportamenti e l’identità sessuale di una persona; ha a che fare con delle caratteristiche di origine biologica, ma è anche un costrutto sociale. La sessualità umana è un insieme di pratiche socialmente regolate che variano da una cultura all’altra e nel tempo. Tutte le culture hanno una forma di tabù dell’incesto, una norma che vieta relazioni sessuali tra determinati parenti, inoltre promuove l’integrazione sociale. La teoria queer afferma che, durante la vita di una persona, le identità sessuali sono socialmente costruite, quindi si evolvono e possono essere modificate. L’identità sessuale designa il nostro Sé in relazione al tipo di attrazione sessuale che proviamo nei confronti degli altri. ● Gli eterosessuali sono attratti da persone dell’altro sesso. ● Gli omosessuali sono attratti da persone dello stesso sesso. ● I bisessuali sono attratti da persone di entrambi i sessi. ● Gli asessuali non sono attratti sessualmente da nessuno. Evidenze sempre più numerose indicano che l’identità sessuale affonda le proprie radici nella biologia, ma è influenzata dalla cultura. L’idea di legare l’identità alla sessualità e un’invenzione sociale relativamente recente. Gli scienziati iniziarono a studiare i comportamenti sessuali verso la metà del XIX secolo, classificavano persone in “normali” e “devianti”. Alla fine dell’800, le società occidentali iniziarono a inquadrare una nuova categoria sociale distinta e separata degli “omosessuali”. Le diverse culture hanno visioni divergenti sulla comunità LGBT. L’eterosessismo è un insieme di atteggiamenti e di comportamenti che indica la convinzione che tutti siano eterosessuali. Per contro, l’omofobia è misto di disapprovazione e di paura nei confronti degli LGBT, ed è spesso fonte di ostilità e discriminazione. Leggi e tradizioni omofobiche hanno discriminato pesantemente queste categorie, costringendole spesso a nascondere il proprio orientamento sessuale. Uno dei testi di riferimento della psichiatria mondiale, ha definito l’omosessualità “un disturbo mentale” fino a metà degli anni ‘70. Il matrimonio e/o varie forme di unione civile tra persone dello stesso sesso è legale in diversi Paesi. Sono rimasti pochi i Paesi UE che a oggi non prevedono alcun tipo di tutela per le coppie omosessuali. Spesso le teorie omofobiche si fondano su dottrine religiose. Durante la Seconda Guerra Mondiale i nazisti arrestarono e malmenarono migliaia di gay, venivano costretti a cucire sulle divise dei triangoli rosa, che da allora gli attivisti hanno eretto a simbolo del movimento LGBT. Contrastare le disuguaglianze basate sul genere e sull’identità sessuale Nella prima sociologia convenzionale il genere aveva un ruolo marginale. Un’eccezione è la teoria critica della stratificazione di genere sviluppata da Engels, definì ingiusta la disuguaglianza di genere poiché collegò la stratificazione di genere all’ascesa della proprietà privata e delle classi sociali. Talcott Parsons invece, in linea con il proprio orientamento funzionalista, accettava acriticamente l’idea che la specializzazione dei ruoli tra i sessi avesse una funzione preziosa per la società; ciò riduceva la competizione tra marito e moglie. Negli anni ‘60 e ‘70 il movimento delle donne ha messo in discussione questi assunti, osservando che non c’era alcuna ragione per cui un individuo non potesse svolgere sia funzioni strumentali (orientate a un compito specifico, comportano interazioni impersonali di breve periodo) sia funzioni espressive (insite in una relazione interpersonale stabile e di lunga durata). Il femminismo è una filosofia che promuove l’eguaglianza sociale, politica ed economica tra uomini e donne. Il femminismo della prima ondata si è concentrato principalmente negli USA e negli UK tra il XIX e il XX secolo, quando le donne ottennero il diritto al voto. Il femminismo della seconda ondata designa la fase degli anni ‘60 e ‘70, quando affrontarono problemi collegati alle disuguaglianze di genere, tra cui la discriminazione nell’ambiente di lavoro e nell’educazione, gli stereotipi di genere nella cultura popolare, i ruoli restrittivi di genere, i diritti riproduttivi e la libertà sessuale. Il femminismo della terza ondata, iniziato negli anni ‘90, promuove l'autoemancipazione e l’autostima sessuale, e enfatizza l’eterogeneità nelle esperienze delle donne. Il 38 giugno 1969, la polizia di New York fece irruzione in un locale per gay denominato “Stonewall Inn”, quella volta una folla si radunò all’esterno del locale cominciando a inveire contro i poliziotti. La dimostrazione fu ripetuta nelle sere successive in quelli che sono potere, in quanto può essere definito come un gruppo di individui che agiscono insieme per raggiungere un determinato obiettivo; una classe può essere definita come un insieme di persone che hanno in comune una situazione di mercato. Soffermandosi sull’interazione, Weber individuò nelle chance di vita l’elemento in grado di comprendere le dinamiche della stratificazione nelle società industrializzate. Ciò ha permesso di tener conto di quell’espansione della classe tipica del ‘900 che Marx, invece, non aveva creduto possibile. I membri di questa classe non sono capitalisti, ma l’istruzione che hanno ricevuto danno loro accesso a una risorsa scarsa, consentendogli chance di vita diverse. Inerzia e fluidità delle strutture di classe: capitale culturale e mobilità sociale Il sistema di classi sociali presenta sia meccanismi di inerzia, atti a riprodurre le distinzioni sociali, sia meccanismi di fluidità, ovvero strutture di opportunità. I funzionalisti americani di metà ‘900 analizzarono la disuguaglianza economica in base al contributo positivo che essa fornisce alla società. In questa prospettiva, Davis e Moore sostengono che la stratificazione aiuta a “fare in modo che le posizioni più importanti vengano coscienziosamente occupate dalle persone più qualificate”. Invece di classi sociali in conflitto, i funzionalisti vedono perciò un continuum di occupazioni che offrono un ampio ventaglio di ricompense e contribuiscono alla sopravvivenza e al buon funzionamento della società. I critici della prospettiva funzionalista osservano che il mondo reale non opera in questo modo, la disuguaglianza incide sulla capacità di competere di una persona, mentre le barriere alla mobilità impediscono a individui di progredire. Un altro problema dell’approccio funzionalista è che non definisce cosa si debba intendere per “le posizioni più importanti”. Secondo lo studioso francese, Bourdieu, le persone riproducono le classi di generazione in generazione, trasmettendo ai giovani la ricchezza materiale e soprattutto il patrimonio culturale, coniò l’espressione “capitale culturale”, ovvero l’insieme dei diversi tipi di conoscenze, competenze e altre risorse culturali. Bourdieu affermò che i giovani vengono socializzati diversamente a seconda della classe sociale a cui appartiene la loro famiglia, formando gli habitus sociali e mentali caratteristici. Il capitale culturale interagisce con il capitale economico e con il capitale sociale, quest’ultimo è l’insieme delle relazioni potenzialmente preziose sul piano economico che derivano dall’appartenenza a un gruppo. Nella società moderna vi è una maggiore dinamicità, i canali di mobilità sono più fluidi e aumentano le aspettative e le opportunità di scelta degli individui. Si fa riferimento al processo sociale di mobilità sociale, intesa come lo spostamento di un individuo o di un intero gruppo da una posizione sociale all’altra; può essere verticale od orizzontale, intragenerazionale o intergenerazionale. ● Per mobilità verticale si intende il movimento dalle posizioni più basse della piramide sociale a quelle più alte e viceversa. ● Per mobilità orizzontale si intende il passaggio di un individuo da una posizione a un’altra nell’ambito dello stesso livello sociale. ● La mobilità intragenerazionale è riferita ai mutamenti di posizioni socio-economica sperimentati da un singolo individuo durante il corso della propria vita. ● La mobilità intergenerazionale focalizza il proprio interesse sul rapporto tra le generazioni, raffrontando la posizione sociale raggiunta da un individuo con quella della sua famiglia di origine. Quando avviene una modificazione profonda della struttura occupazionale e del relativo sistema di disuguaglianza, possiamo parlare di mobilità strutturale. Bauman scrisse che una delle caratteristiche principali della società moderna è la sua ambivalenza, da un lato offre un grande potenziale di mobilità sociale, dall’altro continua a esercitare un forte controllo della mobilità., rendendo sempre più rigidi gli accessi verso verso gli strati più alti della piramide sociale. Politiche pubbliche, disuguaglianze e Welfare State La produzione e riproduzione delle disuguaglianze economiche può essere operata anche dall’esterno, mediante le politiche pubbliche. I mutamenti istituzionali innescati dai conflitti sociali costituiscono il contesto generale da cui si dipanano queste politiche. Durante il XIX secolo e fino agli anni ‘30 del XX, la dottrina economica dominante fu quella del laissez-faire, basata sull’astensione dello Stato dall’intervenire sulla distribuzione del reddito prodotta dal mercato. Questo modello economico entrò in crisi durante la Seconda Rivoluzione Industriale e dopo la grande Crisi del ‘29; il risultato fu l’affermazione di una nuova cittadinanza sociale, l’insieme dei diritto a contenuto economico e sociale che permettono agli individui di divenire membri a pieno titolo della comunità politica. La cittadinanza sociale ha a che fare sia con lo sviluppo di un più solido senso di appartenenza e identità alla comunità politica, sia con la creazione delle condizioni materiali che permettono l’esercizio degli altri diritti; da qui il riconoscimento di essa pose le basi per l’intervento delle istituzioni pubbliche ai fini della modifica delle disuguaglianze prodotte dal mercato. Il rapporto delle istituzioni pubbliche con le disuguaglianze prodotte dall’economia può essere analizzato facendo riferimento sia alle politiche pubbliche sia allo sviluppo di modelli istituzionali specifici, volti alla gestione dei rischi e alla promozione della cittadinanza sociale. Le politiche pubbliche tendono a seguire due approcci di base: il primo mira a produrre risultati più equi restringendo il gap tra ricchi e poveri; il secondo mira a promuovere pari opportunità promuovendo l’istruzione come mezzo di mobilità individuale, il che dovrebbe condurre a una competizione più equa. Per Welfare State (Stato sociale) possiamo intendere l’insieme delle istituzioni, delle norme giuridiche, degli attori e delle politiche pubbliche utilizzate per allestire una serie di meccanismi sistemici volti alla gestione dei rischi sociali (prodotto diretto dei cicli economici e tecnologici e delle disuguaglianze) ed esistenziali (mediati dai rischi sociali). La gestione dei rischi è attuata tramite l’intervento di quattro attori principali: la famiglia, lo Stato, il settore privato e il “terzo stato” (le organizzazioni no-profit), ponendo al centro l’azione dei poteri pubblici. Le classiche aree in cui si articola il Welfare State sono: ● l’assistenza, per fronteggiare la marginalità sociale e la povertà; ● le assicurazioni contro la vecchiaia e gli infortuni sul lavoro; ● le politiche del lavoro, per fronteggiare i rischi derivanti dalla disoccupazione, e per tutelare e creare l’occupazione; ● le politiche per la salute. Le quattro leve fondamentali dello Stato sociale sono: 1. la leva fiscale: permette una redistribuzione del reddito tra le diverse classe agiate mediante l’imposizione fiscale e tributaria; 2. i trasferimenti monetari e i sussidi: consistono nel corrispondere una somma di denaro a una determinata categoria di persone aventi requisiti specifici; 3. il welfare aziendale: il sistema di prestazioni non monetarie per incrementare il benessere individuale e familiare dei lavoratori; 4. i servizi alle persone: erogazione di prestazioni a specifici target di utenti. Espring-Anderson, uno dei maggiori studiosi del Welfare State, ha constatato che la sua applicazione dipende dalle caratteristiche dei diversi sistemi capitalistici, ciò produce diversi gradi di demercificazione (quanto lo Stato sociale è riuscito ad attenuare la dipendenza dal mercato) dei rischi con l’affermazione di quattro modelli storici. ● Modello socialdemocratico= le tutele sono universaliste e tende alla realizzazione della piena cittadinanza sociale; lo Stato è l’attore principale. ● Modello corporativo= le tutele sociali sono correlate alla categoria lavorativa di appartenenza e lo Stato svolge un ruolo centrale. ● Modello mediterraneo= le tutele sono a base corporativa e universalistica e un ruolo rilevante è riservato alla famiglia, in quanto “ammortizzatore sociale” fondamentale; il “terzo settore” svolge un ruolo importante. ● Modello liberale= il mercato e il settore no-profit costituiscono gli attori principali, mentre lo Stato interviene in via residuale. Negli ultimi trent’anni i diversi Stati sociali sono entrati in crisi a causa del mutamento del contesto politico-ideologico, la globalizzazione dei mercati e l’emergere di rischi di non-sostenibilità dei costi. D’altra parte questi fenomeni generano altrettante sfide nuove e complesse, che richiedono approcci inediti. La struttura di classe nelle società contemporanee Con il passaggio alla “società del benessere”, poi a quella post-industriale, emersero nuove tendenze nella strutturazione delle occupazioni, negli stili di vita e nelle disuguaglianze. Negli ultimi vent’anni, nuove forme di occupazione e di consumo, la precarizzazione del lavoro, i fenomeni di globalizzazione e la recente crisi economico-finanziaria, hanno complicato il quadro; si assistette a un’accentuata crescita delle disuguaglianze all’interno degli Stati e tra i diversi Paesi del mondo. Di fronte a tali fenomeni sono stati proposti tre approcci principali. L’approccio neo-marxiano Gli approcci neo-marxiani si basano sulla centralità della sfera produttiva, al fine di determinare le fondamentali dinamiche e strutture di classe. Si focalizzano sulle relazioni che intercorrono tra la sfera politica e quella culturale-mediatica. La maggior parte di questi approcci ruotano intorno a due assunti principali: il lavoro continua a influenzare sia l’identità sociale delle persone sia le loro azioni; a causa di un capitale sempre più transnazionale e finanziarizzato e di una tecnologia sempre più pervasiva, produzione e lavoro tendono ad allargare i propri confini, investendo la totalità delle relazioni sociali. L’approccio neo-weberiano Gli approcci neo-weberiani sostengono che la multidimensionalità della stratificazione sociale è oggi ancor più valida, sottolineando come col tempo aumenti in complessità. Riconducono la formazione delle disuguaglianze di classe alle situazioni di mercato dei vari attori sociali. Tali approcci ritengono che le classi sociali contemporanee siano caratterizzate da vari gradi di chiusura che le rendono simili ai ceti sociali; in una società priva di classi queste continuerebbero a sussistere in forma diversa. Le teorie della complessità Gli autori aderenti alla teoria della frammentazione sostengono che l’avvento della società post-industriale ha comportato mutamenti nella struttura sociale così profondi che il prisma delle classi appare troppo semplicistico. Le disuguaglianze si sono frammentate e ricomposte in modo caotico e imprevedibile, cos’ come si è frammentata l’identità dei singoli individui. La dimensione del consumo diventa prioritaria poiché da questa si originano stili di pertanto molte nozioni un tempo devianti hanno portato innovazioni nella nostra cultura e nella società. Spiegare la devianza Alcune spiegazioni rifiutate dai sociologi si concentrano sulle cause individuali della devianza, tali interpretazioni la descrivono in termini di immoralità o come sintomo di una malattia o patologia. La designazione di un comportamento deviante come malattia che può essere curata dai medici specializzati viene definito dai sociologi medicalizzazione della devianza. Trattare il comportamento deviante come un disturbo può modificare lo stigma sociale associato a esso, è più probabile che tali persone siano oggetto di pietà. I sociologi hanno definito nel potere crescente della professione medica il primo motivo per la medicalizzazione della devianza. Il processo di medicalizzazione si articola in cinque stadi chiave: 1. Un comportamento o un’attività sono definite devianti; 2. Viene “scoperta” una causa medica di queste azioni; 3. Interessi organizzati incitano alla definizione medica medica del comportamento deviante; 4. Quegli stessi interessi organizzati si appellano ai funzionari governativi per legittimare la definizione medica della devianza; 5. La definizione medica è accettata e istituzionalizzata, sia nella comunità scientifica sia legalmente. A volte la medicalizzazione può essere fermata o invertita mediante un processo di demedicalizzazione (es. omosessualità). Un approccio diverso enfatizza le dinamiche sociali che fanno da sfondo alla devianza spiegandola come un processo decisionale razionale: le persone sono inclini a comportamenti devianti nei casi in cui la devianza ha ricompense significative a fronte di costi limitati. Devianza e socializzazione: la teoria dell’associazione differenziale Può scaturire dall’inadeguata socializzazione che le persono non siano riuscite a interiorizzare le norme sociali e, quindi, non sono regolate dalla struttura morale della società. Un altro approccio alternativo sempre legato alla socializzazione, considera la devianza il risultato delle interazioni sociali. La teoria dell’associazione differenziale di Erwin Sutherland suggerisce che la devianza è appresa attraverso l’interazione con altre persone coinvolte nel comportamento deviante. Quando il comportamento deviante diviene parte dell’identità collettiva di un gruppo, vengono a crearsi forti legami sociali. E’ probabile che la devianza a lungo termine richieda il sostegno sociale di una subcultura deviante, un gruppo che pretende da tutti i propri membri l’impegno a sostenere particolari credenze o comportamenti anticonformisti. In alcuni casi vi è una devianza individuale, le attività devianti che un individuo compie senza il sostegno sociale di altri partecipanti. Il comportamento deviante si verifica entro un contesto sociale specifico. Un’altra spiegazione sociale sottolinea come le contraddizioni sottostanti l’ambiente sociale o economico possano spingere le persone alla devianza; la non-conformità è causata dalla disuguaglianza insita nella struttura sociale. Nel suo saggio, “Social Structure and Anomie”, Robert King Merton suggerì che la devianza derivi dal conflitto tra le norme e gli obiettivi che dominano la società americana e i mezzi legittimi per raggiungere quegli obiettivi. Tale approccio funzionalista fu alla base della teoria della tensione, che mette in evidenza la tensione o la pressione sperimentata da coloro che non hanno i mezzi per raggiungere obiettivi culturalmente definiti e che sono quindi portati a seguire strade devianti nella loro ricerca del successo. Una comune risposta deviante è quella che Merton definì “innovazione”, ovvero una via per il successo socialmente inaccettabile (deviante). La teoria di Merton spiega anche altre forme di comportamento. Coloro che hanno accesso a mezzi legittimi per raggiungere il successo, ma respingono gli obiettivi apprezzati nella propria cultura, si imbarcano nel ritualismo, eseguendo formalmente i loro compiti, ma senza più credere nel loro lavoro. Un’altra risposta, la rinuncia, si ha quando una persona non ha accesso ai mezzi e respinge gli obiettivi, spesso finendo nell’isolamento sociale. Infine c’è la ribellione, chi si ribella spesso crea nuovi obiettivi e adotta nuovi mezzi per raggiungerli. Cultura e devianza: i corpi devianti Il conflitto fra la norma accettata, che equipara la magrezza a bellezza, e la taglia reale della maggior parte delle persone è fonte di considerevole tensione, soprattutto per le donne. Il desiderio di essere magri è radicato in norme culturali che definiscono le persone grasse come devianti. Coloro che devono affrontare disordini alimentari, vivono sul confine fra conformità e devianza: si conformano alle norme culturali, ma nel farlo eguono metodi estremi. I disordini alimentari derivano dall’ultraconformismo, un’eccessiva aderenza alle aspettative culturali. Spesso le persone rispondono negativamente all’ultraconformismo. Talvolta, però, riceve una risposta positiva, costituendo la devianza positiva. La chirurgia plastica elettiva (per scelta) è sempre più comune, un numero sempre più ampio di persone cerca di conformare il proprio fisico alle norme culturali prevalenti. Nelle generazioni precedenti, invece, la chirurgia era associata a uno stigma sociale; la devianza derivava dalla vanità o dall’ansia nei confronti del proprio aspetto fisico. Il moderno atteggiamento, favorevole, e il declino dello stigma sociale riflettono una normalizzazione, un mutamento delle norme sociali mediante il quale un comportamento prima definito come deviante è ora accettato. In passato, alcune persone venivano etichettate devianti perché nate con una disabilità oppure perché l’avevano sviluppata in seguito. In più, la disabilità è stata spesso trattata attraverso un approccio medico, trascurando gli aspetti sociali, psicologici e umani della vita del disabile e della sua famiglia. Promulgata nel 2002, la “Dichiarazione di Madrid” spostò l’asse di interesse da una visione medico-scientifica a una prettamente sociale, ponendo l’accento sul concetto di discriminazione, da combattere con strumenti legislativi e soprattutto culturali. E quindi necessario mutare la nostra definizione di corpo normale. Potere e devianza Il potere è uno dei concetti principali che alimenta le disuguaglianze. 1. Il potere è legato alle nostre concezioni di base circa ciò che è normale e ciò che è deviante, ciò è dipeso spesso dal potere relativo di coloro che promuovono un particolare punto di vista. Il potere 2. Il potere determina se e come le autorità fanno rispettare le norme e puniscono la devianza. 3. L’accesso al potere consente ad alcuni gruppi privilegiati di attuare forme ben precise di comportamento deviante. Ad esempio, in un libro Sutherland definì crimini dei colletti bianchi i crimini commessi da persone di elevato status sociale nell’ambito del lavoro. 4. Il potere permette a qualcuno di evitare l’etichetta di deviante o la punizione che ne deriva. Controllo sociale e devianza Tutti siamo soggetti al controllo sociale, ovvero agli incentivi e alle punizioni che promuovono la conformità nella vita sociale. Interiorizzando le norme sociali di base attraverso la socializzazione, la società forgia il nostro modo di vedere il mondo tramite questo regolamento interno, spesso siamo noi stessi l’attore più importante del controllo sociale. Secondo Durkheim l’autocontrollo ci conferisce stabilità ed è necessario sia perché la società funzioni sia per una soddisfazione personale. Siamo rinchiusi nella prigione delle norme sociali, e giudichiamo noi stessi e gli altri in base agli standard di normalità. Vi sono gli attori del controllo sociale, le autorità e le istituzioni sociali che fanno rispettare norme e regole nel tentativo di prevenire la devianza, identificare e punire i devianti. La teoria del controllo istituzionale suggerisce che il nostro comportamento è regolato dalla forza dei nostri legami di appartenenza alle maggiori istituzioni sociali, incluse la famiglia, la scuola e la religione. Politica ed economia La struttura della politica La politica è un’istituzione sociale in cui le società prendono decisioni collettive su priorità e linee programmatiche. Max Weber osservò che la politica riguarda il potere, il modo in cui esso viene mantenuto, distribuito, messo in discussione e trasferito. Sottolineò che la sede fondamentale è il governo, cioè l’organizzazione che esercita l’autorità e prende le decisioni all’interno di una specifica comunità, detenendo il monopolio sull’uso legittimo della forza in quel determinato territorio. Dal momento che i processi politici sono costrutti sociali, i governi differiscono da Paese in Paese. Una monarchia è un sistema di governo guidato da una singola persona, che in genere eredita il proprio ruolo in quanto membro di una famiglia regnante. I titoli dei monarchi indicano il loro status regale e si trasmettono da una generazione all’altra. Nelle monarchie tradizionali (o assolute) il singolo sovrano gode di un potere incondizionato; le monarchie parlamentari, invece, sono democrazie che riconoscono alla famiglia reale un ruolo limitato e spesso solo simbolico. Un governo autoritario presenta tipicamente leader autonominati, che esercitano un forte controllo sulle vite dei cittadini, limitandone pesantemente i diritti civili; in genere, sono guidati da un singolo partito dominante o dall’esercito e non si basano sul sostegno popolare dei cittadini e sui diritti civili. La democrazia è un sistema politico a suffragio universale, in cui i leader di governo sono eletti tramite elezioni multipartitiche; i meccanismi tramite i quali “il popolo” governa sono variabili. Nella democrazia diretta i cittadini partecipano alle decisioni politiche attraverso, per esempio, referendum; in quella rappresentativa i cittadini eleggono i propri delegati, che saranno responsabili dei processi di decisione politica del governo. I sistemi democratici comprendono spesso elementi di entrambi i tipi di democrazia. Il Democracy Index, pubblicato dall’Economist Intelligence Unit dell’Economist, individua cinque componenti essenziali in un governo democratico: 1. elezioni libere e regolari; 2. diritti civili; 3. un governo efficiente che possa mettere in atto le decisioni prese democraticamente; 4. partecipazione politica attiva dei cittadini alla vita pubblica; 5. presenza di una cultura politica democratica, nella quale i sostenitori dei candidati sconfitti accettano il giudizio degli elettori e consentono una transizione pacifica del potere. tende a produrre una concentrazione di ricchezza e potere nelle mani di una piccola élite, che può utilizzare per impedire una concorrenza leale, minando così la base stessa del sistema capitalistico. Alla fine del XIX secolo, questo sistema gettò la massa dei cittadini nell’indigenza, gli industriali spesso sfruttavano i propri operai, che già dovevano far fronte alle scarse misure di sicurezza. Un grande intervento dei governi fu compiuto negli anni ‘30, sulla scia della “Grande Depressione”. Roosevelt introdusse, nel 1933, le politiche del New Deal, volte a rinvigorire e a stabilizzare il capitalismo (numerosi riscontri positivi); tra queste politiche figuravano: 1. nuove spese per opere pubbliche destinate a creare posti di lavoro; 2. la creazione di un sistema di sicurezza sociale; 3. nuove norme e interventi del governo nel settore finanziario; 4. una nuova protezione dei lavoratori tramite il Wagner Act, che riconosceva il diritto di formare sindacati sul posto di lavoro e di scioperare per salari e condizioni di lavoro migliori. Entro gli anni ‘80, l’economia globale aveva consentito alle grandi aziende di trasferire la produzione in Paesi stranieri e quindi aggirare le normative del governo; i conservatori invocarono una liberalizzazione degli affari, delle istituzioni finanziarie e dell’economia, che condusse a una nuova crisi finanziaria. L’economia è un sistema sociale integrato -dal macrolivello dei consumatori al macrolivello degli investitori globali- che talvolta può essere disfunzionale. La crisi economica globale del 2007-2009 ha avuto origine da diversi fattori. ● A causa della stagnazione dei salari le famiglie americane si sono sempre più affidate al credito. Nel frattempo, gli investitori più ricchi finirono per acquisire gran parte di tali debiti contratti dai consumatori. ● La liberalizzazione dell’industria e dei servizi finanziari permise alle banche commerciali di intraprendere speculazioni ad alto rischio. ● L’industria dei servizi finanziari sviluppò nuove forme di investimento che hanno condotto a ingenti speculazione ad alto rischio. ● Le corporation assunsero un comportamento fuorviante e fraudolento. Lo scoppio della bolla immobiliare ● I compratori delle case contraevano mutui che spesso prevedevano tassi modesti nei primi mesi, per poi aumentare durante la durata del prestito. ● Alcuni prestatori usarono tattiche di vendita ingannevoli o fraudolente per convincere i clienti a stipulare mutui che non potevano permettersi. I prestatori erano incentivati a concedere prestiti, indipendentemente dalla possibilità dei clienti di ripagarli, perché poi li rivendevano a banche di investimento, le quali preferivano i rischiosi mutui subprime (prestiti concessi a debitori con una cattiva storia creditizia) perché dotati di tassi di interesse più elevati. ● Le banche di investimento acquisirono un grande numero di mutui dai prestatori, cumulandoli con altri debiti, dopodiché rivendettero parti di questo debito sotto forma di uno strumento derivato chiamato collateralized debt obligation (CDO). Le principali società di investimento vendevano queste CDO agli investitori come investimento sicuro. ● Le agenzie di rating, pagate dalle banche di investimento, spesso valutarono le CDO nascondendone i reali rischi. ● Investitori di tutto il mondo acquistarono le CDO credendole investimenti sicuri, generando così enormi profitti per le banche. In tal modo, gli acquirenti ebbero la possibilità di avere una casa di proprietà, i prestatori, le agenzie di rating, le banche di investimento e gli investitori guadagnarono ingenti somme. Il mercato immobiliare creò una bolla artificiale a causa della quale i prezzi delle abitazioni raddoppiarono in meno di dieci minuti; e il governo fallì nel cercare di regolare l’industria finanziaria. Nel 2007 la bolla scoppiò. I mutuatari non riuscivano a rispettare le scadenze dei mutui e iniziarono a perdere le proprie abitazioni. Le banche di investimento si trovarono a dover gestire innumerevoli mutui il cui valore stava crollando a picco e che non potevano essere venduti. Gli investitori cominciarono a perdere il proprio denaro, il mercato azionario crollò e tutti subirono gravi perdite; inoltre la disoccupazione aumentava. Il governo federale degli Stati Uniti rispose con massicci finanziamenti per salvare le principali società commerciali e stimolare l’economia. Solo le banche sono uscite dalla crisi più grandi. Le crisi periodiche del capitalismo mostrano che questi mercati operano al meglio quando sono ben regolamentati. Il socialismo Il socialismo è un sistema economico che valorizza la proprietà pubblica dei principali mezzi di produzione, i quali sono gestiti in modo da soddisfare i bisogni fondamentali dell’uomo e promuovere la giustizia sociale (le imprese minori che forniscono prodotti e servizi al dettaglio possono appartenere a privati). Tra i beni e i servizi gratuiti o sovvenzionati vengono finanziati attraverso un sistema di tassazione progressiva (proporzionale al reddito), limitando quindi la disparità economica. Spesso confuso con il socialismo, è il termine comunismo; in ambito economico è un sistema egualitario, in cui la proprietà è collettiva e non esistono differenze tra le classi, in ambito politico è un sistema nel quale un partito politico di élite dovrebbe teoricamente guidare la nazione verso un futuro di uguaglianza. La Rivoluzione Russa che nel 1917 instaurò un governo comunista autoritario, introdusse massicce campagne di industrializzazione, aumentò il tenore di vita e trasformò l’Unione Sovietica in supremazia globale. Tuttavia, il governo autoritario utilizzò il proprio potere per eliminare i dissidenti politici, condannandoli ai campi di lavoro dove spesso morivano. Le ingenti spese per la creazione di un esercito in grado di competere nella Guerra Fredda aggravarono l’inefficienza burocratica, fino a portare, nel 1991, alla dissoluzione del Paese. Alla fine degli anni ‘80, l’Unione Sovietica aveva cercato di riformare la sua struttura economica e di introdurre maggiori libertà , ma finì per disgregarsi in una serie di Stati-nazione separati. Il problema di fondo era che i regimi socialisti erano amministrati da un governo autoritario che non doveva rispondere del proprio operato. Per essere funzionale, il socialismo richiede un sistema politico democratico che limiti l’eccessiva concentrazione di potere politico. Il socialismo democratico è il sistema fondato sulla democrazia multipartitica in politica e sul socialismo in economia, tipico dei paesi scandinavi (Norvegia). Oggi le economie più potenti del mondo sono tutte economie miste, esse combinano elementi del capitalismo di mercato con significativi interventi di stampo socialista del governo. La teoria della convergenza afferma che l’economia capitalistica e quella basata sul socialismo democratico stanno diventando sempre più simili. La globalizzazione ha accelerato questo processo. Il risultato è l’ascesa globale delle economie miste.
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