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Politica Italiana agli Inizi del Novecento: Governo Giolitti e Prima Guerra Mondiale, Appunti di Storia

Storia Moderna d'ItaliaStoria politica d'ItaliaStoria Internazionale

La politica italiana agli inizi del novecento, con il focus sul governo di giolitti e la sua gestione durante la prima guerra mondiale. Il testo tratta della nascita del manifesto futurista, la politica estera di giolitti, la situazione sociale in italia e la crisi marocchina, fino all'ingresso dell'italia nella guerra. Una ricca panoramica storica di un periodo cruciale per l'italia.

Cosa imparerai

  • Quali furono le conseguenze del fenomeno migratorio per la questione meridionale?
  • Che eventi internazionali portarono all'ingresso dell'Italia nella prima guerra mondiale?
  • Quali furono le promesse fatte all'Italia nel patto di Londra?
  • Perché Giolitti cercò di avvicinare il Partito socialista?
  • Che evento segnò l'inizio della politica estera di Giolitti?

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 09/10/2019

sara-cavani
sara-cavani 🇮🇹

4.3

(9)

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Scarica Politica Italiana agli Inizi del Novecento: Governo Giolitti e Prima Guerra Mondiale e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! Le trasformazioni sociali e culturali del XX secolo La belle Èpoque La fine della “Grande depressione”, che caratterizzò gli ultimi 25 anni dell’800, sembrò lasciare spazio ad un’epoca radiosa caratterizzata da una grande fiducia nel progresso delle scienze e nelle conquiste tecnologiche della seconda rivoluzione industriale. A celebrare tale progresso tecnologico ed industriale fu la realizzazione della Tour Eiffel per la grande esposizione di Parigi del 1889. I primi anni del ‘900? Furono chiamati Belle Èpoque per varie ragioni quali: • Miglioramento della vita quotidiana per molti europei; • L’idea che la stabilità politica potesse durare nonostante gli attriti nati tra le potenze a causa dell’espansione coloniale. Si credeva infatti che le tensioni militari potessero rimanere confinate nell’oltremare. In realtà la “bella epoca” fu caratterizzata non solo dal progresso, ma anche da forti contraddizioni quali: • Lo sviluppo industriale aveva portato a violenti squilibri sociali fra i ceti borghesi ed operai; • L’imperialismo, ovvero le potenze occidentali verso la conquista degli altri continenti, non era finalizzato solo alla conquista di territori ricchi di materie prime, ma anche all’affermazione del prestigio della propria nazione. Le novità scientifiche e artistiche Il novecento fu caratterizzato da numerose scoperte scientifiche ed artistiche; fra queste ricordiamo: • Le case dei borghesi furono dotate di acqua corrente; • Le strade furono illuminate da lampioni e grazie alla scoperta della lampadina si diffuse l’elettricità ad uso domestico; • Comunicazioni più facili grazie ai telefoni e a nuovi mezzi di comunicazione quali autobus, metropolitane ed aerei; • La rete ferroviaria continuò a svilupparsi e i trasporti marittimi divennero più veloci; • Invenzione del motore a scoppio e uso del petrolio come fonte energetica; • Sviluppo nell’industria chimica con l’invenzione di fertilizzanti, nuove leghe metalliche (acciaio e alluminio), scoperta della radioattività (raggi X); • Nella fisica venne annunciata la teoria quantistica e Einstein formulò la teoria della relatività; • Nacque la psicanalisi con Freud, che studiò l’inconscio e mise in atto il metodo psicanalitico per la cura della nevrosi; • Nell’arte si affermarono l’espressionismo ed il cubismo. Le società europee di inizio 900’ La società europea fu notevolmente influenzata dallo sviluppo industriale: l’aristocrazia rimase la classe dominante. La nobiltà e la borghesia rimasero strettamente divise, ma quest’ultima iniziò ad acquisire grande importanza tanto da divenire la vera protagonista del nuovo secolo. La borghesia era suddivisa in: • Grande borghesia: costituita da imprenditori e uomini d’affari; • Media borghesia: costituita da funzionari pubblici, commercianti, professionisti e direttori di aziende; • Piccola borghesia: costituita da artigiani, piccoli commercianti e dipendenti. I ceti meno abbienti, operai e contadini, costituivano un mondo a parte. Gli operai vivevano e lavoravano spesso in condizioni di miseria, solo pochi, gli operai specializzati, godevano di condizioni migliori. Gli operai lavoravano nelle fabbriche nelle quali vi si instaurò una maggiore organizzazione del lavoro. Taylor parla di organizzazione scientifica del lavoro. Tutto ciò portò alla nascita della catena di montaggio in cui ogni Per quanto riguarda la politica sociale di Giolitti, c’è chi gli riconosce un’idea pragmatica della funzione del governo, e chi lo accusa di opportunismo. In generale, l’atteggiamento non repressivo verso gli scioperi corrispondeva con la distinzione tra le proteste guidate dai sindacati e gli scioperi non coordinati. Nel 1903 Giolitti sostituì Zanardelli alla guida del governo. Egli cercò di avvicinare il Partito socialista, invitando il leader dei socialisti riformisti, Turati, a entrare nel governo (i socialisti riformisti avevano una visione gradualista dell’attuazione del socialismo; concepivano come prioritario il programma minimo delle riforme sociali e posticipavano l’evento rivoluzionario). Questo indicava la volontà di coinvolgere la sinistra moderata nel governo. Turati non poté accettare, perché il suo ingresso nel governo avrebbe rafforzato l’ala massimalista del Partito socialista (i socialisti massimalisti prevedevano l’attuazione del programma massimo, cioè il compimento dell’azione rivoluzionaria come unica prospettiva di lotta anticapitalistica). Tuttavia, l’azione conciliatrice di Giolitti riavvicinò socialisti e liberali e favorì la nascita delle Camere del lavoro per la difesa dei lavoratori. Egli riuscì a isolare la corrente massimalista, però nel 1904 i massimalisti riconquistarono la guida del Partito socialista e appoggiarono uno sciopero indetto dai sindacalisti rivoluzionari. Giolitti evitò lo scontro violento, lasciando che lo sciopero si esaurisse da solo, ma poi chiese al re di sciogliere le Camere e indire nuove elezioni. Le elezioni videro la maggioranza delle forze di governo e segnarono una significativa flessione dei socialisti. In questa occasione la Chiesa autorizzò per la prima volta i cattolici a partecipare la voto, in modo da evitare l’affermazione dei socialisti. Giolitti lasciò il governo per un breve periodo, tra il 1905 e il 1906, per poi tornarvi per tre anni, fino al 1909. La questione sociale rimaneva al centro delle preoccupazioni del governo. Grazie alla ripresa dei contatti con Turati, furono presi dei provvedimenti per la tutela dei lavoratori: fu regolamentato il lavoro festivo e notturno, fu tutelata la salute dei lavoratori e si arrivò alla definizione contrattuale del lavoro salariato. Giolitti avviò la nazionalizzazione (un’azienda privata passa sotto il controllo dello Stato) delle ferrovie e dei telefoni e stimolò la produzione industriale. In questo modo si rafforzò la tendenza all’intervento statale nell’economia, in un’ottica antiliberalista. Il fenomeno migratorio e la questione meridionale Durante l’età giolittiana il fenomeno migratorio crebbe notevolmente. L’emigrazione era dovuta in primo luogo alla crisi economica internazionale, ma anche all’arretratezza dell’economia italiana. Gli emigranti si dirigevano in parte verso i Paesi europei, verso l’Australia e verso l’America. A emigrare erano principalmente gli italiani provenienti dal Meridione, seguiti dai contadini del Centro-Nord. Gli emigranti del Nord si dirigevano soprattutto verso i Paesi europei industrializzati. Il fenomeno migratorio ripropose la questione meridionale, per la quale Giolitti intervenne con provvedimenti tesi al rilancio economico del Meridione, attraverso sgravi fiscali per i ceti agricoli, anche se non era intenzione del governo affrontare il problema della riforma agraria, che avrebbe intaccato i privilegi dei latifondisti. In seguito a questi atteggiamenti Giolitti venne accusato di mostrare un doppio volto: progressista, vicino ai socialisti e attento allo sviluppo produttivo del Nord, ma conservatore verso il problema del Sud. L’intervento statale in economia si intensificò a partire dal 1907, quando il governo emanò provvedimenti a sostegno delle industrie automobilistiche, siderurgiche e tessili. La coordinazione di banche e governo consentì di superare gli effetti più laceranti della crisi, ma la tensione sociale si inasprì a causa dell’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità. Nel 1909 le elezioni videro un incremento dei socialisti e Giolitti presentò le dimissioni, ma nel 1911 tornò alla guida dell’Italia con due progetti fra loro in contraddizione: • La ripresa dell’iniziativa coloniale von l’occupazione della Libia; • L’introduzione del suffragio universale maschile. In questo modo Giolitti tentava di ottenere l’appoggio sia dei socialisti moderati che dei nazionalisti. L’Italia nel teatro internazionale Sin dai primi anni del suo governo, la politica estera giolittiana si era sviluppata secondo tre linee generali: • La riconferma della Triplice Alleanza, che comportava l’impegno al fianco di Austria e Germania; • L’avvicinamento alla Francia; • L’attenzione alla situazione balcanica, in vista di una possibile espansione. Per favorire l’espansione nel Mediterraneo, Giolitti aveva infatti intensificato i rapporti con la Francia e l’Inghilterra. L’attenzione ai Balcani dell’Italia era in contrasto con gli interessi austro-tedeschi. L’atteggiamento diplomatico italiano venne definito con il termine “giri di valzer”. Nel 1902 l’Italia aveva iniziato ad avvicinarsi alla Francia, impegnandosi a non interferire in eventuali azioni francesi in Marocco. In cambio, la Francia si dichiarò disposta a fare altrettanto in caso di un intervento italiano il Libia. Nel 1911 l’occasione per invadere la Libia fu offerta dal conflitto che opponeva l’Impero ottomano alle neonate nazioni balcaniche. L’Italia inviò un ultimatum alla Turchia, con la richiesta di acconsentire alla penetrazione a Tripoli, ma venne respinto e le dichiarò guerra. Dopo i primi successi, la guerra risultò molto più difficile e lunga del previsto a causa della forte resistenza. La guerra si concluse con l’accettazione, da parte della Turchia, della sovranità italiana sulla Libia (trattato di Losanna del 1912) e l’impegno • Politica aggressiva della Germania: il nuovo imperatore tedesco Guglielmo II intraprese una politica aggressiva rafforzando la flotta militare. Avviò una politica espansionistica di espansione coloniale e l’aumento della presenza tedesca nel Medio Oriente destò la preoccupazione della Russia e dell’Inghilterra; • Corsa al riarmo: la politica aggressiva tedesca spinse gli stati europei a rafforzare i propri eserciti e le proprie flotte. Ciò favori un riavvicinamento tra Gran Bretagna e Francia che nel 1904 stipularono un’alleanza, l’Entente cordiale, con la quale la Francia riconosceva il controllo britannico sull’Egitto, mentre la Gran Bretagna acconsentiva l’espansione francese nel Marocco; • Prima crisi marocchina:la Germania accolse questa risoluzione con irritazione dichiarandosi garante dell’indipendenza del Marocco. Si ebbe dunque una tensione internazionale che prende il nome di 1° crisi marocchina, quando la Francia, grazie al sostegno dell’Inghilterra, della Russia e dell’Italia, ottenne una sorta di protettorato sul Marocco; • Presenza di 2 schieramenti: si costituì la triplice intesa (Russia, Francia e Gran Bretagna) che si andò a contrapporre alla triplice alleanza (Italia, Germania e Austria); • Seconda crisi marocchina: nel 1911 l’occupazione francese di alcune città marocchine portò alla seconda crisi marocchina. La Germania inviò una nave da guerra e alla fine la crisi fu risolta diplomaticamente, ma la tensione internazionale era ormai all’apice; • La penisola balcanica e la debolezza turca: la crisi dell’impero ottomani (turchi) causò instabilità nella penisola balcanica. Nel 1912 Grecia, Bulgaria e Serbia si allearono e sconfissero la Turchia (prima guerra balcanica). Nel 1913 Grecia,Serbia e Romania si allearono costringendo la Bulgaria alla resa (seconda guerra balcanica); • Tendenza ideologica: i futuristi ritenevano la guerra “la sola igiene del mondo”(toglieva i rifiuti). Le cause occasionali: Attentato a Sarajevo: il 28 Giugno 1914, a Sarajevo, vennero uccisi Ferdinando Francesco d’Asburgo (designato al trono d’Austria che voleva trasformare l’impero asburgico in uno Stato federale) e la moglie. L’assassinio fece precipitare una situazione internazionale già carica di tensioni. Il 23 luglio l’Austria inviò un ultimatum al governo serbo ritenendolo responsabile dell’attentato. Il 28 Luglio l’Austria dichiarò guerra alla Serbia e scattarono dunque le alleanze internazionali: • Russia Francia e Gran Bretagna (4 agosto) a fianco della Serbia; • Germania a favore dell’Austria. Per il momento l’Italia dichiarò la propria neutralità. La grande guerra Il primo anno di guerra Nel 900’ la difesa della patria divenne un valore condiviso da tutte le componenti sociali. Per tanto di fronte al prevalere delle posizioni nazionaliste falliva il concetto di internazionalismo socialista. Solo i socialisti serbi furono contro alla guerra, mentre i socialisti italiani assunsero posizioni contrarie ad essa solo dopo le posizioni neutraliste. La guerra iniziò come guerra di movimento ed i governi ed i vertici militari credevano che tale guerra avrebbe avuto una breve durata, ma tali convinzioni si dimostrarono ben presto illusorie. Le operazioni militari furono condotte su 3 fronti: • Impero austro-ungarico attacco la Serbia • La Germania attaccò la Francia: a partire dal 4 agosto l’esercito tedesco cercò di sfondare il fronte belga, ma l’esercito francese riuscì a fermare l’avanzata sul fiume Marna. I tedeschi si attestarono sui fiumi Aisne e Somme dando luogo ad una guerra di posizione o di trincea che immobilizzò l’esercito per lunghi anni lungo una linea che si estendeva per 800 Km. (fronte occidentale) • La Russia avanzò in Prussia e in Galizia: i Russi che tentarono di invadere la Prussia furono fermati nelle battaglie di Tannenberg e laghi Massuri dando inizio ad una logorante guerra in trincea . (fronte orientale) Successivamente la Germania assunse il controllo della Manica puntando a Calais, Dunkerque e Boulogne. Con l’entrata in guerra del Giappone a favore dell’intesa il 23 agosto 1914 e della Turchia a favore dell’Austria e della Germania, il conflitto diviene mondiale. Il dibattito italiano fra intervenisti e neutralisti L’Italia aveva tre possibilità di fronte al conflitto: restare neutrale, intervenire a fianco dell’alleanza, cambiare campo e passare con l’intesa. Inizialmente l’Italia non entrò in guerra per le seguenti motivazioni: l’impero austro-ungarico aveva aggredito la Serbia ed inoltre l’Italia lamentava il fatto di non essere stata informata dell’attacco. Il paese si spaccò tra intervenisti (a favore dell’intervento in guerra) e neutralisti. Il governo italiano avviò delle trattative sia con l’Austria e la Germania, sia con le potenze dell’intesa, chiedendo ingrandimenti territoriali in cambio dell’intervento. L’obbiettivo minimo erano le terre italiane irredente, il Tirolo meridionale e consistenti vantaggi coloniali. L’intesa prometteva molto di più che l’Austria e la Germania tanto che il governo scavalcò il parlamento firmando il 26 aprile 1915 il patto di Londra, con il quale l’Italia si impegnava ad entrare in guerra entro u mese a fianco dell’intesa. Il patto garantiva, all’Italia alla fine del conflitto: La fine del conflitto Nel 1918 Austria e Germania apparivano in vantaggio, ma i vertici militari erano consapevoli che dovevano far terminare la guerra prima dell’arrivo degli americani. I tedeschi scatenarono dunque 5 massicce offensive giungendo fino a Marna. L’esercito, ormai stremato, non riuscì a respingere la controffensiva anglo-francese, che grazie al supporto statunitense, riacquistò le terre occupate. Gli stati centrali non riuscirono più a sostenere lo sforzo bellico ed il 3 ottobre la Germania chiese l’armistizio, seguito da quello della Turchia. A Praga venne instaurata la repubblica cecoslovacca il cui esempio fu seguito dall’Ungheria. A Zagabria venne fondato lo Stato jugoslavo. A fine ottobre, l’esercito italiano, sotto la guida di Cadorna, lanciò una controffensiva a Vittorio Veneto sfondando il fronte austriaco arrivando sino a Trieste e Trento. Il 4 novembre anche l’Austria firmò l’armistizio. Le sconfitte militari portarono ad importanti conseguenze politiche tra cui: • In Germania ed in Austria viene proclamata la repubblica. La guerra si concluse con un bilancio di morti terribile: più di 8 milioni. La nuova Europa dei trattati di pace Il presidente americano Wilson stipulò un documento, i “quattordici punti”, nel quale concretizzò l’idea di una guerra a difesa della libertà. I principi fondamentali sono: • Fine della diplomazia segreta • Libertà di navigazione e di commercio • Riduzione degli armenti che dovevano garantire la sicurezza interna • Creazione della società delle nazioni. Il 19 gennaio 1919 si apri a Parigi la conferenza di pace alla quale parteciparono i 27 stati alleati all’intesa. Gli sconfitti non vennero infatti ammessi alle trattative. Anche se i trattati che posero fine alla guerra prendono il nome di “trattati di Versailles”, i trattati che portarono alla pace furono molti, uno con ogni nazione sconfitta. L’ Austria fu ridotta ad una piccola repubblica e nacquero la Cecoslovacchia, la Jugoslavia e la Romania. L’impero ottomano fu smembrato. Nell’Europa orientale videro la luce Finlandia, Polonia,Lituania, Estonia e Lettonia. La Germania fu indicata come principale responsabile del conflitto e obbligata a sottoscrivere una pace umiliante che prevedeva: • restituzione alla Francia dell’Alsazia e della Lorena; • cessione alla Polonia del “corridoio di Danzica”,che garantiva ai polacchi l’accesso sul mare; • concessione alla Cecoslovacchia della regione dei monti Sudeti; • distruzione dell’impero coloniale tedesco diviso tra Francia e Gran Bretagna; • ridimensionamento dell’esercito e della flotta; • pagamento di ingenti danni di guerra sia in denaro che in beni materiali. L’Italia ottenne meno di quanto stabilito con il patto di Londra. Ottenne il Trentino, l’Alto Adige, Trieste e Istria. Fu però estromessa dalla spartizione delle colonie tedesche e vide ridimensionate le pretese espansionistiche sulla Dalmazia. La città di Fiume, in cui vivevano molti italiani, fu dichiarata libera. Pertanto i gruppi nazionalisti italiani e anche una cospicua parte dell’opinione pubblica rimasero delusi tanto da parlare di vittoria mutilata. I nazionalisti affermavano infatti che i risultati ottenuti non corrispondevano ai sacrifici e alle perdite umane subite. Il bilancio politico della guerra Con il conflitto non solo il vecchio ordine continentale andò in frantumi, ma non venne neanche a crearsi uno capace di favorire una rinascita pacifica dell’Europa. Infatti la nuova cartina geopolitica non era equilibrata tanto che emersero immediatamente contrasti tra i paesi europei. Alla Germania, umiliata, fu impedita la ripresa economica. I nuovi stati dell’Europa centrale comprendevano minoranze etniche ognuna delle quali richiedeva l’indipendenza. Molti italiani si sentivano truffati nelle ambizioni imperialistiche. Sulle classi borghesi incombeva il pericolo bolscevico:la rivoluzione russa rappresentava un punto di riferimento per le masse proletarie. I trattati di pace previdero l’istituzione di quanto stabilito nel punto 14 da Wilson: venne varata la società delle nazioni (doveva garantire la operazione tra le nazioni e stabilire relazioni internazionale pacifiche). La società era costituita da un’Assemblea alla quale partecipavano tutti i paesi membri e da un Consiglio di nove membri, cinque dei quali erano permanenti. Tale organismo nacque però debole non solo perché furono escluse la Germania e la Russia, ma anche perché il Congresso degli Stati Uniti non approvò l’adesione. Il bilancio umano e sociale Il bilancio della guerra in termini di perdite di vite umane fu spaventoso (più di 8 milioni di morti): • Germania 2 milioni di vittime • Austria-Ungheria perdita del 17% della popolazione • 6 milioni di invalidi per mutilazione • 4 milioni di vedove • 8 milioni di orfani Pesantissimo fu l’effetto dell’epidemia Spagnola: • Francia 143'987 vittime • Germania 367’979
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