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SOSPENSIONE CON MESSA ALLA PROVA, Dispense di Diritto Processuale Penale

Riassunto dal Capitolo XVI - Fondamenti di procedura penale

Tipologia: Dispense

2020/2021

In vendita dal 18/05/2021

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Scarica SOSPENSIONE CON MESSA ALLA PROVA e più Dispense in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! LA SOSPENSIONE DEL PROCESSO CON MESSA ALLA PROVA Storia dell’istituto L’istituto entra a far parte dei riti a sfondo consensuale con la legge 67/2014. Si tratta di un istituto che era stato previsto a partire dal 1988 soltanto nel rito penale a carico dei minorenni. È stato sperimentato x molto tempo dando buona prova di sé, sia come strumento di intervento precoce nel recupero dei minori devianti sia come meccanismo deflattivo, ed è stato esteso nel sistema per adulti. Struttura Appartiene concettualmente agli strumenti che gli anglosassoni chiamano “diversion”, cioè spostamento, diversione: il caso giudiziario, cioè la trattazione del reato che approda negli uffici giudiziari, viene dirottata in un’altra sede cioè l’assistenza sociale in cui si svolge un percorso in cui si torna in giudizio semplicemente per valutare tale percorso. È una diversion perché l’imputato ha commesso il reato, che però invece di essere processato accetta di sottoporsi ad un processo di risocializzazione a processo penale congelato lucrando un beneficio importante: il proscioglimento dal reato. In pratica: - Processo penale pendente - Viene elaborato un programma di attività a valenza risocializzante che imputato si impegna a svolgere sotto la supervisione dei servizi sociali - Il processo viene sospeso per un periodo determinato in cui il programma deve essere portato a termine - Alla scadenza, il rito si riattiva per verificare l’esito del programma e se l’esito è positivo il reato viene dichiarato estinto mentre se l’esito è negativo il processo riprende il suo corso. Ratio La ratio è a) la consapevolezza che la pena vada irrogata solo quando strettamente necessario allo scopo di assicurare primariamente il recupero del reo b) un velato scopo deflattivo. È un meccanismo rivoluzionario sotto diversi punti di vista. È stato usato nel processo minorile perché ci si preoccupa in maniera dominante della rieducazione del condannato. Il profilo retributivo della pena è arretrato rispetto a quello rieducativo in vista del soggetto minorenne: si tratta di una personalità in corso di formazione in cui si può agire direttamente per la costruzione della personalità in senso non deviante. Questo meccanismo si trasferisce sugli adulti: è un soggetto che ha commesso un reato e che rieduchiamo nel corso del processo sospendendo l’accertamento processuale affidandolo ai servizi sociali e se tutto va bene si procede con il proscioglimento. ➔ È rivoluzionario perché quella che ha funzione rieducativa è la pena, non il processo: lo scopo risocializzante è dato alla pena, il processo è neutro in vista della presunzione di innocenza: prima accertiamo la responsabilità e poi rieduchiamo. Qui invece c’è procedimento inverso perché la rieducazione si svolge in sede processuale: stiamo trattando qualcuno prima della condanna definitiva come se fosse colpevole. A cosa serve e perché facciamo questo? Per gli adulti facciamo un ragionamento a doppio livello: anche per un adulto l’anticipazione del trattamento può essere utile perché evita stress del processo e poi permettiamo a chi vuole attivare un percorso rieducativo di dimostrare di non avere necessità della pena (la pena si applica quando serve e in tali casi può non esserci un bisogno di pena). C’è però qui uno scopo deflattivo ma celato: quando è stato introdotto nel 2014 si pensava al sovraffollamento carcerario. Se faccio un’operazione di tale tipo riesco a togliere dei carichi di lavoro e spostarli all’esterno e che se funzionano si traducono in sentenze di proscioglimento senza investire risorse. Attenzione: in termini di bilanci dello stato non vuol dire che si spende di meno perché comunque la spesa si effettua sul piano del sistema di assistenza sociale. → Seleziona positivamente e in maniera razionale le risorse dell’organizzazione giudiziaria concentrandole quando sono veramente necessarie. Disciplina L’istituto è connotato da una doppia natura: sostanziale → è una causa di estinzione del reato processuale → rito speciale. Di qui la particolare collocazione sistematica che è rintracciabile sia nel cp che nel cpp: - Titolo V BIS cpp, artt 464 bis-464 novies - Disposizioni di attuazione e in particolare artt 141 bis e 141 ter che si riferiscono a questo istituto - Artt 168 bis e 168 ter 168 quater del cp. Ambito di applicazione – art 168 bis È applicabile soltanto quando si procede per a) reati con la sola pena pecuniaria o con pena detentiva non superiore nel massimo a 4 anni, sola o congiunta con la pena pecuniaria (tenendosi conto della sola pena edittale senza tener conto delle eventuali aggravanti). b) Procedimenti per i delitti di cui all’art 550 c2. Vi sono anche delle preclusioni soggettive: c) Non è applicabile ai delinquenti o contravventori abituali o professionali nonché ai delinquenti per tendenza d) Non può essere concessa più di una volta. Programma di trattamento Condizione cruciale per la concessione della messa alla prova è che ci sia un programma di trattamento che deve essere elaborato d’intesa tra l’imputato e l’ufficio di esecuzione penale esterna (UEPE) e che deve comportare: 1. la prestazione di un lavoro di pubblica utilità o un’attività di volontariato 2. l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o una struttura sanitaria (si pensi a programmi di disintossicazione da sostanze stupefacenti), prescrizioni relative alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali 3. le prestazioni di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato se è possibile, altrimenti il risarcimento del danno. NB. la prestazione di lavoro di pubblica utilità è elemento indefettibile del programma di trattamento ed è definito dall’art 168 bis c 3 cp: è la prestazione non retribuita assegnata tenendo conto anche delle attitudini e delle professionalità specifiche dell’imputato, di durata non inferiore a 10 gg anche non continuativi e per non più di 8h al giorno, a favore della collettività. Il lavoro va svolto presso lo Stato o gli enti territoriali o presso le aziende sanitarie o enti o organizzazioni di assistenza sociale, sanitaria o di volontariato. In ogni caso la prestazione va svolta senza pregiudicare le esigenze di lavoro, di studio, famiglia e salute dell’imputato. Procedimento applicativo • ART 464 bis – RICHIESTA La richiesta della messa alla prova deve provenire direttamente ed esclusivamente dall’imputato. → A presentarla non può mai essere il pm (del quale non è richiesto neanche il consenso ad eccezione del caso in cui la richiesta viene presentata nel corso delle indagini preliminari: in tal caso il rito si instaura su base negoziale, dall’incontro delle volontà delle due parti principali). La richiesta può essere proposta sia oralmente che per iscritto. È un atto personalissimo quindi va espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale con sottoscrizione autenticata nelle forme previste dall’art 583 c 3. Il termine per presentarla è: - Fino alla formulazione delle conclusioni dell’udienza preliminare - Fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento nel giudizio direttissimo e in quello a citazione diretta → perché in questi casi manca l’udienza preliminare - Entro 15 gg dalla notifica di decreto che dispone il giudizio nel giudizio immediato - nel procedimento per decreto va presentata con l’opposizione al decreto (ricordiamo che il testo normativo non prevede ma la corte costituzionale ha previsto l’illegittimità dell’art 460 nella parte in cui non prevede l’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere mediante opposizione la messa alla prova). In tutti questi casi, la richiesta di messa alla prova si colloca nella fase in cui l’azione penale è già stata esercitata e prescinde dal consenso del pm. All’istanza l’imputato deve allegare il programma di trattamento elaborato d’intesa con la UEPE. Nel caso in cui l’elaborazione del programma non è stato possibile è sufficiente l’allegazione della sola richiesta, fermo restando che la decisione non può essere emessa prima che il giudice abbia visionato il programma. ➔ C’è una fase precedente all’inoltro della richiesta al giudice che si svolge in sede amministrativa ed è gestita dai servizi sociali. Tale fase è disciplinata dall’art 141 ter c2 disp att. ➢ L’imputato come primo passo deve rivolgersi all’UEPE competente chiedendo che disponga un programma di trattamento ➢ L’ufficio si occuperà di provvedere ad un’apposita indagine socio familiare che deve riguardare anche le possibilità economiche dell’imputato, la capacità e la possibilità di svolgere un’attività riparatoria e la possibilità di attivare un percorso di mediazione penale. SU TALI ASPETTI L’UFFICIO DEVE RIFERIRE AL GIUDICE NELLA PROPRIA RELAZIONE INIZIALE. ➢ Dopo questa indagine, l’ufficio redige il programma di trattamento e deve ottenere il consenso dell’ente verso il quale imputato è chiamato a svolgere l’attività di risocializzazione e il consenso dell’imputato medesimo. ➢ L’ufficio trasmette al giudice il programma con i risultati delle indagini e le considerazioni a sostegno della proposta. • MECCANISMI DI INTEGRAZIONE DELL’ACCERTAMENTO Il primo che spetta ai servizi sociali: ➔ art 141 ter disposizioni attuative: servizi sociali devono svolgere un’apposita indagine socio familiare. La seconda che spetta al giudice: ➔ art 464 bis c5: Il giudice può integrare o modificare il programma di trattamento, con il consenso dell'imputato. La clausola presuppone che il programma esista e che quindi il giudice ha un potere residuale non potendo sostituirsi ai servizi sociali redigendo un progetto ex novo in assenza di un progetto già esistente. Quindi può: o inserire prescrizioni aggiuntive se reputa insufficienti quelle previste (integrazione) o cambiare le coordinate operative di quelle esistenti (modifica). Es, correzione della mansione o dell’orario dell’attività di volontariato. In ogni caso gli aggiustamenti del giudice devono incontrare il consenso dell’imputato, rimanendo il programma oggetto di una scelta volontaria del richiedente che non può essere disattesa con l’intervento del giudice. NB. Il giudice può farlo anche sulla base delle informazioni ottenute secondo il seguente articolo: art 464 bis c5 → il giudice può acquisire tramite la polizia giudiziaria, i servizi sociali o altri enti pubblici, tutte le ulteriori informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita personale, familiare, sociale ed economica dell'imputato. Tali informazioni devono essere portate tempestivamente a conoscenza del pubblico ministero e del difensore dell'imputato. Può trattarsi di informazione di natura variegata es documenti di enti pubblici. Tutto questo è funzionale alla decisione del giudice in ordine alla disposizione della messa alla prova e per assumere le determinazioni su obblighi e prescrizioni che ne costituiscono il contenuto. • INNESCO DELLA MESSA ALLA PROVA NELLE INDAGINI PRELIMINARI La richiesta della sospensione con messa alla prova può essere fatta anche nelle indagini preliminari. Art 141 bis disp att → Il pubblico ministero, anche prima di esercitare l'azione penale, può avvisare l'interessato ove ne ricorrano i presupposti che ha la facoltà di chiedere di essere ammesso alla prova e che l'esito positivo della prova estingue il reato. Il rito si struttura in maniera coerente con le peculiarità dell’instaurazione in corso di indagine: art 464 ter C1 → - Richiesta dell’indagato rivolta al gip - Gip trasmette gli atti al pm - Pm entro 5 gg deve esprimere il suo consenso o dissenso. C2 → Se il pubblico ministero presta il consenso, il giudice provvede ai sensi dell'art 464 quater C3 → L’assenso è scritto e motivato e comporta la formulazione dell’imputazione (è una forma speciale di esercizio dell’azione penale) instaurando il processo. C4 → anche il dissenso deve essere motivato visto che il pm deve enunciarne le ragioni. In caso di rigetto, che sembra includere sia il caso del dissenso del pm che il rigetto del Giudice: ▪ l'imputato può rinnovare la richiesta prima dell'apertura del dibattimento di primo grado ▪ il giudice, se ritiene la richiesta fondata, provvede ai sensi dell'articolo 464-quater. • FORME DI CONTROLLO E DOGLIANZE Considerando questo assetto un po’ farraginoso del rito, è complesso anche il sistema dei controlli e delle doglianze che possono muoversi contro i provvedimenti che decidono in ordine alla richiesta di messa alla prova. 1. Art 464 quater c 7 → contro l’ordinanza che decide sull’istanza di messa alla prova si può ricorrere per cassazione. Possono ricorrere per Cassazione: o L’imputato o Il pm, anche su istanza della persona offesa o La persona offesa può impugnare autonomamente solo per omesso avviso dell’udienza o perché pur comparsa non è stata sentita sull’ammissione della messa alla prova. L’impugnazione non ha effetto sospensivo. 2. Art 464 quater c 9 → in caso di rigetto dell’istanza, l’imputato richiedente ha la possibilità di riproporla in giudizio. Fine: è una chance volta a garantire il controllo di un secondo giudice sulla deliberazione della richiesta che presenta delicati profili di merito e con benefici di rilievo per l’imputato e per il sistema. È un quadro ambiguo che ha mostrato difficoltà interpretative e applicative. la norma non specifica se il ricorso immediato in cassazione deve essere riferito alla sola ordinanza di ammissione o anche a quella di rigetto. - Se riferito all’ordinanza di ammissione, il ricorso immediato per cassazione è una forma di doglianza coerente con l’esigenza di attivare subito un controllo sul provvedimento ammissivo che nel frattempo viene seguito e per cui non ci sarebbero altri rimedi. Es, caso della verifica delle prescrizioni se ce n’è qualcuna a cui imputato non ha prestato consenso Caso dell’insussistenza dei presupposti secondo pm - Se riferito all’ordinanza di rigetto, come ci si concilia con rinnovo dell’ordinanza davanti al giudice dibattimentale? Come ci si coordina con art 586 che prevede che l’ordinanza pronunciata in dibattimento negli atti preliminari ad essa va impugnata congiuntamente con la sentenza? La Cassazione ha detto che il sistema deve essere ordinato in via interpretativa a) L’ordinanza dibattimentale ammissiva della messa alla prova è sottoposta a ricorso in cassazione nei termini previsti da art 464 quater c7 perché non ci sono rimedi alternativi b) L’ordinanza dibattimentale di rigetto comporta la prosecuzione del giudizio fino alla sentenza e quindi l’ordinanza di rigetto si impugna insieme alla sentenza. c) Non sono impugnabili le ordinanza di rigetto emesse prima della fase dibattimentale perché in questo caso l’istanza va semplicemente riproposta al giudice del dibattimento prima dell’apertura del dibattimento stesso. L’ordinanza pronunciata in sede dibattimentale sarò poi soggetta a impugnazione come detto sopra. Attività processuale Una volta ammessa la sospensione del processo: - l’attività processuale è inattiva - il corso della prescrizione del reato è anch’esso sospeso - la parte civile costituita che intende tutelarsi in altro modo può esercitare l’azione di danno davanti al giudice civile senza subire la sospensione di cui all’art 75 c3. ECCEZIONE ALLA PARALISI TEMPORANEA DEL PROCESSO: ACQUISIZIONE DI PROVE Non si svolgono attività processuali tranne in caso di acquisizione di prove. Il processo è congelato e le valutazioni devono essere fatte allo stato degli atti ma possono emergere prove di cui bisogna prendere atto e introiettarle: 1. Prove non rinviabili → bisogna prendere in considerazione delle prove a rischio che non potrebbero arrivare al contraddittorio e di cui bisogna anticiparne l’acquisizione. Esito Bisogna analizzare quali sono i criteri di valutazione del risultato visto che si tratta di una valutazione delicata. Il punto di riferimento in tal caso era quanto previsto per l’istituto già sperimentato per i minorenni ma subito si è presentato un problema: i criteri della messa alla prova dei minori sono personologici e discrezionali. Li troviamo nel dpr 448/88, cioè nella disciplina del processo penale a carico dei minorenni: - Art 29 → decorso il periodo di sospensione con messa alla prova, il giudice fissa l’udienza e dichiara il reato estinto tenuto conto del comportamento del minorenne e dell’evoluzione della sua personalità. Ci si fonda su due criteri: 1. Oggettivo → imputato ha rispettato prescrizioni del progetto o no 2. Soggettivo → bisogna andare a guardare anche se è cresciuto, maturato, se la sua personalità si è evoluta. La giurisprudenza struttura questo giudizio in maniera pregnante: se ha introiettato modelli di convivenza civile, se ha ripensato al suo passato ecc.. Non si tratta di un criterio oggettivo che ha parametri precisi e concreti. NB. Nel sistema minorile è una valutazione che quel tipo di giudice è abituato a fare. È un giudice collegiale di cui fanno parte anche giudici laici specialisti di altre discipline. Tutto questo nel processo per adulti non c’è: giudice non è attrezzato a farlo perché non ha nè le capacità né l’ampiezza di potere ed inoltre la perizia caratteriologica dell’imputato adulto non si può fare perché è vietata. Il legislatore era nell’imbarazzo di trasferire in un sistema che non prevede analisi personologiche valutazioni che in realtà sono di tale tipo. Il criterio di valutazione diventa estremamente oggettivo: art 464 septies c1 → Decorso il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova, il giudice dichiara con sentenza estinto il reato se, tenuto conto del comportamento dell’imputato e del rispetto delle prescrizioni stabilite, ritiene che la prova abbia avuto esito. ➢ Un margine di discrezionalità c’è: non ci occupiamo dell’evoluzione della personalità ma di una valutazione comportamentale che è valutata in endiadi con rispetto delle regole del progetto. È possibile che singole prescrizioni non siano stati effettuate in maniera completamente piena visto che il programma può mutare. Qui potrebbe risiedere la discrezionalità. Es, mediazione: non si fa perché ad esempio la vittima non perdona e non vuole farlo. Si lascia libertà al giudice di valutare tali situazioni anche positivamente. “La prescrizione non si è compiuta o perfezionata ma imputato si è comportato sostanzialmente bene e quindi ad esempio la chiusura della procedura di mediazione non è a lui imputabile.” → Il giudice dichiara con sentenza estinto il reato se, tenuto conto del comportamento dell'imputato e del rispetto delle prescrizioni stabilite, ritiene che la prova abbia avuto esito positivo. C1 parte 2 → A tale fine acquisisce la relazione conclusiva dell'ufficio di esecuzione penale esterna che ha preso in carico l'imputato e fissa l'udienza per la valutazione dandone avviso alle parti e alla persona offesa. La relazione conclusiva deve essere dettagliata e recare il rendiconto dell’andamento della prova, oltre che la valutazione dell’esito. La relazione finale, come quella periodica, va presentata in cancelleria almeno 10 gg prima dell’udienza con facoltà delle parti di prenderne visione e di estrarne copia. C2 → In caso di esito negativo della prova, il giudice dispone con ordinanza che il processo riprenda il suo corso. Danno da reato Art 464 quinquies → la logica risarcitoria è già dentro il progetto. Nell'ordinanza che dispone la sospensione del procedimento con messa alla prova, il giudice stabilisce il termine entro il quale le prescrizioni e gli obblighi relativi alle condotte riparatorie o risarcitorie imposti devono essere adempiuti. L’ordinanza sospensiva, quando prevede la riparazione e/o il risarcimento, deve prevedere anche un termine specifico e diverso rispetto a quello della messa alla prova. Il percorso di prova che può essere anche molto lungo non è un percorso in cui la riparazione e il risarcimento si possono spalmare. Il risarcimento va fatto subito e il percorso rieducativo va fatto nel tempo che necessita perché è normale che per la risocializzazione ci voglia un termine più lungo. Il termine può essere prorogato non più di una volta e solo per gravi motivi. Il legislatore anche qui mostra di essere fermo nel tempesto ristoro della persona offesa dal reato. Qui stiamo concedendo l’estinzione del reato in vista di un comportamento virtuoso. La vittima è il primo soggetto a cui bisogna dare una risposta soddisfacente rispetto al reato. Il giudice può altresì, con il consenso della persona offesa, autorizzare il pagamento rateale delle somme eventualmente dovute a titolo di risarcimento del danno. ➔ La norma ha presentato qualche perplessità: perché la vittima deve presentare il consenso al pagamento rateale se il pagamento rateale viene disposto quando il reo non può procedere ad un pagamento integrale? Si attribuisce alla vittima un potere di un veto eccessivo. Durante la sospensione del procedimento con messa alla prova, il giudice, sentiti l'imputato e il pubblico ministero, può modificare con ordinanza le prescrizioni originarie, ferma restando la congruità delle nuove prescrizioni rispetto alle finalità della messa alla prova. ➔ Questa clausola non prende in considerazione il consenso della vittima. C’è già perplessità perché qui imputato dovrebbe prestare consenso, non dovrebbe solo essere sentito. La persona offesa in caso di modifiche del giudice in corso d’opera scompare. Il legislatore ha depotenziato la figura di tutte le parti compreso l’offeso per quanto riguarda la modifiche del giudice senza un reale perché.
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