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spiegazione e commento canto 3 inferno dante alighieri, Appunti di Italiano

3 canto dell' inferno di dante alighieri spiegato commentato ed analizzato completo di figure retoriche e versi interessati

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 05/02/2022

Silviettaenzo00
Silviettaenzo00 🇮🇹

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Scarica spiegazione e commento canto 3 inferno dante alighieri e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Inferno Canto 3: analisi, commento, figure retoriche Spiegazione, analisi e commento degli avvenimenti del terzo canto dell'Inferno (Canto III) della Divina Commedia di Dante Alighieri. Questo è il canto in cui Dante e Virgilio giungono alla porta dell'Inferno, leggono la celebre frase posta su di essa, e poi entrano nell'antinferno dove incontrano gli ignavi, ovvero coloro che in vita non presero mai una posizione (tra questi Celestino V). Analisi del canto La porta dell’inferno Attraverso le drammatiche parole incise sulla porta dell’inferno si riesce a trasmettere tutto il dolore a cui sono condannate per sempre le anime che si trovano nella città infernale. Rispetto al secondo canto che faceva riferimento alla sicurezza e alla protezione (le tre donne benedette, il tema dottrinario e la conversione di Dante), in questo canto l'atmosfera subisce un cambio netto, si entra nel vivo della scena che scorre più velocemente e si avverte il pericolo e la paura ancor prima di attraversare quel varco (la porta infernale). Caronte Caronte è la prima figura demoniaca che Dante incontra nella Divina Commedia, il cui ruolo è quello di traghettatore dell'Ade e trasporta le anime dei dannati da una riva all'altra del fiume Acheronte. Come base per la descrizione di questo personaggio, Dante userà quella di Virgilio nell'Eneide (Libro VI 298-304): come vecchio e canuto, come nocchiero con la barba e gli occhi infuocati, come demonio severo, ordinato e sistematico.  Il Caronte dell'inferno dantesco si differenzia da quello di Virgilio perché viene infernalizzato, ovvero perde la sua virilità e la sua forza ma diventa un semplice esecutore in negativo della volontà divina (un demonio). Da segnalare la profezia di Caronte quando inizialmente si rifiuta di trasportare Dante perché è ancora in vita, e gli spiega che non è la barca adatta a lui e che deve attraversare il Regno dei morti per un altro luogo, questo è un riferimento al Purgatorio. La volontà divina Chiaramente Caronte si rifiuta di trasportare Dante perché ha un compito da svolgere, ma a risolvere la situazione a favore del suo allievo ci penserà Virgilio che ammonirà Caronte: il viaggio di Dante sta avvenendo per volontà divina. Questa spiegazione verrà usata da Virgilio anche in future occasioni in cui la presenza di Dante non è ben vista e viene ostacolato. Alla volontà divina tutti devono obbedire, anche le creature infernali, ed è per questo che i dannati che giungono sulla riva dell'Acheronte corrono incontro alla loro pena. Pena e contrappasso Nella inferno dantesco si segue la legge del contrappasso: rappresenta il rapporto fra la pena che scontano i dannati nella vita ultraterrena e i peccati che hanno commesso nella vita terrena.  Gli ignavi Il primo gruppo di penitenti che Dante vede è quello degli ignavi: sono coloro che in vita non vollero prendere posizione, cioè non operarono né per il bene né per il male, e ora sono costretti a rincorrere nudi un insegna mentre vengono pungolati da vespe e mosconi, e ai loro piedi vermi che si nutrono del loro sangue e delle loro lacrime. Rispetto ad altre pene questa non è tra la più dolorose, ma sicuramente la più umiliante. Dante li definisce come individui che non hanno mai vissuto nella loro vita ("che mai non fur vivi"). Dante vede tra loro "colui che fece il gran rifiuto", un riferimento a Celestino V (che con la sua abdicazione ha ceduto il pontificio a Il ben de l'intelletto = perifrasi (v. 18). Per indicare che hanno perduto Dio, la luce dell'intelligenza divina. Sospiri, pianti e alti guai = climax ascendente (v. 22). Lingue, favelle, parole, accenti, voci, suon = climax (vv. 25-27). Come la rena quando turbo spira = similitudine (v. 30). Fama di loro il mondo esser non lassa = anastrofe (v. 49). Sta per "il mondo non lascia che ci sia di loro alcun ricordo". Misericordia e giustizia = metonimia (v. 50). Per indicare il Paradiso e l'Inferno. Colui / che fece per viltade il gran rifiuto = perifrasi (59-60). Per indicare probabilmente Papa Celestino V, colui che rinunciò al papato. Vergognosi e bassi = endiadi (v. 79). Infino al fiume del parlar mi trassi = anastrofe (v. 81). Sta per "non pronunciai parola fino al fiume". Un vecchio, bianco per antico pelo = ipallage (v. 83). L'aggettivo antico è riferito a pelo anziché a vecchio. Legno = sineddoche (v. 93). Per indicare l’imbarcazione. Colà = perifrasi (v. 95). Per indicare "lassù", in cielo. Quinci fuor quete le lanose gote = sineddoche (v. 97). Indica le guance invece del viso. Che ’ntorno a li occhi avea di fiamme rote. = anastrofe (v. 99). Sta per "che aveva ruote di fiamme intorno agli occhi". Forte piangendo = anastrofe (v. 107). L'ordine giusto sarebbe dovuto essere "piangendo forte". Ciascun uom che Dio non teme = perifrasi (v. 108). Per indicare i peccatori. Occhi di bragia = metafora (v. 109). Come d’autunno si levan le foglie / l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo / vede a la terra tutte le sue spoglie, / similemente il mal seme d’Adamo / gittansi di quel lito ad una ad una, / per cenni come augel per suo richiamo = similitudine (vv. 112-117). Che balenò una luce vermiglia = metonimia (v. 134). L’effetto "luce vermiglia" per la causa "lampo". Come l’uom che ‘l sonno piglia = similitudine (v. 136). Enjambement = vv. 19-20; 34-35; 35-36; 37-38; 55-56; 91-92; 113- 114; 130-131.
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