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Stagi L. (2016), Food porn. L'ossessione del cibo in TV e nei social media., Appunti di Sociologia

Riassunto del libro Stagi L. (2016), Food porn. L'ossessione del cibo in TV e nei social media, Egea, Milano.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 17/09/2022

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Scarica Stagi L. (2016), Food porn. L'ossessione del cibo in TV e nei social media. e più Appunti in PDF di Sociologia solo su Docsity! Luisa Stagi FOOD PORN - L’ossessione per il cibo in TV e nei social media INTRODUZIONE Negli ultimi anni (mai accaduto prima)  la televisione presenta una ridondanza di trasmissioni di cucina, di ricette, di gare culinarie, di reality  con specifici format lifestyle e makeover, che si occupano della gestione del corpo e del grasso in eccesso = di dieta. Nell’attuale produzione televisiva:  da un lato aumenta la costruzione di desiderio e di fantasie di consumo intorno al cibo  dall’altro continua a reiterarsi un discorso normativo sulla gestione del sé attraverso il controllo del corpo.  Minnesota study: se sottoposti ad un regime di anoressia, anche soggetti normali sviluppano gli stessi comportamenti che si riscontrano nelle persone che soffrono di disturbi del comportamento alimentare  in particolare pensiero ossessivo intorno al cibo. = Nella società occidentale contemporanea, dove la > parte delle persone è costantemente a dieta, si sta diffondendo una vera e propria ossessione per la cucina, per gli stili alimentari, per le ricette  per tutto ciò che ruota intorno al cibo. FOOD PORN = piacere voyeristico del cibo, un edonismo mentale che si nutre del piacere dell’attesa piuttosto che dell’esperienza del godimento. Fa parte del food porn  il proliferare di format di cucina, di fare culinarie o di esperienze alimentari estreme. La diffusione del food porn è connessa alla foodie culture  sottocultura che si costruisce intorno al gusto. Per i fodies, seguaci della fodie culture, lo stile alimentare è parte significativa della propria rappresentazione identitaria. I food blog  hanno anche influenzato i modi di costruire i programmi televisivi di cucina, più affini al web per il coinvolgimento diretto del pubblico soprattutto nei format di lifestyle television basati sull’esemplificazione dei corretti stili di vita. Le trasmissioni di cucina hanno svolto un ruolo importante nel percorso di ricostruzione dell’identità nazionale nel dopoguerra attraverso la ricomposizione dell’idea di una cucina nazionale. I più recenti format  funzione di educare al corretto consumo alimentare dato che nella modernità alimentare, caratterizzata da istanze contradditorie, per il consumatore è fondamentale poter beneficiare di un sapere esperto che funga da guida in una società gastroanomica. Per Mary Douglas  la struttura prevedibile di ogni pasto crea una disciplina che elimina la potenziale confusione. Il pasto è il microcosmo di più ampie strutture sociali. Attraverso differenti dispositivi i discorsi mediatici intorno all’alimentazione riproducono alcuni confinamenti come l’ordine di genere: le rappresentazioni di genere sono quelle tradizionali  per cui cucinare per il genere femminile è un’attitudine e non professione o godimento. Alla base dei format di makeover televison  idea della dieta come capacità di autocontrollo e auto-sorveglianza  il corpo magro rappresenta la buona salute + una serie di virtù  controllo sociale e buona cittadinanza. 1 Obesità  ne emerge come una forma di devianza sociale da cui il soggetto obeso è tenuto a emanciparsi attraverso la forza di volontà e l’ausilio di un sapere esperto che assume la funzione di imprenditore morale.  La parabola della sfida è paradigmatica di una società neoliberale che considera i soggetti artefici ma soprattutto responsabili del proprio destino.  Metodologia: etnografia dei media supportata dagli archivi televisivi presenti su internet. 1. I DISCORSI SUL CIBO 1.1 Food porn: origine ed evoluzione di un concetto Espressione comunemente utilizzata per indicare la pratica di chi fotografa il cibo e poi condivide l’immagine sui social network. Origine del concetto: attribuita a Roland Barthes  lo definì “ciò che offe fantasie a coloro che non possono permettersi di cucinare certi pasti” Uso recente del termine: pare ricondursi a Michael Jacobson  lo ha utilizzato in contrapposizione al concetto di sana alimentazione, argomentando la necessità di pensare a un termine “per connotare un cibo così clamorosamente fuori dai limiti di ciò che un alimento dovrebbe essere, da meritare di essere considerato pornografico”.  Food porn  evoca quell’idea di irraggiungibile che, come nella pornografia, stimola fantasie e immaginari. Secondo altri  il termine compare nel 1984 nel libro Female Desire. Women’s Sexuality today della Coward e parla dello spostamento del cibo come dono al cibo come piacere estetico. In generale, nella società dei consumi, la moderna soggettività non si esprime nell’atto materiale di acquisto o di consumo, ma nella ricerca e nell’attesa del piacere: un “EDONISMO MENTALE”. Questione centrale nel passaggio al food porn  l’anticipazione, piuttosto che l’esperienza: il food design, l’accostamento cromatico degli alimenti e l’impiattamento, non hanno a che fare con il godimento ma con la mera dimensione estetica di esso. Dal momento in cui l’attenzione per l’estetica ha reso le persone consapevoli di sé e del mondo fisico a loro circostante come potenziali esperienze e oggetti di bellezza sensuale, il cibo, considerato oramai simbolo della capacità di saper vivere bene, ha cominciato a configurarsi come territorio privilegiato per costruire il desiderio dell’anticipazione di esperienze sensuali. Il food porn ha a che fare con la diffusione dei discorsi intorno al cibo  ciò che il semiologo Marrone chiama gastromania. Nel panorama televisivo il proliferare di trasmissioni di pasticceria è senza dubbio legato a diversi aspetti del food porn, spazi dove il cibo diventa esercizio estetico. La struttura dei format (boss delle torte, il re del cioccolato…) prevede la preparazione di torte commissionate per un avvenimento speciale dove gli ingredienti sono in secondo piano rispetto all’estetica.  È l’eccesso estetico e calorico ad alimentare in questo caso il mental hedonism. 2 questa cultura aggiunge preoccupazioni ecologiche al piacere e all’apprezzamento estetico per il cibo. Il seguace dello Slow food è un eco-gastronomo: sono incoraggiati atteggiamenti eco-sostenibili.  Ciò ha a che fare con la conciliazione tra crescita economica, accesso alle risorse e tutela dell’ambiente. ≠ Secondo Bukowski  si tratta di una grande narrazione che usa:  le retoriche del buono, pulito e giusto  concetti come rivoluzione e resistenza per fare convergere sul cibo una dimensione politica che non trova più altri riferimenti significativi. Importante nella foodie culture  coltivare e promuovere la cultura culinaria attraverso la salvaguardia della memoria e delle tradizioni sul cibo. Bisogno di divulgare le tradizioni culinarie testimoniato anche dal fatto che tra i primi libri ad essere stampati ci sono stati proprio i libri di cucina. Dal gourmet ai foodies. Gastromania - Di Gianfranco Marrone (pag. 27) 1.4 I food blog Blog che si occupano di ricette, di recensioni di ristoranti, di stili alimentari o di questioni etiche riguardo al consumo del cibo. 1° food blog  intorno agli anni Duemila, e da allora la loro crescita sul web è stata esponenziale. Nei food blog chiunque può scrivere di cucina o interagire con chi scrive, proponendo suggerimenti o alternative. SCAMBIO e INTERATTIVITÁ  alcune delle caratteristiche che contribuiscono a costruire comunità intorno alle pratiche alimentari. Il fatto poi che sono animati da persone comuni contribuisce alla messa in circolazione di una cultura alimentare popolare  si contrappone al dominio del sapere culinario degli chef famosi. Capita a volte che alcuni food blogger diventino così famosi da scrivere libri o da essere chiamati dal mondo dell’intrattenimento televisivo o commerciale.  Il food blogger diventa famoso grazie alla quantità e alla qualità dei commenti che costruiscono la sua reputazione e ne attestano il successo. La porosità dei confini tra web e altri media produce un flusso caratterizzato da un’elevata riflessività. Ma non solo i food blogger possono passare al media televisivo, ma anche gli stessi format televisivi spesso si adattano agli stili e alle caratteristiche dei blog. Es. Lifestyle television  in parte si ispira al formato blog, soprattutto rispetto ai video tutorial o al coinvolgimento diretto del pubblico. Parlare di cibo in tv significa contribuire alla creazione di desiderio di consumo senza ricorrere ad un riferimento pubblicitario diretto ma a richiami non del tutto espliciti mentre le pubblicità più dirette appaiono sui siti e i blog a cui sono rimandati i telespettatori per scaricare le ricette. I food blog hanno avuto molta influenza nel:  mettere in circolazione un certo tipo di cultura alimentare 5  creare particolari tendenze o mode culinarie  es. diffusione dei “macarons” o dei “cupcake”. Essi, inoltre, hanno giocato un ruolo importante nel processo di estetizzazione del cibo: molti food blogger dichiarano di aver fatto corsi di fotografia per meglio rappresentare i loro piatti, poi hanno dato avvio alla condivisione su Instagram o Facebook e Pinterest: è così che si è cominciato a diffondere il food porn. Dal food blog alla TV (pag. 29) Un film per concludere  Jiro e l’arte del sushi (Gelb, 2011) (pag. 32) 2. QUESTIONE DI GUSTO: ALCUNE FUNZIONI DELLE TRASMISSIONI SUL CIBO 2.1 La cucina nazionale Lifestyle television  genere televisivo orientato a informare e guidare i comportamenti e i gusti delle persone. In realtà, l’idea di base di questo tipo di format è presente nella televisione fin dalle sue origini ed è rintracciabile in quei programmi che si occupavano di dare consigli sulla vita quotidiana e domestica (fai da te, cucina, giardinaggio). Tale tipo di programmazione, che è parte della struttura più profonda della nostra televisione, è strettamente legata a quella funzione pedagogica-culturale- educativa del media ai suoi albori. Negli anni ’50, infatti, il ritorno alla sfera domestica e il boom dei consumi del Dopoguerra fecero crescere l’esigenza di programmi che, oltre a intrattenere, orientassero i gusti e gli stili di vita e contribuissero alla (ri)costruzione dell’identità nazionale attraverso il medium televisivo.  Ciò valse anche e soprattutto per la cucina (costruzione di un’identità nazionale basata sull’idea di consenso e riconoscimento di una cucina nazionale). Funzione dei primi programmi di cucina, mandati in onda negli anni ’50 e più tardi negli anni ’70:  di ricostruire e trasmettere una cultura alimentare che era stata interrotta dalla guerra. L’affiancamento, in seguito, di un secondo personaggio più popolare rispetto al primo, colto e raffinato, in uno di questi 2 programmi, ebbe la funzione di costruire la base per il riconoscimento di una cucina nazionale  l’interazione tra le classi può favorire, infatti, un consenso tra le norme gastronomiche. Questi processi interdipendenti sono strettamente connessi alla ricostruzione di un’identità nazionale basata sull’idea di consenso e di riconoscimento di una cucina nazionale. Lifestyle television La sua specialità consiste nel saper tematizzare e isolare alcuni aspetti della vita quotidiana. A partire dagli anni ’80 si comincia a parlare di rappresentazione della realtà e di tv di verità. 6 Le diverse trasmissioni che si occupano di rintracciare persone scomparse o riaprire casi di cronaca inaugurano la stagione della tv-realtà come attività di pubblica utilità. Da questo punto in avanti la televisione subisce un processo di mutamento verso la reality television, perdendo gradualmente la sua funzione pedagogica: dalla tv confessionale del primo pomeriggio, alla tv che mette in scena conflitti di varia natura, fino ad arrivare alla tv “caritatevole”  che ricongiunge familiari o che raccoglie fondi per le cause più disparate. Vero punto di svolta  alla fine degli anni ’90 con l’arrivo dei primi reality show, inaugurato dal Grande Fratello. In seguito, il reality si differenzierà in 2 versioni: 1. la prima rimarrà sulla tv generalista assumendo prevalentemente la forma del talent show, 2. la seconda più estrema si declinerà nel makeover. 2.2 Alla ricerca del cibo perduto  “Viaggio nella valle del Po” di Mario Soldati  si basa sul format dell’inchiesta, una ricerca sui saperi alimentari delle ≠ tradizioni regionali. Coniugava le finalità divulgative con la necessità di raggiugere un pubblico poco alfabetizzato ma curioso.  “A come Agricoltura” poi “Linea verde”  tra le prime trasmissioni incentrate sull’agricoltura a inserire momenti dedicati alla cucina tradizionale delle località trattate. Diversi studi sui media italiani hanno mostrato come le impostazioni e gli stili comunicativi delle programmazioni focalizzate “culture locali” abbiano sempre seguito un preciso discorso sul Paese e sull’idea di comunità. I dispositivi di rappresentazione più importanti sono stati veicolati soprattutto nelle trasmissioni “di cucina” e “in cucina”. Uno dei meccanismi più facilmente riconoscibili riguarda il rapporto tra centro e periferia della cultura  = lo sguardo del centro urbano sul folclore della provincia.  I repertori per la messa in scena di questa rappresentazione comprendono: o i tipi di location  es. le piazze o specifici testimonial  personaggi del posto, bambini e anziani o diversi elementi di folclore  gruppi locali di musica e danze, di solito in costume In questa prima fase, intorno agli anni ’60  una tale coreografia rappresenta lo sfondo. Apparato testuale: si costruisce intorno alle categorie del cibo genuino, autentico, tradizionale.  Durante gli anni ’70  nelle trasmissioni enogastronomiche diventano: o protagonisti della scena  gli elementi folcloristici o elementi complementari alla narrazione  i piatti tipici. Il dispositivo di rappresentazione si sposta sul discorso nostalgico di valorizzazione del passato e della memoria.  Tra gli anni ’80 e ’90  gli elementi folcloristici si trasformano in spunti o in suggerimenti per incentivare un nuovo tipo di turismo del fine settimana  il 7 3.2 Gli uomini mangiano, le donne preparano Susan Bordo - saggio “Il peso del corpo”  sosteneva che la divisione di genere difficilmente potrà mutare perché si basa su alcuni fondamenti ideologici:  nutrimento come ruolo delle donne nel privato,  appagamento delle donne nel nutrire,  appetito femminile limitato e nascosto. Anche studi più recenti hanno confermato che, nonostante la diffusione dei discorsi sulla parità di genere e l’accesso sempre più frequente alla sfera pubblica, le donne continuano a svolgere la maggior parte del lavoro di cura e a sentirsi responsabili del nutrimento della famiglia, con variazioni che dipendono dal contesto nazionale e dal tipo di progetto di vita familiare. L’idea che cucinare sia un compito delle donne è una declinazione dell’ipotesi genderizzata che il mantenimento della salute familiare sia un’attitudine naturale della donna e che cucinare per gli altri sia parte di un’identità culinaria femminile che si riproduce di generazione in generazione attraverso la socializzazione di genere. Secondo il paradigma eteronormativo  la naturalizzazione del legame tra nutrimento e femminilità è uno dei territori di costruzione della divisione tra sfera pubblica e sfera privata. Secondo Marjorie De Vault in “Feeding the family”  cucinare come cura = modo per fare il genere nel quale una donna si comporta secondo una femminilità riconoscibile. Gli studi sulle rappresentazioni mediatiche nel legame tra genere e alimentazioni sono stati diversi ed eterogenei, tuttavia molti di essi arrivano a conclusioni simili.  Lavoro di Cindy Dorfman  excursus storico sulla cucina borghese americana svolto attraverso un’analisi sulla produzione mediatica della cucina come luogo femminile, mostra come la cucina è ancora considerata come luogo della donna.  10 anni dopo, Sherrie Ines  decostruisce i discorsi dei media popolari sulle donne che cucinano. Libri di cucina, pubblicità e riviste contribuiscono a 10 riprodurre l’idea che cucinare per la famiglia sia per le donne naturalmente gratificante. Effettivamente, le pubblicità alimentari utilizzano figure ideali che incarnano diversi modelli di genere basati su ruoli e stereotipi sessuali e sessisti. Se la donna rappresenta tendenzialmente la passività, il nutrimento ed è collocata nella sfera privata ≠ l’uomo, inserito nello spazio pubblico, è rappresentato come attivo e assertivo. Secondo Francesca Calamita  i modelli femminili nella pubblicità si possono raggruppare in 2 tipologie: 1. “Angeli del focolare”  nutrono la famiglia con cibo sano 2. “Bambole viventi”  il cui appetito vuole sottintendere altri appetiti: es.quello sessuale I ruoli maschili ruotano solitamente intorno a 3 ruoli: 1. “Breadwinner” = il capo famiglia 2. Lo chef creativo (la cui competenza è indiscutibile) 3. L’Adamo creativo = uomo che cede alla tentazione della gola poiché traviato da una donna ammaliatrice. In ogni caso, le donne risultano dipendenti dalla visione dell’uomo. Al cibo si abbina quindi la stessa dicotomia dei modelli femminili:  alla donna “santa”  corrisponde il cibo-nutrimento  alla donna “tentatrice”  corrisponde il cibo-godimento.  A volte poi il cibo è sovrapposto a parti del corpo femminile, che continua a rappresentarlo nel suo insieme.  In altri casi il cibo è fatto maneggiare dalle donne in modo da alludere al gioco di sovrapposizione tra i differenti appetiti.  Può capitare che sia la stessa donna ad essere oggettivata. Nelle pubblicità alimentari sono quindi utilizzati diversi repertori di stereotipi sessuali e sessisti:  da quelli tradizionali breadwinner/Angelo del focolare  a quello di donna tentatrice/uomo traviato oppure  al rapporto di cacciatore/preda. il nutrimento tra resistenza identitaria ritualità (pag. 58) 3.3 Tra nutrimento e piacere Il genere influenza ed è influenzato dai discorsi foodie secondo 3 direttrici: 1. il piacere 2. l’asse lavoro/cura 3. l’asse conoscenze/competenze. Per ciascuna di queste prospettive, il genere si muove su un binario di riproduzione/resistenza. 11 Se è vero che la foodie culture è in contrasto con alcuni tratti dei modelli di dominanti di genere, è altrettanto vero che la loro profonda incorporazione può trascendere i confini della subcultura. In alcune interviste è emerso che le donne appaiono preoccupate di dover negoziare tra cura e piacere, come anche tra emozioni e competenze ≠ gli uomini sono risultati liberi di posizionarsi e di scegliere come stare dentro la foodie culture. Va anche giunto che la posizione sociale fa la differenza nella capacità di allontanarsi dai ruoli tradizionali, e che chi appartiene a questa subcultura ha un significativo capitale culturale. Gli autori che si sono occupati di analizzare la divisione di ruoli di genere nelle trasmissioni di cucina hanno individuato simili classificazioni per posizionare gli scenari culinari in cui si muovono uomini e donne: Inoltre, gli uomini che varcano il confine della cucina devono cercare di distanziarsi il più possibile dai modelli femminili, poiché corrono il rischio di “demascolinizzarsi”  per questo motivo mettono in scena una performance di maschilità quasi caricaturale. Situandola in scenografie lontano dagli ambienti domestici. Per le donne è l’opposto: accostate alla cucina casalinga, sono considerate cuoche e non chef, perché per loro cucinare è un compito e non una competenza acquisita. Gli uomini possono cucinare per piacere, perché è una festa o comunque un’occasione speciale, oppure se è un dovere, poiché si tratta di un lavoro di alto profilo e riconoscimento.  La professionalità, infatti, mette l’uomo in una luce diversa, poiché si presume che le sue capacità e competenze siano rilevanti, soprattutto se lavora sotto la definizione di chef. 12 La letteratura femminista ha da tempo ragionato su come il controllo dell’appetito femminile debba essere considerato come un controllo sulle pulsioni che le donne devono limitare. Il desiderio femminile, e in generale il comportamento femminile, sono solitamente concepiti come risposte all’azione maschile, e da questa dipendenti. Molti studi hanno mostrato come l’enfasi da parte dei media sul culto del corpo magro eserciti una forte pressione sul pubblico producendo una diffusa frustrazione e senso di inadeguatezza rispetto alle forme corporee.  Donne più soggette degli uomini a questa pressione, in quanto socializzate fin da piccole a derivare il proprio valore dal giudizio e dallo sguardo maschile sul proprio aspetto estetico. L’interiorizzazione dello sguardo maschile su di sé è uno degli effetti collaterali della cultura patriarcale sul genere femminile. La violenza simbolica (Bourdieu)  si rende efficace attraverso l’autocontrollo che la donna esercita attraverso l’occhio maschile, Che diventa criterio di valutazione apparentemente neutrale e naturalizzato. Nel panorama televisivo sono molti i programmi dedicati alla cura del corpo femminile che hanno come finalità dichiarata quella di far recuperare sicurezza e consapevolezza di sé alle donne a prescindere dalla forma corporea, ma che in realtà utilizzano il giudizio di uomini per convincerle a modificarsi secondo parametri di valutazione maschile. Diverse ricerche hanno evidenziato che sono soprattutto le donne a manifestare insoddisfazione per le proprie forme corporee e sviluppare una vera e propria dispercezione tra immagine di sé e aspetto fisico ed è il sistema culturale ad alimentare in forma diffusa il terreno alla dismorfofobia = un angoscioso senso di inadeguatezza estetica e disapprovazione, configurabile come una situazione preclinica.  È da questo “terreno di coltura” che emergono i disturbi alimentari. La critica femminista già a partire dagli anni ’70 ha prodotto riflessioni sui modi in cui le donne, rispetto agli uomini, sono state storicamente deprivate di cibo pur avendo la responsabilità di prepararlo, oltre a dover adempiere agli altri compiti domestici, a discapito della loro partecipazione alla vita pubblica. L’attenzione di tale tipo di analisi si è anche indirizzata verso il legame tra la costruzione della femminilità e le pratiche dietetiche delle donne  inclusa la quantità di cibo mangiato. Secondo Susan Orbach  nelle società occidentali le donne sono soggette a continue pressioni sociali affinché limitino le loro razioni di cibo, per uniformarsi ai canoni estetici correnti  perciò sviluppano una relazione patologica con l’alimentazione. Secondo questa visione, l’enfasi posta sulla taglia e sulla forma del corpo serve a distogliere le donne dalle cose importanti, assorbendo quelle energie che potrebbero invece essere utilizzate per raggiungere posizioni di potere nella società. Negli ultimi anni  numerosi gli studi che hanno parlato dell’anoressia come disturbo etnico che esprime le contraddizioni culturali di un gruppo sociale e che utilizza, per esprimere il disagio, una grammatica specifica connessa alle contraddizioni che lo hanno generato (il corpo e il cibo). Tra i molti format legati ai comportamenti alimentari, si stanno sempre più diffondendo trasmissioni che si occupano a vario titolo di disturbi alimentari.  > successo e impatto quelle incentrate sull’anoressia, poiché permettono di mettere in scena un processo di “vittimizzazione romantica” 15 incentrato sulle caratteristiche e sulle aspettative legate alla costruzione di un’identità femminile come fragile e bisognosa di aiuto e di sostegno. Il corpo debole delle protagoniste parla:  delle sofferenze che il soggetto anoressico è in grado di sostenere  della sua capacità di controllo degli istinti e dei desideri  costruisce la posizione femminile di una eroina che sarà ricompensata dalle attenzioni del suo principe, e sapere esperto che la condurrà alla guarigione. Figura dell’anoressico:  da un lato rappresenta un modello di una femminilità tradizionale,  dall’altro mette in scena un corpo docile, assoggettato all’autodisciplina e all’autocontrollo perciò la sua spettacolarizzazione risulta così seducente e rassicurante. Corpo magro  parla di un sé perfettamente gestito e sano, che diventa sinonimo di normalità oltre che di moralità. L’ideologia neoliberale ponendo le responsabilità della salute a livello individuale elimina il ruolo del contesto sociale ma il nuovo paradigma della salute assume una particolare valenza rispetto al corpo femminile poiché come tutte le operazioni di potere affonda le sue radici nelle norme di genere. Un film per concludere  Il pranzo di Babette (G. Axel, 1987) 4. LA MAKEOVER TELEVISION:LA DIETA DEL SE’ 4.1 Rituali di trasformazione Nel format Il cibo ti fa bella  una donna sovrappeso decide di riprendere il controllo del proprio corpo, scelta che, nella prospettiva delle pratiche di makeover, corrisponde al voler riprendere il controllo della propria vita. Si rivolge al team di esperti del programma che la aiuterà a recuperare la forma perduta. La struttura del format prevede che la protagonista della puntata, dopo l’ispezione nella sua casa e nelle sue abitudini, venga convocata in una stanza (ubicata in una clinica), fatta spogliare e messa davanti ai danni che le cattive condotte stanno provocando al suo fisico.  Spesso, arrivata a questo punto, la protagonista piange: il suo sovrappeso rende manifesta la colpa di aver perso il controllo nella gestione del sé.  A partire da questa sorta di gogna, si costruisce il percorso di redenzione verso un nuovo stile di vita. Tuttavia, nonostante la buona volontà e l’entusiasmo iniziali, circa a metà percorso la protagonista ha sempre un momento di cedimento, anche perché le cattive abitudini sono ormai così radicate che la pigriziae la mancanza di disciplina potrebbero avere la meglio sugli intenti.  in questa fase il sapere esperto riesce a svolgere un efficace ruolo di imprenditore morale: i repertori discorsivi utilizzati per rimotivare la protagonista sono infatti impregnati di retoriche che rendono espliciti i dispositivi delle pratiche di makeover. Infine, arriva la scena conclusiva in cui lo specchio, fino a quel momento coperto, può finalmente svelare il nuovo sé della protagonista che, dimagrita, truccata e ben vestita, riceve applausi e attestazioni da parte di parenti e amici.  Generalmente, 16 giudice principale: marito che, se intervistato, afferma di averla comunque sempre amata, anche prima, anche quando era persa, e che piuttosto era lei che aveva bisogno di tornare ad amarsi. Questo tipo di format fa parte della cosiddetta makeover television = termine usato per quei programmi in cui alcuni volontari del pubblico beneficiano dei consigli e del trattamento di esperti e in cui, attraverso una struttura cronologica, avviene una narrazione sul cambiamento e sulla trasformazione del sé. Il nucleo concettuale della makeover television può essere riassunto nell’equazione “trasformazione materiale = condizione o indice per una trasformazione interiore” e rappresenta una cultura della terapia  tratto tipico di quella società che spinge a ricercare soluzioni biografiche alle contraddizioni sistemiche. I momenti del rituale makeover possono quindi essere sintetizzati in 3 fasi principali: 1. pre-trasformazione  in cui la strategia narrativa è finalizzata a descrivere un fallimento. Strategia che comprende: uso dell’inquadratura, del montaggio e di altri espedienti, come per es. la musica o la voce fuori campo 2. trasformazione  in cui tutto è rinarrato per enfatizzare la ripresa di controllo sulla propria vita, attraverso un lavoro sul corpo: spesso i partecipanti dichiarano che riprenderanno, o finalmente proveranno, ad agire negli ambiti del lavoro, dello studio, degli hobby o dell’amore, = in tutto quello che era per loro interdetto prima della trasformazione 3. post-trasformazione  avviene la validazione da parte di chi assiste alla modificazione corporea e non c’è partecipante al makeover show senza spettatore, come non può esserci spettatore senza la tecnologia che mette in scena la trasformazione.  Fase in cui diventa più potente il dispositivo di simbiosi tra spettatore e partecipante: il fatto che si condivida simultaneamente l’esperienza dello svelamento aumenta infatti l’immedesimazione. Lo sguardo dell’uno e dell’altro diventano coincidenti, così come la gioia e lo stupore di ciò che si vedrà riflesso. Nel passaggio tra la 1° e la 2° fase  avviene la messa in scena dell’inferiorizzazione del partecipante. Le strategie per tale rappresentazione sono di varia natura:  spesso l’ambientazione di questo momento è situata in uno scenario di medicalizzazione  funzionale a costruire la figura del paziente e a rendere riconoscibile il ruolo di chi svolge la funzione di esperto. Il partecipante solitamente è fatto spogliare o indossa un accappatoio o un indumento da ospedale, mentre l’esperto veste con un camice o più in generale con una divisa che ne attesta la competenza  il processo di “medicalizzazione”  il tipo di linguaggio  l’atteggiamento paternalistico dell’esperto nei confronti del partecipante. ≠ Le strategie per accreditare o rafforzare il ruolo dell’esperto sono diverse e articolate: una delle più frequenti è il ricorso al sostegno di un pubblico che fa cassa di risonanza al sapere esperto:  spesso, durante la fase di pre-trasformazione, sono gli amici o i parenti a essere ingaggiati per avvalorare la diagnosi e poi validare il momento della rivelazione, ma possono essere anche le opinioni e i giudizi di un pubblico più generico ad accompagnare quelli del sapere esperto; 17 In tale senso si può affermare che la lifestyle television è una tecnologia del sé funzionale a costruire una cittadinanza adeguata a una società neoliberale. L’ideologia neoliberale  pone la responsabilità per la salute e la forma del corpo nelle mani del singolo, eliminando il ruolo del contesto sociale dell’individuo. L’appeal del corpo magro si basa sulla sua posizione all’interno della gerarchia grasso- magro, prodotta in parte da un nuovo sistema di salute pubblica. Il successo disciplinare si fonda sull’interiorizzazione di tale gerarchia e produce percezioni e valutazioni del valore morale del proprio sé in relazione al posizionamento del proprio corpo.  Per questo nelle società occidentali, ha assunto sempre maggiore importanza il concetto di corpo vigile: un corpo cosciente, che appartiene a un soggetto morale e sano, un imprenditore individuale che sa prendersi cura di sé stesso. Autodisciplina dei confini corporei  è un governo del sé attraverso una dottrina dell’obbligo che ci porta a re-investire continuamente nel nostro capitale corporeo e a mantenere i corpi come entità controllate. Nel programma “La clinica del cibo”  la coppia che si sottopone la rieducazione è costantemente seguita dalle telecamere, una sorveglianza continua che richiama il Panopticon di Jérémy Bentham che dovrebbe scoraggiare i partecipanti da eventuali cedimenti. Nonostante ciò a volte il peso stimato non è raggiunta perciò i partecipanti subiscono il controllo delle feci, che dovrebbe smascherare eventuali cedimenti sfuggiti alle telecamere. La messa in scena del controllo durante tutta la trasformazione dei partecipanti nei programmi di makeover (per es. attraverso una continua ripresa da parte delle telecamere), è uno dei tanti dispositivi di quello che è definito fat-shaming.  I repertori più diffusi del fat-shaming sono:  la rivelazione dell’indice di massa corporea (BMI)  l’esposizione in un’unica soluzione di tutto il cibo consumato in una settimana dai partecipanti  la messa in mostra di corpi che indossano una biancheria intima adeguata  le possibili ispezioni che svelano cibo spazzatura nascosto dai partecipanti. Tutte le operazioni di fat-shaming sono funzionali alla rappresentazione delle persone obese come ingorde, indisciplinate e poco propense all’attività. The “Biggest loser”  è un altro di questi format. In questa trasmissione si sposta completamente l'attenzione sulla responsabilità individuale. L’obesità in questi format non è mai narrata come problema sociale o culturale che può avere legami con fattori genetici e ambientali ma come un fallimento personale. Le narrazioni di questi programmi contribuiscono a perpetuare gli stereotipi legati all’obesità. Forza di volontà  diventa la misura delle capacità di autoresponsabilità e lacuna rintracciabile nella storia personale. Le narrazioni prodotte in questi programmi non fanno altro che perpetuare gli stereotipi legati all’obesità, come anche la responsabilizzazione individuale di eventuali fallimenti. Su youtube si trovano molti video che ridicolizzano le persone obese. 20 Le reazioni di stigmatizzazione e di derisione sono legittimate dall’idea che le persone obese abbiano “tradito” il patto sociale sulla responsabilità individuale del proprio peso. Le persone che seguono i makeover show provano ≠ stati d’animo come:  l’immedesimazione  la commiserazione  o il disgusto e coltivano il desiderio di poterla replicare: è così che il discorso sul potere del controllo, dell’autodeterminazione e della normalizzazione dei corpi si diffonde. La decisione di sottoporsi al percorso di trasformazione è raccontata attraverso repertori e archetipi fiabeschi che giustificano tale scelta, secondo motivazioni individuali di riscatto e di recupero di autenticità. Scegliere la trasformazione per sé stessi, piuttosto che a causa delle pressioni sociali, sposta la questione su fattori quali “riprendere il controllo, determinare il proprio destino”, offuscando in parte il discorso sulla normalizzazione. Nella costruzione dei racconti, la questione dell’autenticità è fondamentale, poiché parla di un sé esteriore che va riportato in linea con la verità interiore: una personalità autentica di grande bellezza morale deve essere portata fuori da un corpo che non riesce adeguatamente a rifletterla. Nella normalizzazione dei corpi che è operata nel makeover, la dimensione politica è assai rilevante: ogni corpo che appare in queste trasmissioni è misurato in base alla deviazione da una norma fissata dalla desiderabilità eteronormata e valutata attraverso un sistema di genere binario. I soggetti che si sottopongono alla trasformazione narrano questa esperienza come una presa in carica del proprio destino, come scelta per assomigliare a ciò che hanno sempre sognato di se stessi o come possibilità data per esporre le doti morali di cui dispongono.  Si tratta cioè della questione della negoziazione tra soggettività e regimi di normalizzazione. 4.4 La politica della dieta Se il corpo è divenuto il territorio privilegiato della responsabilità individuale, la sua cura rappresenta un compito e anche un dovere che va assolto dal proprietario attraverso una serie di pratiche culturalmente adeguate. Le regole o le tecnologie del sé:  rappresentano le modalità con cui gli individui interiorizzano modi e regole di comportamento e li applicano nella vita quotidiana  possono essere intese come il modo in cui i discorsi e i fenomeni fisici entrano a far parte del progetto individuale di costruzione ed esibizione della soggettività. Questo concetto spiega in qualche modo perché gli individui adottino volontariamente determinate pratiche. 21  Le pratiche del sé rappresentano infatti le risposte individuali agli imperativi esterni sull’autoregolazione e sulla condotta e la loro adozione nella vita quotidiana  Esse si inscrivono nel corpo  segnandolo e modellandolo in modi culturalmente specifici che possono essere interpretati dagli altri. Pratiche fondamentali del sé  le abitudini e le preferenze alimentari. Dirette alla cura di sé attraverso il costante nutrimento del corpo con cibi considerati culturalmente appropriati che, oltre a costituire fonte di piacere, agiscono anche simbolicamente come materie prime per rivelare l’identità di un individuo a sé stesso e agli altri. In questo senso la scelta del regime alimentare e dell’aspetto che s’intende conferire al corpo fanno sì che la dieta stabilisca un rapporto fra l’aspetto fisico e la soggettività. Perciò i corpi diventano indicatori estremamente potenti del grado in cui loro proprietari li sanno gestire: un corpo snello è un segnale che diamo agli altri del nostro autocontrollo e della nostra autodisciplina. Tramite l’atto di mangiare e assorbire il cibo noi diventiamo ciò che mangiamo e ciò equivale a dire che, assumendo il cibo nel corpo, “assimiliamo il mondo”, ed è per questo che l’atto di mangiare appare così strettamente correlato al concetto di sé. (Embodiment) Cibo  è una sostanza liminale che rappresenta il confine tra natura e cultura. Il cibo, e più in generale, le pratiche alimentari, rappresentano un mezzo per raggiungere/mantenere un corpo di una certa forma, che parla di un sé adeguatamente gestito, ma anche un fine, se si considera la scelta alimentare come una ricerca di distinzione o di piacere, come una scelta etica o politica. Sempre più spesso sull’alimentazione convergono tutte le paure che non si sanno riconoscere ma che si ha il bisogno di identificare.  In questo senso non si può ignorare la dimensione politica della sicurezza alimentare. I grandi disastri alimentari (dalla “mucca pazza” in poi) hanno infatti contribuito a:  produrre le fenomenologie di quella che Beck ha definito “società del rischio”  oltre ad aver aperto la strada alla problematizzazione dei consumi. Dopo aver subito un forte calo di ascolti, i tradizionali talk show italiani di carattere politico hanno compreso che, per riconquistare audience, era importante puntare sul tema politico dell’alimentazione. Tutti i più noti programmi nel 2016 hanno dedicato almeno una puntata al tema alimentazione, tanto da essere stati rinominati “talk food” (esempi: l’aria che tira, tagadà, Report, Porta a porta, Crozza delle meraviglie sul “Caso Cruciani) Posizioni radicali di parti diverse (onnivori vs vegani) rivelano l’esigenza di riconoscersi in uno scontro politico che non trova più altri territori per esprimersi. Entrano in campo la libertà e la responsabilità etica delle scelte intorno a temi come la salute, l’ambiente e gli animali. We are what we eat  Il 7,1% degli italiani si dichiara vegetariano  La scelta vegetariana è negli ultimi anni in crescita pressoché costante  l’1% vegano 22 raffigurano persone poco curate e attraenti, costruite per enfatizzare un destino di infelicità. I genitori che si trovano in questa posizione devono:  negoziare le loro responsabilità  contemporaneamente proteggere le loro identità come genitori competenti. Le strategie che mettono in campo  vanno da specifici dispositivi linguistici e paralinguistici come piccole grida a manifestazioni emotive come il pianto.  Scenografia completamente bianca  per il momento della diagnosi e della comunicazione delle regole da seguire e degli obiettivi da raggiungere. Ricorda molto l’atmosfera di una clinica.  Parallelamente alla diagnosi-previsione-medica e costruita poi una diagnosi- previsione-psicologica. La struttura della trasmissione prevede poi la visione di scene di vita quotidiana che raccontano le difficoltà dei bambini nell’affrontare il nuovo regime dietetico e mostrano l’opera di educatore alimentare del conduttore nell’aiutare i membri della famiglia nella trasformazione, accompagnandoli a fare la spesa o preparando insieme a loro piatti sani. MADRE  in generale, è la figura presa di mira da questo tipo di trasmissioni. Continua enfasi sulla responsabilità materna per il lavoro di cura e alimentazione e sul suo ruolo simbolico di portatrice dei valori morali della nazione. I personaggi femminili principali  solitamente definiti per il loro ruolo di madri ≠ I principali protagonisti maschili  definiti dalle loro occupazioni. I dati italiani sull’obesità nell’infanzia e nell’adolescenza  Vedi libro (pag. 111) 5.3 Il peso di crescere La grande attenzione per l’adolescenza è probabilmente ascrivibile alle molte narrazioni che costruiscono “il problema dell’adolescenza”  come esito di: o disgregazione familiare o incompetenza genitoriale.  Nel programma “Adolescenti XXL”  i ragazzi sono sottratti alle famiglie e confinati in un istituto che li deve rieducare a stili di vita corretti.  Il programma “Teenagers in crisi di peso”  si focalizza spesso sulle colpe materne secondo la prospettiva del mother blame. Il concetto di mother blame fa riferimento alla costruzione della figura della “cattiva madre”, e riguarda la diffusione di un discorso intorno alle madri considerate responsabili di tutti quei comportamenti dei figli definibili come socialmente devianti. Secondo questa prospettiva anche i disturbi dell’alimentazione o l’orientamento sessuale e anche l’autismo sarebbero esiti di errori materni: atteggiamenti soffocanti nei primi due casi, anaffettività nell’ultimo. 25 In particolare, però, il vero oggetto del mother blame sono le madri sole che, secondo alcune campagne denigratorie, rappresenterebbero la causa dello sviluppo di varie forme di devianza (droga, criminalità, suicidio) nei figli. Alla base del mother blame si pone la questione morale connessa alla funzione educativa. Nella società contemporanea  la preoccupazione maggiore diventa lo sviluppo psicosociale dei bambini che crescono all’interno delle famiglie spezzate dal divorzio, e il mother blame si rivolge in particolare alle madri sole perché separate. Approccio critico al mother blame: vuole mostrare come negli ultimi decenni la definizione di ciò che costituisce una cattiva madre si sia ampliata ad opera dei saperi esperti e sia poi circolata come discorso nei media e in politica fino a influenzare gli approcci dei servizi e delle politiche sociali. Anche in “Teenager in crisi di peso” si riproduce la medesima sequenza degli altri maeover:  pre-trasformazione  ha tuttavia uno stile particolare: la voce narrante è quella del protagonista che di solito racconta di una passione che non riesce a seguire a causa del suo peso ≠ nella post trasformazione i ragazzi raccontano di poter finalmente fare ciò che hanno sempre.  trasformazione  moment of revelation. Nella fase di diagnosi  si ripercorre la storia del protagonista alla ricerca della causa dell’obesità. È facilmente riconoscibile parte dei discorsi sul mother blame e sugli esiti della disgregazione famigliare. Il momento di cedimento  è parte della struttura narrativa di tale tipo di format. È il momento dell’azione moralizzatrice del conduttore, il coach, esperto. Il messaggio infatti è “noi stiamo facendo tutto ciò per te, ti stiamo offrendo una possibilità e tu non ti stai impegnando”. Ritorna spesso:  la logica del riscatto morale che passa attraverso il corpo  l’idea del controllo del corpo come controllo sociale In più puntate compare la partecipazione dei protagonisti a organizzazioni della strada (le bande giovanili)  l'opera di disciplinamento del corpo avrà come conseguenza positiva anche l’allontanamento da queste realtà. Frequentemente i ragazzi sono sudamericani e molti dei problemi sono ricondotti alla loro appartenenza culturale. “L’obeso”  Canzone di Giorgio Gaber e Sandro Luporini (pag. 118) 5.4 Cappuccetto Rosso era un’adolescente  La storia da cui è stata tratta la moderna favola di Cappuccetto Rosso è ambientata in Francia e parla di una ragazza adolescente che appena uscita da un rito di passaggio che l’ha trasportata fuori dall’infanzia la pone di fronte alla sfida di diventare adulta. Nella storia originale Cappuccetto Rosso opera una scelta consapevole scegliendo la via degli aghi una volta uscita dalla casa della socializzazione femminile. La ragazza possiede tutte le informazioni per sapere a cosa va incontro. Dopo essere entrata nel letto con il lupo, Cappuccetto Rosso si serve 26 dello spezzatino del lupo fatto con la carne della nonna con tale gesto diventa adulta recidendo il legame con la famiglia ma incorporando però la tradizione. Nella versione originale la ragazza si salva da sola o meglio, grazie all’aiuto della solidarietà delle sue amiche tipico dell’epoca pre-moderna.  Nella versione di Perrault invece il Cappuccetto Rosso serve ad indicare la devianza di chi, cogliendo il sentiero sbagliato, contravviene alla norma che la società, tramite la madre, aveva imposto.  Nella variante dei fratelli Grimm la protagonista è una bambina che in quanto tale non avrebbe nessuna possibilità di scegliere  metafora dello stato moderno in cui i sentieri appaiono ben tracciati. I fratelli Grimm lasciano che la bambina sbagli perché in ogni caso o stato ordinatore saprà riportare l’ordine messo in pericolo dalla piccola deviante. Le diverse versioni della storia delineano alcune epoche sociali:  la prima può corrispondere ad un’epoca pre-moderna  in cui è forte il legame sociale e il soggetto è sostenuto e accompagnato nei riti di passaggio dalla comunità.  Nella versione di Perrault e dei fratelli Grimm  si delinea un’epoca fatta di “fabbriche dell’ordine”, socializzazione forte, una società che sa riportare l’ordine se questo è messo in crisi da soggetti devianti. Cappuccetto Rosso presenta una struttura comune a molte fiabe: il protagonista che parte per un’impresa che comporterà rischi e da cui torna cambiato. Nella crescita identitaria adolescenziale appare necessario passare per alcune tappe ben simboleggiate nella fiaba:  il distacco dalla casa materna  l’attraversamento del bosco  la scelta Secondo Dennis Jeffrey, sociologo dell’educazione  le nostre società non permettono di trovare lo spazio necessario per ritualizzare il difficile passaggio dall’infanzia all’età adulta e ciò genera angoscia poiché il rinnovamento di uno statuto implica una modificazione profonda nelle aspettative degli altri e una sorta di ritualizzazione della morte e rinascita sociale. Per entrambi i generi, nonostante le differenze nel lito liminare, la nuova identità sociale e sessuale è spesso marcata da modificazioni corporali. I riti delle società tradizionali avevano più funzioni:  trasmissione delle regole  rielaborazione individuale e sociale della nuova identità  messa a prova delle capacità  riconoscimento dei nuovi ruoli sessuali. Nelle società contemporanee queste funzioni non sono né riconosciute né legittimate. Gli adolescenti cercano così di interpretare individualmente tale spazio dovendo gestire autonomamente la sfida di diventare adulti nella società dell’incertezza  sentimento di disagio e ansia. Non solo non si hanno gli strumenti per scegliere il sentiero da seguire ma non s’è neanche sicuri che tale sentiero porti a qualcosa o che sarà ancora possibile ritrovare la casa – orizzonte privo di senso, crisi economica e sociale, precarietà  difficoltà di immaginare un futuro in cui essere adulti. 27  elementi su cui si basano i riti di passaggio
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