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La Società e i Fatti Sociali secondo Durkheim: Suicidio, Religione e Conoscenza, Appunti di Sociologia Comunicativa Di Massa

Sociologia dei fatti socialiSociologia della religioneSociologia del suicidioSociologia della conoscenza

Emile durkheim, padre della sociologia moderna, esplora il concetto di fatti sociali, loro caratteristiche esterne e coercitive, e il loro impatto sulla vita individuale. Del suo studio sul suicidio, la sua distinzione tra controllo formale e informale, e le sue teorie sulla religione e la conoscenza. Durkheim identifica il suicidio egoistico, altruistico, anomico e fatalistico, e analizza la funzione sociale della religione e la sua origine. Anche una critica a durkheim e una discussione sulla sua influenza sulla sociologia moderna.

Cosa imparerai

  • Quali sono le conclusioni di Durkheim sulla religione?
  • Quali sono le caratteristiche principali dei fatti sociali secondo Émile Durkheim?
  • Quali sono i quattro tipi di suicidio distinti da Durkheim?

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 13/01/2019

Aleunime
Aleunime 🇮🇹

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Scarica La Società e i Fatti Sociali secondo Durkheim: Suicidio, Religione e Conoscenza e più Appunti in PDF di Sociologia Comunicativa Di Massa solo su Docsity! Il fatto sociale è ogni modo di fare più o meno fissato capace di esercitare sull’individuo una costrizione esterna. I fatti sociali hanno due caratteristiche principali: 1. sono esterni all’individuo quindi lo precedono e gli sopravvivono, 2. sono coercitivi quindi lo obbligano ad agire in un modo prestabilito e prevedono una punizione per chi non si conforma. I fatti sociali sono la legge, la religione, la lingua e la moralità e sono spesso impliciti in quanto interiorizzati dall’individuo nel processo educativo e di socializzazione. Anche i costumi sono per D. un fatto sociale molto importante ed è il primo accademico a considerare questo aspetto in profondità. Si tratta di un fattore chiave in quanto nella loro interazione diversi gruppi creano costumi propri ai quali attribuiscono molta importanza, ma ciò non porta alla disgregazione della società in quanto le diversità sono mitigate dall’esistenza sia di un sistema culturale di maggiori dimensioni più generalizzato che incorpora i diversi costumi, sia della legge. Per D. i sociologi devono studiare i fatti sociali come fenomeni reali e oggettivi senza pregiudizi o preconcetti. Nel 1897 D. pubblica il libro “SUICIDIO” un caso di studio sul suicidio. Nella sua ricerca D. osserva che il tasso di suicidio è inferiore nella religione cattolica e maggiore nella religione protestante e attribuisce questo fatto al maggiore controllo sociale da parte della religione cattolica. Questo controllo sociale si divide in: 1. formale 2. informale Il controllo formale è costituito dalle punizioni messe in atto da parte dei governi per prevenire il caos e l’anomia nella società. Mentre quello informale nasce dall’interiorizzazione di norme e valori attraverso un processo di associazione. Si definisce processo di associazione il processo attraverso cui un individuo nato con potenzialità comportamentali molto estese è guidato a sviluppare un tipo di comportamento che limitato a ciò che è accettabile per lui da parte del suo gruppo d’appartenenza. D. osserva che nelle società cattoliche vi è un livello di integrazione normale, mentre in quelle protestanti il livello di integrazione è basso. Per integrazione si intende un processo dinamico e strutturato attraverso il quale tutti i membri di un gruppo partecipano al dialogo con il fine di creare relazioni pacifiche. Sono stati individuati almeno due problemi in merito alla tesi di D. che il tasso di suicidio sia più alto trai i protestanti rispetto ai cattolici. 1. è la qualità dei dati che molto probabilmente contenevano errori; ad esempio morti improvvise o dovute a casi incerti venivano catalogate come suicidio nelle società protestanti, ma non in quelle cattoliche. 2. è che ricerche successive hanno dimostrato che nel tasso di suicidio sarebbe limitata ai paesi di lingua tedesca e quindi poteva scaturire da altri fattori oltre a quello della religione. Altre conclusioni sono che: il tasso di suicidio è più alto tra gli uomini rispetto alle donne; è più altro tra i single rispetto a chi ha un compagno/a; è più alto tra chi non ha figli; è più alto tra i soldati rispetto ai civili; è più alto in tempo di pace che di guerra; è più alto tra chi ha un livello di istruzione superiore anche se il fattore religioso influisce di più, ad esempio gli ebrei erano più istruiti ma il tasso di suicidio era minore rispetto ai protestanti. D. distingue quattro diversi tipi di suicidio: 1. egoistico 2. altruistico 3. anomico 4. fatalistico Il suicidio egoistico scaturisce da un prolungato senso di non appartenenza, di mancata integrazione in una comunità, un’assenza che provoca apatia e depressione, è il risultato di un indebolimento dell’integrazione sociale, (esempio uomo non sposato e senza figli). Il suicidio altruistico è invece tipico di società ad alta integrazione, dove gli individui sono considerati meno importanti dei bisogni della società (esempio il soldato che da la sua vita per la patria). Il suicidio anomico si osserva in periodi di drammatici sconvolgimenti economici e sociali che causano confusione morale e mancanza di direzione sociale nell’individuo. Individuo che non riconosce più i limiti dei desideri (esempio uomo che attraversa fasi di cambiamento a livello finanziario). Il suicidio fatalista succede quando gli individui sono troppo regolamentati, quando le sue passioni sono soffocate con violenza dalla disciplina di una società oppressiva e quindi preferiscono morire, è l’opposto del suicidio anomico, (esempio prigioni). Nonostante i suoi limiti la ricerca di D. ha influenzato molti importanti studi successivi, il libro ha aperto la strada alla ricerca sociologica moderna. Nel 1898, D. fonda “L’ANNEE SOCIOLOGIQUE” il primo giornale accademico di scienze sociali. Nel 1912 pubblica “LE FORME ELEMENTARI DELLA VITA RELIGIOSA” con la quale si propone due obiettivi: 1. Identificare l’origine sociale e la funzione sociale della religione che vede come una forma di cameratismo e solidarietà tra gli individui; 2. Identificare i collegamenti tra le religioni delle diverse culture cercando un comune denominatore. D. vuole quindi indagare l’aspetto empirico e sociale delle religioni che secondo lui è comune in tutte e va al di la del concetto di spiritualità e di Dio. D. afferma che la religione è un sistema solidaristico di credenze e pratiche relative a cose sacre ovvero separate e proibite, credenze e pratiche che uniscono in un'unica comunità morale chiamata chiesa tutti coloro che vi aderiscono. Nelle sue definizioni D. evita ogni riferimento a Dio e al soprannaturale argomentando che il concetto di soprannaturale è relativamente nuovo ed è legato allo sviluppo della scienza e alla conseguente separazione del soprannaturale ovvero ciò che non può essere spiegato razionalmente da ciò che è naturale e che quindi può essere spiegato. Di conseguenza per gli esseri umani primitivi tutto era soprannaturale. D. fa notare che esistono religioni che danno poca importanza al concetto di Dio (esempio buddismo dove le quattro verità sono più importanti di ogni singola divinità). D. individua tre concetti fondamentali nell’ambito religioso: 1. Il concetto di sacro costituito da idee che non possono essere facilmente spiegate, che provocano stupore e sbigottimento e sono considerate degne di devozione e rispetto spirituale; 2. Credenze e riti che conferiscono sacralità a certi simboli e creano quella che D. definisce effervescenza collettiva. (EFFERVESCENZA COLLETTIVA: momento in cui una comunità si riunisce per comunicare lo stesso pensiero o partecipare alla stessa azione). 3. Concetto di comunità morale costituita da un gruppo di persone che condividono la stessa filosofia morale o più semplicemente etica o ancora più semplicemente che hanno la stessa opinione su ciò che è bene e ciò che è male. D. concentra la sua analisi sul concetto di sacro che egli considera centrale per tutte le religioni. Definisce le cose sacre come ideali collettivi che si sono fissati ad oggetti materiali, sono soltanto forze collettive morali, sono costituite dalle idee e dalle emozioni inculcate dallo spettacolo della società e non da ciò che viene dal mondo reale. Per D. la religione è l’istituzione sociale principale nell’intera umanità e fin dalle società primitive ha dato all’umanità stessa una forte idea di coscienza collettiva e dell’esistenza di una forza nascosta che guida l’uomo. Nel tempo le religioni diventano più organizzate, i riti vengono codificati e nasce così la distinzione tra sacro e profano. D. sostiene anche che nonostante la religione stia perdendo di importanza nella vita dell’uomo soppiantata dalla scienza e dal culto dell’individuo nella stessa idea di religione vi sia qualcosa di eterno destinato a sopravvivere alla successione dei simboli di cui l’uomo l’ha rivestita. Per D. un altro
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