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Definizione e proprietà di spazi vettoriali reali, Appunti di Matematica Discreta

La definizione di uno spazio vettoriale reale come insieme di vettori sul quale sono definite le operazioni di somma e prodotto scalare. Vengono enunciate le proprietà di commutatività, associatività, esistenza di elementi neutro e opposti, associatività del prodotto scalare e distributività delle operazioni scalari rispetto alla somma. Inoltre, vengono introdotte le nozioni di sottospazio vettoriale e combinazione lineare.

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 11/02/2022

giacomo-effe
giacomo-effe 🇮🇹

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Scarica Definizione e proprietà di spazi vettoriali reali e più Appunti in PDF di Matematica Discreta solo su Docsity! 5 Spazi vettoriali reali Accade spesso che ”oggetti” molto diversi tra loro hanno una certa ”struttura matematica” comune, in questo caso ci si inventa un nome per quella struttura e la si studia. Questo modo di lavorare offre numerosi vantaggi: in colpo solo si studiano più oggetti, si impara a capire cosa dipende da cosa, il che consente una visione più profonda. In questo capitolo la struttura matematica che si studia ù quella di spazio vettoriale reale o semplice- mente spazio vettoriale. La definizione verrù data dopo aver illustrato alcuni esempi, comunque, detto in maniera informale, uno spazio vettoriale reale non ù altro che un insieme, i cui elementi verranno chiamati vettori, sul quale ù definita una somma tra vettori e sul quale ù definito un prodotto per gli scalari (operazione che ad un numero reale e ad un vettore associa un altro vettore). Naturalmente, per definizione, queste operazioni dovranno godere di alcune proprietù che in seguito verranno elencate. Per passare dal concreto all’astratto, si procederù elencando alcuni esempi, dopodichù si evidenzierù la struttura matematica che li accomuna. Negli esempi che seguono, λ denoterù sempre un numero reale. Esempio 5.1. Spazio Rn delle n-ple di numeri reali. In questo caso i vettori sono elementi del tipo (x1, ..., xn); la somma ù definita ponendo (x1, ..., xn) + (y1, ..., yn) := (x1 + y1, ..., xn + yn), mentre il prodotto per gli scalari ù definito ponendo λ · (x1, ..., xn) := (λx1, ..., λxn). Questo esempio ù fondamen- tale nello studio degli spazi vettoriali di dimensione finita. Esempio 5.2. Spazio delle soluzioni di un sistema lineare omogeneo: in questo caso gli elementi del nostro insieme, cioù i vettori, sono le soluzioni del sistema lineare omogeneo Ax = 0, dove A ù una matrice di tipo m× n. Per la proprietù distributiva del prodotto tra matrici, se (s1, ..., sn) e (t1, ..., tn) sono soluzioni del sistema dato, anche la somma (s1 + t1, ..., sn + tn) nonchù il prodotto (λs1, ..., λsn) sono soluzioni. Queste naturali operazioni di somma tra vettori e prodotto per uno scalare sono, per definizione, le operazioni che definiscono la struttura di spazio vettoriale dell’insieme considerato, purchù soddisfino alcune proprietù elencate più avanti. Dopo aver studiato l’intero capitolo, risulterù chiaro che l’insieme delle soluzioni di un sistema lineare omogeneo costituisce un sottospazio vettoriale di Rn. Esempio 5.3. Spazio delle funzioni continue definite su un intervallo I: nel corso di analisi si prova che la somma di due funzioni continue ù ancora una funzione continua e che anche il prodotto λ · f(x) ù una funzione continua, dove λ ∈ R ed f(x) ù una funzione continua. Di nuovo, queste operazioni definiscono la struttura di spazio vettoriale dell’insieme considerato, dove i vettori sono tali funzioni continue. Esempio 5.4. Spazio delle successioni. Chiaramente, se {an}n∈N e {bn}n∈N sono successioni, allora ù possibile definire le operazioni di somma tra successioni e prodotto di uno scalare per una successione poichù anche {an + bn}n∈N e {λan}n∈N sono successioni. La struttura ottenuta costituisce uno spazio vettoriale reale, dove i vettori sono le successioni. Esempio 5.5. Spazio delle successioni convergenti. Di nuovo, la somma di successioni convergenti ù una successione convergente ed il prodotto di un numero reale per una successione convergente ù una successione convergente. In effetti, lo spazio vettoriale di questo esempio costituisce un sottospazio vettoriale dello spazio dell’esempio precedente. Definizione 5.6. Un insieme non vuoto V di vettori reali ù detto spazio vettoriale reale se ù dotato di un’operazione di somma + : (u,v) ∈ V × V 7−→ u + v ∈ V e di un’operazione di moltiplicazione per scalari · : (λ,u) ∈ R× V 7−→ λ · v ∈ V che godano delle seguenti proprietù: 1)u + v = v + u, ∀u,v ∈ V (proprietù commutativa della somma) 2)(u + v) + w = u + (v + w), ∀u,v,w ∈ V (proprietù associativa della somma) 1 3)∃0 ∈ V e u + 0 = u, ∀u ∈ V (esistenza e proprietù dell’elemento neutro) 4)∃−u ∈ V tale che u + (−u) = 0 ∀u ∈ V (esistenza dell’opposto) 5)α · (β · u) = (α · β) · u ∀u ∈ V,∀α, β ∈ R (proprietù associativa del prodotto per uno scalare) 6)1 · u = u ∀u ∈ V (esistenza dell’elemento neutro rispetto al prodotto per uno scalare) 7)α · (u + v) = α · u + α · v ∀u,v ∈ V,∀α ∈ R (proprietù distributiva del prodotto per uno scalare rispetto alla somma) 8)(α+ β) · u = α · u + β · u ∀u ∈ V,∀α, β ∈ R (proprietù distributiva della somma tra scalari rispetto al prodotto) Osservazione 5.7. Dalla definizione di spazio vettoriale reale, si ricava la proprietù seguente: 0 ·u = 0 per ogni vettore u ∈ V . Infatti, applicando le proprietù 8) e 4), si ha che: 0u = (1− 1)u = 1u + (−1)u = u + (−u) = 0. Si introduce ora la nozione di sottospazio vettoriale. Un sottospazio vettoriale W di V ù uno spazio vettoriale W contenuto in V . Definizione 5.8. Sia V uno spazio vettoriale reale e sia W un sottoinsieme non vuoto di V . Si dice che W ù un sottospazio vettoriale di V se W é uno spazio vettoriale con le operazioni presenti in V . Si osservi che richiedere che le operazioni di V siano anche operazioni di W significa che (i) w1 + w2 ∈W per ogni w1,w2 ∈W (W é chiuso rispetto alla somma) (ii) α ·w ∈W per ogni α ∈ R,w ∈W (W é chiuso rispetto al prdotto per uno scalare) oppure equivalentemente () αw1 + βw2 ∈W per ogni w1,w2 ∈W,α, β ∈ R inoltre, le proprietá 1)−8) sono banalmente verificate in W poiché i vettori di W sono anche vettori dello spazio vettoriale V . Definizione 5.9. Siano dati n vettori u1, ...,un ed n scalari λ1, ..., λn, qualunque sia il numero naturale positivo n ∈ N. Il vettore λ1u1 + ...+λnun si dice combinazione lineare dei vettori u1, ...,un secondo gli scalari λ1, ..., λn. Esempio 5.10. La combinazione lineare dei vettori (0, 4, 5), (2, 3, 1) e (0, 1, 1) secondo gli scalari 0, 3,−1 é data dal vettore 0(0, 4, 5) + 3(2, 3, 1)− (0, 1, 1) = (6, 8, 2). La seguente proposizione, di cui si omette la dimostrazione, é fondamentale perché consente di carat- terizzare i sottospazi vettoriali. Proposizione 5.11. Sia W un sottoinsieme non vuoto di uno spazio vettoriale V . Allora W é un sottospazio vettoriale di V se e solo se W contiene tutte le combinazioni lineari dei suoi vettori, ossia comunque scelti n vettori u1, ...,un di W ed n scalari reali λ1, ..., λn, risulti che λ1u1 + ... + λnun sia un vettore di W . 2 Definizione 5.27 (Base di uno spazio vettoriale). Un sottoinsieme B = {v1, . . . ,vn} di uno spazio vettoriale V si dice una base per lo spazio vettoriale V se é un insieme di generatori linearmente indipendente. Esempio 5.28 (Basi di uno spazio vettoriale). L’insieme {(1, 0), (0, 1)} é una base per R2, basta guardare l’Esempio 5.24. L’insieme {(0, 1, 0), (0, 0, 1)} non é una base per R3, poiché non é un insieme di generatori. Infatti, ad esempio, il vettore (2, 0, 0) ∈ R3 non é ottenibile come combinazione lineare dei vettori (0, 1, 0) e (0, 0, 1). Allo stesso modo non é una base per R3 l’insieme {(1, 0, 0), (0, 1, 0), (0, 0, 1), (2, 2, 0)}. Infatti, tale insieme, pur essendo un insieme di generatori, é linearmente dipendente, poiché (2, 2, 0) = 2(1, 0, 0) + 1(0, 1, 0) + 0(0, 0, 1). Infine, l’insieme S dell’Esempio 5.25 é una base per Rn. Proposizione 5.29. Se B = {b1, ..., bn} é una base per lo spazio vettoriale V , allora ogni vettore v di V si puó scrivere come combinazione lineare dei vettori di B, perché B é un insieme di generatori per V . Si osservi che l’indipendenza lineare di B fornisce l’unicitá della combinazione lineare. dimostrazione. Si considerino due combinazioni lineari che esprimano il vettore v, cioé: v = λ1b1 + . . . λnbn = µ1b1 + · · ·+ λnbn. Pertanto risulta: (λ1 − µ1)b1 + . . . (λn − µn)bn = 0 e dunque la lineare indipendenza di B = {b1, . . . , bn} garantisce che λi = µi per ogni i = 1, . . . , n. Pertanto non esistono due combinazioni lineari ottenute con scalari distinti che forniscono lo stesso vettore. Esempio 5.30. Si considerino gli insiemi {(1, 0), (0, 1)}, {(1, 0), (1, 1)}, {(2, 0), (1, 1)}, {(1, 0), (0, 2)},... Il lettore puó facilmente verificare che sono tutte basi di R2. Invece, si verifichi che ogni insieme costituito da 3 o piú vettori non é una base per R2, perché é linearmente dipendente, e che ogni insieme costituito da un solo vettore non é una base per R2 perché non é un insieme di generatori per R2. Ogni spazio vettoriale é dotato di infinite basi, come dimostra l’esempio precedente, che tuttavia sono accomunate dal fatto che hanno tutte la stessa cardinalitá, come dimostra il seguente teorema. Teorema 5.31. [Teorema della dimensione] Sia V uno spazio vettoriale (generato da un numero finito di vettori) e siano B = {b1, ..., bh} e C = {c1, ..., ck} due basi per V . Allora h = k, ossia B e C hanno lo stesso numero di vettori. In particolare, tutte le basi di V hanno la stessa cardinalitá. dimostrazione. [Richiede la conoscenza della teoria dei sistemi di eq. lineari] La dimostrazione si ottiene per doppia disuguaglianza. Supponiamo sia k < h. Se B é una base di V , allora ogni vettore di C potrá essere espresso come combinazione lineare dei vettori di B. Avremo pertanto: c1 = λ11b1 + . . .+ λ1kbk . . . . . . ch = λh1b1 + . . .+ λhkbk (5.1) Costruiamo adesso una combinazione lineare dei vettori c1, . . . , ch ed imponiamo che sia uguale al vettore null: γ1c1 + . . .+ γhch = 0, allora γ1(λ11b1 + . . .+ λ1kbk) + . . .+ γh(λh1b1 + . . .+ λhkbk) = 0 . Risulta associando i coefficienti in maniera diversa che (γ1λ11 + · · ·+ γhλh1)b1 + · · ·+ (γ1λ1k + · · ·+ γhλhk)bk = 0. 5 Poiché i vettori b1, . . . , bk costituiscono una base, i coefficienti di combinazione devono essere tutti nulli. Risulta allora  γ1λ11 + · · ·+ γhλh1 = 0 . . . γ1λ1k + · · ·+ γhλhk = 0. Si tratta di un sistema lineare omogeneo nelle incognite γ1, . . . , γh. Si tratta di un sistema lineare omogeneo di k equazioni in h incognite, con h > k, dunque per il teorema di Rouché -Capelli il sistema ammette infinite soluzioni γ1, . . . , γh e dunque ció contraddice la lineare indipendenxa dei vettori di C, dunque h ≤ k. Scambiando i ruoli fra B e C e fra h e k si ottiene l’asserto. Si osservi che la dimostrazione teorema ?? contiene la dimostrazione di un enunciato noto in letter- atura come Lemma di Steinitz, che presentiamo per completezza. Lemma 5.32 (Lemma di Steinitz). Siano S = {s1, ..., sp} e T = {t1, ..., tq} insiemi di vettori di uno spazio vettoriale V , tali che T é linearmente indipendente ed ogni vettore di T dipende linearmente da S. Allora necessariamente q ≤ p. Definizione 5.33. Sia V uno spazio vettoriale. Si definisce dimensione dello spazio vettoriale V la cardinalitá di una sua qualsiasi base, e si indica col simbolo dimV . Osservazione 5.34. Il Teorema sulla dimensione comporta delle importanti conseguenze sulla cardi- nalitá degli insiemi linearmente indipendenti e degli insiemi di generatori. Infatti, se V é uno spazio vettoriale di dimensione n, allora si dimostra che un qualsiasi sottoinsieme di V che abbia piú di n vettori é linearmente dipendente; se invece ha meno di n vettori allora si prova che non puó essere un insieme di generatori. Le dimostrazioni sono omesse. Corollario 5.35. Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n. Allora • Ogni insieme di generatori di V costituito da n vettori é una base per V ; • Ogni insiemi linearmente indipendente costituito da n vettori é una base per V . É facile verificare che la dimensione dello spazio vettoriale Rn é n, infatti i vettori {e1, . . . , en} sono un sitema di generatori ed in insieme linearmente indipendente. La seguente definizione dá un nome a questa base. Definizione 5.36. Dato lo spazio vettoriale Rn, si definisce base canonica l’insieme di vettori unitari B = {e1, . . . , en}. Definizione 5.37 (Coordinate di un vettore v). Sia V uno spazio vettoriale e sia B = {u1, . . . ,un} una base ordinata per V , cioé una base in cui i vettori sono ordinati. Il vettore v puó essere espresso in unico modo come combinazione lineare dei vettori di B: v = c1u1 + . . .+ cnun, cioé i coefficienti di combinazione sono univocamente determinati. Il vettore c = {c1, . . . , cn} é chiamato il [vettore di coordinate di v rispetto a B e si indica con [v]B . Si osservi dunque che se V é uno spazio vettoriale di dimensione n, allora eiste una funzione biettiva e lineare che associa ad ogni vettore di V un vettore (un’ennupla cioé) di Rn. Per convincersi di ció é sufficiente considerare che, fissata una base ordinata B in V e la base canonica E in Rn, ad ogni vettore v ∈ V si puó associare l’ennupla delle sue coordinate rispetto a B, che costiuisce un vettore di Rn. Immediatamente si verifica che viceversa ad ogni ennupla in Rn si associa il vettore v ∈ V che ammette questa ennupla come l’ennupla delle sue coordinate. La linearitá della funzione cośı definita sará discussa quando parleremo di applicazioni lineari. A tale applicazione successivamente daremo il nome di isomorfismo. Il paragrafo si conclude con un importante teorema, che nasce da questa osservazione: il corollario ?? assicura che in uno spazio vettoriale V di dimensione n, ogni sottoinsieme di n vettori linearmente indipendenti costituisce una base per V . Si supponga di scegliere un sottoinsieme di m vettori linearmente indipendenti di V , con m < n. Ci si chiede se é possibile aggiungere a quest’ultimo insieme n − m vettori, in modo che il nuovo insieme ottenuto sia ancora linearmente indipendente, e che quindi, avendo cardinalitá n, costituisca una base per V , in virtú del precedente corollario. Il prossimo teorema risponde in maniera affermativa al problema posto. 6 Teorema 5.38 (Teorema del completamento). Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n e sia S un sottoinsieme di m vettori di V che sia linearmente indipendente, con m ≤ n. Allora, esiste un unico sottoinsieme T di V , costituito da n−m vettori tale che S ∪T sia linearmente indipendente e quindi sia una base per V . dimostrazione. Se m = n, la tesi é verificata per il corollario precedente. Sia dunque m < n e si consideri il sottospazio W =< S >. Allora W é un sottospazio proprio di V , ovvero esiste almeno un vettore v1 ∈ V \W . Poiché v1 /∈W , allora non é esprimibile come combinazione lineare dei vettori di S, ossia v1 é linearmente indipendente da S. Pertanto l’insieme S1 = S ∪ {v1} é linearmente indipendente. Si consideri ora il sottospazio vettoriale W1 =< S1 >. Se W1 = V , allora S1 é una base per V , ossia n = m + 1 e, posto T = {v1}, si ottiene la tesi. Se invece W1 é un sottospazio proprio di V , allora, ragionando come Iterando il ragionamento, si osservi che il procedimento si ferma esattamente dopo n −m passi, in quanto a tal punto si ottiene un insieme linearmente indipendente costituito da n vettori, che per il Corollario ??, costituisce una base per V . Quindi, definito T come l’insieme di questi n − m vettori, l’asserto é provato. In pratica, il teorema precedente assicura che ogni insieme di vettori linearmente indipendenti di uno spazio vettoriale puó essere “completato” in modo che diventi una base per lo spazio vettoriale stesso. Operativamente in Rn si osservi che assegnato insieme di vettori linearmene indipendente, per com- pletare questo insieme fino ad ottenere una base di Rn é sufficiente mettere i vettori assegnati in una matrice, ridurre a scala la matrice cośı ottenuta ed immettere in fondo tante righe costituite dai vettori della base canonicia in modo che la matrice resti a scala. Esempio 5.39. Completare l’insieme {(2, 3, 3, 4), (1, 0, 3, 1)} in una base di R4. Si scriva A = [ 2 3 3 4 1 0 3 1 ] , riducendo a scala la matrice si ottiene S == [ 2 3 3 4 0 −3 2 3 2 −1 ] , Dunque considerando la matrice A′ =  2 3 3 4 0 −3 2 3 2 −1 0 0 1 0 0 0 0 1  , si ottiene la base cercata considerando i vettori {(2, 3, 3, 4), (1, 0, 3, 1), (0, 0, 1, 0), (0, 0, 0, 1)}. 5.3 Sottospazi Abbiamo giá osservato che l’insieme delle soluzioni di un sistema lineare omogeneo costituisce un sot- tospazio, mentre l’insieme delle soluzioni di un sistema lineare non omogneo o di un sistema di equazioni non lineari non rappresenta un sottospazio. Va osservato che il sistema lineare omogeneo che rappresenta il sottospazio d’ luogo a quella che si chiama rappresentazione cartesiana di un sottospazio. Sappiamo pure che é possibile descrivere un sottospazio come spazio vettoriale generato dai vettori di una sua base, oppure che ’́e possibile descrivere un sottospazio mediante quella che si dice una rap- presentazione parametrica, cioé mediante la descrizione dei vettori che vi appartengono in termini di componenti dipendenti in modo lineare ed omogeneo da parametri reali. Tutte queste rappresentazioni sono fra loro equivalenti. É possibile passare da una rappresentazione cartesiana ad una parametrica e viceversa, ed ancora passare da una rappresentazione cartesiana e/o parametrica ad una in termini di spazio generato da una base. Operativamente, assegnata una rappresentazione cartesiana, occorre applicare il teorema di Rouché- Capelli ottenendo la dimensione del sottospazio esattamente come dimensione dello spazio delle soluzioni 7
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